IN-VENETO: INFORMAZIONE TRA IL CARCERE E IL TERRITORIO Edizione n° 28, del 2 luglio 2008
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"Assistenti volontari del parroco"
C’è un gruppetto di giovani che, in carcere, affiancano il parroco che celebra le messe; sono ragazzi seminaristi, che studiano teologia per un percorso di vita impegnativo e profondo. E durante questo periodo di studi dedicano anche alcune ore della settimana facendo volontariato in carcere, entrando a portare uno spiraglio di spiritualità a chi ne sente il bisogno. Loro non celebrano messe ma si mettono a disposizione per alcuni colloqui individuali coi detenuti durante i quali si parte da discorsi riguardanti la spiritualità, la fede e la devozione per arrivare (a fiducia stabilita) ad affrontare anche argomenti più personali, profondi e delicati. Le persone detenute trovano in questi tre ragazzi seminaristi tre compagni d’ascolto che diventano, poi, anche un punto d’appoggio per altre questioni più semplici e pratiche come il contatto con parenti, con associazioni di volontariato o per altri favori. Una buona dose di energia ed entusiasmo giovane fa sempre bene, sia come seminarista che come volontario.
La galera prima della legge Gozzini, raccontata da uno che è stato "dentro" 54 anni
Maher, collaboratore di Ristretti Orizzonti, era in permesso premio e nella casa di accoglienza dove pernottava ha incontrato e intervistato una persona molto particolare: un ex detenuto, scarcerato il 27 aprile di quest’anno, dopo poco meno di 54 anni di carcere. Mario ha ora 74 anni e però ha parlato del suo futuro in modo molto positivo e ottimista, ma soprattutto dalle sue parole traspare, nonostante tutto, la speranza. Riportiamo di seguito la sua intervista, che a noi è parsa davvero speciale.
Mario, vorrei saper quanti anni hai fatto in carcere… Complessivamente ho fatto 53 anni e dieci mesi. Tutta una tirata ho fatto 32 anni 3 mesi e sei giorni e sono uscito il 27 aprile 2008. Prima di fare questa carcerazione avevo fatto già 21 anni e sette mesi, in tutto quindi quasi 54 anni, e avendone attualmente 74 a novembre, puoi immaginare che ho trascorso più tempo in carcere che in libertà. Ho iniziato da minorenne.
Da quando hai iniziato ad usufruire dei permessi? Il primo permesso l’ho avuto dopo 29 anni 6 mesi e 6 giorni di reclusione. Un permesso di 5 giorni nel 2005 da trascorrere a casa dei miei a Ferrara.
Se vuoi parlarne, perché ti sei fatto tutti quegli anni di galera? La prima carcerazione di 21 anni e 7 mesi era il cumulo di vari reati. Feci 13 anni e 10 mesi poi evasi. Era il 1971, estate ‘71. Furtarelli, oltraggi, resistenze, ero un ragazzo molto vivace che usava la violenza per scappare ai poliziotti. L’ultimo reato per cui ho espiato i 32 anni e tre mesi era un omicidio compiuto quando evasi nel ‘75. La persona che uccisi era un detenuto, evaso anche lui, da un altro carcere, e conosciuto fuori. Senza entrare nei particolari, non era una persona onesta. Era solo un prepotente. C’è stato una specie di duello, lui è morto e l’hanno sepolto da morto. A me mi seppellirono da vivo ma sono riuscito ad uscirne. Mi diedero l’ergastolo e 15 anni, poi in appello 30 anni. E perché, se avevo 30 anni da farmi, ne ho scontati 32? Perché in carcere ho avuto altri processi, l’ultimo di questi 21 anni fa a Porto Azzurro per il sequestro di guardie, del direttore e altri dell’ambiente carcerario. Per questo presi 12 anni. Ero io con altri 5 compagni tra cui Mario Tuti. La mia uscita ora è stata favorita dai tre anni di indulto e da circa tre anni di sconto di pena, altrimenti avrei dovuto fare altri sei anni.
In questi 53 anni e 10 mesi il carcere è cambiato? Assolutamente si. Nel carcere di una volta il detenuto veniva chiuso in una cella per 23 ore al giorno e aveva un’ora d’aria al mattino. Ricordo che a Cagliari, essendoci troppi detenuti e non potendo contenere un detenuto per cella, in una cella di 3,80 x 1,80 stavamo in tre con uno che dormiva col materasso per terra. Materasso che dovevamo arrotolare durante il giorno usandolo come sedile per mangiare. Ricordo la sporcizia e gli insetti: cimici, pidocchi, zanzare, mosche (parliamo degli anni 50 sino agli anni 60). Allora le lenzuola le cambiavano una volta al mese, quando ti toccava il turno di fare la doccia, perché allora la doccia si faceva una volta al mese. Tu puoi immaginare come erano quelle lenzuola. Noi che eravamo i più giovani eravamo anche i più rivoltosi. Venivamo rinchiusi in celle di isolamento. E continuavamo a fare le rivolte e prendevamo altre condanne. Il carcere comunque l’abbiamo cambiato col tempo.
Hai visto quindi molti cambiamenti in questi anni... Certo che si, ma li abbiamo ottenuti anche con le rivolte. Del resto il carcere duro spinge e provoca rivolte. Il trattamento inumano, la sporcizia, la mancanza di qualsiasi "svago", la mancanza di lavoro... 23 ore chiusi in cella. Il carcere l’abbiamo cambiato anche noi detenuti con le rivolte violente che erano l’unico modo per farci sentire. Io ero un ribelle, non lo nego, e quando mi facevano delle prepotenze io reagivo, e quando reagivo mi prendevano e mi legavano al letto di contenzione (che noi chiamavamo "la balilla", vecchia automobile di epoca fascista). Finché, legato, mi coprivano la faccia in modo che non potessi vedere chi avevo di fronte e mi pestavano. Io riconoscevo dalla voce chi mi picchiava e quando mi slegavano picchiavo quello che mi aveva picchiato e subito mi rilegavano e mi ripestavano... e via così all’infinito. Alla fine mi hanno lasciato perdere perché pensavano fossi matto. Con le rivolte contribuimmo, negli anni 70, ad ottenere la legge Gozzini - permessi, liberazione anticipata che inizialmente era di 45 giorni l’anno mentre poi è passata a 90 e gli altri benefici. Altrimenti saremmo ancora al medioevo. Le rivolte pian piano si sono estese a tutte le carceri d’Europa, e progressivamente i politici capirono, soprattutto la sinistra e i radicali, ma non solo. Anche qualche uomo di destra è stato favorevole al cambiamento. Se non ricordo male un politico dell’allora MSI fu cacciato dal partito perché credeva in un trattamento più umano dei detenuti basato sull’attività lavorativa, sportiva, ricreativa, di studio e di sostegno ai rapporti con i familiari attraverso i colloqui. Attualmente i detenuti conoscono il carcere com’è grazie alla legge Gozzini.
Sentendo quello che dicono fuori riguardo all’abolizione dei benefici, tu pensi che le cose migliorerebbero a livello di sicurezza sociale cancellando la Gozzini? Se al detenuto non vengono date speranze, se lo si chiude senza prospettive, reagisce. Ricomincerebbero le rivolte, specie d’estate, con violenze, occupazione delle carceri, distruzione, sequestro delle guardie, non vivrebbero più né i detenuti, né il personale. Se il detenuto ha delle speranze, di poter uscire prima, poter vedere i familiari con un permesso, o di andare in misura alternativa, fa un altro percorso. Se gli togli le speranze diventa violento. Chi subisce violenza reagisce con la violenza.
Anche le statistiche dicono che la recidiva crolla se il detenuto beneficia di misure alternative.. Sono i media che esasperano tutto. È l’informazione che falsifica. A me risulta che i reati sono addirittura calati. I media, in particolare quelli di destra o della lega, spesso esasperano il tutto per ottenerne un profitto politico. La gente non si sente più sicura, dicono. Ma questa insicurezza della gente è percepita in modo esagerato proprio per come l’informazione la divulga. Gli omicidi, i furti, le rapine, il crimine sono sempre esistiti e non verranno mai debellati del tutto. Ma con le leggi opportune potranno fare in modo che il detenuto possa riabilitarsi. E quindi reinserirsi. Se cesserà la possibilità di sperare, ci si accorgerà che le cose peggioreranno. Non c’è memoria storica. Non si ricordano cosa avveniva.
Non si possono fare le leggi secondo il sentire del momento… Che ci siano delle leggi che proteggono il cittadino è giusto, ma ci sono sempre state. Basta applicarle in modo giusto. Se tu incattivisci il detenuto, le cose non possono che peggiorare.
Nei 53 anni che hai trascorso in carcere che cosa ti è rimasto impresso di più? A me è rimasta impressa tutta la vita carceraria. L’ho stampata nella mente. Tutta la violenza, la sporcizia, gli insetti, la camicia di forza, l’isolamento con i tavolacci su cui dormire. Non bisogna mai esasperare l’uomo che è oppresso. Se lo esasperi esplode. Se sei trattato da bestia, reagisci da bestia.
Cosa hai provato il primo momento che sei uscito dal carcere? Innanzitutto, appena uscito al primo permesso sono andato a casa di mia nipote a Ferrara dove sono stato cinque giorni. Non sono uno che esprime gli stati d’animo, ma i miei mi capiscono, e mi sono goduto la libertà insieme a lei, suo marito i suoi figli. Io però non ho momenti di esaltazione, ma la felicità è stata enorme. Comunque è una sensazione inesprimibile a parole... non saprei cosa dirti. Sono stato molto felice. Ora lo sono ancora di più perché sono completamente libero... e speriamo che duri per sempre questa libertà.
Ora come ti senti. Quali sono le tue emozioni. Hai avuto delle paure? Nessuna paura. Non sono mai stato un pessimista. Anche dalle cose più sfavorevoli riesco a trarre delle cose piacevoli. Non mi faccio prendere dall’angoscia, dal timore, dalla paura. Penso: "ci saranno giorni migliori" adesso devo combattere con la burocrazia - documenti, la casa ecc. - e io non c’ero abituato, però sto risolvendo anche queste cose. Ci saranno giorni migliori, sempre se sopravviverò alla burocrazia! Ho sofferto tanto in passato che le sofferenze del presente sono zero per me. Ho sofferto legato al letto di contenimento finché mi pestavano, la fame, la miseria, gli insetti, le offese, le umiliazioni, le prepotenze. Mi è capitato anche che mi perquisivano la cella, mi prendevano le foto dei parenti e ci sputavano, ci pisciavano sopra e le pestavano. E io ho sempre reagito. Non che gli agenti fossero tutti così, ma c’era una squadra speciale che aveva il compito di opprimere la personalità dell’individuo. E quanto più reagiva tanto più volevano opprimerlo per cercare di annientarne la personalità. Io ho fatto in modo che ciò non avvenisse. Penso di esserci riuscito, ma mi sono fatto tanta galera.
Del tuo futuro cosa pensi? Vivo giorno per giorno. Quel che viene di buono lo prendo. Naturalmente ho delle aspirazioni. Ci sarà spero presto un lavoro come bibliotecario all’ex manicomio. Vorrei trovarmi una compagna, adeguata alla mia età naturalmente. Io amo leggere, quindi il mio tempo lo trascorrerò lavorando, leggendo, studiando, visitando musei, visitando città e vorrei anche viaggiare un po’. Spero di avere il tempo per tutto. Mi hanno tolto la "pericolosità sociale", quindi sto aspettando i documenti per poter andare all’estero.
Sentendo la tua storia ho riflettuto. Devi avere una gran forza. Non riesco neppure a immaginare cosa hai passato. Se al tuo posto c’era qualcuno con meno forza di te... Io ho visto tanti detenuti impiccarsi, tagliarsi le vene, buttarsi dal terzo piano... non ho mai avuto l’istinto suicida. Non ho mai pensato di uccidermi. Ricordo un bruttissimo suicidio a Porto Azzurro. Un detenuto si avvolse in un materasso di gomma piuma che aveva inzuppato di alcol - all’epoca avevamo dei fornellini ad alcol - e si diede fuoco. Quando sono intervenuto, ho visto che le sue gambe erano fuse insieme e lui non era ancora morto... È stata una morte orrenda. Qualcuno siamo riusciti a salvarlo, ma molti sono stati i casi di suicidio. A volte basta che trovino un compagno che gli parla nel modo giusto... e se riesci a salvarlo ti senti davvero appagato. Perché salvare la vita a una persona, se ci riesci, ti fa sentire bene. Ci toglievano cinghia e lacci. Non ho mai capito perché i lacci delle scarpe: non credo che nessuno riuscirebbe a impiccarsi con i lacci delle scarpe! Infatti si strappavano le lenzuola, si facevano la corda e si buttavano. Tornando alla faccenda che vogliono togliere la Gozzini, questo governo sbaglia se vogliono tornare indietro. Quello che devono fare è dare lavoro a tutti, mandare a scuola tutti, far fare sport e favorire i rapporti con i famigliari. Queste cose sono l’atto preparatorio alle misure alternative, perché il detenuto deve essere preparato prima di accedere alle misure alternative. Il lavoro per essere un po’ autonomi, lo studio perché arricchisce la mente, l’educazione civica in genere per sapere dove stiamo vivendo, il favorire i rapporti in genere, anche non familiari. L’avviare le persone alle misure alternative dev’essere fatto in modo graduale. Insomma, tornare indietro sarebbe deleterio.
Notizie da Venezia
Gli sportelli come strumenti per l’inclusione sociale: una giornata di lavori
Il 16 maggio 2008 al Centro Zitelle alla Giudecca si è svolto l’incontro tra gli operatori degli sportelli di segretariato sociale. La giornata, organizzata dall’associazione di volontariato penitenziario "Il granello di senape" di Venezia nell’ambito della due giorni che annualmente viene fatta sui temi del carcere e dell’inclusione sociale, ha visto la partecipazione di operatori degli sportelli di molte città del nord e del centro. Riportiamo qui un sunto di ciò che è emerso dalla giornata. Licia Roselli dell’Age.Sol (agenzia di solidarietà per il lavoro) di Milano ha esposto le criticità attuali derivate dal fatto che l’Agenzia non ha ottenuto ulteriori finanziamenti e che le attività sono passate di competenza al settore lavoro della Provincia di Milano, mentre lo sportello informativo Sp.In, finanziato con i fondi della legge regionale fino al 2009, ha ridotto i punti decentrati nella città di Milano e provincia mentre si è allargata la rete in ambito regionale includendo anche Lodi e Como. Evidenzia alcune criticità della rete degli Sp.In che vengono seguiti in prevalenza da volontari. Ciò crea, a volte, dispersioni nei passaggi che la persona deve compiere fino ad arrivare allo sportello informativo. A Milano, l’Age.Sol aveva avviato una proficua collaborazione con le aziende del territorio che, oltre ad essere informate sui vantaggi economici ad assumere ex detenuti, venivano anche supportate nella compilazione delle pratiche, mentre ora, dopo il passaggio al settore lavoro della Provincia, tutto tace. Giovanni Barin - Sportello Giustizia di Verona - ha evidenziato gli aspetti di poca collaborazione tra Comune e Provincia che non facilitano lo sviluppo del loro programma di inserimento. Maria Grazia Grena - Sportello Segretariato Sociale di Lodi, ha posto invece l’accento sugli aspetti positivi del progetto gestito dall’associazione "Loscarcere" che è inserito nel sistema dei Piani di Zona territoriali determinando così un coinvolgimento diretto dei soggetti che fanno parte della rete. Inoltre mette in rilievo l’aspetto positivo di una formazione condivisa tra tutti gli operatori che si occupano dell’inserimento nelle fasi di accompagnamento e di tutoraggio dell’utente. Il progetto è finanziato dalla Provincia. Francesca Rapanà - Sportello Segretariato Sociale e orientamento giuridico di Padova - ha informato che recentemente è stato aperto uno sportello informativo all’interno della Casa di reclusione in rapporto costante con quello esterno che può contare sulla disponibilità di diversi avvocati per le informazioni che attengono alla sfera giuridica. Il progetto è finanziato dal Csv della Provincia di Padova. Rossella Magosso - Sportello Giustizia di Rovigo - ha rilevato che attualmente ci sono difficoltà a gestire il progetto finanziato dalla Regione poiché sussistono problemi amministrativi all’interno del carcere rodigino (casa circondariale con 70 detenuti). Continuano ad organizzare altre iniziative di sensibilizzazione come "Carcere in piazza". Lorenzo Tona - Progetto Jonathan di Vicenza - ha raccontato che la loro attività è principalmente dedicata all’accoglienza di ex detenuti e persone in misura alternativa all’interno della Casa della Congregazione di S. Gaetano; si appoggiano al Consorzio Prisma. Stefano Cuppini - Sportello Info-Lavoro di Bologna - ha spiegato che il loro progetto è finanziato annualmente dal Centro per l’Impiego di Bologna e che è ben strutturato sia all’interno, dove lavorano due operatori, sia all’esterno. La loro specificità riguarda l’orientamento al lavoro, l’accompagnamento e la sensibilizzazione al mondo delle imprese. Nel territorio sono presenti un Comitato Politico " Carcere e Città" al quale partecipano le Istituzioni (Comune, Provincia, Uepe) e un Comitato Tecnico al quale partecipano: Cooperative Sociali, Associazioni di Volontariato, Centri di Formazione. Effettuano inserimenti lavorativi utilizzando le borse lavoro e i tirocini. Hanno avviato buone relazioni con le Agenzie interinali ed inoltre il Centro per l’impiego della Provincia di Bologna ha incaricato un proprio funzionario a seguire lo sportello. Marco Verna - Ufficio Interventi Carcere del Comune di Firenze ci ha informato che il Centro per l’Impiego promuove bandi per gestire l’orientamento e l’inserimento al lavoro. Afferma che anche a Firenze sussiste la presenza di una rete tecnica ma che manca quella politica. Mancano i rapporti con le aziende profit mentre le cooperative sociali sono assai sature. Attualmente il Comune è impegnato a ridurre il disagio del rientro forzato degli extracomunitari con il progetto "Buon Ritorno" e ha affidato la gestione di un luogo di accoglienza e di ospitalità alla Associazione di Volontariato Penitenziario che gestisce il centro "Attavante" . Dimitri Sani - operatore del Centro Attivante di Firenze - ha raccontato che il Centro gestisce soprattutto le fasce deboli caratterizzate da forte marginalità sociale e pertanto il loro operato si configura come intervento volto alla "riduzione del danno". Donatella Gibbin - Sportello Carcere Esterno di Venezia - ha sottolineato la criticità di non avere un referente istituzionale quale l’Agenzia per il Lavoro provinciale a supportare la richiesta principale di lavoro espressa dagli utenti, ma che lo sportello ha comunque coinvolto altre cooperative per avviare percorsi di inserimento condivisi anche con gli altri partner della rete strutturatasi nell’ambito del progetto Urban Italia "apriamo i muri". La creazione di un Tavolo di coordinamento della rete degli operatori ha contribuito a rendere più chiari i ruoli di ciascuno e mettere in moto concrete sinergie di collaborazione per evitare frammentazioni e il prolungarsi di passaggi da un soggetto all’altro. Claudio Vio del Servizio Autonomia degli Adulti del Comune di Venezia ha confermato la scelta dell’Amministrazione ad essere presente all’interno degli Istituti di Pena attraverso proprio personale che si occupa dello Sportello Interno e con iniziative rieducative e di orientamento promosse dal Servizio. Le conclusioni a cui si è giunti al termine della giornata di lavori sono state le seguenti: si è ribadita la necessità di individuare modelli da condividere per migliorare le nostre pratiche ed in particolare: - la creazione, dove mancano, di Comitati a livello istituzionale e a livello tecnico - l’integrazione tra livello politico ed istituzionale - la designazione di un garante per ogni realtà territoriale - l’apertura alle aziende profit - la predisposizione di progetti specifici per il rientro degli immigrati. Si concorda l’importanza di individuare altresì strumenti (come ad esempio la predisposizione di un web network) per mettere in circolo le buone pratiche di ciascuno affinché possano essere mutuate.
Notizie da Rovigo
Magliette per i detenuti
Mercoledì 2 luglio gli operatori del Centro Sportivo Italiano di Rovigo, in collaborazione con i volontari del Centro Francescano di Ascolto, porteranno nella locale Casa Circondariale circa 150 magliette per i detenuti delle sezioni maschile e femminile. Giovanni Cattozzi per il Csi e Livio Ferrari per l’associazione di volontariato consegneranno il tutto al direttore dell’istituto penitenziario Fabrizio Cacciabue. "In questo momento di calura asfissiante - afferma Cattozzi - e in un periodo dove le attività trattamentali sono assai ridotte rispetto al resto dell’anno, abbiamo ritenuto, attraverso questo gesto, di far sentire la vicinanza del territorio a tutti coloro che vivono la penosa esperienza della carcerazione". Dopo la riduzione delle presenze in via Verdi, per effetto dell’indulto, adesso siamo ritornati ai numeri precedenti e attualmente sono circa un centinaio le persone ristrette nelle due sezioni, una settantina al maschile e una trentina al femminile.
Notizie da Verona
Al lavoro dopo 9 anni di carcere: il percorso di Emanuela
Emanuela, 9 anni di carcere alle spalle e una figlia ormai ventenne. Detenuta a Brescia, Montorio e Mantova, nel settembre 2007 esce dall’ultimo carcere in cui ha vissuto e torna a Verona, la sua città. "Mi serviva subito un lavoro - racconta - e mi sono rivolta all’Ufficio per l’Impiego della Provincia. Qui ho incontrato Lina Negrini, responsabile del progetto "Percorsi per la persona". Ho sentito spesso la signora Negrini. Mi diceva "Stai tranquilla che a breve riusciremo ad aiutarti". E così è stato. A novembre, dopo soli due mesi, Emanuela ha iniziato il suo "percorso" di reinserimento nella società con un contratto a tempo determinato nella cooperativa Ali d’Aquila, per un totale di 600 ore di impiego a 5 euro all’ora (senza malattie né ferie). È stata la prima a inserirsi nel progetto "Percorsi per la persona" che - finanziato dalla Fondazione Cariverona - mette insieme Comune, Provincia di Verona e Ulss per l’inserimento lavorativo di 120 disabili, 45 persone affette da dipendenze e 20 tra ex detenuti e detenuti in fine pena o ammessi a misure alternative. Racconta Emanuela: "Mi alzavo alle quattro di mattina per iniziare il turno alle 5,30. Andavo al lavoro in motorino e, nonostante il freddo e il ghiaccio sulla strada, non ho mai perso un giorno di lavoro". Così per quattro mesi fino a quando la cooperativa, insieme alla tutor prevista dal progetto - Graziella Fortuna della Comunità dei Giovani - hanno deciso che Emanuela non dovesse più, per così dire, "essere controllata" e il suo periodo di prova era terminato. "Sono stata trasferita - sempre come addetta alle pulizie - nella sede della Croce Verde di Borgo Roma, gestita in appalto da Ali d’Aquila. Mi hanno affidato la responsabilità delle chiavi di tutti gli uffici e quella di attivazione e disattivazione dell’allarme della sede. Ricevere un così forte segnale di fiducia per me è stato davvero importante. Non posso che dire grazie". Il 3 giugno sono scaduti i 6 mesi del progetto. Non prima che il presidente della cooperativa, Matteo Scattari, incontrasse Emanuela per offrirle un contratto a tempo indeterminato. "Di questi tempi - confessa Emanuela - mi sembra davvero un sogno aver raggiunto un simile traguardo. Ora sono contenta e serena. Se non avessi avuto questa opportunità non so proprio come me la sarei cavata. È difficilissimo trovare un lavoro, soprattutto con una condanna così lunga alle spalle. Forse mi sarei rivolta a qualche parrocchia per l’assistenza a domicilio di chi è bisognoso. Del resto prima di finire in carcere lavoravo come operatrice tramite l’Ulss, ma adesso ho l’interdizione perpetua ai pubblici uffici". Ciò di cui ora Emanuela è certa, è di aver conquistato un’autonomia e una serenità a cui non è più disposta a rinunciare. Mentre lo racconta sta cucinando per la figlia, da cui è stata divisa per troppo tempo. "Ora non voglio pensare agli errori così pesanti, commessi in passato. Sono sicura che non li commetterò mai più. E questo anche grazie ai contatti con le persone che mi sono state vicine in questi mesi e che non posso dimenticare. Prime fra tutte tutor e cooperativa, ma anche la mia padrona di casa, che mi ha tranquillizzata sugli arretrati per l’affitto, trovando un accordo con il Comune. E l’associazione La Fraternità che mi ha aiutata con un anticipo sulle spese per l’assicurazione del motorino, visto che i primi pagamenti del progetto sono arrivato solo a marzo".
I familiari dei detenuti: "Salviamo la Gozzini"
Abolire la legge "Gozzini"? Questo comporterebbe almeno tre gravissime conseguenze: un sovraffollamento delle carceri oltre il limite del collasso; un aumento di violenze interne, anche nei confronti della polizia penitenziaria e una generale demotivazione a intraprendere percorsi educativi, non avendo i condannati più nulla da perdere né un riconoscimento da conquistare; e infine un incremento di recidive, quindi di reati a danno della collettività e della sicurezza dei cittadini compiuti da chi, prima della scarcerazione, non è stato accompagnato in un progressivo reinserimento sociale. La pensano così i familiari di alcuni detenuti ed ex detenuti che domenica 29 giugno si sono incontrati all’istituto Don Mazza di Verona per il periodico incontro organizzato dall’associazione La Fraternità. Presenti anche alcuni detenuti in permesso. Scopo della giornata quello di raccontare le proprie vicende e di aiutarsi con lo scambio di esperienze. Le famiglie - informate sulla proposta di legge del presidente della Commissione giustizia del Senato, Filippo Berselli, che vorrebbe azzerare la legge "Gozzini" nella parte che prevede benefici e misure alternative - hanno osservato che, al contrario, si dovrebbe applicare pienamente la legge esistente ed estendere le possibilità di intervento penale, soprattutto riparatorio, fuori e alternativo al carcere. Da qui l’adesione all’appello "Salviamo la Gozzini", lanciato da Ristretti Orizzonti.
Festa di fine corsi a Montorio, tra la soddisfazione dei detenuti
Mattina gratificante e ricca di emozioni per chi è recluso a Montorio, quella che si è svolta lo scorso mercoledì nella cappella del carcere, a conclusione dei corsi. Spiega una volontaria: "I detenuti di solito nutrono poca fiducia nella società, ma in questa occasione hanno potuto percepire una certa attenzione dall’esterno nei loro confronti: un traguardo senz’altro importante". Una festa di fine anno che ha visto la partecipazione di oltre un centinaio tra detenuti e detenute, molti dei quali hanno potuto mettersi in gioco di fronte a compagni di cella e visitatori esterni. Come le ballerine di flamenco guidate dall’insegnante Maria José León Soto o i ragazzi del corso di teatro di Viva Opera Circus, i cui giovani insegnanti confidano: "Eravamo quasi più emozionati oggi che durante i nostri spettacoli. Sappiamo che non è facile salire su un palco, ma i ragazzi sono stati davvero bravi". Sul palco anche l’assessore regionale alle Politiche Sociali, Stefano Valdegameberi, che ha voluto unirsi ai detenuti per intonare il noto pezzo dei Ricchi e Poveri "Che sarà". Momento centrale della mattina, la premiazione dei vincitori del corso di poesia "Evasioni Poetiche", giunto alla sua quarta edizione grazie al Centro territoriale di formazione permanente Carducci e al costante impegno dell’insegnante Paola Tacchella, coordinatrice della giornata di festa. Spiega l’insegnante: "L’argomento scelto quest’anno - Le parole che mi hanno cambiato la vita - era molto impegnativo, anche perché costringe a guardarsi indietro. Ma sono stati raccolti degli scritti davvero significativi". Vincitrice del concorso la poesia di Amin "Ho scoperto parole" che, insieme alle altre selezionate, è stata pubblicata grazie all’intervento della Mondadori. Recita il testo: "Parole che non si fanno dire, parole camuffate e stordite che hanno espresso altro e non ciò che si voleva dire. Parole rimaste a tremare in gola senza poter essere dette, parole che sanno arrossire e si nascondono, parole iniziate e subito spezzate". Paola Tacchella quest’anno ha ricevuto dei fiori dai detenuti, quelli che lei stessa definisce "i miei unici veri destinatari del mio lavoro". Un segno di riconoscenza forte che lascia intendere la passione e la costanza con cui i frequentanti scuola e corsi portano avanti le loro attività. Per loro, forse, nuovi spazi d’ascolto in futuro, visto che il cantautore Mimmo de’ Tullio sembra intenzionato a musicare alcuni degli elaborati dei detenuti, raccolti in questi quattro anni di "Evasioni Poetiche".
I corsi di luglio a Montorio
Stesura di scritti e articoli, utilizzo di vari programmi, tra cui Photoshop e Autocad, benessere di Mente e Corpo, e addestramento cani. Queste le attività ancora in corso a Montorio, a cui si aggiunge il torneo di calcio estivo organizzato da Progetto Carcere 663, con inizio mercoledì prossimo e termine a metà agosto. L’estate non rappresenta certo la stagione più attesa da chi è recluso a Montorio. Molte delle attività si concludono e i detenuti si ritrovano a dover trascorrere sempre più ore in cella. Fino a luglio, le settimane saranno però ancora scandite da qualche corso: quello dell’insegnate Paola Tacchella finalizzato alla realizzazione di un periodico con diffusione oltre le mura - "Microcosmo" -; quello di informatica con Arca 93 di Don Elio Lago; il corso di yoga con il maestro buddista Upali Thero e il corso di addestramento cani per terapie e attività assistite dell’associazione dilettantistica sportiva Picot.
Servizio civile in Fraternità: ascolto e informazione su carcere e pena
Un sistema informativo locale dedicato ai problemi della giustizia, e un luogo d’ascolto specifico per rispondere a domande e bisogni collegati al penale. Due attività uniche sul suolo veronese, che necessitano entrambe dell’impegno costante di un giovane collaboratore. L’associazione veronese La Fraternità - che di recente ha festeggiato i 40 anni di attività nel mondo della pena e della giustizia - come ogni anno si è rivolta fiduciosa al progetto Gioinvolo del Centro Servizi Volontariato di Verona, per poter contare sulla preziosa risorsa di un volontario tra i 18 e i 28 anni. La persona interessata verrebbe coinvolta nell’informazione e orientamento sia di detenuti in permesso ed ex detenuti che delle loro famiglie, sempre bisognose di indicazioni su come muoversi nel complesso meccanismo della giustizia. Di recente nella sede provvisoria dell’associazione in via Provolo, 27 si è strutturato il "Centro d’Ascolto La Fraternità": da un lato luogo in cui avanzare domande e bisogni riguardanti il mondo della pena e dall’altro sede di ascolto, di accompagnamento, di orientamento al sistema di servizi e risorse della città. La fascia di persone da informare, non si ferma solo a chi vive un coinvolgimento più o meno diretto con la struttura penitenziaria veronese, ma intende arrivare a tutti coloro che vogliano approfondire e trovare informazioni corrette sulla realtà penitenziaria presente nella loro città. Per questo La Fraternità da qualche mese ha attivato il sito internet www.lafraternita.it. Chi fosse interessato all’esperienza di servizio civile, potrà fare domanda all’associazione entro il 15 settembre (segreteria@lafraternita.it, telefono 045.8004960). Verrà poi selezionato una persona che svolgerà il progetto dal 1° di ottobre fino al 30 settembre 2009, per un minimo di 25 ore settimanali con un compenso netto annuale di 5,200 euro.
Notizie da Treviso
Il mondo dello spettacolo entra al carcere minorile
Martedì 1 luglio il presidente di Emergenze Oggi Massimo Zanta, su invito del Direttore dell’Istituto Minorile di Treviso Dott. Alfonso Paggiarino e con il saluto del Dirigente del Cgm di Venezia Dott. Paolo Attardo, ha accompagnato il noto coreografo della trasmissione Amici - di Maria De Filippi il Sig. Garrison Rochelle, per incontrare i giovani detenuti e portare un saluto dal mondo dello spettacolo. Il Coreografo, a Treviso in questi giorni presso La Ghirada, dove sta tenendo corsi di coreografia allo Stage di Danza di Progetto Danza - Treviso, è stato accompagnato nell’Istituto Minorile di Treviso dalla Vice Presidente di Progetto Danza la Sig.ra Anna Martinelli per valutare eventuali capacità artistiche dei giovani ristretti e possibili sviluppi per future collaborazioni.
Gli studenti "autogestiscono" la loro mostra
Grazie al successo di Arte in Scatola - progetto artistico di Codice a Sbarre 2008 - i giovani studenti del Liceo Artistico di Treviso - hanno voluto testare le loro capacità organizzative in campo eventi ed hanno allestito la mostra dei finalisti del concorso. Hanno organizzato il gruppo rock che ha sostenuto l’evento, hanno preparato un ricco buffet per accogliere gli amici ed hanno spiegato il progetto Codice a Sbarre e soprattutto la funzione del Passaporto per entrare in carcere. Il "Passaporto" ha stimolato gli studenti coinvolti nel progetto nella produzione di opere artistiche che per la prima volta sono state prodotte su Box da pizza, finalizzate alla grande mostra di Ca dei Carraresi nel mese di aprile e racchiuse in un prezioso catalogo in vendita presso l’associazione Emergenzeoggi di Treviso. Ciò che si è prefisso il progetto Codice a Sbarre 2008 è il raggiungimento attraverso l’arte di obiettivi che riguardano la riabilitazione dei giovani ospiti del carcere minorile e la prevenzione attraverso il coinvolgimento di studenti del primo anno degli Istituti Superiori della Provincia di Treviso. Il "Passaporto" per entrare in carcere è un documento che tratta in modo semplice di criminalità, microcriminalità, violenza reati e pene perché possano riflettere su questo. Dopo di che le emozioni e i pensieri suscitati da questi temi sono stati dipinti sui box-pizza con i quali è stata allestita la mostra-concorso "Arte in scatola". Direttore: Ornella Favero Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella.
Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto" |