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A Venezia, un primo importante confronto sul "dopo indulto" Appunti sulla giornata di studi "Carcere e dopo carcere"
A cura della Redazione di Ristretti Orizzonti, 16 settembre 2006
San Servolo è una piccola isola della laguna veneziana, ma è anche un appuntamento del volontariato che si occupa di carcere, e che si ritrova ogni anno a settembre, dopo l’estate e all’inizio di una nuova stagione di attività, per fare il punto sulla situazione e progettare nuovi interventi. Un’occasione di riflessione collettiva, organizzata dall’associazione di volontariato penitenziario "Il Granello di Senape", che ormai ha un valore sempre meno locale, e sempre più nazionale. Ma quest’anno San Servolo ha avuto anche, come punto di partenza, una novità colossale: è stato forse il primo momento di confronto e di approfondimento collettivo sull’indulto, a partire da una situazione quindi radicalmente nuova, con soli 37.000 detenuti in carcere, e però 24.000 persone fuori, in un mare di difficoltà. Indulto: nuove speranze e vecchie realtà Alcuni spunti nati dal confronto di San Servolo
Appunti dall’introduzione di Sergio Segio: Sergio Segio ha guidato il dibattito partendo da un interrogativo di base, riproposto anche di recente, alla Triennale di Milano, da Massimo Cacciari: "Ma che senso ha rieducare alla libertà rinchiudendo le persone?" È il caso di non dimenticarsene mai, tanto più ora che l’indulto ha evidenziato che in galera ci stavano più di 20.000 persone con meno di tre anni ancora da scontare. Forse questo vuol dire che qualcuno "crede troppo" nel carcere. La catastrofe dell’informazione: ha tentato più volte Luigi Manconi, sottosegretario con delega per le carceri, ha ricordato Segio, a ribaltare una informazione spesso distorta, come quando il Corriere ha scritto "Già tornati in cella in 340", e avrebbe dovuto forse scrivere "solo 340", se si pensa a quelle che sono le percentuali della recidiva. È necessario, secondo Sergio Segio, che l’informazione, da parte di chi si occupa di questi temi e li conosce, si rafforzi e prenda coraggio, a partire proprio dalla "Federazione dell’informazione dal carcere e sul carcere" che si è costituita di recente e può avere un ruolo importante in questo campo. Ma c’è necessità anche di dar vita a un "Osservatorio" che faccia un serio monitoraggio degli effetti dell’indulto.
Appunti dall’intervento di Stefano Anastasia, capo della segreteria del sottosegretario Luigi Manconi: Stefano Anastasia ha sottolineato alcuni aspetti dell’informazione nel dopo indulto particolarmente gravi: per esempio alcuni giornali hanno parlato di aumento enorme della criminalità dopo l’indulto e hanno riportato statistiche del tutto inattendibili. In realtà una rilevazione fatta dal Ministero degli Interni, di cui saranno comunicati al più presto i dati, parla invece di un calo dei reati nel mese di agosto. Quello che ha messo in rilievo l’indulto? Che c’è comunque sempre, per chi esce dal carcere, una "ordinaria emergenza", cioè i percorsi di accompagnamento sono ordinariamente quasi nulli. Ora però c’è la possibilità di agire, c’è un po’ di tempo (la popolazione detenuta da un pezzo ormai cresce di circa 2000 unità all’anno) per rimettere mano a certe leggi, ma anche per lavorare a governare il "dopo carcere". I 17 milioni di euro stanziati da diversi ministeri sono solo un inizio, nuove risorse devono essere trovate (la Cassa delle Ammende dispone di più di cento milioni di euro). E nuovo personale: il Ministero della Giustizia ha già chiesto una deroga per l’assunzione di 490 unita di personale addetto al trattamento.
Appunti dall’intervento di Alessandro Margara, presidente della Fondazione Michelucci: Alessandro Margara ha presentato la sua proposta di "Riforma della riforma penitenziaria", sottolineando però anche che vanno cambiate prima le tre leggi che più possono contribuire a riempire di nuovo le carceri: per l’immigrazione serve una legge diversa dalla Bossi-Fini, che comprenda che gli stranieri rappresentano una risorsa per il paese; per i tossicodipendenti la risposta non può essere il carcere, devono essere invece affidati al sociale e curati, mentre l’attuale legge Fini-Giovanardi che punisce il consumo e lo spaccio in modo preventivo, non fa che peggiorare la situazione. E la cosiddetta "ex Cirielli" deve essere rivista nella parte che prevede l’inasprimento della pena in caso di recidiva. Questo progetto di riforma penitenziaria è importante perché parla finalmente di diritti delle persone detenute. Fra i diritti ci sono tutti quelli che riguardano l’osservazione ed il trattamento, in modo tale che la persona possa essere presa in carico, conosciuta davvero. E anche il diritto all’affettività. C’è una parte importante poi che riguarda le misure alternative: si stabilisce sostanzialmente che le misure alternative sono misure ordinarie attraverso cui l’esecuzione penale si sviluppa, cioè non sono un’eccezione. Margara ha sottolineato anche, a proposito delle misure alternative, che non devono essere rese più "penose", anzi bisogna ricostruire un sistema che segua davvero le persone anche nel dopo pena.
Appunti dall’intervento di Franco Corleone, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale per il Comune di Firenze: Corleone ha sottolineato un aspetto particolare dell’indulto: l’indulto ha fatto emergere una cultura forcaiola a sinistra, con polemiche sul fatto che siano usciti "poveracci e furbetti". E non c’è stato un intellettuale che ne abbia preso le difese. Ma l’indulto ha messo in evidenza anche la crisi della Magistratura di Sorveglianza: le misure alternative vengono infatti concesse col contagocce, tanto è vero che prima dell’indulto c’erano ancora in carcere migliaia di persone con pene o residui pena molto bassi. Il rischio ora è che non ci sia in carcere la percezione di avere una grande occasione, nella quale la sfida più alta è quella che riguarda il reinserimento per le persone con reati gravi. L’indulto quindi va considerato una vera riforma, che ci permette oggi di avere dei progetti importanti, per i quali gli Enti Locali stanno già dimostrando di voler avere un ruolo e un protagonismo nuovi. Per chi esce dal carcere il problema vero è quello di ricostituirsi una identità, è importante quindi immaginare per le persone un lavoro e delle prospettive di vita che rispettino e valorizzino le identità.
Appunti dall’intervento di Desi Bruno, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale per il Comune di Bologna: L’indulto va considerato, secondo Desi Bruno, un successo, però solo nell’ottica della "riduzione del danno", viste le condizioni di illegalità delle nostre carceri. Uno dei problemi che si pongono con più urgenza oggi è quello che riguarda gli stranieri. Bisogna lavorare perché cambi la normativa, e se uno straniero riesce ad accedere a una misura alternativa, a un certo punto della misura alternativa stessa è necessario che la pena vada riconsiderata. Ma pure la ex Cirielli va cambiata, perché influisce pesantemente anche sulle condizioni di vita in carcere, dal momento che sono moltissimi i detenuti che con questa legge hanno grande difficoltà ad accedere alle misure alternative. L’indulto permette ora di riconsiderare poi finalmente la territorialità della pena, e la questione dei trasferimenti, e di lavorare perché i detenuti possano davvero stare in carceri situate vicino a dove risiedono i loro famigliari.
Appunti dall’intervento di Chiara Ghetti, direttrice dell’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna di Venezia, Belluno e Treviso: Chiara Ghetti ha sottolineato che la metodologia di lavoro dell’U.E.P.E. è quella di attenzione alla persona, dove la funzione di controllo si distingue notevolmente da quella che viene esercitata in carcere, perché è un controllo sui percorsi, non sulle persone. Ora può essere davvero valorizzata la funzione di accompagnamento che precede e accompagna le dimissioni dal carcere. Tra i problemi emersi nel dopo indulto, c’è quello di un’informazione carente, con molti stereotipi (per esempio, il luogo comune che i servizi sociali sono inefficienti, e il volontariato ha dovuto sopperire a queste mancanze rappresenta solo una inutile contrapposizione tra il pubblico e il privato). Di positivo, invece, c’è stato che molti dei tossicodipendenti, che hanno finito di scontare la pena con l’indulto, hanno deciso di proseguire però ugualmente il programma terapeutico. Dove poi si è iniziata una riflessione seria sul reato con le persone in affidamento, molte di queste persone continuano, nonostante l’indulto, a svolgere attività gratuita a favore della collettività. Dopo l’indulto, finalmente gli operatori possono fermarsi a riflettere, a pensare a una nuova progettualità, che preveda:
Appunti dall’intervento di Padre Andrea Cereser, dell’associazione "Il Granello di Senape": Padre Andrea ha ricordato che in carcere è enormemente calato l’ascolto delle persone, serve un impegno e una formazione nuova per le persone che dovrebbero occuparsene, come educatori e psicologi, perché l’ascolto è l’unico modo di aiutare le persone a ricostituire la loro identità. Il dibattito del mattino è stato invece dedicato ai progetti più legati al territorio veneziano. Il titolo era: Venezia: progetti nel territorio e ruolo del volontariato. Sono stati presentati i progetti gestiti dall’associazione "Il Granello di Senape", e in particolare lo sportello in/out, e il progetto di formazione e reinserimento lavorativo dell’Associazione "Incontro e presenza". È intervenuta l’Assessora alle Politiche sociali e rapporti con il volontariato del Comune di Venezia, Delia Murer, per illustrare gli interventi del Comune nel dopo-indulto.
Appunti dall’intervento di Gabriella Straffi, direttrice degli Istituti penali di Venezia: È fondamentale capire, ha detto la direttrice, che il volontariato in carcere ha un suo ruolo di "libertà" irrinunciabile rispetto ad altre figure. Quello che conta comunque è che tutti agiscano nel rispetto del ruolo e della professionalità di ognuno, e nessuno pensi di avere il diritto di dire che "conosce meglio degli altri" i detenuti. L’esperienza del carcere femminile della Giudecca, dove molte delle donne detenute sono impegnate in attività lavorative gestite da cooperative esterne, è importante proprio perché il lavoro gestito da esterni ha un valore particolare: le donne imparano a misurarsi con il mondo del lavoro vero, acquisiscono gusto e sensibilità, conoscono anche quelli che sono "i capricci" dei committenti, insomma hanno una "effettiva percezione della realtà". A contorno della giornata, la proiezione del video "Questione di pelle", a cura del Servizio Adulti – Riduzione del danno del Comune di Venezia e lo spettacolo teatrale della Compagnia della Fortezza – Volterrateatro "Il libro della vita".
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