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Giustizia: le carceri come un inferno, per detenuti e per agenti
La Stampa, 14 aprile 2010
Non sono mai stati così tanti. Nei primi tre mesi di quest’anno il numero dei detenuti ha raggiunto quota 67.271, oltre 2.000 in più delle 65.067 unità censite alla fine del 2009. I dati diffusi ieri dalla Comunità di Sant’Egidio la dicono lunga anche sul fatto che i penitenziari italiani, luoghi in teoria deputati alla rieducazione, sono in realtà dei gironi infernali: se i suicidi in cella nel 2009 sono stati 72, da gennaio a marzo del 2010 ne sono stati contati già 18. Proprio un inferno, insomma, e non solo per chi ha commesso dei reati. Vivono disagi enormi anche gli agenti della polizia penitenziaria: in servizio ce ne sono 35.287, il 17,7 per cento in meno rispetto all’organico previsto che è di 41.548 unità. Pochi, troppo pochi se si considera il tasso di sovraffollamento della popolazione carceraria che ha assunto proporzioni spaventose: secondo stime attendibili, a fine 2010 i detenuti saranno 73 mila, í156 per cento in più della capienza prevista che non dovrebbe superare le 43.074 unità. Ieri il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha incontrato alcuni dei sindacati degli agenti di custodia per discutere del piano-carceri. Un progetto affidato al capo del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) Franco lonta e su cui il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti, si pronuncia con favore: "Va bene e speriamo che proceda spedito, anche se il carcere non può essere l’unica risposta al problema: ci vorrebbero ad esempio strutture socio-sanitarie per permettere ad anziani, disabili donne con bambini, senza-casa e ammalati gravi di scontare pene alternative". Sul piano-carceri scende in campo anche Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, che in qualità di presidente dell’Anci ha inviato una lettera al ministro chiedendo "un coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali interessati", a cominciare dagli enti locali. La prima fase del progetto è partita con la dichiarazione dello stato di emergenza fino a dicembre del 2010, termine entro il quale dovranno essere realizzati 47 nuovi padiglioni nelle strutture già esistenti, con finanziamenti per circa 500 milioni di euro. E già su questo punto di registrano le riserve del sindacato Osapp. Il segretario Leo Beneduci annuncia per i prossimi giorni lo sciopero della fame degli agenti di custodia di Lazio e Piemonte. "Il problema non va affrontato solo dal punto di vista delle infrastrutture - dice -. I soldi andrebbero spesi per una reale riforma del sistema, a partire dalla depenalizzazione di alcuni reati di minore allarme e pericolosità per finire con l’effettivo reinserimento sociale dei detenuti". Non mancano le riserve anche sulla seconda fase del piano, che consiste nella costruzione di nuove carceri da finanziare anche con fondi privati in modo da creare 22 mila posti in più. La Cgil, che non ha neanche partecipato all’incontro promosso dal ministro, spiega che "in realtà mancano sia i soldi che il personale". I sindacati non si pronunciano sul disegno di legge che prevede gli arresti domiciliari per chi deve scontare fino a un anno di carcere, e la "messa in prova" presso i servizi sociali in caso di condanna non superiore ai tre anni. Fanno però sentire la loro voce sull’adeguamento dell’organico della polizia penitenziaria, che a regime dovrebbe aumentare di duemila unità. "Ce ne vorrebbero altri diecimila", incalza Beneduci dell’Osapp. Sono invece favorevoli al piano del Governo altre due organizzazioni, il Sappe e l’Ugl. "Finalmente c’è un Governo che percorre la strada della concretezza", commenta Donato Capece, segretario del Sappe, che durante l’incontro con il ministro ha proposto la costruzione di "edifici in acciaio con 600 posti letto che possono essere realizzati in soli quattro mesi con costi inferiori ai 20 milioni di euro". Giustizia: Parlamento inerte; Rita Bernadini in sciopero fame
Apcom, 14 aprile 2010
La deputata dei Radicali Rita Bernardini inizierà a mezzanotte uno sciopero della fame, come forma di pressione per un rapido esame parlamentare del ddl Alfano sulle carceri all’attenzione della commissione Giustizia di Montecitorio, invitando il Parlamento a "non restare inerte" e ad "assumersi ciascuno le proprie responsabilità" di fronte all’emergenza carceri, tanto più a fronte dei due nuovi suicidi che si sono consumati, a poche ore di distanza, a Santa Maria Capua Vetere e a Rebibbia. "Credo - afferma Bernardini - che il tempo possa considerarsi ormai scaduto. Il Parlamento non può più assistere inerte alla strage che con cadenza quasi quotidiana va consumandosi nelle carceri italiane. "I gruppi parlamentari di Lega, Idv e Pd, con la decisione di non accordare la corsia preferenziale della sede legislativa al ddl Alfano sulla messa alla prova e sull’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive brevi, sembrano non aver compreso la drammaticità della attuale situazione di emergenza che sta vivendo l’intera comunità penitenziaria. I parlamentari della Lega e dell’Italia dei Valori, peraltro, non riescono a liberarsi dalla convinzione, smentita inoppugnabilmente dai fatti, per cui le misure alternative al carcere rappresentano una minaccia, e non una risorsa, per la sicurezza collettiva. Temo che muovendo da simili quanto irresponsabili convinzioni sarà molto difficile che il Parlamento riuscirà a varare misure di reale efficacia contro il sovraffollamento, quali quelle previste dal ddl Alfano, in tempi brevi". Giustizia: Di Giovan Paolo (Pd), Governo dia seguito a mozioni
9Colonne, 14 aprile 2010
"È indecenza che un Paese civile debba accettare che ogni mese cinque detenuti muoiano per suicidio nelle sue carceri. Il governo dia seguito alle timide aperture che ha dimostrato, per fare luce davvero sui mali degli istituti penitenziari italiani". Lo afferma il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, segretario della Commissione Affari Europei. "Quello di Rebibbia è solo l’ultimo caso, e le nostre carceri dimostrano di essere inadeguate sia per qualità delle strutture sia per sovraffollamento. Un Paese che si dice civile non può permettere tutto questo - continua Di Giovan Paolo - Al Senato è passata una mozione del Pd con dodici punti in cui si chiedeva di mettere mano ai mali delle carceri italiane. I colleghi della Camera hanno fatto un lavoro altrettanto meritorio. Dunque, il governo agisca di conseguenza, non si fermi alle intenzioni. E questi sono temi che dovranno caratterizzare i lavori del nostro partito anche nei prossimi mesi". Giustizia: nuovo suicidio e agenti pronti a sciopero della fame
www.romatoday.it, 14 aprile 2010
Ieri Daniele Bellante si è suicidato in cella. Nelle carceri il clima è pesante, tra suicidi crescenti, sovraffollamento e carenza di organico penitenziario. A breve sciopero della fame degli agenti. Ennesimo suicidio nelle sovraffollate carceri italiane: ieri sera, nella sezione collaboratori di giustizia del penitenziario romano di Rebibbia, si è tolto la vita Daniele Bellante. L’uomo, 31 anni, si è impiccato annodando una striscia di tessuto alla finestra della cella. Siciliano, originario di Vittoria, Bellante, secondo quanto si é appreso al momento, era un pluripregiudicato, fino al 2009 sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza. I soli precedenti del giovane noti alle forze dell’ordine riguardano una serie di denunce per furto e ricettazione. Bellante si trovava in carcere dal 30 settembre dell’anno scorso, quando fu arrestato l’ultima volta per avere violato l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza. Gli agenti lo ammanettarono a Vittoria, appena sceso da un autobus proveniente da Catania. I suicidi in carcere sono diventati una vera emergenza. Ogni giorno, nei 206 istituti penitenziari della Penisola, si registrano almeno tre tentativi di suicidio da parte dei detenuti. L’anno scorso sono stati 800 e quest’anno, in poco più di tre mesi, già 250. Grazie al lavoro di vigilanza degli agenti di polizia penitenziaria, la maggior parte di questi tentativi si riesce a sventare, ma in alcuni casi non si fa in tempo a intervenire. Un "bollettino di guerra" che cresce ogni giorno: dal primo gennaio 2010 ad oggi sono già 19 i detenuti che si sono tolti la vita in carcere E, come se non bastasse, a questo problema si aggiunge anche il sovraffollamento e la carenza di personale di polizia penitenziaria. Oggi l’incontro dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) con il ministro della Giustizia sul piano carceri. Il sindacato è sul piede di guerra e annuncia, per i prossimi giorni, iniziativa di protesta a cominciare dallo sciopero della fame da parte della polizia penitenziaria nelle carceri di Lazio e Piemonte. "Nell’attuale disastro penitenziario italiano gli unici problemi che si vogliono affrontare sono quelli dell’edilizia, mentre il carcere in Italia ha da tempo perso qualsiasi parvenza di umanità per il personale e per i detenuti - ha dichiarato il segretario dell’Osapp Leo Beneduci - Il problema delle carceri va affrontato nel complesso e non solo dal punto di vista delle infrastrutture. Se i 700 milioni di euro nel 2010 ed il miliardo e mezzo di euro nel triennio per le nuove carceri fossero destinati ad una reale riforma del sistema, ad incrementare le risorse ed il numero degli addetti non solo di Polizia Penitenziaria, per la depenalizzazione dei reati di minore allarme e pericolosità e per il reale e produttivo reinserimento sociale dei reclusi, i vantaggi sarebbero molteplici anche in termini di maggiore sicurezza per l’intera collettività". "L’esempio del nuovo carcere di Rieti pronto e consegnato da mesi e non in grado funzionare in mancanza di personale, doveva essere di monito per il Ministro Alfano - ha dichiarato in conclusione il sindacato. Le condizioni di vita e di lavoro nelle carceri non più "sopportabili" né per i detenuti né per il personale della polizia penitenziaria". Contro questa situazione a breve, dunque, la protesta nel Lazio e nel Piemonte, con "auto-consegne nelle caserme e scioperi della fame". Giustizia: Pd; piano governo inadeguato, sì misure alternative
Apcom, 14 aprile 20’10
"Ancora oggi registriamo l’aggiornamento della lista dei detenuti suicidi in carcere. L’ultimo nel carcere di Rebibbia a Roma dove si è impiccato un giovane di soli 31 anni arrestato a settembre 2009, per aver violato l’obbligo di soggiorno nel proprio comune di residenza". Lo dichiara Sandro Favi, responsabile Carceri del Pd. "La drammaticità della situazione negli istituti penitenziari, prima ancora che dalle fredde cifre del sovraffollamento e delle statistiche, è testimoniata dalle storie di vita quotidiana, di sofferenza e spesso di morte che a fatica filtrano dal carcere - osserva Favi -. Il tema delle misure alternative al carcere è decisivo per ridare equilibrio al sistema penitenziario. Non può essere ridimensionato per la preoccupazione di contraddire una politica della giustizia e della sicurezza che pure ha portato le carceri a queste condizioni. Non vorremmo cioè che con qualche misura limitata ed eccessivamente condizionata, come la detenzione domiciliare e la messa alla prova proposte dal Ministro Alfano, ci si lavasse la coscienza per ritrovarci fra qualche mese ancora con la questione penitenziaria alla soglia della deflagrazione". "Il piano del ministro della Giustizia - conclude il responsabile Carceri - è palesemente inadeguato e drammaticamente in ritardo agli occhi degli operatori penitenziari più consapevoli e delle stesse forze politiche che hanno dibattuto sulla situazione delle carceri negli scorsi mesi".Giustizia: Manconi; nelle nostre carceri troppe morti evitabili di Elena Tebano
City Corriere, 14 aprile 2010
Luigi Manconi, Presidente dell’associazione "A buon diritto" per le libertà civili, ha denunciato le presunte violenze subite da Stefano Cucchi e Giuseppe Uva dopo l’arresto.
Lei ha denunciato che Cucchi e Uva hanno subito abusi mentre erano sotto l’autorità statale: cosa pensa sia accaduto? Si è realizzato un micidiale meccanismo: ci sono stati violenze da parte di polizia, carabinieri e agenti di polizia penitenziaria e poi un comportamento o incapace o criminale da parte di personale sanitario.
Quindi ritiene che ci siano precise responsabilità del personale medico? Sì, i medici hanno lasciato morire Stefano Cucchi. E hanno ucciso Giuseppe Uva, dandogli farmaci incompatibili con il suo stato di ubriachezza. E queste due morti sono gli ultimi episodi di una lunga serie.
Perché allora i loro casi sono venuti fuori e gli altri no? Per un insieme di circostanze, anche casuali. Ci sono morti persino più crudeli, ma rimangono nel silenzio, se non incontrano l’attenzione di un mezzo di comunicazione e la forza morale di chi li solleva.
Forza morale? Persone come Ilaria Cucchi, Lucia Uva, Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi (morto nel carcere di Livorno) e la sorella di Giovanni Lorusso - tutte donne. Hanno trovato la forza morale di trasformare il proprio intimo dolore in un’occasione di denuncia pubblica. Senza di loro non avremmo mai saputo niente.
Sono stati i familiari delle vittime ad autorizzarla a pubblicare le loro foto? Sì, quando ho ricevuto le foto di Stefano Cucchi ho chiamato la famiglia e ho detto che ritenevo utile farle conoscere. Ma dovevano decidere loro. Aggiunsi che, se non volevano, non c’era bisogno che le guardassero, perché erano strazianti.
Ma il carcere è un luogo in cui gli abusi sono all’ordine del giorno? I 205 penitenziari italiani non sono lager. Ma gli abusi accadono: ci sono pestaggi, suicidi frequenti, morti violente presentate come suicidi - e poi c’è anche tanta gente per bene tra personale e agenti.
Quali sono le "situazioni critiche" più frequenti? I suicidi: solo nel 2009 sono stati 72. Significa che in carcere ci si ammazza 17 volte più che nella società intera. Inoltre i suicidi sono frequenti tra i reclusi sotto i 25 anni e nei giorni subito dopo l’ingresso.
Cosa significa? Che il detenuto, spesso appena divenuto tale e alla sua prima reclusione, non regge all’impatto con un mondo di cui non conosce le leggi e le consuetudini. Ma non ha nessun sussidio psicologico.
Secondo i dati ufficiali, però, i suicidi nel 2009 sono stati meno... Sì: 72 sono quelli che abbiamo ricostruito, perché il sistema carcerario li calcola al ribasso. Se il suicida muore in ospedale o in ambulanza, è contato come "fuori" dal carcere. Se si uccide con il gas della bomboletta del fornelletto per cucinare, la sua diventa una "overdose".
Perché l’amministrazione non sostituisce i fornelletti a gas con quelli elettrici? Non lo so: è una misura che noi chiediamo da anni ed anni.
La maggior parte delle morti in carcere del 2009 sono attribuite a "cause da accertare". Cosa vuol dire? Non sono tutte sospetti omicidi. Ma la loro dinamica non è stata ricostruita perché sono avvenute in condizioni di abbandono disperante.
Abbandono? Il carcere vive una tale condizione di abbandono e sovraffollamento, che è ormai al collasso. E in un’istituzione al collasso può succedere di tutto.
Il governo ha dichiarato l’emergenza carceri: servirà a risolvere la situazione? È incostituzionale: non esiste la possibilità di dichiarare "emergenza" un’amministrazione in stato fallimentare.
E perché il governo ha potuto farlo? Perché è un espediente per accelerare e rendere secretabili il finanziamento e l’assegnazione di appalti.
Ma aumentare il numero di penitenziari può servire? Si è iniziato a costruire il carcere di Gela nel 1959. È pronto ma neppure nel 2010 entrerà in funzione: manca il personale. Intanto ci sono centinaia e centinaia di agenti di polizia penitenziaria che lavorano al Ministero della Giustizia di Roma, con funzioni amministrative. Trasferirli però sarebbe molto impopolare.
Ma se ci fosse il personale? Ogni mese la popolazione carceraria aumenta di 7-800 detenuti. A fine anno ne avremo 75mila: 32mila in più della capienza legale. E il ritmo di costruzione delle nuove carceri è sideralmente più lento di quello degli ingressi
Qual è la soluzione, allora? L’hanno indicata tutte le commissioni per la riforma del codice penale degli ultimi 15 anni, sia di destra che di sinistra: depenalizzazione e decarcerizzazione.
In pratica cosa bisogna fare? Non tutti gli atti che provocano "disordine sociale" devono essere considerati reati. E non tutti i reati devono essere puniti con la reclusione.
Per esempio? Prenda i graffiti: sono reato. Ma ci sarebbero mille modi migliori del carcere per sanzionarli: da pulire i parchi in poi. L’Italia è il Paese europeo che ha il ventaglio più piccolo di sanzioni alternative alla reclusione, anche per i reati minori. Giovanni Lorusso è morto mentre stava scontando una condanna a 4 anni e 5 mesi per il furto di uno zaino. Giustizia: Osservatorio Sociale; sul carcere soluzioni condivise
Dire, 14 aprile 2010
"È una battaglia di civiltà quella di individuare delle soluzioni concrete, il più possibile condivise, che evitino il ripetersi dei suicidi nelle carceri. Al di là dei motivi che hanno portato il detenuto al suicidio, bisogna cominciare ad affrontare le problematiche legate alle carceri. Cominciamo con il dare le cure necessarie ma, soprattutto, l’amnistia per gli stranieri in carcere che intendono lasciare l’Italia per combattere il sovraffollamento, in modo da rendere anche più efficace il protocollo d’intesa per la sensibilizzazione e la prevenzione dell’epatite C negli istituti di pena italiani". Lo ha dichiarato Luigi Camilloni, presidente dell’Osservatorio sociale in merito al suicidio di un detenuto avvenuto nel carcere di Rebibbia. Attualmente, informa Camilloni, "la popolazione carceraria detenuta per reati connessi alla tossicodipendenza rappresenta il 33% del totale, ed è tendenzialmente in aumento la percentuale di stranieri (60-70%). Visto che la situazione sanitaria nelle carceri italiane è delicata, occorre tenere sotto controllo la popolazione straniera detenuta che presenta patologie che comprendono l’epatite B e C ed anche la tubercolosi e tutte le altre gravi patologie correlate all’uso di droghe. A breve- conclude il presidente- l’Osservatorio sociale, grazie al sostegno del Comune di Roma, proporrà i risultati sullo studio di fattibilità per il rimpatrio assistito di detenuti tossicodipendenti". Giustizia: Comm. Errori Sanitari, aprirà indagine sul suicidio
Apcom, 14 aprile 2010
La Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi sanitari regionali, presieduta da Orlando, ha aperto un’indagine sul suicidio di Daniele Bellante, un detenuto di 31 anni, avvenuto ieri nel carcere di Rebibbia. "Ancora una volta - ha detto Orlando - un detenuto, nel silenzio, si è tolto la vita. Sono più di venti i suicidi dall’inizio dell’anno: una cronaca drammatica che si aggrava nel corso dei mesi, senza che si mettano in atto soluzioni per contenerla". "La Commissione che presiedo - ha aggiunto - che ha da dicembre ha avviato uno specifico filone di inchiesta sulla tutela del diritto alla salute fisica e psichica dei carcerati, coordinata da Melania De Nichilo Rizzoli e Doris Lo Moro, ha chiesto al direttore del dipartimento di amministrazione penitenziaria Franco Ionta una relazione dettagliata su quanto avvenuto. Inoltre, nell’Ufficio di Presidenza di ieri, la Commissione ha deliberato di effettuare nei prossimi giorni una missione nel carcere di Sulmona, una struttura penitenziaria dove da tempo si registra una situazione di emergenza". Giustizia: incontro ministro-sindacati agenti per piano carceri
www.polpen.it, 14 aprile 2010
In via Arenula proprio ieri ha avuto luogo l’incontro tra le organizzazioni sindacali della Polizia Penitenziaria ed il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, alla presenza del Capo del Dap Franco Ionta, per discutere il tanto dibattuto piano carceri e raccogliere proposte dai sindacati stessi per la sua eventuale elaborazione edilizia e realizzazione. "Un’amministrazione che ha perso ogni residua capacità di programmare, pianificare e controllare" questa è l’idea della Uil espressa da Eugenio Sarno che sostiene sia necessario "edificare, ma non padiglioni o nuove carceri. Qui bisogna costruire, o ricostruire, l’amministrazione penitenziaria sempre più un cumulo di macerie[...] questa è un’ amministrazione che ha paura di far trasparire le proprie incapacità, che perseguita chi parla, chi denuncia, chi informa [...] ma è anche un’amministrazione insolvente che non paga straordinari e missioni [...] e firma un Fesi in cui paga 2,50 euro a chi va a lavorare e 4,50 euro a chi non ci va". Solo al termine dell’intervento si accenna al piano carceri in sé ma si fa presente la carenza di informazioni che impedisce di potersi esprimere anche se auspica che parte dei fondi venga stanziata per la ristrutturazione dei penitenziari più vecchi e la costruzione di nuove carceri là dove se ne presenti una reale necessità per volume di produzione di detenuti. In conclusione del proprio discorso lo stesso rappresentate della Uil ha chiesto che "il piano di assunzioni straordinarie della polizia penitenziaria trovi concretezza " data la precarietà delle condizioni in cui il corpo lavora in questo istante. Si incentra più sulle condizioni del personale invece il discorso portato avanti dall’organizzazione sindacale Osapp, infatti il Segretario Generare Leo Beneduci sostiene che il problema carceri va "affrontato nel complesso, non solo dal punto di vista delle infrastrutture " se i fondi previsti per questo progetto " fossero destinati ad una reale riforma del sistema - continua il segretario generale - ad incrementare le risorse e gli addetti non solo della polizia penitenziaria per la depenalizzazione dei reati di minore allarme e pericolosità [...] e per il reale e produttivo reinserimento sociale dei reclusi, i vantaggi sarebbero molteplici anche in termini di maggior sicurezza per la collettività". Il carattere più pratico dell’Osapp si denota anche dalla già annunciata protesta nelle regioni Lazio e Piemonte, "Il caso del carcere di Rieti pronto da due mesi e non ancora attivo per mancanza di personale, doveva essere un monito per il Ministro Alfano". La Cgil non si presenta proprio all’incontro dichiarando "Saremo disposti al confronto solo quando il Governo la smetterà di fare propaganda sulla pelle degli operatori che noi rappresentiamo". Il Sappe invece è di tutt’altro avviso infatti propone "Edifici d’acciaio con 600 posti letto costruibili in quattro mesi, con un costo inferiore ai venti milioni di euro e posti in opera in soli 7 mesi". Un’altra proposta arriva da RdB Pubblico Impiego che prima giudica il piano carceri inadeguato e poi afferma " l’utilizzo delle caserme dimesse o in via di dimissione del Ministero della Difesa potrebbero, a costi contenutissimi, essere trasformate in edifici idonei per gli arresti temporanei", dato che, come rende ancora noto la RdB P.I., circa 20.000 dei 60.000 attuali detenuti non rimarranno in carcere più 5 giorni. Le idee per quanto realizzabili o strampalate possano essere ci sono ed i presupposti per la loro attuazione sembrano essere stati ben analizzati dai sindacati, ma visto che alla fine dell’incontro il Ministro Alfano non sembra aver dato risposte concrete, ci troviamo ancora una volta a chiederci: quale sarà il domani del sistema penitenziario italiano? Buio. Giustizia: Anci; sul piano carceri, confronto con gli enti locali
Sesto Potere, 14 aprile 2010
L’Anci torna a ribadire l’opportunità di "avviare un metodo di confronto quale stimolo utile ad un coinvolgimento responsabile di tutti i soggetti istituzionali interessati" dalle opere di ampliamento e adeguamento delle Case Circondariali. È la richiesta contenuta nella lettera che il Presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino ha inviato al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Dopo aver nuovamente sottolineato al Ministro Alfano "la situazione in cui versano i Comuni che ospitano infrastrutture penitenziarie ed in particolare quelle che necessitano di opere di integrazione e adeguamento" Chiamparino segnala che "continuano a pervenire agli Enti locali segnalazioni circa la conformità urbanistica delle opere di ampliamento e adeguamento delle Case Circondariali. Tali richieste di parere, così come formulate ed in assenza di progetti complessivi nonché delle modalità attuative che si intendono adottare, rischiano di mettere in difficoltà non solo gli uffici competenti quanto gli stessi amministratori locali chiamati ad esprimersi su scelte ed interventi non preventivamente condivisi". Da qui la richiesta di avviare un confronto con tutte le istituzioni interessate "al fine di limitare, e possibilmente evitare, eventuali conflitti tra le amministrazioni competenti". Il nuovo piano carceri varato dal Consiglio dei Ministri è composto da quattro pilastri fondamentali: il primo prevede la dichiarazione dello stato di emergenza fino al dicembre 2010, periodo entro il quale dovranno essere realizzati 47 nuovi padiglioni all’interno delle carceri attuali. Il secondo punto consiste nella costruzione ex novo di carceri sul modello di quello abruzzese dell’Aquila, in modo da aumentare di 21.749 posti la capienza e raggiungere la quota di 80 mila unità nel biennio tra il 2011 e il 2012. Il terzo punto riguarda il sovraffollamento degli istituti e prevede gli arresti domiciliari e la cosiddetta "messa in prova" per i detenuti con pene inferiori ad un anno. L’ultimo punto del piano Alfano contempla l’aumento degli organici della Polizia Penitenziaria di 2 mila unità in aggiunta ai 40mila già in servizio. Giustizia: Sacconi; Casse previdenziali investiranno in carceri
Dire, 14 aprile 2010
Le Casse previdenziali introdurranno nei loro investimenti anche operazioni in "edilizia sociale, carceri e infrastrutture di utilità pubblica". È la disponibilità riscontrata dai ministri Sacconi e Tremonti; una strada "virtuosa che dovremo perseguire insieme", la definisce Sacconi parlando al "Forum previdenza" promosso dalla cassa nazionale di previdenza e assistenza dei commercialisti. "In un primo incontro con Tremonti abbiamo avvertito - riferisce il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali - non solo la ricerca di investimenti sicuri da parte delle casse previdenziali, ma anche una tensione etica che abbiamo apprezzato". Per Sacconi è "importante la disponibilità delle Casse a fare investimenti nella pubblica amministrazione". Giustizia: Sappe; carceri di acciaio, costruibili in quattro mesi
L’Opinione, 14 aprile 2010
"Edifici d’acciaio con 600 posti letto costruibili in quattro mesi, con un costo inferiore ai 20 milioni di euro, e posti in opera in soli 7 mesi". È la proposta che il Sappe (sindacato autonomo della polizia penitenziaria) ha rivolto al ministro della Giustizia Alfano nel corso dell’incontro sul piano carceri, come possibile "prima rapida soluzione per deflazionare" i penitenziari italiani. Ai sindacati Alfano ha fatto presente - a quanto riferisce il Sappe - che le loro indicazioni "se condivise verranno recepite nel Piano che dovrà essere presentato dal Commissario straordinario Ionta al Guardasigilli entro il prossimo 29 aprile"; oltre a comunicare l’avvio dell’iter per il bando di assunzione di 2.000 nuovi Agenti di Polizia penitenziaria e per l’esame in Parlamento del provvedimento sull’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno. Il Capo del Dap Ionta da parte sua , riferisce ancora il sindacato, "ha comunicato che in questi giorni si sta costituendo l’ufficio del Commissario straordinario", che sarà presieduto dal ministro Alfano e sul cui operato vigilerà un Comitato interministeriale di controllo. La situazione è "allarmante, oggi abbiamo più di 67mila detenuti in strutture carcerarie con una capienza regolamentare di poco superiore ai 43mila posti letto", dice il segretario Donato Capece, che auspica intese bipartisan per "una legislazione penitenziaria che preveda un maggiore ricorso alla misure alternative alla detenzione". Giustizia: Cisl; sì aumenti capienza ma serve piano assunzioni
Labitalia, 14 aprile 2010
"Esprimiamo apprezzamento per il progetto di aumento della capienza della carceri: ora bisogna investire sugli organici dell’amministrazione penitenziaria". Così il segretario nazionale della Cisl Fp, Paolo Bonomo, ha commentato il ‘piano carcerì che il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha anticipato ieri sera alle parti sociali. Bonomo giudica "positivo il progetto di sviluppo edilizio attraverso l’ampliamento delle strutture carcerarie esistenti e la creazione di nuove strutture", ma ribadisce le richieste che la Cisl Fp ha consegnato al ministro: "In primo luogo abbiamo chiesto di investire l’Ufficio tecnico di edilizia penitenziaria presente presso il Dap dell’attuazione del piano: l’amministrazione penitenziaria ha infatti al suo interno tutte le competenze per portare a termine le opere in progetto e riteniamo essenziale attivare e valorizzare le strutture esistenti". "Non meno importante - aggiunge il segretario della Cisl Fp - è la richiesta di avviare e completare, parallelamente al piano edilizia, un piano straordinario di assunzioni sia di personale di Polizia penitenziaria che di personale civile, in modo da rendere possibile l’apertura immediata delle nuove strutture. Si tratta - conclude Bonomo - di due condizioni importanti per l’attuazione di un moderno sistema carcerario, il cui funzionamento dipenderà dalla capacità di adeguare degli organici e di valorizzare le risorse umane in servizio". Giustizia: Osapp; no nuove strutture, investimenti su esistenti
Corriere della Sera, 14 aprile 2010
Scioperi della fame e permanenza a oltranza nelle carceri di Lazio e Piemonte. Leo Beneduci, segretario dell’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria), ha annunciato una clamorosa protesta dopo l’incontro con il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, sul piano carceri. E a fotografare la situazione esplosiva dietro le sbarre ci ha pensato la Comunità di Sant’Egidio che ha diffuso i dati sul sistema giudiziario. A marzo 2010 i penitenziari italiani hanno raggiunto il loro "record storico": ben 67.271 detenuti in strutture che al massimo potrebbero accoglierne 42 mila. Un sovraffollamento che si registra nonostante il netto calo dei reati. "Il sistema giudiziario italiano è malato, ormai al collasso, perché il carcere non può essere l’unica risposta al problema sicurezza. Bisogna aprire alle misure alternative", afferma il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti. Da tempo l’Osapp denuncia le condizioni "insopportabili" di vita e di lavoro nelle carceri. "Nell’attuale disastro penitenziario italiano - denuncia Beneduci - gli unici problemi che si vogliono affrontare sono quelli delle nuove carceri da costruire. In realtà, il sistema ha da tempo perso qualsiasi parvenza di umanità per il personale e per i detenuti". Secondo il sindacato degli agenti penitenziari, il problema va "affrontato nel complesso e non solo dal punto di vista delle infrastrutture. Basta vedere il caso di Rieti: un nuovo carcere pronto e consegnato da mesi e non in grado funzionare in mancanza di personale". Secondo l’Osapp, "i 700 milioni di euro nel 2010 e il miliardo e mezzo di euro nel triennio per le nuove carceri dovrebbero essere destinati a una reale riforma del sistema: aumentare gli addetti di polizia penitenziaria, depenalizzazione dei reati di minore allarme e pericolosità e il reale reinserimento sociale dei reclusi. Così i vantaggi sarebbero molteplici anche in termini di maggiore sicurezza per l’intera collettività". Per protestare contro questa situazione, gli agenti penitenziari di Lazio e Piemonte hanno deciso lo sciopero della fame e l’auto consegna nelle caserme, cioè la permanenza all’interno dell’istituto anche dopo il turno di servizio senza quindi raggiungere i propri familiari. Giustizia: garante del Lazio; solidarietà agli agenti in protesta
Il Velino, 14 aprile 2010
Il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni ha espresso il proprio appoggio e la propria solidarietà agli agenti di polizia penitenziaria che, con varie forme in tutta Italia, hanno avviato una serie di proteste per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla situazione disastrosa in cui versano le carceri italiane. "Sono vicino alle migliaia di agenti - ha detto Marroni - che quotidianamente, con difficoltà insopportabili e gravemente sotto organico, cercano di garantire un minimo di vivibilità nelle carceri. Gli agenti sono parte di questo sistema e, come i detenuti, sono soggetti a notevoli pressioni fisiche e psichiche aumentate a dismisura con il sovraffollamento e i ritmi di lavoro inaccettabili". Nel carcere di Frosinone, uno dei luoghi della protesta, i collaboratori del Garante segnalano una forza lavoro effettiva di 160 agenti (divisi in tre turni) che dovrebbero vigilare su 520 detenuti. Gli agenti da ieri sono in sciopero della fame, si sono astenuti dalla mensa, hanno impedito gli ingressi in carcere e si sono autoconsegnati all’interno dell’istituto. Fra le altre rivendicazione avanzate, il mancato pagamento degli straordinari da mesi a questa parte; spesso, inoltre, sono gli stessi agenti ad anticipare i soldi per il rifornimento di gasolio per i mezzi di trasporto dell’amministrazione. "Come Garante - ha aggiunto Marroni - da mesi ho segnalato che l’emergenza carceri non può essere affrontata con la sola realizzazione di nuove carceri. Occorre investire in nuovo personale, riqualificare quello in servizio e, soprattutto, garantire il radicale mutamento di un sistema legislativo che, così com’è, non fa altro che produrre carcere. Tocca al Parlamento assumersi questa responsabilità: il miglioramento delle condizioni di vita negli istituti non può che passare da una riforma del codice penale che preveda il rafforzamento di misure diverse, ma non per questo meno dissuasive, e il ricorso al carcere solo come extrema ratio". Palermo: Ucciardone, una discarica; locali fatiscenti e affollati di Luca Insalaco
Quotidiano di Sicilia, 14 aprile 2010
Il deputato Bernardini: "Sono stata qui nel marzo 2009 e da allora non è cambiato nulla". Le criticità sono tornate alla ribalta dopo la visita di una delegazione dei Radicali. Un luogo a perdere, una "discarica sociale". Il carcere Ucciardone torna alla ribalta dopo la visita di una delegazione dei Radicali, che ne ha constatato e denunciato le criticità. A destare allarme sono sempre la fatiscenza della struttura ed il sovraffollamento, problemi antichi come le origini della struttura (nata come fortezza nel periodo dei Borboni, divenne carcere nel 1832) e mai risolti. "Sono stata qui nel marzo 2009 - ha detto il deputato Rita Bernardini - e da allora non è cambiato nulla, la situazione è peggiorata e questo non per colpa della direzione o del personale che opera in questo istituto, ma per responsabilità dell’amministrazione centrale". "Ci sono per ora 720 detenuti - ha osservato la Bernardini - con un sovraffollamento enorme nelle celle. I reclusi vivono in una struttura fatiscente, senza riscaldamento. Si sta per aprire una nuova sezione ma manca il personale per farla funzionare. L’organico è sotto di almeno 200 unità: ci sono 300 agenti di polizia su 500 previsti". A patire per i mancati interventi, tuttavia, non sono soltanto i carcerati. "I ristretti chiedono il rispetto della dignità dei loro familiari attraverso la realizzazione di piccoli interventi la cui competenza è del sindaco di Palermo, ma che tardano ad arrivare" ha detto il Garante dei diritti dei detenuti, Salvo Fleres, facendosi portavoce dei reclusi di un’intera sezione del carcere. "I detenuti chiedono che i loro parenti possano disporre di un posto dove potersi riparare dalla pioggia, dal sole e dal vento. In tal senso - ha ricordato il deputato del Pdl - già lo scorso mese di gennaio ho interpellato il sindaco di Palermo affinché venga realizzata una copertura, ad esempio una pensilina, per consentire ai familiari, che già dalle 4,30 del mattino iniziano i turni d’attesa per visitare i loro parenti, di poter disporre di un riparo. Inoltre recentemente oltre a sollecitare tale intervento ho fatto presente al sindaco che occorre effettuare una pulizia del piazzale antistante il carcere, ormai invaso da ogni tipo di rifiuto e di provvedere alla riparazione delle panchine". "Promesse" che hanno portato il capogruppo dell’Idv in Consiglio comunale, Fabrizio Ferrandelli, a presentare un’interrogazione al primo cittadino per sollecitare la realizzazione degli interventi e ottenere una relazione dettagliata sulla politica dell’amministrazione in termini di recupero sociale dei detenuti.
La preoccupante situazione dell’Isola
Il dato palermitano si inquadra in un contesto che vede la Sicilia come una delle regioni più sovraffollate: "Al 28 febbraio - ha detto Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa Penitenziari - a fronte di una capienza massima pari a 5086 detenuti si registrava la presenza di 8043 persone carcerate". "In Sicilia - ha aggiunto il sindacalista - rispetto agli organici previsti per il personale amministrativo mancano 7 dirigenti penitenziari, 63 educatori, 3 assistenti sociali, 23 contabili, 51 collaboratori e 68 tecnici. La polizia penitenziaria conta su 4616 unità assegnate (sulla carta) a fronte delle 4920 previste dal DM. Questo dato non tragga in inganno perché la situazione è ben peggiore di quella che si evince dal pur negativo dato numerico. Occorre, infatti, tener conto dell’età media piuttosto avanzata; delle malattie a lungo corso; dei prossimi collocamenti in quiescenza; delle unità distratte ad altri compiti; dell’apertura di nuove sezioni e istituti. Insomma, i carichi di lavoro e i detenuti raddoppiano ma il personale nelle carceri diminuisce". Porto Azzurro: in arrivo altri 300 detenuti e il carcere esplode
Il Tirreno, 14 aprile 2010
Non solo un allarme lanciato dalle organizzazioni sindacali. Ma una certezza che arriva direttamente dal ministero. Il carcere di Porto Azzurro è destinato, in breve tempo, a raddoppiare, o quasi. Dagli attuali 305 detenuti nel giro di pochi mesi arriverà ad ospitarne 592. Negli uffici della direzione del carcere elbano è arrivata in proposito una comunicazione del Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Lo confermano il direttore, Carlo Mazzerbo, e il comandante della polizia penitenziaria, Vincenzo Pennetti. E in tutto questo la cosa più sconcertante è che a fronte dell’aumento del numero dei detenuti non ci sarà alcun incremento del personale addetto alla sorveglianza. In altre parole una delle poche case di reclusione italiane che ancora non soffriva di problemi di sovraffollamento dovrà cominciare a fare i conti anche con questo tipo di problema che si affianca alla cronica carenza di agenti - oggi 126 contro i 208 previsti - e alla mancanza di risorse per le manutenzioni, le riparazioni dei guasti e la gestione quotidiana della struttura. Proprio per le conseguenze di due guasti quasi banali - una caldaia mal funzionante e alcune lavatrici rotte - è nata la grave protesta che martedì scorso ha visto 16 detenuti accerchiare, minacciare e sequestrare per due ore due agenti della penitenziaria. Lenzuola sporche e acqua fredda hanno portato al limite della sopportazione i detenuti già in condizioni di vita difficili a causa della carenza di altri generi di prima necessità, dal dentifricio, al sapone, alla carta igienica. Cosa potrebbe accadere moltiplicando per due il numero dei reclusi senza accompagnare al provvedimento l’adeguamento delle strutture (a cominciare dalle cucine e dalle caldaie), delle risorse e naturalmente del personale? Se lo è domandata anche la deputata del Pd Silvia Velo in visita a Porto Azzurro con l’assessore al sociale del Comune di Portoferraio, Cosetta Pellegrini. E Mazzerbo, Pennetti e le educatrici dell’istituto - solo 2 per oltre 300 detenuti, quando invece ne servirebbero 8 - hanno provato a spiegare cos’era e cosa sta diventando il carcere. Se fino a qualche tempo fa all’Elba arrivano solo ergastolani e condannati a lunghe pene, inseriti in percorsi di riabilitazione e rieducazione attraverso il lavoro, la scuola, le attività formative, oggi ci sono sempre più detenuti di passaggio, in carcere per piccoli reati e con pene brevi. Un dato: nel 2007 Porto Azzurro ospitava 177 reclusi di cui 52 stranieri. Oggi ce ne sono 305 e 138 non sono italiani. C’è un problema di convivenza tra culture diverse. Ma quel che è peggio è che in carcere, più che altrove, si sente la crisi: non c’è più lavoro. "Non riusciamo a garantirlo - spiegano le educatrici - neppure agli ergastolani". Si sono svuotate la falegnameria e l’officina e cala anche il numero dei reclusi impegnati nei lavori di ristrutturazione della stessa struttura carceraria "perché non ci sono i soldi - spiega Mazzerbo - per pagarli". Sette euro l’ora a detenuto, molto meno di quanto costa una baby sitter. Ma mancano anche quelli. E non è tutto: con meno agenti di sorveglianza a disposizione spesso viene meno la possibilità di lavorare. "Le officine - continua Pennetti - restano vuote anche perché non c’è personale che possa garantire la sorveglianza". E la situazione non potrà che peggiorare con l’arrivo di nuovi reclusi. Un esempio? Oggi chi paga il proprio debito con la giustizia dentro queste mura può girare liberamente fuori dalle celle, all’interno del reparto, durante il giorno. Ma con più reclusi e sempre meno guardie la direzione si troverà costretta a chiudere tutti negli angusti spazi delle celle. L’ennesimo colpo mortale e forse nemmeno l’ultimo al vero scopo della detenzione in Italia. Modena: 95 internati per 39 posti affollamento a Castelfranco
La Gazzetta di Modena, 14 aprile 2010
"La Casa di Reclusione è al collasso". È questa la denuncia che arriva dalla segreteria regionale del Fsa-Cnpp ovvero la Federazione sindacale autonoma del Coordinamento Nazionale della Polizia Penitenziaria. "La Casa di Reclusione registra una capienza regolamentare di 82 posti, da dividere tra detenuti e internati - ricorda il sindacato - e la conseguenza è il grave sovraffollamento della popolazione internata che attualmente è di circa quasi il triplo della capienza, con 95 presenti rispetto una capienza regolamentare di 39 posti. A causa di tale sovraffollamento è stato necessario immettere circa 35 internati presso la sezione destinata e occupata dai detenuti sottoposti al regime della custodia attenuata per tossicodipendenti. Ma con decreto del ministero della Giustizia, la Casa di Lavoro fu trasformata in Casa di Reclusione per detenuti tossicodipendenti e alcol-dipendenti a custodia attenuata, con annessa sezione per internati e dopo una grandissima ristrutturazione, cinque anni fa, vi fu l’apertura della nuova area detentiva. Successivamente, dopo l’inaugurazione della nuova struttura detentiva a custodia attenuata, tutto il personale di Polizia Penitenziaria frequentò corsi di formazione, sull’approfondimento del fenomeno della tossicodipendenza. Perché - si domanda la segreteria Fsa-Cnpp - tale formazione del personale visto che il carico di lavoro a tutt’oggi è concentrato quasi esclusivamente sui soggetti internati? Tanto più che l’organico di Polizia Penitenziaria ancora oggi è inferiore al 60% a quanto previsto, considerato che le forze a disposizione sono complessivamente di 37 unità". Augusta (Sr): i detenuti a scuola di teatro, recitano Pirandello
Italpress, 14 aprile 2010
Tornano in scena nella veste di attori i detenuti della casa di reclusione di Augusta, nell’ambito di un progetto svolto in collaborazione con la Biblioteca comunale di Siracusa e curato dall’animatore culturale Salvo Gennuso. Il debutto è previsto per domani, quando sul palcoscenico dell’istituto sarà messa in scena "La Giara" di Luigi Pirandello. Lo spettacolo rientra nell’ambito del progetto sperimentale "Teatro in carcere" che il comune di Siracusa ha avviato all’inizio del 2008. L’iniziativa è stata voluta dall’assessore alle Politiche culturali, Sandro Speranza, dalla dirigente del settore, Rosaria Garufi, e dalla direttrice della biblioteca, Annamaria Reale, ed ha ricevuto il sostegno del direttore della casa di reclusione, Antonio Gelardi. Lo spettacolo di domani è riservato ai detenuti e al personale interno. Mentre il 21 aprile, alle 9.30, il carcere aprirà le porte alle famiglie dei reclusi e alle istituzioni. La pratica dei laboratori sperimentata con i detenuti ha già prodotto in questi due anni diversi eventi organizzati all’interno del carcere e creato occasioni di incontro e confronto con compagnie, artisti, scrittori. Il gruppo di attori ha lavorato in prova su diversi testi, orientandosi poi verso il classico di Pirandello. Bollate: i detenuti con il Lama tibetano Ghesce Tenzin Tenphel
Redattore Sociale, 14 aprile 2010
Un gruppo di detenuti del settimo reparto del carcere di Bollate, che nello scorso autunno ha iniziato un percorso di meditazione e insegnamento di base del buddismo riceveranno la vista del lama tibetano Ghesce Tenzin Tenphel. L’incontro avverrà domenica 18 aprile, a partire dalle 15.30. Quello intrapreso dai detenuti è un percorso di meditazione ed insegnamenti base di buddismo secondo l’approccio dell’Associazione "Progetto Liberazione nella Prigione", nata in America e diffusa in vari Paesi del mondo. "Le persone che seguono il gruppo stanno svolgendo un lavoro particolarmente significativo rispetto alla consapevolezza e alla gestione delle emozioni negative, alla pacificazione della mente e alla cura nelle relazioni interpersonali", spiegano da Bollate. Il progetto "Liberazione nella prigione" è nato in Italia per ampliare il "Liberation prison project" fondato nel 1996 che, al momento, segue circa mille detenuti negli Stati Uniti e in Australia. Dispone di 184 insegnanti che corrispondono con i detenuti o li visitano in carcere e si avvale di 46 cappellani che collaborano con il progetto. Circa 20mila persone hanno beneficiato di questo progetto. La sede italiana del progetto è presso l’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia e la monaca referente si chiama Tiziana Losa. Catania: Osapp; mazzi fiori su auto agenti, come intimidazione
Ansa, 14 aprile 2010
Mazzi di fiori sono stati trovati questa mattina su tre automobili di agenti di polizia penitenziaria di Catania. Le vetture erano posteggiate nel parcheggio della casa circondariale di piazza Lanza. L’episodio è stato reso noto da Domenico Nicotra, vice segretario nazionale dell’Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (Osapp) secondo il quale "è un chiaro segnale che la situazione è sul punto di esplodere". "Nei giorni scorsi il personale in servizio nella struttura catanese - ha osservato Nicotra - ha potuto constatare l’aumento della tensione tra i detenuti reclusi a piazza Lanza che si ritrovano alle prese con i problemi strutturali ed il sovraffollamento. A Roma proprio ieri il ministro della Giustizia ha incontrato i sindacati ma, oltre alle parole ed ai proclami, non c’è stato nessun segnale forte. Non vorremmo - ha concluso Nicotra - che a pagare delle colpe altrui sia la polizia penitenziaria, vittima per più volte di questo stato di cose". Napoli: sabato sfilata alta moda al carcere femminile Pozzuoli
Redattore Sociale, 14 aprile 2010
Moda e galera. Sembrerebbe un binomio impossibile ma non per Gianni Molaro, l’eclettico stilista campano che per la mattina del 17 aprile con inizio alle 11.30 ha organizzato un evento destinato a destare scalpore. Location d’eccezione del suo nuovo defilè, infatti, sarà per la prima volta nella storia un carcere, per l’esattezza quello femminile di Pozzuoli. Le creazioni di alta moda sposa saranno quindi indossate, oltre che da indossatrici professioniste, anche da due giovani detenute selezionate dallo stesso stilista il cui obiettivo dichiarato è dimostrare come la moda possa entrare in un carcere "non per essere detenuta ma, al contrario, per essere liberata in tutte le sue forme e creatività", come lui stesso ha spiegato. Il tutto non a caso a Pozzuoli, luogo celebre in Italia e nel mondo non solo per la Solfatara e per le sue bellezze paesaggistiche ed architettoniche ma anche per aver dato i natali all’attrice Sofia Loren, icona della bellezza femminile nel mondo. "Devo ringraziare la dottoressa Angelica Di Giovanni - ha dichiarato Molaro - che in qualità di presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli mi ha incitato ad ideare questo evento. So che non ci sarà il mio pubblico dei miei eventi usuali, ma mi gratifica poter regalare un momento da favola a chi, tutti i giorni ormai non ha che i sogni ad occhi aperti. Ecco perché durante la sfilata non starò dietro le quinte ma scruterò i loro sguardi per riempire il mio cuore, ascolterò i loro commenti per alimentare la mia mente. Per me sarà un giorno speciale, credo e spero anche per loro". L’idea originale di Molaro, del resto, era quella di far sfilare solo detenute ma la necessità di optare per la taglia 42 lo ha costretto a desistere. L’evento avrà luogo inoltre alla presenza delle detenute e della sola stampa. "In questo carcere sarò finalmente messo in condizione di liberare la mia fantasia", conclude Molaro. Droghe: la "guerra alla droga" all’italiana che non prevede diritti di Franco Corleone e Patrizio Gonnella
Il Manifesto, 14 aprile 2010
L’ombra di Stefano Cucchi continua ad agitare i sonni del sottosegretario Giovanardi. L’ineffabile zar antidroga insiste a diffondere dichiarazioni insultanti per la memoria del giovane che sarebbe morto perché drogato e non per i pestaggi e il successivo abbandono da parte dei medici. Non può essere solo cinismo. Giovanardi si rende conto che il corpo martoriato di Stefano Cucchi è la rappresentazione crudele degli effetti della war on drugs all’italiana. Nonostante un abisso morale ci divide da chi tratta i consumatori di sostanze come esseri privi di diritti, insistiamo nella ricerca del confronto per far uscire dal carcere migliaia di detenuti tossicodipendenti e così perseguire la via sociale e non palazzinara alla soluzione del sovraffollamento delle carceri. Per questo, tra qualche giorno parteciperemo insieme a varie associazioni, a un incontro con il capo del Dipartimento Antidroga, Giovanni Serpelloni. Questi in una intervista rilasciata all’Avvenire lo scorso 6 aprile ha messo le sue carte in tavola. In primo luogo, con funambolici giochi di prestigio, ha dimezzato il numero dei tossicodipendenti presenti nelle carceri italiane. Infatti ha sostenuto che vi sono tossicodipendenti veri e falsi e che quelli con il bollino degli standard clinici internazionali sarebbero solo settemila. I dati ufficiali sono invece ben altri: i tossicodipendenti sarebbero oltre quindicimila. Il doppio rispetto ai numeri dati da Serpelloni, il quale con le sue minimizzazioni vorrebbe dimostrare che la legge Fini-Giovanardi non abbia prodotto una criminalizzazione dei consumatori di droghe. Ma Cucchi allora perché è stato arrestato? Il 38% dei detenuti è dentro per avere violato un’unica norma: l’articolo 73 della legge sulle droghe. Su quel 38% bisognerebbe lavorare al fine di risolvere seriamente il tema del sovraffollamento. Noi saremmo per mettere mano al complessivo impianto ideologico proibizionista, ma sappiamo chi sono i nostri interlocutori. Per questo proponiamo un’agenda pragmatica di deflazione carceraria: abrogare le norme della legge Cirielli sulla recidiva che penalizzano i tossicodipendenti non consentendo loro di accedere ai benefici e all’affidamento terapeutico; limitare la custodia cautelare promuovendo il ricorso agli arresti domiciliari; evitare per i piccoli spacciatori-consumatori le pene che vanno da sei a venti anni; eliminare il limite a due sole concessioni dell’affidamento terapeutico. Solo a seguire si potrà chiedere alle Regioni un impegno straordinario per l’affidamento in comunità o per trattamenti non residenziali nel territorio. Questo è il terreno discriminante per affrontare il macigno del sovraffollamento carcerario. Il dibattito parlamentare intorno alle misure di decongestionamento delle carceri è partito male. La proposta di legge Alfano, pur avendo in sé la consapevolezza di affrontare il problema, pone tali e tanti limiti da renderla quasi evanescente. Si pensi all’obbligo della riparazione a favore delle vittime. Cosa dovrà riparare un consumatore di droghe o un immigrato accusato di irregolare permanenza in Italia? Fare il badante a Borghezio? Ben venga quindi una discussione ponderata che faccia uscire allo scoperto i partiti e le loro posizioni. Tutti sappiano però che per superare l’emergenza carceraria bisognerebbe modificare tre leggi: la Cirielli sulla recidiva, la Bossi-Fini sull’immigrazione e appunto la Fini-Giovanardi sulle droghe. Tutto il resto non è risolutivo. Noi temiamo che il fallimento annunciato della proposta Alfano faciliti il disegno della speculazione edilizia penitenziaria senza controllo e degli affari sulla pelle dei detenuti.
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