Rassegna stampa 18 marzo

 

Giustizia: il risarcimento per tutte le vittime di errori giudiziari

 

Agi, 18 marzo 2010

 

"In base ai dati Eurispes, in Italia dal 1945 ad oggi ben 4 milioni e mezzo di persone sono state vittime di errori giudiziari. Questo riguarda persone prosciolte in istruttoria, o giudicate innocenti nei dibattimenti di primo grado o di appello o dopo nuovi processi susseguenti a revisioni. Di queste solo venticinquemila persone hanno avuto un risarcimento, infatti dall’ottobre 1989 ad oggi (data di entrata in vigore della legge sul risarcimento da ingiusta detenzione) sono stati risarciti in media più di mille persone l’anno".

A parlare è Giulio Petrilli dell’esecutivo del Pd. "Tanti - spiega- non hanno potuto avere accesso a questo istituto perché la legge non è retroattiva, proprio per questo i due milioni e mezzo di persone,che all’incirca dal 1945 al 1989 sono state vittime di errori giudiziari non possono far richiesta di risarcimento.

Questo non è giusto. Ma in questi giorni la presentazione del disegno di legge da parte del gruppo radicali Pd sta smuovendo le acque, cercando di risolvere questo problema. Una persona che dopo aver scontato tanti anni di carcere è stata assolta diceva: il gelo nelle ossa ti rimane per sempre. Una frase - osserva Petrilli - che colpisce nella descrizione reale di ciò che ti rimane dentro dopo una esperienza simile. Questa battaglia intrapresa dai parlamentari radicali Pd, si inserisce in quella più generale della difesa dei diritti delle persone e sancisce l’applicabilità del risarcimento per tutti coloro che sono stati in carcere ingiustamente", afferma infine Petrilli.

Giustizia: Pd; detenute madri, dal Governo niente di concreto

 

9Colonne, 18 marzo 2010

 

"Abbiamo posto oggi in aula con una nostra interpellanza il tema, molto delicato, delle condizioni detenute madri nel nostro Paese, ma abbiamo ottenuto solo un’attenzione formale, senza alcun impegno concreto da parte del governo". Lo affermano le deputate del Pd Amalia Schirru e Donatella Ferranti, capogruppo in commissione Giustizia. "Le nostre domande al governo - spiegano le deputate Pd - hanno preso spunto dalla situazione del carcere di Buoncammino in provincia di Cagliari, dove un bambino di 18 mesi, figlio di una detenuta, sta crescendo in una struttura che non gli consente un adeguato sviluppo psicofisico". "Ma è stata questa l’occasione - continuano Schirru e Ferranti - per porre il tema più in generale. Un tema su cui esistono nostre precise proposte di legge che però non possiamo discutere in quanto la maggioranza non le considera prioritarie per l’esame in commissione Giustizia.

Nel nostro Paese le condizioni delle detenute madri è assolutamente disomogenea a seconda dei carceri e dei territori. Occorre che lo Stato si faccia al più presto carico del problema dei bambini con meno 10 anni che si trovano nei carceri senza che si faccia ricorso solo all’assistenzialismo e al volontariato". "Come da noi proposto - concludono - bisogna ricorrere, nei casi in cui la necessità di sicurezza impone la reclusione, alla custodia attenuata, dove lo sviluppo psico-fisico sia garantito insieme alla vicinanza alle madre fino ai 10 anni e non fino ai 3 come previsto ora".

Giustizia: Bernardini; diritto voto, negato a disabili e detenuti

 

Dire, 18 marzo 2010

 

"Fra le tante illegalità della campagna elettorale delle regionali, c’è anche quella della negazione del diritto di voto costituzionalmente garantito a disabili gravissimi che non sono in grado di allontanarsi dalla loro abitazione e dei detenuti in custodia cautelare (oltre il 50% del totale) e quelli condannati in via definitiva per reati sentenziati come non ostativi". Lo dice Rita Bernardini, membro della commissione giustizia della camera dei deputati.

"Dal 16 febbraio scorso - aggiunge Bernardini - i deputati della delegazione radicale all’interno del Gruppo del Pd hanno presentato due distinte interrogazioni al Ministro dell’Interno chiedendogli da una parte di fornire i dati del numero dei disabili gravissimi ammessi al voto domiciliare dal 2006 alle europee del 2009 e dall’altra quello dei detenuti che avevano potuto votare nel seggio istituito presso il carcere ospitante".

L’esponente radicale spiega che "nelle due interrogazioni si chiedeva al Governo di predisporre tutto per tempo affinché il diritto previsto dalla costituzione e da precise leggi fosse effettivamente fruibile, visto che intoppi burocratici avevano impedito il voto a migliaia di persone in tutta Italia. Grazie all’intervento del gruppo del Pd e in particolare di Sesa Amici e del presidente della commissione affari costituzionali Donato Bruno, l’interrogazione sul voto dei disabili è stata in queste ore richiamata urgentemente in commissione, ma da parte del Ministero dell’Interno si è risposto che non erano in grado di rispondere perché non ci sono i soldi necessari a garantire i seggi volanti a domicilio".

Diverso, e più grave delle volte precedenti, "è il diritto negato ai detenuti. Essendo saltata con il sovraffollamento carcerario la regionalizzazione della pena, sono infatti decine di migliaia i carcerati che scontano la detenzione in una regione diversa da quella di residenza e questo comporta l’impossibilità tecnica di voto perché la scheda per esprimere il voto, diversa regione per regione, non giungerà mai nei seggi allestiti presso gli istituti penitenziari".

Giustizia: Sidipe; Piano carceri, perché non coinvolti direttori?

 

Comunicato Sidipe, 18 marzo 2010

 

Lettera aperta al sig. ministro della giustizia Angelino Alfano: "Perché non hanno coinvolto i direttori penitenziari nel piano-carceri?".

Egr. Sig. Ministro, ad oggi, nessun coinvolgimento da parte del Dap v’è stato delle OO.SS. rappresentative dei direttori penitenziari d’istituto e degli uffici dell’esecuzione penale esterna sul c.d. "piano carceri".

Eppure era ragionevole che le OO.SS. dei dirigenti penitenziari avessero la necessaria informazione, anche al fine di agevolare l’importante programma del Governo, quantomeno perché ogni direttore, responsabile di struttura penitenziaria, è tenuto ad interagire con il territorio, con il personale della polizia penitenziaria, con le persone detenute e con la società locale. I Dirigenti Penitenziari dovrebbero rappresentare il Suo braccio operativo sul territorio, e di essi il compito di trasformare in cosa concreta i programmi del Governo.

Alla luce di queste, addirittura ovvie, considerazioni, sentiamo il dovere d’invitarla ad un atteggiamento prudente, non dando per scontato quanto viene proclamato attraverso decontestualizzate e generiche affermazioni di quanti non conoscano il mondo penitenziario e delle problematiche enormi che una ristrutturazione, anche parziale, di una pluralità di istituti, con i detenuti al loro interno, può significare in termini di rispetto dei tempi di effettiva realizzazione, di sicurezza penitenziaria, ancorché di sicurezza "di cantiere" così come le norme prevedono, non conoscendosi particolari deroghe a favore del mondo carcerario, al fine di evitare la gratuita esposizione verso i gruppi d’opinione estrema e di dissenso politico permanente, soprattutto dopo le polemiche del "dopo" Maddalena e del terribile terremoto in Abruzzo.

Sentire, infatti, ipotizzarsi la realizzazione di padiglioni penitenziari all’interno di altre strutture detentive, oltre che "inorridire", sbeffeggia le normali intelligenze, non mostrando di comprendersi che l’ulteriore sottrazione e contestuale compressione degli spazi renderà più ingovernabili le strutture carcerarie esistenti, a suo tempo comunque pensate (per quanto realizzate ai tempi delle "carceri d’oro") tenendo conto di una necessaria proporzione tra cemento armato e superfici calpestabili, tra inferriate e persone detenute, tra impianti tecnologici e quantità di servizi d’assicurare, tra aree da vigilare e personale di polizia penitenziaria.

Eppure il sensibile numero di suicidi di detenuti registrati dall’inizio dell’anno avrebbero dovuto già orientare verso altro tipo di soluzioni! Se, infatti, con il lego penitenziario si intende affrontare il problema della inadeguatezza delle strutture, già vediamo i segnali di un clamoroso fallimento: realizzare un piano carceri non è la stessa cosa di fare un’ordinanza o di scrivere una sentenza!

È pericolosissimo sottrarre quel poco di spazi aperti esistenti, di aree verdi, di vivibilità strappata a forza, rendendo più tetre, cupe e spersonalizzanti quelle realtà dove vivono centinaia se non migliaia di persone detenute e gli stessi operatori penitenziari.

Così operando, si corre il rischio che il primo, forse più serio, programma politico in materia penitenziaria, si traduca in un cocente insuccesso, nell’ennesima occasione mancata, privando la collettività di carceri per davvero civili e dignitose per chi subisce la pena e per quanti, da operatori ed "incolpevoli", ci lavorino.

Altra cosa sarebbe recuperare le numerose caserme dismesse, presenti in tante parti del territorio nazionale, riqualificandole e restituendole utilmente ad un uso pubblico, seppure sottoforma di istituti penitenziari, altra cosa è immaginare strutture ad hoc, realizzate con i migliori criteri di abitabilità e perfino con gusto, quali quelle delle c.d. piattaforme galleggianti, di fatto strutture residenziali "poggiate" sul mare, prolungamento e pertinenza della banchina del porto, altra cosa ancora è l’ipotesi di nuove e distinte strutture penitenziarie sulla terraferma, da realizzare ex novo, ma al contrario si rimane basiti all’idea di sarcofagi realizzati "dentro" realtà carcerarie già "stressate".

È singolare che nulla si sappia sulle caratteristiche tecniche dei nuovi insediamenti, se saranno dotati di sistemi di raffrescamento dell’aria, se saranno finalmente previsti degli angoli cottura nelle celle, con le piastre elettriche (per cui si dovrà prevedere una modifica delle attuali, illegali, norme che consentono, nonostante il D.lgs. 626/94 e norme ss., l’uso dei pericolosissimi fornelletti a gas, tipo camping, i quali andrebbero utilizzati, ossimoro penitenziario, "all’aperto").

Immaginiamo che il Dap abbia già valutato tutta una serie di dettagli tecnici: ad esempio l’urgente straordinaria manutenzione alla quale dovranno sottoporsi gli impianti già preesistenti, in particolare per le centrali tecnologiche e di produzione di acqua calda, le cucine, le lavanderie, quelli elettrici ed i gruppi di continuità, etc., essendo noto che, di regola, tali impianti non sono regolarmente manutentati da anni, forse da lustri.

Così come saranno state considerate le questioni relative alle zone che dovranno essere trasformate in aree di cantiere, dove si depositeranno i laterizi, i tondini di acciaio, le numerose attrezzature ed i macchinari, i materiali di risulta: è facile dire di evitare rischi di interferenze, dimenticando che stiamo parlando di strutture penitenziarie che non smetteranno di funzionare, con l’incessante andirivieni della popolazione detenuta, delle forze dell’ordine, degli avvocati, dei magistrati, del personale e dei familiari - visitatori, dei fornitori, etc. etc.

Per non dimenticare che dovranno frequentemente essere effettuati i controlli di polizia sulle maestranze e quanti, comunque, accedano in aree sensibili alla sicurezza. E poi il disagio, i rumori dei martelli pneumatici, delle fiamme ossidriche, delle flex, dei mezzi in movimento e dei macchinari che preparano il cemento, le polveri che inevitabilmente si sollevano, etc.: quante volte tutto ciò determinerà situazioni di conflittualità con le persone detenute e con quanti vivano e lavorino nelle carceri interessate?

Nulla si sa sui necessari aumenti di monte ore di straordinario per compensare il prolungamento sul posto di lavoro del personale tutto, in primo luogo quello del Corpo della Polizia Penitenziaria, ne come si renderà compatibile con il "Piano Carceri" il concorrente "Piano Ferie", concordato con le OO.SS. del personale.

Per fare quel che si ha in mente, per "calare" nella realtà il Piano Carceri, non potrà ritenersi sufficiente l’emanazione di qualche "circolare" e la produzione di generiche istruzioni, alla pari di quanto si farebbe con un garzone di bottega nel disporre qualcosa di banale, sempre che non si auspichi un’estate ancora più calda di quella trascorsa !

Insomma, La invitiamo a riflettere sulle proposte di "di carta", sulle soluzioni teoriche, a meno che altri se ne assumano pienamente e personalmente la responsabilità, mettendoci la propria faccia. Eppoi ci consenta di osservare che seppure siamo i primi a ritenere inadeguate le attuali strutture penitenziarie (non è una questione di metri quadrati, perché se le carceri fossero effettivamente "fabbriche del cambiamento", cantieri sociali, il detenuto risulterebbe impegnato tutta la giornata e poco gli importerebbe dello spazio a disposizione, allorquando debba recarsi in cella soltanto per dormire…), la soluzione al sovraffollamento non può risiedere soltanto nella realizzazione di nuove carceri: occorre, invece, anche puntare su un piano-misure alternative, sull’uso dei braccialetti elettronici, sull’urgente snellimento del codice penale: "una sanzione amministrativa forte può essere, infatti, più efficace di una sanzione penale debole", pure al fine di evitare il rischio, ipotizzando la realizzazione di nuove strutture penitenziarie, che trovino la loro nascita precoce altre forme di ipotesi di reato, così come si induca indirettamente la magistrature ad optare per le soluzioni estreme, come la carcerazione, lì dove altre misure custodiali non detentive potrebbero essere preferibili al fine di far decrescere il sovraffollamento.

Nel Convegno che abbiamo tenuto a Trieste, il 26 e 27 febbraio sc., come Sidipe, abbiamo chiesto l’aiuto di architetti, di docenti universitari, di sociologi e di criminologi, abbiamo preteso "rispetto" per i luoghi dove la Libertà è consumata mentre dovrebbe tradursi in "opportunità" di cambiamento, abbiamo ragionato sulle possibili ipotesi, cercando di volare alto, di pensare che non di nuovi Lager abbiamo bisogno, sull’onda emotiva dell’emergenza, ma di carceri funzionali, palestre sociali di legalità e di responsabilizzazione: per una nuova ideazione penitenziaria, pure ove non fosse pagata profumatamente.

Ma forse noi abbiamo il difetto di essere dei professionisti penitenziari, di lavorare nelle carceri, lottando ogni giorno affinché prevalga il buon senso e la ragionevolezza, e per questa ragione, essendo abituati ad assumere le nostre responsabilità, potremmo risultare agli occhi del Dap meno credibili: speriamo che tanto non sia da Lei condiviso e confidiamo in una urgente convocazione per parlare, serenamente, ma razionalmente, di Piano Carceri.

 

Il Segretario Nazionale, Enrico Sbriglia

Il Presidente, Cinzia Calandrino

Giustizia: quel "chi se ne frega", che ha ucciso Stefano Cucchi

di Mino Fuccillo

 

www.blitzquotidiano.it, 18 marzo 2010

 

Stefano Cucchi non è stato ammazzato da quel pezzo di Stato in divisa che l’ha pestato, è stato ucciso da quel più ampio pezzo d’Italia che di lui, di quelli come lui e di tanti altri senza nome, protezione e soldi se ne è "fregata". Stefano Cucchi l’ha ucciso il "chi se ne frega" di un delinquente morto di fame, "chi se frega" esteso e prolungato fino a che non è letteralmente morto di sete. Così, con queste parole in lingua piana e volgare va tradotto il rapporto della Commissione che correttamente ha scritto: deceduto non per le percosse ma per disidratazione. Un rapporto che va letto, nelle sue sette dolorose e vergognose "stazioni".

Prima: le lesioni alle orbite, alla colonna vertebrale e al coccige ci sono, sono la conseguenza di botte e maltrattamenti. Ma non hanno ucciso. La responsabilità di chi le ha inferte, presumibilmente agenti di polizia penitenziaria o carabinieri sono gravi ma non omicide.

Seconda: il medico del carcere chiede il ricovero "urgente" di Cucchi ma in ospedale, al Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina a Roma, Cucchi entra dopo quattro ore di attesa. Devono averlo guardato e devono aver deciso che uno come lui poteva aspettare. Qui la responsabilità cresce ma ancora ha l’alibi di una sorta di "incuria da routine".

Terza: l’ortopedico del Fatebenefratelli viene consultato telefonicamente in quanto non di "guardia attiva". Pudicamente la Commissione rileva come questo non sia "consono" ad un grande ospedale.

Quarta: Cucchi arriva al Fatebenefratelli senza cartella clinica che lo accompagni dal carcere. Cartella che nessuno vedrà mai e nessuno mai chiederà. Qui la responsabilità va oltre l’ordinaria sciatteria, diventa disprezzo per un paziente "infimo".

Quinta: dal Fatebenefratelli al secondo ospedale, il Sandro Pertini, Cucchi viaggia ancora senza cartella clinica. Scrive la Commissione: "modalità di ricovero anomale" e poi la Commissione chiede: anomale perché così si fa con i carcerati o perché così fa il Pertini? È evidente che la risposta giusta è la prima. È altrettanto evidente che i medici accettano che i detenuti siano pazienti da trattare in modo "anomalo".

Sesta: il primario responsabile della "struttura protetta" del Pertini non ha mai visitato Cucchi e mai verrà lì predisposto "monitoraggio" del paziente. Paziente dunque che non merita "mai" una visita né un controllo continuo. Qui la responsabilità di quella morte cresce fino a diventare di dimensioni insolenti.

Settima e ultima stazione: quando la situazione sanitaria precipita non si chiama l’equipe di rianimatori. Scrive la Commissione che "poteva arrivare in cinque o sei minuti". Ma per Cucchi nessuno la chiama, nessuno "spreca" un’equipe.

Morto perché non valeva la pena di fregarsene: questo l’epitaffio che l’Italia presto immemore potrebbe scrivere sulla lapide di Cucchi. Così, per ricordarsene quando si capita al cimitero.

Napoli: dopo suicidio, delegazione Radicale visita Poggioreale

 

Ansa, 18 marzo 2010

 

Venerdì 19 marzo 2010 alle ore 9.00 l’On. Rita Bernardini e il Dr. Fabrizio Starace, capolista della Lista Bonino-Pannella in Campania faranno visita al carcere di Poggioreale, dopo l’ennesimo caso di suicidio avvenuto la scorsa settimana. "Questo suicidio" - afferma Starace - "è il frutto di inerzie e inadempienze indegne di una società civile: un uomo già in cura per gravi problemi psichiatrici che non avrebbe dovuto essere recluso; un carcere nelle cui celle, costruite per 1.400 detenuti, sono ammassate oltre 2600 persone; un’assistenza psichiatrica penitenziaria allo sbando dopo il passaggio di competenze alle Asl".

A seguire, dalle ore 14.00 alle ore 14.30, incontro con la stampa all’esterno del carcere di Poggioreale con la presenza di Rita Bernardini (Deputata e membro della Commissione Giustizia della Camera), Fabrizio Starace (Primario di Psichiatria Ospedale Cotugno di Napoli e capolista della Lista Bonino-Pannella in Campania) e dell’Avv. Riccardo Polidoro (Presidente dell’Associazione "Il carcere possibile").

Trani: Osapp; situazione drammatica, non fare finta di niente

 

Agi, 18 marzo 2010

 

Una conferenza stampa per denunciare i problemi degli istituti penitenziari pugliesi è stata indetta per domani mattina a Trani dai vertici dell’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp). "Non si può più fare finta di niente" - ha spiegato il vice segretario generale nazionale Osapp, Domenico Mastrulli, per il quale "è drammatica la situazione in cui versano gli istituti penitenziari pugliesi il cui sovraffollamento appare preoccupante giorno dopo giorno e che ha raggiunto quota 4.400 detenuti nelle 12 strutture adulti e minori della Regione, contro le 2.200 possibilità normali di ricezione. Endemica è la carenza di personale di Polizia penitenziaria a quota 100 unità mancanti e preoccupante è la carenza dei mezzi dei poliziotti delle scorte".

Rieti: polizia penitenziaria in protesta fa lo "sciopero del pasto"

 

Il Velino, 18 marzo 2010

 

Gli agenti di polizia penitenziaria in servizio al nuovo carcere di Rieti senza gli straordinari di gennaio, febbraio e sicuramente anche quelle di marzo. "Il budget è del tutto insufficiente a soddisfare le esigenze di una struttura con molteplici posti di servizio come lo è quella attuale - spiega Stefano D’Antonio, segretario provinciale del Sappe, sindacato autonomo polizia penitenziaria - e si cerca di tirare la coperta da una parte, ma tutti siamo a conoscenza cosa succede quando la coperta è corta.

Si sta facendo pressione sul personale chiedendo ulteriori sforzi e sacrifici psicologici e mentali ma siamo arrivati al limite e non è giusto che queste persone debbano essere svilite e sfinite nelle loro energie e chiamate a esporsi a titolo gratuito. Questa situazione ormai ha raggiunto un limite insostenibile per cui da oggi tutto il personale di polizia penitenziaria in servizio si asterrà dal consumare il pasto alla mensa in tutti i turni e fino a quando non vedremo dei segnali e garanzie da parte dell’amministrazione locale e centrale.

Perché, se ancora non si sono resi conto, lo gridiamo noi a grande voce: dall’ottobre 2009 è stato aperto il nuovo complesso di Rieti, un istituto, il quale doveva essere da modello ed esempio per il futuro, ma nella mente di tanti è rimasto il vecchio monastero di Santa Scolastica. Ci rivolgiamo alle istituzioni locali visto che nonostante le lamentele a livello centrale di cui non si è avuto alcun cenno di riscontro. Sembra proprio - conclude D’Antonio - che a nessuno interessi la situazione in cui si trovano i poliziotti penitenziari in servizio la presso il carcere reatino".

Firenze: un nuovo padiglione vicino a giardino degli incontri?

di Laura Montanari e Michele Bocci

 

La Repubblica, 18 marzo 2010

 

Un nuovo padiglione per il carcere di Sollicciano. Il sopralluogo è stato fatto due giorni fa dagli ingegneri del ministero di Grazia e Giustizia. L’area individuata per edificare un’ala che ospiterà altri duecento detenuti è quella vicino al Giardino degli incontri, la zona in cui l’architetto Michelucci ha progettato il sogno di far sentire i detenuti "un po’ più liberi" anche stando rinchiusi, di trasformare un pezzo di carcere in qualcosa che ricordasse il fuori. Il nuovo edificio sorgerà in quella zona senza toccare il giardino stesso. Un’altra ipotesi presa in considerazione, ma al momento tramontata è quella di costruire dove adesso c’è il campetto di calcio.

Si tratterà di un intervento importante, che aumenterà di un terzo la capienza di Sollicciano (oggi avrebbe circa 600 posti, sovraffollamento a parte). Fino all’altro ieri non c’era certezza sulle reali intenzioni del ministero. L’arrivo dei tecnici ha cambiato definitivamente le carte in tavola. L’investimento previsto nel piano messo a punto dal ministero è di 10 milioni di euro e i lavori dovrebbero concludersi entro il 2012.

Da vedere però se il ruolino di marcia potrà essere rispettato: nel carcere di Livorno si è già iniziato a lavorare per l’ampliamento che costerà quasi otto milioni di euro; altrove però programmi che parevano sul punto di partenza sono stati bloccati. E’ il caso del carcere di Empoli riservato ai transessuali, un esperimento che doveva partire il 9 marzo con corsi di formazione per gli agenti e subito dopo con il trasloco delle persone.

Invece, ha denunciato ieri Franco Corleone, garante per i diritti dei detenuti di Firenze, "è tutto fermo". Cosa confermata dal provveditore regionale Maria Pia Giuffrida: "In effetti il progetto è bloccato, aspettiamo un via libera dal ministero, mi auguro che arrivi presto". Secondo alcune voci di corridoio questo stop sarebbe dovuto a un ripensamento del ministro Alfano. Ma la cosa non trova conferme ufficiali.

Il mistero resta: che cosa ha inceppato il debutto del carcere riservato ai trans quando tutto pareva pronto per l’inaugurazione? "Dobbiamo far fronte anche ad altre emergenze" spiegano senza entrare troppo nel merito al Dap, il dipartimento di amministrazione penitenziaria della Toscana. Il livello di emergenza non è sceso, spiega Corleone: "Nonostante da Sollicciano abbia traslocato tre settimane fa il settore dell’alta sicurezza e una cinquantina di detenuti siano stati inviati altrove, l’istituto è tornato ad avere fra i 970 e i 980 detenuti".

Quasi il doppio della capienza: una situazione non più gestibile. Infatti crepe ce ne sono: "Pochi giorni fa i detenuti hanno protestato buttando oggetti e cibo nei corridoi perché a Sollicciano mancava l’acqua calda nelle docce, proprio a causa del sovraffollamento - prosegue il garante per i diritti dei detenuti - C’è una totale paralisi nel settore carcerario, i progetti si fermano e il sovraffollamento avanza. Il sistema rischia il collasso".

Le condizioni di chi vive in celle con molti più inquilini di quelli previsti sono un’emergenza che costringe la società a interrogarsi non solo sulla funzione rieducativa del carcere (quanti sono per esempio a Sollicciano i detenuti che possono lavorare? quanti quelli parcheggiati nelle liste d’attesa?), ma anche sulle condizioni igienico sanitarie e sulla sicurezza.

Intanto il provveditore del Dap in Toscana si incontrerà nei prossimi giorni con l’assessore al sociale della Regione Gianni Salvadori per accelerare il più possibile la realizzazione dell’Icam, l’istituto di custodia attenuata per le mamme con figli al di sotto dei tre anni. L’edificio che ospiterà a Firenze queste persone che oggi sono nella sezione femminile di Sollicciano è di proprietà della Madonnina del Grappa: "Mi auguro di poter far partire i lavori di ristrutturazione entro giugno" spiega l’assessore.

Pontremoli (Ms): anche il carcere utile per rilancio economico

 

Il Tirreno, 18 marzo 2010

 

"Per il carcere mandamentale di via IV Novembre si apre un nuovo importante capitolo, sia sul fronte della reintegrazione sociale che come realtà occupazionale". È il commento del sindaco, Franco Gussoni, sulla prossima riapertura dell’istituto di pena dopo che, con decreto del Ministro della giustizia, sottoscritto il 4 marzo scorso, la struttura verrà adibita a carcere minorile. Gussoni si era appunto attivato per riutilizzare un carcere pressoché deserto, a parte le poche guardie rimaste in servizio.

Il carcere di Pontremoli aveva assolto ai suoi compiti di casa di reclusione dove i detenuti dovevano scontare lievi pene o gli ultimi periodi di condanna. In seguito, la struttura di via IV Novembre da circondariale fu trasformato in casa mandamentale femminile in grado di ospitare una trentina di detenute. Questo andò avanti fino al 2007 quando, in esecuzione dell’ormai famoso indulto, il carcere di Pontremoli restò senza inquilini. Il resto è storia recente. In un primo tempo sembrava che il carcere avrebbe dovuto ospitare giovani madri recluse assieme ai figli di età inferiore alla scuola dell’obbligo.

A Pontremoli era circolata anche la voce che gli ospiti di via IV Novembre sarebbero stati un esiguo numero di detenuti "transessuali". A tale proposito il sindaco Gussoni dice: "L’idea provocatoria di questa trasformazione ci ha dato un ulteriore spinta. Abbiamo fatto due viaggi a Firenze e altrettanti a Roma e dobbiamo ringraziare il direttore del carcere di Massa, Salvatore Jodice, dal quale dipende anche la struttura di Pontremoli, per la costante collaborazione grazie alla quale siamo giunti al presente risultato".

Per il carcere di Pontremoli si apre dunque un nuovo capitolo. Si inizierà con l’adeguamento strutturale che un carcere minorile richiede. Per quanto riguarda invece l’organico dei dipendenti c’è da mettere in risalto il risultato ottenuto dalla Cgil Fp di Massa Carrara che esprime soddisfazione per la soluzione adottata che consente ai dipendenti di poter scegliere, secondo la loro volontà, se continuare a prestare servizio a Pontremoli o andare in altra sede.

"In effetti si chiude una vicenda che si trascinava dal luglio del 2007 - si legge in una nota della Cgil Funzione pubblica - e finalmente si realizzano le condizioni per quella che era stata fin da sempre una delle nostre richieste rivolte alla sopravvivenza funzionale di un istituto che consente all’amministrazione carceraria di utilizzare una struttura su cui erano state investite ingenti risorse finanziarie. Inoltre con la piena funzionalità dell’istituto, si realizza anche un importante polo economico che, grazie all’indotto, costituisce una risorsa per le critiche condizioni socio economiche in cui versa la città di Pontremoli".

Trento: un carcere che scoppia, 180 detenuti in quattro sezioni

 

Trentino, 18 marzo 2010

 

Che il carcere di Trento sia ai limiti della capacità lo si è detto tante volte ma forse una situazione come quella di questi giorni non si era mai vista. Ieri i detenuti accolti nelle celle di via Pilati erano ben 180. Forse il numero da solo non dice nulla ma la struttura è prevista e tarata per un massimo di 90 detenuti. Non solo. I 90 detenuti dovrebbero essere accolti in tutte e cinque le sezioni nelle quali la casa circondariale è divisa, ma ora una è chiusa. Una situazione, dunque, che appare molto difficile.

Non solo per il personale che, come è stato evidenziato da più parti, è troppo poco, ma anche per gli stessi detenuti. Insomma in carcere ci sono il doppio dei detenuti e non c’è nemmeno tutto lo spazio previsto (per la metà) per ospitarli. Le soluzioni? Si rimanda sempre al nuovo carcere ma, a quanto è dato sapere, il trasloco non è ancora iniziato, e per chi in via Pilati lavora o è costretto a stare, è la situazione dell’oggi ad apparire difficile da affrontare. Anche perché il lavoro delle forze dell’ordine non si ferma e quindi gli arresti sono all’ordine del giorno. Un problema dunque impellente e urgente anche se la soluzione non sembra facile da trovare. E sei il numero dei detenuti è in continuo aumento, c’è quello che riguarda gli agenti di polizia penitenziaria che invece è sempre stabilmente basso sotto le 100 unità quando le necessità sarebbero molto superiori. E anche per questo si guarda con fiducia al nuovo carcere: lì gli agenti dovrebbero essere ben trecento per riuscire a tenere controllata la struttura.

Cagliari: è stato avviato un corso di informatica per i detenuti

 

La Nuova Sardegna, 18 marzo 2010

 

Corso di informatica per i detenuti. Un altro piccolo successo degli educatori e degli agenti di polizia penitenziaria di Buoncammino che sono riusciti a far avviare un altro corso per favorire il reinserimento sociale dei detenuti. Un’attività del genere richiede infatti uno sforzo organizzativo importante. "Per il momento - spiegano all’istituto - la durata programmata è di 30 ore con la partecipazione di dieci detenuti.

Il corso si inquadra in una strategia comune dell’area trattamentale e della sicurezza, promossa dalla direzione, con lo scopo di portare dentro il carcere attività che sottraggano i detenuti all’ozio dannoso e anche per stimolarli a sviluppare capacità individuali. Infatti sono in progetto altre attività che partiranno a breve e che utilizzano la flessibilità organizzativa come strumento per superare il problema degli spazi limitati".

Il punto è che il carcere di Buoncammino continua ad avere un altro grande problema: la carenza di personale di polizia penitenziaria, cronica ma non per questo meno grave. Ma si voleva riuscire a tutti costi a creare opportunità di impegno proficuo per i detenuti e così si è ricorsi alla tecnologia, con la videosorveglianza. Naturalmente, è stato possibile organizzare il corso anche grazie alla conoscenza approfondita dei detenuti e quindi delle loro potenzialità. L’esperienza degli agenti in questi casi gioca un ruolo molto importante ed è stato soprattutto in ragione di questa che è stato possibile avviare un corso del genere e nello stesso tempo garantire il servizio di vigilanza e quindi la sicurezza.

Livorno: troppi detenuti e carenza di personale gravi problemi

 

Il Tirreno, 18 marzo 2010

 

Sovraffollamento e carenza di organico. Questi i problemi maggiori del carcere di Livorno. Due problemi confermati dalla visita che i consiglieri della lista unita Federazione della Sinistra e Verdi hanno effettuato ieri mattina alla casa circondariale di Livorno.

Quella di ieri è stata un’iniziativa che rientra nella campagna elettorale della lista in vista delle elezioni regionali che si terranno il 28 e 29 marzo. "C’è il 35% di personale in meno nel carcere di Livorno, e questo rende gravi le condizioni di vita e di lavoro all’interno dell’istituto". Chi parla è Paolo Marini, candidato alla tornata elettorale regionale per la lista della Federazione della Sinistra e Verdi.

Gli fa eco Alessandro Trotta, candidato provinciale del Partito di Rifondazione comunista: "A fronte di circa 260 posti disponbili, in questo carcere ci sono oltre 440 detenuti, mentre in organico c’è un vuoto di 80 lavoratori. Oltre a questo c’è il degrado della struttura, dove peraltro si fanno pochissime attività di natura sociale e culturale, perché ci sono soltanto 4 operatori culturali".

"Da mesi - hanno spiegato i consiglieri - sono partiti i lavori per realizzare altri due padiglioni e ricavare circa 90 posti, che non saranno sufficienti a risolvere il problema del sovraffollamento". Proprio per tutti questi problemi i lavoratori del carcere cittadino sono in stato di agitazione. Così i consiglieri provinciali e regionali, al termine della loro visita, hanno avuto un incontro con le rappresentanze dei lavoratori.

Un incontro dopo il quale è stato deciso il rinnovato intento di affrontare la questione del sovraffollamento delle carceri e della scarsità dei lavoratori dentro queste strutture nella prossima legislatura. "Il problema non è singolo ma diffuso - afferma Aldo Manetti, consigliere regionale uscente di Prc -. Per questo noi continueremo a lavorare con gli istituti della Toscana e spingere per trovare una soluzione.

Quello che chiediamo è l’applicazione della legge, perché il carcere deve essere un momento di transito che porta al reinserimento nella società dei detenuti, la cui espressione e crescita professionale deve essere sostenuta durante la pena". Un’altra questione aperta è quella del garante dei detenuti, come spiega il consigliere provinciale Michele Mazzola: "Serve un garante per i detenuti di Livorno. La Regione Toscana ha recentemente approvato una legge in materia, ma resta da capire come gli enti locali possano attuarla e quale ruolo potrà assumere la figura del garante".

Bologna: fuggì da carcere minorile, condanna a 3 anni 6 mesi

 

Ansa, 18 marzo 2010

 

Il Tribunale di Bologna ha condannato a tre anni e sei mesi Bright Ofori, ventenne ghanese fuggito il 16 agosto 2009 dal carcere minorile del Pratello, a Bologna, e catturato il 27 agosto nei pressi della stazione di Milano. Dopo la fuga aggredì una donna in un parco, poi rubò un cellulare. Ofori oltre che per l’evasione è stato condannato per violenza privata (l’accusa iniziale di tentata violenza sessuale è stata derubricata), resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, furto. Il Pm d’udienza Alessandra Serra aveva chiesto una condanna a sette anni e mezzo. L’immigrato, che ora è nel carcere della Dozza di Bologna, era al Pratello per una violenza sessuale commessa nel 2007, quando era minore, a Reggio Emilia, con fine pena 2017. Il giorno dopo la fuga (con lui era scappato anche uno slavo di 17 anni di cui si sono perse le tracce), aggredì al Parco Talon di Casalecchio di Reno, nel Bolognese, una donna bulgara di 40 anni. Un’aggressione raccontata dalla vittima come a sfondo sessuale: Ofori l’aveva trascinata verso la boscaglia, ma le grida della donna avevano messo in fuga l’aggressore. Ofori, dopo l’arresto, ammise l’aggressione, dicendo però che voleva solo prendere il cellulare della donna. Cellulare che poi rubò lo stesso 17 agosto ad una festa di partito in viale Togliatti. E proprio le chiamate con questo cellulare lo fecero individuare dai carabinieri che erano sulle sue tracce. Per la fuga dal Pratello sono finiti indagati anche quattro agenti di Polizia penitenziaria.

 

 

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