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Giustizia: le carceri della "tolleranza zero", sono sempre piene di Elisabetta Grande*
Il Manifesto, 27 gennaio 2010
Il carcere italiano esplode: intorno a 65.000 le presenze, a fronte di una capienza regolamentare di circa 43.000 posti letto. Le incessanti notizie di violenze quotidiane sui carcerati, di suicidi di detenuti, di morti sospette, ma anche di atti fatali di disperazione fra le stesse guardie carcerarie, che non reggono la tensione dovuta ad un sovraffollamento carcerario senza precedenti nella storia italiana, spingono a qualche breve riflessione sulle possibili soluzioni di questa nuova tragedia nostrana. Costruire nuove carceri è la via giusta da percorrere? Un rapido sguardo alla società che più di ogni altra incarcera i suoi membri, e lo fa a ritmi crescenti e inarrestabili da trent’anni a questa parte, ossia la società statunitense, ci fornisce una risposta chiara e inequivocabile sul punto: la costruzione di nuove carceri non solo non rappresenta la soluzione, ma costituisce parte del problema. L’ultimo rapporto del dipartimento di giustizia Usa sulle carceri è preciso al proposito: i carcerati, ci dice, aumentano al crescere degli spazi carcerari. Appena costruite le tantissime nuove carceri americane si sono infatti sempre riempite come d’incanto, in una spirale infernale che ha portato gli Stati Uniti a mettere dietro le sbarre un abitante ogni 133, per un totale strabiliante di 2.424.279 detenuti alla fine del 2008. In California, per esempio, che dal 1980 al 2008 ha visto crescere la sua popolazione carceraria da 24.500 a 200.000 anime circa (se fra esse si considerano anche i reclusi nelle jails), sono state costruite nel solo periodo che va dal 1984 al 1989 tante carceri quante ne erano state costruite nei cento anni precedenti. Negli anni a seguire gli istituti di pena sono aumentati in dimensioni e numero a un ritmo incalzante (mentre da allora una sola nuova Università ha visto aprire i battenti), con il paradossale risultato che, nonostante tutto, al 2008 i detenuti californiani superano ancora una volta la capienza massima delle carceri di quello Stato. Solo l’ottemperanza al recente ordine di liberare circa 40.000 carcerati, impartito da una corte federale convinta che quelle condizioni di pena rappresentino una sanzione crudele e inusuale, porterà la California a ridimensionare, peraltro in via del tutto transitoria, il numero dei suoi detenuti. Non tanto allora "più carceri, meno reati" secondo il grido di battaglia dei fanatici della tolleranza zero, quanto piuttosto "più carceri, più carcerati" sembrerebbe la morale da trarre dall’esperienza d’oltreoceano. Una domanda sorge a questo punto spontanea: di che gioco di prestigio si tratta mai? L’arcano della dinamica è presto svelato. La costruzione di nuove carceri, potenzialmente illimitata, porta non a scoraggiare, ma al contrario a incentivare, l’emanazione di nuove norme penali carcerogene che, sulla scorta di una richiesta di penalità spesso indotta dalla paura creata dai media, aumentano la lunghezza della pena detentiva a dismisura (vedi le leggi cosiddette del terzo strike, o le pene altissime per la detenzione o il piccolo spaccio di sostanze stupefacenti, o ancora le sanzioni penali da adulti, ossia severissime, irrogabili ai minori). Il conseguente flusso di carcerati determinato da quelle norme penali riempie velocemente gli istituti di pena di recente costruzione, nei quali per principio o per necessità (stante il costante affollamento) ogni pratica di recupero del condannato è abbandonata. Alla filosofia della riabilitazione si sostituisce, infatti, con facilità quella della pura repressione e i detenuti, trattati peggio delle bestie nei circhi di una volta, escono dagli istituti di pena trasformati in furie (American Furies di Sasha Abramsky, è appunto il titolo di un libro recentemente scritto sul tema). L’inevitabile recidiva, documentata negli Stati Uniti intorno al 70 per cento nel giro di tre anni dal rilascio, permette così di ingrossare anche a valle quel numero di detenuti che a monte è cresciuto per via delle norme della tolleranza zero. L’ovvio risultato è che le carceri esistenti sono sempre più piene e la realizzazione di nuovi edifici di pena sempre più indispensabile. D’altronde, come gli americani ormai ben sanno, la costruzione di nuove carceri non avviene senza il coinvolgimento del privato, del suo danaro e dei suoi interessi. E ciò innesca quel meccanismo di commistione pubblico-privato nella gestione e nella funzione della pena che produce sempre più penalità e sempre più detenuti, a vantaggio del profitto di pochi e contro l’interesse di tutti gli altri, liberi o ristretti che siano. Impariamo dai fallimenti altrui: non costruiamo nuove carceri, ma chiudiamo a monte quel rubinetto che produce un flusso di detenuti sempre più forte. Eliminiamo le nostre norme carcerogene (la Bossi-Fini sull’immigrazione e tutte le altre norme che puniscono chi è scappato dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione e dalla disperazione, solo perché non vuole farvi ritorno; la Fini-Giovanardi che colpisce crudelmente e inutilmente i consumatori e i piccoli spacciatori di droga leggera; la ex-Cirielli che sostituisce in tema di recidiva l’arbitrio legislativo alla discrezionalità del giudice) e invertiamo la rotta della carcerazione di massa italiana. Forse siamo ancora in tempo.
*Docente di Sistemi giuridici comparati presso l’Università del Piemonte Orientale. Autrice de "Il terzo strike. La prigione in America" (Sellerio) Giustizia: contro i suicidi "servizio ascolto" agenti penitenziari
Il Tempo, 27 gennaio 2010
Un "Servizio di ascolto" composto da poliziotti penitenziari per far fronte al rischio suicidi tra i detenuti nelle sovraffollate carceri italiane. A disporne l’istituzione è una circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria predisposta dalla direzione generale detenuti e sottoscritta dal capo del Dap Franco Ionta. Dall’inizio del 2010 sono già sette i detenuti che si sono tolti la vita. "Senza dubbio - premette la circolare - le condizioni di sovraffollamento in cui gravano gli istituti penitenziari italiani rendono difficile assicurare ogni intervento puntuale ed immediato che possa efficacemente contrastare il drammatico verificarsi di episodi autolesionistici e, nella peggiore delle ipotesi, suicidari". Tuttavia il Dap ritiene "indispensabile indirizzare ogni sforzo" così da "arginare l’attuale, impellente emergenza". In realtà spetterebbe ad altri, e non ai poliziotti penitenziari, il compito di valutare se un detenuto è a rischio suicidio ma - ammette il Dap - "nella prassi, anche a causa delle note carenze, le figure professionali istituzionalmente deputate all’assistenza psicologica del detenuto risultano (nelle ore pomeridiane, serali e notturne in cui più di frequente si verificano gli eventi a maggiore criticità) per lo più assenti o , comunque, non prontamente reperibili". In assenza di psicologi, il Dap prende pertanto atto che "la funzione di supporto psicologico e umano è spesso delegata al personale di polizia penitenziaria la cui assidua e costante presenza all’interno delle sezioni detentive nell’arco delle 24 ore rappresenta una risorsa utilmente spendibile e tale da assicurare ogni intervento di sostegno diretto ed immediato", anche se ciò non rientra nei compiti primati dei poliziotti penitenziari. Il neo-istituito "servizio di ascolto" per prevenire il rischio suicidi tra i detenuti sarà composto - è scritto nella circolare - da "personale di polizia penitenziaria e dell’area educativa, ed integrato da appartenenti al volontariato". L’unità avrà il compito di "soccorrere il detenuto in situazioni di imminente criticità in cui non sia possibile l’intervento immediato di professionisti esperti, attraverso l’attivazione di dinamiche comunicative finalizzato al sostegno del soggetto in difficoltà, all’individuazione di problematiche specifiche e delle necessarie misure di urgenza, secondo linee guida" che saranno emanate dalla direzione detenuti del Dap. Ovviamente i poliziotti penitenziari dovranno acquisire conoscenze e competenze "ad hoc" e dunque, nella circolare vengono sollecitati i direttori delle carceri a individuare quattro-cinque ispettori o sovrintendenti di polizia penitenziaria che dovranno frequentare corsi formativi presso l’Istituto superiore di studi penitenziari al termine dei quali saranno operativi nel "servizio di ascolto" per prevenire il rischio-suicidi. Giustizia: Manconi; intervento tardivo e mancano gli psicologi
Agi, 27 gennaio 2010
Ne da notizia Luigi Manconi, presidente dell’associazione "A Buon Diritto". Il 21 gennaio il capo dell’amministrazione penitenziaria ha diramato una circolare in cui si invitano i direttori delle carceri a organizzare corsi di formazione contro i suicidi. "Il 21 gennaio il capo del Dap Ionta ha firmato una circolare interna al dipartimento per sollecitare la istituzione di corsi di formazione tra gli agenti penitenziari al fine di prevenire atti di autolesionismo e suicidi". Ne da notizia Luigi Manconi ai microfoni di CNRmedia, Luigi Manconi, presidente dell’associazione "A Buon Diritto". "Finalmente - continua Manconi - dopo l’anno più orribile nella storia del sistema giudiziario con il record di 72 suicidi nel 2009, il capo dell’amministrazione si è accorto che qualcosa non va. Ma si tratta comunque di un provvedimento tardivo e che richiede tempi lunghi. In realtà, il vero problema è la cronica mancanza di psicologi nelle carceri. Una carenza tanto grave che si può riassumere con questo solo dato: oggi i pochi psicologi in servizio nelle carceri possono dedicare solo dieci minuti al mese per ciascun detenuto, con quali effetti sulla prevenzione dei sucidi è facile immaginare". Giustizia: direttore Secondigliano; il lavoro può evitare i suicidi
Agi, 27 gennaio 2010
"Dietro ogni suicidio in carcere ci sono storie di uomini e donne che hanno dei problemi ingigantiti dallo stato di privazione di libertà personale. Ma io vorrei sottolineare quante di queste situazioni vengono invece in qualche modo scongiurate all’interno dei penitenziari". A dirlo Liberato Guerrieri, direttore del centro penitenziario napoletano di Secondigliano, commentando i 9 suicidi avvenuti dietro le sbarre in Campania nel corso del 2009. Carceri che si trovano anche ad affrontare problemi di scarsità di risorse, dal momento che "risentiamo un po’ in generale delle restrizioni della spesa pubblica nelle attività trattamentali. La spesa sociale è quella che ne risente, anche ad altri livelli, e il carcere è uno di questi capitoli", dice. Il penitenziario di Secondigliano ospita circa 1200 detenuti, "ma tante persone, circa la metà, sono in attesa di giudizio e per questo c’è un discorso particolare da fare", spiega Guerriero. "Il detenuto condannato è avviato a dei percorsi trattamentali di rieducazione, il detenuto in attesa di giudizio invece noi presumiamo che sia innocente, e quindi qui si dovrebbe lavorare. Ciò per evitare che queste persone possano subire dei danni", conclude. Giustizia: Osapp; servizio ascolto suicidi? già ora pochi agenti
Ansa, 27 gennaio 2010
Una "toppa a colori" che "serve solo a compensare il fallimento dell’Amministrazione penitenziaria e dello Stato rispetto al dramma dei suicidi tra i detenuti". Così Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria (Osapp), commenta, negativamente, la circolare del capo del Dap, Franco Ionta, che ha istituito nelle sovraffollate carceri il "servizio ascolto" di polizia penitenziaria per prevenire il rischio suicidi. "Come al solito, quando l’Amministrazione fallisce si ricorre alla polizia penitenziaria, facendole svolgere un lavoro che non le compete. Già non basta quello che facciamo tra innumerevoli difficoltà per scarsità di personale?". "Se si vogliono attribuire alla polizia penitenziaria le funzioni di psicologi, educatori o medici, ben venga. Ma allora - aggiunge Beneduci - è necessaria una riforma del Corpo, quella riforma che chiediamo da oltre 20 anni. Altrimenti si continuano ad attribuire ai poliziotti penitenziari responsabilità ulteriori senza riconoscimenti di carriera ed economici adeguati". Giustizia: Ionta; nessun ostacolo visite dei cronisti nelle carceri
Agi, 27 gennaio 2010
"Non esistono ragioni ostative per l’ingresso degli organi di informazione in carcere". Lo scrive il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Franco Ionta, in una lettera al quotidiano "Il Manifesto" che nelle scorse settimane, con l’associazione Antigone, aveva lanciato, per le visite della stampa in carcere, un appello sottoscritto da 300 persone, tra cui Roberto Saviano, Rita Levi Montalcini, Stefano Rodotà e Valerio Onida. "L’Amministrazione penitenziaria - sottolinea Ionta - sostiene e promuove con determinazione la attività di comunicazione e informazione sul sistema carcere, nella convinzione che il dovere di informare e il diritto dell’opinione pubblica ad essere informata sulle condizioni del sistema penitenziario nel suo complesso si debba tradurre in atti concreti". L’accesso della stampa in carcere, ricorda il capo del Dap, "non incontra limiti normativi, esso è disciplinato da circolari". Nel 2009 il Dap ha emanato circa 830 autorizzazioni per l’ingresso in carcere agli organi di informazione e, dall’inizio del 2010, sono già 40 le autorizzazioni concesse. "Alcuni limiti - spiega Ionta - riguardano le modalità di accesso all’interno degli spazi detentivi che pure, negli ultimi tempi, sono stati rimossi rispetto alle limitazioni imposte in passato. Si fa riferimento all’accesso all’interno delle camere detentive soprattutto per quanto riguarda le riprese televisive. Tali limiti di accesso - conclude Ionta - quando presenti, sono motivati da esigenze che attengono alla sfera della privacy delle persone detenute e alle esigenze di sicurezza valutate dai direttori delle strutture penitenziarie e dalla sede centrale del Dipartimento". Giustizia: Ionta; presto nomina a Commissario per l'emergenza
Ansa, 27 gennaio 2010
"È noto che il Consiglio dei ministri ha decretato lo stato di emergenza nazionale per il problema penitenziario: è in via di emanazione un’ordinanza con la quale il capo del dipartimento verrà nominato anche commissario delegato per l’esecuzione". Lo ha detto lo stesso capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, rispondendo ai giornalisti sulla situazione del sovraffollamento nelle carceri italiane, a margine della firma di un’intesa tra Ministero della giustizia e Regione Toscana, siglata oggi a Firenze. "È un progetto molto ambizioso quello che mi avvio a realizzare - ha poi aggiunto Ionta: riguarda la creazione di circa 20 mila posti in tre anni con una spesa, per il solo 2010, di oltre 500 milioni di euro". Giustizia: Agenzia per promozione Diritti umani, costa 8 mln €
Ansa, 27 gennaio 2010
Una nuova agenzia, per la promozione e la tutela dei diritti umani, che possa suggerire piani di azione al governo ma anche segnalare, fatti e persone all’autorità giudiziaria. Con un presidente, scelto d’intesa tra il presidente di camera e senato, 4 componenti, nominati dal parlamento, e stipendi che non potranno superare quello rispettivamente dei presidenti e dei membri delle authority, all’incirca sui 400 mila euro l’anno. E poi, consulenze esterne fino a una spesa annua di 250 mila euro ciascuna e personale preso in prestito da altre amministrazioni. La nuova struttura, che potrà utilizzare gli uffici già esistenti per gli stessi scopi presso amministrazioni centrali e locali, potrà contare su un fondo annuo di 8 milioni di euro. Tutti d’accordo, sulla nuova agenzia: in commissione affari costituzionali di Palazzo Madama è iniziata la discussione dei due analoghi disegno di legge del Pdl e del Pd. (Nell’ambito dell’Agenzia dovrebbe essere istituito anche il Garante nazionale dei diritti dei detenuti - nd.r.) Giustizia: 2.000 agenti in più entro l’anno, promessa di Alfano
Asca, 27 gennaio 2010
Il ministro della Giustizia ha illustrato ai sindacati di Polizia penitenziaria il proprio piano per rinforzare il personale nelle prigioni - Soddisfazione e qualche perplessità tra i rappresentanti delle sigle che hanno partecipato alla riunione. L’assunzione di duemila poliziotti penitenziari in tempi brevissimi, e comunque entro il 2010, con la riduzione da un anno a sei mesi dei corsi di formazione: è la garanzia data dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ai sindacati di polizia penitenziaria. Il Guardasigilli li ha incontrati ieri, assieme al Capo del Dap Franco Ionta, per illustrare il piano straordinario di edilizia penitenziaria varato nelle scorse settimane dal Consiglio dei ministri. Il ministro - riferiscono i sindacati - ha ribadito che il piano carceri, con la dichiarazione dello stato di emergenza, prevede la realizzazione in tre anni di oltre 21 mila nuovi posti: i posti saranno distribuiti in 47 padiglioni e in 18 nuovi penitenziari, di cui 10 "flessibili" (probabilmente di prima accoglienza o destinate a detenuti con pene lievi), per un totale di 1,5miliardi di euro, di cui 600 milioni già stanziati in Finanziaria. I principali sindacati, Sappe e Osapp, seppure con diverse sfumature, si dicono soddisfatti per la garantita assunzione di duemila agenti (finanziata con 60 milioni di euro) e per il previsto sblocco del turnover che dovrebbe consentire l’ingresso di altri 1.600 - 1.800 nuovi agenti nei prossimo tre anni. Tuttavia i sindacati non mancano di esprimere "perplessità" sui tempi tecnici per costruire le nuove carceri: "21 mila posti in tre anni è un obiettivo ambizioso e il rischio è di non centrarlo o di non avere personale per far funzionare le nuove carceri", dichiara Leo Beneduci, segretario dell’Osapp. "Il ministro Alfano mi ha convito - commenta invece Donato Capece, segretario generale del Sappe - Speriamo di portare a casa altre risorse e al governo chiediamo un ulteriore sforzo per una riforma strutturale con più misure alternative, ricorso al braccialetto elettronico e soprattutto più espulsioni di stranieri come già avviene nella Spagna di Zapatero". Ai sindacati non è stato fornito un elenco dettagliato dei luoghi dove (anche grazie a misure di esproprio) saranno costruiti padiglioni o nuove carceri: prima il capo del Dap, Franco Ionta, dovrà essere nominato Commissario delegato con un decreto della Presidenza del Consiglio e solo successivamente, entro 30 giorni, provvederà a render noto l’elenco delle strutture che realizzerà servendosi della Protezione civile servizi Spa come braccio esecutivo. I sindacati hanno in ogni caso espresso unanime apprezzamento per una misura deflattiva annunciata da Alfano, vale a dire la "messa alla prova" di imputabili di reati fino a tre anni di pena che in questo modo saranno avviati a lavori socialmente utili. "Non abbiamo però ricevuto alcuna risposta - conclude Beneduci - alla richiesta di procedere alla riforma della polizia penitenziaria e alla domanda su cosa avverrà della giustizia minorile di cui ci risulta un imminente smembramento con conseguente trasmigrazione di competenze". Giustizia: Cgil; assunzioni non bastano, aumentate ore lavoro
Agi, 27 gennaio 2010
"Non possiamo che esprimere la nostra insoddisfazione per la poca concretezza delle risposte alle questioni da noi sollevate, e per l’intempestività dei provvedimenti presi. Reputiamo insufficienti le misure adottate e gli interventi declinati dal ministro con la dichiarazione di stato di emergenza ed il famoso piano carceri". Lo dichiara Francesco Quinti, responsabile nazionale comparto sicurezza della Fp CGil, in riferimento all’incontro tenutosi oggi tra il Guardasigilli Angelino Alfano e le organizzazioni sindacali del personale di polizia penitenziaria, confermando lo stato di agitazione già proclamato lo scorso 11 gennaio. Quelle del ministro della Giustizia, aggiunge Quinti in una nota, sono "risposte che a nostro giudizio rimandano la soluzione dei problemi, non offrono rimedi per l’immediato e gettano ulteriori ombre sulla tenuta del sistema penitenziario e del mondo del lavoro. Benché sia ritenuto universalmente necessario un intervento, nulla di incisivo e tangibile è stato fatto per contrastare il sovraffollamento delle carceri, gravate da un surplus che supera ormai i 25mila detenuti, a fronte di una carenza di organico di 6mila unità che non potrà mai essere colmata dall’annuncio del piano di assunzione di 2.000 poliziotti, che peraltro, aldilà delle dichiarazioni, a noi risulta essere ben più ridotto nel numero e spalmato nel quadriennio 2010-2013? Inoltre, sottolinea Quinti, "la nostra organizzazione non può accettare il silenzio del ministro sull’innalzamento dell’orario di lavoro da 36 a 42 ore, elemento che rende ancor più difficile il nostro lavoro". Giustizia: Sappe; siamo fiduciosi nel "piano carceri" di Alfano
Il Velino, 27 gennaio 2010
"Il ministro Alfano - spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo Polizia penitenziaria Sappe - ci ha detto che il Piano carceri avrà un costo complessivo di 1,5 miliardi euro, prevedendo l’edificazione di 18 nuove carceri di cui 10 flessibili (probabilmente di prima accoglienza o destinate a detenuti con pene lievi) e di 47 nuovi padiglioni affiancati a strutture carcerarie già esistenti. Questi interventi porteranno, complessivamente, alla realizzazione di più di 20mila nuovi posti negli Istituti penitenziari. Altre novità sono alcune misure deflattive che prevedono, da un lato, la possibilità di scontare con i domiciliari l’ultimo anno di pena residua ad eccezione di coloro che sono stati condannati per reati gravi e, dall’altro, la "messa alla prova" delle persone imputabili per reati fino a tre anni che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità per riabilitarsi con conseguente sospensione del processo". "Importante - sottolinea il segretario del Sappe - è anche l’assunzione di duemila nuovi agenti di Polizia penitenziaria in tempi rapidissimi, con riduzione dei corsi di formazione a sei mesi. Il Guardasigilli ci ha anche parlato della norma prevista in Finanziaria per finanziare il sistema dello giustizia attraverso lo stesso sistema. Sanzioni e spese di giustizia (per una stima di circa 60 milioni di euro) saranno destinate a capitolo di bilancio della Giustizia con quota parte riservata alle assunzioni Polizia penitenziaria. Rispetto a tutto ciò ho espresso la fiducia del Sappe nel piano carceri e ho chiesto al ministro e al governo un ulteriore sforzo per una riforma strutturale sistema penitenziario con più misure alternative, braccialetto e soprattutto espulsioni come già avviene in Spagna". Capece ha infine chiesto al ministro Alfano "di recuperare all’interno del Piano carceri tutti gli idonei e non idonei dei concorsi riservati alle Forze armate e in particolare il suo impegno per una soluzione del contenzioso che vede coinvolti i neo Agenti di Polizia Penitenziaria del 160esimo e 161esimo corso che rischiano di essere licenziati per effetto di un ricorso amministrativo". Giustizia: Cisl: bene piano Alfano, ma servono più assunzioni
Italpress, 27 gennaio 2010
"Bene il progetto di aumento della capienza della carceri che comporterà 20 mila posti in più, ma occorre investire anche per incrementare gli organici e la produttività del personale dell’amministrazione penitenziaria". Così il segretario nazionale della Cisl Fp Paolo Bonomo ha commentato il "piano carceri" che il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha presentato stasera alle parti sociali. Per Bonomo, se è "positivo il progetto di sviluppo edilizio attraverso l’ampliamento delle strutture carcerarie esistenti e la creazione di nuove strutture", restano tuttavia aperte le questioni relative al sottodimensionamento del personale in relazione al numero dei detenuti: "basta guardare al rapporto tra detenuti ed educatori, a quello tra assistenti sociali ed utenza o più in generale fra personale amministrativo e popolazione carceraria: poco più di 6 mila unità in servizio (su un organico che supera di poco i 7 mila) per circa 60 mila ospiti delle strutture di detenzione". "Occorre provvedere da subito a nuove assunzioni - ha sottolineato Bonomo - ma anche riqualificare ed incentivare i dipendenti in servizio, ampliando le figure in organico ed incrementando il fondo per la produttività (Fua) in modo da consentire un salario accessorio vero, visto che oggi è pari a circa 300 euro medi all’anno. È evidente che in un settore strategico per la convivenza civile come quello penitenziario, non si possa parlare di incentivazione partendo da queste cifre". Da questi lavoratori - ha concluso il segretario - "dipendono infatti tutte le funzioni non immediatamente connesse alla custodia ed essenziali per il funzionamento di un moderno sistema carcerario: dal recupero al trattamento dei detenuti, dalla contabilità alla manutenzione delle strutture". Giustizia: Uil; nel "piano carceri" di Alfano elementi ottimismo
Ansa, 27 gennaio 2010
"Mi pare di poter dire che questo piano carceri abbia in se qualche elemento concreto che ci fa guardare al futuro con maggiore ottimismo’. È il commento di Eugenio Sarno, segretario della Uil Penitenziari a seguito dell’incontro con il Guardasigilli che nel pomeriggio ha illustrato il piano carceri ai sindacati. Sarno - si legge in una nota - ha esaminato le proposte illustrate, osservando che "il piano di edilizia penitenziaria deve conseguire anche l’obiettivo di contenere la movimentazione di detenuti che finisce per gravare sui carichi di lavoro del personale e che occorre uno studio analitico della macro aree dove si afferma una maggiore presenza di detenuti movimentati ovvero Campania, Lombardia, Sicilia ed Emilia". Un giudizio sostanzialmente favorevole è stato espresso anche sulle normative di accompagnamento, benché è stato sottolineato con chiarezza che bisogna intervenire sulla riforma della giustizia per strutturare "quelle condizioni che vi impediscano di varare quello che sarebbe il 31° atto di clemenza" della storia della Repubblica. Lettere: come mai problema delle carceri è sparito dai media? di Bernardo Aiello
Aprile on-line, 27 gennaio 2010
È sparito dai media il problema delle carceri: l’approvazione del piano Alfano ha funzionato da anestetico delle coscienze dei cittadini nei riguardi di questa vergognosa manifestazione di italica barbarie, che non trova confronto alcuno in altri Paesi appartenenti al dorato mondo dell’opulenza occidentale. Sarebbe, invece, più appropriato seguire l’evolversi della situazione nei penitenziari per verificare il porsi adeguata soluzione allo stato di emergenza proclamato dal Governo. Ci si aspetterebbe dal ministro Angelino Alfano e dal commissario delegato dott. Franco Ionta innanzitutto una prima comunicazione sull’avvenuto "disaffollamento" delle strutture penitenziarie grazie all’applicazione delle misure transitorie alternative alla carcerazione, quali la messa alla prova in lavori di pubblica utilità ed i domiciliari per l’ultimo anno di pena residuo. Nel contempo potrebbe essere redatto un programma temporale sia per la realizzazione di nuovi padiglioni in strutture già esistenti sia per la realizzazione di nuove carceri, programma che dovrebbe portare in tempi brevi ad una adeguata capienza. Un poco come ha fatto il dottor Bertolaso nel suo intervento d’emergenza per il terremoto d’Abruzzo. E, superata l’emergenza, sempre come per l’Abruzzo, resterebbe il problema a lungo termine, ossia, nel caso delle carceri, quello di "ripensare" l’attuale applicazione della reclusione, assolutamente lontana dall’obiettivo del recupero dei detenuti; e ciò anche per l’organizzazione, per la vetustà e per la fatiscenza di buona parte delle strutture penitenziarie. Potrebbe essere la comunicazione via Internet la più pratica e la più veloce da utilizzare per il neo commissario delegato dottor Ionta, al fine di consentire ai media di tenere sempre accesa l’attenzione sul problema da parte della pubblica opinione. Lettere: per far fronte ai suicidi servono poliziotti o psicologi?
Lettera alla Redazione, 27 gennaio 2010
Leggo con grandissimo stupore la notizia che il Dap intende predisporre un servizio di ascolto atto alla prevenzione dei suicidi formato da agenti penitenziari e personale educativo, a causa della carenza di psicologi cui è logicamente deputato questo servizio. Ci sembra un fatto gravissimo, oltre che assurdo che ai 39 psicologi si rifiuti l’assunzione e si deleghi il loro lavoro ai poliziotti penitenziari. Il ruolo dei poliziotti è legato alla sicurezza e con un corso non diventeranno di certo psicologi, né tanto meno esperti di consulenza in caso di eventi critici quali possono risultare gli stati che precedono un suicidio, legati a depressione o altri disturbi psicopatologici, che vanno dignosticati e valutati da un professionista psicologo. È noto a tutti coloro che operano o conoscono l’ambito penitenziario, che la figura dello psicologo riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione del suicidio in carcere come, per altro, indicato nella Circolare Amato del 30 dicembre 1987 n. 3233/5689 che istituisce il servizio Nuovi Giunti che ha quale principale finalità quella di prevenire suicidi, nonché gli atti auto ed etero-lesionistici in carcere. La Circolare del Dipartimento per l’Amministrazione penitenziaria del 6.6.2007, n. 181045 istituisce il "Servizio di prima accoglienza" rivolto ai detenuti provenienti dalla libertà per attenuare " gli effetti traumatici della privazione della libertà e di predisporre gli interventi a tutela della incolumità fisica e psichica conseguenti all’ingresso in Istituto". Tale circolare conferisce un ruolo centrale allo psicologo sia consulente sia di ruolo. Infine, il recente Dpcm 01.04.2008 ribadisce che venga prevista una "valutazione medica e psicologica di tutti i nuovi ingressi, da effettuarsi, se del caso, in più momenti temporali e per congrui periodi di osservazione; [...]tale valutazione è fatta dal medico di medicina generale del presidio, in collaborazione con lo psicologo e con il supporto degli accertamenti specialistici del caso". Tali prestazioni rientrano di diritto tra i livelli essenziali di assistenza come, per altro, esplicitamente indicato nel suddetto Dpcm. È evidente, ma non ci sarebbe neanche bisogno di citare le circolari dipartimentali, che la prevenzione dei fenomeni suicidari è uno dei compiti specifici dello psicologo in carcere ed è anche - permettetemelo - uno degli ambiti di intervento più delicati. Lo psicologo ha un ruolo cruciale ed essenziale che di certo non può essere sminuito pensando di far a meno di questa professionalità o rendendo altro personale pseudo-psicologo. Sarebbe assurdo che l’Amministrazione penitenziaria mettesse gli psicologi a sorvegliare le celle e a garantire la sicurezza in carcere, ma nessuno rimane allibito se si propone il contrario? Davvero è ormai incomprensibile il motivo per cui l’ Amministrazione Penitenziaria sta facendo i salti mortali pur di non assumere i 39 psicologi vincitori di concorso a fronte di una situazione di emergenza e di estrema carenza di questo personale.
Dott.ssa Maricristina Tomaselli Psicologa Penitenziaria Coordinatrice 39 psicologi vincitori di concorso Lettere: i detenuti, da varie carceri, scrivono a Riccardo Arena
www.radiocarcere.com, 27 gennaio 2010
La degradata galera di Agrigento. Caro Arena, abbiamo letto con piacere quanto hai scritto l’altra settimana sulla pagina di Radiocarcere del Riformista in merito al carcere di Agrigento. È tutto vero! Infatti siamo costretti a vivere in tre detenuti dentro celle chiamate cubicoli, fatte per ospitare solo un detenuto e grandi appena 6 mq. Celle non solo piccole, ma anche rovinate. Appena fuori piove, acqua dal soffitto, mentre le altre sono invase da infiltrazioni causate dalla rottura delle tubazioni. Anche il diritto alla salute qui è a rischio. Mancano le medicine e una adeguata assistenza sanitaria. Per il resto siamo abbandonati a noi stessi, senza lavoro e senza un supporto psicologico. Non a caso qui spesso ci sono tentativi di suicidio, altri sniffano il gas dalle bombolette ed altri ancora si tagliano le braccia. Sappi che anche che noi del carcere di Agrigento abbiamo protestato pacificamente contro le nostre precarie condizioni di vita. Il bello è che in tutto questo la magistratura di sorveglianza non fa che ignorarci. Io ad esempio ho quasi finito di scontare la mia pena di otto anni, ho trovato un lavoro all’esterno, ma ciò nonostante non riesco ad ottenere una misura alternativa. Ringrazio Il Riformista e te che ci date modo di far sentire la nostra voce.
Giuseppe dal carcere di Agrigento
La nostra vita al Marassi di Genova. Caro Riccardo, siamo otto detenuti del carcere Marassi di Genova. Otto detenuti che dividono la stessa piccola cella. Una cella dove per muoverci ognuno di noi ha a disposizione solo 90 centimetri. È dentro questo piccolo spazio che noi mangiamo, dormiamo, scriviamo e ci laviamo. Qui è tutto vecchio e rovinato. I materassi sono scaduti da 20 anni, e sia le brande che gli armadietti sono pieni di ruggine. La nostra cella è anche molto buia. Infatti le finestre sono piccole e, oltre alle sbarre, sono ricoperte da una fitta rete metallica che impedisce l’ingresso della luce del sole, tanto che molti di noi hanno seri problemi alla vista. Come se non bastasse soffriamo anche un gran freddo. Infatti il riscaldamento, pur essendoci, non viene mai acceso e forse pensano che sia inutile visto che, essendo in 8 in cella, ci posiamo riscaldare con i nostri respiri! Il vitto poi è immangiabile. Ti diciamo lo che per farci fare colazione, pranzo e cena, il carcere spende solo 3 euro e 40 centesimi a testa. Se poi un detenuto si sente male, lo può fare solo dalle 7.30 alle 8 del martedì, giovedì e sabato, perché negli altri giorni e alle altre ore non c’è nessuno. Insomma qui l’unica cosa che funziona è l’inserimento verso la depressione.
8 persone detenute nel carcere Marassi di Genova Toscana: salute, maternità e istruzione... diritti per i detenuti
In Toscana, 27 gennaio 2010
La creazione a Firenze di una struttura a custodia attenuata per detenute madri, la prospettiva di ospitare al "Solliccianino" gli internati toscani attualmente ospiti dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo, la creazione del Polo universitario penitenziario della Toscana: sono queste alcune delle azioni concrete contenute nella nuova intesa siglata oggi tra Regione Toscana, Ministero della giustizia e articolazioni regionali dell’Amministrazione penitenziaria. Una intesa a tutto campo, che ridefinisce, anche alla luce di nuove normative nazionali, relazioni, priorità, obiettivi e progetti che riguardano l’universo carcerario toscano. Il primo e fondamentale documento, quello siglato dal presidente Claudio Martini, dal capo Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Franco Ionta e dal capo Dipartimento per la giustizia minorile Bruno Brattoli, definisce le modalità della collaborazione istituzionale in una serie di ambiti: edilizia penitenziaria, salute in carcere, attività a favore di persone che stanno scontando la pena, negli istituti o all’esterno, di minorenni soggetti a misure penali e attività volte a migliorare il benessere del personale. Da questo derivano gli altri protocolli siglati dalle varie autorità presenti e per la Regione dall’assessore alle politiche sociali Gianni Salvadori. In primo luogo vale ricordare il documento che entra nel dettaglio della realtà regionale, affrontando nello specifico temi di rilievo come l’edilizia penitenziaria, le strutture di semilibertà e di accoglienza esterna, la promozione di comunità terapeutiche e riabilitative per i minori, le strutture a custodia attenuata per tossico e alcoldipendenti, le azioni in materia sociale, culturale, sportive, formative, dell’istruzione e del lavoro finalizzate al recupero e al reinserimento di detenuti e ex detenuti. Progetti specifici riguardano poi il sostegno della genitorialità, gli stranieri, i condannati autori di reati sessuali, i transessuali, per i quali è prevista l’utilizzazione dell’Istituto di Empoli. Ma se i progetti abbondano, non così è per le risorse a disposizione, molte delle quali vengono regolarmente anticipate dalla stessa Regione, 3,5 milioni di euro per le attività sanitarie e altre risorse dai vari settori coinvolti. Il protocollo impegna comunque le parti a reperirle anche attingendo alla Cassa delle Ammende, in cui giacciono 160 milioni di euro. Di particolare interesse la decisione di creare la sezione a custodia attenuata per le donne che abbiano con sé un bambino fino a tre anni. È già stata individuata la sede, uno stabile di via Fanfani a Firenze, di proprietà della Madonnina del Grappa, mentre il progetto formativo viene affidato all’Istituto degli Innocenti. Il nuovo Polo universitario penitenziario assicurerà invece ai detenuti la possibilità di accedere agli studi accademici secondo un percorso organizzato per aree vaste. In pratica i detenuti che vorranno utilizzare questa possibilità, anche stranieri e anche senza permesso di soggiorno, saranno internati nelle case circondariali di Prato, Pisa e San Gimignano, organizzate e attrezzate per consentire lo svolgimento dei piani di studio in collegamento con gli atenei di Firenze, Pisa e Siena. Infine il protocollo in tema di sanità prevede alcune azioni che rendono concreto il diritto alla salute in carcere: la Regione si impegna, ad esempio, a allestire su un camper un servizio diagnostico polispecialistico fornito di Tac, ecografia, elettrocardiografo e Rx spostabile nei diversi istituti, a organizzare ed attrezzare in ognuno di questi locali ad uso sanitario, ad attivare tre poli di ricovero ospedalieri in cui allestire reparti ospedalieri penitenziari o stanze di degenza protetta, mentre ogni Azienda sanitaria adotterà una specifica Carta dei servizi. Toscana: Cisl; detenuti sono 30% in più, bisogno di personale
La Repubblica, 27 gennaio 2010
"La Toscana ha il 30% in più dei detenuti che potrebbe gestire e un organico di polizia penitenziaria carente di circa 800 persone": la denuncia è della Cisl - Federazione nazionale della sicurezza che riferisce anche che domani la Regione e l’amministrazione penitenziaria toscana firmeranno un protocollo d’intesa. Stando a indiscrezioni (non confermate), nell’ambito di quell’accordo potrebbe essere inserito l’ampliamento del carcere fiorentino di Sollicciano. "Vogliamo che il ministro Alfano non dimentichi che possiamo ristrutturare le carceri esistenti e possiamo realizzarne di nuove - scrive il segretario generale del sindacato Fabrizio Ciuffini - ma se non assumiamo nuovo personale, nulla potrà essere fatto. In Toscana i circa 2.250 poliziotti penitenziari sono stanchi di promesse e hanno bisogno di fatti per garantire al meglio la sicurezza". Secondo il documento della Cisl ci sarebbero allo studio diversi cambiamenti organizzativi sugli istituti: "Empoli dovrebbe avviare le attività con detenuti transgender", Pontremoli (Massa Carrara) "passerà dall’amministrazione penitenziaria alla giustizia minorile per ospitare detenuti dalla Liguria", il "Gozzini" più conosciuto come "Solliccianino", potrebbe avere come "nuova destinazione quella di essere l’ospedale psichiatrico giudiziario" al posto di Montelupo. Quest’ultimo a sua volta, potrebbe trasformarsi in casa circondariale per 250 persone. "Sono soltanto ipotesi messe sul tavolo e nemmeno discusse" frena il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Giuffrida. Invece certo, nei prossimi mesi (a marzo probabilmente), l’arrivo dei primi detenuti transgender nell’istituto di Empoli. "Quello che è necessario - spiega Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti per il Comune di Firenze - è un piano regionale, l’apertura di un tavolo con tutte le componenti interessate in modo che si affronti la questione carceraria in maniera organica e non con iniziative slegate o sporadiche". Sulmona: Interrogazione Lolli (Pd); Casa di Lavoro va chiusa
Agi, 27 gennaio 2010
L’on. Del Pd Giovanni Lolli ha depositato una interrogazione al Ministro della Giustizia in relazione alla Casa di lavoro nel carcere di Sulmona per chiederne la chiusura o, quanto meno, la considerevole riduzione del numero degli internati. La Casa di lavoro nel carcere di Sulmona è divenuta progressivamente la più grande d’Italia - vede 205 internati ed è previsto l’arrivo di altri 200 internati nei prossimi mesi - la considerevole carenza di personale (si calcola una carenza di personale del 30 per cento dell’organico necessario) rende impossibile - spiega una nota - la convivenza della più grande casa lavoro d’Italia con un carcere che vede la contestuale presenza di circuiti giudiziari (alta sicurezza, detenuti comuni, internati, internati 41-bis e collaboratori). È evidente che l’impegno del personale in entrambe le funzioni rende impossibili le condizioni di permanenza sia di detenuti che di internati. A causa dell’elevato numero di ristretti nella struttura, infatti - prosegue la nota - il rapporto tra operatori carcerari e internati risulta difficoltoso; stante l’inidoneità della struttura, gli internati sono gestiti come detenuti e vengono concesse loro solo 4 ore d’aria nell’arco della stessa giornata le restanti 20 ore vengono trascorse all’interno delle stanze di detenzione poiché la maggioranza di essi non lavora e molti di loro iniziano a svolgere un’attività lavorativa dopo 4-5 mesi di internamento e per periodi limitati. Empoli: apre primo carcere per trans; commenti e polemiche
Ansa, 27 gennaio 2010
Il Provveditore toscano dell’Amministrazione penitenziaria, Maria Pia Giuffrida, ha annunciato che entro un paio di giorni saranno conclusi i lavori di adeguamento del carcere Pozzale di Empoli dove già a fine marzo potrebbero esservi trasferiti circa 30 detenuti "trans" che al momento sono ospitati in un’ala dedicata del penitenziario di Sollicciano a Firenze. Giuffrida ha presentato la nuova struttura di Empoli incontrando i trans nel carcere di Sollicciano: Mi sono sembrati tutti molto soddisfatti per questa novità, ha poi riferito. La struttura è ricavata da un’ex carcere femminile a custodia attenuata. Sono stati fatti adeguamenti al sistema idraulico e a quello elettrico - ha aggiunto il provveditore regionale - e sono stati anche ridefiniti i livelli di sicurezza dell’istituto che prima, essendo carcere a custodia attenuata, erano minori rispetto alle prossime necessità. In vista dell’arrivo dei trans sono anche stati avviati dei corsi di aggiornamento per il personale. Ci saranno agenti di polizia penitenziaria donne ma la maggior parte saranno maschi, precisa Giuffrida e proseguono anche gli incontri con la Asl. Inoltre, la struttura per trans avrà un orto e una biblioteca. Vi si svolgeranno anche attività scolastiche.
Meno di 100 i detenuti transessuali nelle carceri italiane
Sono meno di un centinaio, su un totale di oltre 65mila, i detenuti transessuali nelle carceri italiane. Per essi il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha avviato già da qualche tempo un programma che, seppure nelle difficili condizioni di sovraffollamento, possa risolvere il dilemma di una loro collocazione in reparti né femminili né maschili. Nel penitenziario romano di Rebbibia è infatti già attivo un reparto ad hoc per trans, mentre nel carcere Pozzale di Empoli saranno presto trasferiti i circa 30 detenuti transessuali che attualmente si trovano a Firenze Sollicciano. Terminata la ristrutturazione dell’ex carcere femminile a custodia attenuata di Empoli (sono in fase di ultimazione il rafforzamento delle mura di cinta e altri interventi strutturali), il carcere verrà attivato e vi saranno destinati una quarantina di agenti penitenziari, sia donne che uomini (ma solo questi ultimi lavoreranno in sezione). Oltre alla struttura toscana e alla già attiva sezione di Rebibbia, il Dap non ritiene che sarà necessario in futuro aprire nuove carceri ad hoc per trans. Al più - viene fatto notare - si potrà provvedere ad allestire un’altra sezione per trans in un carcere del Triveneto.
Arcigay: positivo esperimento di Empoli
"L’annuncio che tra pochi giorni sarà riaperto il carcere di Empoli adeguatamente risistemato, per accogliere una trentina di persone trans attualmente ospitate nel penitenziario di Firenze è una buona notizia, che concretizza un lavoro svolto in questi anni tra l’Amministrazione toscana e le associazioni trans del territorio, in particolare con Trans Genere, Ireos e Mit". Lo afferma Aurelio Mancuso presidente nazionale Arcigay. "Questo progetto pilota, che intende in primo luogo togliere da indebite restrizioni le persone trans detenute, che in quanto tali devono subire nelle carceri italiane diverse limitazioni e discriminazioni, si propone anche di favorire un’azione di presa in carico delle persone trans e di compiere, in collaborazione con le istituzioni e le associazioni un lavoro di integrazione e avvio all’occupazione. Proprio un anno fa, su richiesta delle detenute trans, ho visitato il repartino trans di Rebibbia, raccogliendo le diverse richieste di aiuto e di migliorie da parte di persone, che pur in un ambiente dove la direzione si è dimostrata collaborativa, soffrono doppiamente rispetto agli altri detenuti. Spero vivamente che il progetto di Empoli possa nel tempo esser seguito in altre città italiane", ha concluso Mancus.
Concia (Pd): carceri per trans atto di civiltà
"Mi sembra un atto di civiltà, i transessuali hanno spesso molte difficoltà in carcere". Lo ha dichiarato Paola Concia (Pd), a proposito dell’apertura a giorni di una sezione del carcere Pozzale di Empoli riservata ai transessuali. "Se fosse stata una misura presa per ghettizzarli non sarebbe giusta, - ha aggiunto - ma credo che lo facciano piuttosto per proteggerli. Se si dimostrasse una buona prassi, credo che quest’esperimento dovrebbe essere ripreso da molte altre carceri", ha concluso.
Luxuria: è cosa buona dare dignità a persone
"Si tratta di dare dignità alle persone, è una cosa buona". Così Vladimir Luxuria ha commentato la decisione di aprire un carcere riservato ai trans ad Empoli, ricordando che il problema della discriminazione delle detenute trasgender all’interno delle carceri è stato il suo primo argomento di intervento al question time al governo Prodi. "Da deputato ho visitato numerosi istituti: da Rebibbia a Poggioreale, con l’unica eccezione dell’eccellenza di Belluno, in realtà in tutte le carcere i trans sono penalizzati e oltre il reato devono scontare la loro identità sessuale. Ad esempio - ha aggiunto - nel reparto G8 di Rebibbia ai trans erano concesse soltanto due ore di aria a settimana, con limitazioni di accesso agli spazi comuni come la biblioteca, con la giustificazione del pericolo della promiscuità. In realtà si trattava di una discriminazione, come anche la sospensione forzata trattamento ormonale, che scatena una serie di reazioni che sfociano nell’autolesionismo". "Se c’è un istituto penitenziario in cui intanto gli agenti sanno con chi hanno a che fare perché hanno fatto dei corsi di preparazione, se ci sono carceri dove si consente la continuazione dei trattamenti ormonali e dove non si è discriminati è una buona cosa. E non si tratta di non è un hotel a 5 stelle - ha concluso - come qualcuno ha detto". Livorno: la madre di Lonzi al Procuratore; non mi arrenderò
Il Tirreno, 27 gennaio 2010
Mezz’ora di colloquio fra il procuratore della Repubblica Francesco De Leo e Maria Ciuffi, la madre di Marcello Lonzi, accompagnata dal suo legale, l’avvocato Matteo Dinelli. L’incontro è stato chiesto naturalmente dalla mamma del detenuto morto alle Sughere l’11 luglio del 2003, a pochi giorni di distanza dal deposito della consulenza medica che, di fatto, esclude che la causa del decesso di Lonzi sia stato un pestaggio, come invece ipotizzato dalla madre dell’uomo. "Al procuratore - dice Maria Ciuffi - ho voluto dire con grande chiarezza che, anche se ci sarà un’archiviazione di questa indagine, io non rinuncerò alla mia battaglia. Andremo a Strasburgo, alla Corte europea. Ma da me non avranno pace". L’avvocato Dinelli ha ribadito che, una volta acquisita la consulenza, "sarà bene esaminare tutti gli atti con la massima calma, senza la fretta di voler chiudere l’inchiesta". E ha confermato, come avevamo già scritto nei giorni scorsi, la volontà di far valutare attentamente la consulenza firmata dalle dottoresse Floriana Monciotti e Laura Vannuccini dell’Università di Siena da un consulente medico di parte. Napoli: Secondigliano; un laboratorio per i detenuti giardinieri
Agi, 27 gennaio 2010
Un laboratorio di giardinaggio per i detenuti all’interno del centro penitenziario di Secondigliano, a Napoli. È il progetto realizzato dalla direzione del carcere in collaborazione con l’amministrazione municipale partenopea per la produzione di piante ornamentali, la coltivazione di piante stagionali e arbusti della flora mediterranea. L’iniziativa è rivolta per il momento a dieci detenuti e si divide in due fasi: una prima parte teorica, gestita da agronomi e periti agrari del comune, e un secondo momento pratico, coordinato da giardinieri del servizio Gestione grandi parchi urbani dell’assessorato comunale all’Ambiente. Le piante frutto del lavoro dei carcerati andranno ad arricchire le aiuole del penitenziario e quelle di giardini e parchi pubblici. Una parte sarà anche distribuita in villa comunale, a Napoli, nel corso di una manifestazione pubblica. Un progetto che, secondo il sindaco Rosa Russo Iervolino, può "aiutare a realizzare un piccolo sogno, quello di vedere in fiore tutti i balconi della città, come accade in Austria, in Svizzera, in Trentino. È un’iniziativa che punta sulla volontà dei detenuti di imparare un mestiere, di rendersi utili. Speriamo che altri seguano l’esempio". Soddisfatto anche il direttore dell’istituto, Liberato Guerriero, che sottolinea il fatto che si parli di carcere in chiave positiva. "L’idea - spiega - è quella di dare a queste persone un’opportunità per vedere il proprio futuro in maniera più serena". Guerriero lancia anche un appello per dare in gestione la falegnameria presente all’interno del penitenziario, assumendo dei detenuti: "poi, quello che produce verrebbe gestito direttamente da lui". Roma: presidente Commissione regionale, visita Regina Coeli
Dire, 27 gennaio 2010
Il presidente della Commissione Regionale, Luigi Canali, ha visitato stamani il carcere romano di Regina Coeli. Ad accompagnare il presidente, lo staff del Garante dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. Nel corso della sua visita Canali - che nei giorni scorsi si era recato anche nella sezione per minorati psichici del carcere di Rebibbia - si è soffermato in maniera particolare all’interno del Centro Clinico del carcere romano. Qui il presidente della commissione regionale sanità si è intrattenuto con il direttore del reparto medico Andrei Franceschini e con il dottor Pompili, della Asl di zona, che sta predisponendo un progetto per il potenziamento del personale paramedico del Centro. "La pena che un individuo deve scontare per aver commesso un reato è la perdita della libertà ma questo non comporta la perdita dei diritti fondamentali di ognuno, primo fra tutti quello alla salute - ha detto Canali al termine della visita. Credo che sia giusta l’impostazione data al suo lavoro dal Garante Angiolo Marroni, all’insegna dell’umanizzazione del carcere. Per quanto ho visto, a Regina Coeli molto è stato fatto in questo senso, ma anche così la struttura non garantisce quegli standard di trattamento che una società moderna dovrebbe garantire. Per questo sono d’accordo con il Garante quando auspica di ampliare la nuova cittadella giudiziaria di Rebibbia e di chiudere il carcere di Regina Coeli, trasformando questa storica struttura in un grande polo di attrazione culturale della capitale". Busto Arsizio: "Dolci evasioni" e il cioccolato nasce in carcere
La Provincia di Varese, 27 gennaio 2010
Dal laboratorio alla produzione artigianale su scala industriale, il carcere di Busto si prepara a diventare una fabbrica di cioccolato di tutto rispetto. Il progetto dovrebbe partire a metà febbraio grazie all’impegno di un’azienda milanese che ha coinvolto nell’operazione anche il carcere di Opera; ma la struttura è già in fermento. Sarà la palestra interna alla struttura, inutilizzata da anni, ad ospitare i macchinari della nuova linea di produzione che a pieno regime dovrebbe coinvolgere 40 addetti tra i detenuti già condannati almeno in primo grado (escluse, quindi, le persone in carcere per custodia cautelare). "Si tratta di un progetto di lungo periodo che prevede una prima fase di formazione cui si sono già iscritti una quindicina di detenuti cui poi sarà fatto un contratto vero e proprio", spiega il direttore Salvatore Nastasia. In questo modo non solo aumentano le opportunità di lavoro interno al carcere (per ora solo 15), "ma il contatto diretto con gli imprenditori - continua Nastasia - crea anche possibilità più concrete di assunzione una volta fuori perché dopo la privazione della libertà, la maggiore preoccupazione dei detenuti è come sopravvivere alla scarcerazione". La "fabbrica" si troverà proprio di fianco alle cucine in cui continua il progetto "Dolci evasioni" in collaborazione con una pasticceria locale, mentre dovranno aspettare l’estate i nuovi corsi scolastici e professionali e i laboratori di apicoltura e floricoltura con cui si è dato vita a un giardino degli odori. Stati Uniti: per l’Onu le carceri segrete sono un problema serio
Ansa, 27 gennaio 2010
Gli Stati Uniti sono tra i paesi che hanno rapito e detenuto presunti terroristi in carceri segrete negli ultimi nove anni violando i diritti umani di questi sospettati: lo si afferma in un rapporto delle Nazioni Unite di prossima diffusione. Nel dossier si sottolinea che anche Algeria, Cina, Egitto, India, Iran, Russia, Sudan e Zimbabwe detengono sospetti terroristi o esponenti dell’opposizione in luogo segreti. Quello delle prigioni illegali anti-terrorismo "resta un problema serio", affermano i quattro autori indipendenti del rapporto stilato basandosi fra l’altro su interviste a 30 ex-detenuti. Il rapporto, che verrà presentato a marzo al Consiglio dell’Onu per i diritti umani, conferma che lo scopo di queste carceri segrete è quello di consentire il ricorso alla tortura e ad altri trattamenti degradanti o disumani usati da nazisti, sovietici e dittatori latinoamericani ma banditi dalle Convenzioni di Ginevra. Stati Uniti: videogiochi vietati, favoriscono il "desiderio di fuga"
Ansa, 27 gennaio 2010
Dopo una lunga serie di impieghi a "titolo positivo", arrivano i tempi duri per i videogames. Lo stop direttamente da New York: vietati i giochi nei carceri, favoriscono fantasie di gruppo e desiderio di evasione. Una corte d’appello federale ha infatti dato ragione alla prigione di Waupun, in Wisconsin, che aveva messo al bando il gioco Dungeons & Dragons per i suoi carcerati. Il caso, riporta il New York Times, è nato dopo che il carcere aveva confiscato i libri di gioco e altri gadget a Kevin T. Singer, un prigioniero dell’istituto " appassionato di D&D" fin dall’infanzia", si legge nei documenti della corte. Singer aveva fatto causa appellandosi al primo e al quattordicesimo emendamento della Costituzione, quelli sulla libertà d’espressione e le libertà individuali. I funzionari del carcere sostengono di aver proibito il gioco di ruolo seguendo le raccomandazioni di uno specialista, secondo cui Dungeons & Dragons potrebbe incentivare la nascita di gang e le fantasie di fuga.
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