Le storie

 

Le storie: Uno Bianca, colpe e percorsi

Il giudice alle vittime: basta odiare Occhipinti

Uccise con i Savi: "Ora è un detenuto modello"

All’ergastolo per omicidio, lavora al call center dall’Asl

È da quattordici anni in cella e presto potrebbe chiedere un permesso premio

 

di Amelia Esposito e Alessia Pirolo

 

Corriere di Bologna, sabato 23 agosto 2008

 

"Marino Occhipinti è un detenuto modello. Ha fatto un percorso di recupero, si è pentito. E alla presa di coscienza delle proprie azioni è seguito il tentativo di riscattare il male che ha fatto, facendo del bene". I presupposti per concedere un permesso premio dunque ci sono tutti. "L’unica cosa che manca è un dialogo con i parenti delle vittime. Dialogo che non hanno mai voluto, ma che noi non smetteremo di cercare".

Arriva a meno di un mese dalla scarcerazione di Pietro Gugliotta, il "gregario" della banda della Uno Bianca, l’appello del giudice di sorveglianza padovano Giovanni Maria Pavarin. Magistrato illuminato, sostenitore dell’avvicinamento tra vittime e carnefici. Un appello ai familiari delle vittime della Uno Bianca perché accettino il tentativo di Occhipinti – ex poliziotto della Squadra mobile di Bologna, membro "minore" della banda, condannato all’ergastolo per l’omicidio della guardia giurata Carlo Beccari durante l’assalto a un furgone della Coop a Castel Maggiore nel febbraio 1988 – di avere con loro un contatto.

Occhipinti scrive sulla rivista del carcere di Padova e lavora sodo. Lavora al call center dell’azienda sanitaria: è tra quelli che rispondono al telefono quando i pazienti chiamano per fissare le visite. In passato ha chiesto dei permessi che non gli sono stati concessi. E adesso che si appresta a chiederlo di nuovo, il giudice potrebbe concederlo. "Certo, la concessione dei benefici carcerari non è legata all’assenso delle vittime – spiega Pavarin – comunque io vorrei che si aprisse un dialogo". Il tentativo di mettere in contatto Occhipinti con i familiari di Beccari e con l’associazione familiari delle vittime della Uno Bianca è stato messo in atto più volte dalla "commissione mediazione penale e giustizia riparativa" del carcere di Padova e da Maria Pia Giuffrida, dirigente del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Roma. "Giuffrida ha preso in mano il caso Occhipinti, per ora senza risultato", spiega il giudice. Che afferma: "Dopo dieci anni di carcere anche chi è condannato all’ergastolo può aspirare a delle concessioni, Occhipinti ne ha scontati 14 e finora non è mai uscito".

Ma perché questo appello accorato? È passato meno di un mese da quando Gugliotta, condannato per le rapine ma non per gli omicidi, ha lasciato la Dozza. Adesso è un uomo libero. Da quando è uscito dal carcere si trova a Catania, a casa dell’anziana madre (l’unica che l’ha perdonato) e, se vorrà, da settembre potrà lavorare in una comunità per ex detenuti in Friuli. Tuttavia, è ancora impressa nella memoria di tanti, anche in quella del giudice padovano, la bufera che si scatenò nel 2007 per un permesso di soli tre giorni a Gugliotta. Ecco perché per Pavarin sarebbe "auspicabile un’apertura da parte dei familiari delle vittime". Auspicabile e "giusta".

"Io vedo una persona che ha fatto un cammino molto diverso da quello di Alberto Savi (anche lui detenuto a Padova, ndr) che non ha mai chiesto un permesso. Occhipinti si è dissociato subito, per questo la sua posizione è diversa". "Capisco il dolore delle vittime, ma il dolore che si prova viene solo aumentato dall’odio. Non credo che questo possa durare per sempre. Quando si odia la prima fatica la fa chi prova questo odio. Smettere di provarlo e capire che anche chi ha fatto del male prende su di sé il dolore, è un primo sollievo".

Vittime e carnefici

Uno Bianca: ora l’ex killer risponde al centralino dell’Usl

Padova, lavora dar carcere e chiede un permesso per uscire

Il giudice: detenuto modello, ora parli con i parenti delle vittime

 

di Alessia Pirolo

 

Corriere del Veneto, martedì 26 agosto 2008

 

Padova. Scrive su un giornale, risponde al call center del Usl 16 di Padova e parla gentilmente ai pazienti che chiamano per fissare un appuntamento. Marino Occhipinti, uno dei killer della Uno Bianca, fa tutto questo dall’interno del carcere Due Palazzi di Padova dove da 14 anni vive e dove dovrebbe passare il resto dei suoi giorni. Condannato all’ergastolo, in questi anni ha seguito un percorso di recupero: è stato inserito insieme ad un gruppo di detenuti modello in un progetto che gli ha ritagliato un ruolo da centralinista per una struttura pubblica. Risponde, fissa la visita, devia le chiamate e a quanto pare gli utenti dall’altra parte del filo in più di un’occasione si sono complimentati per il servizio. Nel tempo ha costruito le basi per chiedere un permesso premio. Una richiesta che ha fatto ma che per il momento è stata respinta.

 

I parenti delle vittime

 

La sola idea ha fatto insorgere i parenti delle vittime della Uno Bianca, già ferite di recente dalla scarcerazione di Pietro Gugliotta, "gregario" della banda. A loro, alla loro sofferenza parla Giovanni Maria Pavarin, giudice di sorveglianza del Tribunale padovano che finora ha respinto le richieste di Occhipinti e a breve dovrà decidere su una nuova, in preparazione da parte dell’avvocato Milena Micele. "Marino Occhipinti – dice Pavarin – è un detenuto modello. Ha fatto un percorso di recupero, si è pentito, e alla presa di coscienza delle proprie azioni è seguito il tentativo di riscattare il male che ha fatto, facendo del bene". I presupposti per concedere un permesso premio, che sarebbe usato per andare a trovare la moglie e le figlie, potrebbero esserci tutti: "L’unica cosa che manca è un dialogo con i parenti delle vittime. Dialogo che non hanno mai voluto, ma che noi non smetteremo di cercare".

 

Il percorso riparativo

 

Mettere a colloquio chi ha subito il male e chi l’ha fatto è l’argomento della giustizia riparativa di cui il giudice sostiene l’importanza e di cui parlerà oggi al meeting CL di Rimini. "Ogni pena –spiega – ergastolo incluso, ha uno scopo finale, fare sì che una persona che ha compiuto un delitto compia un percorso di rivisitazione critica del male che ha fatto, con una risolutiva presa di distanza dal proprio passato e il tentativo di ripagare in qualche modo con un’azione sia economica, dove è possibile, sia morale, arrivando a chiedere scusa e assumendo su di sé il dolore che ha afflitto. Questa presa di coscienza del disvalore delle proprie azioni comincia a dare sollievo alla vittima".

 

Il dialogo

 

Marino Occhipinti, ex poliziotto della Squadra mobile di Bologna, condannato all’ergastolo per l’omicidio della guardia giurata Carlo Beccari durante l’assalto a un furgone della Coop a Castel Maggiore nel febbraio 1988, ha chiesto più volte permessi, finora negati. "Certo, la concessione dei benefici carcerari non è legata all’assenso delle vittime – chiarisce Pavarin – comunque io vorrei che si aprisse un dialogo". Il tentativo di mettere in contatto Occhipinti con i familiari delle vittime della Uno Bianca è stato messo in atto dalla dirigenza del carcere di Padova e dalla "commissione mediazione penale e giustizia riparativa" presieduta da Maria Pia Giuffrida, dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di Roma. Ma finora resta la chiusura. "Al rientro dalle ferie – dice Rosanna Zecchi presidente dell’associazione familiari delle vittime della Uno Bianca – convocherò il direttivo per discutere del caso Occhipinti. Sarà l’assemblea a decidere, ma sia chiaro, per quel che mi riguarda la risposta al giudice Pavarin è drastica: nessuna apertura".

 

Il giudice

 

Per chi continua a soffrire resta difficile credere nell’autenticità del pentimento, mentre il giudice cerca di spiegare l’importanza del dialogo: "Il dolore che si prova viene solo aumentato dall’odio. Non credo che questo possa durare per sempre. Quando si odia la prima fatica la fa chi sente questo odio, smettere di provarlo, capire che anche chi ha fatto del male prende su di sé il dolore, è un primo sollievo".

 

Il detenuto

 

Marino Occhipinti è considerato un membro minore della banda della Uno Bianca, l’organizzazione criminale formata da poliziotti che tra il 1987 e il 1994 commise rapine e 24 omicidi. Marino Occhipinti prese parte all’assalto della Coop di Castel Maggiore, il 19 febbraio 1988, durante il quale morì una guardia giurata. Nel carcere di Padova scrive per la rivista "Ristretti Orizzonti" e lavora al centralino della Ulss 16.

 

 

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