Appello contro ex-Cirielli

 

Associazione Radicale "Il detenuto ignoto" - Radicali Italiani - Nessuno Tocchi Caino

 

Appello e raccolta firme contro il disegno di legge ex Cirielli

 

Con una lunga iniziativa nonviolenta che vide coinvolti per 54 giorni migliaia di detenuti ed esponenti radicali, con una lunga mobilitazione di associazioni e personalità, con il concorso di tanta parte del mondo politico e parlamentare, si chiese alle Camere di prendere una decisione, di dire il proprio "sì" o il proprio "no" rispetto ai provvedimenti di clemenza, sulla cui approvazione il Parlamento discuteva da anni. E nell’estate del 2003, alla fine, le Camere scelsero di approvare il cosiddetto "indultino", e cioè una misura che parve subito assai limitata e marginale, nella sua versione definitiva.

Allora, ci facemmo comunque carico di ammonire che quella pur tenue novità avrebbe comunque offerto - almeno - una piccola occasione, una finestra temporale di cui far tesoro, per mettere in cantiere provvedimenti in grado di incidere in modo strutturale sulla pesante e per tanti versi incivile realtà delle carceri italiane, che contribuisce ad attribuire all’Italia un poco glorioso primato di condanne presso le Corti internazionali. Dobbiamo purtroppo riscontrare che ciò non è avvenuto. Non solo: sono oggi in cantiere norme che rischiano fortemente di aggravare una situazione già pesantissima, rendendola definitivamente insostenibile. In particolare, ci rivolgiamo ai Senatori, ai Deputati, alle forze di maggioranza e di opposizione, affinché riconsiderino quegli aspetti del cosiddetto disegno di legge "ex Cirielli" che ci paiono, potenzialmente, devastanti.

In tanti, nel mondo politico, si sono concentrati sulla parte di quel provvedimento riguardante le norme sulla prescrizione; ma in pochissimi (e noi abbiamo scelto di concentrarci su questo) ci si è invece soffermati su quel che più ci preoccupa, e cioè tutto il resto del disegno di legge (in particolare gli articoli 4,5,7), destinato a circoscrivere o -peggio- ad annullare l’eredità della "legge Gozzini". La Gozzini del Marzo 1975 è stata una legge che ha cambiato notevolmente le condizioni di vita all’interno delle carceri. Questa legislazione, prospettando al detenuto la possibilità di percorsi alternativi alla detenzione, creando situazioni di premialità per chi, dentro le mura, si è sforzato di mantenere comportamenti corretti e costruttivi, ha lasciato al detenuto uno spiraglio di luce dandogli la speranza di potersi ricostruire un futuro e fuggire dalla devianza.

È una legge che ha permesso anche a tanti agenti penitenziari e tanti magistrati di espletare le proprie importantissime mansioni in un clima, sebbene non sempre facile, sicuramente più disteso e collaborativo. Trent’anni di legge Gozzini, sebbene non risolutivi della questione carcere, che sempre di più urla la sua necessità di provvedimenti drastici e deflativi, hanno posto basi serie per serie riforme a venire e, soprattutto, per un uso mirato e costruttivo delle misure alternative. La Gozzini ha tolto dalle celle il vento della rivolta, acquietato i pesanti strascichi creati dal sovraffollamento, disegnato intorno al detenuto figure professionali che, sebbene non sempre adeguatamente utilizzate, hanno faticosamente prodotto risultati promettenti in termini di riabilitazione del reo.

Al contrario, il disegno di legge "ex Cirielli", si propone di togliere i benefici ai detenuti recidivi (circa l’80% delle persone oggi in carcere), e rischia di riportare indietro di decenni il già disastrato sistema carcerario italiano, annullando e vanificando le esperienze di "buon governo" che tanto coraggiosamente sono state tentate, in numerosi casi, pur nel gravissimo contesto che conosciamo. La sicurezza dei cittadini non si costruisce sulla disumanità della vita delle e nelle carceri, ma attraverso la conquista della certezza e della civiltà del diritto. Vogliamo che il carcere sia un luogo di pena ma anche la premessa di una riabilitazione che deve costruirsi con un rapporto fiduciario con lo Stato e la società e con un’applicazione mirata delle misure alternative.

Togliere all’80% della popolazione carceraria la possibilità di accedere ai benefici significa, invece, riversare disperazione e violenza dentro le carceri con pesanti ricadute nel nostro livello di civiltà, nei confronti di chi, come direttori, agenti di custodia, psicologi, educatori, in carcere e con il carcere vi lavora. Significa un passo terribilmente indietro per la nostra coscienza civile e politica. Per queste ragioni, chiediamo ai parlamentari, alle personalità e alle forze politiche di ogni appartenenza e schieramento, di ripensare, modificare, correggere, o - se rimarrà in questa versione - di non approvare questo provvedimento.

 

 

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