Rassegna stampa 12 gennaio

 

Giustizia: proteste davanti alla Camera "lo Stato si rieduchi..."

 

Apcom, 12 gennaio 2010

 

Sit in di protesta contro l’emergenza carceri in piazza Montecitorio, in concomitanza con la discussione e la votazione in aula alla Camera delle mozioni di Radicali ed altri (prima firma Rita Bernardini, sottoscritta da 93 deputati di cui 79 Pd, 8 Pdl, 2 Idv, 1 Udc, 2 Misto - Mpa, 1 Misto - Repubblicani) e alla presentazione del rapporto delle associazioni (Antigone, Caritas e Nessuno tocchi Caino) sul sovraffollamento dei penitenziari italiani. "Lo Stato si rieduchi", è lo slogan della protesta.

I manifestanti denunciano come in Italia vi siano a tutt’oggi "65.774 detenuti ammassati in celle che possono contenerne 43.220; 5.261 agenti in meno di quelli previsti in pianta organica; 402 educatori in meno rispetto alla pianta organica; 1 solo psicologo, per poche ore lavorative a settimana, ogni 187 detenuti". E ancora come "il 50% dei detenuti è in attesa di giudizio e il 30% di loro sarà riconosciuto "innocente"; la metà degli imputati che fa ingresso in carcere, vi rimane per non più di 10 giorni; il 35% esce dopo 48 ore; il 27% dei detenuti è tossicodipendente; il 38% dei detenuti è in condizioni di salute "mediocri", il 37% "scadenti", il 4% "gravi"; il 15% dei detenuti soffre di depressione e altri disturbi psichiatrici".

Inoltre, "solo 1 detenuto su 4 ha la possibilità di lavorare e solo 1 su 10 può partecipare a corsi professionali: tutti gli altri sono costretti a passare nell’ozio, in celle sovraffollate, dalle 18 alle 22 ore al giorno; moltissimi detenuti sono costretti a scontare la pena a centinaia di Km di distanza dagli affetti familiari; figli, genitori, coniugi - quasi sempre per motivi economici - riducono a poche visite annuali i rapporti con il loro congiunto recluso; 70 bambini sotto i tre anni sono carcerati con le loro madri".

Tutto questo a dispetto dell’art. 27 della Costituzione che stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Dell’art. 13 della Costituzione secondo cui "è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà". E dell’ art. 3 della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo che recita: "Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti"

Alla protesta partecipano diversi parlamentari con Mario Staderini (Segretario di Radicali Italiani), Sergio D’Elia (Segretario Nessuno Tocchi Caino); Patrizio Gonnella (Antigone); Giuseppe Rossodivita (Segretario Comitato Radicale per la Giustizia Piero Calamandrei); Gianfranco Spadaccia (Comitato Nazionale Radicali Italiani), Riccardo Arena (Radio Carcere); Irene Testa (Segretario Il Detenuto Ignoto); Salvatore Bonadonna (Rifondazione Comunista); Gian Domenico Caiazza (presidente del Comitato Radicale per la Giustizia "Piero Calamandrei"). E, per le organizzazioni sindacali, Eugenio Sarno (Segretario Nazionale UIL Penitenziari); Leo Beneduci (segretario generale dell’Osapp); Francesco Quinti (Coordinatore Nazionale Fp-Cgil Polizia Penitenziaria); Enrico Sbriglia, Segretario Nazionale del Sidipe (Sindacato dei Direttori e Dirigenti Penitenziari).

Giustizia: Cicchitto (Pdl); per le carceri impegno "bipartisan"

 

Apcom, 12 gennaio 2010

 

Il Pdl si rende disponibile e chiede uno sforzo bipartisan dei gruppi parlamentari per la convergenza almeno parziale di maggioranza e opposizione almeno su singole parti delle mozioni di indirizzo sull’emergenza carceri, tema su cui è impegnata l’aula di Montecitorio. "Alla Camera - sottolinea il capogruppo Fabrizio Cicchitto - si svolge sul tema delle carceri un dibattito serio e non fazioso. Come maggioranza abbiamo lavorato ad una mozione che sviluppa una riflessione critica sulla drammatica situazione carceraria. Un contributo costruttivo è offerto anche dalla mozione che ha per prima firma quella della Bernardini", parlamentare dei Radicali.

"In essa - riconosce Cicchitto - si fa un’analisi obiettiva da un lato della profonda crisi in cui versa il sistema giudiziario italiano, che - aggiungiamo noi - giustifica l’adozione di un provvedimento immediato quale il processo a durata certa, e dall’altro lato del sistema carcerario che, per una catena di distorsioni, rischia di diventare una sorta di drammatica discarica sociale senza più alcun rapporto con il dettato costituzionale circa la funzione della pena e del carcere. In effetti il sistema carcerario non da oggi, ma da molti anni a questa parte, ha retto perché, aldilà delle giustificazioni teoriche, veniva alleggerito da periodiche amnistie e indulti. Nel momento in cui non si fanno amnistie e indulti ecco che il sistema rischia di esplodere".

"La mozione Bernardini - argomenta ancora il capogruppo Pdl - fa anche riflessioni che personalmente condividiamo, ma che sappiamo non essere condivise dal Governo e dalla stessa maggioranza sul 41bis. In ogni caso siccome il Ministro Alfano ha intenzioni innovative che riguardano sia la giustizia nella sua globalità che la gestione del sistema carcerario ci auguriamo un confronto parlamentare positivo fra Governo, maggioranza e opposizione con la votazione comune di almeno una parte significativa degli impegni contenuti nelle mozioni in modo da dare al Governo delle indicazioni positive volte a superare con l’indispensabile gradualità sia la situazione complessiva attraversata dalla giustizia del nostro paese sia dalle condizioni in cui versano le carceri del nostro paese".

Giustizia: Borsellino (Pd); troppi detenuti, con pochi poliziotti

 

Il Velino, 12 gennaio 2010

 

"Nelle carceri italiane, il sovraffollamento di detenuti, a fronte del sottodimensionamento del personale della polizia penitenziaria, rischia di vanificare la funzione rieducativa della reclusione e di limitare pesantemente la sicurezza. Per questo, è necessario che il Parlamento avvii con urgenza una riforma in materia di custodia cautelare preventiva, di tutela dei diritti dei detenuti e di trattamenti sanzionatori e rieducativi. La strada dell’adozione di pene alternative per i detenuti che hanno compiuto reati minori permetterebbe di risolvere in parte il problema del sovraffollamento e contribuirebbe a ridurre il disagio psicologico".

Lo dice l’europarlamentare del Pd Rita Borsellino a sostegno della mozione Bernardini sulle criticità dei penitenziari italiani discussa alla Camera. "Quest’anno - ha aggiunto - in occasione dell’iniziativa ‘Ferragosto in carcere 2009’ promossa dai Radicali italiani, ho avuto modo di toccare con mano questa realtà disastrata, in particolare di quella di San Giuliano (Trapani), in cui la popolazione carceraria è di oltre 500 detenuti, quasi il doppio rispetto alla capienza reale della struttura, che è di 280 persone".

Giustizia: le Associazioni; più misure alternative, meno edilizia

 

Redattore Sociale - Dire, 12 gennaio 2010

 

I 500 milioni previsti in Finanziaria per l’edilizia penitenziaria per 10 mila progetti di recupero sociale: lo chiedono Antigone, Arci e Vic. Gonnella: "Costruire nuove carceri è una proposta che in Italia non funziona".

Usare 500 milioni previsti in Finanziaria per l’edilizia penitenziaria per 10 mila progetti di recupero sociale, al costo di 50 mila euro l’uno. È questo il primo provvedimento d’urgenza contro il sovraffollamento delle carceri e per il rispetto dei diritti dei detenuti presentata questa mattina presso la sala del Mappamondo della Camera da Antigone, Arci e Vic, Volontariato in carcere. "Sarebbe una proposta che porta via in modo sistemico le persone che hanno scarsa pericolosità sociale dal sistema penitenziario - ha spiegato Patrizio Gonnella -, mentre costruire nuove carceri è una proposta che in Italia non funziona".

Per Gonnella, oggi si tratta di puntare di più sulle misure alternative e non sull’edilizia. Occorre "rilanciare un sistema che già funziona nel processo penale minorile - ha aggiunto Gonnella - che è quello della messa alla prova. Ridurre i tempi di custodia cautelare, rendere meno obbligatoria per alcuni reati la custodia cautelare. Prevedere inoltre, rispetto alle condizioni drammatiche di vita che oggi determinano la violazione dei diritti umani, l’istituzione di una figura di garanzia nazionale per le persone private della libertà e introdurre il crimine di tortura nel codice penale". Figura, quest’ultima, presente in molti paesi europei con il compito di mediare tra il personale e la popolazione detenuta.

 

Più misure alternative

 

Sono 7.737 i detenuti in misura alternativa, di cui soli 778 in semilibertà. All’inizio del 2006 erano 23.394. 19.823 persone stanno scontando una pena inferiore ai tre anni e potrebbero quindi accedervi. Il tasso medio di recidiva "ordinario" è del 68% fra la popolazione detenuta e del 30% fra coloro che hanno scontato la pena prevalentemente in misura alternativa. Due ostacoli lo impediscono: 1) gli impedimenti frapposti dalla legge ex Cirielli sulla recidiva; 2) la cautela della magistratura di sorveglianza. Oggi vi sono 24 mila detenuti in più rispetto ai posti letto regolamentari. Il Governo ha stanziato 500 milioni per l’edilizia penitenziaria. Un carcere da 200 posti costerebbe circa 20 milioni. Con 500 milioni, seppur in un anno si riuscissero a costruire 25 mini-carceri (cosa mai successa nella storia repubblicana) avremmo 5000 nuovi posti letto, i quali sarebbero comunque assorbiti, visti i trend di crescita di 800 unità al mese, in un solo semestre. Una politica criminale lungimirante dovrebbe a nostro avviso guardare alle cause del sovraffollamento e intervenire su ciò che produce carcerazione senza far accrescere la sicurezza pubblica. Un detenuto in affidamento sociale costa un decimo di un detenuto in carcere, ossia meno di 20 euro al giorno. Con quei 500 milioni si potrebbero finanziare 10 mila progetti tutorati di recupero sociale per detenuti che potrebbero svolgere ben più proficui lavori socialmente utili. Inoltre, una parte minima di quei soldi, potrebbe essere usata per costruire case alloggio dove portare le detenute madri con i loro bambini sotto i tre anni oggi costretti a trascorrere l’infanzia in galera.

 

Rivedere le leggi sulle droghe, sull’immigrazione e sulla recidiva

 

La legge sulle droghe Fini-Giovanardi è la normativa con il maggior impatto sul sistema penale e penitenziario. Un terzo dei detenuti entrati in carcere è tossicodipendente. Il 31% dei detenuti è dentro per violazione del Testo Unico sugli stupefacenti. In attesa di una riforma complessiva che sposti tra l’altro l’asse dalla penalizzazione alla prevenzione (si pensi che oggi ci sono più tossicodipendenti in carcere che nelle comunità terapeutiche) per contenere il sovraffollamento subito si può: 1) dare maggiore rilevanza alla "lieve entità" nell’ipotesi di produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti; 2) riduzione sostanziale delle pene per il piccolo spaccio; 3) favorire l’accesso alle misure alternative per i tossicodipendenti. Anche la legge sulla immigrazione apporta grandi numeri al carcere senza apportare sicurezza. Sono stati 13 mila nel 2009, sui 43mila stranieri complessivi, gli ingressi di extracomunitari in carcere per non aver ottemperato all’obbligo di espulsione. Basterebbe depenalizzare (o prevedere una sanzione non carceraria) il reato di mancata ottemperanza all’obbligo di espulsione del questore per decongestionare le carceri. La terza legge da modificare è la legge ex-Cirielli, diventata famosa come "legge salva-Previti". Essa non ha soltanto ridotto i termini di prescrizione dei reati, ma ha dato nuova forma e contenuto alla figura del "recidivo" e inventato la disciplina del "recidivo reiterato". Per il recidivo sono stati introdotti inasprimenti di pena, divieto di applicazione di circostanze attenuanti in alcuni casi, aumento dei termini per la richiesta di permessi premio, irrigidimento per la concessione delle misure alternative, divieto di sospensione pena. La normativa in oggetto ha tragicamente aggravato la condizione di sovraffollamento Questa legge va profondamente rivista.

 

Meno custodia cautelare, più messa alla prova

 

Andrebbe ridotto il numero di persone in custodia cautelare rivedendo i meccanismi di obbligatorietà della carcerazione preventiva ed estendendo l’applicazione degli arresti domiciliari. Andrebbe esteso agli adulti il meccanismo della messa alla prova già previsto per i minori.

 

Introduzione del difensore civico nazionale delle persone private della libertà

 

Di fronte al rischio di violazioni dei diritti umani all’interno degli istituti di pena, di fronte alle condizioni drammatiche di vita nelle carceri proponiamo la rapida approvazione di una legge che istituisca il difensore civico delle persone private della libertà su scala nazionale. In questo modo sarebbe garantito un controllo dei luoghi di detenzione così come impongono le norme internazionali. La custodia delle persone fermate, arrestate e detenute deve avvenire nel pieno rispetto della dignità umana. Questa figura, presente in molti paesi europei, potrebbe svolgere un efficace ruolo di mediazione tra il personale e la popolazione reclusa. Le risorse per il difensore civico così come per chi come il volontariato e il terzo settore opera nel mondo penitenziario, possono essere attinte dalla Cassa delle ammende. Circa 150 milioni di euro che altrimenti rischiano un’impropria utilizzazione.

 

Introduzione del crimine di tortura

 

L’introduzione del crimine di tortura nel codice penale sarebbe un gesto forte da parte dello Stato visto quanto accaduto negli ultimi mesi (caso Cucchi in primis). Uno Stato forte non deve temere la sottoposizione a giudizio. L’Italia è inadempiente rispetto a quanto previsto dalle Nazioni Unite nel lontano 1984.

 

Assunzione di 1.000 educatori e 1.000 assistenti sociali

 

Nelle carceri vi sono 42.268 poliziotti penitenziari in organico. 39.482 sono i poliziotti che lavorano effettivamente per l’amministrazione penitenziaria al netto di distacchi e assenze di vario tipo. Si riducono a 16 mila se si considerano coloro che sono destinati a altri incarichi fuori dalle carceri (1.600 lavorano al Dap). Tra le situazioni regionali di maggiore disagio vanno segnalate quelle del Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna. Per un sud che non ha carenze di organico vi è un nord dove la situazione è drammatica. Si tratta di eredità del passato difficili da gestire. Non servono nuovi poliziotti. Serve distribuirli meglio. Gli educatori sono circa 800 di cui più o meno 400 lavorano effettivamente nelle carceri. Gli assistenti sociali sono 1.140 di cui circa 900 lavorano negli Uepe (Uffici per l’esecuzione penale esterna). Con 1.000 educatori e 1.000 assistenti sociali si potrebbero velocizzare le pratiche per accedere alle misure alternative e si potrebbe aumentare la qualità dell’intervento di risocializzazione esterna rendendolo più sicuro e controllato.

Giustizia: 40 carceri inutilizzate; lo spreco è di 200 milioni di euro

 

Apcom, 12 gennaio 2010

 

Per fare fronte al sovraffollamento carcerario ci sarebbero già 40 penitenziari già pronti, che però non sono utilizzati. È la denuncia del Partito degli operatori della sicurezza e della difesa (Psd). Nonostante le strutture già a disposizione, sottolinea il Psd, "il Governo progetta la costruzione di nuovi istituti penitenziari stanziando addirittura 500 milioni di euro chiedendo ulteriori fondi all’Unione europea con apposita proposta divenuta addirittura oggetto di una risoluzione dell’Europarlamento.

Tale disastrosa situazione è stata denunciata più volte dal sindacato della polizia penitenziaria. La semplice e, soprattutto, notevolmente meno onerosa ristrutturazione degli edifici già presenti sul territorio risulterebbe attuabile sicuramente in tempi brevissimi se confrontati con quelli necessari alla costruzione ex novo di carceri, contribuendo così alla realizzazione della tanto perseguita razionalizzazione del sistema penitenziario, punto programmatico di Governo". Ecco l’elenco stilato dall’organizzazione:

- l’istituto carcerario di Morcone (Benevento), è stato costruito, abbandonato, ristrutturato, arredato e nuovamente abbandonato dopo un periodo di costante vigilanza armata ad opera di personale preposto;

- l’istituto carcerario di Arghillà (Reggio Calabria), parimenti inutilizzato, è mancante della sola strada d’accesso, delle fogne e dell’allacciamento idrico, ma è per il resto ultimato e dotato di accorgimenti tecnici d’avanguardia;

- vi sono intere ed impervie regioni nelle quali il problema delle strutture inutilizzate si sovrappone alla frammentazione ed alla sporadicità di quelle esistenti che costringono i preposti Nuclei traduzioni e piantonamenti a frequenti e rischiosi viaggi diversamente non necessari; è il caso della Sardegna dove sono state frettolosamente dismesse ben otto case mandamentali (Ales, Bono, Carbonia, Ghilarza, Sanluri, Santavi, Terralba e soprattutto, per l’eccezionale spreco, Busachi, che, dopo essere costata 5 miliardi di lire, non è stata mai inaugurata), oppure regioni nelle quali a causa della mancata programmazione in funzione dell’estensione, si è costretti allo stesso andirivieni da e per istituti posti al limite provinciale come per Lecce Nuovo Complesso, sorto nel nord di una provincia che si estende per oltre 70 chilometri, quotidianamente percorsi da tutte le Forze dell’ordine provinciali che, ad esempio, potrebbero utilizzare (con semplici adeguamenti tecnici) la casa mandamentale di Maglie solo parzialmente utilizzata per ospitare detenuti semiliberi; ancora maggiore è lo spreco nella stessa provincia, nel comune di Galatina, dove l’istituto penitenziario è del tutto inutilizzato malgrado la posizione strategica.

- ancora, ad Udine, si registra la chiusura della sezione femminile del penitenziario a fronte di situazioni sature in altri istituti, ormai al collasso;

- a Gorizia risulta inagibile un intero piano dell’istituto carcerario e non sono stati programmati i necessari lavori, così come a Venezia e a Vicenza, dove la capacità ricettiva è ridotta a 50 unità;

- a Pinerolo (Torino), il carcere è chiuso da dieci anni ma è stata individuata l’area ove costruirne uno nuovo;

- a Revere (Mantova), dopo 17 anni dall’inizio dei lavori di costruzione, il carcere con capienza da 90 detenuti (costo stimato: 5 miliardi di lire) è ancora incompleto. Non solo, i lavori sono fermi dal 2000 e i locali, costati più di 2,5 milioni di euro, sono già stati saccheggiati;

- l’istituto carcerario di Codigoro (Ferrara) che, nel 2001, dopo lunghi lavori, sembrava pronto all’uso, è ad oggi ancora chiuso;

- a Pescia (Pistoia), il ministero ha soppresso la casa mandamentale;

- a Pontremoli (Massa-Carrara), il locale istituto femminile, inaugurato nel 1993, con capienza pari a 30 detenute, è attualmente chiuso;

- ad Ancona Barcaglione, il penitenziario da 180 posti inaugurato nel 2005, nonostante le spese di mantenimento della struttura vuota ammontassero a mezzo milione di euro all’anno, gli ospiti non sono mai stati più di 20 e i dipendenti 50;

- in Abruzzo, nel penitenziario di San Valentino (Pescara), costruito da 15 anni, non ha alloggiato nessun detenuto. Nella struttura vagano solo cani, pecore e mucche;

- in Campania, l’istituto di Gragnano (Napoli) è stato inaugurato e chiuso a causa di una semplice frana; lo stesso è accaduto a Frigento (Benevento);

- in Puglia, oltre a Minervino Murge (Bari), struttura mai entrata in funzione, c’è il caso di Casamassima (Bari), carcere mandamentale condannato all’oblio da un decreto del Dipartimento;

- a Monopoli (Bari), nell’ex carcere mai inaugurato, non ci sono detenuti ma sfrattati che hanno occupato abusivamente le celle abbandonate da 30 anni;

- ad Altamura (Bari), si aspetta ancora l’inaugurazione di una delle tre sezioni dell’istituto;

- non sono state mai aperte le strutture mandamentali di Volturara Appula (Foggia), 45 posti, incompiuto, e Castelnuovo della Daunia (Foggia), arredato da 15 anni;

- Accadia (Foggia), penitenziario consegnato nel 1993, ora del Comune, è inutilizzato;

- a Bovino, è presente una struttura da 120 posti, già pronta, chiusa da sempre come ad Orsara, nella stessa provincia di Foggia;

- l’istituto di Irsina (Matera), costato 3,5 miliardi di lire negli anni 80, ha funzionato soltanto un anno ed oggi è un deposito del Comune;

- gli istituti di Mileto (Vibo Valentia) e di Squillace (Catanzaro) sono stati ristrutturati e poi chiusi. In quello di Cropani (Catanzaro), abita solo un custode comunale. Gli istituti di Arena (Vibo Valentia), Soriano Calabro (Vibo Valentia), Petilia Policastro (Crotone) e Cropalati (Cosenza) sono stati soppressi;

- a Gela (Caltanissetta) esiste un penitenziario enorme, nuovissimo e mai aperto;

- a Villalba (Caltanissetta), 20 anni fa è stato inaugurato un istituto per 140 detenuti, costato all’epoca 8 miliardi di lire, e che dal 1990 è stato chiuso e recentemente tramutato in centro polifunzionale;

- il carcere di Licata (Agrigento) è completato, ma non essendo stato collaudato è ad oggi inutilizzato;

- ad Agrigento, sei sole detenute occupano i 100 posti della sezione femminile.

Giustizia: la sanità penitenziaria malata, tra infezioni e suicidi

di Valeria Pini

 

La Repubblica Salute, 12 gennaio 2010

 

Sovraffollamento, mancanza di igiene, allarme psichiatrico: nelle carceri è sempre più emergenza. E ora parte un’inchiesta parlamentare. Gli operatori: "Non è possibile lavorare sempre e soltanto nell’emergenza".

È una sanità "malata", in continua emergenza, quella delle carceri italiane. Disagi e sovraffollamento sono i principali problemi con cui hanno a che fare duemila medici e infermieri: pochi per 65.774 detenuti, in strutture che dovrebbero ospitarne al massimo 43mila. Una situazione in cui si diffondono facilmente le infezioni, e dove aumentano i suicidi: 46 nel 2008, 72 nel 2009.

A diciotto mesi dall’entrata in vigore della riforma che trasferisce le competenze al Servizio sanitario nazionale (dl 230 del 1999), la sanità penitenziaria è più che mai in crisi. "Ci sono situazioni in cui i detenuti sono costretti a stare a letto tutto il giorno perché non c’è spazio - dice Fabio Gui, segretario nazionale del Forum per la salute in carcere - Mancano lo spazio, le lenzuola, a volte l’acqua calda". "La riforma va a rilento - aggiunge Anna Donata Greco, presidente del Forum per il Piemonte - perché si è preteso di attuarla a costo zero". Le Regioni procedono in ordine sparso adottando modelli diversi e molte lamentano la carenza di fondi. "In queste condizioni non si può curare bene, né fare prevenzione", dice Pasquale Paolillo, medico del carcere di Bologna e coordinatore nazionale dell’Amapi, l’Associazione dei medici dell’amministrazione penitenziaria.

"Per quanto riguarda la riforma - spiega Angelo Marroni, Garante dei detenuti del Lazio - nella nostra regione siamo avanti. Con due milioni e mezzo di euro sono stati sostituiti strumenti che non erano a norma. Ma nelle regioni a statuto speciale è tutto fermo, manca un tavolo nazionale per il passaggio di competenze". "È aumentato ulteriormente il numero di detenuti - dice Antonino Levita dell’Opg di Barcellona, in Sicilia, e segretario Amapi - e lo spazio vitale è ridotto ai minimi termini". Per i reclusi il disagio più forte è quello dei primi giorni, quando sarebbe fondamentale un sostegno psicologico. "Abbiamo previsto la stabilizzazione dei servizi di accoglienza con l’incremento di psicologi e di psichiatri - spiega Angelo Cospito, coordinatore della sanità penitenziaria in Lombardia - Qui non ci affidiamo alle Asl ma alle Aziende ospedaliere. L’organizzazione è più semplice".

"Siamo di fronte a un carcere malato - commenta Francesco Ceraudo, presidente dell’Amapi - La promiscuità favorisce la diffusione di infezioni. Saltano gli schemi di controllo medico". Per Andrea Franceschini del Simspe (Società italiana di medicina e sanità penitenziaria) "non si può lavorare sempre sull’emergenza. In carcere arrivano anche molti stranieri, sono 24.340, e non ci sono i mediatori culturali". Ora Leoluca Orlando, presidente della Commissione parlamentare sugli errori sanitari, annuncia "una inchiesta sulla garanzia del diritto alla salute dei detenuti".

 

"Salute in grata", da Bollate il giornale dei detenuti

 

Un giornale realizzato dai detenuti per parlare di salute in carcere. Un modo per spiegare ai propri compagni come prevenire e conoscere le malattie, ma anche un impegno quotidiano per chi vive dietro le sbarre. "Salute in grata coinvolge una trentina di detenuti che trovano notizie e informazioni su temi legati alla salute - spiega Lucia Castellano, direttore della Seconda casa di reclusione Milano-Bollate, dove è nato il progetto - Ognuno di loro partecipa su base volontaria a questo lavoro.

Il mensile viene realizzato da tre diverse redazioni che selezionano diversi temi: quella maschile, quella femminile e quella dei nuovi reparti in cui si trovano i detenuti che hanno commesso reati a sfondo sessuale". "Per dare vita a questo gruppo - spiega Viviana Brinkmann, vice direttore del giornale e presidente dell’associazione lombarda "Amici di Zacchero" che ha dato vita al mensile - ci hanno aiutato diversi giornalisti professionisti.

Il gruppo è tutto autogestito dai detenuti: scelgono gli argomenti da trattare e ricercano i contributi scritti da medici, agenti di polizia, educatori, volontari e compagni. In genere i temi più ricorrenti sono quelli legati al contagio come, ad esempio, l’epatite, le malattie dermatologiche o la tubercolosi".

All’interno del carcere di Bollate c’è un altro progetto che coinvolge la salute dei 1.040 detenuti. È lo sportello salute che fornisce informazioni sui servizi medici. "Abbiamo tre centri di ascolto, con ventitré detenuti che lavorano - dice Brinkmann - Ora si spera di esportare il progetto in altre carceri".

Giustizia: Csm; sui detenuti suicidi sentire i giudici sorveglianza

 

Ansa, 12 gennaio 2010

 

Il Csm ascolti tutti i Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza "per effettuare una seria indagine sulla situazione attuale dei diritti dei detenuti rapportati alla situazione delle carceri italiane". Lo sollecita un gruppo di consiglieri sottolineando che "i recenti suicidi di due detenuti a Sulmona e a Verona ripropongono il problema, che tende ad aggravarsi per il costante aumento della popolazione carceraria, delle condizioni di vita e della tutela dei diritti dei soggetti sottoposti al regime detentivo".

A chiedere l’apertura di una pratica da affidare alla sesta e alla settima commissione, i consiglieri (Roia, Berruti, Carrelli Palombi, Mannino, Napolitano e Viola) ricordano che "numerose sono le denunce, anche di natura politica, presentate da diversi soggetti istituzionali che professionalmente interagiscano con gli istituti penitenziari".

"Nel nostro sistema ordinamentale - è detto nel documento - la magistratura di sorveglianza è preposta al controllo dell’esecuzione della pena ed ha compiti di vigilanza sull’organizzazione del servizio carcerario dovendosi in ciò ricomprendere anche l’aspetto relazionale fra detenuti e fra questi e il loro quotidiano di vita rappresentato soprattutto dalle condizioni ambientali. Il Consiglio Superiore della Magistratura deve farsi carico, al di là dei compiti di formazione e di sensibilizzazione dei magistrati di sorveglianza che già sono positivamente realizzati nell’ambito della nona commissione referente, della effettività della realizzazione della osservazione giurisdizionale nei luoghi di detenzione".

Giustizia: Antigone; i suicidi sono l'effetto del sovraffollamento

 

Apcom, 12 gennaio 2010

 

L’emergenza suicidi nelle carceri è un effetto del sovraffollamento e della mancanza di fondi. Lo ha detto il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella, presentando il documento siglato insieme a Arci e all’associazione Volontari in carcere della Caritas di Roma, che avanza una serie di proposte per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario. "Aumentano i detenuti - ha detto Gonnella - mentre il personale di supporto psicologico, e gli stessi poliziotti, diminuiscono. Il risultato è che i soggetti più fragili non ce la fanno. Oggi la popolazione carceraria - ha aggiunto - è composta per due terzi di persone con problemi di inclusione sociale, in particolare immigrati e tossicodipendenti. Senza una rivitalizzazione del welfare in Italia, avremo sempre più carcerati".

"È indispensabile - ha aggiunto Franco Uda, responsabile carceri dell’Arci - aumentare l’applicazione delle misure alternative, soprattutto per le mamme con i bambini, i malati di aids, i tossicodipendenti e gli stranieri. Per farlo occorre mettere mano alla Fini-Giovanardi, alla Bossi-Fini e alla Cirielli". Un terzo dei detenuti, infatti, si legge nel documento, è dentro la violazione del testo unico sugli stupefacenti. "Occorrerebbe dare maggiore rilevanza alla ‘lieve entità’, piuttosto che alla produzione, ridurre le pene per il piccolo spaccio e favorire l’accesso alle misure alternative". Inoltre sarebbe necessario rivedere la ex-Cirielli, (diventata famosa come Salva-Previti), che ha inasprito la disciplina della recidiva, "aggravando tragicamente la condizione di sovraffollamento".

Giustizia: manifestazione a Livorno; stop alle "morti di Stato"

 

Liberazione, 12 gennaio 2010

 

Sabato 16 gennaio Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi ucciso nel carcere "Le Sughere" di Livorno nel 2003, ha convocato una manifestazione per chiedere verità e giustizia. Infatti in questi giorni la Procura di Livorno si dovrebbe pronunciare sulla riapertura del processo. All’appello di Maria hanno aderito tanti altri familiari di vittime per mano dello stato: saranno presenti i parenti di Carlo Giuliani, Manuel Eliantonio, Niki Gatti, Stefano Cucchi, Aldo Bianzino, Federico Aldrovandi, Riccardo Rasman, Gabriele Sandri, Giulio Comuzzi, Davide Grigion, Stefano Frapporti, Associazione familiari e amici di Fausto e Iaio.

A seguire il comunicato: "Venerdì 18 dicembre il giovane Uzoma Emeka, 32 anni nigeriano, muore in circostanze misteriose nel carcere di Castrogno (Teramo); tre mesi prima aveva assistito a un pestaggio da parte delle guardie. Come sempre le "autorità" spiegano gli omicidi con la solita frase "decesso per cause naturali" ma è sufficiente vedere le foto del corpo di Marcello Lonzi per capire che non c’è assolutamente niente di naturale. Eppure - dopo più di sei anni, un’archiviazione, una riapertura del caso e un iter di esami e perizie costosissime - per Marcello si attende a breve una risposta proprio dalla Procura di Livorno.

Purtroppo la lista dei morti nelle carceri non ha mai fine (nel 2009, 175 morti, il numero più alto registrato dal 2000 per un totale di 1.564 persone). È un bollettino di guerra, quella stessa guerra che lo Stato Italiano conduce contro i proletari anche mediante le galere. Recentemente la morte di Stefano Cucchi che stranamente ha interessato parecchio stampa e tv, gli stessi che non si sono per nulla occupati della recente archiviazione per la morte di Aldo Bianzino, avvenuta nel carcere di Perugia. Ma quante sono le morti che nessuno rivendica, quelle facilmente occultabili, quelle di tanti e tante immigrate che non avendo il permesso di soggiorno scompaiono come se non fossero mai esistiti? E nei Cie, cioè galere speciali per soli immigrati, sono botte e suicidi, quindi omicidi da parte dello Stato, messi a tacere e considerati effetti collaterali della guerra contro l’immigrazione.

Sabato prossimo, corteo nazionale a Livorno, ore 11 in Piazza della Repubblica. Apriranno il corteo alcune mamme dei giovani assassinati. Non sono gradite bandiere di partito né passerelle di politici".

Giustizia: Opg; al via un piano per 300 dimissioni entro il 2010

 

Vita, 12 gennaio 2010

 

In Italia 413 persone sono detenute in Opg solo perché mancano alternative all’esterno. Al via un piano ad hoc.

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale G.U. Serie Generale n. 2 del 4 gennaio 2010 l’accordo del 26 novembre 2009 sulla definizione di specifiche aree di collaborazione e gli indirizzi di carattere prioritario sugli interventi negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) e nelle Case di Cura e Custodia (CCC). Sulla base di una ricognizione condotta dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) risulta che nel mese di giugno 2009 vi erano negli Opg, 399 internati maschi e 14 donne dimissibili, in regime di proroga per mancanza di alternative all’esterno.

Le regioni si impegnano a raggiungere l’obiettivo di circa 300 dimissioni entro la fine del 2010, mediante un piano tra loro coordinato da avviarsi entro due mesi dall’approvazione del presente accordo, utilizzando anche le risorse rese disponibili dal Ministero della salute per il finanziamento dei progetti regionali per gli obiettivi di piano.

Il Ministero della giustizia - Dap si impegna ad inviare gli internati agli Opg secondo i bacini di utenza come ridefiniti al successivo punto 4, a partire da due mesi dall’approvazione del presente accordo, fatte salve motivate eccezioni anche inerenti gravi ragioni di ordine e di sicurezza. I bacini di utenza dei singoli Opg vengono ridefiniti. Tutta l’utenza femminile è destinata a Castiglione delle Stiviere e Barcellona Pozzo di Gotto. Sulla stessa Gazzetta sono pubblicate anche le "Linee di indirizzo per l’assistenza ai minori sottoposti a provvedimento dell’Autorità giudiziaria", definite mediante il medesimo accordo di novembre.

Giustizia: Osapp; agenti penitenziari nei tribunali sorveglianza

 

Il Velino, 12 gennaio 2010

 

Sono "64.628 i detenuti presenti nella carceri italiane, ieri 11 gennaio 2010, a cui vanno aggiunte ulteriori 1.000 unità tra permessi in fruizione e internati non conteggiati, per una capienza prevista che invece è di 44.066 e, quindi, di 21.000 detenuti in meno degli attuali".

Lo ha detto il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, che spiega le ragioni della lettera indirizzata al presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi. "Sono almeno 8.000 l’anno - spiega il segretario dell’Osapp - le istanze di misure alternative da parte di detenuti per reati non gravi che vengono rigettate dai Tribunali di sorveglianza per l’impossibilità di effettuare controlli puntuali in mancanza di personale idoneo, e che se invece venissero accolte, oltre a ad alleviare almeno in parte l’attuale sovraffollamento comporterebbero un risparmio per lo Stato di non meno di 600 milioni di euro l’anno.

Per questo abbiamo scritto al presidente Berlusconi e al ministro Alfano di istituire sezioni di Polizia penitenziaria presso i Tribunali di sorveglianza che con non oltre 700/1.000 unità del corpo potrebbero rendere un servizio di indiscutibile utilità e risparmio". Beneduci sostiene che "di posti in più nelle attuali carceri ne servirebbero almeno il triplo e gli effetti dell’attuale situazione li stiamo già vedendo in termini, purtroppo drammatici, di maggiori violenza e suicidi. Per questo - aggiunge - occorre che il governo cominci a immaginare seriamente di toglier dal carcere ordinario coloro che commettono reati di minore gravità e che possono tranquillamente scontare la propria pena in maniera alternativa. La proposta che abbiamo inoltrato alle autorità politiche e non, in prima persona all’attuale capo del Dap che, visti i risultati degli ultimi due anni ci auguriamo venga sostituito in fretta, è quella di far lavorare in assoluta sinergia, anche per un sistema penitenziario più umano il corpo di Polizia penitenziario e la Magistratura di sorveglianza".

Giustizia: minacce a direttore Dap responsabile gestione 41-bis

 

Adnkronos, 12 gennaio 2010

 

Un proiettile calibro 9 e una lettera con minacce di gravi rappresaglie personali erano contenuti in una busta indirizzata al magistrato Sebastiano Ardita, responsabile della gestione dei detenuti in regime di 41 bis. La missiva, che potrebbe essere legata all’applicazione del carcere duro ai boss mafiosi, è stata recapitata alla sede del quotidiano "La Sicilia" di Catania nelle scorse settimane.

La notizia emersa solo oggi è stata confermata dalla Procura della Repubblica di Catania, che ha aperto un’inchiesta contro ignoti. Titolari del fascicolo sono il procuratore capo Vincenzo D’Agata e il sostituto Iole Boscarino, che hanno delegato le indagini alla Squadra Mobile. L’episodio è stato segnalato al Comitato provinciale per l’ordine pubblico e la sicurezza di Catania. Nella lettera si intima al magistrato, con espressioni pesantemente ingiuriose, di essere meno intransigente nell’applicare il 41 bis. Sebastiano Ardita, attualmente direttore generale area detenuti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), in passato è stato un componente della Dda.

 

Sappe: solidarietà a Sebastiano Ardita

 

Una lettera "con minacce di gravi rappresaglie personali" e un proiettile calibro 9 sono stati recapitati oggi a Sebastiano Ardita, dirigente generale dei detenuti e del trattamento dell`amministrazione penitenziaria, Dap. Lo rende noto il Sappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, il cui segretario generale Donato Capece in un telegramma esprima ad Ardita la "solidarietà e vicinanza" del sindacato "per l’inquietante episodio di intimidazione che L’ha vista coinvolta. L’auspicio, mio personale e del sindacato che rappresento, è che presto siano identificati gli autori del vile gesto. Le rinnovo i sensi di stima e di vicinanza, nella consapevolezza che non sarà certo - conclude - un deprecabile gesto, pur grave e intollerabile, ad intimidire la professionalità di un magistrato serio e capace che quotidianamente assolve ai proprio compiti con grande impegno e professionalità".

Veneto: approvato ddl che istituisce garante regionale detenuti

 

Adnkronos, 12 gennaio 2010

 

Un Garante regionale per i detenuti negli istituti penitenziari del Veneto. L’iniziativa, approvata dalla Giunta veneta con un disegno di legge proposto dall’assessore alle politiche sociali Stefano Valdegamberi, è stata presentata stamani a Verona, nella sede dell’Azienda Ulss n. 20, dallo stesso Valdegamberi.

C’erano anche, tra gli altri, il comandante commissario Paolo Presti e la direttrice dell’area trattamentale Enrichetta Libezzi della Casa circondariale di Verona e Angela Venezia direttrice dell’ufficio detenuti e trattamento del Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria. In sintesi, il ruolo del Garante sarà quello di osservare e vigilare sull’andamento delle carceri e sulla condizione dei detenuti e di segnalare eventuali violazioni alle autorità competenti, ma anche di sensibilizzare sui temi dei diritti umani fondamentali e sull’umanizzazione della pena. Il ddl è stato inviato all’esame del Consiglio regionale.

Valdegamberi ha ricordato, anche in relazione a recenti fatti di cronaca che riguardano tutta Italia ma anche le carceri del Veneto e Verona, che "dal 2000 a questi primi giorni del 2010 sono stati 565 i suicidi in carcere e 1.568 le morti sospette". "Il carcere - ha detto - deve diventare una palestra di riscatto se vogliamo che diventi palestra di sicurezza. Il ddl ribadisce l’attenzione che la Giunta Regionale ha da sempre nei confronti dei detenuti; ricordo al proposito le azioni comprese dal protocollo d’Intesa con il Ministero della Giustizia, sottoscritto già nel 1988 e rinnovato nel 2003. Ogni azione che rafforzi la finalità rieducativa della pena, non solo garantisce il rispetto di quanto previsto dal dettato costituzionale ma rappresenta uno strumento fondamentale a tutela della sicurezza della società".

In questa prospettiva si inserisce la figura del Garante dei detenuti, autorità la cui nomina ad opera del Consiglio regionale, assicurerà un ruolo super partes, indispensabile per assicurare un attento esame della situazione carceraria e per migliorare le forme in cui si realizza l’esecuzione penale. Il Garante dei detenuti avrà inoltre il compito di vigilare sul rispetto della normativa prevista dall’Ordinamento Penitenziario, dal relativo Regolamento e di tutte le norme che possono riguardare i detenuti. Sarà effettivamente presente all’interno degli istituti di pena e contatterà personalmente le persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.

La persona individuata dal Consiglio regionale come Garante dei detenuti dovrà avere approfondita conoscenza della realtà penitenziaria, con indiscussa e acclarata competenza in materia di diritti umani. La sua funzione non si esaurirà dentro le carceri, ma si realizzerà anche attraverso azioni di promozione culturale, di analisi e riflessione su dati statistici e ricerche sociali, di formulazione di proposte. Al novembre 2009 negli istituti penitenziari del Veneto risultano 3.209 detenuti di cui 160 nella casa circondariale di Belluno, 243 nella casa circondariale di Padova, 802 nella casa di reclusione di Padova, 138 nella casa circondariale di Rovigo, 301 nella casa circondariale di Treviso, 89 nella di reclusione femminile di Venezia, 324 nella casa circondariale di Santa Maria Maggiore di Venezia, 842 nella casa circondariale di Verona, 310 nella casa circondariale di Vicenza.

 

E ora, un Garante anche per chi è recluso in Veneto di Chiara Bazzanella

(Ristretti Orizzonti, 12 gennaio 2009)

 

Mediazione, collaborazione e lavoro in rete, per far sì che il carcere diventi una palestra per la sicurezza, luogo privilegiato per ricostruire il percorso di vita di chi ha infranto la legge. E per far questo, secondo l’assessore alle politiche sociali Stefano Valdegamberi, anche in Veneto servono le risorse di un Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Una carica che a livello regionale ancora manca, ma che Valdegamberi sembra determinato a voler far istituire. L’iniziativa è già stata approvata dalla Giunta veneta e attende di essere deliberata.

"Tra il 2000 e il 2010 nelle carceri italiane ci sono stati 565 suicidi (ben 72 nel solo 2009 "massimo storico" di tutti i tempi, ndr) e 1.568 casi di morti sospette", ha sottolineato l’assessore alle politiche sociali. "Anche per arginare fenomeni come questi è necessario un Garante, una sorta di figura super partes, indispensabile per assicurare un attento esame della situazione carceraria e per migliorare le forme in cui si realizza l’esecuzione penale". E non solo per i detenuti, ma anche per gli stessi agenti penitenziari e il mondo del volontariato, come specificato da Maurizio Mazzi, presidente della Conferenza regionale volontariato giustizia del Veneto, che vede nel garante "una figura a cavallo tra l’istituzione chiusa e la realtà esterna".

Ruolo questo che, a livello comunale, a Verona è appena stato affidato alla neo garante Margherita Forestan. È proprio lei a parlare di mediazione come parola chiave per affrontare la complessa realtà carceraria, nella consapevolezza, certo, che poi "bisogna fare i conti con le leggi dello Stato". "Finché la pena continua a essere scontata solo in carcere - precisa la Forestan - è difficile risolvere i problemi interni alle strutture. Ma non si tratta solo di metri quadrati e sovraffollamento: si può anche dormire un po’ stretti se poi di giorno si è impegnati in una serie di attività".

Qualche numero comunque vale la pena darlo. E a farlo ci pensa la direttrice dell’ufficio detenuti e trattamento del Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, Angela Venezia. "Nelle 17 carceri del Triveneto sono rinchiusi poco meno di 4500 detenuti - dichiara - per una capienza ottimale di circa 2700 unità. Tra questi, i definitivi non sono più di mille". Il carcere deve smettere di essere pensato come un vaso di Pandora in cui rinchiudere il male - conclude poi la direttrice - poiché prima o poi chi è stato recluso torna in società".

Del resto, è lo stesso comandante della polizia penitenziaria di Verona, Paolo Presti, a ricordare che "nei compiti istituzionali assegnati a chi lavora in carcere, sicurezza e trattamento vanno di pari passo". E il ruolo della rieducazione, per citare ancora Valdegamberi, "non può spettare solo al volontariato (o alla scuola, ndr), ma deve essere sempre più strutturato".

Al Garante dei detenuti, quindi, il compito di vigilare sul rispetto della normativa prevista dall’ordinamento penitenziario. Presente all’interno degli istituti di pena, tale persona dovrà anche promuovere azioni di analisi e riflessione all’esterno delle strutture, formulare proposte e, in generale, dare sempre più visibilità e voce a una realtà troppo spesso relegata ai margini.

Liguria: Sappe; nelle carceri affollamento e carenza di organico

 

Il Velino, 12 gennaio 2010

 

"Dopo i recenti eventi critici nei penitenziari genovesi di Marassi e Pontedecimo (con agenti aggrediti e detenuti protagonisti di atti di autolesionismo), il sindacato autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe) porta sul tavolo del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, la gravissima situazione penitenziaria della Liguria, caratterizzata da un pesante sovraffollamento nelle sette carceri regionali e dalle considerevoli carenze di organico nei reparti di Polizia penitenziaria e in quelli del personale amministrativo".

È quanto si legge in un comunicato stampa del Sappe. "Spiega Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto Sappe: ‘Abbiamo scritto oggi al ministro Alfano e capo dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta per denunciare una situazione allarmante, che ricade principalmente sulle donne e gli uomini della Polizia penitenziaria, come purtroppo dimostrano i gravi fatti accaduti in questi giorni.

La grave e critica situazione della Liguria emerge infatti chiaramente esaminando i dati relativi agli organici del corpo di Polizia e alle presenze di detenuti nelle sette case circondariali della regione. La Liguria è la regione in Italia con la percentuale minore di poliziotti penitenziari in servizio rispetto a quelli previsti. Attualmente nelle carceri liguri sono impiegati circa 900 agenti poliziotti rispetto ai circa 1.300 previsti.

Tanto per citare qualche esempio, con riferimento alle carenze nei vari ruoli del corpo di Polizia penitenziaria, a Chiavari mancano 17 unità, a Genova Marassi ben 165, a Pontedecimo 58, a Imperia 22, a La Spezia 53, a Sanremo 80 e a Savona 14. E anche per quanto concerne il personale dirigenziale e tecnico amministrativo, la situazione ligure è davvero allarmante. Mancano, complessivamente, ben tre dirigenti, 22 educatori, 21 assistenti sociali, 68 collaboratori, 80 tra collaboratori d’area direttiva, tecnici, impiegati, informatici. Quello che non manca sono i detenuti - continua Martinelli -.

L’emergenza sovraffollamento in Liguria ha oltrepassato di molto la capienza regolamentare degli istituti, anche quella che, al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, definiscono "tollerabile" per un totale a oggi di oltre 1.670 persone detenute sulle 1.140 previste. Fino a oggi la drammatica situazione è stata contenuta grazie principalmente al senso di responsabilità, allo spirito di sacrificio e alla grande professionalità del corpo di Polizia penitenziaria. Ma queste sono condizioni di logoramento che perdurano da mesi e continueranno a pesare sulle donne e gli uomini della Polizia penitenziaria in servizio negli istituti di pena della Liguria per molti mesi ancora se non la si smette di nascondere la testa sotto la sabbia. Quanto si pensa possano resistere gli appartenenti alla Polizia penitenziaria, che sono costrette a trascurare le proprie famiglie per garantire turni massacranti con straordinari talvolta nemmeno pagati?’.

Il Sappe ha quindi chiesto al ministro della Giustizia Alfano di adottare urgenti provvedimenti finalizzati, da un lato, a incrementare concretamente gli organici di tutti i reparti di Polizia penitenziaria della Liguria e, dall’altro, a ridurre il numero dei detenuti presenti in regione".

Verona: dopo il suicidio, inchiesta amministrativa e giudiziaria

 

L’Arena di Verona, 12 gennaio 2010

 

La direttrice dell’ufficio detenuti del Veneto conferma l’apertura di un’inchiesta interna e di quella giudiziaria. La Forestan oggi in visita dai detenuti. La Regione Veneto istituisce il garante dei detenuti. "Un esperto super partes", ha detto l’assessore Valdegamberi.

Due le indagini aperte in seguito al suicidio in carcere, a Montorio, di Giacomo Attolini, detenuto in attesa di giudizio, che al terzo tentativo è riuscito a togliersi la vita in cella. La conferma arriva da Angela Venezia, direttrice dell’ufficio detenuti e trattamento del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria. "Sono in corso l’indagine amministrativa e quella giudiziaria", ha confermato la dottoressa Venezia, chiarendo che "per questo motivo non può rilasciare alcuna considerazione e commento" su quanto avvenuto a Montorio.

Sull’argomento glissa anche Margherita Forestan, nominata lo scorso 21 dicembre garante dei detenuti dall’intero Consiglio comunale, rimandando il suo intervento "a dopo che avrà una maggiore conoscenza della realtà carceraria". E oggi la Forestan farà visita ai detenuti di Montorio.

"Un fatto non casuale" lo ha invece definito l’assessore regionale alle Politiche sociali, Stefano Valdegamberi, che proprio ieri mattina - nella sede dell’Ulss 20 - ha illustrato alla stampa il disegno di legge, "approvato all’unanimità dalla Giunta veneto, che istituisce la figura del garante regionale dei detenuti".

Un esperto super partes, in estrema sintesi, cui spetta un compito ingrato, a leggere i numeri. "Dal 2000 a questi primi giorni del 2010 sono stati 565 i suicidi in carcere e 1568 le morti sospette", ha ricordato Valdegamberi, concentrando poi in uno slogan la finalità del provvedimento: "Il carcere deve diventare una palestra di riscatto se vogliamo che diventi palestra di sicurezza. Occorre quindi seguire i detenuti con progetti specifici, che mirino a una effettiva rieducazione, all’osservanza del diritto al riscatto delle persone incarcerate, per abbattere drasticamente una percentuale drammatica, che testimonia il fallimento della missione rieducativa degli istituti di pena, se è vero che il 90% delle persone che escono dal carcere tornano a delinquere perché non sanno come sopravvivere. Di contro, detenuti aiutati al reinserimento, 9 volte su dieci non tornano a delinquere. È dunque questa la strada giusta".

Il ruolo del Garante sarà quello di osservare e vigilare sull’andamento delle carceri e sulla condizione dei detenuti, segnalando eventuali violazioni alle autorità competenti, ma anche di sensibilizzare sui temi dei diritti umani fondamentali e sull’umanizzazione della pena.

Il Garante sarà effettivamente presente all’interno degli istituti di pena e contatterà personalmente i detenuti. I suoi requisiti sono una profonda conoscenza della realtà penitenziaria e un’indiscussa competenza in materia di diritti umani. La sua funzione non si esaurirà dentro le carceri, ma si realizzerà anche attraverso azioni di promozione culturale, di analisi e riflessione su dati statistici e ricerche sociali, formulazione di proposte.

Al novembre 2009 negli istituti penitenziari del Veneto risultano 3209 detenuti, di cui 842 nella casa circondariale di Verona. Complessivamente, nei 17 istituti del Triveneto si trovano 4.495 detenuti, a fronte di una capienza ottimale pari a poco più della metà.

Empoli: Corleone; vuoto carcere destinato trans, grave spreco

 

Adnkronos, 12 gennaio 2010

 

Ci sono carceri sovraffollati, con reclusi ammassati nelle celle, e istituti penitenziari vuoti. Come il carcere femminile di Pozzale, vicino Empoli (Firenze), dal 1° gennaio primo carcere in Italia per transessuali provenienti dal carcere fiorentino di Sollicciano e da altri istituti. La casa circondariale è vuota, le ultime due detenute sono andate via qualche giorno fa; però ci sono 22 guardie carcerarie e sei dipendenti ministeriali. Un carcere modello, ma vuoto, che costa al contribuente 500 euro al giorno, più o meno 15mila euro al mese.

"Non capisco perché sia stato lasciato svuotare così - afferma Franco Corleone, garante dei detenuti del Comune di Firenze. Tra Sollicciano, Pisa e Livorno c’erano almeno 30-40 donne pronte a entrare in una struttura a custodia attenuata come Pozzale. Sono state poste regole di accesso molto restrittive".

Corleone ricorda che "prima vi si volevano mettere i reclusi nell’Opg di Montelupo, poi si è deciso di trasformarlo in carcere per transessuali, ma adesso è vuoto. Va adottata una soluzione, tenerlo così è uno spreco. Occorre sedersi a un tavolo e affrontare la situazione dei penitenziari in Toscana, facendo un piano condiviso con le istituzioni, con tempi dettati dall’urgenza".

La casa circondariale di Pozzale, che potrebbe ospitare fino a 24 detenute, si sviluppa su mille metri quadrati, distribuiti su due piani, con 26 celle spaziose e ben arredate, una biblioteca, una sala ricreativa, un gabinetto dentistico, l’infermeria, un campo di calcetto, un ettaro di terra coltivata a ulivi, una serra e un’azienda agricola dove si producono vino e olio. Per adesso, dopo che sono andate via le ultime due detenute, il carcere è senza reclusi: a parte le 22 guardie e i 6 dipendenti del Ministero.

Il provveditore regionale Marisa Pia Giuffrida, qualche giorno fa, aveva detto all’agenzia Agi che la struttura aveva bisogno di adeguamenti strutturali e che sono in corso alcuni lavori prossimi a essere conclusi. Nella struttura ci sono due agenti, indispensabili per sorvegliare lo stabile. Il resto del personale è stato ridistribuito temporaneamente negli altri penitenziari toscani.

Sulmona: Lolli (Pd); Casa di Lavoro va chiusa o ridimensionata

 

Ansa, 12 gennaio 2010

 

"La Casa di lavoro di Sulmona deve essere chiusa o ridimensionata all’effettiva capacità che l’attuale struttura ha di offrire un lavoro ai detenuti".

Lo ha affermato il deputato Giovanni Lolli al termine della visita che una delegazione del Pd ha fatto oggi alla struttura penitenziaria peligna per verificare le condizioni dei detenuti alla luce della protesta in atto e dei due episodi autolesionistici avvenuti nei giorni scorsi. Assieme al parlamentare sono entrati nella struttura gli assessori provinciali Teresa Nannarone Michele Fina, e Giovanni Petrilli.

Dopo l’ultimo suicidio all’interno del supercarcere sulmonese, sono ricominciati i pellegrinaggi all’interno della casa circondariale sulmonese, della quale si torna a parlare solo dopo episodi gravi come quelli degli ultimi giorni. "Nei prossimi giorni farò un’interrogazione parlamentare - ha aggiunto Lolli - affinché il problema sia posto all’attenzione del ministro della giustizia. Il carcere di Sulmona non è strutturato per offrire questo servizio. O investono le necessarie risorse economiche per farlo funzionare, o è meglio per tutti che lo chiudano". Lolli ha quindi sottolineato che "non c’é un caso Sulmona", ma che esiste un "un problema carceri con un sovraffollamento drammatico a fronte del quale è in atto una continua diminuzione del personale in servizio".

Secondo Lolli, inoltre, a Sulmona non starebbe funzionando il passaggio del servizio sanitario dal Dipartimento di amministrazione penitenziaria alla Asl. "È sempre più difficile - ha spiegato - per i detenuti accedere al servizio sanitario e anche il personale medico e specialistico non è inquadrato ma è reclutato con contratti a tempo che mal si conciliano con le necessità del carcere".

L’assessore provinciale Teresa Nannarone ha quindi annunciato che la Provincia dell’Aquila metterà a disposizione un monte ore per l’assistenza psichiatrica e psicologica ai detenuti "vista la drammatica carenza di questo servizio all’interno del carcere con 170 detenuti con problemi psichici, in cura a un solo psichiatra".

I detenuti del supercarcere di Sulmona sono circa 492, quasi il doppio degli agenti in servizio, 200 in tutto, a fronte dei 340 sulla carta. Dei 492 detenuti, circa 300 sono tossicodipendenti, molti dei quali sieropositivi, con tutte le conseguenze che ne conseguono; negli ultimi anni, inoltre, gli internati (quei detenuti che hanno scontato la pena, ma che sono ritenuti socialmente pericolosi e che lavorano presso la casa lavoro del carcere) sono passati da 70 a 170. Di questi 150 sono psicotici, necessitano cioè di particolari cure psichiatriche, fornite da un unico psichiatra.

Sulmona: il Dap; costruire nuovo padiglione, per 200 detenuti

 

Il Centro, 12 gennaio 2010

 

Entro il 2012 sarà realizzato un nuovo padiglione per 200 detenuti. Questa è la risposta del Dipartimento di amministrazione penitenziaria per risolvere i problemi del carcere di Sulmona. Il progetto rientra nel più complessivo impegno del Governo elaborato per contrastare il sovraffollamento nelle carceri italiani. Alcuni penitenziari saranno realizzati ex novo mentre per altri, tra questi figura anche quello di Sulmona, è previsto un consistente ampliamento.

La nuova costola del supercarcere peligno sarà realizzata nella zona dei campi di basket dove esiste un’ampia area che consente di poter prolungare le mura esterne della struttura penitenziaria. "Il progetto è già stato redatto", afferma il segretario regionale della Uil penitenziari, Mauro Nardella, "ma sarà pronto solo alla fine del 2012. Ciò significa che ci vorranno quasi tre anni perché sia pronto per ospitare i detenuti. Noi, invece, abbiamo bisogno di risposte immediate che devono arrivare prima che il nostro carcere esploda".

Intanto ieri, la protesta dei detenuti è stata molto più blanda rispetto ai due giorni precedenti: solo qualche irriducibile ha continuato nel rifiutare il cibo dell’amministrazione penitenziaria. Dal canto loro gli agenti di polizia penitenziaria continuano a chiedere rinforzi per fronteggiare adeguatamente la drammatica situazione di sovraffollamento che si vive nel carcere peligno: 500 detenuti presenti in una struttura che potrebbe ospitarne 300.

"E la situazione diventerà ancora più grave quando riaprirà il carcere di Avezzano", conclude Nardella, "perché i 25 agenti che fanno parte della pianta organica della struttura marsicana e che oggi sono distaccati a Sulmona, torneranno nella loro sede". Trasloco che dovrebbe scattare dai primi giorni di febbraio, visto che il carcere di Avezzano è ormai pronto da tempo.

Brescia: un carcere "flessibile" da 450 posti in piano nazionale

 

Brescia Oggi, 12 gennaio 2010

 

Ci sono le intenzioni, c’è un piano ad hoc pronto da un paio di mesi e, adesso, a quanto pare, ci sono anche i fondi. ma solo in parte: 500 milioni a fronte degli oltre 1,4 miliardi di euro necessari per creare 21.479 posti in più nelle carceri italiane entro il 2012. Il che significa costruire 39 nuovi istituti penitenziari, suddivisi in tre fasce.

Stando al progetto predisposto dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Brescia è una delle aree strategiche (insieme a Pordenone, Pinerolo, Paliano, Bolzano, Varese, Latina e Marsala) nelle quali dovrebbero sorgere 8 carceri "flessibili" da 450 posti ciascuno, da realizzare seguendo le procedure veloci utilizzate per le nuove case all’Aquila. A ribadire che non ci sarà più spazio per indulti e amnistie, ma solo per nuovi penitenziari, è stato il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, precisando che finora il problema era reperire i fondi necessari: occorrerebbero 1,4 miliardi per costruire 24 nuovi penitenziari, di cui 9 flessibili, vale a dire di prima accoglienza o destinati a detenuti con pene lievi, con controlli sulle mura di cinta con telecamere di videosorveglianza, destinati alle grandi città metropolitane (Milano, Napoli, Bologna, Torino, Firenze, Roma, Genova, Catania e Bari).

A questi se ne aggiungono, appunto, altri 8, sempre flessibili, da collocare in altrettante zone strategiche, tra cui Brescia. Nella collana della riqualificazione penitenziaria ultime perle da infilare sarebbero altre 7 carceri "tradizionali" previste a Roma, Milano, Nola, Sciacca, Sala Consilina, Venezia e Savona; 47 padiglioni, invece, andrebbero ad allargare istituti già esistenti. Grandi numeri dunque, per un piano carceri di cui i garanti dei diritti dei detenuti di tutta Italia chiedono l’attuazione da tempo, Brescia capofila.

È dell’ottobre scorso l’ennesimo appello di Mario Fappani, garante dei carcerati a Canton Mombello e Verziano. "Il carcere di via Spalti San Marco scoppia: a fronte dei 206 posti regolamentari, che diventano 298 tollerabili, il numero dei detenuti si aggira sui 500, decina più o decina meno a seconda degli arresti", aveva ammonito.

Un Sos a cui palazzo Loggia ha risposto prevedendo un nuovo carcere nell’area di Verziano, e passando la palla al Ministero che oggi ribatte con numeri precisi. Ma i conti non tornano: perché i 500 milioni stanziati dalla finanziaria coprono so un terzo della metà della spesa stimata. Una cifra confermata da Davide Caparini, deputato della Lega Nord: "Con questi soldi sarà possibile realizzare le opere di adeguamento nelle strutture già esistenti, e far fronte in maniera determinante al grave problema del sovraffollamento delle carceri costruendone di nuove - dichiara -.

Questi 500 milioni corrispondono a oltre il 30 per cento dei costi, credo sia una leva economica pubblica non indifferente. Per reperire il resto dei finanziamenti, ci affideremo al project financing, come è successo per altre grandi opere: funziona, ed è un’opportunità per tutti quei privati che vogliano entrare nel settore". Quanto ai tempi, Caparini rivela: "I lavori seguiranno i criteri di emergenza e cantierabilità" e Brescia potrebbe rientrare nei primi interventi.

Foggia con "Vale la pena", intercultura per i detenuti stranieri

 

Teleradioerre, 12 gennaio 2010

 

Prosegue la collaborazione presso gli sportelli di mediazione interculturale nei penitenziari di Foggia e Lucera. Nonostante il progetto "Vale la pena" - della durata di sei mesi, finanziato con il Fondo Europeo per l’Integrazione di Cittadini di Paesi Terzi, iniziativa sperimentale unica a livello nazionale - sia ormai concluso e siano stati resi noti i risultati finali in una conferenza stampa che si è tenuta a Palazzo Dogana nello scorso mese di dicembre, i mediatori interculturali hanno deciso di portare avanti l’attività spontaneamente ogni lunedì nella casa circondariale di Foggia (dalle ore 9 alle ore 13) e ogni mercoledì nella casa circondariale di Lucera (dalle ore 9 alle ore 13). L’obiettivo è quello di dare continuità all’attività e non disperdere i positivi risultati ottenuti finora.

Apertura e accoglienza sono le parole chiave che hanno contraddistinto questi sei mesi di lavoro: sono stati svolti circa 400 colloqui con i detenuti stranieri che non hanno nessun contatto con l’esterno, spesso non ricevono lettere, non effettuano telefonate, non riescono a parlare con gli altri detenuti perché non conoscono che poche parole di italiano.

L’attività dei mediatori, dunque, offre una positiva risposta e può in taluni casi calmierare alcune tensioni. "Se è vero che i cittadini extracomunitari si trovano ristretti perché hanno commesso reati - spiega Domenico Mascolo, magistrato di sorveglianza nella prefazione del Vademecum in dieci lingue "Vivere in carcere. Guida per detenuti stranieri". distribuito in dieci lingue - è altresì vero che hanno diritto ad avere un regime detentivo che offra loro le stesse possibilità rieducative offerte a cittadini italiani nella loro medesima situazione".

"Abbiamo deciso di proseguire volontariamente questa attività, perché la mediazione culturale non può essere più concepita come una parentesi, ma deve essere un servizio da istituzionalizzare. Sono soprattutto le relazioni con i detenuti e detenute dei due Penitenziari che ci inducono a dare continuità, adesso anche volontariamente, per lo sportello. In questi mesi abbiamo incontrato storie di incontri sbagliati, sogni sospesi, spesso storie di disperazione e di isolamento." La Cooperativa Arcobaleno, insieme ai due Istituti e all’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna, cercheranno di implementare e dare continuità ai percorsi attivati mediante proposte progettuali.

Bologna; continua la raccolta di fondi e prodotti per i detenuti

 

Redattore Sociale, 12 gennaio 2010

 

Dopo i primi 1200 euro ricavati dalla giornata in piazza Nettuno si estende l’iniziativa di solidarietà "Pane e alfabeto". Nuovo appello alla città di Morgantini (Cgil): "Abbiamo gettato un seme di attenzione agli emarginati fra gli emarginati".

"Pane e alfabeto" non solo per un giorno. Dopo il buon esito dell’iniziativa in piazza Nettuno il 6 gennaio scorso, continua per tutto il mese di gennaio la raccolta tra i cittadini di libri, prodotti di uso comune e beni primari per i detenuti del carcere della Dozza di Bologna. E per il prossimo 8 marzo è in preparazione un’altra iniziativa per le donne in cella. Lo fa sapere Roberto Morgantini della Cgil Emilia Romagna, che con Mattia Fontanella e Riccardo Lenzi ha lanciato l’appello "per accendere nella città un faro di attenzione - dice - sugli emarginati tra gli emarginati: le persone recluse".

Per i detenuti e anche per gli stranieri rinchiusi nel Cie - ricorda Morgantini - le condizioni di sovraffollamento sono spesso drammatiche. E per via dei tagli nei bilanci dell’amministrazione penitenziaria, ai carcerati a volte mancano i prodotti più semplici: spazzolini e dentifrici, shampoo e sapone, biancheria, ma anche francobolli e carta da lettera. "Per la dignità degli ultimi - come recita il testo del nuovo appello - confidiamo nella generosa risposta di una comunità civile e solidale come quella bolognese".

Il 6 gennaio, in cambio di pagnotte offerte dall’Associazione panificatori e di copie della Costituzione donate da Spi-Cgil e Arci, i bolognesi hanno donato circa 1.200 euro e tanti libri e prodotti per l’igiene personale. "Abbiamo gettato un seme e la solidarietà si è messa in moto - dice Morgantini -: alcune persone che sono passate in piazza ci hanno detto che ripeteranno l’iniziativa nei paesi della provincia. Diversi consiglieri comunali di Bologna hanno devoluto un gettone di presenza a questa raccolta fondi. Così abbiamo deciso di continuare per tutto gennaio". Prodotti e donazioni in denaro possono essere consegnati da singoli e associazioni al Centro lavoratori stranieri della Cgil, in via del Porto 16/c (tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18, chiuso il giovedì mattina).

Roma: a Rebibbia, un rotolo di carta igienica per 10 settimane

 

Apcom, 12 gennaio 2010

 

Nel carcere di Rebibbia un rotolo di carta igienica deve bastare al detenuto per 10 settimane, se non ha i soldi per comprarne uno per conto proprio al supermercato interno. È quanto ha denunciato il cappellano del carcere, don Sandro Spriano, presidente dell’associazione Volontari in carcere (Vic) della Caritas di Roma, presentando il documento sul sovraffollamento carcerario firmato dalla sua associazione insieme ad Antigone e Arci. "Persino a Rebibbia, che è un carcere modello - ha spiegato - mancano i soldi per tutto. Non ci sono fondi per la manutenzione, per comprare una lampadina, piove dappertutto. I direttori fanno i salti mortali per riuscire a tenere in piedi il carcere, ma fanno quello possono. Un detenuto riceve un rotolo di carta igienica per due mesi e mezzo, ditemi se questa è dignità. Per i detenuti più poveri questo è un dramma".

"Noi - ha proseguito - facciamo assistenza religiosa, ma prima ancora, in coscienza, non possiamo non fare assistenza umanitaria: portiamo calzini, mutande, canottiere". Il sovraffollamento, poi, ha proseguito, rende tutto impossibile: "Il diritto alla salute, all’affettività, alla sessualità. Salta tutto. Molti colloqui non si possono fare perché il sovraffollamento non lo consente, così i detenuti rimangono senza vedere i loro cari".

Guantanamo: Amnesty; l'Europa si impegni di più per i detenuti

 

Agi, 12 gennaio 2010

 

Gli Stati europei devono impegnarsi di più per aiutare la chiusura di Guantanamo. È l’appello lanciato oggi da Amnesty International che ha chiesto all’Europa di fare più sforzi per l’accoglienza dei detenuti del carcere cubano. Amnesty, insieme a Reprieve e al Centro per i diritti costituzionali hanno chiesto a un numero maggiore di stati europei di accogliere i detenuti che non possono tornare nei paesi di origine per il timore di subire torture o ulteriori violazioni dei diritti umani.

Le tre organizzazioni hanno sollecitato in particolare Finlandia, Germania, Lussemburgo e Svezia, a impegnarsi di più per contribuire al trasferimento di circa 50 persone ancora intrappolate, dopo anni, in un sistema di detenzione illegale. "Sebbene diversi paesi abbiano già indicato la direzione, è spiacevole constatare come pochi stati europei abbiano fatto passi avanti per aiutare coloro che necessitano di protezione" - ha detto Sharon Critoph, della Sezione Statunitense di Amnesty International. "Tra i governi che ancora non hanno fornito protezione vi sono quelli che in passato avevano maggiormente invocato la chiusura di Guantanamo". Reprieve, il Centro per i diritti costituzionali e Amnesty International avviano oggi un tour europeo, insieme all’ex detenuto di Guantanamo Moazzam Begg, dell’organizzazione Prigionieri in gabbia, per spingere un numero maggiore di stati europei a offrire a quei detenuti un rifugio sicuro.

 

 

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