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Giustizia: emergenza-carceri ma niente garante e reato tortura di Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone)
Italia Oggi, 14 gennaio 2010
Il consiglio dei ministri ha dato il suo via libera alla dichiarazione dello stato d’emergenza per le carceri. Il nuovo piano realizzerà 21.709 nuovi posti nei penitenziari italiani, con l’assunzione di duemila agenti. "Avvieremo procedure - ha spiegato il guardasigilli - per realizzare strutture a cui dar vita nel 2011 e nel 2012 con modelli organizzativi tipo quello attuato a L’Aquila". Quest’anno, invece, "realizzeremo 47 nuovi padiglioni, strutture che si affiancheranno a quelle già esistenti". Per questi padiglioni, verranno utilizzate le ricorse provenienti dalla Finanziaria - 500 milioni di euro - e dal bilancio del dicastero di via Arenula - 100 milioni -, mentre per le strutture che verranno realizzate tra il 2011 e il 2012, le risorse verranno prese dal bilancio statale e da finanziamenti provenienti dai privati". Lo stato di emergenza si sostanzia anche in una dichiarazione di attribuzione di nuovi poteri al già commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, nonché capo del Dap, Franco Ionta. Nulla è stato invece detto circa le misure deflative che il giorno prima il Guardasigilli aveva preannunciato a Montecitorio. Sono oggi infatti 66 mila i detenuti contro i 43 mila posti letto regolamentari. Alla Camera pendevano varie mozioni che riguardavano la situazione del sistema carcerario italiano e proponevano alcune soluzioni. L’Aula ha votato in modo compatto affinché il governo assuma a breve iniziative, anche di carattere normativo, volte a riformare le norme sulla custodia cautelare, a prevedere meccanismi effettivi di tutela giurisdizionale dei diritti dei detenuti, a rafforzare il sistema delle misure alternative al carcere e l’applicazione della detenzione domiciliare. Il governo si è anche impegnato a far rispettare il principio della territorializzazione della pena. Gli esperti del settore sostengono che dietro l’alto numero di suicidi in ambiente penitenziario vi è spesso un problema di rottura di rapporti affettivi determinati dalla lontananza del luogo di carcerazione da quello di residenza dei familiari o degli amici. La Camera ha votato sì agli adeguamenti degli organici di tutto il personale penitenziario. Il tutto al fine di favorire le pratiche di reinserimento sociale dei detenuti. Con lo stesso obiettivo è stato deciso di rivitalizzare la cosiddetta legge Smuraglia sul lavoro penitenziario; il che significa rifinanziarla per consentire la defiscalizzazione degli oneri sociali per quelle imprese che intendono assumere detenuti. In modo netto la Camera ha affermato che debba essere prevista l’esclusione dal circuito carcerario per le donne detenute insieme ai loro figli sotto i tre anni. Al momento sono circa 70 i bambini ristretti, loro malgrado, nelle carceri italiane. Veniamo ora ai no di Montecitorio. Per una manciata di voti e con il parere contrario del governo è stata respinta la proposta di istituire una figura indipendente di controllo dei luoghi di detenzione. Il primo disegno di legge bipartisan risaliva al lontano 1998. L’iniziativa fu presa dall’allora vicepresidente del Senato Ersilia Salvato. Sono mancati otto voti. Due sono stati gli astenuti. L’Italia non ha ancora ratificato il protocollo opzionale alla Convenzione Onu sulla tortura, pur avendolo firmato per iniziativa del precedente governo Berlusconi nel 2003. La mancata ratifica si spiega anche perché il protocollo impone la creazione di un organismo di garanzia indipendente che possa monitorare carceri, stazioni di polizia, centri per immigrati. Il parlamento ha votato inoltre contro eventuali modifiche alla legge Cirielli sulla recidiva la cui applicazione costituisce una delle cause primarie del sovraffollamento. Nessuna proposta di revisione degli articoli 4-bis e 41-bis dell’ordinamento penitenziario è stata accolta. I due articoli, introdotti nel 1991 nella nostra legislazione a seguito delle stragi di mafia, prevedono preclusioni per l’accesso ai benefici penitenziari per molti reati nonché il carcere duro per i detenuti definiti più pericolosi. Un no netto è stato detto anche alla possibilità di rivedere il sistema delle misure di sicurezza cancellando quello che i penalisti chiamano doppio binario punitivo (uno per gli imputabili, il secondo per gli incapaci di intendere e volere) nonché alla possibilità di istituire una anagrafe pubblica delle carceri al fine di renderle più trasparenti nella gestione. Giustizia: il piano carceri darà lavoro alla Protezione Civile spa di Roberto Miliacca
Italia Oggi, 14 gennaio 2010
Modello Abruzzo per le nuove carceri. Con ritmi di lavoro, per l’avvio dei nuovi canteri di edilizia penitenziaria, simili a quelli de L’Aquila: 24 ore al giorno, spalmati in 3 turni da 8 ore. E con la gestione accentrata, per la prima volta da che è nata, in capo a Protezione civile spa, la società guidata da Guido Bertolaso, che gestirà la partita delle autorizzazioni in deroga e dell’attribuzione degli appalti. Sono ritmi da Stakanov, quelli che ieri il premier Silvio Berlusconi, assieme al guardasigilli Angelino Alfano, ha indicato per la realizzazione di 47 nuovi padiglioni e 18 nuovi istituti capaci di ospitare quasi 22 mila detenuti. E d’altronde lo strumento utilizzato dal presidente del consiglio, è esattamente quello del terremoto dell’Abruzzo: un decreto che dichiara lo stato di emergenza carceraria fino al 31 dicembre 2010, individuando nel capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Franco Ionta, il commissario straordinario che avrà i poteri pieni nella gestione, avvalendosi però del "braccio operativo" di Protezione civile spa. "In passato il problema delle carceri è stato affrontato con condoni e amnistie, ha detto Berlusconi, "noi non abbiamo questa intenzione ma intendiamo dare una soluzione a questo problema con delle soluzioni che durino nel tempo". Il premier ha ricordato che nelle carceri italiane , martedì, hanno dormito 64.670 detenuti. E che il saldo è in continuo aumento, nel senso che entrano molti più detenuti ogni giorno di quanti ne escono"È una situazione non più tollerabile", ha detto Berlusconi. Ecco quindi il dpcm "per fronteggiare il problema del sovraffollamento delle carceri e dare il via, con somma urgenza, ad interventi volti a realizzare nuove infrastrutture carcerarie e l’aumento della capienza di quelle esistenti dello stato di emergenza carceraria". Il decreto fa parte di un pacchetto complessivo di 4 interventi, messo a punto dai tecnici del ministero della giustizia, che prevede anche 2mila nuovi agenti di polizia penitenziaria, assunti con tempi più che dimezzati rispetto ad altri dipendenti pubblici, attingendo a vecchie graduatorie, e due norme per fare in modo che non tutti coloro che vengono condannati automaticamente debbano andare in carcere. Il disegno di legge, in due articoli, illustrato da Alfano, prevede la possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua, e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che così potranno "svolgere lavori di pubblica utilità sospendendo il processo". Ma la parte più innovativa è certamente il piano carceri. La precedente edizione, lanciata dall’ex guardasigilli leghista Roberto Castelli, prevedeva la realizzazione di nuove strutture facendo leva sul project finance e sui capitali dei privati. Il progetto però non ottenne grandi risultati, tanto che l’attuale governo Berlusconi ha deciso di individuare risorse pubbliche per far decollare le opere. La legge Finanziaria 2010, approvata pochi giorni fa, ha già stanziato 500 milioni di euro, cui si vanno ad aggiungere 100 milioni attinti dal bilancio del dicastero di via Arenula - 100 milioni (80 milioni dai fondi di bilancio e i restanti dalla Cassa ammende). Giustizia: gli affari vengono prima di tutto, anche sulle carceri di Franco Corleone
Il Manifesto, 14 gennaio 2010
Il ministro della Giustizia Alfano nella conferenza stampa ieri a Palazzo Chigi per illustrare le misure per risolvere il sovraffollamento nelle carceri giunte a contenere 65.000 persone ha proclamato una missione senza precedenti. Abbandonare la via delle amnistie e degli indulti che hanno caratterizzato la storia repubblicana e concentrare le risorse per costruire nuove carceri per arrivare a contenere fino a 80.000 detenuti. È stato confermato lo stato di emergenza delle carceri che nelle parole della modesta caricatura di Bava Beccaris si sostanzia in questo anno nella costruzione di 47 padiglioni nelle aree delle carceri esistenti. Il tandem Berlusconi-Alfano ha giustificato la via cementificatrice in nome dei principi costituzionali della concezione della pena rieducativa e del senso di umanità, per difendere cioè la dignità e la salute delle persone private della libertà. Di fronte a tanta faciloneria e pressapochismo intellettuale si rimane costernati. La vita negli hangar per ammassare corpi sarà bestiale: senza acqua, senza luce, senza cucine, senza spazi di socialità, senza educatori. Un ministro irresponsabile e presuntuoso è davvero pericoloso. Un ministro della giustizia che non sa che l’ultimo indulto di tre anni fa è stato approvato dopo ben sedici anni di assenze di misure di clemenza e che attribuisce i numeri attuali di presenze al rientro in carcere degli "indultati" dimostra di non sapere quello di cui parla (o straparla?). Demagogia e propaganda sono le armi per coprire le responsabilità di una Amministrazione penitenziaria incapace, senza idee e segnata da una paralisi progressiva. Alfano non è un contabile, dovrebbe essere un ministro che si confronta con le scelte criminali del governo e della sua maggioranza. Non può far finta di non sapere che le carceri sono piene di immigrati, di tossicodipendenti e di poveri e di emarginati. Alfano dovrebbe spalancare i suoi occhioni perennemente stupefatti sulla vergogna di una legge come la Cirielli che condanna a una sorta di ergastolo bianco i soggetti più deboli, in particolare i tossicodipendenti, colpevoli e vittime della recidiva. Il finto buon senso che giustifica la scelta di non affrontare le ragioni del sovraffollamento con l’aumento dei posti letto fa letteralmente vomitare. Non sono poche le celle, sono troppi i detenuti che non dovrebbero entrare in carcere e soprattutto non starci. La criminalizzazione di massa mette a rischio la qualità della democrazia di un paese e l’Italia sta precipitando in un gorgo che fa strage di giustizia e di diritto. La strada annunciata dal Governo ha dei costi enormi. 600 milioni di euro sottratti alle misure alternative e al reinserimento sociale dei detenuti per millantare un miglioramento delle condizioni di vita dei prigionieri. In realtà il carcere si conferma con la forza dei numeri previsti una orrenda discarica sociale. La promessa di allargare la detenzione domiciliare a chi deve scontare l’ultimo anno di pena e i lavori di pubblica utilità sono affidati a un disegno di legge dalla sorte incerta. Gli affari prima di tutto! Giustizia: più pene alternative a casa nel weekend e lavori utili di Cinzia Sasso
La Repubblica, 14 gennaio 2010
E se invece che passare necessariamente del carcere chi viene condannato potesse scontare la pena in un’altra maniera? Alcune delle misure varate dal consiglio dei ministri vanno in questa direzione, ma nei cassetti del Ministero della giustizia giacciono almeno due progetti di riforma del codice penale che dedicano ampio spazio alla questione e che, proprio partendo da quella che ormai è sempre un’emergenza, rivoluzionano la filosofia, individuando la galera come extrema ratio e proponendo altre forme di espiazione di una condanna, che esclude quello che oggi è un passaggio obbligato. Già nel 2005 la commissione presieduta dal dottor Carlo Nordio, insediata dal governo Berlusconi, e poi nel 2008 quella presieduta dall’avvocato Giuliano Pisapia, insediata dal governo Prodi, hanno ipotizzato, per i reati di non grave allarme sociale, lavori socialmente utili, di risarcimento e servizio alla comunità; permanenza domiciliare nel fine settimana; divieto di frequentare determinati luoghi; la messa in prova (oggi prevista per i minorenni) anche per gli adulti; il finanziamento di strutture di cura, disintossicazione e reinserimento per i tossicodipendenti che commettano reati. Il punto di partenza, che Nordio e Pisapia illustrano in "In attesa di giustizia, dialogo sulle riforme possibili" (Guerini editore, di prossima uscita) sono i dati: oltre 4.000 detenuti devono scontare pene inferiori ai due anni; ogni giorno passano dal carcere 170mila persone per restarci non più di tre giorni; ogni detenuto costa allo Stato 170 euro al giorno che significa, per i 66mila attuali, 4 miliardi l’anno; per non parlare dei tossicodipendenti, destinati a uscire e rientrare finché nessuno si prenderà cura di loro. Ma è anche di merito. Dice Nordio: "Secondo la Costituzione la pena deve avere anche una funzione rieducativa ed è dubbio che un carcere, per quanto moderno e civile, possa redimere. La strada maestra è sostituirlo con sanzioni che siano contemporaneamente afflittive, riparatorie e anche riabilitative". Aggiunge Pisapia: "Il carcere è scuola di crimine e criminalità, ha una logica spietata, soprattutto per chi vi si affaccia per la prima volta. Anziché rieducare crea sfiducia, se non odio, nei confronti della giustizia. Non sarebbe più utile a tutti che chi ha imbrattato i muri fosse condannato a pulirli e chi ha provocato un incidente guidando in stato di ebbrezza dovesse passare le sue notti su un’ambulanza?". Invece che investire nella costruzione di nuove carceri, concordano il magistrato e l’avvocato, sarebbe più utile investire in misure alternative alla detenzione. "Il carcere - aggiunge Nordio - è uno strumento cruento e molto costoso sia per chi lo patisce che per chi lo infligge e dev’essere riservato a chi commette reati di particolare allarme sociale". "Il fatto è che oggi - conclude Pisapia - in carcere ci vanno i presunti innocenti. In un’ottica più moderna è giusto che la pena venga espiata in forme diverse". Giustizia: Dap; per la stabilizzazione del sistema penitenziario
Comunicato stampa, 14 gennaio 2010
La dichiarazione del Presidente del Consiglio dei Ministri sullo stato di emergenza nazionale carcere è il punto di partenza dell’articolato piano di intervento del Governo per affrontare non solo il problema del sovraffollamento ma più in generale per dare avvio al nuovo corso del sistema carcere. Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, così introduce il suo ragionamento per uscire dall’emergenza carceraria, sintetizzando quanto è stato discusso dal Consiglio dei Ministri di oggi. Il piano di intervento del Governo poggia su tre aree di intervento: edilizia penitenziaria, implementazione dell’organico di Polizia Penitenziaria, misure deflattive della carcerazione. La dichiarazione dello stato di emergenza nazionale delle carceri, il cui limite temporale è stato fissato, a partire da oggi, fino al 31 dicembre 2010, spiega Ionta, nasce con riferimento alla legge 225 del 24 febbraio 1992, una legge della protezione civile che consente di dichiarare lo stato di emergenza nazionale in presenza di situazioni che non siano riferite esclusivamente a episodi di calamità naturale, ma che si estende a situazioni emergenziali che determinano un allarme nazionale. Il Governo nella sua interezza, continua il Capo del Dap, ha accolto la proposta di dichiarare lo stato di emergenza nazionale delle carceri, dichiarazione che comporta la nomina di un commissario delegato dotato di poteri straordinari per affrontare e risolvere il problema. L’ordinanza che conferisce al Commissario Delegato poteri eccezionali in deroga alle procedure ordinarie, sarà emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nei prossimi giorni. Il Commissario straordinario potrà dunque procedere in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d’appalto. Il "braccio operativo" con cui il Commissario straordinario gestirà l’emergenza carcere sarà la Protezione Civile Servizi Spa. Il portato finanziario delle disposizioni di cui all’art. 2, comma 219, della legge 23.12.2009, n. 193, costituisce premessa per l’individuazione della consistenza numerica di nuovi padiglioni e nuove strutture, tenendo anche conto del presumibile utilizzo dei fondi di bilancio pari a circa 80.000.000 di euro e del finanziamento di talune opere con i fondi a disposizione di Cassa Ammende. La stabilizzazione del sistema carcerario, prosegue Ionta, passa anche attraverso l’implementazione dell’organico di Polizia Penitenziaria al fine di gestire, in termini di dignità del lavoro e di dignità della detenzione, la popolazione detenuta che, ad oggi, ammonta a circa 64.800 unità., a fronte di una disponibilità stimabile intorno ai 65.000 posti disponibili. Secondo le indicazioni dell’art. 2 comma 212 della legge finanziaria 2010 è prevista l’assunzione di 2.000 unità di Polizia Penitenziaria, i cui tempi devono necessariamente calibrarsi sull’andamento progressivo dello stato delle costruzioni dei nuovi edifici o padiglioni penitenziari. Oltre all’assunzione di 2.000 nuove unità, il Capo del Dap ritiene che occorra supplire al fisiologico turnover determinato dai posti resi vacanti dal personale che lascia il servizio per raggiunti limiti di età. Nell’arco dei prossimi tre anni, spiega Ionta, si prevede un turnover di circa 800 unità in meno all’anno, la previsione, quindi, è di supplire tale carenza con la possibilità di assumere circa 1.800 unità di Polizia Penitenziaria. I tempi di assunzione di nuovo personale, aggiunge Ionta, saranno ridotti rispetto alle ordinarie procedure di reclutamento tramite concorso pubblico, in quanto per almeno mille unità si potrà attingere utilizzando la graduatoria degli idonei non vincitori del concorso pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 10 ottobre 2008, mentre sarà necessario bandire un nuovo concorso per l’assunzione delle rimanenti mille unità. Per accelerare ulteriormente l’immissione in servizio delle nuove unità di personale, l’attuale durata di dodici mesi di formazione sarà ridotta a sei mesi, dagli attuali dodici mesi. Il terzo punto del "pacchetto carcere", necessario per consentire una progressiva deflazione della popolazione carceraria, è l’introduzione di misure deflattive alla carcerazione. Tenendo contestualmente presente l’esigenza di deflazionare il carcere e l’esigenza di sicurezza sociale, il provvedimento allo studio consente di scontare l’ultimo anno di pena in stato di detenzione domiciliare. In riferimento proprio alle tematiche della sicurezza dei cittadini il provvedimento escluderà quei soggetti che scontano una pena per i reati gravi, quali quelli previsti dall’art. 4 bis dell’Ordinamento Penitenziario e, inoltre, per coloro che contravverranno alle disposizioni sarà previsto un aumento di pena rispetto a quella ora prevista per il reato di evasione. I provvedimenti, conclude il capo del Dap, devono poter marciare contestualmente e progressivamente nell’arco dei prossimi tre anni. Solo in questo modo sarà possibile raggiungere l’obiettivo che mi sono dato nell’assumere l’incarico di Capo del Dap, ovvero la stabilizzazione del sistema penitenziario, perché lo stato emergenziale non sia più la condizione ordinaria di un sistema che impegna energie, professionalità, risorse capacità in grado di far funzionare una macchina complessa quale è l’Amministrazione Penitenziaria.
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Ufficio Stampa e Relazioni Esterne Giustizia: Vitali (Pdl); positiva le aperture al "capitale privato"
Adnkronos, 14 gennaio 2010
"Ieri c’è stato un serio dibattito sulla drammatica situazione delle nostre carceri. Tutti i gruppi hanno presentato una mozione con la quale hanno suggerito al governo le iniziative da adottare e oggi è già arrivata la prima efficace risposta alla crisi del sistema penitenziario". Lo ha affermato l’onorevole Luigi Vitali, responsabile nazionale Pdl dell’ordinamento penitenziario, definendo poi "positiva anche l’apertura al capitale privato che si aggiungerà alle risorse pubbliche e che non significa assolutamente privatizzare le carceri". "I documenti presentati sono stati votati pressoché all’unanimità. Oggi il Consiglio dei ministri ha varato il piano carceri ed ha dichiarato lo stato di emergenza nei penitenziari sino al 31 dicembre 2010. È questa la prima risposta concreta alla crisi in questione che consentirà di adottare iniziative a riguardo. Altre ne verranno - ha proseguito Vitali - sicuramente anche nel campo normativo con la semplificazione dei meccanismi processuali, l’introduzione dell’istituto della messa alla prova ed una massiccia depenalizzazione". "Considero favorevole il proposito di realizzare istituti differenziati per i tossicodipendenti e gli autori di reati di non particolare allarme sociale - ha sottolineato poi Vitali. Importante l’assunzione già varata in Finanziaria di 2.000 agenti e l’impegno assunto dal governo di procedere all’azzeramento delle carenze di organico della polizia penitenziaria e del personale amministrativo, oltre all’assunzione di ulteriori educatori". "Detto ciò - ha concluso Vitali - non bisogna dimenticare che questo governo, col ministro Alfano, ha realizzato in 20 mesi, in materia, più di quanto realizzato da tutti i governo precedenti negli ultimi 10 anni. E cioè la creazione di 1.600 posti nelle prigioni. Lo stanziamento di 500 milioni di euro per l’edilizia penitenziaria e l’impegno ottenuto dalla Comunità europea di contribuire all’edilizia penitenziaria in quei paesi membri come l’Italia, dove vi è un alto numero di detenuti extracomunitari. Ci sembra un buon viatico, che ci sta conducendo nella giusta direzione della risoluzione definitiva della problematica".
Alfano si confronterà con parlamento e sindacati
"Sicuramente il ministro Alfano si confronterà sia col Parlamento, sia con i sindacati della polizia penitenziaria sul piano carceri varato oggi". Lo afferma Luigi Vitali, responsabile nazionale Pdl dell’ordinamento penitenziario, che aggiunge: "Personalmente ritengo da valutare anche la proposta del Cocer della Marina di proporre l’assunzione nella Polizia penitenziaria del personale militare che, dopo anni di servizio, è stato congedato per la riorganizzazione delle Forze Armate. Si avrebbe infatti il vantaggio di disporre di risorse umane già addestrate e da impiegarsi in tempi rapidi, senza le lungaggini concorsuali e di formazione". Giustizia: Sottosegretario Casellati; stop alle soluzioni tampone di Ivan Mazzoleto
La Discussione, 14 gennaio 2010
"Finalmente. Era ora che si intervenisse in maniera concreta. E il governo Berlusconi ha dato un segnale molto forte: sta affrontando il problema delle carceri in maniera strutturale". Il sottosegretario alla Giustizia, Elisabetta Casellari, è convinta che sarà la volta buona. Il progetto illustrato ieri mattina dal ministro Alfano può assicurare la svolta. Ma, fisiologicamente, non tutti si sono detti d’accordo. Sottosegretario Casellari, secondo l’Osapp la montagna ha partorito il topolino... All’Organizzazione sindacale autonoma di Polizia Penitenziaria posso rispondere con un noto "broccardo": adducete inconveniens non est solvere argumentum e cioè portare eccezioni non è mai risolvere la questione. Allora, il problema c’è e noi lo riteniamo una vera e propria emergenza di carattere sociale.
Il problema strutture si trascina da tanti anni... Quella del sovraffollamento è una questione annosa ed è sempre stata affrontata con provvedimenti di clemenza. Oggi l’esecutivo ritiene che non sia più il caso di adottare provvedimenti tampone che non risolvono nulla e preferisce puntare su un piano di ristrutturazioni e costruzioni di nuove carceri che comporta anche l’assunzione di duemila nuovi agenti di polizia penitenziaria.
Tra i "pilastri" ci sono anche le norme di accompagnamento... Il provvedimento dovrebbe portare anche a una soluzione per chi deve scontare un ultimo anno di pena. Certo, dipenderà dai reati in discussione. I detenuti potranno scontare la pena agli arresti domiciliari con provvedimento del giudice di sorveglianza. Non è una soluzione da sottovalutare perché abbiamo pensato soprattutto a dare dignità ai detenuti che oggi soffrono una condizione di precarietà. Per noi è fondamentale il principio costituzionale che riguarda la riabilitazione quindi il reinserimento.
In questo senso c’è già qualche esempio? I piani di riabilitazione sono importanti e basta pensare alle strutture penitenziarie di Padova o Opera dove, al loro interno, sono sviluppate molte attività di carattere sociale per consentire ai detenuti di potersi reinserire nella società. Insomma danno una speranza di vita. Il piano può far coniugare due principi per noi da non sottovalutare mai: la sicurezza, perché ognuno paga il suo debito con la giustizia, e la riabilitazione che è un concetto costituzionale giusto e fondamentale.
Tra le varie norme allo studio si è parlato anche del caso legato ai detenuti stranieri... Attraverso accordi bilaterali, far scontare la pena nel proprio Paese d’origine è un’altra strada che si sta valutando. È chiaro che si può fare sempre di più e meglio ma da qualche parte si deve cominciare.
Insomma, la volontà del governo è forte e chiara. Ma per l’Idv il piano è una bufala... I cinquecento milioni di euro già stanziati le sembrano una bufala? A me sembrano tanti denari per la realizzazione di questo importante progetto. Giustizia: Pd; valuteremo Piano, non deve aggirare procedure
Apcom, 14 gennaio 2010
"C’è una cosa che mi turba un po’, perché il ministro ieri ha parlato di misure straordinarie. Non vorrei che su un piano di questo genere si pensasse di procedere per ordinanze che bypassassero tutte le procedure concorsuali. Bisogna essere molto cauti, noi saremo contrari. Abbiamo un nostro modo di intendere questo piano carceri che prevede ristrutturazioni". È il pensiero di Pierluigi Bersani sul piano straordinario per l’edilizia carceraria annunciato dal governo. "Guarderò con attenzione il piano una volta che verrà depositato in Parlamento. Pensò però che la questione della pena carceraria vada affrontata in maniera moderna. È inutile pensare a un’unica forma di detenzione per tutti i condannati. Sarebbe opportuno avere circuiti diversi". Lo dice sul piano carceri del ministro della Giustizia Angelino Alfano, la presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro, interpellata da Maurizio Belpietro nella telefonata con ‘Mattino 5’. "Ad esempio - aggiunge - il 41 bis disciplina la custodia di particolari detenuti imputati di reati molti gravi; io penso che per reati meno gravi si debba andare verso altre forme di custodia attenuata, non così rigorosa, in maniera tale da differenziare le pene". Giustizia: Bernardini; decisioni in Cdm, primo successo radicale
Agi, 14 gennaio 2010
"Le decisioni prese ieriin Consiglio dei Ministri sulle carceri costituiscono il primo successo del Satyagraha radicale su questo fronte". Lo afferma la radicale Rita Bernardini. "Stando al comunicato stampa che leggiamo sul sito www.governo.it - dice Bernardini - il Governo ha deciso non di costruire nuove carceri, ma di ampliare quelle esistenti utilizzando i fondi già previsti in finanziaria; ha deciso di incrementare - seppure parzialmente - l’organico degli agenti di polizia penitenziaria e - cosa veramente importante - di invertire la rotta fin qui seguita prevedendo la possibilità di scontare l’ultimo anno di detenzione presso il proprio domicilio e, per i reati sotto i tre anni, la possibilità di sospendere il processo e impiego alternativo al carcere in lavoro di pubblica utilità. Abbiamo scritto "stando al comunicato stampa" del Governo: ora si tratta di vedere quando e come questi obiettivi saranno confermati nei fatti e nei tempi. A ciò vigileremo e dovremo mobilitare il massimo di controllo, di collaborazione, di lotta dell’intera comunità penitenziaria, se si rivelasse necessaria. Su queste misure - a parte i "pieni poteri" conferiti al Capo del Dap Franco Ionta sui quali non siamo d’accordo - non possiamo che plaudire all’azione del Ministro della Giustizia Angelino Alfano e al Governo Berlusconi che ha votato la sua proposta. Restano in piedi, come obiettivi da perseguire subito, i 12 punti della mozione radicale approvati ieri dall’aula di Montecitorio e, per noi radicali, quelli sui quali dobbiamo convincere ancora, con un’operazione di verità, tutta la classe politica italiana di maggioranza e d’opposizione: 1) l’amnistia "legale" contro quella ignobile e di classe che si fa quotidianamente con i processi penali che cadono in prescrizione (200.000 all’anno su una mole di 5 milioni e mezzo di processi penali pendenti) e 2) la Riforma della Giustizia, sulla quale il Parlamento si è già impegnato un anno fa approvando la nostra Risoluzione "per una riforma strutturale e organica del sistema" che preveda la riforma dei criteri concernenti l’obbligatorietà dell’azione penale, la separazione delle carriere, la responsabilità civile, gli incarichi extragiudiziari e il collocamento fuori ruolo dei magistrati, la revisione dei criteri di elezione del Csm, la modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari e l’adeguamento degli organici del personale anche amministrativo. 3) la radicale modifica dell’articolo 41-bis della legge n. 394 del 1975, sull’ordinamento penitenziario perché per combattere la mafia lo Stato non può usare gli stessi metodi di tortura e di disumanità della criminalità organizzata. Insomma, la lotta nonviolenta prosegue, alla ricerca e per l’affermazione della e delle verità, diradando la coltre lugubre di ingiustizia e di sofferenza attuale provocata dallo Stato quando non rispetta legalità e moralità umana e civile". Giustizia: Russo Spena (Prc); il piano del governo, è una farsa
Adnkronos, 14 gennaio 2010
"Il piano carceri del Governo è una farsa: con o senza la decretazione d’urgenza, non riusciranno mai a colmare un gap di quasi 25.000 unità". È quanto afferma il responsabile giustizia del Prc, Giovanni Russo Spena, che osserva: "È lo stesso ministro Alfano a dichiarare che in 18 mesi il Governo ha creato 1.600 nuovi posti mentre la popolazione detenuta è cresciuta nello stesso periodo di circa 700 unità al mese". Per l’esponente di Rifondazione comunista, "la verità è che il Governo getta fumo negli occhi, mentre in carcere vi sono vite umane costrette a vivere in meno di tre metri quadrati. Senza depenalizzazioni, in particolare in tema di reati connessi all’immigrazione e al consumo di droghe, senza un maggior ricorso alle misure alternative e una rivitalizzazione del welfare - conclude Russo Spena - il dramma delle patrie galere è destinato solo ad aumentare". Giustizia: costruttori; ok piano carceri, in rispetto concorrenza
Il Velino, 14 gennaio 2010
Confindustria e Ance condividono la decisione del governo di realizzare in tempi rapidi nuove strutture in grado di accogliere i detenuti e arginare il sovraffollamento delle carceri. Ora però è necessario chiarire in che modo si vuole procedere e occorre conciliare le esigenze di rapidità con quelle di un corretto svolgimento delle gare e dell’affidamento dei lavori. Secondo gli imprenditori, infatti, è importante che lo stato di emergenza non comporti una violazione delle regole e delle procedure che disciplinano il mercato. Confindustria e Ance confermano la loro disponibilità, come richiesto dal Ministro Angelino Alfano prima dell’estate scorsa, e sono pronte a essere coinvolte nell’utilizzo del project financing per la costruzione dei nuovi edifici penitenziari, vista anche l’esiguità delle risorse a disposizione dello Stato. Giustizia: dopo condanne, regolamentato l’uso dei "fornelletti"
La Provincia Pavese, 14 gennaio 2010
La recenti sentenze sulle morti in carcere causate da un uso improprio delle bombolette di gas hanno creato un precedente e il Ministero corre ai ripari. L’uso dei fornelletti, da ora, sarà regolamentato. Il Ministero della Giustizia, attraverso il Dap (dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), ha mandato una direttiva ai provveditori regionali che ha come oggetto l’utilizzo dei fornelletti a gas per i detenuti. Lo scopo è fissare norme che possano mettere al riparo l’amministrazione da ogni contenzioso o richiesta di risarcimento. La nota arriva a poca distanza di tempo dalla sentenza con cui il giudice ha disposto il risarcimento per la famiglia pavese di Manuel Bosco, il ragazzo di etnia rom morto suicida in carcere per avere inalato il gas da una bomboletta. Il Ministero era stato condannato a pagare più di 140mila euro di risarcimento: pochi giorni fa i parenti del detenuto, accompagnati dall’avvocato Fabrizio Gnocchi, hanno incassato gli assegni. La vicenda pavese crea un precedente per i casi di incidenti o suicidi in carcere. Un precedente che il Ministero vuole stroncare sul nascere. "Si suggeriscono alcuni accorgimenti nell’utilizzo dei fornelletti - si legge nella nota del Dap - che se non risolvono il problema relativo alla pericolosità di tali oggetti, possono rivelarsi utili riguardo ai contenziosi per risarcimento dei danni. Si ritiene utile, per ridurre o addirittura eliminare la responsabilità dell’amministrazione, la sottoscrizione da parte del detenuto, al momento in cui acquista la bomboletta o il fornelletto, di un documento in cui questo si dichiari consapevole della pericolosità dell’uso improprio di detti dispositivi, come ad esempio accostare due o più fornelletti per creare un più ampio piano di cottura, il prolungare l’uso del fornelletto oltre un certo periodo di tempo o l’inalare il gas contenuto nella bomboletta". E per i detenuti a "rischio" la proposta è di allestire un locale per la cucina, dotato di un certo numero di fornelli da usare sotto controllo. Una soluzione, però, che lo stesso Ministero ammette non sia praticabile "visto il grave e generalizzato stato di sovraffollamento che induce a reperire ogni spazio utile per il contenimento dei detenuti". Lettere: assunzione degli educatori primo impegno del governo
Ristretti Orizzonti, 14 gennaio 2010
Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari esprime piena soddisfazione per l’approvazione delle cinque mozioni sul problema carcerario discusse ed accolte nei giorni 11 e 12 gennaio 2010 dal nostro Parlamento. Per la prima volta il Governo, rappresentato dal Ministro Alfano, ha preso consapevolezza della grave emergenza del sovraffollamento degli istituti di pena e, fra le altre fondamentali proposte presentate, si è impegnato: - a procedere all’assunzione immediata dei restanti educatori penitenziari previsti dalla pianta organica, da attingersi dagli idonei della vigente e menzionata graduatoria risultata dal concorso bandito per tale profilo professionale, affinché anche costoro possano partecipare ai previsti corsi di formazione che il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria deve attivare per questi operatori prima dell’ingresso nelle carceri a cui sono destinati, onde evitare sprechi di danaro per doverli riattivare in seguito; - a prorogare di almeno un quinquennio la validità della graduatoria di merito del concorso citato in premessa, in linea con gli orientamenti del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione nonché con le disposizioni in materia di razionalizzazione delle spese pubbliche in vigore - per permetterne un graduale scorrimento parimenti all’avvicendarsi dei fisiologici turn-over pensionistici, al fine di evitare l’indizione di nuovi concorsi per il medesimo profilo che comporterebbero inutili oneri pubblici; - ad assumere iniziative per lo stanziamento di fondi necessari per completare l’organico di educatori previsti dalla pianta organica attualmente vigente presso il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, considerato che lo sforzo economico da sostenere è annualmente molto esiguo, ma necessario per far funzionare meglio ed in modo più umano una branca importantissima del nostro sistema giustizia che non può più attendere; - a procedere all’alienazione di immobili ad uso penitenziario siti nei centri storici e alla costruzione di nuovi e moderni istituti penitenziari in altro sito; Esprimiamo, quindi, pieno compiacimento per l’importantissimo risultato raggiunto dall’On. Di Stanislao dell’Idv, il quale nella Sua circostanziata e approfondita mozione, ha dimostrato ancora una volta la Sua grande disponibilità e sensibilità verso tali problematiche, sapendo cogliere e far emergere sapientemente le necessità di questo delicato settore della nostra giustizia. Ringraziamo, inoltre, gli onorevoli Bernardini, Rao, Ferranti, Melis, Tidei, Vitali, Balzelli, Donadi, Paladini, Franceschini e tutti coloro che hanno appoggiato con voto favorevole le Loro mozioni, poiché di fronte a queste battaglie di umanità hanno saputo permeare il Loro impegno politico di quell’umanità e di quell’alto senso civico che rende capaci di abbandonare i colori politici e di volgere verso una proficua unità di intenti. Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari, intanto, continuerà a vigilare affinché tali doveri vengano rispettati e proseguirà nel suo lavoro di diffusione della necessità dell’intervento rieducativo e quindi sulla centralità della presenza degli educatori, ovvero di quella figura professionale che rappresenta il vero catalizzatore ed esecutore materiale del percorso rieducativo di un detenuto, percorso che rappresenta l’unica vera speranza di un sano reinserimento sociale di chi vive l’esperienza delle sbarre e che rappresenta uno dei più validi strumenti atti ad evitare quegli stati di inerzia, apatia, depressione, frustrazione, ansia, inadeguatezza che troppo spesso percorrono prepotentemente i corridoi lungo i quali si snodano le fila di quelle celle all’interno delle quali si consumano, quotidianamente, suicidi, abusi, violenze. Auspichiamo, quindi, che il Governo predisponga celermente tutti gli atti necessari ad ottemperare quanto detto e che questa stessa volontà continui ad animarne tutti i passaggi ad essi necessari, per poter, nei tempi strettamente necessari, cominciare ad affrontare concretamente e efficacemente l’ormai ingestibile emergenza creatasi.
Il Comitato vincitori e idonei del concorso per educatori penitenziari Referente Avv. Anna Fasulo Emilia Romagna: interventi straordinari per oltre 56milioni di €
Agi, 14 gennaio 2010
Ammontano a 56 milioni e 200 mila euro gli interventi straordinari, già stanziati in termini di competenza, per interventi urgenti nelle carceri dell’Emilia Romagna: a questa cifra, che attende solo i riscontri in cassa che arriveranno in seguito all’approvazione del nuovo piano carceri da parte del Consiglio dei Ministri, si aggiungono altri 8 milioni di euro per la costruzione del terzo lotto della struttura carceraria di Forlì (i primi due lotti sono già partiti, per complessivi 37 mln) che si prevede debba essere completata nel giro di un paio d’anni. Altri 32 milioni 510 mila euro sono stati invece richiesti per gli interventi di messa a norma di tutti gli istituti regionali, con interventi che vanno dall’impiantistica, alle docce, agli allarmi sicurezza: ma di questa cifra "di programma" si conosce solo al momento l’entità richiesta. È questo il quadro dell’amministrazione penitenziaria in Emilia Romagna, che riguarda i 12 istituiti penitenziari regionali già da tempo al centro dell’attenzione dello Stato in particolare per il sovraffollamento delle strutture, con Bologna in testa alle situazioni più problematiche (il carcere della Dozza conta oggi di fatto 1148 presenze a fronte di una capienza regolare di 494, tollerata di 892 presenze; 155 i detenuti bolognesi che sono stati spostati altrove proprio causa il sovraffollamento). A tutt’oggi nelle carceri dell’Emilia Romagna risultano 4.462 presenze: altri 710 detenuti, causa il sovraffollamento, sono stati trasferiti ad altre regioni. Il 50% della popolazione carceraria è fatta di immigrati: molti sono in carcerazione preventiva(66%). "Nel giro di due o tre anni porteremo nuovi 1700 posti - commenta Nello Cesari, Provveditore dell’Amministrazione penitenziaria dell’Emilia Romagna - che si andranno a aggiungere ai 2.408 regolamentari. In totale circa 4.200 regolamentari, elevabili fino a 5700 posti ( molti detenuti preferiscono stare in cella in due persone invece che soli, cosa che spesso richiedono gli stessi detenuti) a cui, a mio parere , vanno aggiunti quelli del nuovo carcere di Castelfranco ristrutturato, in cui sarà trasferito l’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia. In totale dunque, circa 5.800, 5.900 posti". Tra gli interventi più significativi, il completamento del carcere di Forlì, i lavori di completamento del penitenziario di Rimini (una nuova sezione per un totale di 70 posti) , la fine dei lavori al carcere di Parma che vede altri 200 posti, in 4 sezioni. Ulteriori padiglioni nelle varie strutture porteranno 150 posti a Modena, 200 a Piacenza, 200 a Parma, 200 a Ferrara e 200 a Bologna. Di tutti questi interventi, risultano già appaltati quelli di Modena (previsto completamento dei lavori tra un anno e 1/2): a Piacenza è in corso la gara d’appalto, mentre tutti altri sono in progettazione. "Il quadro, al termine degli interventi, risulterà più che dosato rispetto alle esigenze - conclude Cesari - anche se la risposta decisiva dovrebbe avvenire con la decarcerazioni e con le misure alternative alla detenzione: attualmente, in Emilia Romagna, sono in atto 600 misure alternative, erano 2.000 prima dell’indulto. Con altre mille, la situazione sarebbe diversa, solo che purtroppo spesso mancano i presupposti per tali provvedimenti, che hanno regole ben precise (una condanna definitiva non superiore ai 3 anni) e spesso vengono assegnate solo se il detenuto può godere di una rete opportuna di servizi sociali e di un lavoro una volta scarcerato. Massa Carrara: detenuto 27enne suicida quinto da inizio 2010
Ansa, 14 gennaio 2010
Quinto suicidio nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno: Abellativ Sirage Eddine, 27 anni, detenuto extracomunitario nel reparto infermeria del carcere circondariale di Massa, si è impiccato la notte scorsa con un lenzuolo annodato al tubo della doccia. In due settimane, dunque, sono già cinque i detenuti che hanno deciso di farla finita nelle sovraffollate carceri italiane per le quali ieri il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza: il 2 gennaio, ad Altamura (Bari) si è ucciso Pierpaolo Ciullo, 39 anni; tre giorni dopo si è impiccato nel carcere Buoncammino di Cagliari Celeste Frau, 62 anni; il 7 gennaio, infine, si sono suicidati Amato Tammaro, 28 anni, nel supercarcere di Sulmona, e Giacomo Attolini, 49 anni, nel penitenziario di Verona. Teramo: detenuto in isolamento, dopo che ha tentato il suicidio
www.primapaginamolise.com, 14 gennaio 2010
Il carcere teramano è quello che il Dap destina alla reclusione dei detenuti per reati a sfondo sessuale. Lì sono richiusi i tre presunti pedofili di Jesi, ad esempio. Lì è stato trasferito, per disposizioni dunque automatiche ed interne all’amministrazione penitenziaria centrale, anche Bruno Battista, già alcuni dopo l’arresto avvenuto il 29 giugno 2009 e alcuni giorni in cella a Campobasso. Il carcere del capoluogo abruzzese è da circa un mese all’attenzione della cronaca per le disumane condizioni della popolazione che ospita - più del doppio di quella a cui è destinato - e per i tentativi di suicidio che vi si sono verificati. Anche il mago Bruno ha cercato di togliersi la vita il 29 dicembre scorso. I suoi legali, Carmine Verde e Cristiana Valentini, dopo aver ribadito al Riesame la richiesta di scarcerazione o dei domiciliari, hanno denunciato al collegio presieduto da Mario Iapaolo che si sta occupando del processo a carico di Battista per circonvenzione d"incapace, truffa e violenza sessuale, che dal 29 dicembre al 31 il loro assistito è stato tenuto in isolamento diurno e notturno. "Una decisione che a nostro parere - ha detto l"avvocato Verde - è estremamente pericolosa se disposta nei confronti di un soggetto gravemente depresso con ripetute tendenze suicidiarie". La sua collega Valentini ha spiegato ai magistrati la difficoltà incontrata ad avere notizie certe sulle condizioni di salute di Battista. "Peraltro, abbiamo saputo da una fonte assolutamente attendibile che lo psichiatra del carcere in realtà non sarebbe in possesso di tale specializzazione. Si tratterebbe - ha aggiunto - di una criminologa che svolge quel ruolo. Ma voi capirete che prescrive anche farmaci e giudica sulla compatibilità dei detenuti con il regime carcerario. Dobbiamo assolutamente verificare se ha i requisiti per farlo". Il tribunale ha parzialmente accolto le richieste dei legali di Arcella jr. Pur non concedendo un"indagine istruttoria sul possesso dei requisiti da parte del medico del penitenziario di Teramo, ha infatti disposto l"acquisizione della documentazione sanitaria relativa al mago detenuto per stabilire se possa o meno restare dietro le sbarre. Gela: 50 anni di lavori e 2 inaugurazioni ma il carcere è vuoto di Giuseppe Lo Bianco
Il Fatto Quotidiano, 14 gennaio 2010
Quello giovane è in tuta, leggermente stempiato. Il più anziano è in divisa, con i gradi di maresciallo. Sono gentili e annoiati, sorridono e non parlano. "Dobbiamo essere autorizzati dal ministero". Si affacciano davanti la palazzina gialla perfettamente rifinita appena scorgono l’auto sconosciuta che entra tranquillamente dal cancello aperto nel cortile, schivando tubi elettrici, condotte fognanti e pezzi di lamiera in attesa di essere collocati. "Ce la fate a finire entro luglio?" domandiamo agli operai. "Sempre che non piove", rispondono sorridendo. Fuori una Panda blu notte con le insegne della Polizia Penitenziaria parcheggiata accanto a tre auto degli operai al lavoro in un cantiere aperto in contrada Balate, ci ricorda che siamo in un’area di reclusione. Benvenuti nel carcere fantasma di Gela, dove il giovane ed il più anziano sono gli unici due agenti di custodia di una struttura vuota, perfettamente efficiente, eppure mai entrata in funzione. Sono i guardiani del tempo, più che dei detenuti, che qui non hanno mai messo piede. E quando il più giovane apprende che il carcere è stato progettato nel 1959, sorride ancora: "Non ero neanche nato". Inaugurato due volte in 50 anni, consegnato ufficialmente lo scorso anno all’amministrazione penitenziaria, ma oggi non ancora pronto, il carcere di Gela è il simbolo paradossale delle opere pubbliche incompiute siciliane. E una spina nel fianco dei governi di centrosinistra e di centrodestra che sulla città hanno vomitato promesse mai mantenute, lasciando il Comune a gestire un appalto infinito che non si è ancora concluso. Nella città teatro della più sanguinosa guerra tra Cosa Nostra e la "stidda", dei 150 incendi dolosi l’anno, delle estorsioni a tappeto, dove chi viene offeso da una parola ingiuriosa attende ancora sotto casa l’avversario per sparargli ai piedi, il carcere desolatamente vuoto diventa paradossalmente una "presenza rassicurante", come dice un funzionario di polizia: "L’idea del carcere, per i gelesi, ancora oggi non è un’idea concreta". E così i detenuti, decine a settimana, vengono trasferiti nella struttura vicina di Caltagirone "che lavora solo con noi" .dicono le forze dell’ordine, con notevole dispendio di tempo, uomini, e mezzi, costringendo anche i magistrati a lunghe trasferte per gli interrogatori. Lo progettarono nel 1959, come un carcere mandamentale, perché a Gela esisteva solo la Pretura, il progetto fu approvato nel 1978 e i lavori iniziarono solo quattro anni dopo, nell’82. Ma otto morti in una notte, nel novembre del 1990, consigliarono il ministero della Giustizia ad istituire il Tribunale, dimenticando però un dettaglio burocratico: da casa mandamentale, il carcere avrebbe dovuto essere adeguato agli standard di casa circondariale. E così lo Stato contro i delinquenti gelesi si mosse a due velocità: pensò alla pena, con il Tribunale, ma non alla sua applicazione. Fra progetti, autorizzazioni, ricerca di investimenti e nuovi appalti volarono gli anni: mentre Gela scalava le classifiche delle città a maggior rischio criminale, e il governo mandava plotoni di agenti e carabinieri per fronteggiare una criminalità mafiosa e comune sempre più agguerrita, ad occuparsi del completamento del carcere è rimasto il Comune, stretto dalle denunce contro i mafiosi e le infiltrazioni negli appalti pubblici. Sono gli anni delle inchieste sul calcestruzzo depotenziato, e il sospetto sfiora pure il penitenziario mai aperto: ma le indagini non accertarono nulla. Nel 1992 l’amministrazione di centro sinistra riuscì infine ad appaltare il terzo lotto, con cui furono costruite la palazzina degli uffici direzionali, della mensa e del personale penitenziario e la restante parte del muro di cinta, ancora oggi incompiuto. Costo, 5 milioni di euro. Un’iniezione di entusiasmo, dopo anni di paralisi, che convinse il ministro Mastella ad organizzare una finta inaugurazione: il 26 novembre del 2007 si presentò a Gela per ricevere da Crocetta le chiavi del carcere, trasferito formalmente al demanio; chiavi che il Guardasigilli continuò, purtroppo, a non usare. Mancavano, infatti, la cucina, la lavanderia e altri servizi, per un costo di ulteriori due milioni di euro. Nuovo appalto, nuovi lavori e nuova attesa: al Dap hanno impiegato mesi interi per stabilire l’esatta qualificazione di un carcere del tutto sconosciuto, eppure esistente da circa 25 anni. Sui ritardi biblici non è mai stata aperta alcuna inchiesta. "Se ci sono reati sono ormai prescritti -dicono in procura - e lo stesso codice non offre molti appigli". Oggi la conclusione dei lavori è prevista nel luglio prossimo: il carcere ospiterà 96 detenuti in 48 celle con bagno, avrà 80 agenti di custodia e altri educatori e personale amministrativo. Una piuma nel programma di interventi del ministero della Giustizia, che ha bisogno di 20 mila posti letto. "Gela - ha detto uno dei fedelissimi del guardasigilli, il deputato Alessandro Pagano - è la prima delle risposte volute dal ministro Alfano, che vanno in tale direzione". Sempre, come dicono gli operai, che non piova. Napoli: a Poggioreale nove per cella, scoppia l’allarme carceri
Il Mattino, 14 gennaio 2010
Celle sovraffollate, strutture fatiscenti, condizioni igieniche da terzo mondo. Bastano poche parole per descrivere un inferno chiamato carcere di Poggioreale. Il più vecchio istituto penitenziario del capoluogo campano (la seconda sede, quella di Secondigliano, merita come vedremo un discorso a parte) è ormai da anni un braciere ardente, un magma che rischia di esplodere da un momento all’altro. Con una "popolazione di detenuti che ha toccato ormai la quota record di 2.690 unità (il dato è aggiornato alla giornata di ieri), il carcere di Poggioreale rappresenta una delle emergenze nazionali. Nei suoi vari padiglioni vivono mille persone in più rispetto alle capacità massime di accoglienza previste. E non basta. In più, mentre cresce in maniera esponenziale la cifra dei reclusi, il numero del personale di polizia penitenziaria resta cristallizzato a nove anni fa: a quando, cioè, il dato nazionale della popolazione detenuta era inferiore di 20mila unità. Un disastro senza pari, come denunciano le organizzazioni sindacali del Corpo di polizia penitenziaria. "A Poggioreale - commenta il segretario regionale del Sappe, Emilio Fattorello - ci sono ormai celle nelle quali convivono anche fino a nove persone in pochi metri quadrati. Abbiamo stanze nelle quali sono state sistemate addirittura tre diverse file di letti a castelletto, ciascuna delle quali ha a sua volta tre brande. E chi dorme in alto ha a pochi centimetri dalla propria testa il soffitto". Condizioni assurde, che rendono ancora più afflittiva la pena che si è costretti a scontare. È sicuramente anche questo il motivo per il quale - nonostante tutti gli sforzi messi in atto da chi dirige Poggioreale - lo scorso anno sono aumentati anche i suicidi, per non parlare dei tentativi e degli atti autolesionistici messi in atto da tanti reclusi. Ma il dramma Poggioreale non investe i soli detenuti. C’è chi - come le guardie carcerarie, appunto - finisce col trascorrere metà della propria esistenza lavorativa fianco a fianco ai carcerati all’interno degli istituti penitenziari. "Purtroppo - spiega ancora Fattorello - le piante organiche del nostro personale sono ancora quelle fissate nel 2001, quando la popolazione dei reclusi contava 20mila persone in meno rispetto a oggi. A questo si aggiunga che, nel frattempo, sono cresciuti i nostri compiti istituzionali: dall’accompagnamento e il controllo dei soggetti agli arresti domiciliari alle traduzioni in udienza, alle udienze di convalida dell’arresto, fino al controllo dei varchi del Palazzo di Giustizia". Va decisamente meglio, invece, nel carcere di Secondigliano. Ma se anche qui non si aggiunge la mina vagante del sovraffollamento è solo grazie al fatto che le celle, rispetto a quelle di Poggioreale, non prevedono la possibilità di aggiungere nuovi posti letto. Male va anche a Pozzuoli: nella struttura carceraria destinata alle donne si registra un numero di recluse che sfiora ormai le 100 unità (rispetto ad un massimo previsto di 80). "Abbiamo sempre criticato il piano che aveva previsto da Ionta, il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - conclude il segretario regionale del Sappe - oggi la riforma voluta da Alfano va accolta come un segnale certamente positivo, anche se ribadiamo che serve una più complessiva riforma della esecuzione penale che preveda misure alternative alla detenzione". Concorda con Fattorello anche il presidente regionale dell’Osapp, Vincenzo Santoriello. "Se il problema non lo si affronta in maniera organica - dichiara - con una riforma generale, saremo sempre in alto mare. Anche questa riforma voluta dal Guardasigilli è, a ben guardare, solo un indulto mascherato. Con l’aumento delle persone agli arresti domiciliari si moltiplicheranno gli impegni del personale di polizia penitenziaria, che sono già gravosi e molteplici". Palermo: l’Ucciardone sovraffollato, sciopero di fame detenuti
La Repubblica, 14 gennaio 2010
Sciopero della fame nella nona sezione del carcere Ucciardone. Quarantadue detenuti da due giorni rifiutano il cibo. La protesta è iniziata nella sezione, destinata ai detenuti arrestati per reati comuni e sottoposti ad alta sorveglianza per reati come violenza sessuale, per il sovraffollamento delle celle. "In ogni prigione - denuncia Lino Buscemi, il responsabile dell’ufficio del Garante dei diritti fondamentali dei detenuti - dovrebbero essere ospitati tre detenuti, invece, ce ne sono anche nove". Ogni detenuto costa allo Stato 350 euro al giorno. "È mai possibile che debbano essere trattati così? Chi si trova al regime del 41 bis ha anche il bagno in camera e l’igiene è garantita. Mentre nelle celle ordinarie manca l’ acqua e qualsiasi garanzia di pulizia. Chi se la passa peggio?". Ieri il garante per i detenuti siciliani e coordinatore nazionale dei garanti, Salvo Fleres, è stato informato della protesta. "È una manifestazione che non va sottovalutata", ha detto Fleres. Massa: a Pontremoli 4 agenti sorvegliano celle vuote da 3 anni
Il Tirreno, 14 gennaio 2010
Il carcere di Empoli è inutilizzato da mesi, quello di Pontremoli è vuoto: nessun detenuto, poche guardie a vigilare. E nel resto d’Italia, secondo il sito GrNet.it (portale di informazione indipendente per il comparto sicurezza e difesa), ci sono 40 penitenziari pronti ma inutilizzati e ora in stato di abbandono. In Toscana. Il carcere empolese di Pozzale è vuoto da sei mesi: 26 celle, due agenti, una destinazione (carcere per trans) decisa da tempo. A breve, dovrebbe tornare a funzionare: i lavori sono ufficialmente in via di ultimazione, tra poche settimane il carcere potrebbe accogliere una ventina di detenuti transessuali. A Pontremoli, l’istituto ha svolto i suoi compiti fino agli inizi degli anni Novanta. Poi da circondariale venne trasformato in casa mandamentale femminile in grado di ospitare una trentina di detenute. Dopo l’indulto del 2006, la struttura si è gradatamente svuotata, fino a raggiungere lo stato attuale: deserta. Impiegati e agenti di custodia sono stati trasferiti presso il carcere di Massa; soltanto 3-4 guardie restano in servizio a Pontremoli, a controllare celle vuote. Sulmona: via Lamaccio trema per la "battitutura" dei detenuti di Fabio Lattanzi
www.radiocarcere.com, 14 gennaio 2010
Sulmona, 8 gennaio 2009, via Lamaccio trema, il rumore è assordante. La battitura è iniziata. Qualunque oggetto è utile ai detenuti della casa circondariale. Una protesta non violenta. Una protesta civile. L’innesco: l’ennesimo suicidio e l’ennesimo tentato suicidio. La polveriera: le condizioni d’invivibilità. I detenuti del supercarcere di Sulmona sono circa 492, quasi il doppio di quelli che la struttura, iniziata negli anni ottanta e terminata negli anni novanta, può ospitare. Centosettanta sono gli internati, quelli ospitati nella casa lavoro. Persone che non scontano una pena, ma che lo Stato ritiene socialmente pericolose. Persone che oziano non potendo svolgere alcuna attività lavorativa così come vorrebbe la legge. Il sovraffollamento li costringe a dividere in tre una cella di nove metri quadri. Hanno dimenticato quali siano le condizioni di salubrità. Manca spazio e manca l’igiene. Ciò che doveva essere utile ad uno diventa necessario per tre. Centocinquanta sono i così detti psicotici. Persone con i più diversi problemi psichici, i quali si dividono un solo psichiatra. Duecento sono gli agenti polizia penitenziaria. L’organico prevede la presenza di trecento detenuti e trecentoquaranta agenti. Il rapporto si sviluppa in modo inversamente proporzionale: crescono gli uni e diminuiscono gli altri. Antonio Tammaro, napoletano di ventotto anni, è iscritto all’esclusivo club degli internati. Rientrato da poco da un permesso premio, approfitta del fatto che i suoi compagni di stanza sono nella così detta cella socialità. Decide di scappare, di uscire da quel carcere che lo priva di tutto. Entra nel bagno, prende i lacci delle scarpe, li fa passare intorno al collo e li fissa alla finestra del bagno. L’unico agente di polizia penitenziaria, presente in una sezione che stipa cinquanta detenuti, non vedendo il detenuto, chiede ad altro internato di controllare. La scoperta fa scattare l’allarme. Altri agenti accorrono, aiutati dai non liberi sciolgono i lacci delle scarpe. Antonio Tammaro ce l’ha fatta è scappato, il corpo è senza vita. La sezione ammutolisce. Le lacrime compaiono sul viso di molti. Poche ore ed un altro tentativo di fuga. Sempre nella casa lavoro. Sempre un detenuto presente non per scontare una pena. La notte appare propizia. I compagni dormono. Un recluso campano tenta di tagliarsi le vene e poi di impiccarsi con un lenzuolo assicurato alla grata della cella. Il sonno non è però così profondo. Le urla, l’immediato accorrere degli agenti, impediscono questa ulteriore fuga. L’innesco, quello che ieri era a fatica sopportato oggi non si sopporta più. Il suicidio ed il tentato suicidio gettano nella disperazione. Costringono a prendere atto di una realtà a cui nessuno può essere costretto a vivere. Impongono di protestare. Una protesta non violenta, una protesta civile, da parte di coloro che quotidianamente vengono violentati. Un passa parola che unisce le diverse anime del supercarcere, le diverse sezioni, i cinquecento detenuti che con qualunque oggetto a disposizione ogni tre ore battono per dieci minuti. Un rumore assordante, piega il carcere, terrorizza chi è all’interno. Un urlo nel silenzio di chi è all’esterno. Livorno: il 16 gennaio in piazza per sapere chi uccise Marcello di Marco Maria Pagliaro
www.rivistaonline.com, 14 gennaio 2010
È l’11 luglio 2003 quando Marcello Lonzi, 29 anni, muore nel carcere di Livorno. Secondo l’autopsia la morte sarebbe avvenuta per cause naturali ma la signora Maria Ciuffi, madre di Marcello, ritiene sia conseguente ad un violento pestaggio e decide di presentare una denuncia a seguito della quale il giudice Roberto Pennisi apre un fascicolo, contro ignoti, per omicidio. Tra poco dovrebbe svolgersi il processo ma la signora Ciuffi teme che il tempo trascorso possa nuocere all’accertamento della verità. Da quella calda giornata di luglio di quasi sette anni fa si sono verificate tante, troppe, morti misteriose alle quali lo Stato non ha saputo o voluto dare risposte esaustive. Ecco perché si ritroveranno a Livorno, sabato 16 gennaio, i parenti di Carlo Giuliani, Manuel Eliantonio, Niki Gatti, Aldo Bianzino, Federico Aldrovandi, Riccardo Rasman, Giulio Comuzzi, Davide Grigion, Stefano Cucchi, Stefano Frapporti e l’ Associazione familiari e amici di Fausto e Iaio. Il corteo partirà da Piazza della Repubblica e attraverserà la vie principali della città fino a raggiungere il centro cittadino e il palazzo comunale. Un appuntamento importante al quale non mancheranno i parenti di uomini e donne che, in situazioni diverse, sono stati "consegnati" nelle mani di rappresentanti dello Stato i quali, in spregio alla norme che erano tenuti ad osservare, si sono comportati da carnefici. Occorre sottolineare che i casi più recenti sono stati riaperti grazie al coraggio dei genitori i quali, grazie al web, hanno raccolto prove e testimonianze rivelatesi utili ai fini delle inchieste. Tra i casi più eclatanti, dopo il pestaggio di Stefano Cucchi, ricordiamo quello di Francesco Mastrogiovanni spirato a soli 58 anni, alle 7,20 di martedì 4 agosto per un infarto causato da edema polmonare, esattamente quattro giorni dopo il suo ricovero (Tso) presso l’ospedale San Luca di Vallo della Lucania. Dall’autopsia sono emersi particolari che definire inquietanti è poco. Il cadavere del maestro cilentano presenta diversi lividi sul corpo e ferite profonde dovute ai lacci utilizzati per legargli polsi e caviglie durante la lunga e ingiustificata contenzione. Sulla cartella clinica non c’è traccia alcuna del provvedimento di contenzione. Quattordici, fra medici e infermieri, finiscono sotto inchiesta perché "il maestro più alto del mondo", come lo chiamano i suoi scolari, non è solo. Intorno al suo cadavere tanti amici e parenti, gli stessi che a Livorno chiederanno verità e giustizia per tutti. Acireale (Ct): un concerto gospel per i ragazzi detenuti all’Ipm
Ristretti Orizzonti, 14 gennaio 2010
Giovedì 21 gennaio 2010 alle 15.30, la Crivop metterà in atto il secondo "Concerto Gospel" dentro le mura dell’Istituto Penitenziario Minorile di Acireale (Ct) con il gruppo musicale cristiano "I Fondamento" di Catania. Come nel primo concerto del 2 dicembre 2009 dentro la C.C. di Messina, anche nell’Ipm di Acireale (CT), la Crivop desidera portare ai 27 ragazzi del penitenziario attraverso la musica, momenti di serenità ed allegria.Il Gospel contemporaneo inteso come comunicazione, può essere importante nella vita carceraria come passaggio di sensazioni. "Chi prova emozioni ha un cuore e su questa base si può fare un cammino che consente di arrivare alle cause che hanno determinato certe condotte delittuose. La musica come stimolo entusiasmante per cambiare se stessi, può mettere in azione, infatti, dei meccanismi che possono portare all’affermazione di un io diverso dall’io criminale". Al termine del concerto, saranno offerti ai ristretti, dolci e bevande donati dalla Crivop. Info: Associazione di Volontariato Penitenziario CR.I.VO.P. Onlus. Tel. 3665086513 - Link: www.crivop.altervista.org - mail: crivop@libero.it Stati Uniti: droghe e proibizione... il sistema carcerario scoppia
Terra, 14 gennaio 2010
Secondo l’autorevole recensore di tre opere sul sistema giudiziario e penitenziario statunitense (D. Cole, New York Review of Books, 19.11.09, p 41), i falchi della repressione stanno oramai pensando a una cauta ritirata strategica. Qualche dato: negli Usa finiscono in carcere 80 innocui detentori di droga contro soli 20 spacciatori, il che è la causa prima del fenomenale aumento della popolazione carceraria - dal 1975 a oggi di ben sette volte, con un’impennata dopo la dichiarazione reaganiana di "guerra alle droghe" nel 1982. Con il dilagare da uno Stato al’altro di leggi "tre colpi e sei fuori giuoco", alla terza condanna, anche solo per un paio di canne, per il furto di un trancio di pizza, per un insulto al poliziotto che senza motivo ti sta massacrando, si va all’ergastolo. La crescente discriminazione a danno dei soggetti delle minoranze sfavorite ha elevato a otto volte la probabilità di un afroamericano di finire in carcere rispetto a quella di un bianco; e per buona giunta, il primo sconta per un piccolo reato, come la semplice detenzione di droga, una condanna mediamente altrettanto lunga quanto quella di un bianco per un reato di grave violenza - una disparità di trattamento che stride sempre di più dopo il successo di Obama. E ancora: sono stati in gran parte abbandonati o ridimensionati i programmi per i detenuti (di educazione e riabilitazione, di assistenza post-scarcerazione), il che ha fatto esplodere il tasso di recidivismo. Ovviamente, più se ne ingabbiano - la popolazione carceraria è arrivata a quota 2.300.000; in proporzione in Italia sarebbero oltre 450mila, anziché "soltanto" 65mila circa - e più se ne devono prima o poi liberare. Quindi si prevede che dei 700mila scarcerati nel 2009 ben 490mila torneranno all’ovile entro tre anni. Crisi aiutando, a questo punto molti Stati sono alla canna del gas. Non riescono più a sostenere l’escalation delle spese per i corpi di polizia, i tribunali, le carceri (se ne apre una nuova ogni settimana e un detenuto costa più di uno studente in una buona università). Quindi si è già avviato qua e là un cauto alleggerimento delle leggi penali, una depenalizzazione dell’uso di cannabis su ricetta medica, una proliferazione di corti di giustizia ad hoc, per favorire le pene alternative al carcere collegate a programmi di cura e riabilitazione, pur risparmiosamente in via di rilancio. Si ingrossa la schiera dei potenti - Schwarzenegger in testa - che chiedono a gran voce la legalizzazione e tassazione delle droghe leggere, per sfoltire le carceri e salvarsi dalla bancarotta. Infine, come scrive Grazia Zuffa in queste pagine, Obama ha mosso alcuni primi e significativi passi per porre fine alla war on drugs. Sul piano psico-socio-antropologico, il giurista Cole spiega chiaramente come la penalizzazione delle infrazioni minori, e in particolare quella della semplice detenzione di droga, insieme alla feroce persecuzione dei soggetti deboli, sospinge un numero sempre crescente di cittadini a perdere fiducia nella legittimità ed equità del sistema giustizia: una china fortemente scivolosa, poiché quanto più scende il livello di fiducia nella giustizia, tanto più cresce la frequenza e gravità dei reati. Altrettanto ben dimostrato è che gli investimenti nelle misure alternative al carcere, in quelle a favore degli ex detenuti (educazione, lavoro, casa), in quelle mirate ad abbattere le discriminazioni e lo stigma che li emarginano, recano benefici anche economici assai maggiori che non le spese "a perdere" per la repressione: e non solo per la riduzione dei tassi di recidivismo, ma anche per il ripristino della produttività delle persone. Ma diciamolo chiaramente: il proibizionismo serve ormai troppi interessi illegali e "legali" tra loro strettamente intrecciati, come dimostra un semplice esempio. Un taglio dei profitti dei narcos colombiani, quindi il blocco del flusso di denaro sporco verso le banche della Florida, ridurrebbe di circa il 20% il Pil di quello Stato, il quale si gloria di aver sancito la prima truffaldina vittoria di George W. Bush. Da noi gli economisti prudentemente si astengono da altrettanto specifiche analisi: tengono famiglia.
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