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Il sovraffollamento soffoca il recupero dei detenuti a cura della Redazione di Ristretti Orizzonti
Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 22 giugno 2009
Nelle carceri è divenuto tutto più stretto, più sporco, più insopportabile. È come il bollettino di una guerra, o di una epidemia, quello che emerge dal sovraffollamento in carcere. Ogni giorno l’istituzione carceraria sembra di avvicinarsi inesorabilmente al tracollo. Non solo, il sistema è ormai ridotto allo sfascio e, in questo scenario, quello che preoccupa di più è quanto poco la galera, così com’è strutturata oggi, può davvero far uscire delle persone divenute finalmente migliori. Bisognerebbe allora avere il coraggio di pensare a misure poco "popolari", quelle che certo non portano voti, che non creano consenso elettorale. Non solo, bisognerebbe provare ad immaginare pene diverse dal carcere e, intanto, provare a mettere fuori a lavorare in misura alternativa buona parte di quei detenuti che sono stati condannati a pene inferiori ai tre anni. Si tratta di quasi ventimila persone.
Schiacciati dalla quotidianità
Stiamo andando verso tempi molti rigidi all’interno delle carceri italiane. Giorno dopo giorno le difficoltà aumentano, aumentano i detenuti e diminuiscono gli spazi. Ho passato molti anni e ne dovrò ancora trascorrere parecchi in carcere e, sebbene la carcerazione non possa certo considerarsi una passeggiata, mi rendo conto anche, però, che questa esperienza mi permette, o meglio mi permetteva, di recuperare la mia personalità, di riconsiderare la mia vita, e di prendere coscienza dei miei errori. Ma le condizioni in cui oggi mi ritrovo a scontare la pena condizionano inevitabilmente anche il mio processo di cambiamento. Il carcere di Padova è stato costruito per ospitare 350 detenuti, in celle singole. Da quando è cominciata l’aggiunta del terzo inquilino è cambiato tutto, perché dividere un piccolo spazio in tre persone, ognuna con abitudini diverse non è certo facile. La routine quotidiana è stravolta. Essendo sempre stato abituato in cella a fare sport e a studiare, mi vedo costretto a rivedere queste abitudini per non disturbare i compagni di cella, e per loro è lo stesso. Quando uno si mette a scrivere non ci riesce perché l’altro sta guardando la televisione con il volume alto e quell’altro ancora parla, e se uno vuole dormire non ci riesce per gli stessi motivi. Insomma, è difficile mettere d’accordo tre teste, che oltretutto sono le teste di persone che devono scontare 10, 15, 20 anni di galera. Gli spazi in comune sono completamente stravolti, i passeggi pensati per 25 persone ne hanno dovuti sopportare nel tempo 50, e ora si pretende di farli funzionare con 75 persone, così pure gli spazi dedicati all’igiene. Insomma tutto si complica, tanto che se venisse in visita al carcere l’Usl, dovrebbe lottare con sé stessa per riuscire a giustificare una simile situazione, fosse anche per un periodo limitato nel tempo. Intanto, calano anche le possibilità di lavoro per i detenuti, vengono ridotte le ore dei lavoranti e quindi degli addetti alle pulizie, perché non ci sono soldi, e così è tutto più stretto, più sporco, più insopportabile. Non so come si possa pretendere che una persona detenuta in queste condizioni si faccia una carcerazione utile per se stessa e per la società. Quando sei costretto a lottare per la sopravvivenza, le difficoltà quotidiane assorbono tutte le tue energie e non ti permettono di pensare ad altro. Né al tuo passato, su cui invece avresti bisogno di riflettere per non commettere gli stessi errori che avevi quando sei finito dentro, né al futuro, perché sei interamente assorbito da un presente che non ti dà tregua.
Serghei Vitali
Gli scarafaggi tra i detenuti
L’elenco dei problemi creati dal sovraffollamento, dalla carenza di personale e dai tagli di risorse è lungo ma, come se non bastasse, ci si sono messi di mezzo anche gli scarafaggi. Spuntano dappertutto e stanno diventando sempre di più, come se volessero promuovere una competizione demografica con i detenuti. Le condizioni d’igiene e il caldo, sono un invito a nozze per gli scarafaggi che, a differenza dei detenuti, hanno la liberta di muoversi indisturbati. Quando cala la notte su questa "tomba vivente", il silenzio viene disturbato dai rumori degli animaletti che in fila per uno, come in un film dell’orrore, invadono le celle. Un giorno, mentre stavo per mettermi le scarpe, vedo degli scarafaggi scappare via. Si trattava probabilmente di una famigliola, vista la grandezza dei diversi componenti. Ne ho beccato uno che dalla misura sembrava uno dei più giovani, e lì per lì ho pensato di schiacciarlo. Ma poi ci ho ripensato. Così, preso da un attacco di magnanimità, l’ho messo in un bicchiere di carta che ho coperto con un cartoncino sul quale ho realizzato un foro per l’aria. Avevo il mio prigioniero ed ogni volta che l’agente passava a fare la conta di noi detenuti, io controllavo il bicchiere per vedere che lo scarafaggio non scappasse. Comunque, a un certo punto successe qualcosa che animò il rapporto tra me e il nuovo inquilino della cella. Mentre lo guardavo dall’alto mi è sembrato di sentire una voce provenire dal fondo del bicchiere, che diceva "Ehi, perché mi tratti in questo modo? Non hai una scatola più grande e più dignitosa? Lo so che sono un animale fastidioso e ti faccio schifo, ma anch’io cerco di sopravvivere e ho bisogno di un po’ di spazio come te. Sono brutto e fastidioso, ma sono pur sempre un animale come tutti quelli che stanno nelle vostre case con i vostri figli!". Non volevo credere alle mie orecchie. Era vero. Sono anni che noi detenuti soffriamo delle ristrettezze degli ambienti in cui scontiamo la pena e io, adesso che tenevo un prigioniero, mi disinteressavo delle sue condizioni. Preso dai sensi di colpa istintivamente ho afferrato una scatola di cartone, usata per tenere le scarpe, e ho trasferito il giovane scarafaggio in un posto più grande, spazioso e pulito. Il simpatico animaletto mi ha ringraziato del nuovo spazio concesso e ha iniziato a farmi un discorso sulle ragioni della sua detenzione. Infatti, a ben pensarci, la sua colpa era dormito una notte nella mia scarpa perché non aveva un posto dove stare. In quel momento ho pensato ai posti più strani in cui dormono centinaia di persone che ogni giorno scappano da guerra e fame e a quanto assurde siano le leggi, che condannano e mettono in galera chi ha l’unica colpa della clandestinità. Mi sono sentito male e ho liberato subito l’innocente scarafaggio, che è corso fuori dalla cella, alla ricerca della sua famigliola.
Gentian Germani
Fare la legalità nell’illegalità
Perché oggi ci sono questi livelli di sovraffollamento in carcere? Il fatto è che le politiche sociali costano, c’è la crisi e quindi parlare di argomenti come il reinserimento sociale dei detenuti o degli immigrati non porta consenso elettorale. Solo chi riuscirà a spiegare al mondo civile che responsabilizzare i detenuti, dar loro la possibilità di studiare, formare professionalità spendibili sul mercato crea più sicurezza e meno reati potrà invertire questa spirale, destinata altrimenti a far esplodere un sistema che già è al collasso. Le carceri sono piene e, nella maggior parte dei casi, del tutto illegali. Come si può costruire legalità nell’illegalità diffusa? Le regole minime penitenziarie europee si basano sulla garanzia di una minima tutela dei diritti fondamentali. Qualsiasi carcere in dovrebbe rispettarla, in quanto ognuno di noi ha dei diritti imprescindibili che sono i diritti umani. Invece allarmi gridati dalla politica e da una parte consistente dell’informazione sulla sicurezza e sui reati portano su una strada opposta. Molti reati in Italia sono in calo. Ad esempio l’associazione bancaria italiana ci dice che le rapine sono calate del 27% rispetto al 2008. E la recidiva dopo l’indulto non è stata affatto alta come ci hanno fatto credere, ma intorno al 30%, tanto che anche la California pare abbia pensato di copiare una legge come l’indulto per decongestionare le carceri. E invece, "grazie" a notizie terroristiche (ho sentito dei parlamentari affermare che gli indultati sono tutti rientrati in carcere) finisce che non vengono applicate neppure le misure alternative, nonostante producano un tasso di reinserimento elevatissimo. Viene da pensare allora che nuove carceri rischino di produrre nuovi sprechi, nuove spese inutili e nuove carcerazioni-parcheggio. Si motiva la scelta di investire in nuove carceri con il fatto che oggi finalmente, grazie ai "pacchetti sicurezza", i criminali vengono arrestati e quindi è inevitabile che le carceri scoppino. In realtà, le carceri "scoppiano", ma prevalentemente di immigrati, drogati, malati di mente. Non si vedono invece in carcere né si capisce bene a quali pene siano indirizzati corruttori e corrotti, industriali dei rifiuti tossici, evasori totali per centinaia di milioni di euro. Accatastare gente in carcere solo per far apparire più sicura la vita di tutti è una pazzia. E mi domando se i cittadini liberi gradirebbero finire, se gli capitasse una sbandata della vita, in un incubo come è il carcere oggi. E forse sarebbe il caso che tutti cominciassero a pensare che potrebbe capitare anche a loro, o a un loro figlio o fratello, di commettere un reato. E magari osassero credere a chi dice che per certi reati si può pensare a pene diverse dalla galera.
Daniele Barosco
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