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Giustizia: ciò che accade in carcere è indegno di un paese civile di Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone)
Terra, 9 gennaio 2010
Ciò che sta accadendo nelle carceri italiane è indegno per un paese civile. I detenuti vengono prima ammassati nelle celle e poi ignorati fino a quando alcuni di essi vengono trovati morti suicidi ammazzati. Ammazzati dall’incuria, dall’indifferenza, dalla solitudine e alcune volte dalla violenza dello Stato. Antonio Tammaro, 28 anni, era detenuto a Sulmona. Giacomo Attolini, 49 anni, era detenuto a Verona. Celeste Frau, 62 anni, era detenuto a Cagliari. Pierpaolo Ciullo, 39 anni, era detenuto ad Altamura vicino Bari. Sono in ordine di data di morte gli ultimi quattro detenuti che si sono ammazzati nelle patrie galere. Quattro in soli otto giorni. Si ammazzano nelle prigioni del nord e in quelle del sud, si tolgono la vita persone giovani e meno giovani. Si ammazzano senza che una parola di pietà umana giunga da chi ci governa, da chi è a capo del ministero della Giustizia e dell’amministrazione penitenziaria. Il 24 settembre del 1996 si uccideva nel carcere di Bologna Georges Alain Laid, 31 anni, di nazionalità tunisina. Si era impiccato nella cella di isolamento. Mancavano soli sei giorni alla fine della sua pena. La Corte di Appello di Bologna ha, nei giorni scorsi, confermato la sentenza del tribunale emiliano che aveva a sua volta condannato il ministero della giustizia a risarcire 100mila euro alla madre del giovane morto nel carcere della Dozza. Maurizio Fregulia, 35 anni, fu trovato morto nel 2000 nel carcere di Rovigo. Il giudice civile poche settimane fa ha condannato il ministero della Giustizia a risarcire di 182mila euro la sorella. In entrambi i casi i giudici hanno riconosciuto una responsabilità oggettiva di omessa custodia. La custodia presuppone che ci si prenda cura della persona custodita. è nata una nuova giurisprudenza che consente alle famiglie delle persone che si ammazzano nelle galere di chiedere i danni morali e materiali allo Stato. L’11 e il 12 gennaio, grazie alla determinazione della radicale Rita Bernardini, il Parlamento dedicherà una sessione di discussione alla questione carceraria. Ci sarà anche un voto finale. Vedremo se il Governo uscirà dalla pantomima del piano carceri. Nell’ultima Finanziaria sono stati stanziati 500 milioni per l’edilizia penitenziaria. Se al posto di darli ai palazzinari di turno si facessero 10 mila progetti di recupero sociale al costo unitario di 50mila euro avremmo contenuto il problema del sovraffollamento e probabilmente evitato qualche morte tragica. Giustizia: piano carceri è propaganda intanto in cella si muore di Francesco Sellari
www.dazebao.org, 9 gennaio 2010
Quattro suicidi in carcere dall’inizio del 2010. Due nello stesso giorno, ieri, giovedì 7 gennaio, a Sulmona e a Verona. Se continua così, il 2010 rischia di surclassare il triste record del 2009. Nello scorso anno, a uccidersi sono stati 72 detenuti. Amato Tammaro aveva 28 anni ed era originario di Villa Literno, in provincia di Caserta. Era rientrato nel carcere abruzzese mercoledì dopo un permesso premio e si è impiccato alla grata della finestra nel bagno della sua cella. A Verona si è tolto la vita Giacomo Attolini, pizzaiolo di 49 anni, siciliano ma residente a Villafranca di Verona. Era in carcere da marzo dopo aver ucciso una ragazza rumena e ferito il marito. L’uomo aveva precedentemente tentato una violenza sulla donna che aveva lavorato nella sua pizzeria. Gli altri deceduti dall’inizio dell’anno sono Pierpaolo Ciullo, trentanovenne morto il 2 gennaio nel carcere di Altamura (Bari) e Celeste Frau, di 62 anni, suicidatosi il 5 gennaio nell’istituto di Buoncammino a Cagliari. Il bilancio sarebbe stato ancor più negativo se ieri, sempre nel carcere di Sulmona, gli agenti e il medico di turno non avessero impedito ad un altro detenuto di togliersi la vita. Ci ha provato due volte, prima tagliandosi le vene e poi cercando di impiccarsi con le lenzuola. Non bastassero i suicidi, a rappresentare una situazione indegna di un paese civile ci sono i molti casi di morti sospette. Le ultime due, le più eclatanti, quelle di Stefano Cucchi a Roma e quella di Uzoma Emeka, nel carcere di Teramo, testimone scomodo di un pestaggio ad opera degli agenti. Emeka è morto perché era malato, ma i suoi legali hanno denunciato la scarsa assistenza sanitaria e i ritardi nei soccorsi. Nelle carceri italiane si muore troppo spesso, e si vive malissimo. Il sovraffollamento vergognoso e alla base del degrado. Ma anche l’assenza di misure alternative e di reali percorsi di reinserimento sociale. Si parla sempre poco di misure alternative alla detenzione, nonché dell’importante contributo dell’associazionismo che potrebbe giocare un ruolo preponderante nel creare un ponte di comunicazione con la società esterna. Un lavoro indispensabile che richiederebbe massicci investimenti in termini di welfare. Per il governo la soluzione dovrebbe essere: più carceri. Magari costruiti da privati. Nell’ultima finanziaria l’esecutivo ha stanziato 500 milioni di euro per l’edilizia penitenziaria. Si tratta del famoso "piano carceri" al quale però inizialmente doveva essere destinata una cifra 3-4 volte superiore. Non a caso, infatti, Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nonché commissario straordinario all’edilizia carceraria, ha scritto al ministro Alfano per chiedere di fare entrare in gioco i privati. E con la scusa dell’emergenza, si potrà anche chiudere un occhio sugli appalti. Altrimenti l’obiettivo di costruire 24 nuovi istituti entro il 2012 per complessivi 21 mila posti, rimarrà sulla carta. Semplice propaganda. Dall’opposizione c’è chi ha già denunciato il rischio di privatizzare anche le carceri. Il governo ormai ci ha abituati, dopo i servizi pubblici locali, la protezione civile, la difesa. Da lunedì 11 dovrebbero essere discusse alla Camera le mozioni sull’emergenza carceri presentate dai diversi gruppi parlamentari. Molte aspettative ci sono sul testo della radicale Rita Bernardini, sottoscritto da 92 deputati di tutti gli schieramenti. Il 12 gennaio è previsto anche un sit in di protesta davanti a Montecitorio, organizzato dalla Uil Pa Penitenziari in collaborazione con Radio Radicale. Giustizia: Pd; sul sovraffollamento colpevole silenzio di Alfano
Ansa, 9 gennaio 2010
Quattro suicidi in una settimana: il 2010 rischia di diventare l’annus horribilis delle carceri italiane dopo il triste primato dei 12 mesi precedenti con 72 detenuti che si sono tolti la vita nei sovraffollati penitenziari italiani. Polizia penitenziaria e centrosinistra puntano il dito contro il governo, accusando il ministro della Giustizia Angelino Alfano di "indecente silenzio" e di inerzia rispetto a un piano carceri più volte preannunciato e mai presentato. Vista la situazione, il capo del Dipartimento dell’ Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, ha indetto per la prossima settimana una riunione ‘ad hoc’ per fare il punto su eventuali strategie di prevenzione dei suicidi. Gli ultimi detenuti che, in ordine di tempo, hanno deciso di farla finita sono stati, nella serata di giovedì, Amato Tammaro, 28 anni, sottoposto a una misura di sicurezza nel reparto internati del carcere di Sulmona (tristemente noto come il penitenziario dei suicidi) e Giacomo Attolini, 49 anni, pizzaiolo di origini siciliane che lo scorso marzo uccise una donna romena e ferì suo marito per vendicarsi di una denuncia di tentata violenza sessuale ai danni di lei. Attolini si è impiccato nel carcere di Verona utilizzando una maglietta legata alle sbarre della finestra del bagno in cella. Questi ultimi due suicidi si aggiungono a quelli di Pierpaolo Ciullo, 39 anni, ad Altamura (Bari) lo scorso 2 gennaio e, tre giorni dopo, di Celeste Frau, impiccatosi nel carcere Buoncammino di Cagliari. Le carceri scoppiano (64.406 detenuti, di cui circa il 37% stranieri, contro una capienza regolamentare di 44.066 posti) e i detenuti cominciano a protestare: a Sulmona, dove 500 detenuti (anziché 300) in taluni casi sono costretti a dormire in 3 in una cella di soli metri quadrati, in serata è cominciata la protesta con la battitura delle inferriate. "È molto più che un’emergenza", denuncia il sindacato penitenziario Osapp che, assieme a Sappe e Uil-Pa, sollecita governo e Dap ad assumersi le proprie responsabilità. Il Pd ha presentato una mozione alla Camera per impegnare il governo ad affrontare il grave sovraffollamento e per chiedere un ampliamento delle misure alternative alla pena detentiva. Ma il ministro della Giustizia Alfano ha più volte ribadito che non ci sarà più spazio per nuovi indulti o amnistie. Piuttosto si costruiranno nuove carceri così da arrivare, entro il 2012, a 21.479 posti in più. Il piano predisposto dal Dap è sostanzialmente pronto da ottobre ma fino ad ora è stato difficile trovare fondi sufficienti. Servono infatti circa 1,4 miliardi di euro in tutto per la costruzione di 24 nuovi penitenziari, di cui 9 "flessibili" (vale a dire di prima accoglienza o destinati a detenuti con pene lievi, con controlli sulle mura di cinta affidati alla sola videosorveglianza) costruiti nelle grandi aree metropolitane (Milano, Napoli. Bologna, Torino, Firenze, Roma, Genova, Catania e Bari), a cui se ne aggiungeranno altri 8 in aree strategiche (Pordenone, Pinerolo, Paliano, Bolzano, Varese, Latina, Brescia e Marsala), anch’essi "flessibili" e ciascuno da 450 posti, e da realizzare seguendo le procedure veloci utilizzate per le nuove case dell’Aquila. A questi vanno sommati altre 7 carceri "tradizionali" previste a Roma, Milano, Nola, Sciacca, Sala Consilina, Venezia e Savona e 47 nuovi padiglioni in penitenziari già esistenti. Per ora il governo dispone dei 500milioni di euro stanziati in finanziaria. Giustizia: sui suicidi, sotto accusa condizioni disumane in cella di Enrico Bonerandi
La Repubblica, 9 gennaio 2010
Antonio Tammaro si è impiccato l’altra sera nel carcere di Sulmona legando le lenzuola alla grata della finestra. Tornava da un permesso premio. Un altro detenuto ci ha provato, tagliandosi le vene e cercando di impiccarsi, nelle stesse ore e sempre a Sulmona, ma è stato salvato. "Qui è peggio dello Spielberg di Silvio Pellico", commenta Leo Beneduci, segretario del sindacato degli agenti penitenziari Osapp: a Sulmona ci sono stati 10 suicidi in 15 anni. Nel carcere di Verona si è tolto la vita Giacomo Attolini, 48 anni, che è la vittima numero quattro in questo scorcio di 2010. Nel 2009 i suicidi tra i reclusi sono stati 72, il massimo storico nel nostro Paese. Nessuno si stupisce di questa strage. Le carceri sono sovraffollate, con organici carenti di guardie e strutture sanitarie inadeguate, dopo il passaggio delle competenze dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale. Mancano psicologi ed educatori. Detenuti ammassati come bestie 22 ore su 24, lontani dalle famiglie nonostante la promessa "regionalizzazione". Tossicomani in crisi di astinenza abbandonati a se stessi. La percentuale di suicidi è 20 volte superiore a quello che accade tra le persone libere. "Non è così anche in Paesi ritenuti meno civili dell’Italia. In Romania ci sono 5 suicidi l’anno su 40mila detenuti, in Polonia la metà che da noi, con una popolazione carceraria più vasta - segnala l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere - Eppure il 90 per cento di chi vuol togliersi la vita viene salvato. Sette volte su 10 ci pensano i compagni di cella, per il resto intervengono le guardie". Dice un altro sindacalista della polizia penitenziaria, Donato Capece: "È un’emergenza quotidiana. Ogni mese arrivano tra mille e 1600 detenuti, per qualsiasi reato, e si sta creando una pattumiera in cui si butta di tutto". "I poliziotti penitenziari si accollano responsabilità non proprie per il degrado esistente - aggiunge Beneduci - Ma sono ogni giorno di meno e non possono più prevenire alcuna forma di violenza". Una beffa le promesse del ministro Alfano, che annunciò lo scorso dicembre 2mila agenti carcerari in più: "Di tale provvedimento non c’è traccia nella nuova legge finanziaria". Non c’è che aspettarsi il peggio? "Una speranza c’è - afferma invece la radicale Rita Bernardini, prima firmataria di una mozione sulla situazione carceraria che andrà in discussione martedì prossimo, con il supporto di un sit-in davanti a Montecitorio - Lo dico per una sola ragione: altrimenti c’è lo sfascio. Le carceri stanno diventando ingestibili". La mozione radicale ha tra i propri firmatari numerosi esponenti del Pd, e anche alcuni della maggioranza. Il Pd stesso ne ha presentata una propria, e così faranno forse l’Udc e l’Idv. Molti punti coincidono: misure alternative, tossicodipendenti in strutture di cura, rinforzo del numero degli agenti. "Se tutto resta com’è, lo sfoltimento delle carceri avverrà con i suicidi - commenta Rita Bernardini - Improponibile, anche in quest’epoca forcaiola". Giustizia: troppi suicidi in carcere di chi sono le responsabilità? di Fabio Lattanzi
www.radiocarcere.com, 9 gennaio 2010
Anno 2010, morti in carcere, due sono le notizie. Bari, 2 gennaio 2010, carcere di Altamura, Pierpaolo Ciullo 39 anni leccese si è tolto la vita. Il primo suicidio tra le mura penitenziarie del nuovo anno non si è fatto attendere a lungo. Nel 2009 settantadue sono le persone che la detenzione ha indotto a rinunciare a vivere. Il numero si è elevato di circa il 25 per cento rispetto al 2008. Nel solo circondario pugliese due sono i detenuti che sono riusciti a farla finita e 80 sono stati coloro che hanno tentato di farlo. Bologna, Corte di appello, l’amministrazione penitenziaria è stata condannata a pagare 100 mila euro (con la rivalutazione e gli interessi dal 1996) per il suicidio di Georges Alain Laid. Il 21 febbraio 1996 l’arresto. Il giovane franco-tunisino era stato ritenuto probabile responsabile di aver rubato in un negozio di scarpe. Il 24 settembre, sette mesi dopo, Georges Alain Laid è stato trovato morto alla "Dozza". La vita è andata via attaccando la giacca del pigiama alla maniglia del bagno della cella d’isolamento. Solo sei giorni e sarebbe tornato in libertà. Una morte oscura. Immediata l’indagine della procura. L’archiviazione. Il nessun risultato che caratterizza tante indagini relative a lesioni o decessi avvenuti nel perimetro intramurario delle case di reclusione. La madre non ha ceduto alla rassegnazione. Il nulla di fatto dell’indagine penale l’ha portata a chiedere un risarcimento in sede civile. Tredici anni dopo, bontà della giustizia italiana, la Corte d’Appello ha confermato la decisione emessa dal Tribunale nel 2004 ed ha condannato l’amministrazione penitenziaria per i "danni morali ed esistenziali". Una strada già percorsa, solcata dal Tribunale civile di Milano, che ha condannato il Ministero della Giustizia a risarcire con 150.000 euro alla madre e alle due sorelle di un giovane che, arrestato per il furto di uno scooter il 26 maggio 2002, nel carcere di Pavia si era ucciso respirando il gas di una bomboletta acquistata il giorno dopo allo spaccio del carcere. M.B., tossicodipendente, aveva 30 anni. Una strada che potranno percorrere i parenti di Pierpaolo Ciullo. Una strada inaccettabilmente lunga che individua una responsabilità civile dell’amministrazione penitenziaria. Una responsabilità civile al quale probabilmente si potrebbe affiancare una responsabilità penale. I penitenziari del nostro paese ospitano ad oggi circa sessantaseimila persone a fronte di una capienza massima di quarantatremila. Il numero dei suicidi e tentati suicidi aumenta proporzionalmente alla crescita del sovraffollamento. Le strutture penitenziarie sono in gran parte degradate e fatiscenti. Il carcere di Rebibbia una degli edifici considerati di miglior livello ha determinato la condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo per le condizioni di detenzione, ritenute inumane e degradanti. L’art. 580 del codice penale ritiene responsabile d’istigazione al suicidio chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, punendolo, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Giustizia: dai Radicali un'interrogazione sul suicidio di Sulmona
Agi, 9 gennaio 2010
I parlamentari radicali nel gruppo del Pd hanno presentato un’interrogazione, a prima firma Rita Bernardini, al Ministro della Giustizia Alfano sul suicidio del detenuto Antonio Tammaro nel supercarcere di Sulmona. È quanto si legge in una nota. L’uomo, 28enne, di origini napoletane, ricorda la nota dei radicali, "era detenuto nella parte dell’istituto adibita a Casa Lavoro, quindi non stava scontando una pena per aver commesso reati, ma era sottoposto a misure di sicurezza perché socialmente pericoloso. Tammaro si è impiccato mercoledì sera, nella cella che occupava da solo, il giorno dopo il suo rientro da un permesso premio". "Non solo questo è il quarto suicidio nei primi otto giorni del nuovo anno (dopo un 2009 che, con 72 suicidi, ha stabilito il peggior record di tutti i tempi) - aggiungono i radicali - ma è anche l’ottavo in cinque anni nel solo carcere di Sulmona, dove la Casa Lavoro - la più grande d’Italia, che attualmente ospita circa 160 internati a fronte di una capienza regolamentare di cento posti - non si distingue dal carcere se non per il nome. E proprio sulle condizioni della Casa Lavoro di Sulmona i parlamentari radicali avevano già presentato un’interrogazione, che giace ancora senza risposta". Rita Bernardini e i colleghi della delegazione Radicale nel Pd si sono dunque rivolti al ministro Alfano per sapere, tra l’altro, "se intenda avviare un’indagine amministrativa interna per verificare l’esistenza di eventuali profili di responsabilità del personale in merito al suicidio di Antonio Tammaro; se ritenga necessario assumere iniziative normative volte a modificare il regolamento sull’ordinamento penitenziario al fine di assicurare una detenzione più rispettosa del diritto alla vita e degli altri diritti fondamentali, anche attuando misure per prevenire il rischio-suicidi; se non intenda provvedere all’immediata chiusura della casa di lavoro di Sulmona, o quanto meno, prendere iniziative per rivedere la sua organizzazione e funzionalità". "I radicali, infine - conclude la nota - più in generale hanno chiesto al ministro se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per sostituire il requisito della pericolosità sociale (di dubbio fondamento empirico), quale presupposto per l’applicazione di una misura di sicurezza detentiva, con altro quale ad esempio quello del "bisogno di trattamento". Giustizia: Ionta (Dap); mercoledì riunione "ad hoc" per suicidi
Ansa, 9 gennaio 2010
"Già la prossima settimana, lunedì o martedì, terrò una riunione per vedere come fronteggiare il problema" dei suicidi in carcere. Così Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, risponde all’Ansa in merito a quali strategie siano state adottate o si pensa di intraprendere visto l’elevato numero di suicidi che si sta registrando nelle carceri italiane (quattro in soli otto giorni). Ionta affronterà la questione con i vertici dell’Amministrazione penitenziaria e con i suoi più stretti collaboratori. Giustizia: Starnini; suicidi da disperazione non malattia mentale
Ansa, 9 gennaio 2010
Sono suicidi per disperazione quelli che stanno avvenendo nelle carceri italiani, dove il trend è in crescita da qualche anno: Giulio Starnini, come ex presidente della Simspe (la società italiana di sanità e medicina previdenziali) commenta così le morti di oggi nei penitenziari italiani. "Siamo in un periodo di transizione - spiega il medico - in cui il passaggio all’interno del servizio sanitario nazionale della sanità carceraria non è stato ancora completato". In questo modo i detenuti, in istituti di pena sempre più affollati, si sono trovati senza quell’assistenza psicologica fondamentale per affrontare un momento così duro come la detenzione, per di più in celle troppo piene. "Ma non ho mai creduto che i suicidi in carcere fossero attribuibili a malattie mentali, quanto - ha aggiunto - appunto, alla disperazione assoluta". Del resto, spiega, alcuni suicidi avvengono proprio nelle prime fasi della detenzione. In sostanza il bisogno estremo di un sostegno psicologico, legato al momento, "non trova risposta in un contesto che amplifica proprio l’abbandono di ogni speranza". Giustizia: Caritas; più volontariato, contro l’emergenza suicidi
Redattore Sociale, 9 gennaio 2010
La proposta di Luca Massari responsabile area carcere di Caritas Ambrosiana e membro della Conferenza nazionale volontariato giustizia: "Non limitarsi alla mezza giornata". Tra le altre indicazioni: "Limitare l’uso delle pene detentive". Quanto maggiore è il sovraffollamento, tanto più cresce il tasso di suicidi nella popolazione detenuta. Di fronte a questa situazione "una presenza forte del volontariato, della cooperazione sociale e di operatori specializzati, soprattutto nei primi giorni d’ingresso nei penitenziari, ha portato grandi benefici, anche sul benessere delle persone". Luca Massari responsabile area carcere di Caritas Ambrosiana e membro della Consulta nazionale volontariato e giustizia, sottolinea l’esigenza di affrontare l’emergenza-suicidi in un’ottica più ampia, che tenga in considerazione la complessità dei problemi del carcere. "Per questo chiediamo che venga aumentata la presenza dei volontari che operano in carcere - spiega - ad esempio non limitarsi alla mezza giornata". Ma, per superare l’emergenza carcere, occorre "limitare l’uso delle pene detentive. La prigione deve essere l’estrema ratio - spiega Massari - occorre prevedere pene diverse per i reati meno gravi, come i furti e il piccolo spaccio. Ad esempio pene pecuniarie proporzionate al reddito o forme di messa alla prova come quelle previste per i minori". Una proposta che necessita però tempi lunghi per essere tradotta in realtà. Nel frattempo occorre aumentare l’uso delle misure alternative "che però richiedono massicci investimenti in termini di welfare", sottolinea. Per uscire dal carcere, ad esempio, serve avere un domicilio. E non tutti possono permettersi una casa. In molte città sono realtà del privato sociale, come Caritas, ad aiutare queste persone a trovare un alloggio "ma questo compito non può essere lasciato solo a noi". Sulmona: per responsabile area medica situazione è esplosiva
Adnkronos, 9 gennaio 2010
Secondo il responsabile dell’area medica del supercarcere di Sulmona (L’Aquila) Fabio Federico ci sono "troppi detenuti che si trovano in un carcere che rischia di scoppiare, dove manca sia il personale di vigilanza sia quello di assistenza medico e sociale e dove è sempre più difficile per i reclusi accedere al servizio sanitario nazionale". Federico, che è anche sindaco della città ovidiana, si dice preoccupato soprattutto per la situazione in cui si trova la sezione degli "internati", teatro dei due ultimi episodi autolesionistici.
Uil: in corso protesta detenuti
Da pochi minuti i trecento detenuti ristretti nelle sei sezioni del penale della Casa Circondariale di Sulmona stanno dando vita ad una rumorosa protesta battendo le vettovaglie sui cancelli e sulle grate delle celle. Ne dà notizia il segretario generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, spiegando in una nota che "gli stessi detenuti hanno comunicato l’intenzione di non voler ritirare il vitto dell’Amministrazione". Dopo il suicidio di questa notte, racconta Sarno, vi è stato "dopo poche ore, un tentato suicidio di un altro detenuto,fortunatamente sventato dai poliziotti penitenziari in servizio nel turno di notte. Le criticità e le problematiche di Sulmona sono ben note al Provveditore Regionale e al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ma non abbiamo potuto registrare interventi significativi atti a risolvere i tanti problemi. Uno su tutti l’allocazione di detenuti con problemi mentali in una struttura che non fornisce i necessari requisiti e il penalizzante gap dell’organico della polizia penitenziaria. È appena il caso di ricordare - aggiunge Sarno - che le rappresentanze sindacali sono in agitazione da alcuni mesi e hanno già dato vita a diverse manifestazioni di protesta". Sulmona: Cgil; carenti organici di polizia e personale sanitario
Adnkronos, 9 gennaio 2010
Commentando il nuovo suicidio di un detenuto nel supercarcere di Sulmona e il tentativo sventato qualche ora dopo nello stesso istituto da parte di un altro detenuto, il coordinatore per l’Abruzzo Cgil-Fp polizia penitenziaria, Matteo Balassone sottolinea che "sono ormai urgenti seri provvedimenti e non solo annunci, che vadano nella direzione di maggiori risorse per adeguare gli organici del personale penitenziario e per implementare il numero degli istituti presenti sul territorio nazionale". Per il sindacato "è cronica la carenza non solo di personale di polizia penitenziaria, da sempre denunciata agli organi competenti, ma anche e soprattutto di personale educativo e sanitario che ha portato ad una situazione di notevole disagio all’interno della struttura". Da qui le sollecitazioni alla direzione del carcere per avviare un confronto allargato alle istituzioni e per individuare, in tempi brevissimi, tutte quelle soluzioni che possano "garantire un immediato ritorno a condizioni di lavoro e di convivenza accettabili, mediante una politica di amministrazione più lungimirante e progettuale". Sulmona: Uil-Pa; gravi carenze, comunicate al Dap 10 mesi fa
Agi, 9 gennaio 2010
"La grave situazione in termini di sovraffollamento e carenza di personale che interessa il carcere di Sulmona, è stata comunicata al dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria dieci mesi fa, ma senza sortire effetti". Lo dichiara Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Pa Penitenziari, confermando lo stato di agitazione iniziato nell’aprile 2009. Nel carcere di Sulmona, dopo il suicidio dell’internato Amato Tammaro e il tentato suicidio di un detenuto napoletano, è scoppiata la protesta. Nel tardo pomeriggio di ieri i carcerati della sezione penale hanno iniziato a battere le stoviglie contro le sbarre per attirare l’attenzione sulle loro condizioni di vivibilità. "È chiaro ed evidente - afferma Sarno - che il sovraffollamento crea condizioni di stress psichico ai reclusi della casa e sempre più spesso si rischia che la pena possa trasformarsi in supplizio. La casa circondariale di Sulmona non è idonea a ospitare detenuti e internati con problemi psichici, perché - conclude il segretario della Uil-Pa Penitenziari - è carente di personale medico specialistico e di luoghi idonei alla loro permanenza". Gli agenti penitenziari che operano nel carcere di Sulmona, per la carenza di organico, sono costretti, spesso, a rinunciare ai riposi e alle ferie, oltre a dover prestare lavoro straordinario fino a 70 ore mensili, con grave stress e affievolimento del livello di attenzione che invece la custodia di soggetti pericolosi richiede. Il supercarcere di Sulmona, ospitando attualmente il 35 % in più di detenuti, è oltre il limite di capienza massima. Genova: detenuti lavoreranno nei parchi c’è l’ok del ministero di Edoardo Meoli
Secolo XIX, 9 gennaio 2010
Sì ai detenuti nei parchi. La proposta lanciata ieri dal Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria), che a sua volta aveva preso spunto dalla situazione di abbandono in cui si trovano le ville di Nervi, ha immediatamente colto nel segno. Dal Dipartimento amministrativo penitenziario, che fa parte della struttura del ministero di Grazia e Giustizia, arriva il via libera: "Abbiamo già fatto iniziative analoghe in altre città e comuni italiani, comprese le città di Roma e Milano. Dunque non ci sono problemi a organizzare l’operazione anche sotto la Lanterna. C’è piena disponibilità da parte del ministero", dichiara Luigi Locascio, ispettore dirigente del dipartimento che da qualche anno si occupa proprio di questa attività che punta a un doppio obiettivo: rispondere alle esigenze di cura di aree urbane (solitamente giardini e parchi) e dare ai detenuti la possibilità di espiare la pena anche con un primo reinserimento nella comunità sociale. A lanciare la proposta, accolta a tempo di record, era stato Roberto Martinelli, genovese, segretario generale aggiunto del Sappe: "In analogia a quanto già avvenuto in altre città d’Italia, si potrebbero impiegare anche a Genova i detenuti in progetti per il recupero del patrimonio ambientale, occupandosi, ad esempio, della cura degli alberi dei Parchi di Nervi e degli altri parchi della città, della pulizia dei greti dei torrenti e delle spiagge della nostra provincia, molte di queste ultime falcidiate dalle recenti mareggiate". Il via libera del ministero trova completamente d’accordo anche il Comune di Genova, cui spetterà il compito di chiedere al dipartimento penitenziario la possibilità di attuare l’iniziativa: "Non solo sono d’accordo, ma posso dire che in parte abbiamo già avviato qualcosa di simile, in relazione all’attività di prevenzione antincendio, in programma per la prossima primavera - dice Francesco Scidone, assessore alla sicurezza - con il responsabile del carcere di Marassi abbiamo firmato un’intesa che coinvolgerà quindici detenuti, occupati sulle alture della città per ripulire i boschi". E per i parchi urbani? "Dico di sì fin da adesso, anche se dovrà essere il ministero a trovare le risorse. Ma, visto che da Roma è già arrivato un via libera, non penso che ci saranno problemi. Spero di incontrare più presto i responsabili del ministero di Giustizia". L’attivazione sul territorio nazionale di iniziative inerenti la promozione del lavoro è diventato obiettivo primario che l’amministrazione penitenziaria persegue al fine del coinvolgimento consapevole e responsabile dei soggetti in espiazione di pena in attività lavorative volte all’integrazione e al reinserimento nella comunità sociale: "Tutto questo nella convinzione che il lavoro è uno degli elementi determinanti su cui fondare percorsi di inclusione sociale - aggiunge Martinelli - impiegare i detenuti in progetti di recupero del patrimonio ambientale e in lavori di pubblica utilità è una delle richieste "storiche" del sindacato, motivata dalla necessità concreta di dare davvero un senso alla pena detentiva. I detenuti hanno prodotto danni alla società? Bene, li ripaghino mettendosi a disposizione della collettività ed imparando un mestiere che potrebbe essere loro utile una volta tornati in libertà. Oggi sono pochissimi i carcerati che lavorano nei penitenziari: la maggior parte oziano tutto il santo giorno. E allora, se è vero, che il lavoro è potenzialmente determinante per il trattamento rieducativo dei detenuti, perché non provare a percorrere anche questa strada? E perché non farlo anche a Genova". Come detto, già in altre città sono operative iniziative analoghe. L’ultima è stata organizzata a Roma all’Immacolata: per una quarantina di detenuti di Rebibbia è stato all’insegna della "libertà", fatta dell’impegno a ripulire il Foro di Cesare e il parco della Caffarella. Affiancati da operatori ecologici e sotto l’occhio vigile degli agenti penitenziari, hanno ripulito le aree da rovi e immondizia varia. A Milano, a metà dicembre, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e l’amministratore delegato di Expo 2015, Lucio Stanca, hanno firmato un protocollo che prevede il coinvolgimento di un centinaio di detenuti delle carceri lombarde per il mantenimento della pulizia in occasione dell’evento meneghino. Genova potrebbe essere la terza grande città a sfruttare l’occasione.
In 130 hanno i requisiti per rientrare nel piano di recupero
Non tutti i detenuti possono, ovviamente essere coinvolti nell’iniziativa ministeriale sulle attività di recupero urbano e in questo caso sulla manutenzione dei parchi di Nervi. La norma prevede di individuare, con un bando interno alle carceri, quanti siano i detenuti che possono essere idonei al lavoro esterno. La procedura è stata definita in ogni minimo dettaglio e i detenuti che avranno i requisiti, divisi in squadre, potrebbero essere utilizzati per il decoro urbano. Il reinserimento socio-lavorativo di soggetti in espiazione di pena è su base volontaria ed è dunque necessaria una richiesta da parte dello stesso detenuto. Possono essere ammesse le persone che sono state condannate per reati non gravi e condannate a brevi periodi di detenzione. Uno degli obiettivi del progetto ministeriale è quello di coinvolgere i carcerati che stanno per finire di scontare la pena. Nel caso di Genova, su 720 detenuti circa, presenti nel carcere di Marassi, sono un’ottantina ad avere i requisiti per rientrare nel piano di recupero. Mentre per il carcere di Pontedecimo, che ospita 160 persone tra uomini e donne, sono circa una cinquantina. Lo scorso luglio nella sede della Camera di Commercio di Genova, si è svolto un incontro per promuovere e valorizzare le attività lavorative all’interno (o all’esterno) del carcere. Nell’occasione si era già fatta strada l’ipotesi di avviare attività lavorative mediante l’impiego di detenuti, avvalendosi dei benefici fiscali e degli sgravi contributivi previsti dalla legge "Smuraglia", approvata nel 2009. In passato il carcere di Marassi ha portato avanti un progetto di recupero del verde urbano in cui sono stati impiegati venti detenuti in semilibertà o in regime di lavoro all’esterno. Qualcosa di simile aveva interessato anche il carcere di Chiavari che ha instaurato rapporti di collaborazione con il Comune di Lavagna, finalizzati all’inserimento lavorativo dei detenuti, attraverso tirocini per attività di manutenzione delle aree verdi. La Spezia: il carcere è rimasto al freddo e i detenuti protestano
Secolo XIX, 9 gennaio 2010
La Casa Circondariale di Villa Andreino, che ospita 140 detenuti tra cui oltre il 60 per cento sono extracomunitari, è in ristrutturazione dal 2005 con disagi sia per i detenuti che per il personale di sorveglianza e amministrativo. I disagi sono più sentiti durante le festività natalizie che i detenuti, lontani dagli affetti familiari, sentono particolarmente. In questo clima si innesta la lettera che abbiamo ricevuto in redazione in questi giorni, la prima da molti anni inviata al giornale dai reclusi di Villa Andreino, una struttura gestita con sistemi innovativi e moderni, che ognuno percepisce secondo la propria sensibilità, ma che al di là di ogni considerazione resta una struttura carceraria. Si tratta di una serie di segnalazione che sono arrivate al giornale su carenze interne alla casa di pena che secondo "radio carcere" potrebbero essere, se non risolte, almeno attutite, migliorando le condizioni di vita dei detenuti e quelle di lavoro del personale che opera all’interno della struttura. Su questi problemi abbiamo sentito anche il direttore del carcere di Villa Andreino, Maria Cristina Bigi. Secondo la segnalazione vi sarebbe carenza di mobiletti nelle celle. Si verificherebbero, inoltre, controlli notturni con accensione dei quattro neon e non delle sole luci di cortesia. Gli orari dei pasti sarebbero troppo anticipati (alle 11,30 ed alle 17,30), rispetto alle abitudini alimentari esterne all’istituzione carceraria. E ancora: i detenuti lamentano il blocco della caldaia a gasolio delle docce proprio nel periodo della neve e della gelata del 20 dicembre e quattro giorni di mancanza assoluta di acqua calda. La protesta più sentita, stando alle segnalazioni contenute nella lettera al nostro giornale, riguarda la zona colloqui dove i parenti e i visitatori dovrebbero restare in sala d’attesa senza riscaldamento dalle 7,30 alle 9,20. Ma anche nella sala dei colloqui il riscaldamento sarebbe assente perché l’impianto di aria condizionata sarebbe guasto dal 2006. Alcuni detenuti sarebbero in attesa di colloquio con il direttore ma le loro domandine sino ad oggi non avrebbero avuto risposta. Inevase anche quelle per ricevere oggetti dai parenti durante il colloquio. Le lamentele riguardano anche l’uso di una palestra troppo piccola dove non possono stare contemporaneamente più di quattro detenuti (le misure fornite sono di metri tre per sette) ed il cortile per l’aria egualmente molto piccolo dove i reclusi, se altri giocano al pallone, non possono camminare. Un altro cortile più grande, un tempo adibito allo scopo, ora sarebbe diventato un parcheggio per gli autoveicoli della struttura. Critiche anche alla cena della domenica che sarebbe formata solo da un piatto di insalata e da quattro fettine di formaggio. Dura la vita anche per "scopini" e "portavitto" che per il loro lavoro percepirebbero 150 euro al mese (di cui 50 trattenuti dalla direzione alla voce "mantenimento carcere"), mentre altri incarichi di lavoro non avrebbero alcun compenso, e con il vitto che deve essere portato sino al terzo piano a mano mancando qualsiasi tipo di ascensore portavivande.
La direttrice: vari problemi saranno risolti conclusa la ristrutturazione
"Alla base di buona parte dei disagi segnalati sono i lavori di ristrutturazione della casa circondariale che sono iniziati nel 2005 e che speriamo possano concludersi entro quest’anno". Così la direttrice di Villa Andreino, Maria Cristina Bigi, replica alle segnalazioni contenute nella lettera dei detenuti. "Quanto alla cena della domenica sera - prosegue - è vero che consiste in un pasto freddo ma non certo limitato a insalata e formaggio, pur nel rispetto delle tabelle energetiche previste dal Ministero. Sulle aree per l’aria capisco i disagi, vi sono solo due aree a disposizione dei detenuti ma quando la ristrutturazione sarà ultimata diventeranno quattro e ci sarà anche un’area verde". È vero che c’è spazio o per giocare al pallone o per passeggiare, ma essendo l’utilizzo riservato a rotazione per i tre piani, spiega la direttrice, la presenza di reclusi non è mai troppo elevata. In sala colloqui è vero, che il riscaldamento non funziona più? "Sì, per i lavori di ristrutturazione - risponde Bigi - mentre è presente nella sala d’attesa e per venire incontro ai detenuti che hanno figli di età inferiore ai 12 anni abbiamo creato per loro una seconda sala colloqui riscaldata adeguatamente. Tra l’altro le celle sono tutte riscaldate, lo stesso non si può dire per l’area adibita ad uffici amministrativi dove stiamo tutti al freddo in attesa del sospirato trasferimento a primavera nella nuova ala ristrutturata". Veniamo alla mancanza di acqua calda per le docce. "Devo precisare - chiarisce e la direttrice - che la carenza si è registrata per un giorno solo perché era venuto a mancare il gasolio per la caldaia: i fornitori non erano riusciti a garantire la consegna nei tempi previsti". Le carenze, assicura la Bigi, a cui stanno particolarmente a cuore le condizioni di vita dei detenuti e che si rammarica per quanti possano trovarsi male, che dovrebbero venir meno con i lavori di completamento della struttura. "È previsto anche l’ascensore per raggiungere i piani alti con il carrello portavivande ovviando al trasporto a mano dei pasti con i vassoi -aggiunge- sono tutti miglioramenti che la struttura carceraria, che sta subendo una radicale trasformazione per la prima volta nella sua storia, vedrà realizzati quanto prima. Capisco il disagio di alcuni e so bene quanto il malessere dei detenuti si acuisca durante i periodi delle festività natalizie". Diventa poi impossibile aumentare il numero dei mobiletti, aggiunge la direttrice: si è ovviato a una maggiore promiscuità nelle celle riducendo gli spazi. L’attuale palestra, secondo le segnalazioni dei detenuti, è piccola, "Ma è soltanto una struttura provvisoria - replica la direttrice - che è stata adattata a palestra e sconta anch’essa le vecchie carenze strutturali: gli spazi comuni, che abbiamo creato per favorire la socializzazione, sono anch’essi interessati dai lavori. Spero proprio che entro l’anno per i detenuti ed il personale sia finalmente il momento di disporre di un edificio funzionale e che ogni disagio venga a cessare". "Tra l’altro - conclude la Bigi - ci sarà una nuova sala colloqui. Io sono in ogni caso a disposizione di tutti i detenuti, basta fare una domandina e chiedere di avere un colloquio con me e sono subito pronta ad ascoltare ogni lamentela". Tra le iniziative svolte dalla direzione a favore dei detenuti i corsi di cucina ed ora quelli che hanno terminato il corso effettueranno stage presso alcuni locali. Piacenza: ampliare il carcere? sindaco scrive al ministro Alfano
Piacenza Sera, 9 gennaio 2010
Il sindaco Roberto Reggi, in relazione alla richiesta pervenuta al Comune di Piacenza da parte del Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per l’Emilia Romagna e Marche, ai sensi della legge regionale 20/2000, di concedere il nulla osta sulla conformità allo strumento urbanistico, al progetto di ampliamento della Casa Circondariale di Piacenza con la realizzazione di un nuovo padiglione detentivo, ha inviato una nota al ministro della Giustizia Angelino Alfano. Tale nota è stata indirizzata per conoscenza anche ai parlamentari piacentini, perché possano anch’essi impegnarsi presso il Ministero, "affinché - scrive il sindaco - la previsione progettuale della nuova opera tenga conto e preveda la pronta risoluzione dei problemi che da anni affliggono la struttura carceraria delle Novate". Nella lettera inviata al ministro della Giustizia, il sindaco sottolinea che "la situazione del Carcere di Piacenza è da sempre all’attenzione dell’Amministrazione comunale che, nelle linee programmatiche di mandato, tra i progetti dedicati alla coesione sociale e alla solidarietà, ha proprio uno specifico obiettivo riguardante il miglioramento del rapporto tra il carcere e la città. L’attuale struttura - prosegue Reggi - presenta gravissime insufficienze (tra le altre, ulteriormente peggiorate in tempi recenti, infiltrazioni d’acqua con conseguente chiusura di alcune celle, diffusi malfunzionamenti dell’impianto idraulico e di riscaldamento), le quali impongono di individuare con assoluta urgenza una soluzione tecnico-manutentiva idonea a garantire un ambiente decoroso e vivibile a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, frequentino il carcere". "Inoltre - precisa il sindaco di Piacenza - alla descritta deficienza strutturale, si aggiungono poi le difficoltà di bilancio, la carenza di personale di vigilanza ed il sovraffollamento, determinato da una forte presenza di detenuti in attesa di giudizio, che rappresentano così le cause di fondo del disagio in cui vive la popolazione carceraria, gli agenti di polizia penitenziaria e il personale direttivo. Mi auguro - prosegue - che la realizzazione del nuovo padiglione, possa incidere sensibilmente sulla condizione di vita detentiva con diminuzione del sovraffollamento e, al tempo stesso, possa costituire un’opportunità per un riallineamento degli organici della Polizia Penitenziaria. È auspicabile che il progetto di istituzione del reparto di osservanza psichiatrica, già oggetto di uno specifico incontro con Lei, possa trovare gli spazi adeguati per essere ospitato, in considerazione dei lavori di ampliamento della struttura della Casa Circondariale". In conclusione il sindaco afferma che a fronte di risposta attenta ed esaustiva ai problemi sopraelencati, a tutela della dignità dei lavoratori e dei detenuti nel carcere della città, "serenamente rilascerà il nulla osta per la realizzazione del nuovo padiglione". Stati Uniti: un rapporto "choc" rivela abusi su detenuti minorenni
Ansa, 9 gennaio 2010
Il ministero della Giustizia Usa diffonde quanto emerso dall’indagine sui presunti abusi su detenuti minorenni nelle carceri americane. Un rapporto sconvolgente: a subire violenze sessuali sono il 12% dei giovani reclusi e le molestatrici sono in prevalenza guardie carcerarie donne. Minorenni violentati e i carnefici sono le guardie carcerarie. Dall’inchiesta condotta dal ministero della Giustizia Usa nelle prigioni americane emergono dati raccapriccianti: su 26mila giovani reclusi il 12%, cioè 1 su 8, è stato vittima di violenza sessuale. Solo una minima parte poi, il 2%, è stata compiuta da altri prigionieri. indagine è stata condotta su circa 200 istituti di pena per minori, ascoltando le testimonianze di quasi diecimila condannati. In alcune carceri la cifra raggiunge punte del 30%. Altro particolare agghiacciante: nel documento si legge che a compiere le molestie sono soprattutto guardie carcerarie donne. Recentemente in una prigione dell’Indiana quattro secondine sono state sospese dal lavoro dopo una serie di denunce di abusi sessuali.
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