L'opinione dei detenuti

 

Qui in cella una telefonata ti allunga davvero la vita

a cura della Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 12 aprile 2010

 

Una telefonata ti allunga la vita, diceva una pubblicità televisiva, il cui protagonista dello spot riusciva a rimandare continuamente la propria condanna a morte perché impegnato a parlare al telefono. L’immagine era divertente, molto più drammatica è invece la situazione delle carceri, che ci spinge, appunto, a chiedere almeno qualche telefonata in più, dei piccoli rimedi che possano alleggerire la tensione di chi vive in celle strapiene, a volte perfino per terra. Per questo le testimonianze di detenuti oggi sono dedicate al telefono, con questa richiesta piccolissima: fateci chiamare al telefono un po’ di più i nostri famigliari, sosteneteci almeno rafforzando i nostri affetti.

 

Mettiamoci ai livelli degli altri Paesi

 

Sono tanti anni ormai che mi trovo rinchiuso nel carcere e i miei rapporti con i miei cari sono quasi inesistenti. E ormai da diversi anni non telefono neppure alla mia famiglia, soprattutto ai miei figli. Motivo dell’interruzione dei contatti è stata proprio l’assenza di possibilità di chiamarli su un numero cellulare. Infatti qui si può telefonare soltanto al telefono fisso della propria casa. Il problema in realtà è che i miei familiari hanno dimostrato poca volontà di stare in casa e di attendere la mia chiamata, perché spesso succedeva che le telefonate non venivano fatte dal centralino del carcere nell’orario da me richiesto e i miei figli, invece di aspettare la telefonata, forse andavano a giocare.

Per questa ragione, dopo un po’ di volte che mia moglie mi diceva che erano usciti, mi sono sentito trascurato. Mi sentivo una persona di poca importanza per loro. Così ho deciso di non telefonare più. Una decisione sofferta, probabilmente anche non giusta, ma sono sicuro che se avessi potuto chiamarli su un cellulare, sarei riuscito a raggiungerli dovunque fossero, e forse i nostri rapporti sarebbero stati rinsaldati da quel po’ di vicinanza. Ora mi domando: che differenza può fare se ci autorizzassero a telefonare alle nostre famiglie anche sul cellulare, oltre che sull’apparecchio fisso?

Ho letto da qualche parte che gli italiani sono i primi nel mondo per uso e possesso di cellulari, ma che i cellulari sono ottimi strumenti di controllo proprio in quanto vengono intercettati. Allora, questo dovrebbe valere anche per il carcere dove le persone potrebbero responsabilizzarsi, perché la consapevolezza del fatto che la linea è controllata costringe le persone a usare il telefono solo per parlare con le proprie famiglie di cose che non hanno a che fare con attività illecite. D’altronde, i condannati per reati di mafia o di terrorismo sono collocati in circuiti differenziati e sottoposti a regimi diversi e più restrittivi, mentre i detenuti comuni non rappresentano un pericolo maggiore rispetto alle persone che quotidianamente finiscono la pena e ritornano in libertà.

Oltre a questo, in tutto il resto dei Paesi europei, ai condannati è concesso di telefonare liberamente, quindi, una concessione di questo tipo metterebbe l’Italia al livello degli altri Paesi per civiltà e umanità della pena. Infine, voglio ricordare l’alto tasso di suicidi che c’è nelle carceri italiane, e penso che una maggiore libertà di telefonare permetterebbe ai detenuti di avere contatti più facili con i familiari, soprattutto quando le persone si sentono sfiduciate e depresse, e forse la voce di un familiare, nei momenti difficili, avrebbe potuto evitare qualche suicidio.

 

Milan Grgic

 

Essenziale il contatto con i nostri familiari

 

Con il continuo aggravarsi del sovraffollamento si stanno progressivamente aggravando anche le condizioni di vita all’interno dei penitenziari, e non solo per quanto riguarda lo spazio che ogni detenuto ha per vivere, ma anche per quanto riguarda i rapporti con i propri familiari, in quanto ci stiamo vedendo ridotte pure le possibilità di fare i colloqui.

Quando la presenza dei detenuti nelle carceri era, diciamo, nei limiti del tollerabile, si potevano fare i colloqui prolungati, che sono importanti soprattutto per persone che vengono da posti lontani. Ora questo non è più possibile in quanto, a causa di questo sovraffollamento che ha raggiunto limiti mai visti prima nella storia, per permettere di fare colloquio a tutti si deve per forza ridurre il tempo a disposizione per ogni colloquio a una sola ora.

Sta succedendo quindi che c’è gente che viene da posti lontani centinaia di chilometri per poter fare poi, al posto di 2-3 ore come prima, solo un’ora di colloquio. Tutto ciò sta causando enorme disagio e sconforto ai familiari che si vedono ulteriormente limitato il tempo a disposizione per poter stare con i loro cari, e ai detenuti questo stato di cose sta causando stati di angoscia e disperazione tali da indurre in alcuni casi anche al suicidio (ben 72 nel 2009 e 13 nei primi mesi del 2010).

Di fronte a questa situazione, che ha raggiunto livelli così allarmanti da non essere più tollerabile, la stessa Corte Europea, considerando che ben poco si può fare per diminuire la densità della popolazione stipata all’interno delle celle, ha invitato a far sì che nelle carceri vengano messi in atto tutti quei miglioramenti possibili, per rendere le condizioni di vita dei detenuti un po’ più umane. Tra i miglioramenti che noi detenuti siamo convinti che si possano fare, e anche a bassissimo costo per l’amministrazione penitenziaria, c’è quello di ampliare i colloqui visivi e la corrispondenza telefonica.

Se si tiene presente quanto importanti siano per un detenuto i contatti con i propri familiari e quanto danno può causare l’allontanamento da loro (soprattutto per quelli che entrano in carcere per la prima volta, spesso molto giovani) si può capire che l’aumentare il tempo a disposizione per poter stare con loro può far fronte almeno in parte allo stato di sofferenza che il sovraffollamento sta causando. Per un detenuto, i contatti con i propri familiari sono fondamentali e la famiglia è tutto.

La vicinanza alla famiglia e l’intensificazione dei rapporti affettivi farebbe sicuramente in modo che i detenuti non cadano in stati depressivi, o si facciano del male con atti di autolesionismo, o peggio, come accade, che qualcuno si tolga la vita. Per quanto riguarda i colloqui visivi, chiediamo allora che venga aumentato il numero delle ore, e dove ciò non è stato ancora fatto, che vengano migliorati i locali adibiti ai colloqui, anche venendo incontro alle esigenze che possono avere i familiari anziani o i bambini piccoli.

Per quanto poi riguarda i colloqui telefonici, poiché tante famiglie non possiedono nelle loro case apparecchi telefonici fissi, e questo fa si che tantissimi detenuti non possano mai parlare al telefono con i propri familiari, chiediamo di venire autorizzati a chiamare oltre che agli apparecchi fissi, anche a quelli mobili, possibilmente per più dei dieci miseri minuti a settimana.

Telefonare ad apparecchi mobili non solo non creerebbe per l’amministrazione complicazioni, ma eviterebbe quell’inconveniente che spessissimo succede, tutte le volte che all’apparecchio non risponde nessuno perché il familiare in quel momento magari non è in casa, per cui si deve riprovare ancora a fare il contatto, e se non si riesce andare avanti a tentativi, per tante volte con comprensibili perdite di tempo e fastidi, e spesso con il rischio di perdere la telefonata settimanale. Con qualche telefonata in più i tanti detenuti, che hanno le famiglie lontane anche centinaia di chilometri, non saranno più costretti a scontare la loro condanna non avendo quasi mai contatti con le loro famiglie salvo in occasione di rarissimi colloqui.

 

Antonio Floris

 

 

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