IN-VENETO: INFORMAZIONE TRA IL CARCERE E IL TERRITORIO Edizione n° 31, del 23 luglio 2008
Notizie da Padova
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Notizie da Padova
Avvocato di Strada: un servizio che fa poche ferie
Il servizio di Avvocato di strada verrà sospeso a Padova solo lunedì 18 agosto. Anche gli avvocati volontari che mettono a disposizione gratuitamente parte del loro tempo per aiutare chi un avvocato non se lo può permettere, vanno in ferie. Si è riusciti a far saltare un solo lunedì, quindi il servizio è garantito pressoché sempre. Gli uffici della segreteria invece saranno aperti tutte le mattine, fuorché il giovedì e naturalmente il sabato, la domenica e i festivi, per chi avesse bisogno di prenotare gli appuntamenti.
Alla Casa di Reclusione importanti miglioramenti per i colloqui
In una riunione della redazione di Ristretti Orizzonti con il direttore della Casa di Reclusione, dottor Salvatore Pirruccio, si è parlato di due importanti novità: è finalmente entrata in funzione l’area verde, che permette ai detenuti, e in particolare a quelli che hanno bambini, di incontrare i figli all’aperto, in uno spazio più confortevole; da settembre si amplieranno le possibilità di colloqui per i detenuti, con l’aggiunta del mercoledì, che sarà una giornata dedicata ai colloqui per i famigliari dei detenuti della sezione "Protetti". Questo renderà meno affollati i colloqui dei giorni successivi e migliorerà quindi per tutti le condizioni in cui si svolgono gli incontri delle persone detenute con le loro famiglie.
Don Albino Bizzotto e Lisa Clark, dei Beati i costruttori di pace, ospiti di Ristretti Orizzonti
Si è parlato di pace, ma anche di bisogno di riconciliazione in una società dove invece crescono i conflitti, nella redazione di Ristretti Orizzonti, che ha ospitato la settimana scorsa don Don Albino Bizzotto e Lisa Clark, dell’associazione Beati i costruttori di pace. L’incontro ha seguito un po’ due filoni: il primo, quello di continuare la riflessione sul convegno "Sto imparando a non odiare" che ha visto, il 23 maggio scorso, nella Casa di reclusione, lo straordinario incontro tra autori e vittime di reato; il secondo, quello di ragionare anche "dentro" su quello che sta succedendo "fuori", a partire dalla mobilitazione che sta avvenendo tra le associazioni a tutela dei diritti dei più deboli, e in particolare contro l’ipotesi di prendere le impronte dei bambini Rom.
Notizie da Venezia
Al Redentore i prodotti realizzati in carcere dalla cooperativa "Rio Terà dei Pensieri"
Un gazebo di notevoli dimensioni era stato allestito sul sagrato della chiesa del Redentore, con la scritta "Cose dal Carcere", e all’interno stava un gruppo di donne festose. Festose perché tre di loro erano detenute che erano potute uscire dal carcere in permesso premio per fare le volontarie e vendere i prodotti, tra cui anche quelli che loro stesse producono giornalmente. Splendide borse di pelle, prodotte al carcere maschile, magliette e borse di stoffa serigrafate, prodotti di legatoria e quelli del laboratorio di fitocosmesi della Giudecca - creme, shampoo, bagni schiuma, deodoranti, profumi per ambiente, saponette - sono stati in bella mostra per due giorni nel luogo dove si festeggia ogni anno la liberazione dalla peste. La festa del redentore infatti ricorda ogni anno ai veneziani e al mondo il flagello che verso la fine del 1500 colpì l’intera Europa, la peste. Nella sola Venezia morirono più di 50.000 persone. in meno di due anni, e fu per ringraziare per la fine della peste che venne eretto il tempio del Redentore. Così la tradizione continua: la terza domenica di luglio si festeggia a Venezia con la Processione, la Messa solenne la Regata e i fuochi. Due giorni di una festa religiosa e di ringraziamento che dà modo anche a quelli che vivono "nascosti" agli occhi della società - i detenuti - di mostrarsi e di mostrare quello che, malgrado tutto, sanno fare. Le vendite comunque sono state un successo e le persone che si sono avvicinate sono state numerosissime.
Cerchio e Hilton: un impegno importante
Abbiamo chiesto a Germano Rosa, dell’ufficio stampa del Cerchio, la cooperativa sociale veneziana che dà lavoro a detenuti, sia dentro che fuori dal carcere, e a ex detenuti, come prosegue il lavoro della lavanderia alla Giudecca. All’interno della Casa di reclusione femminile infatti c’è una lavanderia industriale, che nel corso degli anni è cresciuta sia negli spazi che l’Istituto ha messo a disposizione, sia negli investimenti fatti (macchine sempre più grandi e potenti), sia nella clientela che nel numero di donne occupate. Era infatti partita nel 2004 solo per lavare le lenzuola dei tre Istituti cittadini, Giudecca, Santa Maria Maggiore, S.A.T., a cui, nel corso di un anno circa, si era aggiunto l’Harry’s Dolci, ristorante del gruppo Cipriani che è situato piuttosto vicino al carcere femminile. Dopo qualche mese, Cipriani, evidentemente soddisfatto del servizio, ha affidato alle detenute anche tutto il tovagliato dello storico Harry’s Bar di calle Vallaresso. Negli ultimi mesi il Cerchio ha firmato un accordo con il Mulino Stucky-Hilton per il lavaggio delle lenzuola e la pulitura degli abiti dei clienti e del personale. Dato il nuovo settore di pulitura a secco che l’accordo con l’Hilton prevede, si è dovuto assumere persone specializzate che prepareranno le detenute ad un’attività sempre più qualificata. Inoltre il Cerchio ha rilevato che sono necessari dei veri e propri corsi di formazione per le detenute, in modo che le nuove assunte inizino a lavorare già preparate. Germano Rosa ci ha confessato che molti soci esterni della cooperativa si vedono "costretti" a dare una mano alla lavanderia per far fronte alla mole di lavoro che si è venuta a creare, almeno fino a che non si completerò la messa a punto dell’organizzazione del lavoro. Ha fatto notare, inoltre, come la grande disponibilità dell’Istituto prima, ma anche e soprattutto dei singoli agenti della Polizia penitenziaria, fa sì che la lavanderia possa tener fede agli impegni presi. Nelle lavanderie lavorano complessivamente 14 persone, di cui 10 sono ristrette. È stato allestito un nuovo reparto, la lavanderia a secco, dotato di una lavatrice industriale a secco di grande capacità, che consente di fornire un servizio specializzato all’Hotel Hilton. Vengono lavate divise del personale e abiti dei clienti, con servizio di pronta consegna in giornata con la stessa efficienza che contraddistingue le più attrezzate lavanderie industriali. Il nuovo reparto a secco è dotato di tutte le attrezzature (assi da stiro, manichini, imbustatrici) necessarie al trattamento e confezionamento dei capi. Le lavoratrici della lavanderia a secco sono seguite e formate da personale esterno specializzato e impiegato a tempo pieno in lavanderia: i clienti (Hilton, Marina militare, Harry’s Bar e Harry’s Dolci) richiedono un servizio di altissima qualità. I recenti investimenti in attrezzature e personale consentono di pensare a ulteriori ampliamenti e a possibili nuovi clienti. Le lavoratrici sono attualmente pagate come previsto dal contratto collettivo nazionale di settore.
Notizie da Verona
La Gozzini serve alla Costituzione
"La legge Gozzini, e con essa la riforma carceraria del ‘75, hanno senz’altro migliorato le condizioni delle carceri". A sostenerlo è Guido Papalia - procuratore capo di Verona fino all’ormai prossimo passaggio di consegne all’attuale procuratore aggiunto Mario Giulio Schinaia - secondo cui la legge Gozzini "è risultata decisamente positiva per superare le grandi tensioni presenti nelle carceri fino a prima di essa, oltre ad avere consentito una migliore attuazione del principio contenuto nell’articolo 27 della Costituzione sulla funzione rieducativa della pena". Le percentuali delle revoche delle misure alternative alla detenzione, registrate dal 2001 al 2006, si aggirano intorno al 6-7%. Solo lo 0,22% di tali revoche è attribuito alla commissione di reati durante la misura alternativa. Continua Papalia: "Le percentuali di inosservanza alle misure alternative sono precise e irrisorie. Modificare la legge significa rendere più difficile la possibilità di rieducare il detenuto, quando i dati dimostrano chiaramente che l’impiego di misure alternative è efficace anche nell’abbassamento della recidiva".
Il samaritano: nuovi progetti di accoglienza a vantaggio della sicurezza
"Forse sarà difficile da credere, ma se le persone vengono trattate da poveracce, si comporteranno da poveracce. Se vengono rispettate e si chiede loro di essere rispettati, si ottengono invece degli ottimi risultati". Michele Righetti, direttore della casa di accoglienza "Il Samaritano" ubicata nella zona fiera di Verona, è convinto che "la sicurezza non si ottiene aumentando la vigilanza, ma piuttosto con l’accoglienza e il rispetto della persona e il suo coinvolgimento nella cura delle cose comuni". Da giugno ha preso il via una nuova iniziativa in collaborazione con il Comune di Verona: il Progetto Emancipazione. Spiega il direttore della struttura: "Si tratta di un progetto di seconda accoglienza, che al momento ospita 4 persone in ciascuno dei due appartamenti coinvolti. Gli appartamenti, sempre interni all’area del Samaritano, saranno sei in tutto. Siamo ancora in una fase sperimentale e vedremo come sviluppare la sistemazione degli spazi. Ciò che è certo è che chi entra in questi appartamenti sottoscrive un progetto con macro e micro obiettivi che devono iniziare ad essere sviluppati nell’arco di 6 mesi". Il Samaritano è stato inaugurato nell’ottobre del 2006 grazie a un progetto della Caritas di Verona. L’esigenza prioritaria che ne ha determinato la nascita è stata l’accoglienza notturna per i senzatetto maschi, con 65 posti letto. "Ma lo stile della Caritas è la promozione della persona - spiega Righetti - e in questo senso il dormitorio non poteva essere sufficiente". Tre le aree di impegno per il recupero della persona, coordinate in forte sinergia: quella dell’accoglienza, quella sociale e quella della sfera lavorativa. Grazie agli oltre 150 volontari ("il Samaritano non ce la farebbe senza di loro" confida il direttore della struttura) possiamo contare sia su uno spazio pomeridiano aperto a chi voglia costruire ponti relazionali e impegnarsi in un percorso di recupero, che su corsi di alfabetizzazione per gli stranieri appena arrivati e sul funzionamento della cooperativa di tipo B nata ad aprile. Tramite quest’ultima offriamo lavoro a chi è svantaggiato, coinvolgendolo in progetti come la raccolta degli indumenti nei "serbatoi" Caritas o la recente distribuzione di mangime antifecondativo per i piccioni, commissionata dal Comune. Continua Righetti: "Di solito la nostra struttura rappresenta per gli stranieri una sorta di casa/lavoro. La maggior parte di loro lavora durante il giorno e torna da noi per dormire, a meno che non si tratti di persone appena arrivate in Italia, che devono ancora fare i conti con la lingua e l’adattamento in una nuova città". Sono invece gli italiani (presenti in un rapporto di 20 a 30 rispetto agli stranieri) a rivelarsi i portatori dei problemi più grandi, siano essi psichiatrici, di dipendenze o di forte disagio. Prosegue il direttore: "A partire da settembre contiamo di trasformare l’area sociale in una sorta di centro di valutazione professionale finalizzato a conoscere meglio la persona, il suo passato, le sue aspettative e tutte quelle problematiche di cui casa e lavoro non rappresentano che la punta di un iceberg". Al momento chi dorme nella casa ha la possibilità di usufruire del pasto serale. Dalle 7.30 della mattina alle 19.30 della sera deve però uscire dalla struttura, a meno di una specifica autorizzazione. Chi partecipa all’area di socialità o ai corsi di alfabetizzazione rientra invece verso le 16.30. Conclude il direttore della Casa: "Il mio sogno sarebbe di tenere aperto il Samaritano per tutto il giorno, con del personale adeguato a cogliere le esigenze di ciascuno. Abbiamo telecamere, metal detector e regole interne rigorose. Ma quello che rende possibile sicurezza e buon funzionamento della struttura sono il rispetto e il reciproco desiderio di una buona convivenza in spazi comuni".
Il sindaco Flavio Tosi in carcere. Incontra il Sappe ma non entra nella struttura
"La lista delle nostre problematiche è troppo lunga per poter essere elencata in pochi minuti. Per il momento chiediamo al sindaco di Verona di venirci incontro, anche riferendo al Governo le nostre necessità più urgenti". Luca Galeotti, segretario provinciale del Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria, la settimana scorsa, nella Casa Circondariale di Montorio, ha incontrato il sindaco Flavio Tosi, per coinvolgerlo direttamente nei pesanti disagi che stanno affliggendo la categoria degli agenti penitenziari. Primo fra tutti il sovraffollamento. Al momento a Montorio sono detenute 720 persone, per una capienza regolamentare di 564 unità in una struttura nata per ospitare poco più di 400 detenuti. Il sindacato si mostra favorevole alla politica delle espulsioni dei detenuti stranieri che abbiano una condanna definitiva. Spiega il delegato regionale del Sappe Giovanni Spinelli: "Non si tratta di essere razzisti, ma ogni detenuto costa tra i 300 e i 400 euro al giorno. Mandare a casa parte di loro, oltre a dimostrarsi una valida soluzione contro il sovraffollamento, rappresenterebbe un notevole risparmio sul costo sociale del mantenimento dei detenuti". Sovraffollamento e diversità di etnie (a Montorio oltre il 70% dei detenuti sono stranieri) secondo il Sappe stanno portando anche a un’emergenza sanitaria. Il sindacato chiede a Tosi di "intercedere al palazzo della Sanità per far sì che tutto l’organico di polizia penitenziaria venga sottoposto a esami clinici di controllo ogni 6 mesi". Tutto questo alla luce del fatto che la struttura di Montorio (come tutte quelle "da Roma in su" spiega ancora Spinelli) accusa una forte carenza d’organico. Delle circa 450 unità sulla carta, solo 300 sono davvero effettive e - sottolinea il direttore del carcere Salvatore Erminio - "La situazione più critica riguarda le agenti del femminile". Aggiunge Spinelli: "È vero che le detenute sono molto meno rispetto ai detenuti maschi. Ma hanno bisogno di maggiori attenzioni. Delle 30 agenti che dovrebbero esserci, solo una decina sono effettivamente al lavoro, a fronte di oltre 40 detenute. Quando sarebbe quasi necessaria un’agente per ogni detenuta". Tosi promette risposte veloci: "Presenterò senz’altro le vostre problematiche a Roma. A breve conto di riuscire a darvi una risposta sul diritto sanitario. Nel frattempo mi sto dando da fare perché siano costruiti sempre più alloggi adibiti alla polizia penitenziaria e dislocati in 3, 4 aree della città con finanziamenti di milioni di euro". Il sindacato intanto chiede con urgenza che vengano avviate le procedure per accedere al complesso di "Borgo Frugose" destinato alla Polizia penitenziaria. Spinelli spiega che per legge "di ogni 100 case popolari, il 5% è adibito alle forze dell’ordine in generale". Il Sappe, tra le richieste in scaletta, avanza anche quella che Tosi, "nel presentare al governo centrale future richieste di unità di forze di polizia, stia attento a chiedere anche l’invio di un congruo contingente di polizia penitenziaria". A conclusione dell’incontro, il sindaco ha visitato l’azienda Lavoro&Futuro, che da circa 3 anni dà lavoro a oltre 50 dei detenuti a Montorio. Tosi ha promesso un prossimo incontro anche agli imprenditori che la gestiscono, in vista dei nuovi progetti che ruotano intorno alla cooperativa che hanno appena fondato per dare lavoro ai detenuti anche una volta fuori dal carcere. È sfumata invece la possibilità di una visita all’interno della struttura carceraria. Il Sappe aveva l’intenzione di mostrare i luoghi in cui gli agenti lavorano ogni giorno al sindaco della città, che non aveva però fatto richiesta ai Magistrati di Sorveglianza per l’autorizzazione necessaria ad accedervi. Il presidente dell’associazione La Fraternità, Roberto Sandrini, sottolinea il fatto che il sindaco Tosi ha incontrato soltanto gli operatori di Montorio. Anche se l’invito gli è arrivato dal sindacato autonomo della polizia penitenziaria, secondo Sandrini "se Tosi vuole intervenire per migliorare le condizioni della struttura penitenziaria della città, dovrebbe al più presto visitarla, e dare ascolto anche ai detenuti che la vivono quotidianamente".
La Ronda si sposta ancora. Pasti gratuiti al cimitero monumentale
Di recente la Ronda della Carità di Verona aveva spostato il suo punto di ritrovo per la distribuzione di pasti serali gratuiti da piazza delle Poste alla zona circostante la Chiesa di San Tommaso. Una decisione mirata a evitare la formazione di una sorta di ghetto in una zona turistica e centrale. Spiega il presidente della Ronda, Marco Tezza: "Si trattava di una scelta sperimentale, per valutare quale potesse essere la zona più idonea alla distribuzione dei nostri pasti. Una serie di motivazioni come la piccolezza del luogo, qualche tensione sorta tra gli utenti e la conseguente salvaguardia della popolazione attorno a San Tommaso, ci hanno posto di fronte alla necessità di un ulteriore spostamento". Da sabato scorso la Ronda distribuisce pasti e beni di prima necessità nei pressi del cimitero monumentale. Circa una ventina le persone che ne usufruiscono. "Si tratta dell’unica soluzione che al momento ci è sembrata valida ma - ci tiene a precisare Tezza - è ancora temporanea". Continua il presidente: "La lontananza dal centro storico impone un sacrificio sia per i volontari della Ronda che per gli assistiti che ci raggiungono a piedi. Noi siamo determinati a tornare in centro e siamo già d’accordo con l’assessore Bertacco di risentirci a settembre". L’assessore alle politiche sociali Stefano Bertacco conferma che Comune e Ronda sono da qualche tempo alla ricerca di un locale limitrofo al centro dove accogliere le persone che vogliano consumare un pasto caldo. "Trovare un luogo in cui le persone che vivono sulla strada possano consumare il loro pasto seduti intorno a un tavolo - come accade nel "Rifugio" situato davanti alla fiera di Verona - significa anche restituire dignità alle persone". Per la ricerca del posto la Ronda spera di incontrare al più presto anche il vescovo Zenti, confidando in eventuali risorse o idee su possibili interventi.
Notizie da Rovigo
Voci da dietro le sbarre, la piazza parla di carcere
L’attrice Ivana Monti, perla della serata, ha letto passi del libro di Livio Ferrari "In carcere, scomodi". Grandi artisti, brani emozionanti fatti di musica e parole per costruire un ponte ideale tra chi è dentro e chi vive fuori. Per il terzo anno consecutivo una serata d’estate viene dedicata all’ascolto di chi non può farsi sentire: i detenuti. La loro voce è affidata ai volontari del Coordinamento della Casa Circondariale di Rovigo appartenenti alle associazioni del Centro Francescano di Ascolto, Portaverta, Caritas e San Vincenzo: il cuore grande della solidarietà cittadina che ogni giorno opera per costruire quel ponte ideale tra chi è dentro e la realtà che sta fuori. Un ponte che un giorno, più o meno lontano, chi è dentro attraverserà per addentrarsi in un mondo che non conosce più, che d’abitudine gli è ostile. Suoni forti, parole ancora più forti per denunciare violenze inaccettabili nelle carceri di ieri, privazioni e mortificazioni in quelle di oggi; il disagio e dolore di chi ha familiari in carcere; la violazione dei diritti dei minori che crescono nei luoghi di pena con madri detenute. I versi dissonanti di poesie e canzoni che hanno ricordato traumi e frustrazioni, angosce e domande irrisolte di coloro che nella vita non hanno approdi, di chi nasce perdente e sa che la fortuna non si toglierà mai la benda dagli occhi per guardarlo, fosse solo per un attimo. Piazza Vittorio Emanuele si è riempita di persone venerdì sera, per seguire Andrea Bagno che presentava la manifestazione "Il carcere in piazza (per non dimenticare)", organizzata dal Coordinamento dei volontari del carcere di Rovigo; per ascoltare la musica alle chitarre di Paolo Capodacqua, al sax di Nicola Alesini, i brani di poesia e le canzoni offerte da Claudio Lolli, e la lettura recitata di passi sulla realtà carceraria proposta da Ivana Monti. La testimonianza viva del carcere registrata nel libro di Livio Ferrari, direttore del Centro Francescano di Ascolto, attraverso la lettura di alcuni passi da parte di Ivana Monti. Infine le lettere inviate dal carcere di alcune detenute, lette da volontari, perché non ci si dimentichi di loro; perché si valuti che la separazione, il silenzio, il tempo che trascorre vuoto di attese, lontano dalla speranza, è davvero una punizione che può portare al desiderio della fine. Lo stesso Livio Ferrari è intervenuto dal palco per denunciare tutta l’ingiustizia di chi auspica la pena di morte per certi reati e per chiedere invece veri programmi di reinserimento per chi ha sbagliato. Perché, come ricorda Ferrari nel suo libro, "la giustizia non è davvero uguale per tutti finché in carcere, per la maggior parte, ci vanno coloro che commettono reati comuni. Mentre chi inquina l’ambiente, froda nella produzione di alimenti, non ottempera alle norme della sicurezza sul lavoro, chi si rende colpevole di bancarotta molto spesso non varca la soglia del carcere e alla lunga resta impunito".
Notizie da Treviso
Centro di solidarietà di Treviso (Ceis) e Caritas Tarvisina: un segnale al territorio
Frutta e verdura su uno scaffale; molti supermercati lasciano i prodotti fino alla scadenza, per poi gettarli nella spazzatura. Nello scenario dell’Italia odierna con lo spettro della recessione che incombe, con il potere d’acquisto dello stipendio medio eroso dall’impennata dei prezzi e dall’inflazione e con un crescente numero di famiglie che incontrano sempre maggiori difficoltà ad arrivare a fine mese, capita quotidianamente che enormi quantità di cibo ancora commestibile vengano letteralmente buttate nella spazzatura. Com’è possibile? Si tratta di beni la cui imminente data di scadenza non consente l’avvio nel circuito commerciale o di beni freschi (si pensi alla frutta e alla verdura) ancora perfettamente commestibili, ma con un aspetto che non ne consente più la commercializzazione. Questa risorsa, che se ben utilizzata potrebbe alleviare le sofferenze di molti, finisce invece col diventare immondizia. È proprio partendo da questa fortissima contraddizione che è nata "la Quarta Settimana", iniziativa finanziata dal Centro di servizio per il volontariato di Treviso con cui il Centro di solidarietà di Treviso (Ceis) e la Caritas Tarvisina hanno scelto di dare un segnale al territorio: un invito a riflettere sulla sostenibilità delle scelte che compiamo tutti i giorni e sulla ricerca effettiva di possibili alternative al nostro stile di vita. Il progetto - ispirato da una iniziativa analoga nata una decina d’anni fa presso la facoltà di Agraria dell’università di Bologna - è stato avviato a Treviso in via sperimentale all’inizio del 2007 con lo scopo di stimolare il territorio e le aziende che operano nel settore alimentare a partecipare a una raccolta di tutti quei generi come i beni in scadenza, gli alimenti freschi e deperibili, le eccedenze produttive, fino a tutti quei prodotti che per diversi motivi non possono essere messi in commercio ma che sono ancora perfettamente commestibili (per esempio perché la confezione è rovinata) in modo da effettuarne poi la redistribuzione a indigenti e bisognosi. L’idea, resa possibile da una apposita legge che, oltre a semplificare dal punto di vista burocratico le donazioni consente anche alle aziende di avvalersi di sgravi fiscali (la legge 155 del 2003 detta comunemente "del buon samaritano"), è stata presentata ai soggetti che operano sul territorio (ditte alimentari, supermercati, gastronomie, ditte di catering) e - ad oggi - sono state raccolte decine di tonnellate di prodotti che altrimenti sarebbero finiti nella spazzatura, grazie ad aziende che hanno sposato l’iniziativa come ad esempio l’Alibert, o come gli operatori del mercato ortofrutticolo e anche grazie ad aziende come il pastificio Rigo che, pur non producendo prodotti freschi e dunque soggetti a problemi di scadenze brevi, hanno deciso di donare comunque parte dei loro prodotti per fini sociali. A sei mesi dalla prevista conclusione della sperimentazione dunque, l’intento dichiarato è quello di rafforzare i rapporti esistenti e allargare sempre di più il numero dei soggetti che donano, vincendo la diffidenza e alcune logiche commerciali profondamente radicate (i responsabili del progetto dichiarano che tutti i supermercati contattati, pur apprezzando l’idea progettuale, non hanno aderito perché le logiche commerciali li portano a tenere i prodotti sugli scaffali fino all’ultimo giorno finendo poi inevitabilmente per doverne buttare via in grandi quantità), per valorizzare in modo conveniente, dal punto di vista economico, sociale e ambientale, i prodotti invenduti. Il meccanismo di funzionamento è basato sull’apporto dei volontari che raccolgono settimanalmente i beni presso le aziende; quindi i prodotti - in base alla tipologia e quantità - vengono destinati alla distribuzione attraverso i centri di ascolto della Caritas o a congregazioni che operano sul territorio a favore di categorie deboli come ad esempio i minori in stato di disagio, le ragazze madri o persone uscite da situazioni di violenza. Per maggiori informazioni è possibile contattare Stefano D’Andrea presso il Ceis di Treviso allo 0422.307438. Fonte: La vita del Popolo - Domenica 13 luglio 2008. Direttore: Ornella Favero Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella.
Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto" |