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Carcere: bisogno di pulizia a cura della Redazione di Ristretti Orizzonti
Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 20 luglio 2009
Nel film "Tutta colpa di Giuda", tutto girato nel carcere di Torino, a un certo punto il carcere viene definito "una discarica dove non si fa neppure la raccolta differenziata": una definizione che suona più drammatica che ironica, ed è una impietosa fotografia delle odierne galere sovraffollate di gente emarginata. Forse allora la società dovrebbe preoccuparsi di rendere questi luoghi un po’ più umani, decenti, puliti, sì proprio puliti, se vuole poi che ne escano, alla fine della pena, uomini e donne meno pericolosi.
Una cella pulita, dove sia possibile "appendere" qualche sorriso familiare
Prima di entrare in carcere non avevo assolutamente idea di come fosse fatta la cella di un carcere. Tranne per un unico episodio che mi ricordo, perché aveva avuto una risonanza vastissima, quello di un noto boss della camorra che stava in una cella a cinque stelle, con ordinazioni di caviale e champagne, e l’impressione era che tutte le carceri fossero in grado di fornire gli stessi privilegi. Forse molti pensano al carcere come a una sorta di villaggio turistico, personalmente non avevo questa idea prima di entrarvi ma non credevo nemmeno che il degrado fosse a uno stato così avanzato! Spesso qui dentro ho l’impressione di essere capitato in uno di quei tunnel metropolitani colmi di graffiti, epiteti irripetibili e altre schifezze. Creazioni artistiche, si giustificano i writer, ma in una cella di galera non si aspetta la metropolitana per poi sparire, si deve vivere per lunghi anni. Quando dormivo sul letto a castello, a poca distanza dal soffitto, ogni mattina una scritta che insultava la sorella di qualcuno mi augurava il buongiorno. E io, che una sorella c’è l’ho, non potevo fare a meno di insultare a mia volta chi quel messaggio l’aveva lasciato. Per il resto i muri sono a macchie: impronte di scarpe, residui di vecchi poster, schizzi incomprensibili, crepe dovute a infiltrazioni. Sarebbe bello poter ridipingere le celle, verrebbe meno quel senso di sporcizia che a volte mi si appiccica addosso e nemmeno una doccia riesce a togliermi. Ma in tempi in cui un solo rotolo di carta igienica deve bastare per tutta la settimana, non è possibile sperare in niente. Non è concesso nemmeno appendere quadri o fotografie per nascondere al meglio le parti più insozzate, perché verrebbero staccati alla prima perquisizione, lasciando un ulteriore segno sul muro. L’angolo cottura poi, situato nel bagno, è facilmente riconoscibile in tutte le celle in cui sono stato: sulle pareti sopra il tavolino sono inconfondibili le tracce lasciate dalle bolliture dei sughi "carcerecci". Una volta avevamo coperto la zona con una piccola tela cerata, che decorava l’ambiente, ma soprattutto era lavabile con una passata di spugna. In seguito a una perquisizione è stata levata, probabilmente per il rischio di nascondervi dietro un buco per un’evasione in stile americano. Credo che una cella pulita, con i muri lindi, dove sia possibile appendere qualche sorriso familiare, consenta una maggior vivibilità, senza grossi sforzi, senza grosse pretese.
Vanni Lonardi
La crisi ormai ha messo in ginocchio anche il carcere
Una volta, quando un nuovo detenuto arrivava in sezione, gli si mandava un piatto di pasta, un gesto che voleva essere la dimostrazione che non era solo e che poteva fare affidamento su una specie di solidarietà. Oggi tutto è cambiato. Quando una persona sta male, regna soprattutto l’indifferenza. Non perché il detenuto sia diventato più cattivo o più egoista, ma perché oggi i detenuti hanno più difficoltà, anche gli italiani. Probabilmente, guardando l’ammontare della spesa, ultimamente l’impresa che gestisce lo spaccio fa affari magri, e spesso per garantirsi un guadagno finisce che non applica prezzi molto bassi. Oltre ai problemi economici, c’è anche la riduzione delle ore di lavoro dei detenuti, mentre con il sovraffollamento il bisogno è aumentato. Ad esempio io lavoro al magazzino e ho constatato che sempre più detenuti chiedono sussidi in prodotti d’igiene: saponette, stracci, shampoo o carta igienica. Una volta il detenuto povero poteva chiedere un sussidio in denaro e c’era il prete che dava una mano per superare il momento difficile; oggi, se non hai qualche soldo, non puoi neppure telefonare alla famiglia. In questo modo lo Stato non garantisce un minimo di dignità. E il volontariato non può fare miracoli a fronte di un esercito di emarginati, che costituiscono la gran parte dei detenuti nelle carceri italiane. Purtroppo però sono finiti i tempi in cui parecchi parlamentare si avventuravano a visitare le carceri, molti politici oggi fanno fatica ad affrontare il problema "CARCERE", perché essere pietosi fa perdere voti. Nelle sale dei colloqui con gli avvocati, non si incontrano più gli avvocati famosi, solo per televisione li si vede difendere qualche industriale o qualche famoso uomo politico. Mentre uno come me, se non anticipa la parcella, rimane senza avvocato, come qualche mese fa quando ho nominato un avvocato, e dopo dieci giorni mi sono visto recapitare una lettera in cui mi annunciava la sua rinuncia, perché non aveva ricevuto la parcella (in realtà il mio vaglia non era arrivato in tempo per motivi di malfunzionamento delle poste). Non voglio incolpare l’avvocato per la sua sfiducia, ma considero anche questo un segnale che le cose vanno male: probabilmente l’avvocato è stato fregato diverse volte, e certo non perché i detenuti siano diventati più furbo, ma perché non riescono più a pagarlo, e così non riescono neppure a garantirsi una buona difesa. Ecco, le difficoltà economiche hanno messo in ginocchio anche il carcere e i detenuti, e bisognerebbe che qualcuno si prendesse la briga di fare qualcosa, prima che la situazione degeneri e dalle carceri alla fine escano solo uomini incattiviti.
Milan Grgic
Carceri che non garantiscono più nemmeno un minimo di igiene
Le condizioni di vita nelle carceri affollate continuano a peggiorare. Ma non si tratta solo del fatto che fra poco non ci saranno più gli spazi necessari al lavoro, all’istruzione, alla risocializzazione, stanno diventando problematiche anche questioni di natura più immediata, come quelle riguardanti l’igiene. Le celle ospitano persone che vi dimorano per venti ore al giorno. La cella è un luogo dove praticamente si vive: si fa da mangiare, si litiga, si piange e si dorme per risvegliarsi la mattina dopo, e ricominciare a vivere le stesse ventiquattro ore di sempre. Inoltre, oggi c’è un continuo ricambio di condannati a pene brevi, che oltre a disinteressarsi dell’ordine e della pulizia, spesso hanno anche altri problemi, economici o di salute, e questo ha ridotto gran parte delle celle in condizioni pietose. Ma se da un lato la cancerizzazione di massa sta portando le galere al collasso, dall’altro i tagli della spesa pubblica non permettono più alle amministrazioni di fare anche una minima manutenzione. E siccome prima o poi il detenuto viene liberato, restituito alla famiglia e alla città, allora credo che la precaria situazione igienica che si sta creando dovrebbe preoccupare anche la cittadinanza, oltre che noi. Ci viene sempre più spesso detto "ai vostri diritti potevate pensarci prima di fare i reati". Per questo continuo ricordarci che siamo dei delinquenti e basta, noi spesso non abbiamo più voglia di rivendicare alcun diritto, piuttosto vogliamo invitare tutti a ragionare sui pericoli che la società corre se in carcere si vive in mezzo alla sporcizia. Quando si parla di ex-detenuti si pensa a persone abituate alla violenza e all’illegalità, e allora si vorrebbe che qui in carcere almeno imparassero a vivere nel rispetto della legge. Per questo è importante che la società civile intervenga subito affinché nel carcere della propria città venga assicurato un minimo d’igiene. Non tanto per garantirci chi sa quale diritto, quanto per preservare i cittadini liberi dal pericolo di venire in contatto con persone che sono state tenute per anni in un ambiente sporco e degradato, e sono potenzialmente pericolose per la salute dell’intera collettività. Ci rivolgiamo alla sensibilità/carità della società civile con la disperazione di chi si trova solo e non ha alternative, perché nelle carceri davvero c’è bisogno di tutto, e sarebbe già importante se si riuscisse ad avere colore e attrezzature per imbiancare le celle.
Elton Kalica
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