L'opinione dei detenuti

 

Yassine aveva 17 anni, si è impiccato nel carcere minorile di Firenze

a cura della Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 5 ottobre 2009

 

Yassine aveva diciassette anni, si è impiccato nel carcere minorile di Firenze Aveva diciassette anni, veniva dal Marocco, si è impiccato con un lenzuolo nella doccia del carcere minorile di Firenze, dove era detenuto in attesa di giudizio per tentato furto.

"Dispiace parlare di carcere solo quando avvengono fatti tragici", dicono ora in tanti. Questo dispiacere, questo improvviso interesse per le morti da galera però non bastano, non possiamo pensare che serva un suicidio al giorno per tener desta l’attenzione e che un po’ alla volta nemmeno questo sarà più sufficiente. "Le nostre carceri per la metà sono fuorilegge", ha dichiarato il ministro Alfano.

Allora che senso ha che uno Stato, che non rispetta a sua volta la legge, mostri la faccia dura a un ragazzo colpevole di un tentato furto? Non dobbiamo quindi solo interrogarci sulle morti in carcere, ma anche sul senso di un uso della galera come parcheggio per tutto quello che ci dà fastidio. Ma non ci crea un po’ di vergogna sapere di far parte di una società dove un ragazzino sta in carcere per tentato furto e gente che truffa e mette sul lastrico migliaia di famiglie se ne sta tranquillamente fuori, magari ad attendere la prescrizione dei suoi reati?

 

Un diritto minorile buono solo per chi ha una casa

 

La galera sarà anche l’università del crimine, ma io ho deciso di fare l’università quella vera, e ne sono felice soprattutto perché adesso posso usare degli strumenti per fare delle riflessioni su ciò che mi succede intorno. Ogni volta che sento parlare del suicidio di un detenuto, vivo la notizia con un conflitto interiore poiché, se da un lato mi causa orrore l’idea di una morte nella solitudine della cella, dall’altra, conoscendo la miseria del carcere, penso che potrebbe essere anche una forma di liberazione. Tuttavia, questa volta a suicidarsi è stato un minorenne, detenuto per un tentato furto, e quello che provo è solo rabbia perché lui in carcere non ci doveva essere.

Credo che una delle conquiste più grandi della nostra civiltà sia la presa di coscienza che il minorenne che commette reati va trattato in modo diverso rispetto all’adulto delinquente. Questa concezione si basa sul principio della centralità dell’interesse del minore, per cui i minori dovrebbero essere privati della libertà solo come ultima risorsa e per il più breve tempo possibile. Questa regola è affermata da diversi trattati internazionali sottoscritti anche dall’Italia, come la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia. E non a caso la Giustizia minorile italiana, per evitare la galera ai minorenni, mette a disposizione dei giudici una serie di misure alternative sia durante il processo (come la permanenza in casa o il collocamento in comunità) sia dopo (come l’irrilevanza del fatto e il perdono giudiziale oppure la messa alla prova).

Il diritto penale minorile italiano è considerato all’avanguardia perché offre molte garanzie al minore che commette rati. Ma è una norma pensata per ragazzi che hanno una famiglia su cui fare affidamento, mentre oggi le forze dell’ordine portano di fronte ai magistrati sempre più minori che non hanno nessuno in questo Paese, e quindi finiscono dritti in galera anche per reati "lievi". Con molta probabilità, se quel ragazzo fosse stato italiano, avrebbe potuto usufruire di uno dei percorsi alternativi previsti dalla legge. Ma sono ormai più di vent’anni che questo Paese vede minori stranieri non accompagnati girare per le sue strade, e mi domando se sia possibile non accorgersi che le leggi così buone per gli italiani forse non tengono conto di questi minori soli e poco garantiti.

Cambiare le leggi è necessario, ma non facile. Per cui sempre più minori entreranno in carcere. E allora, questa morte dovrebbe almeno far riflettere sul sistema carcerario minorile. Noi adulti diciamo che in carcere si ha particolare bisogno di attività fisica e stimoli intellettuali. Ai minori privati della libertà a maggior ragione dovrebbe essere offerto un programma completo di istruzione, sport, formazione professionale. Noi adulti diciamo che serve un sistema di presa in carico efficiente per ridurre i rischi di disadattamento sociale a lungo termine. Per i minori questa presa in carico deve essere costante e con approccio multidisciplinare, che possa contare sulla professionalità di insegnanti, educatori e psicologi, per non lasciare mai più un minore nella solitudine della morte.

 

Elton Kalica

 

Un tentato furto trasformato da allarme sociale in tragedia individuale

 

È triste, non degno di un Paese civile e umano, che un minorenne, accusato di un tentato furto, venga messo in galera e lì possa uccidersi. C’è chi dice che Yassine è stato abbandonato perché immigrato, c’è chi dice che al carcere minorile ci finiscono anche i ragazzi italiani, ma per me ha poco senso limitarsi a cercare le responsabilità di qualcuno. Io sono un detenuto italiano che in un minorile c’è stato davvero, anche se vent’anni fa. E mi sono seduto a scrivere queste righe insieme a un ragazzo tunisino che in carcere è entrato giovanissimo. Lui mi ha domandato: se il ragazzo che si è suicidato fosse stato italiano, la notizia avrebbe avuto lo stesso spazio mediatico?

E anch’io penso che sia triste leggere solo poche righe sul suicidio di un minorenne in carcere e nessuna analisi o approfondimento da parte di specialisti. Così la nostra indignazione, come la disperazione di quel ragazzo, rischia un’altra volta di rimanere lontana dai pensieri dei cittadini "onesti e liberi". Eppure, qualche anno fa, una simile tragedia avrebbe toccato i cuori delle persone. Oggi invece è completamente scemata l’attenzione verso un ragazzo che, forse, ha tentato di rubare anche solo per fame, o magari per la voglia di possedere, anche lui, delle cose belle. Ed ecco ritornare all’orribile concetto dei reati cosiddetti "d’allarme sociale".

Il reato di furto desta allarme, ma secondo un concetto che io credo sia solo italiano: se infatti analizziamo il furto in un supermercato, lo scippo della ragazzina rom che ti sfila il portafoglio, e paragoniamo la loro gravità con i reati dei cosiddetti colletti bianchi ai danni dei risparmiatori, che magari si sono ritrovati privati dei risparmi di una vita, e che spesso rimangano impuniti o peggio ancora prescritti, solo perché gli autori di quei reati hanno la possibilità di pagare fior-fiore di avvocati, allora qualche dubbio dovrebbe venirci su questo concetto di "allarme sociale".

Ma valeva davvero la pena di usare una misura restrittiva come la custodia cautelare in carcere per un tentato furto? In carcere, soprattutto tra i più giovani, c’è a volte una concezione distorta della gravità dei reati, nel senso che i furtarelli e i borseggi sono considerati "cose da niente", e per essere qualcuno bisogna fare cose più "in grande", allora sarebbe meglio che i ragazzi che hanno commesso un reato non finissero qui dentro, ma avessero davvero delle pene diverse e più utili della galera. Noi pensiamo che quel ragazzo, più che un delinquente abituale, si era improvvisato ladro, e certo quando ha capito che era tutto assurdo quello che gli stava succedendo intorno, ha deciso di interrompere questa sua esistenza. E, a differenza del furto, purtroppo il suicidio gli è riuscito.

 

Filippo e Rachid

 

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