Giustizia:
ma
allora ditelo che volete la pena di morte!
Blog
de "Il
Barbiere della Sera", 10 aprile 2006
Troppo compiacimento di fronte alle minacce ad
Alessi e Raimondi, in carcere per l'omicidio di Tommaso Onofri, dalle
celle di Parma.
Molti e quasi tutti compiaciuti, o comunque partecipi, sono stati gli
articoli di questi giorni sulla plateale e cupa ostilità dei detenuti
di Parma verso Alessi e Raimondi. Ho letto di pentole sbattute contro le
sbarre, di urla di minaccia e via dicendo.
Il tutto nel nome di quella "legge del carcere" che, se ho ben
capito, rappresenta un ordinamento giuridico autonomo, quasi mutuato dal
pensiero di Santi Romano.
Semplificando, i reclusi distinguono profili comportamentali all'interno
del proprio gruppo sociale ed elaborano secondo regole non scritte un
codice penale e un codice di procedura.
In base al primo, delitti come l'omicidio di Tommaso Onofri sono i più
gravi e squalificano irreversibilmente l'autore.
In base al secondo, tra l'accertamento del "reato" e
l'esecuzione della "sentenza" le modalità sono assai più
sbrigative di quelle previste dal diritto ordinario; che poi sarebbe
l'unico vigente ma in tanti, in troppi sembrano dimenticarsene, in
queste ore di emozione collettiva.
Non ho figli, se ne avessi forse cederei anch'io all'emozione collettiva
e al conseguente, nemmeno troppo malcelato, auspicio che dietro le
sbarre, durante un'ora d'aria, Alessi e Raimondi vengano
"condannati" a quella pena che l'ordinamento della Repubblica
non contempla, anzi esplicitamente esclude in una prospettiva -
belgioistica e irrealistica quanto si voglia, ma non è la sola della
nostra Costituzione che di ciò risenta - di redenzione e recupero del
reo.
Invece io trovo ributtante questa sostanziale esaltazione in chiave
romantica della malavita e dei carcerati. Chi sta dentro - alla luce
dell'attuale configurazione del diritto penitenziario, non priva di
alternative e benefici, anzi - magari non l'avrà fatta così grossa
come Alessi e Raimondi ma nemmeno molto pìù piccola; perciò ha pochi
titoli per vincere cattedre di umanità e morale.
Invece, così almeno sembra, aver "soltanto" ammazzato un
adulto, aver "soltanto" importato e smerciato l'eroina con cui
un giovane è morto di overdose, aver "soltanto" trafficato in
videopoker o usura o in tratta di ragazze da mandare a battere (faccende
che non si ha idea di quante vite rovinino), dà diritto a ergersi prima
a giudice e poi a boia di chi ha massacrato un infante. E nessuno che dica che questo ragionamento è allucinante. Per non dire
perfettamente coerente con la logica delle mafie. Logica in cui la
parola "onore" e la locuzione "codice d'onore" ha
una valenza ben precisa. Trovo squallida, infine, questa accettazione acritica della "legge
del carcere", che si risolve in una oggettiva apologia della pena
di morte.
Re:
Ma allora ditelo che volete la pena di morte
Giada
Talamo - 08.04.2006
Immagino
che il compiacimento generale per il "codice morale" dei
carcerati, sia rivolto maggiormente alla mostruosa efferatezza di Alessi,
prima e dopo avere pseudo-confessato il delitto.
Personalmente, mi pare sia corretto nella loro scorretteza per reati
penali, tenere un comportamento non equilibrato in presenza di assassini
di bambini. Giusto?
La legge forse non manda fuori un serial killer di nome Izzo per fare
assistenza sociale?
Qual è la giustizia? dove? in quale codice? la legge della legge? la
legge della legge dei carcerati? Oppure la legge di Dio? O la legge di
Satana? Voi siete così certi di cosa è giusto o ingiusto? Io proprio No!
Re:
Ma allora ditelo che volete la pena di morte
Paul
Olden - 08.04.2006
In
primis, io sarei arcistufo. Il caso del piccolo Tommaso è un singolo,
gravissimo, fatto di cronaca, e andrebbe trattato come tale. Punto. Invece la reazione dei media e dell'intero Paese è stata l'isteria
collettiva, quasi ci fossero in giro orde di badilatori di bimbi piccoli
appostati sotto ai condomini. Il caso è un caso di cronaca, non un problema sociale, quindi
pretenderei che si ritrovasse il senso della misura. Chiedo troppo? Sulla pena di morte, infine, troppe parole al vento: se uno uccide un
bambino a badilate, vuol dire che reputa ben poco preziosa e per nulla
intoccabile la vita umana, giusto? E allora, non dovrebbe lo Stato, la Collettività, sancire e riaffermare
l'esatto contrario, e cioè che uccidere è male, sempre e comunque, e
non ci sono buoni motivi che tengano per mettere da parte la sacralità
della vita umana, di nessuna vita, neppure di quella di un delinquente
assassino? A me pare lapalissiano.
Re:
Ma allora ditelo che volete la pena di morte
Pelpa
- 09.04.2006
Il
caso di Tommaso è stato issato sul punto più alto dell'asta mediatica
attraverso l'insistenza dei media, televisione in primis. Un evento orrendo, ma orrendo quanto molti altri che non hanno
riscontrato una così grande mobilitazione collettiva per via di una
minore presenza sui mezzi di comunicazione. In quanto al processo che si svolge nelle carceri, tutti sono sempre
pronti a scagliare la prima pietra.
Re:
Ma allora ditelo che volete la pena di morte
maxemil
- 09.04.2006
Di
fronte a fatti come questo mi domando cosa potrebbe portare a una
risposta che preveda la pena di morte.
A mio avviso, però, ci sono due modi di interpretare una tale
eventualità: la pena di morte come atto di misericordia oppure come
vendetta di fronte a un’azione così abominevole che mette in evidenza
quella nostra componente animalesca che facciamo di tutto per nascondere
attraverso la facciata di una pretesa evoluzione che è ben lontana
dall’essere.
Un modo, allora, per poter dire sopprimiamo i “cattivi” in modo che
rimangano solo i buoni?
(Tutti noi naturalmente)
Credo che sarebbe molto difficile, per chiunque si trovasse nei panni
dei genitori di quella creatura, non desiderare che i colpevoli soffrano
lo stesso dolore e gli stessi tormenti che hanno provocato, ma con quale
misura deve usare chi deve deciderne le sorti attraverso un
comportamento razionale?
Di fronte a un’opinione pubblica che “democraticamente” (magari
attraverso un referendum) portasse all’approvazione della pena di
morte, come ci dovremmo comportare?
Accettarlo come una delle tante conquiste democratiche di cui ci
vantiamo?
E quale potrebbe essere la reazione della chiesa da sempre schierata
contro?
Allora, come cattolici dovremmo essere a favore, o come cittadini
“democratici” dovremmo essere contro?
Inoltre, mi domando anche: se io che dovessi aver commesso un crimine
così efferato, che mi ha rivolto contro il disprezzo totale dei miei
simili e un odio così profondo, dovessi personalmente scegliere di
venire giustiziato perché la vita per me è diventata un inferno, non
sarebbe un atto di umana compassione concedermelo?
E nel caso contrario, avrei almeno il diritto di suicidarmi?
Grande ideale lo stato di diritto… così come è facile schierarsi per
il diritto a vivere, ma esiste un diritto di non voler vivere come un
cane rognoso e magari di intuire che ci potrebbe anche essere il diritto
di non voler venire al mondo senza avere la minima possibilità di una
vita dignitosa?
E
ancora una volta daccapo siamo
Alviero
- 09.04.2006
Scivolare
sui massimi sistemi annacqua sempre ogni ragionamento analitico.
Mi limito qui a sottolineare, in riferimento a quanto osserva maxemil,
come nel nostro ordinamento non esista un diritto soggettivo a
rinunciare alla vita, tant'è vero che l'istigazione e la collaborazione
tecnica al suicidio sono previsti e puniti come reato.
Io ho ragionato del diritto (penale e procedurale) "come è" (Sein),
non come dovrebbe essere (Sollen).
Altrimenti si va in pieno giusnaturalismo, cioé nell'opinabile.
Oppure, come direbbe un noto pensatore: "perché se no elucubriamo
e ancora una volta daccapo siamo".
Re:
pena di morte? c'è dell'altro
cavallopazzo
- 09.04.2006
Mi
chiedo per quale ragione gli autori di tali reati debbano avere un
avvocato difensore.
Dovrebbe essere tassativamente vietato a qualsiasi avvocato di accettare
una tale difesa.
Ancora. Perchè i cittadini italiani devono pagare le spese di
detenzione di simili carogne?. Ci vorrebbe una legge che obbligasse
costoro a versare una quota annua allo stato per le spese detentive.
Naturalmente questi soldi qualora non fossero versati dal familiare
della carogna dovrebbero essere ottenuti con il lavoro obbligatorio del
detenuto-carogna in carcere.
Infine. Occorre predisporre celle particolari per queste carogne prive
di qualsiasi comfort. Tanto per capirci sul tipo di quelle che tanti
films hanno mostrato come "ridente abitazione" di edmond
dantes alias il conte di montecristo.
Re:
Ma allora ditelo che volete la pena di morte
deusexmachina
- 09.04.2006
E
dopo che li abbiamo giustiziati con un colpo alla nuca mandiamo alla
famiglia il conto del proiettile, Cavallo? Tornando al punto, trovo anche io fastidioso che questa "legge del
carcere" esista, venga tollerata e serva a fare il "lavoro
sporco" al posto di chi è a favore della pena di morte o di altre
punizioni di tipo corporale, senza avere il coraggio di ammetterlo.
Re:
ma quale morte?
cavallopazzo
- 09.04.2006
deus
non ci siamo capiti. Io di questa specie di esseri non desidero la
morte.
Ho scritto un pezzo (che la barberia si è ben guardata dal pubblicare)
subito dopo l'arresto di quegli sterchi umani che hanno ammazzato
tommaso nel quale ben conoscendo la legge del carcere, invitavo i
detenuti a non ammazzare quelle latrine.Questo in quanto la morte
sarebbe stata un premio troppo grande quella feccia umana.
Devono vivere, ma vivere ma da belve. Deus io li avrei chiusi in quella
piccola gabietta nella quale volevano tenere tommaso e li avrei tirati
fuori solo a decesso naturale avvenuto.
Chiaro?
Re:
Ma allora ditelo che volete la pena di morte
deusexmachina
- 09.04.2006
Io,
nonostante tutto, non riesco ad essere così violentemente vendicativo,
sento sempre il bisogno di dimostrare di essere migliore di loro. Anche
se ammetto che la cosa, a volte, mi costa fatica. I due fetenti devono
scontare la pena secondo quanto stabilito dai codici, nelle celle che le
carceri italiane forniscono e che non immagino particolarmente
confortevoli.
Re:
Ma allora ditelo che volete la pena di morte
Massimo
Spiga - 09.04.2006
Sottoscrivo
le conclusioni di Paul Olden. Cavallo, nella Costituzione c'è scritto: "Le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere
alla rieducazione del condannato."
A parte questo, come spesso accade, sono sorpreso dalla miseria
professionale di certa parte della categoria giornalistica. Dal mio
punto di vista, sono eventi mediatici come questi che rivelano la
"debolezza deontologica" dei media (ed il problema correlato:
cioè stendersi come un tappetino sotto il Potere).
Re:
come? rieducazione?
cavallopazzo
- 09.04.2006
Ci
risiamo con la filosofia. Rieducazione. ma che ca.... vuoi rieducare?
Chi commette un certo genere di crimini non ha diritto a nulla. Ma
scherziamo? Tutto questo "buonismo" del cavolo. Magari gli
mettiamo vicino lo psicologo (pagato dai contribuenti) poi tra un po' di
anni lo mettiamo fuori per buona condotta e così ammazza qualche altro
innocente. Le carceri italiane sono poco confortevoli? ma và.... adesso le
trasformiamo in hotel a 5 stelle.
Hammurabi
Massimo
Spiga - 09.04.2006
La
Giustizia in Italia dovrebbe avere come fine ultimo quello di torturare
i suoi cittadini colpevoli? Dai, ti renderai conto che è assurdo. La Costituzione, in modo molto
pratico, dice che un elemento che non funziona non va buttato nel cesso,
ma "riciclato". A volte si ha successo, a volte no. E' ben
poco filosofica su questo punto. La fonte del nostro malcontento, credo, è che il sistema-giustizia
italiano non funziona, ma per questioni ben più banali, ordinarie. Ci
vogliono più risorse, bisogna razionalizzare gli uffici, snellire le
procedure. Tutto questo non implica un cambiamento di rotta, ma
un'ottimizzazione del sistema preesistente, in modo da raggiungere la
chimera della Certezza della Pena.
Introdurre le flagellate e le vergini di Norimberga non serve a niente
se la macchina-giustizia è inceppata. Un boss della Ndrangheta, una ventina di anni fa, disse: "La mafia
esiste perché la giustizia civile in Italia non funziona".
Secondo me questa frase, da sola, basta per spiegare la radice di tutta
una serie di fenomeni tra cui la sopraccitata Apologia di Pena di Morte
Cammuffata.
Pena
di morte no... Serial Killer gradite un tè?
Giada
Talamo - 09.04.2006
Pena
di morte no perché non è esemplare. Ma il permesso premio per buona
condotta sì. Verrà dato a breve a Donato Bilancia dopo avere avuto una
pena di ben tredici ergastoli.
Ergastolo
Light
Massimo
Spiga - 09.04.2006
Qualcuno
riesce a spiegarmi seriamente perché in Italia l'ergastolo non viene
applicato mai?
Si
sta parlando di tutto, cioè di nulla
Alviero
- 09.04.2006
Si
sta parlando di tutto, cioè di nulla. Uno discute il diritto
costituzionale alla difesa processuale, che - per dire - non venne
accantonato nemmeno a Norimberga o per Eichmann. Poi si lagna della
presunta inesistenza di qualcosa che già c'è: l'obbligo per i detenuti
di concorrere alle spese di mantenimento carcerario. Infine auspica
l'afflizione architettonica, ovvero la costruzione di celle afflittive
(e perché non la casa poeviana col soffitto chiodato che s'abbassa?
oppure la grotta del barile di Amontillado?). Un altro si accorge
dell'abolizione dell'ergastolo, raggiunta di fatto ormai da anni: esiste
sì nel codice penale, ma la normazione successiva in materia
sostanziale (c.d. "legge Gozzini") e procedurale (introduzione
del rito abbreviato con automatico abbuono di 1/3 della pena) l'ha reso
un fossile giuridico.
Ma io avevo parlato - o cercato di parlare - dell'inaccettabile complice
compiacimento dell'opinione pubblica, e di riflesso della nostra
categoria, di fronte alla "giustizia del carcere" che - come
usava nel primo incontro degli eretici con i giudici dell'Inquisizione -
semplicemente mostra ai due assassini i suoi strumenti, in attesa di
porli all'opera alla prima occasione utile. Questo, per me, è barbarie
e inciviltà, è orrore. E non dissociarsene, non distinguersene,
significherà essere idealmente in quel cortile, quando a uno dei due
accadrà quel che a Bad'e'Carros accadde a Francis Turatello, sbudellato
da uno dei futuri falsi pentiti del caso Tortora, che per anni si
sarebbe vantato di avergli mangiato il cuore. Se è questo che volete.
Siamo
tutti un po' nazi inside
Massimo
Spiga - 10.04.2006
Grazie
per la spiegazione sull'ergastolo, Alviero. Tu lo dici come se fosse la
cosa più ovvia del mondo, ma non mi pare proprio il caso. Anzi, proprio
perché non lo sapevo, spesso sono rimasto a bocca aperta davanti alla
notizia di pluriegastolani che passeggiano tranquillamente per le
strade. Non concordo, però, nel tuo accostare la logica mafiosa a quella
(diciamo) nascostamente apologetica della pena di morte.
Nel primo caso, l'omicidio è prima di tutto una rivendicazione di
controllo del territorio ed un metodo per conservare lo status quo. La
"ragione sociale" della mafia non è l'omicidio, è il
controllo. E l'omicidio è uno strumento di controllo.
Nel secondo caso, la fame di lapidazione nasce dalla frustrazione di chi
sente che i torti non sono stati "raddrizzati", che non c'è
nessun happy end e nessuna soluzione definitiva al problema.
Quindi l'omicidio in carcere è visto come uno stumento di giustizia,
quindi giustificato. Per di più è commesso da un uomo che agisce al di
fuori dei "lacci e lacciuoli" del sistema giuridico, rapido,
definitivo.
In che senso pensi che questi due fenomeni siano sovrapponibili?
PS
Massimo
Spiga - 10.04.2006
In
ogni caso, non credo che nessuno abbia mai tentato di contrabbandare per
giustizia quello che Barra fece a Turatello. Barra era palesemente un
caso clinico, e ne ho sempre sentito parlare in questi termini.
Dire che chiunque non si stracci le vesti quando un mafioso viene fatto
fuori in "gattabuia" è moralmente complice di un omicidio con
cannibalismo... dai, mi pare un pò pretestuoso.
Gran
bel ritorno
ivanfrance1
- 10.04.2006
Bellissimo
articolo Alviero e considerazioni pienamente condivibili.
Esiste una Costituzione, un Codice Penale e un Codice di Procedura, come
esiste anche (e qualcuno l'ha dimenticato) un giudice per l'applicazione
delle pene.
Il guaio è che la cultura giuridica in questo paese è pressochè
sconosciuta e calpestata non solo da presunti interpreti della "consuetudo"
mafiosa o "di strada" ma anche da coloro che ne sarebbero i
custodi.
Poichè, sinceramente, la frase di Casini "se non fossi cristiano
sarei favorevole alla applicazione della pena di morte" (più o
meno cosi, se ricordo) non ha senso considerato che il discepolo di
Forlani ha anzitutto giurato sulla Costituzione Italiana prim'ancora che
sul Vangelo.
In ogni caso, uno specialista della dottrina cattolica quale Astolfo ci
ha ricordato come la Chiesa ammetta la pena di morte (questo per Maxemil
che ne dubitava).
Re:
Ma allora ditelo che volete la pena di morte
iperbole
- 10.04.2006
nel
ribadire la più ferma condanna contro un sistema
"giudiziario" che contempli la pena di morte, non posso non
indignarmi di fronte ad un sistema "giudiziario" che rimette
in libertà uno stupratore ritenuto individuo socialmente pericoloso
dopo appena pochi mesi di detenzione.
in carcere ci va - o meglio dovrebbe andarci - chi commette reato e
certo i detenuti che minacciano alessi hanno pochi titoli al riguardo,
ma dove e come può trovare soddisfazione l'umana e comprensibile
richiesta di giustizia che simili fatti reclamano?