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Interrogazioni al Ministro della Giustizia (Camera dei Deputati)
Buemi - Seduta del 3.12.2004
Per sapere - premesso che: come noto, il 16 agosto 2004, il sindaco di Roccaraso, dopo essere stato arrestato solo due giorni prima, è stato trovato morto suicida all’interno della sua cella nel carcere di Sulmona; l’indagine in cui era coinvolto il sindaco Valentini aveva ad oggetto fatti di presunta concussione, corruzione in atti giudiziari, ed è stata condotta - a vario titolo - da numerosi agenti di polizia e, soprattutto, da un elevato numero di magistrati della procura di Sulmona, succedutisi per varie ragioni nel corso delle indagini; successivamente al tragico evento di cui sopra sono emerse una serie di circostanze, a giudizio dell’interrogante, sospette che riguardano gli organi inquirenti, nonché alcuni elementi della magistratura e che pongono la necessità di una risposta da parte dei rispettivi dicasteri; in particolare, ci si riferisce a due circostanze che destano perplessità: a) è stata ricevuta una lettera non firmata presso lo studio legale in Roma dell’avvocato Carlo Rienzi, trasmessa al Consiglio Superiore della Magistratura nel quale si riferisce del fatto che il pubblico ministero dottoressa Maria Teresa Leacche (si presume) sia l’unico magistrato che possa condurre indagini in merito a condotte illecite - con rilevanza penale - dell’amministrazione comunale di Roccaraso. Infatti, si sostiene che la dottoressa Aura Scarsella, magistrato con maggior anzianità di servizio presso la medesima procura, si troverebbe in una situazione di incompatibilità poiché il proprio marito (dottor Giorgio Leone) è titolare di una farmacia a Roccaraso. Tuttavia, insistono gravi dubbi sui protagonisti delle vicende giudiziarie di cui si va parlando, poiché emerge dalla lettura di una richiesta di archiviazione della procura di Sulmona, a firma a proprio della dottoressa Scarsella, che quest’ultima non abbia sempre ottemperato a tale obbligo di astenersi da procedimenti che riguardano anche il comune di Roccaraso, con l’evidente concretarsi di un’ipotesi di mancanza di imparzialità. Inoltre, ciò che più necessita di approfondimenti e chiarimenti, è il fatto che il suddetto pubblico ministero Aura Scarsella non si sia astenuta proprio in relazione alla richiesta di archiviazione dal reato di peculato di cui sopra nei confronti del maresciallo dei carabinieri di Roccaraso, Alfredo Di Gioia: infatti, seppure apparentemente non vi siano connessioni con le indagini nei confronti del Valentini tale decisione viene citata a pagina 30 dell’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Camillo Valentini del 12 agosto 2004, come base per la costruzione di un capo di imputazione di concussione proprio ai danni del sindaco di Roccaraso. Si può, infatti, leggere che: "la denuncia "anonima" comunque diede i frutti sperati, in quanto la procura di Sulmona aprì un procedimento nei confronti del Di Gioia, che però si concluse con decreto di archiviazione del 1o ottobre 2003". Il decreto de quo, a firma del GIP dottor Lorenzo Ferri, fu emesso su richiesta della dottoressa Scarsella, nel medesimo periodo in cui la procura di Sulmona andava indagando il sindaco di Roccaraso (il quale sarebbe stato eventualmente parte lesa per la condotta del maresciallo Di Gioia) per il reato di concussione (proprio) nei confronti di tale Lucia Marra (per dovere di precisione: il Valentini era accusato di concussione per aver, mediante la cugina Gisella Valentini, concusso la titolare Marra Lucia di una ditta di giardinaggio per ottenere fatture in cui vi fossero indicate forniture a favore del comune di Roccaraso). Secondo l’interrogante, le singolari circostanze evidenziate se non esaurientemente e debitamente spiegate, potrebbero essere di grave nocumento alla credibilità dell’ordinamento giudiziario e dell’amministrazione preposta (oltre all’organo di autogoverno) al controllo; b) un’ulteriore questione che si pone riguarda il pubblico ministero dottoressa Maria Teresa Leacche, la quale ha sottoscritto la richiesta di custodia cautelare in carcere; ci si domanda se ella fosse effettivamente in condizioni di poter indagare nei confronti di esponenti dell’amministrazione comunale di Roccaraso e del sindaco Valentini in particolare. Con ordinanze a firma del sindaco di Roccaraso, ingegner Valentini, erano stati disposti per ragioni di sicurezza dei provvedimenti di chiusura di un certo condominio/complesso residenziale di nome Paradiso, sito in località Aremogna, fino al completamento dei lavori per la messa in sicurezza. In particolare, nell’ordinanza n. 42 del 5 agosto 2004 - di pochissimi giorni precedenti l’arresto del Valentini - si dispone nuovamente l’inagibilità dell’intero complesso condominio-hotel Paradiso. Nei giorni immediatamente successivi (lunedì 9 agosto 2004) sul quotidiano Il Centro appare un articolo in cui viene intervistato l’amministratore delegato dell’hotel Paradiso, tale signor Filippo Arduini, il quale oltre a contestare - come prevedibile - il provvedimento nei confronti della struttura da lui gestita, afferma che: "il sindaco Camillo Valentini è accusato di corruzione, concussione, peculato, truffa, abuso d’ufficio e falso", aggiungendo che "... la magistratura ipotizza che alcuni di questi reati li avrebbe compiuti in concorso con il vicesindaco, Di Virgilio e altri componenti della giunta...", capi di imputazione e concorsi soggettivi in tali ipotesi di reato incredibilmente coincidenti con quelli formulati dalla magistratura di Sulmona pochi giorni dopo (il decreto di custodia cautelare nei confronti di Valentini, a firma del GIP dottor D’Orazio - su richiesta della dottoressa Leacche è successivo di soli tre giorni: 12 agosto 2004). Ove tali affermazioni non venissero ritenute delle fortuite coincidenze, si concretizzerebbe, secondo l’interrogante, una chiara violazione del segreto istruttorio, in merito a fatti e persone indagate e capi d’imputazione a loro ipoteticamente addebitabili. Si segnala inoltre il reperimento di documenti relativi al residence hotel/condominio Paradiso e ad una sentenza del tribunale civile di Sulmona, avente ad oggetto presumibilmente il riparto di quote millesimali, che risulta tra i condomini di tale hotel-palazzo dapprima un certo signor Giuseppe Leacche ed in seguito i suoi eredi, quali proprietari appunto di una porzione immobiliare nello stesso; su tale circostanza si ritiene necessario un chiarimento onde scongiurare totalmente che eventuali voci calunniose o diffamatorie affermino una continuità parentale tra il pubblico ministero dottoressa Maria Teresa Leacche, che ebbe a chiedere l’arresto del Valentini con i titolari della porzione d’immobile nel residence Paradiso che lo stesso Valentini aveva ripetutamente chiuso per inagibilità provocando un danno di evidente e di rilevante entità ai condomini compresi i citati signori Leacche -: se il Ministro interrogato, in relazione al superamento dei termini previsti dalla legge in materia di indagini preliminari - che durano da quattro anni - e alle circostanze dedotte in premessa, non ritenga di avviare un’apposita ispezione.
Lucchese - Seduta del 2.12.2004
Per sapere - premesso che: è sempre maggiore la rabbia dei cittadini che assistono impotenti alla ormai assenza di pena, che di fatto sembra essere stata cancellata, anche se formalmente rimane scritta nei codici; chi si macchia di omicidio, cioè toglie la vita ad altri esseri umani, dovrebbe rimanere in carcere a vita, e questo anche per dare un esempio e scoraggiare i malavitosi; non è tollerabile, assistere alla concessione della libertà, con la vacanza premio, che spesso fa volatilizzare i delinquenti premiati; questi fatti hanno suscitato il disgusto, la riprovazione e la collera delle persone oneste in quanto uno Stato non può porre in libertà addirittura pluriomicidi, criminali efferati, solo perché "pentiti" sarebbe la fine dello Stato di diritto e di ogni democrazia -: quali iniziative di carattere normativo si intendano porre in essere in merito alla problematica riferita in premessa.
Perrotta - Seduta del 2.12.2004
Per sapere - premesso che: come si evince da un articolo pubblicato su la Padania, giovedì 25 novembre 2004, sono stati presi due rapinatori che erano in semilibertà; il Sig. Roberto Dassi e il Sig. Angelo Moretti beneficiavano del regime di semilibertà perché avevano già scontato i due terzi della pena; sul primo, pluripregiudicato e responsabile di reati compiuti anche all’estero, pende pure una condanna di ergastolo per omicidio; i due rapinatori, quando uscivano dal carcere, continuavano a dedicarsi alle loro attività illegali -: se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative, volte a prevedere presupposti più rigidi per la collezione del regime di semilibertà, anche al fine di evitare il ripetersi di vicende simili a quella sopra descritta.
Onnis - Seduta 1.12.2004
Per sapere - premesso che: negli ultimi giorni, ha ottenuto ampio risalto, sulla stampa, la vicenda giudiziaria di Paolo Dorigo, attualmente detenuto, presso il carcere di Spoleto, in espiazione della condanna a tredici anni e sei mesi di reclusione, inflittagli in quanto era stato riconosciuto colpevole di un attentato alla Base Nato di Aviano, in provincia di Pordenone (Corriere della Sera, edizione del 21 novembre 2004, pagina 14); secondo le cronache, in particolare, il 2 settembre 1993 furono esplosi alcuni colpi di pistola contro la suddetta installazione militare e l’attentato, che non provocò vittime, fu rivendicato dalle Brigate Rosse; il Dorigo sarebbe stato tratto a giudizio, e condannato, in seguito alle dichiarazioni di un detenuto, che avrebbe detto di aver saputo, in carcere, della partecipazione del medesimo Dorigo all’azione criminosa. Peraltro, quell’accusatore si sarebbe sempre sottratto all’esame dibattimentale, nel contraddittorio tra le parti, e a nulla sarebbero valse le proteste d’innocenza da parte del Dorigo, che ha fino ad oggi ribadito la propria estraneità ai fatti; la pena inflitta al Dorigo dovrebbe essere da questi espiata fino all’aprile 2007 e sarebbe stata finora scontata, ormai per quattro quinti, senza fruire di permessi o benefici, di qualunque natura, e senza neppure richiedere il calcolo dei termini per la liberazione anticipata; da due mesi il predetto Paolo Dorigo condurrebbe lo "sciopero della fame", rifiutando il cibo e conseguentemente riducendosi in stato di grave debilitazione, tanto da pesare, ormai, soltanto 30 Kg.; con tale forma estrema di protesta, il sunnominato Dorigo intenderebbe ottenere la sospensione dell’esecuzione della pena o, in alternativa, "la detenzione ospedaliera in sito imparziale", al fine di essere sottoposto ad accertamenti clinici, tra i quali quello del "sintonizzatore universale", ritenuto dal consulente di parte scientificamente indispensabile, ma nelle ultime settimane incomprensibilmente negato dalla magistratura, dopo un assenso iniziale alcuni mesi fa" (Liberazione, edizione del 24 novembre 2004, pagina 24); la sospensione dell’esecuzione della pena per motivi di salute sarebbe stata invece negata dalla competente autorità giudiziaria di sorveglianza, rilevando che "lo stato di debilitazione fisica è volontariamente indotto dal detenuto attraverso gesti autolesionistici come l’astensione dal cibo" (Corriere della Sera, cit.); la vicenda giudiziaria del Dorigo avrebbe costituito oggetto di reiterati interventi in sede europea. Già nel 1998, la Corte europea dei diritti dell’uomo, in accoglimento di un ricorso proposto dal Dorigo, avrebbe sollecitato la celebrazione di un nuovo giudizio nei suoi confronti, nel rispetto delle regole del giusto processo; con due risoluzioni, nel 2002 e nel 2004, sarebbe poi stata richiesta all’Italia "l’adozione di misure individuali appropriate in favore del ricorrente" (Liberazione, cit.); il 9 agosto 2004, il "magistrato rappresentante dell’Italia al Consiglio d’Europa" avrebbe prospettato "l’ipotesi di una "grazia d’ufficio", concessa in assenza della domanda" corrispondente; il 5 ottobre scorso, "il presidente del Consiglio d’Europa, Jan Petersen, ha risposto così a un’interrogazione (...): "... le autorità italiane hanno informato il Comitato dei Ministri che il Ministro della Giustizia stava prendendo in considerazione l’ipotesi di una grazia presidenziale"" (Corriere della Sera, cit.); appare indispensabile garantire l’incolumità fisica e l’equilibrio psicologico del Dorigo, durante la detenzione, favorendo l’interruzione dello "sciopero della fame" e preservandolo dalle conseguenze, che si temono prossime e irreversibili, della descritta condotta autolesiva, e ciò a prescindere dalla possibilità di adottare, in suo favore, un provvedimento di clemenza, che, in questo caso, sarebbe concesso d’ufficio, sulla base delle valutazioni riservate alle Autorità coinvolte (articoli 87 e 89 della Costituzione); l’esigenza di preservare l’integrità psicofisica del detenuto in questione, come di tutti gli altri soggetti che subiscano restrizioni della libertà personale, è imposta, oltre che da fondamentali, imprescindibili sentimenti umanitari, dai principi costituzionali che regolano il trattamento sanzionatorio e assegnano alla pena la funzione rieducativa (articolo 27 della Costituzione), nonché dalle specifiche norme dell’ordinamento penitenziario; la tutela della salute del Dorigo nemmeno potrebbe dipendere dalla sua decisione di non "abiurare alle sue convinzioni" (Liberazione, cit.) e di manifestare, anche di recente, "sostegno all’offensiva rivoluzionaria delle B.R. con gli omicidi D’Antona e Biagi" (Corriere della Sera, cit.). Tali aspetti, pur eventualmente rilevanti ad altri fini, e innanzitutto per la concessione o la negazione, da parte della competente Autorità Giudiziaria, dei benefici relativi al trattamento penitenziario (nemmeno invocati, del resto, dal detenuto sopra nominato), non escludono né rendono meno pressante l’esigenza di salvaguardare, con tutti i mezzi riconosciuti dall’ordinamento, la salute del Dorigo, durante l’espiazione della pena predetta; i ripetuti richiami rivolti all’Italia in sede europea confermano la necessità di un sollecito intervento sul caso in questione -: quali notizie siano a disposizione del Governo, a proposito della vicenda giudiziaria del detenuto Paolo Dorigo, delle ragioni della protesta che, attraverso il cosiddetto sciopero della fame, egli sta conducendo, e delle sue attuali condizioni di salute; quali iniziative siano state adottate, o si vogliano prossimamente attuare, in merito alla suddetta vicenda, in particolare per indurre il Dorigo, ove possibile, a recedere da quella forma di protesta, garantendone comunque l’integrità psicofisica e assicurando il controllo costante delle sue condizioni cliniche, nonché un tempestivo intervento in caso di urgente necessità.
Diliberto - Seduta 1.12.2004
Per sapere - premesso che: a seguito di uno stato di agitazione messo in atto presso la Casa circondariale di Pescara dal 30 giugno al 3 luglio 2003 da alcuni agenti della Polizia Penitenziaria, protesta già oggetto di precedente interrogazione da parte dello scrivente allo stesso ministro interrogato n. 4-06898 del 10 luglio 2003, veniva attivato nei confronti di alcuni di essi e precisamente l’ispettore Patrizio Trufolo, i sovrintendenti Carlo Losurdo, Cosimo Rocchitelli e Raffaele Morico, gli assistenti Roberto Del Monaco, Valdino Franchi, Giancarlo Ragnoli, Antonio Matani, Marcello Albani, Marcello Ascenzo e gli agenti scelti Danilo Palumbo e Gianluca Dessì, procedimento disciplinare con l’addebito di aver arrecato con il loro comportamento turbamento alla regolarità del servizio d’istituto impedendo l’avvicendamento di personale previsto dall’ordine di servizio n. 42 del 30 giugno 2003 emanato dal direttore della stessa Casa circondariale dottor Carlo Pallotta; in data 30 giugno 2003 con comunicato congiunto veniva data comunicazione alle competenti autorità dalle segreterie provinciali e regionali delle organizzazioni sindacali Osapp, Siapp, Stapp - Sinappe, dello stato di agitazione che si sarebbe svolto, peraltro, sotto forma di legittima protesta pacifica consistente nel permanere all’interno dell’Istituto al termine del proprio turno di servizio e nel rifiutare il vitto offerto dall’Amministrazione, forme di protesta sindacale che unitamente al cosiddetto "sciopero bianco" (non applicato) sono le uniche consentite; la protesta aveva lo scopo di sensibilizzare il ministro interrogato sul perdurare di gravi problemi che affliggevano gli operatori del "Nucleo traduzioni" nello svolgimento della loro mansione che non erano più in condizione di svolgere in modo sereno; con precedente interrogazione dello scrivente si rammentava che il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) Direzione Generale del Personale della Formazione ed Aggiornamento al fine di migliorare abilità e guida del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria, ha predisposto corsi di specializzazione denominati "protezione e sicurezza" e "guida sicura", destinati agli agenti del nucleo del servizio di traduzione del detenuti sottoposti all’articolo 41-bis ord. peniten. (cosiddetto "carcere duro") e dei collaboratori di giustizia, ed agli autisti di persone sottoposte al servizio di tutela (nucleo scorte); il Dap presso a Casa Circondariale di Pescara ha rilasciato il relativo attestato di riconoscimento e frequenza ad otto agenti; con ordini di servizio interno n. 40, 41, 42 emanati dal direttore della Casa Circondariale di Pescara dottor Carlo Pallotta, rispettivamente il 24, 25 e 30 giugno 2003 si dava esecuzione all’avvicendamento di personale in possesso delle specifiche specializzazioni di cui ai corsi sopra menzionati, con personale non in possesso di tali requisiti e ciò in palese contrasto con le numerose disposizioni dell’Amministrazione centrale che imponevano per il servizio di traduzione dei detenuti sottoposti al regime del cosiddetto "carcere duro" (articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario), ed il servizio di tutela cosiddetto nucleo scorte, l’utilizzo di personale specializzato; alla precedente interrogazione dello scrivente il ministro rispondeva, tra l’altro, che: "da quanto riferito dal Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per l’Abbruzzo ed il Molise ... dal 1° gennaio 2000 l’avvicendamento del personale del nucleo traduzioni di Pescara avviene con periodicità annuale, e fino ad oggi sono state avvicendate circa venti unità senza che nessuno abbia eccepito alcunché, essendo i provvedimenti di alternanza formalmente e sostanzialmente corretti e non cagionanti pregiudizi di ordine professionale ed economico agli avvicendati, che sono rimasti nella stessa sede e nello stesso istituto, assegnati ai previsti compiti istituzionali"; con tale risposta il ministro secondo l’interrogante sottaceva la circostanza che, se è vero che l’avvicendamento tra personale a parità di requisiti non arreca nessun pregiudizio sia di carattere professionale che di carattere economico, lo stesso non può dirsi nel caso dell’avvicendamento tra personale in possesso di specifiche specializzazioni conseguite grazie ai corsi di specializzazione ed aggiornamento impartiti e fortemente voluti dall’Amministrazione e personale che ne è sprovvisto. In questo ultimo caso l’avvicendamento opera un vero proprio declassamento per quel personale in possesso degli attestati di frequenza dei corsi che si vede riassegnato al servizio d’istituto di custodia all’interno delle sezioni carcerarie con conseguente perdita secca di indennità economica oltre che di gratificazione professionale; a seguito della pacifica forma di protesta è stato avviato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Pescara un esposto per presunti illeciti commessi durante la protesta del Nucleo Traduzioni presso la Casa Circondariale di Pescara e per il cui procedimento penale è stata immediatamente avanzata richiesta di archiviazione al Gip presso il Tribunale di Pescara; inoltre il provveditorato regionale per l’Abruzzo ed il Molise a seguito del decreto di archiviazione emesso dal Gip di Pescara suggeriva allora, con nota del 14 aprile 2004, al Dap, Direzione generale del Personale e della formazione Ufficio IV disciplina polizia penitenziaria, di valutare l’opportunità di incardinare nei confronti del personale accusato procedimento disciplinare; da parte loro gli interessati adducevano al funzionario istruttore preposto all’azione disciplinare di non essere mai stati sottoposti a procedimento penale, in quanto mai iscritti nel registro degli indagati delle notizie di reato, né tanto meno di aver mai ricevuto avvisi di garanzia, e che inoltre il Pubblico ministero non ha mai informato l’Autorità da cui dipendono sia dell’inizio dell’azione penale (mai avvenuta) che della loro imputazione; la situazione di disagio lavorativo nella quale erano costretti ad operare ha portato alcuni di essi a ricorrere allo Sportello Mobbing del Centro Osservazione Disagio Lavorativo della Ausl di Pescara che dopo averli sottoposto ad approfonditi accertamenti, quali test di valutazione psichiatrica e psicologica, questionari, etc., poneva con valutazione collegiale conclusiva il seguente giudizio diagnostico: "Disturbo dell’adattamento con umore depresso in rapporto a situazione occupazionale anamnesticamente negativa con episodi avversativi" -: quali sono i motivi che hanno indotto il Consiglio Centrale di Disciplina del Corpo di Polizia Penitenziaria a convocare il personale in premessa; se non ritenga che susciti perplessità l’atteggiamento del provveditore regionale pro-tempore dottor Cesari, per il fatto che questi, malgrado fosse già intervenuto il 28 gennaio 2004 il decreto di archiviazione, insisteva ancora il 18 marzo 2004 nel ravvisare nel comportamento degli operatori in questione gli estremi di addebiti disciplinari; se non ritenga dover immediatamente reintegrare nel ruolo scorte della Casa circondariale di Pescara il personale precedentemente allontanato a seguito della decisione assunta all’epoca dei fatti dal Provveditore dottor Cesari; se non ravvisi nel comportamento assunto dal dottor Cesari un atteggiamento persecutorio perpetrato ai danni di quel personale già vittima di suo esposto, come risulterebbe da comprovata certificazione medica rilasciata agli stessi dall’AUSL di Pescara "Centro Osservazione Disagio Lavorativo" - Sportello Mobbing.
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