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Giustizia: i Commissari dai "pieni poteri" per carceri e nucleare di Eleonora Martini
Il Manifesto, 10 febbraio 2010
Approvato al Senato il decretone Bertolaso: il Presidente del Consiglio nominerà i Commissari senza controlli e il Capo delle carceri potrà costruire ovunque senza vincoli. Tutto il potere ai Commissari straordinari. Il testo licenziato ieri dal senato con 140 voti favorevoli, 116 contrari e 11 astenuti, riesce perfino a peggiorare in senso antidemocratico il decreto legge 195 con il quale il Consiglio dei ministri ha partorito a fine anno la Protezione civile Spa, creatura fortemente voluta dal commissario dei commissari, il sottosegretario (prossimo ministro) Guido Bertolaso. Non è un amministratore come un altro, colui che viene scelto per affrontare "l’emergenza", ma è dotato di poteri straordinari. Come nel caso di Franco Ionta, già nominato a capo della gestione "dell’emergenza carceri" e investito ieri, con un emendamento del governo, da ulteriori facoltà in deroga a due o tre leggi dello stato e a tutti i piani urbanistici vigenti. E dove non arriverà lui ci penserà la Bertolaso Spa che in materia di lavori pubblici può tutto o quasi. Ma per nominare i commissari ci vuole più efficienza, meno burocrazia. Così con un altro emendamento (all’articolo 17) il governo ha accelerato i tempi per fare fronte "all’emergenza nucleare" (mentre si dispone a decretare oggi le regole per la scelta dei nuovi siti): il commissario straordinario a capo "di indifferibili e urgenti opere connesse alla trasmissione, alla distribuzione e alla produzione dell’energia aventi carattere strategico nazionale" - recita il testo - per le quali "ricorrono particolari ragioni di urgenza in riferimento allo sviluppo socio-economico e che devono essere effettuate con mezzi e poteri straordinari", sarà nominato direttamente dal Consiglio dei ministri e non più disposto con decreto del capo dello stato. Ora la parola passa alla camera, di fronte a queste novità tutte le altre sembrano quasi di poco conto. Come la norma che alza da 63 a 65 il numero dei membri del governo (in arrivo due nuovi sottosegretari), o quella che mette la Croce rossa italiana sotto la vigilanza della nuova società in house gestita da privati con fondi pubblici. E non rassicura anzi il fatto che Berlusconi abbia confermato, in una lettera scritta al presidente della camera Fini, la nomina di Bertolaso a sottosegretario per tutto il 2010. Da ministro, infatti, non avrebbe potuto mantenere il doppio ruolo e avrebbe perso quei poteri straordinari che la nuove legge gli conferisce. Un altro emendamento, però, gli azzera il doppio emolumento. Ma il capo della Protezione civile ieri era lo stesso furibondo per l’emendamento che prevedeva nuove sanzioni per chi scia fuori pista e causa valanghe: è stato trasformato in semplice ordine del giorno. "Prendo atto - ha risposto piccato Bertolaso - che ci sono interessi economici e corporativi anteposti alla salute umana". Un altro passo indietro il sottosegretario l’ha dovuto fare in materia di appalti per lavori pubblici che la nuova Pc Spa non potrà più gestire in deroga alla disciplina ordinaria, ma solo "nel rispetto della vigente normativa anche comunitaria". Forniture e servizi, dunque, dovranno essere affidati - secondo un emendamento proposto dal relatore ma che l’opposizione rivendica a sé - con gare pubbliche. D’altra parte accuse di scarsa trasparenza erano state mosse a Bertolaso perfino dal vice ministro delle infrastrutture, il leghista Roberto Castelli che nei giorni scorsi si era infervorato davanti alle voci che volevano il capo della nascente Spa anche nuovo commissario straordinario per l’Expo 2015. "Un bel vantaggio, quello di Bertolaso su tutti noi - aveva commentato Castelli - può spendere soldi senza chiedere il permesso". Sulla notizia, smentita in seguito dallo stesso sottosegretario, è tornata ieri anche il sindaco di Milano Moratti: "Bertolaso - ha detto - ha già spiegato che questa società sarà al servizio dei commissari straordinari delegati dal governo, studieremo le modalità". D’altra parte, insieme all’Expo, i primi obiettivi della nuova Spa sono la gestione del piano di edilizia carceraria affidato a Franco Ionta, le nuove centrali nucleari, i quattro ospedali costruiti dalla regione Calabria con i poteri speciali dell’emergenza gestita dal governatore Loiero, e le regate della "Louis Vuitton World cup" previste in primavera alla Maddalena, il cui commissario straordinario è lo stesso Bertolaso grazie all’ordinanza firmata da Berlusconi il 30 dicembre scorso. Sono queste le prossime "emergenze". Un emendamento all’articolo 17 stabilisce che Ionta potrà usufruire di poteri straordinari per l’esproprio e l’occupazione d’urgenza dei suoli su cui costruire le nuove carceri. Lo farà in deroga anche alla legge che distribuisce il Fondo per le aree sottoutilizzate nella misura dell’85% al Mezzogiorno e per il 15% alle altre regioni. E ai suoi provvedimenti non ci si potrà opporre se non per "ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al capo dello stato". Giustizia: Bertolaso indagato in inchiesta su appalti, si dimette
Ansa, 10 febbraio 2010
Sono quattro le persone arrestate e una ventina le perquisizioni effettuate stamani nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Firenze su presunti scambi di favori in cambio di incarichi relativi a opere per gli appalti di grandi eventi, tra cui i lavori per il G8 alla Maddalena. In carcere sono finiti: Angelo Balducci, 62 anni, presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici; Diego Anemone, imprenditore romano di 39 anni; Mauro Della Giovanpaola, 44 anni, e Fabio De Santis, 47 anni, questi ultimi due dipendenti del Dipartimento di Sviluppo e Turismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. De Santis è stato successivamente nominato Provveditore alle opere pubbliche della Toscana. Per tutti l’accusa è corruzione continuata in concorso.
Bertolaso indagato, da quasi ministro a dimissioni
Nell’arco di una decina di giorni da potenziale ministro a indagato. È stata una parabola tanto rapida quanto inaspettata quella di Guido Bertolaso, Capo, ora dimissionario, della Protezione civile e jolly del Governo per risolvere qualsiasi emergenza, da quella dei rifiuti in Campania al terremoto in Abruzzo. Lo scorso 29 gennaio, dall’Aquila, il Presidente del consiglio lo aveva candidato a guidare un dicastero: "Credo che tutti possano immaginare che dopo l’exploit straordinario che Guido ha fatto in questi dieci mesi, il minimo che possiamo dargli come riconoscimento e merito - aveva detto il Premier - è la nomina a ministro da parte del presidente del consiglio". Un attestato di stima che aveva spazzato via polemiche e dubbi sollevati dalla querelle nata, pochi giorni prima, sulla questione Haiti, tra il ministro degli Esteri Frattini e il capo della Protezione civile. Sembrava essere superato anche l’imbarazzo creato da un’inchiesta sulle condizioni delle opere a La Maddalena per il G8: Bertolaso, in un sopralluogo con i giornalisti la scorsa settimana, aveva illustrato il futuro dell’ex Arsenale e degli altri siti realizzati, respingendo al mittente qualsiasi critica: "Le strutture realizzate nell’isola non sono in stato di abbandono, anche se c’è qualche lavoro di manutenzione da fare, ma anzi nell’isola è stata fatta la più grande bonifica di sempre, che ha permesso di trasformare un luogo che era una fogna in un polo navale e turistico tra i più importanti del Mediterraneo". Stamani l’imprevedibile accelerata. Il capo del Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso è indagato per corruzione nell’inchiesta svolta dalla magistratura di Firenze sugli interventi eseguiti alla Maddalena in vista del G8 dello scorso anno, poi spostato all’Aquila. Una notizia immediatamente seguita dalla decisione di Bertolaso di rimettere tutti i suoi incarichi: "Per non intralciare l’operato degli organi inquirenti" ha spiegato aggiungendo di essersi sempre definito "un servitore dello Stato" e dunque, anche in questo caso, di voler rimanere a disposizione del suo Paese. Nato 59 anni fa a Roma, due figlie, medico specializzato in malattie tropicali - con una carriera che dal confine tra Thailandia e Cambogia lo ha portato, quest’estate in occasione del G8, a sedere accanto ai poteri della terra dopo aver organizzato il Giubileo e i funerali di Giovanni Paolo II, aver gestito i soccorsi per lo tsunami e le tragedie che in questi otto anni hanno colpito l’Italia, aver chiuso l’emergenza rifiuti in Campania dopo 15 anni di scaricabarile - Bertolaso lo scorso novembre aveva annunciato di voler lasciare a fine anno e aveva pure ammesso di volersene andare soprattutto per aver capito che dopo tante battaglie vinte sarebbe stato impossibile portare a casa quella a cui teneva di più, la messa in sicurezza dell’intero territorio italiano. Certo, in otto anni ha ottenuto la classificazione sismica di tutti i comuni, con regole chiare per costruire nelle zone a rischio. Ed è riuscito, anche, ad imporre il catasto degli incendi e i piani di protezione civile comunali. Ma non quella cultura di prevenzione che avrebbe consentito di realizzare un vero piano di interventi.
Orlando (Idv): Governo riferisca su abuso poteri Protezione Civile Spa
"Mentre attendiamo che la magistratura faccia le sue indagini sulle accuse che hanno portato all’arresto di Angelo Balducci, ex vice di Bertolaso, invitiamo il governo a rispondere immediatamente all’interrogazione da me presentata che denuncia la grave anomalia dell’istituzione della Protezione Civile Spa, che proprio ieri ha avuto il via libera dal Senato". Lo ha detto Leoluca Orlando, portavoce nazionale dell’Italia dei Valori. "Attribuzione di poteri senza controllo, mancanza totale di verifiche su spese e sull’utilizzo di fondi speciali, abuso del concetto di emergenza, tale da farvi rientrare qualsiasi tipo di evento: il governo ponga un freno a questo delirio di onnipotenza in dispregio del denaro pubblico, delle funzioni istituzionali della Protezione civile e delle vere emergenze, come quelle connesse ai rischi idrogeologici del messinese e dell’intero paese". Giustizia: chiusura Case di lavoro proposta passa alle Camere
www.viaemilia.net, 10 febbraio 2010
È stata approvata dall’Assemblea Legislativa regionale dell’Emilia Romagna la proposta di legge per l’abrogazione delle norme del Codice penale che prevedono la reclusione in una Casa di Lavoro. La norma (che ora sarà depositata, ai sensi dell’articolo 121 della Costituzione, alle Camere) è stata votata in aula dopo che il Consigliere modenese, insieme al collega Borghi, ha visitato nel dicembre scorso la sovraffollata casa lavoro di Saliceta San Giuliano (Modena). Infatti proprio a Modena vi sono ben due delle quattro case di lavoro presenti in Italia, (l’altra è a Castelfranco Emilia). "Quello che infatti forse non a tutti è chiaro - ha spiegato Richetti che è stato relatore della legge - è che l’assegnazione a tali istituti avviene alla fine della pena detentiva carceraria, quando una volta scontata per intero la condanna, la persona anziché essere rimessa in libertà, è sottoposta a una ulteriore misura di sicurezza, a discrezione del magistrato. Anzi il paradosso è che vi sono casi di persone che nella fase di semilibertà o dopo essere usciti dal carcere avevamo trovato un lavoro all’esterno e l’hanno perso perché una volta internati non sono stati concessi loro i permessi per continuare a svolgere l’attività. Richetti ha spiegato che questa reclusione "crea la paradossale condizione di detenuto senza pena". La situazione delle case di lavoro è stata, del resto, ben inquadrata dallo stesso Presidente del Tribunale di Sorveglianza dell’Emilia-Romagna dott. Maisto in un’audizione resa alla Commissione Politiche per la Salute e Politiche Sociali dell’Assemblea Legislativa, dello scorso 16 dicembre. Il presidente Maisto ha sottolineato come l’istituto "sia un retaggio, quasi un rudere - lo ha definito - del nostro ordinamento la cui mancata modifica è dovuta al fatto che è stato sempre applicato molto raramente. Negli ultimi tempi - ha riferito il Presidente Presidente del Tribunale di Sorveglianza - c’è stato un revival di questo tipo di misure di sicurezza, principalmente officiato dalla procura Generale e dalla Procura della Repubblica di Napoli, intenzionata ad allontanare da Napoli alcuni detenuti camorristi. Poiché in Campania - ha spiegato ancora il presidente Maisto - non vi sono case di lavoro, questi detenuti sono stati inviati nelle case di lavoro dell’Emilia-Romagna". La misura dell’assegnazione ad una Casa di lavoro, oltre che dal Codice penale (in particolare agli artt. da 215 a 218), è regolata dall’ordinamento penitenziario, che prevedrebbe l’obbligatorietà del lavoro al suo interno. Nella realtà manca spesso la possibilità di lavorare anche a causa del sovraffollamento che grava anche in queste strutture tanto da consentirne lo svolgimento solo a rotazione e per periodi limitati. "Il nostro progetto di legge offrirebbe inoltre allo Stato - ha concluso Richetti - la possibilità di riutilizzare gli spazi per altre forme detentive". Giustizia: carcere per chi procura valanghe? è l'ennesima follia
www.ilcarcerepossibileonlus.it, 10 febbraio 2010
Carcere per chi procura valanghe sulla neve. Ancora invocata la massima pena sull’onda delle notizie di cronaca. Proposta di legge: il carcere per chi provoca il distacco e 5 mila euro di multa a chi va in montagna quando il pericolo è marcato. Il carcere come panacea di tutti i mali. Continuano, da parte dei politici, le proposte di carcere per affrontare le problematiche più diverse. Ultima arrivata il carcere per gli imprudenti sulla neve. Un’ottica solo repressiva, che manifesta l’incapacità di trovare strade alternative e, nel caso delle valanghe anche l’ignoranza sull’esistenza del delitto di omicidio colposo che potrebbe essere applicato a chi dovesse provocarle causando la morte di altri. Inutile, dunque, parlare di nuove leggi perché la fattispecie è già punita. I politici dovrebbero, invece, interessarsi veramente di carcere, per risolvere i problemi che le affliggono per restituire dignità a chi sconta una pena che prevede la perdita della sola libertà. Il Ministro della Giustizia Alfano, intervenendo al convegno della Uil Penitenziari, in corso a Roma, ha affermato che "bisogna rendere effettiva la portata dell’art. 27 della Costituzione, perché non si può immaginare una rieducazione se non c’è dignità nella presenza in carcere". Restituiamola, allora, la dignità. Il Governo è, purtroppo, fuori strada, come abbiamo più volte avuto modo di affermare nei nostri documenti. Costruiamo nuove carceri, ma per sostituire quelle esistenti che sono fatiscenti. Interveniamo con una seria ed organica riforma del processo penale, con l’applicazione di sanzioni sostitutive, con pene alternative al carcere, con la depenalizzazione di fattispecie non rilevanti, con l’impiego di risorse, con il taglio delle spese inutili che spesso favoriscono solo antichi, anacronistici ed a volte ridicoli privilegi. Giustizia: Uil-Pa Penitenziari; Sarno è riconfermato segretario
Adnkronos, 10 febbraio 2010
Con la riconferma per acclamazione di Eugenio Sarno a Segretario Generale è calato il sipario sul 3° Congresso nazionale della Uil Pa Penitenziari. Una tre giorni di lavori intensi apertasi, spiega una nota della Uil Pa, con il Convegno sul 41-bis che ha visto alternarsi, tra gli altri, dal palco congressuale il Ministro AAngelino Alfano, il Vice Presidente del Csm Nicola Mancino, l’ex Guardasigilli Claudio Martelli e Luigi Angeletti. Importanti e qualificanti i contributi offerti dal Capo del Dgm Bruno Brattoli, dal Capo del Dap Franco Ionta. Rita Bernardini dei Radicali Italiani, Luigi Vitali del Pdl e Sandro Favi del Pd. Non hanno mancato di portare il proprio saluto anche Antonio Foccillo e Carmelo Barbagallo della segreteria confederale nazionale. "Sono contento ed emozionato per questa riconferma che responsabilizza ancor più un gruppo dirigente che ha saputo e voluto portare all’attenzione del Paese il dramma penitenziario. Chiudiamo questo nostro Congresso - ha affermato Sarno - consapevoli delle tante difficoltà, con una certezza ed una speranza. Con la certezza che la questione penitenziaria è all’attenzione della politica e della società. La speranza è quella che ci ha voluto consegnare il Ministro Alfano con la sua determinazione e la sua passione nell’indicare un percorso ragionato per uscire gradualmente dalla crisi che avviluppa il sistema penitenziario. Non siamo soliti iscriverci al partito dei contrari a prescindere, pertanto consideriamo, responsabilmente, le parole del Ministro Alfano e le decisioni del Governo come un avvio di un percorso deflattivo delle criticità". "Speriamo - ha aggiunto Sarno - che l’Amministrazione Penitenziaria sappia innovarsi e rinnovarsi per cogliere appieno la sfida del piano carceri. Sono certo che il Presidente Ionta non mancherà di alimentare il confronto con le rappresentanze sindacali su temi importanti quali la rideterminazione delle piante organiche, una nuova organizzazione del Corpo di Polizia Penitenziaria e l’istituzione dei circuiti differenziati nell’ambito di un intelligente progetto di edilizia penitenziaria. Così come - ha concluso Sarno - auspichiamo una maggiore comunicazione e una svolta in tema di trasparenza". A completare "la squadra" della Uil-Pa Penitenziari Armando Algozzino e Giuseppe Sconza riconfermati Segretari nazionali, Angelo Urso Tesoriere e Sergio Grisini rieletto Presidente del Coordinamento Nazionale. Campania: tre mln €, per migliorare le condizioni dei detenuti
Ansa, 10 febbraio 2010
Tre milioni di euro per progetti tesi a migliorare le condizioni di vita dei detenuti campani e creare le vere condizioni per il loro reinserimento sociale. Sono questi gli obiettivi che intende raggiungere il piano di interventi approvato dalla Giunta regionale su proposta dell’Assessorato alle Attività produttive. Lo stanziamento di 3 milioni di euro è destinato alla ristrutturazione dei laboratori esistenti o attivabili presso ciascuno dei 19 Istituti penitenziari della nostra regione al fine di rendere possibile in essi lo svolgimento di attività artigianali, produttive e di servizi. "Ad esempio, solo nella casa circondariale di Poggioreale - spiega il Garante Adriana Tocco - i laboratori interessati sono tre e potranno rendere possibile l’impiego lavorativo di un numero consistente di detenuti". Il provvedimento raccoglie le esigenze evidenziate dal Provveditorato all’amministrazione penitenziaria della Campania, grazie al lavoro di raccordo svolto dall’ufficio del Garante dei detenuti, retto dalla dottoressa Adriana Tocco. Il Garante, nel prendere atto con soddisfazione dell’approvazione della delibera, ha dichiarato:"Questa non è solo una misura di trattamento, ma anche un concretissimo avvio di percorsi finalizzati al reinserimento sociale". La Tocco, ha altresì osservato: "Questo è l’ultimo significativo impegno, in ordine di tempo, assunto dall’Assessorato alle Attività produttive. Infatti, sono già in via di conclusione i corsi di formazione partiti nel 2009 in tutti gli Istituti, e stanno per partire quelli del 2010. È in fase di pubblicazione una guida plurilingue illustrante le norme che regolano la vita di ciascun istituto penitenziario, i propri diritti e i propri doveri, offrendo agli stranieri l’opportunità di conoscerli nella loro lingua. Anche questo in controtendenza con il razzismo che sembra sempre di più caratterizzare il nostro paese". L’Assessore Marone, nell’illustrare il provvedimento, ha sottolineato che "questa azione inedita di investimento nelle carceri campane, pone le basi, attraverso l’attività lavorativa, per lo sviluppo di migliori condizioni di cittadinanza attiva e pari opportunità per le persone sottoposte a misure detentive". "Il programma di interventi - ha evidenzia ancora l’Assessore Marone - intende concorrere al perseguimento dell’obiettivo primario di creare la rete istituzionale e sociale, attraverso la quale realizzare un modello inclusivo e solidale di comunità regionale". "Di fronte al dramma del sovraffollamento - ha concluso il Garante Tocco - il tempo dell’agire, segnato dalle iniziative proposte ed accolte dalla Giunta Regionale della Campania, mi sembra più umano, sensato ed utile della stasi contemplativa dell’emergenza carceri che caratterizza l’inazione del Ministero competente". Roma: detenuto di 52 anni muore, per un attacco di peritonite
Ansa, 10 febbraio 2010
Un detenuto di 52 anni del carcere di Regina Coeli è morto stanotte, in seguito ad una peritonite, in una clinica di Roma. Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. Antonio Fondelli, questo il nome della vittima, è deceduto la scorsa notte alla Clinica Nuova Itor di Pietralata, dove era stato portato dal Pronto Soccorso dell’ospedale "Fatebenfratelli" per un attacco di appendicite sfociato in peritonite. Sottoposto ad intervento chirurgico d’urgenza, l’uomo è morto nel corso dell’operazione senza svegliarsi dall’anestesia. I medici, nel corso dell’intervento, avrebbero accertato la peritonite ed una cancrena appendicolare. L’uomo, appellante, si trovava nella IV sezione del carcere di Regina Coeli da febbraio 2009 per una condanna ad un anno e 11 mesi per furto, di cui un anno già scontato. Cardiopatico acclarato, era stato per qualche tempo anche ricoverato nel centro clinico del carcere. A quanto appreso dai collaboratori del Garante, domenica mattina Antonio si è sentito male ed stato portato dal 118 al "Santo Spirito" dove, secondo alcune voci, si sarebbe dimesso volontariamente ed è tornato in carcere. Il giorno dopo, lunedì 8 febbraio, Antonio si è sentito di nuovo male, è stato trasferito con l’ambulanza al "Fatebenefratelli" e da lì trasferito d’urgenza alla Nuova Itor per essere operato e dove, invece, è morto, senza essersi svegliato dall’anestesia. I familiari sarebbero già stati interrogati dal magistrato, che ha sequestrato la cartella clinica e disposto l’autopsia. "Non può che rattristarci questa ennesima morte in carcere, la prima del 2010 in Lazio - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni - Bene ha fatto la magistratura ad attivarsi tempestivamente, ora auspico che tutte le componenti coinvolte collaborino con le autorità per fare piena luce su quanto accaduto. Dopo il clamore delle scorse settimane l’argomento carcere è un po’ scomparso dal dibattito quotidiano. Tuttavia ritorna come sempre il problema drammatico del diritto alla salute in carcere ed in rapporto a questo ci si pone al domanda del perché un detenuto così malato con una pena così lieve da scontare venga tenuto in carcere e non sottoposto a misure alternative".
Peciola: morte a Regina Coeli poteva essere evitata
"Non è tollerabile che un detenuto, tra l’altro in attesa di condanna definitiva, per un delitto di così lieve entità qual è il furto, con problemi di cardiopatia acclarata, sia trattenuto in carcere e non sia sottoposto a misure alternative. La morte di A.F. poteva essere evitata se solo, ancora una volta, la custodia cautelare in carcere non fosse diventata un’anticipazione della pena detentiva". Lo afferma in una nota Gianluca Peciola, consigliere provinciale di Sinistra, Ecologia e Libertà e coordinatore del Gruppo Federato della Sinistra in Provincia. "È un altro caso di stridente contrasto - continua Peciola - tra la prassi giudiziaria e il principio della Costituzione della presunzione di non colpevolezza. Questa è la prima morte in carcere del 2010 nel Lazio. Nel 2009 le morti sono state 14, e molte di queste sono ancora da accertare. Un dato preoccupante se confrontato con i dati nazionali: le persone morte in carcere nel 2009 sono state 175, di cui 72 per suicidio, mentre nel 2008 sono state 142, di cui 46 per suicidio. Mi allarma- conclude- che il nostro Paese stia diventando sempre più forcaiolo e giustizialista". Reggio E.: Sappe; la polizia penitenza sventa suicidio detenuto
Il Velino, 10 febbraio 2010
Nuovo tentato suicidio sventato all’interno di una struttura carceraria. È accaduto ieri, verso le ore 20, all’interno dell’ospedale psichiatrico di Reggio Emilia dove, un internato appena giunto in istituto per un periodo di osservazione di 40 giorni, dopo aver più volte tentato di aggredire il personale di polizia penitenziaria, si è impiccato appendendosi con le lenzuola al mobile della cella. Lo rende noto Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria. "Solo il pronto intervento degli agenti che lo hanno immediatamente soccorso e portato in ospedale, dove si trova tuttora in osservazione, ha evitato che l’internato morisse soffocato. Tale ultimo episodio - prosegue Durante - pone ancora una volta all’attenzione la necessità, già prospettata alcuni mesi addietro dal Sappe, di unificare le due strutture di Reggio Emilia, casa circondariale e Ospedale psichiatrico, al fine di avere una più razionale gestione amministrativa ma, soprattutto, di ripensare l’intera gestione degli stessi ospedali psichiatrici. A tal proposito, abbiamo appreso, di recente, che l’Amministrazione penitenziaria sta lavorando per la definizione di una convenzione con la regione Emilia Romagna, affinché la degenza, le cure, l’assistenza ed ogni altro onere relativo agli internati, siano affidati alle Aziende sanitarie locali. La polizia penitenziaria si occuperebbe esclusivamente della vigilanza esterna - prosegue il sindacalista del Sappe. Tale impegno è stato assunto in sede di conferenza unificata e dovrebbe portare, nel breve periodo, alla de-carcerizzazione degli internati e, nel medio-lungo periodo, al definito superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari. Per i motivi di sopra evidenziati - conclude Durante, venerdì 12 febbraio, con inizio alle ore 11, terremo una conferenza stampa presso la casa circondariale di Reggio Emilia". Torino: un call-center alle Vallette impiegherà quindici detenuti
La Repubblica, 10 febbraio 2010
Un call-center dentro il carcere delle Vallette. "È un progetto a cui stiamo lavorando con un’ azienda privata - spiega il direttore Pietro Buffa - e impiegherà una quindicina di detenuti" . E non è che una delle iniziative che farà da tramite tra i detenuti e la città. Solo l’anno scorso le aziende che collaborano con la Casa Circondariale hanno pagato ai detenuti 165mila euro di stipendi. E dal 10 al 19 marzo i torinesi potranno andare a teatro dentro il carcere delle Vallette: lo spettacolo si intitola "Astuzia del muro", con la regia di Claudio Montagna. "Abbiamo già ricevuto diverse prenotazioni - conclude l’assessore comunale alla Cultura Fiorenzo Alfieri - tra cui molte famiglie con bambini. Al di là dello spettacolo, il solo ingresso nel carcere è un’esperienza che ti cambia" . Per assistere alla rappresentazione è però necessario prenotarsi entro il 19 febbraio. Salerno: progetto per nuovo carcere a Santa Maria degli Ulivi
La Città di Salerno, 10 febbraio 2010
Il nuovo carcere sorgerà in un’area di 60mila metri quadrati, individuati in località Santa Maria degli Ulivi. La struttura, che si estenderà su un unico livello, potrà ospitare circa 200 detenuti, sia uomini che donne, e darà anche un impulso all’economia locale. Poiché il terreno non è interamente di proprietà del Comune, una volta terminata la fase progettuale sarà anche necessario dare inizio a delle procedure di esproprio. Nei giorni scorsi era circolata la voce che il nuovo penitenziario sarebbe stato costruito in un’altra zona della città, ma per una serie di ragioni tecniche l’ipotesi è stata accantonata e l’area individuata in via definitiva è quella di Santa Maria degli Ulivi che tra l’altro si trova anche nei pressi del Palazzo di Giustizia. Nei prossimi mesi, dopo l’annuncio dato dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, dell’inserimento del nuovo carcere di Sala Consilina tra i sette interventi di edilizia carceraria da realizzare con assoluta priorità, dovrebbe arrivare a conclusione anche la fase progettuale. Il progetto, che è naturalmente secretato, e la gara di appalto non seguiranno le tradizionali procedure ma saranno gestiti direttamente dal ministero della Giustizia. L’attuale carcere di Sala Consilina si trova in via Gioberti, in pieno centro storico, ed è difficilmente raggiungibile. La struttura attualmente può ospitare circa trenta detenuti uomini. Un nuovo penitenziario è ritenuto essenziale per un Comune come Sala che si trova in una zona di cerniera tra la Calabria e la Basilicata. Da Fuorni, sede del carcere di Salerno, fino a Castrovillari in provincia di Cosenza non ci sono altre carceri e attualmente anche i detenuti della Lucania vengono associati alla Casa Circondariale del comune capofila del Vallo di Diano. Padova: Ristretti Orizzonti; proposte contro sovraffollamento di Giampaolo Chavan
L’Arena di Verona, 10 febbraio 2010
Far trascorrere l’ultimo anno di pena agli arresti domiciliari. Espellere dall’Italia i detenuti stranieri a 3 anni dal fine pena. Far dormire a casa i semiliberi, lasciando le celle ai detenuti delle altre sezioni. Ecco alcune proposte contro il sovraffollamento emerse durante il convegno svoltosi ieri al carcere Due Palazzi di Padova. L’incontro, organizzato dalla rivista Ristretti Orizzonti, diretta da Ornella Favero, è stata l’occasione per fare il punto della situazione. "Ci sono 30mila ingressi nelle carceri del nostro paese di detenuti che ci rimangono solo una settimana", ha rivelato il cronista di giudiziaria del Corriere della Sera, Luigi Ferrarella. Il giornalista ha ricordato il ruolo svolto dall’informazione in un settore cruciale come la sicurezza. "Occorre far capire ai lettori", ha spiegato "la convenienza di certe misure". Come l’indulto. I detenuti usciti con il provvedimento di clemenza del 2006 hanno avuto una recidiva inferiore alla media. Secondo uno studio dell’università di Torino, in carcere è rientrato solo il 26% di chi ha beneficiato dell’indulto contro il 70% di quelli usciti per il fine pena ordinario. La media dei recidivi si riduce ancora di più tra i detenuti che beneficiano delle misure alternative come l’affidamento in prova. Cagliari: detenuto morì di overdose, condanna compagni cella
L’Unione Sarda, 10 febbraio 2010
La droga era arrivata in cella e la serata era finita male, con la morte di uno dei detenuti, Roberto Grimaldi. Ieri mattina Erminio Pisano e Adriano Melis hanno patteggiato sei mesi, Davide Aramini ha scelto l’abbreviato ed è stato condannato a una pena identica. Per tutti l’accusa era di omissione di soccorso: nessuno aveva avvisato gli agenti di polizia penitenziaria. Un quarto imputato, Stefano Medda, sarà invece processato il 18 marzo dai giudice della seconda sezione del Tribunale. La notte tra l’11 e il 12 giugno 2005 nella cella che Grimaldi e Aramini dividevano con Medde, Pisano e Melis era stata organizzata una festa a base di droga. Medde aveva l’eroina e l’aveva divisa con Grimaldi che si era subito sentito male. I compagni avevano tentato la respirazione bocca a bocca e il massaggio cardiaco, attenti a non farsi scoprire dalle guardie: Medde sarebbe dovuto uscire dopo due giorni, se avessero chiesto aiuto sarebbe saltata fuori la droga e non sarebbe stato più scarcerato. Così avevano lasciato morire Grimaldi. Ecco perché ora Medde è accusato anche di illecita detenzione e cessione di sostanze stupefacenti; tutti sono invece accusati di omissione di soccorso. Secondo l’accusa Aramini, Pisano e Melis (difesi da Marco Lisu, Annamaria Busia e Massimo Alberto Mattana) avrebbero anche tentato di depistare le indagini non riferendo le cause della morte di Grimaldi (i familiari si sono costituiti parte civile con Antonio Curcu) negando di aver visto droga. Milano: avvocato scopre sentenza… scritta prima del processo
Ansa, 10 febbraio 2010
Singolare episodio oggi presso la prima Corte d’Appello di Milano. Mentre il collegio giudicante era in camera di consiglio per alcuni processi già discussi, l’avvocato Paolo Cerruti - difensore in un procedimento ancora da trattare - è andato a sfogliare alcuni fascicoletti sul tavolo del presidente Giovanni Scaglioni e ha scoperto che per il suo assistito Francesco Basile la sentenza era già stata scritta con la conferma del giudizio di primo grado: una condanna a 8 mesi per un borseggio avvenuto a Monza lo scorso anno. Al rientro della corte in aula l’avvocato Cerruti ha fatto verbalizzare l’episodio e il sostituto procuratore generale Isabella Pugliese ha chiesto una integrazione del collegio giudicante. Il presidente, pur ravvisando l’anormalità della consultazione dei suoi documenti che non facevano parte del fascicolo processuale, ha deciso di astenersi. Per effettuare la sua sostituzione il processo Basile è stato lasciato per ultimo tra quelli in programma. L’episodio è stato segnalato all’ordine degli avvocati di Milano e quattro suoi componenti sono arrivati in aula per chiedere l’acquisizione del documento. Il fascicolo sul tavolo del presidente, a quanto appreso, non avrebbe avuto ancora l’intestazione del Tribunale.
Giudice: era solo una bozza
Si giustifica dicendo che "era solo una bozza" la sentenza trovata sul suo tavolo da un avvocato, prima che iniziasse il processo. Così il giudice milanese Giovanni Scaglione respinge l’accusa di aver scritto il verdetto prime del tempo. "Hanno messo le mani nelle mie carte - dice - io ho preparato una bozza di decisione, per quello che poteva essere il giudizio del collegio, che poi poteva esser completato diversamente. Ma un avvocato ha messo abusivamente le mani nelle mie carte e non lo poteva fare. Era solo un appunto e non la preparazione di un atto già assunto. Quello che conta è la decisione finale, non quello che ha in mente prima un giudice".
Nuovo collegio riduce pena imputato
Il collegio che ha sostituito quello di cui faceva parte Giovanni Scaglione, il giudice costretto ad astenersi perché sul suo tavolo è stata trovata la copia di una sentenza già scritta, ha condannato l’imputato a 5 mesi di carcere, 3 in meno di quanto veniva indicato nel verdetto preparato prima della celebrazione del processo. Paolo Cerruti, l’avvocato dell’imputato, Francesco Basile, accusato per un episodio di borseggio a Monza, ha commentato: "Io non sono contento perché sono convinto che il mio assistito meritasse l’assoluzione". Palermo: ex direttrice del carcere rinviata a giudizio per truffa
Ansa, 10 febbraio 2010
Il Gup Ettorina Contino ha rinviato a giudizio per truffa, falso, peculato e omissione di atti d’ufficio l’ex direttore del carcere Pagliarelli di Palermo, Laura Brancato. La funzionaria, proprio a causa dell’inchiesta, è stata sospesa dall’incarico, dal Dap, nei mesi scorsi. Nella stessa indagine era coinvolto, con gli stessi capi d’accusa, il direttore sanitario del centro medico dell’istituto di pena, Sergio Cavallaro, che ha patteggiato una pena di 9 mesi con la sospensione condizionale. Il procedimento è nato da un esposto presentato dal segretario del Sinappe, il sindacato di polizia penitenziaria, che ha denunciato che la Brancato utilizzava le linee telefoniche del carcere per chiamate personali e inviava le proprie analisi all’ospedale Civico, fingendo fossero dei detenuti, per non pagare il ticket. Il tutto con la complicità di Cavallaro. Dalle indagini è emerso, inoltre, che la Brancato ascoltava indebitamente le telefonate fatte dai dipendenti dell’istituto di pena. Il processo si svolgerà il 5 maggio davanti ai giudici della quarta sezione del tribunale. Immigrazione: nel Cie più caro 75 euro al giorno per ogni "ospite"
www.viaemilianet.it, 10 febbraio 2010
Ogni "ospite" del Cie di Modena costa 75 euro al giorno, contro i 50 della media nazionale. Lo dice l’ultimo rapporto dei Medici Senza Frontiere sulle strutture che in Italia si occupano dell’accoglienza dei migranti irregolari. E lo ricorda la Cgil Emilia-Romagna che chiede più trasparenza nelle convenzioni stipulate con i singoli enti privati che gestiscono i Cie. Più vicini a carceri che a luoghi di accoglienza. Carenti dal punto di vista sanitario, sovraffollati, a volte privi di beni di prima necessità. È la fotografia dei centri per i migranti in funzione in Italia. A scattarla ci ha pensato Medici senza frontiere che una settimana fa ha presentato il rapporto "Al di là del muro". Un titolo che vuole sottolineare come sia difficile dall’esterno provare a descrivere la vita dentro strutture come i Cie (Centri di identificazione ed espulsione), i Cara (centri per i richiedenti asilo) e i Cda (centri di prima accoglienza). Edifici al cui interno la normalità è fatta di privazione dei diritti fondamentali di chi vi si trova ospitato. Quasi impossibile, per gli immigrati, ottenere un minimo di assistenza legale o di mediazione culturale. Complice di questo degrado e della mancanza di standard minimi di civiltà è, secondo il rapporto di Msf l’insufficiente trasparenza con cui viene assegnata l’attività dei centri a singoli enti o cooperative. "Si tratta di un aspetto che ci preoccupa - si legge nella presentazione del rapporto - l’ente gestore risponde soltanto al prefetto, nessuno valuta la qualità dei servizi in assenza di standard e criteri omogenei". A questo modus operandi non sfugge il Cie di Modena, anch’esso tra i 21 centri passati al vaglio dei Medici senza Frontiere. Anche la Prefettura di Modena, come tutte le altre interpellate dall’associazione, a parte quella di Crotone, si è rifiutata di far conoscere il testo della convenzione con gli enti gestori del Cie. A ricordare questo lato oscuro della struttura modenese è la Cgil Emilia-Romagna che in una nota sottolinea anche un’altra caratteristica che salta subito all’occhio, il fatto che quello di Modena sia il centro più caro d’Italia. "75 euro pro capite al giorno, contro i 50 euro della media nazionale (+50% sulla media)", scrive Franco Zavatti del dipartimento sicurezza e contrattazione, citando i numeri del rapporto "Al di là del muro". Dal rapporto emergono molte carenze che non giustificherebbero, secondo il sindacalista, i costi elevati del budget giornaliero per immigrato messo a disposizione dalla convenzione con l’Ente gestore della struttura. A parte i rilievi positivi della bassa presenza di ex detenuti tra la popolazione del Cie (10% contro la media nazionale del 43%) e del servizio di mediazione culturale e sostegno psicologico (definito "molto ben strutturato"), il rapporto elenca parecchie criticità. In primis, solo il 45% degli "ospiti" del Cie viene poi effettivamente rimpatriato. "Il resto torna libero nel territorio-modenese o altro - osserva Zavatti - con l’unica alternativa di un ulteriore soggiorno irregolare e, se identificato nuovamente, di essere poi recluso in carcere". Inoltre nel centro "si riscontra a volte un clima di tensione che sfocia in scontri fra trattenuti o in atti di autolesionismo". E desta perplessità la prassi adottata dal gestore di ritirare, ai nuovi arrivati, orologi e cellulari. All’interno non sono garantite attività ricreative, servizi di orientamento e informazione legale gratuiti, escluse le donne vittime di tratta. Non sempre soddisfacente - sempre secondo il rapporto - è il livello di pulizia. Infine, nonostante il buon livello dell’assistenza sanitaria, il centro non si è dotato di un protocollo clinico per la diagnosi e il trattamento di malattie infettive ed epatiti. Da qui la conclusione del sindacalista: "Come mai, considerati i dati di apprezzamento, ma anche le carenze, il Cie di Modena costa tanto? Naturalmente sarebbe utile, a integrazione dell’accesso ai dati impedito a Medici senza frontiere, poter conoscere nel dettaglio le motivazioni alla base dei costi gestionali così palesemente fuori media che gravano sul Cie modenese". Immigrazione: il difficile rimpatrio... per un cittadino liberiano di Camilla Pallavicino
www.targatocn.it, 10 febbraio 2010
Si è svolto al tribunale di Cuneo il processo nei confronti di P.R.K. un cittadino liberiano fermato a Limone Piemonte poiché non aveva ottemperato all’ordine di espulsione che gli era stato notificato dal prefetto di Roma lo scorso dicembre e poiché sprovvisto di documenti. L’uomo aveva in tasca un biglietto ferroviario per Nizza, 600 euro e 100 sterline. Nonostante non avesse ottemperato nei tempi dovuti all’ordine di espulsione - poiché come lui stesso ha dihiarato al processo non aveva i soldi per farlo - forse adesso era intenzionato a lasciare l’Italia, ma la polizia ha comunque dovuto adempiere al proprio dovere, anche perché se fosse stato sorpreso in Francia senza permesso di soggiorno e senza documenti, sarebbe stato sicuramente rimandato in italia, paese dal quale era partito l’ordine di espulsione. Per muoversi nell’ambito della legalità P.R.K. avrebbe dovuto recarsi presso il consolato o l’ambasciata del proprio paese, chiedere che questa lo riconoscesse come proprio cittadino (ipotesi improbabile) e che gli rilasciasse un passaporto e gli pagasse il biglietto aereo per farlo rimpatriare (eventualità ancora più improbabile). In realtà l’uomo, appena arrivato in Italia, aveva fatto richiesta di asilo politico e, mentre era in attesa della risposta, rimase per qualche tempo all’interno di un centro di accoglienza ad Acireale. Poi, forse in possesso di un permesso temporaneo di soggiorno, abbandonò il centro di accoglienza e lasciò l’Italia per andare in Germania, paese dal quale è stato espulso e rispedito da noi. Da quando la commissione territoriale rigettò la sua domanda di asilo politico, P.R.K. non aveva nessun titolo per restare in Italia, ma non aveva alcuna intenzione di tornare nel proprio paese, dal quale sembrava voler fuggire. Quando a dicembre venne fermato e gli venne consegnato l’ordine di espulsione, non aveva i soldi per poter lasciare l’Italia, e vi rimase come clandestino. Ora stava finalmente per adempiere a quell’ordine di espulsione ma la legge ha dovuto comunque seguire il proprio percorso che implicava fermare P.R.K. e processarlo, obbligatoriamente con il rito direttissimo, per i reati citati. Il nodo dell’intera questione è che la legge che regola le violazioni in materia di immigrazione clandestina esiste, ma ha tante possibilità di essere applicata quante ne ha P.R.K. di rientrare nel proprio paese di origine. È chiaro che non si può stare in un paese senza un documento o un permesso di soggiorno, ma è altrettanto vero che per processare P.R.K. sono stati necessari un giudice, un pubblico ministero, un cancelliere, un avvocato, un traduttore, un agente di polizia e vari agenti di polizia penitenziaria che hanno accompagnato l’imputato dal carcere dove era detenuto - tutti naturalmente pagati dallo stato, il tutto per condannare l’uomo a 5 mesi di reclusione con la sospensione condizionale, nella consapevolezza che P.R.K. non tornerà mai nella sua terra e che prima o poi il problema si ripresenterà, in Italia o in Francia, fa poca differenza. Francia: violenze in strada; coprifuoco per i minori di 13 anni di Giampiero Martinotti
La Repubblica, 10 febbraio 2010
Un bambino sotto i tredici anni, solo per strada di notte, sarà d’ora in poi considerato un criminale potenziale, portato in commissariato e trattenuto fino all’arrivo dei genitori: Nicolas Sarkozy e il suo ministro dell’Interno hanno deciso di prendersela anche coi ragazzini pur di mostrare i muscoli al loro elettorato. A poche settimane dal rinnovo dei consigli regionali (14-21 marzo), appuntamento elettorale che rischia di trasformarsi in uno smacco per il capo dello Stato, la destra agita di nuovo lo spettro del coprifuoco per i più piccoli. Finora applicato a singhiozzo da alcuni sindaci in cerca di pubblicità e senza risultati probanti, il provvedimento sta per diventare legge e i prefetti potranno applicare la regola come e dove vorranno, scegliendo città o quartieri considerati pericolosi. Il coprifuoco, idea ricorrente dell’ala più repressiva della destra, contestata da molti poliziotti e in generale considerata inutile, è stato inserito nella cosiddetta Loppsi 2, cioè la "Legge di orientamento e di programmazione per la performance della sicurezza interna". Se finora tutto era stato lasciato in mano ai sindaci, che potevano intervenire con un’ordinanza municipale, adesso è lo Stato a prendere direttamente in mano la faccenda: "Propongo una misure semplice e concreta - ha spiegato al Figaro il ministro dell’Interno, Brice Hortefeux - In un periodo e un settore ben definiti, il prefetto potrà decidere che qualunque minore di 13 anni sorpreso a passeggiare, dopo le 23 e fino alle 6 del mattino, sarà riaccompagnato a casa sua oppure portato in commissariato, dove i genitori saranno fermamente invitati a venire a prenderlo". Tanta fermezza sarebbe dettata dall’esasperazione dei cittadini, stanchi di vedere "i gabbiotti alle fermate d’autobus devastati, le pattumiere incendiate, gli ingressi dei condomini degradati". Secondo Hortefeux e il parlamentare che ha voluto l’introduzione del coprifuoco, tutto ciò sarebbe fatto per difendere i ragazzini da se stessi e dalle cattive frequentazioni. E sullo sfondo viene di nuovo ventilata la possibilità di sopprimere gli assegni familiari ai genitori di bambini trovati soli per strada. Non la pensano così magistrati, poliziotti ed esperti. I primi considerano la misura ai limiti della legalità costituzionale, mentre i sindacati delle forze dell’ordine la reputano difficilmente applicabile (nelle città in cui il coprifuoco è in vigore, a quanto pare, non è cambiato granché). Educatori e sociologi ritengono il coprifuoco inutile e dannoso. Secondo il sociologo Laurent Mucchielli, specialista delle "banlieues", i minori di tredici anni condannati per fatti penali rappresentano appena lo 0,3 per cento del totale. E l’idea che ci siano tanti bambini soli per strada sarebbe più immaginaria che reale: "Quando esiste il fenomeno di gruppi di giovani che circolano per le strade di notte, è raro che i bambini sotto i tredici anni ne facciano parte e se ne fanno parte è proprio perché non sono soli e sono accompagnati da ragazzi più grandi". I parlamentari della destra, tuttavia, sono schierati dietro il ministro dell’Interno, assicurano che il coprifuoco serve "ad evitare che i più piccoli diventino delinquenti a vita". Ma la legge serve soprattutto a tranquillizzare un elettorato sensibile a questi temi a poche settimane da uno scrutinio che si annuncia disastroso per il centro-destra. Iran: mille oppositori del regime arrestati negli ultimi due mesi
Apcom, 10 febbraio 2010
Secondo l’International Campaign for Human Rights in Iran, un gruppo che si batte per la difesa dei diritti umani in Iran con sede a New York, negli ultimi due mesi almeno mille persone sono state arrestate per motivi politici dal regime iraniano. Lo riporta il New York Times. Nelle ultime settimane - hanno detto analisti iraniani - Teheran ha inasprito la repressione in tutto il Paese, per neutralizzare l’opposizione e ridurre al silenzio le voci critiche, in vista della celebrazione del 31esimo anniversario della rivoluzione islamica in programma domani. Il governo ha evitato di arrestare i leader dell’opposizione, ma sono stati rinchiusi in prigione artisti, fotografi, studenti, i figli degli attivisti e decine di giornalisti. L’Iran è il primo Paese del mondo per numero di giornalisti rinchiusi in carcere: sono ben 65, stando a quanto riporta Reporters sans frontieres. "Non credo che questi arresti abbiano a che fare con atti specifici compiuti dalle persone arrestate, ma piuttosto per le idee che essi rappresentano", ha detto Haidi Ghaemi, responsabile dell’International Campaign for Human Rights in Iran. "Con questi arresti di massa, il governo vuole diffondere il terrore e intimidire l’opposizione, per scoraggiare potenziali manifestanti dallo scendere in piazza l’11 febbraio", ha aggiunto. Cina: pena di morte; Suprema Corte chiede più "misericordia"
Ansa, 10 febbraio 2010
Nuove regole per l’applicazione in Cina della pena di morte. Le ha diramate oggi la Suprema Corte del Popolo cinese, massimo organo giuridico del paese,che invoca più clemenza e chiede che la "giustizia venga temperata con la misericordia". Queste nuove linee guida rispecchiano il principio della "giustizia con misericordia" già presente in un documento approvato nel 2006 dal XVI Comitato centrale del partito Comunista cinese (Cpc) e che aveva poi portato alla decisione che tutte le sentenza a morte emesse dai tribunali locali dovevano poi essere vagliate dalla Corte Suprema. Questo ha portato ad una riduzione del numero delle condanne capitali: nel 2007, infatti, la rivisitazione della corte tramutò il 15% delle condanne a morte in altre pene, nel 2008 il 10% delle pene capitali vennero commutate. Il massimo organo giudiziario cinese ha spiegato nelle nuove linee guida che la sentenza capitale dovrebbe essere emessa in "casi estremamente seri" e comunque ad una "piccola minoranza" e quando ci sono "serie evidenze". La pena capitale, comunque, non deve essere applicata a minori e anziani. La nuova politica dovrebbe portare ad una diminuzione delle sentenze capitali, ma non all’abolizione della pena di morte che, secondo i vertici di Pechino, non sarebbe apprezzata dal popolo. La corte sottolinea nel documento come l’applicazione debba essere solo in casi eccezionali. I numeri delle condanne a morte emesse ed eseguite in Cina rappresentano un segreto di stato. Secondo Amnesty International, nel 2008 7.000 persone sarebbero state condannate alla pena capitale e 1.718 condanne sarebbero state eseguite. Dati minori rispetto a quelli della fondazione cinese ma con base americana Dui Hua, che si batte per i diritti civili dei detenuti cinesi, secondo la quale nel 2009 5.000 persone sono state giustiziate contro le 6.000 del 2007. Numeri che portano comunque la Cina al primo posto per totale di sentenze eseguite, ma non in percentuale rispetto al numero degli abitanti. Sono più di 60 i crimini per i quali nel paese viene comminata la pena di morte dai tribunali locali, in molti casi poi tramutata in ergastolo o altre pene dalla Suprema corte. Oltre agli omicidi, tra i casi di applicazione della pena di morte in Cina c’è il traffico di droga (per il quale è stato condannato e giustiziato lo scorso dicembre l’inglese di origine pachistana Akmal Shaikh), ma anche reati non violenti legati alla corruzione dei pubblici ufficiali, alla concussione e alle tangenti. La corte cinese ha condannato alla massima pena un imprenditore che aveva truffato investitori per 56 milioni di dollari o funzionari governativi che avevano preso tangenti. A morte è finito anche un fabbricante di esplosivi che aveva venduto ad una miniera esplosivo non buono che aveva provocato la morte di 56 operai. Alla pena capitale sono stati condannati anche gli artefici dello scandalo del latte alla melanina e un uomo che, guidando sotto l’effetto dell’alcool, aveva ucciso quattro persone. Oggi China Daily ha riferito di un politico locale che è stato condannato alla pena di morte per concussione, con sospensione per due anni. Sun Shanwu, ex vice presidente della Conferenza Consultiva e Politica del Popolo Cinese della provincia di Henan, avrebbe intascato tangenti per oltre 9,1 milioni di yuan, più di 970 mila euro, dal 2002 al 2006. Sun è accusato di aver preso mazzette per aiutare, in particolare, nove grandi imprenditori che operano soprattutto nel settore immobiliare. Non rischiano invece la pena di morte i quattro dirigenti della multinazionale australiana delle miniere Rio Tinto che hanno visto l’accusa contro di loro derubricata da spionaggio a quella di essersi procurati "segreti commerciali" e corruzione. Così rischiano non più di sette anni di carcere. Il primo straniero ad essere condannato a morte in Cina con condanna eseguita, è stato un italiano, Antonio Riva, fucilato nel 1961 per spionaggio, essendo ritenuto colpevole di aver complottato per uccidere Mao.
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