Rassegna stampa 6 maggio

 

Giustizia: dal Governo via libera alla fiducia sul ddl-sicurezza

 

La Stampa, 6 maggio 2009

 

Via libera del Consiglio dei ministri alla fiducia sul ddl sicurezza. Il governo potrà cosi, se lo riterrà necessario, blindare il provvedimento. "Il ddl sicurezza prima si approva e meglio è. Chiederemo di votarlo il prima possibile". È quanto ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, al termine del Consiglio dei ministri che ha autorizzato a porre la questione di fiducia sul provvedimento in aula alla Camera.

"Abbiamo presentato 3 emendamenti e chiediamo di votarli subito. I tre emendamenti raggruppano tre grandi capitoli: contrasto all’immigrazione clandestina, lotta alla criminalità organizzata, sicurezza pubblica". Lo afferma il ministro dell’Interno Roberto Maroni in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il prolungamento del trattenimento degli immigrati nei Cie previsto dal ddl è fino a 6 mesi: "Abbiamo posto la fiducia per evitare una terza bocciatura" su questo punto.

La richiesta, avanzata dal presidente della Camera Gianfranco Fini, di eliminare la norma sui "presidi-spia" è stata accolta, ma le modifiche decise in un’interminabile riunione di maggioranza per alleggerire il testo, evidentemente non sono bastate a garantire la compattezza del centrodestra.

"Una ferita molto grave alla Costituzione". Lo afferma Antonello Soro, capogruppo del Pd alla Camera, commentando a Montecitorio l’intenzione del governo di porre la fiducia sul ddl sicurezza. "Non ne ho le prove - spiega Soro - ma si sarebbe verificato uno scambio nella maggioranza per favorire questo brutto disegno di legge sulla sicurezza per un altro sulle intercettazioni. Se si verificasse sarebbe una doppia sfiducia nei confronti del Parlamento e una ferita molto grave alla Costituzione".

"La fiducia sul ddl è un’eventualità non auspicabile e incomprensibile. Sarebbe la prima volta che si pone il voto di fiducia su materie che riguardano i diritti delle persone per i quali l’ordinamento italiano prevede il voto segreto". Ha aggiunto Antonello Soro sottolineando che "si tratta di fatto di una sfiducia nei confronti dei parlamentari della maggioranza e del modello proposto da Berlusconi cioè affidare le decisioni di voto ai capigruppo". "Ad oggi - conclude il capogruppo del Pd alla Camera - abbiamo solo la conoscenza di un governo e di una maggioranza che dopo aver sollecitato in modo ossessivo i lavori in commissione da due giorni rinvia l’esame dei provvedimenti. Sappiamo che la maggioranza ha trovato l’accordo sul ddl sicurezza, ma non capiamo perché non lo proponga oggi in Parlamento".

Gli risponde il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto: "Nessuna ferita alla Costituzione. È stata recepita una richiesta di modifica e sistemato il ddl sicurezza in tre filoni sui quali porre la fiducia: immigrazione, sicurezza e criminalità comune. Su quello procediamo per una sollecita approvazione". Secondo Cicchitto, il quale precisa che in ogni caso si tratta ancora di "una ipotesi", nell’azione di governo "non c’è nessun vulnus".

"Appena c’è un voto segreto, vanno sotto. Mi sembra tutto molto chiaro: se non c’è la fiducia, la maggioranza va immediatamente sotto e devono tenerla con la forza". Così il segretario del Pd, Dario Franceschini, commenta alla Camera la decisione del governo di porre la fiducia sul ddl sicurezza.

Il leader di Idv, Antonio Di Pietro, a Palermo per presentare la lista Isole per le Europee sostene:"Per l’ennesima volta il governo chiede la fiducia sui ddl. La maggioranza si vergogna a votare quelle norme e il governo si nasconde dietro la fiducia. È un vergognoso tentativo di regime - ha aggiunto - quello che il governo sta portando avanti. A colpi di fiducia fa passare delle leggi ignobili sul piano dello Stato di diritto e della funzionalità. Non ha senso la fiducia sul decreto intercettazioni e sulla sicurezza quando non è stato messo un solo euro per far funzionare le strutture. È solo fumo per coprire il fallimento di una politica governativa".

Giustizia: ddl-sicurezza; le sette modifiche alla base dell’intesa

di Nicoletta Cottone

 

Il Sole 24 Ore, 6 maggio 2009

 

Sette modifiche saranno recepite nel testo del Ddl sicurezza, con il maximenda-mento su cui il governo porrà oggi la fiducia. Cinque dei relatori Jole Santelli e Francesco Paolo Sisto (Pdl), uno del Governo e uno di Manlio Contento (Pdl). Sul testo, che ha superato le pregiudiziali di costituzionalità "sono stati fugati i dubbi - ha sottolineato Santelli - ora messi in chiaro politicamente".

Gli imprenditori che non denunciano il "pizzo" saranno esclusi dagli appalti. Viene riproposta la norma antiracket nel testo approvato dal Senato, ma con le modifiche chieste dalle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia. Esclusi, dunque, gli imprenditori che non denunciano, a meno che ricorra lo stato di necessità o di legittima difesa. "La circostanza - recita l’emendamento - deve emergere dagli indizi alla base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell’imputato nei tre anni antecedenti la pubblicazione del bando". "Scopo e spirito della norma - ha spiegato il relatore Francesco Paolo Sisto - sono stati sempre unanimemente condivisi, la riformulazione trova ora una sintesi, con risultati soddisfacenti".

La soluzione al problema dei presidi-spia sollevata dal presidente della Camera Gianfranco Fini è racchiusa in Una piccola giunta alla lettera f) dell’articolo 45: non c’è obbligo di presentare il permesso di soggiorno, oltre che per l’accesso alle cure sanitarie per gli stranieri non iscritti al Ssn, anche per le prestazioni scolastiche obbligatorie.

Eliminata la restrizione alle attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia: il testo prevedeva che la competenza del procu-ratore riguardasse esclusivamente i procedimenti avviati a seguito della proposta dei procuratori distrettuali e, dunque, non tutti i procedimenti antimafia.

Ammorbidito l’articolo 42 del Ddl sicurezza, sull’iscrizione e sulla richiesta di variazione anagrafica: ora non sono più "subordinate", ma "possono dar luogo" alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui si fissa la propria residenza.

C’è anche un emendamento-maquillage che rivede il comma 4 dell’articolo 1, allineando le misure dell’articolo 312 del codice penale sull’espulsione dello straniero per motivi di sicurezza.

Fra i 257 emendamenti depositati per l’esame dell’aula, nel maxi emendamento troverà spazio quello del governo: si tratta di una disposizione transitoria sulla certificazione dei requisiti per la guida dei ciclomotori. Con la modifica introdotta nel codice della strada, fino alla data del 30 settembre 2009 i requisiti fisici e psichici richiesti per la guida dei ciclomotori saranno quelli prescritti per la patente A.

All’interno delle 92 pagine di emendamenti presentati si salverà, con il placet dei relatori, anche quello proposto da Manlio Contento (Pdl) che modifica l’articolo 116 del codice civile, aggiungendo alla documentazione per il matrimonio dello straniero in Italia la presentazione del permesso di soggiorno o del visto di ingresso in corso di validità o, in caso di esenzione, l’attestazione di adempimento all’obbligo di dichiarazione di presenza nel Paese. Per il resto i relatori avevano dato solo pareri negativi e invito al ritiro.

Giustizia: ddl-sicurezza; reato di clandestinità e 6 mesi nei Cie

 

Redattore Sociale - Dire, 6 maggio 2009

 

"Abbiamo presentato 3 emendamenti", sottoposti ai capigruppo della Camera, e "chiediamo di votarli subito". Lo dice il ministro dell’Interno Roberto Maroni, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, spiegando che i tre emendamenti al ddl sicurezza "raggruppano tre grandi capitoli: contrasto all’immigrazione clandestina, lotta alla criminalità organizzata, sicurezza pubblica". Il disegno di legge sulla sicurezza prevede, in tema di "contrasto all’immigrazione clandestina", dei "requisiti più stringenti per ottenere la cittadinanza attraverso il matrimonio", un "contributo per il permesso di soggiorno", il "reato di immigrazione clandestina" e norme "più stringenti sul money transfert".

Il ministro, nell’illustrare i contenuti del ddl sicurezza, ci tiene a richiamare anche la norma sul "test di conoscenza della lingua italiana", sul "prolungamento della permanenza nei Cie. Dovrebbe essere la volta buona, dopo le inopinate bocciature", di una permanenza "fino a 6 mesi". Sui matrimoni, spiega Maroni, "diciamo no ai cosiddetti matrimoni di comodo, per ottenere la cittadinanza saranno necessari 2 anni e non 6 mesi come ora".

Il percorso del ddl sicurezza "non facile", anzi con "momenti di contrasto, di conflitto". Ma ora, con "la saggia decisione del governo, oggi si pone fine a una vicenda contorta", dichiara. "Il voto di fiducia è lo strumento migliore per evitare rischi e portare a compimento il disegno del governo sulla sicurezza". Il lavoro, insiste Maroni, "è stato molto intenso". Ora si passa a esaminare "il testo base uscito dalla commissione, con le modifiche concordate ieri". Poi il ministro garantisce: "Io sono molto soddisfatto del merito del provvedimento, con le modifiche apportate".

E sulla fiducia Maroni spiega: "Se c’è una critica da fare, è quella di non essere riusciti ad approvarlo prima. Poniamo finalmente la parola fine a questa telenovela". "Il voto di fiducia è lo strumento migliore per evitare rischi e portare a compimento il disegno del governo sulla sicurezza". Maroni non nasconde la sua soddisfazione e, a proposito del prolungamento del trattenimento degli immigrati nei Centri di identificazione ed espulsione, e sempre in relazione alla fiducia, fa notare: "Dopo due inopinate bocciature viene reintrodotto, anche per evitarne una terza è stata messa la fiducia".

 

Bressa (Pd): maggioranza spaccata pone la fiducia

 

"La maggioranza è spaccata e non riesce a garantire il rispetto del calendario dei lavori dell’aula. L’unica cosa che doveva essere fatta era rinviare il ddl sicurezza in commissione per un approfondito esame che non può essere appannaggio della sola maggioranza". È quanto dice il vicepresidente dei deputati del Pd, Gianclaudio Bressa, intervenendo in aula per contestare la richiesta dell’inversione dell’ordine del giorno fatta dalla maggioranza. "In quella sede - sottolinea Bressa - doveva essere eliminato il reato di immigrazione clandestina che è all’origine delle distorsioni che Bocchino dice di voler modificare. Senza l’eliminazione di quel punto infatti tutto il resto sono soltanto miserabili patacche". Poi aggiunge: "Se invece il problema non è questo ma la compattezza della maggioranza che il vicepresidente dei deputati Pdl può solo declamare, chiediamo almeno il coraggio della verità e cioè che non c’è nessun accordo Pdl-Lega al punto che sono terrorizzati dai voti segreti e per questo costretti a mettere la fiducia".

Giustizia: Dario Melossi; il ddl sulla sicurezza? è criminogeno

di Cinzia Gubbini

 

Il Manifesto, 6 maggio 2009

 

È appena uscito nelle librerie il nuovo numero della rivista "Studi sulla questione criminale" (Carocci editore), dedicata interamente alla criminalizzazione dei migranti. Abbiamo chiesto a uno dei direttori, Dario Melossi, qualche riflessione sul pacchetto sicurezza che sta per essere approvato.

 

Professore, alla fine il disegno di legge introdurrà in Italia il reato di clandestinità. Quali conseguenze?

Secondo me nulla di nuovo: non cambia il sistema; ma peggiora un sistema già pessimo. Il reato di clandestinità andrebbe anche bene se fosse mai stata implementata una politica dell’immigrazione. Il fatto è che la scelta è sempre caduta su una politica di controllo e repressione dell’immigrazione clandestina, non solo in Italia ma in tutta Europa. Quindi abbiamo creato un tipo di situazione in cui non c’era un modo efficiente e funzionale e soprattutto sufficiente dal punto di vista numerico per entrare in Italia ma c’era bisogno di forza lavoro, soprattutto nel centro e nord Italia. Quindi le persone sono arrivate. Dal punto di vista statistico il modo normale per entrare in Italia è stato attraverso periodi di irregolarità. Si è arrivati al paradosso di registrare tutta una serie di illegalità commesse dagli immigrati senza permesso di soggiorno proprio al fine di diventare regolari. In un capitolo della rivista prendiamo in esame proprio questo aspetto.

 

Il pacchetto sicurezza nasce da un dibattito pubblico molto accesso sul presunto legame tra immigrazione e criminalità. Legame che, a volte, sembra essere dimostrato dalle statistiche sulle detenzioni e sulle denunce. Ma bisogna fidarsi delle statistiche?

Intanto bisogna dire una serie di cose: la criminalità è andata crescendo a sbalzi dalla fine degli anni 60 a oggi. E non sempre questi sbalzi hanno coinciso con periodi di forte immigrazione. Un rapporto saldo dal punto di vista statistico tra criminalità e immigrazione non esiste. Tra l’altro è stata recentemente pubblicata una ricerca della Banca d’Italia che ha mostrato come il rapporto che c’è tra immigrazione e criminalità sia mediato dalle zone ricche del paese: sia la criminalità che l’immigrazione si dirigono verso le zone benestanti. Detto questo, però, bisogna anche osservare come determinati meccanismi di ingresso, creando una fascia di irregolarità, abbiano in sé delle fortissime valenze criminogene: chi aspetta la regolarizzazione di certo avrà maggiori possibilità di delinquere.

Una delle tante ricadute negative di questa situazione è che vi è una forte aspettativa sociale che gli immigrati ricoprano questi ruoli, aspettativa condivisa, ad esempio, anche dalle forze dell’ordine che quindi opereranno controlli più mirati. Alcuni anni fa in Emilia Romagna abbiamo chiesto a un campione di immigrati regolari quante volte fossero stati fermati dalla polizia l’anno precedente, perché avevamo la possibilità di confrontarlo con un dato sugli italiani. È emerso che la probabilità per un immigrato di essere fermato mentre cammina a piedi è di dieci volte superiore a quella di un italiano, le statistiche sono molto utili, ma bisogna saperle leggere e ragionare su cosa c’è dietro.

 

Comunemente si crede che un immigrato, avendo meno legami con il paese di accoglienza, sia più portato a delinquere. È così?

La sociologia ci racconta anzi, che molto spesso chi immigra in un paese è più preoccupato di mostrarsi rispettoso delle regole. Soprattutto, naturalmente, se trova una corrispondenza in quel paese: una realtà ordinata e in cui la legalità viene incoraggiata. Un importante sociologo americano, Robert Sampson, qualche anno fa ha così riassuntoci risultati delle sue ricerche: volete diminuire la criminalità? Aumentate i tassi di immigrazione. Secondo lui, la prima generazione immigrata porta con sé una serie di usanze e culture che li protegge dal praticare attività criminali. Diversamente, nel contesto americano, succede con le seconde generazioni che si integrano in una società spesso escludente e emarginata.

 

Dobbiamo temere lo stesso in Italia?

Il fenomeno da noi è appena cominciato. Ma vedo una maggiore corrispondenza con il caso francese: mentre le prime generazioni si accontentano di raggiungere alcuni obiettivi come casa e lavoro, non è così per i loro figli, che crescendo in un contesto includente pretendono di vedere riconosciuti i propri diritti.

Giustizia: carceri affollate; è un record nell’Italia repubblicana

 

www.linkontro.info, 6 maggio 2009

 

Ci siamo: è record. E non è un record di cui l’Italia possa vantarsi. Nella giornata di ieri abbiamo toccato il numero massimo di persone detenute nelle 207 carceri italiane, dall’amnistia di Togliatti a oggi. Secondo i dati del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap), nelle patrie galere ci sono 62.057 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 43.201 posti. Poco al di sotto del limite massimo tollerabile calcolato in 63.702. Come dire, siamo seduti su una polveriera.

Per dare la misura di come ad ingiustizia si aggiunga ingiustizia, un paio di dati che fotografano con immediatezza l’iniquità del nostro sistema penale e repressivo. Primo: i detenuti imputati sono più di quelli condannati in via definitiva, 30.892 contro 29.317. Secondo: i detenuti immigrati sono 22.837, pari al 37,17% della popolazione detenuta.

Anche i sindacati lanciano l’allarme. "La marcia verso la quota limite delle 63mila presenze pare inarrestabile, anzi di questo passo a fine anno i detenuti presenti negli istituti penitenziari saranno circa 70mila, a fronte di una capienza massima di circa 43mila posti" afferma Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Pa penitenziari, che sollecita "soluzioni urgenti" al problema, "pena l’ingestibilità totale dei 220 penitenziari italiani".

La risposta del Capo del Dap Franco Ionta non tarda ad arrivare, con un piano appena consegnato al ministro della Giustizia Angelino Alfano e che presto il Guardasigilli, dopo un’ulteriore verifica con i suoi uffici tecnici, porterà in consiglio dei ministri. Si tratta di una spesa di circa 1,5 miliardi di euro che in 18 regioni porterà a un aumento di circa 18mila posti letto,di cui circa 5mila entro il 2010-2011, attraverso la ristrutturazione di sezioni carcerarie esistenti, la costruzione di 46 nuovi padiglioni in altrettanti istituti, il completamento di 9 carceri in fase già avanzata, e l’edificazione di altri 18 nuovi penitenziari.

Ma in realtà, a fronte del miliardo e mezzo necessario, i fondi di bilancio su cui il Dap può fare affidamento certo ammontano a soli circa 200 milioni di euro, ai quali si aggiungono circa 120-130milioni di euro della Cassa delle ammende, ai quali si può ora attingere mentre fino a due mesi fa la Cassa era solo per progetti di reinserimento dei detenuti. A tale somma potrebbero aggiungersi fondi Fas, circa 200milioni di euro, comunicati dal ministero dello Sviluppo economico ma non ancora assegnati perché da ridefinire dopo l’emergenza terremoto in Abruzzo. A coprire il resto potrebbero arrivare i privati attraverso lo strumento del project financing.

Situazione insostenibile e risposta inadeguata secondo Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, che punta il dito sulle leggi criminogene adottate negli ultimi anni: "non è possibile chiudere gli occhi rispetto agli esiti delle politiche penali adottate, a parità di tassi di criminalità. L’Italia sta scivolando verso una situazione secondo cui il numero di posti è la metà di quello delle presenze, che determina intollerabili situazioni anche per chi lavora in carcere. Inoltre l’utilizzo della Cassa ammende per i padiglioni ,cioè per l’accomodamento in cella, che è il primo dovere dello stato verso coloro verso cui esercita il potere di privazione della libertà, è contrario a spirito e lettera per cui tale cassa è stata costituita ed è in ultima istanza contrario all’idea stessa di reinserimento sociale".

Giustizia: interrogazioni ad Alfano sull'affollamento carcerario

 

Ristretti Orizzonti, 6 maggio 2009

 

Vietti, Rao, Mantini, Tassone, Mannino, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro, Occhiuto, Galletti e Libè. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:

la situazione delle carceri italiane è vicina al collasso: il numero dei detenuti è giunto a 62.057 e, prevedendo una crescita della popolazione carceraria al ritmo di 800/1000 nuove unità al mese, si giungerà presto al limite massimo tollerabile di 63.702 unità;

il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha presentato nei giorni scorsi al Ministro interrogato un piano che prevede l’aumento di 18 mila posti letto distribuiti in 18 regioni, di cui 5 mila a regime a partire dal 2010, ma si teme che la disponibilità concreta di posti non potrà avvenire prima di due anni;

il piano comporta un impegno di circa 1,5 miliardi di euro destinati alla ristrutturazione di sezioni carcerarie esistenti, alla costruzione di nuovi padiglioni in quelli esistenti, oltre al completamento di nove carceri, già in fase avanzata, e la realizzazione di 18 nuovi penitenziari;

siamo fermamente convinti della necessità di un intervento significativo che interessi le strutture carcerarie, ma altrettanto necessaria ed urgente è la predisposizione di misure in favore della polizia penitenziaria, che lamenta la mancanza di personale per fare fronte a questa emergenza;

l’impegno finanziario del piano, che peraltro chiamerebbe in causa il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, pone seri interrogativi sulle coperture, tenuto conto che i fondi disponibili del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ammontano a circa 200 milioni di euro, cui andrebbero aggiunti, secondo quanto riportato da organi di stampa, circa 120-130 milioni di euro della cassa ammende;

anche ammettendo il ricorso ai fondi per le aree sottoutilizzate (non ancora assegnati dal ministero dello sviluppo economico in virtù dell’emergenza terremoto), che ammonterebbero a 200 milioni, le coperture previste potrebbero fare fronte solo ad un terzo della spesa prevista;

in attesa che si realizzi l’ambizioso piano annunciato, occorrerebbero ulteriori soluzioni urgenti al problema, per cui sarebbe auspicabile un maggior ricorso alle misure alternative, previa una rigorosa valutazione dei loro presupposti;

occorrerebbe poi secondo gli interroganti interrompere la continua produzione di nuove fattispecie penali, volute dal Governo in questi mesi, che rischia di immettere indiscriminatamente nel circuito giudiziario e carcerario soggetti che potrebbero più utilmente essere destinatari di sanzioni amministrative;

senza le risorse indicate, l’impegno rischia di diventare l’ennesimo annuncio propagandistico del Governo, mentre le difficoltà della popolazione carceraria e del personale di polizia penitenziaria aumentano -:

come intenda recuperare e con quali tempi le risorse necessarie ad evitare il collasso del sistema carcerario italiano, tenuto conto dell’esiguità delle disponibilità a fronte del piano presentato dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

 

Cicchitto, Bocchino e Cassinelli. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:

il Ministro interrogato ed il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, attraverso approfonditi monitoraggi e puntuali analisi, hanno più volte evidenziato l’esaurimento del cosiddetto "effetto indulto" ed il riemergere del problema del sovraffollamento negli istituti di pena;

stando alle verifiche effettuate, è, infatti, emerso che il numero dei detenuti è di gran lunga superiore rispetto ai posti disponibili;

inoltre, tale sovraffollamento è aggravato, nella gran parte degli istituti penitenziari, dall’inadeguatezza delle strutture, che risalgono anche all’epoca borbonica -:

come il Governo intenda intervenire per superare la situazione come sopra evidenziata e ripristinare adeguate condizioni infrastrutturali e logistiche negli istituti penitenziari di tutto il Paese, onde preservare legalità e sicurezza.

Giustizia: Alfano; il piano carceri, "madre di tutte le soluzioni"

 

Apcom, 6 maggio 2009

 

Il Piano carceri del Governo sarà pronto a breve, nei prossimi giorni verrà presentato in Consiglio dei ministri e punta a un aumento di capienza di 17mila posti: lo annuncia il ministro della Giustizia Angelino Alfano, rispondendo al question time nell’aula della Camera. "Il tema del sistema carcerario - spiega - ci sta particolarmente a cuore e nei prossimi giorni, avendolo ricevuto dal capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il sottoscritto presenterà al Consiglio dei ministri il piano carceri, per risolvere una volta per tutte la questione del sovraffollamento".

Finora questo problema "è stato risolto sempre per una unica via, l’indulto, l’amnistia e provvedimenti di clemenza vari". Una via, sottolinea il Guardasigilli, "che non abbiamo intenzione di seguire, perché il Governo ha attuato una politica molto severa di contrasto alla criminalità" e quindi non prevede una riduzione dell’affollamento degli istituti.

Il Piano "è la madre di tutte le soluzioni", dice ancora il ministro, che precisa che i nuovi istituti di pena dovranno avere "le qualità per realizzare il dettato dell’articolo 27 della Costituzione", che stabilisce che la pena scontata "non sia contraria al senso di umanità e che abbia finalità rieducativa".

Per quanto riguarda le risorse, "è evidente - avverte Alfano - come non bastino le risorse pubbliche". "Stiamo studiando - aggiunge - le modalità per il coinvolgimento dei privati". "Nel piano delle carceri ci saranno 17.000 posti detentivi. Con questo obiettivo risolveremo il tema del sovraffollamento carcerario", ribadisce Alfano.

"Abbiamo due filoni di indirizzo, tutti tendenti allo stesso obiettivo: la realizzazione di nuovi padiglioni nelle cinte murarie degli istituti esistenti, che è di competenza del Dap, e quella di nuovi istituti, la cui competenza è del ministero delle Infrastrutture".

Infine, ha concluso Alfano, "potenzieremo il meccanismo dei circuiti differenziati e il lavoro nelle carceri": con la "creazione di strutture apposite - ha spiegato - faremo sì che tanti detenuti possano continuare o cominciare un lavoro già nel periodo di espiazione della pena, per evitare che, una volta fuori dal carcere, non tornino a delinquere".

Giustizia: Ionta; niente assunzioni, ma ridistribuire il personale

 

Ansa, 6 maggio 2009

 

Al Piano Ionta per le strutture penitenziarie va aggiunto il progetto per la ridistribuzione delle risorse umane, anticipato nei giorni scorsi.

Scorte e vigilanza - Il 30% delle scorte non rientra nei compiti della Polizia Penitenziaria. Ionta proporrà di indirizzare verso altre Forze di Polizia alcuni segmenti di questo delicato servizio. Su 330.000 traduzioni annue si dovrà scorporare grazie ad una modifica legislativa la parte dedicata agli interrogatori di garanzia per le persone in stato di fermo. In questo caso non ci dovrà essere la traduzione in carcere ma l’interrogatorio dovrà essere eseguito nei Tribunali e, quindi, di competenza della Questura e della Polizia di Stato. Così si potranno recuperare uomini e gestire nel migliore dei modi i servizi.

Organici - Si procederà ad un recupero di tutto il personale distratto in altre mansioni. 564 unità verranno recuperate dai bar e dagli spacci. 1900 unità verranno recuperate grazie all’abolizione del servizio di sentinella e all’istallazione di circuiti di telecamere. Verranno fatte rientrare le unità distaccate Asi (80) e si procederà ad individuare il personale fuori sede.

Psicologi - Verranno assunti 39 nuovi psicologi.

Basi navali - Si procederà a verificare la necessità di tenere 7 basi navali. Dalla chiusura di alcune verranno recuperati uomini da spostare all’interno delle strutture carcerarie.

Scuole - La vigilanza verrà affidata agli allievi.

Dl 449 - Dalla verifica del dl 449 si procederà ad una modifica affinché gli addebiti vengano contestati entro 96 ore e verranno rivisitate le tipologie disciplinari.

Nuove assunzioni - Nel piano non sono previste al momento nuove assunzioni. Ionta chiederà al Governo nuovi uomini soltanto dopo aver effettuato la verifica del personale con il recupero di chi effettua servizi alternativi.

Giustizia: Sappe; il piano di Ionta? tutto fumo e niente arrosto

 

Il Velino, 6 maggio 2009

 

"Per quello che ci è dato sapere da indiscrezioni giornalistiche - perché nessuno ha pensato di raccogliere la disponibilità nostra e delle altre Organizzazioni sindacali del Corpo a collaborare alla stesura del cosiddetto Piano Ionta finalizzato a predisporre interventi straordinari sul sistema penitenziario, per altro neppure trasmesso ai Sindacati, disponibilità sulla quale era assolutamente convinto il ministro della Giustizia Alfano - ci sembra che il Piano carceri predisposto dal Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria Ionta e presentato al ministro Alfano sia tutto fumo e niente arrosto.

Stando alle stesse fonti, il Piano straordinario non prende in considerazione le ipotesi di un maggiore ricorso all’area penale esterna per le pene più brevi avvalendosi di sistemi di controllo anche elettronici (come per esempio il braccialetto elettronico) né la differenziazione dei circuiti penitenziari rispetto alla pericolosità dei detenuti. Non ci sembra si parli di assumere nuovo Personale di Polizia penitenziaria - Corpo oggi sotto organico di ben cinquemila e 500 unità - nonostante si preveda un piano di aumento di 18mila posti letto, distribuiti in 18 regioni, di cui cinquemila a regime a partire dal prossimo anno.

Si aumenta insomma il numero dei detenuti - che oggi hanno già raggiunto la cifra vertiginosa degli oltre 62mila presenti - ma non quello degli agenti che devono controllarli: è semplicemente paradossale". È quanto afferma Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe - la prima e più rappresentativa della categoria, commentando le indiscrezioni giornalistiche sul Piano carceri predisposta dall’Amministrazione penitenziaria.

"Ci sono cose, nel piano carceri, davvero singolari - aggiunge Capece -. Si parla di copertura economica delle strutture penitenziarie in via di completamento e si cita per esempio quella di Savona: un falso (o un errore) clamoroso. Della costruzione di un nuovo carcere nella città ligure si parla da decenni, ma ci sono voluti vent’anni solo per decidere dove farlo. Neppure è stata messa la classica prima pietra.

Come si fa a parlare di struttura penitenziaria in via di completamento? L’unica cosa davvero singolare direttamente collegata al Piano carceri è l’improvviso cambio dei numeri riferiti all’attuale capienza regolamentare e tollerabile delle 206 carceri italiane. Al 31 marzo 2009 quella regolamentare era pari a 43.239 posti e la tollerabile 63.685 posti. Oggi ci risulta che la capienza regolamentare è arrivata a 48mila posti e quella tollerabile a 70mila posti. Possibile che al Dap si siano avvalsi di un prestigiatore o di un illusionista?".

Giustizia: Osapp; il sistema penitenziario è destinato al collasso

 

Ristretti Orizzonti, 6 maggio 2009

 

Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria), lancia un allarme a tutti i suoi iscritti: "Se vedete strani soggetti aggirarsi nel vostro istituto, in prossimità dello stesso o in aree non distanti, con strane macchine tipo ruspe, scavatrici, betoniere etc. etc., oppure detenuti con vanghe, pale e picconi; se vedete qualcuno montare strani pannelli nel campo sportivo o nell’area verde: preoccupatevi! Siete candidati a vedere triplicato il vostro lavoro e pressoché aboliti le vostre ferie e i vostri riposi settimanali almeno per i prossimi 10 anni". E invita "ai primi accenni di pericolo" a chiamare e fare intervenire l’Osapp "prima che sia troppo tardi".

Secondo Beneduci potrebbero essere questi gli effetti del piano carceri presentato appena due giorni fa dal commissario straordinario Ionta al ministro della Giustizia Alfano, anche se "non sappiamo se il progetto sia quello definitivo", visto che "nessuno ci ha mai interpellato in queste ultime settimane e come tutti - chiosa il segretario generale - apprendiamo le informazioni dagli organi di stampa".

"A una prima analisi possiamo però e con certezza affermare due cose - continua il segretario generale dell’Osapp - che questo è sostanzialmente un piano edilizio: non prevede nient’altro che la costruzione di carceri nuovi, o la ristrutturazione di vecchi padiglioni. Nessuna differenziazione del trattamento, nemmeno la distinzione tanto annunciata di carceri leggere e pesanti, e né la possibilità di sperimentare percorsi alternativi di espiazione della pena".

"A questa considerazione - lamenta Beneduci - se ne aggiunge un’altra ben più grave: quella cioè che a fronte di una maggiore capienza promessa in due anni per 5 mila potenziali reclusi (quando il flusso medio in entrata è di mille unità ogni mese) il piano non prevede alcuna espansione dell’organico, stabile adesso a 42 mila agenti penitenziari, con un aumento solo per il 2009 di 220 nuovi poliziotti e di 500 per il 2010. Ciò significa - deduce - che tra 2 anni, quando i detenuti saranno quasi 73 mila, saremo ancora alla situazione di partenza e con solo maggiore aggravio per i servizi svolti dalla polizia penitenziaria".

"Se insieme al piano edilizio si fossero poste le condizioni per rifondare un sistema carcerario destinato oramai al collasso - conclude il segretario Osapp - saremo stati tutti molto più contenti, ma questo paese, ci dispiace dirlo, ha perso l’ennesima occasione".

Giustizia: funzionari Dap accusati di rapporti con servizi segreti

 

Adnkronos, 6 maggio 2009

 

Con una richiesta di rinvio a giudizio, i pm romani Erminio Amelio e Maria Monteleone hanno concluso l’inchiesta riguardante i colloqui confidenziali avvenuti nel carcere di Sulmona con funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. L’inchiesta ha coinvolto Salvatore Leopardi, già magistrato e già a capo del Servizio ispettivo del Dap, Giacinto Siciliano, già direttore del carcere di Sulmona e ora di quello di Opera a Milano, nonché un ispettore della polizia penitenziaria e un funzionario amministrativo del dipartimento.

Per loro i pm hanno chiesto il rinvio a giudizio e il 26 maggio prossimo il gup Silvia Castagnoli esaminerà i fatti. Nella vicenda sono stati ipotizzati reati che, a seconda della posizione processuale, vanno dal falso in atti pubblici al falso ideologico, fino all’omessa denuncia di reato e alla rivelazione di segreti d’ufficio.

Al centro del procedimento le confidenze fatte dall’ergastolano Antonio Cutolo, parente di Raffaele, quando era detenuto a Sulmona. Confidenze che sarebbero state poi comunicate ai servizi segreti e non al magistrato. Per le sue informazioni Cutolo avrebbe usufruito di permessi che gli avrebbero consentito di continuare a svolgere attività delittuose. I fatti risalgono al 2005-2006 e l’indagine prese lo spunto da un’interrogazione presentata dalla parlamentare del Prc Graziella Mascia.

Giustizia: i progetti delle imprese ICT sono entrati nelle carceri

 

La Repubblica, 6 maggio 2009

 

È uno dei settori che può fare di più nel sociale, e lo sta dimostrando con numerose iniziative. Il comparto dell’Information & Communication Technology mette in campo risorse, servizi e know how specifico, promovendo e facilitando la realizzazione di progetti sia a livello nazionale che locale.

Un progetto è stato concretizzato presso la Casa di Reclusione di Bollate. È finalizzato ad offrire ai detenuti la possibilità di frequentare i corsi previsti dal percorso di formazione Ccna all’interno di un laboratorio attrezzato. Recentemente è stata anche realizzata l’infrastruttura tecnologica per Comunità Nuova, onlus milanese che si occupa di disagio minorile.

Nella Casa Circondariale "E. Magli" di Taranto un’aula multimediale e un percorso di formazione volto a formare le detenute all’utilizzo di sistemi Cad e Cam utilizzati nelle aziende di confezioni tessili, presenti in misura massiccia nel territorio tarantino, con il fine di fornire conoscenze di alto livello che riescano a facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro delle detenute.

Nel Carcere di Rebibbia di Roma due aule multimediali per consentire ai detenuti il conseguimento del diploma e ora anche la laurea. Il progetto formativo, chiamato "Aristotele 2006" (nato a fine 2004 dalla volontà di alcuni detenuti), dà la possibilità ai reclusi di conseguire la laurea in varie materie fra cui Turismo, Editoria, Economia.

I corsi di formazione per la Comunità di San Patrignano (600 - 800 persone l’anno) sulle nuove tecnologie informatiche quali Web design, e-commerce, progettualità Internet, grafica editoriale attraverso la donazione di dispositivi ad elevato contenuto tecnologico (pc portatili, stampanti e macchine fotografiche digitali).

Giustizia: per un’Europa dei diritti, della laicità e delle libertà

di Mauro Palma*

 

Il Manifesto, 6 maggio 2009

 

In Europa sinistra e libertà sono due parole che vanno d’accordo. In Europa destra e libertà sono una contraddizione. Da sempre il mio impegno, prima con Antigone, poi nelle istituzioni europee, è stato in difesa delle garanzie e dei diritti umani, troppo spesso trascurati e violati anche in Europa. Credo che la presenza, nel parlamento europeo, di una sinistra molto attenta alla difesa delle libertà e dei diritti sia fondamentale nella difficilissima fase politica che è iniziata dopo l’11 settembre del 2001. Per questo ho accettato la proposta di candidarmi nelle liste di Sinistra e libertà.

Giro l’Europa dagli Urali all’Atlantico da più di un decennio per ispezionare carceri, centri di detenzione per immigrati, caserme, posti di polizia e ospedali psichiatrici. Con il Comitato contro la tortura interveniamo in prima persona in 47 paesi, in ogni luogo ci sia il rischio di tortura e di trattamenti disumani e degradanti.

Era la metà degli anni ‘80 quando usciva come allegato del manifesto la rivista Antigone. Già allora la nostra era una critica profonda dell’emergenza. In quegli anni c’era l’emergenza terroristica. Noi contestavamo gli strappi continui allo stato costituzionale di diritto. Contestavamo gli eccessi di pena, gli arresti facili, la persecuzione dei reati di opinione.

Di emergenza in emergenza siamo all’oggi, con una destra che sotto lo slogan della sicurezza propone norme palesemente razziste e intrise di violenza istituzionale. In giro per l’Europa, proprio in questi giorni torno dalla Cecenia, si verifica costantemente come il sistema delle regole e dei diritti umani siano ormai a rischio. Il welfare occidentale sta tragicamente lasciando spazio a forme sempre più estese di controllo penale, fino al corpo stesso delle donne e degli uomini. L’Europa che invece vorremmo è quella dei diritti, della laicità e delle libertà, l’Europa del reddito garantito ai tempi della crisi. Perché i diritti sociali sono interdipendenti con quelli civili e politici.

L’Europa non riesce più a tradurre la propria storia e il proprio passato di pensiero e di cultura in un presente che parli il linguaggio universale dell’uguaglianza e della libertà. Timorosa per il declino delle ideologie che l’hanno attraversata, non sembra trovare valori e aspirazioni che superino un’unione economica sempre più effimera in tempi di crisi . Valori e modelli che possano costituire riferimenti profondi e duraturi per le nuove generazioni. È un’Europa ansiosa, lacerata da una crescente disuguaglianza delle chance di vita di chi la abita e dalla drastica restrizione dei processi di inclusione, dovuta al progressivo venire meno delle reti dei diritti sociali costruite nel corso del XX secolo. Un’Europa che sempre più spesso risponde ai suoi cittadini in termini di egoistica difesa, di "egoismo proprietario", e di richiesta, sempre crescente e dunque mai appagabile, di "sicurezza".

L’Europa vive due profonde contraddizioni. La prima, al proprio interno, dovuta alla crescita del divario tra coloro che "hanno" - reddito, lavoro, mezzi di conoscenza, disponibilità finanziarie, cittadinanza - e coloro che "non hanno". È chi non ha nemmeno accesso a diritti, beni e servizi essenziali a costituire una fascia di povertà che progressivamente si amplia sempre di più. La seconda contraddizione nasce dall’essere un riferimento internazionale sempre più interrogato da uomini e donne dei paesi più poveri, e in maggiore espansione demografica, che chiedono integrazione e che impongono il confronto con altre culture. È questa Europa timorosa che dobbiamo cambiare per evitare una definitiva sottrazione di spazi di libertà sempre più necessari.

 

* Presidente del comitato europeo contro la tortura

e Candidato indipendente per Sinistra e libertà nella circoscrizione Centro

Giustizia: ecco perché in Italia le ecomafie stanno prosperando

di Ida Rotano

 

Aprile on-line, 6 maggio 2009

 

Il fatturato totale dell’ecomafia non è mai stato così alto ed è cresciuto a livelli record proprio nell’anno più nero per l’economia mondiale. Segno che il business degli ecomafiosi non conosce congiunture sfavorevoli e che quindi è necessario mettere in campo tutti gli strumenti possibili per combattere chi lucra avvelenando l’ambiente e mettendo a rischio la salute dei cittadini. Intanto, Il decreto sicurezza in discussione in questi giorni alla Camera contiene due polpette avvelenate: La prima riguarda le intercettazioni telefoniche che, attualmente, escludono i reati ambientali. La seconda riguarda la norma antiracket dalla quale è stato cancellato l’obbligo di denuncia per gli imprenditori che subiscono richieste estorsive

Sono 25.776 gli ecoreati accertati nel 2008, quasi 71 reati al giorno, 3 ogni ora. Circa la metà (più del 48%) in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia, il resto si spalma "democraticamente" su tutto il territorio nazionale. Il 2008 è l’anno dei record per le inchieste contro i trafficanti di rifiuti pericolosi, ben 25, con un fatturato che supera i 7 miliardi di euro. La montagna di scorie industriali gestite illegalmente dalla "Rifiuti Spa" in un solo anno ha raggiunto la vetta di 3.100 metri, quasi quanto l’Etna. Non è mai stata così alta.

Sono alcune delle cifre del rapporto Ecomafia 2009 di Legambiente, presentato oggi a Roma tra gli altri da Sebastiano Venneri, responsabile Osservatorio Ambiente e Legalità Legambiente, dal procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso, dal vicepresidente della commissione Antimafia Fabio Granata, dal presidente della commissione sul Ciclo dei rifiuti Gaetano Pecorella e da Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale Legambiente.

Le ecomafie prosperano in Italia e, nonostante le promesse, il governo indebolisce l’azione di contrasto reale, tant’è che nel decreto sicurezza, in discussione in questi giorni alla Camera si escludono i reati ambientali - compresi i traffici illeciti di rifiuti tossici e pericolosi - da quelli sottoponibili ad intercettazioni telefoniche, strumento di indagine che ha avuto un ruolo risolutivo per fermare tante organizzazioni criminali che smaltiscono illegalmente rifiuti in tutto il Paese. La seconda riguarda la norma antiracket, dalla quale è stato cancellato l’obbligo di denuncia per gli imprenditori che subiscono richieste estorsive. Così, mentre il governo "abbassa la guardia", la criminalità fa affari d’oro. Ammonta 20,5 miliardi di euro l’incasso totale dell’ecomafia, ovvero di quei 258 clan censiti da Legambiente nell’ultimo anno (19 in più rispetto all’ultimo dossier presentato).

"Il fatturato totale dell’ecomafia non è mai stato così alto ed è cresciuto a livelli record proprio nell’anno più nero per l’economia mondiale - afferma Sebastiano Venneri -. Segno che il business degli ecomafiosi non conosce congiunture sfavorevoli e che quindi è necessario mettere in campo tutti gli strumenti possibili per combattere chi lucra avvelenando l’ambiente e mettendo a rischio la salute dei cittadini".

"La criminalità organizzata ha esteso i propri tentacoli in tutto il paese e ha avviato redditizie attività in molte aree del Nord Italia - spiega il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza -. Le mafie si infiltrano in tutti i settori economicamente vantaggiosi ed è per questo che abbiamo voluto istituire l’Osservatorio Ambiente e legalità in Abruzzo, per vigilare affinché la ricostruzione post terremoto non diventi l’ennesima occasione per fare vantaggiosi affari sporchi e pericolosi ai danni dei cittadini e dell’ambiente".

Il Comando per la tutela ambientale dell’Arma dei carabinieri ha operato, nel 2008, ben 130 arresti, 115 dei quali relativi al ciclo dei rifiuti. Il maggior numero di infrazioni in materia d’ambiente viene accertato dal Corpo forestale dello Stato (il 56,5% del totale) e molto intensa è l’attività delle Capitanerie di porto per quanto riguarda sia la pesca illegale sia l’abusivismo edilizio nelle aree demaniali.

Cresce anche l’azione della Guardia di finanza, con un aumento del 24,8% delle infrazioni accertate rispetto al 2007, come quella della Polizia di Stato (più 13%) e dei Corpi forestali delle regioni e province a statuto speciale (più 9,9%). Di grande rilievo è il lavoro svolto dall’Agenzia delle dogane, con 4.800 tonnellate di rifiuti sequestrate, sei volte tanto il quantitativo intercettato nel 2007.

Dal 2002, anno di entrata in vigore del delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, salgono a 123 le operazioni giudiziarie portate a termine contro i "signori dei veleni", raggiunti da ben 798 ordinanze di custodia cautelare, con 2.328 persone denunciate e 564 aziende coinvolte. A livello nazionale i reati commessi sul fronte rifiuti, nel 2008 sono stati 3.911, quasi il 38% in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia.

Per quanto riguarda il ciclo illegale del cemento stabile e solida al primo posto la Campania. Sono 1.267 le infrazioni accertate, con 1.685 persone denunciate e 625 sequestri.

In tutta Italia, dopo anni di costante flessione, nel corso del 2008 l’abusivismo sembra aver rialzato la testa con 28 mila nuove unità (dati Cresme).

Stabile al secondo posto, nella classifica del cemento illegale, è la Calabria con 900 infrazioni, 923 persone denunciate e 319 sequestri. Continua la "scalata" del Lazio, che quest’anno si colloca al terzo posto nella classifica del cemento illegale, superando la Sicilia. Sono quasi raddoppiate in un anno le persone denunciate e così pure i sequestri.

Tre miliardi di euro è poi il business delle zoomafie. Per quanto riguarda il racket degli animali diminuiscono i combattimenti tra cani, mentre restano stabili le corse clandestine di cavalli: in 14 ippodromi si è verificata la presenza di scommesse truccate e infiltrazioni della mafia organizzata, con sequestri di immobili in Sicilia, Campania, Calabria, nella Marsica abruzzese, in Puglia e in Lombardia.

Sul fronte "archeomafia", sono 1.031 i furti accertati con un lieve calo del 5% rispetto al 2007 quando furono 1.085. In testa il Lazio, seguito da Lombardia, Toscana, Piemonte e Campania. Sono aumentati invece i furti nei musei (21 a fronte dei 13 nel 2007), parzialmente compensati da un +55% di tesori di archeologia recuperati. Gli scavi clandestini sono aumentati del 15%, così come le falsificazioni (più 36%). Sale del 9,2% il numero delle persone denunciate.

Napoli: un detenuto si impicca; la Garante scrive a Napolitano

di Antonio Tricomi

 

La Repubblica, 6 maggio 2009

 

La mattina del Primo Maggio si è impiccato, annodando le lenzuola alle sbarre della sua cella. Nel carcere di Poggioreale. Si chiamava Graziano Iorio, aveva quarant’anni e due figli. Era dentro per aver violato le consegne degli arresti domiciliari. Graziano è stato il quarto, quest’anno: quattro suicidi in quattro mesi nell’imponente penitenziario borbonico, che ha una capienza di 1387 detenuti e ne ospita invece 2646. Lo denuncia Adriana Tocco, garante regionale delle persone sottoposte a misure di privazione della libertà personale. Il caso viene segnalato anche dall’associazione Antigone.

"Intendo richiamare l’attenzione del presidente della Repubblica e del ministro della Giustizia", dice Adriana Tocco. Denunciando uno stato di cose in contrasto con l’articolo 27 della Costituzione, che recita: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".

Il detenuto impiccatosi il Primo Maggio era stato arrestato per possesso di un grammo di cocaina. Condannato agli arresti domiciliari, aveva violato la consegna recandosi a tarda ora, racconta Adriana Tocco, in un bar di proprietà di alcuni parenti, a trenta metri da casa sua. Tradotto in carcere l’11 marzo, rifiutava il cibo e l’ora d’aria. "Dai racconti dei familiari - riferisce il garante regionale dei detenuti - emerge il quadro di un uomo con evidenti fragilità psicologiche, aggravate da una storia di dipendenza da sostanze stupefacenti e da un tentativo pregresso di suicidio. Sempre i familiari riferiscono che fosse in trattamento con psicofarmaci. Un quadro che, se rispondente al vero, porta a interrogarci se il carcere fosse il luogo più idoneo per saldare il suo debito con la giustizia".

Nei primi quattro mesi dell’anno, prima di Iorio, altri tre detenuti si sono uccisi. Il terzo, un ragazzo di 27 anni, era appena entrato in carcere: elusa la sorveglianza, si è gettato da un pianerottolo. "L’assistenza psicologica ai detenuti è stata ridotta, dopo i recenti tagli, a venti ore al mese: che peso può avere in un carcere che conta cento ingressi al giorno?", si chiede la Tocco. "I casi di suicidio sono indicativi della condizione disumana in cui vivono i reclusi, ma è solo la punta dell’iceberg. Si potrebbe parlare per esempio anche dei casi di autolesionismo. O di infermi che non possono nuocere a nessuno ma restano dentro. Salvando il principio della certezza della pena, che è sacrosanto, in questo carcere si consuma un’evidente violazione dei diritti costituzionali. Sono sicura che Napolitano sarà sensibile a questa problematica".

Genova: ricoverato all’ospedale, detenuto vittima di pestaggio

 

Secolo XIX, 6 maggio 2009

 

L’episodio è avvenuto nella sala socialità del penitenziario. La direzione dell’istituto: "Non ha voluto dirci chi è stato". "Ho paura che il mio compagno non esca più dal carcere e non perché ci debba restare molto ma perché temo che venga ucciso come ha già rischiato". Parole di una donna spaventata, Paula Timis, albanese, sconvolta per quanto accaduto al fidanzato carcerato, il connazionale Nina Astrit, 35 anni, che la sera del 28 aprile scorso è stato ricoverato d’urgenza al San Martino dopo un violentissimo pestaggio avvenuto, a quanto pare, nella sala socialità del carcere di Marassi. Ora le sue condizioni sono in via di miglioramento (la prognosi complessiva è di una ventina di giorni) ma le condizioni in cui è stato trovato martedì scorso, nella sala della prigione, sfioravano il coma.

"Lo abbiamo trovato lì ma non sappiamo, né lui ha voluto dirci, chi sia stato a conciarlo in quel modo - dice il direttore dell’Istituto, Salvatore Mazzeo - Altrimenti avremmo ovviamente provveduto a denunciare i colpevoli. Sono cose che non devono accadere ma, purtroppo, con la struttura così sovraffollata e pochi uomini riusciamo appena a garantire i servizi essenziali".

Il carcere di Marassi, tarato per ospitare 450 al massimo 500 detenuti, in questo momento ne ospita più di 700. "Arriviamo anche a nove detenuti per cella - dice ancora Mazzeo - una situazione quasi insostenibile". "Da quello che mi ha raccontato era in cella con almeno sette persone - dice ancora Paula Timis - tutti ammassati. E poi l’ho visto dopo il pestaggio. In vita mia non avevo mai visto una persona picchiata così. Sono sconvolta e mi domando come sia possibile che succedano certe cose in una prigione dove ci sono delle guardie".

Nina Astrit era stato arrestato dai carabinieri lo scorso 17 marzo perché trovato in possesso di una pistola "Smith and Wesson" 357 Magnum calibro 38, di un coltello e di ben novanta cartucce di cui non ha saputo indicare la provenienza. L’uomo era stato rinchiuso a Marassi e, proprio il giorno del pestaggio, era stato in Tribunale per la prosecuzione della direttissima dove, con rito abbreviato e difeso da Elisabetta Feilliene e Paolo Frank, era stato condannato a 3 anni.

Spoleto: detenuto ubriaco getta olio bollente addosso a agente

 

Il Messaggero, 6 maggio 2009

 

Liberi di ubriacarsi. Anche dietro le sbarre. Detenuti violenti, una violenza spesso resa incontrollabile proprio dall’abuso di alcol. E a farne le spese sono sempre più spesso gli agenti di polizia penitenziaria che denunciano un’escalation di aggressioni subite. Pochi agenti, troppi detenuti: il problema centrale è questo. Ed è per questo che i sindacati, stanchi di questa situazione, hanno indetto lo stato di agitazione.

Succede a Maiano, un carcere considerato modello, ma dove in qualche caso, evidentemente, la gestione dei cosiddetti detenuti comuni diventa difficile per le stesse guardie, che lamentano una progressiva carenza di organico. Il problema sorge con la gestione dei detenuti comuni, in molti casi extracomunitari e tossicodipendenti, spesso protagonisti di episodi di grave violenza.

Come quello accaduto qualche giorno fa, quando un giovane straniero, in preda ai fumi dell’alcol, ha tentato prima di dar fuoco alla cella, per poi scagliarsi contro l’agente intervenuto in suo soccorso, lanciandogli addosso olio bollente. Non è toccata sorte migliore all’ispettore intervenuto in difesa del collega: il detenuto, infatti, lo ha colpito alla testa con la zampa rotta di un tavolino, spedendolo al pronto soccorso, dove gli sono stati applicati 7 punti sutura.

E non stupisca la facilità con cui i detenuti possono maneggiare fornelli e alcol: salvo alcuni casi particolari, infatti, l’ordinamento penitenziario non solo consente il consumo di vino e birra, ma prevede all’interno delle celle anche dei fornelli personali, per riscaldare bevande e cibi già cotti o preparare qualche spuntino.

Nulla di male, se ne venisse fatto l’uso consentito. A far gridare allo scandalo i sindacati, però, c’è un particolare in più: lo stesso detenuto, un paio di mesi fa, si era reso protagonista di un analogo episodio di violenza, sempre ai danni di due agenti penitenziari, uno dei quali è tuttora in convalescenza. "Nonostante questo ed altri precedenti - tuonano i rappresentanti dei sindacati di categoria Brilli (Sappe) Fioretti (Cisl), Cardinali (Cgil), Rosati (Sinappe), Cesari (Ugl) e Francois (Uil) - l’Amministrazione non ha provveduto né a trasferire il detenuto in questione, né a prendere efficaci misure di prevenzione".

I sindacati fanno riferimento alla sorveglianza particolare, un regime detentivo temporaneo che può essere disposto per detenuti particolarmente aggressivi. "O forse - aggiungono - sarebbe stato idoneo anche un provvedimento di divieto di acquisto di bevande alcoliche, misura che non è stata disposta". Provvedimenti che generalmente dovrebbero arrivare direttamente dall’Amministrazione centrale, ma se sussistendo gravi pericoli di ordine e sicurezza, a detta degli agenti, possono essere firmati anche dai direttori dei penitenziari.

 

Mancano 63 agenti e in 30 vanno in pensione nei prossimi tre anni

 

Nel carcere di Maiano, secondo i sindacati, mancherebbero ben 63 agenti. Una carenza di organico grave, destinata ad aumentare entro il 2012, data in cui è fissato il pensionamento di altri 30 poliziotti. Eppure, proprio a Maiano, è prevista l’apertura di un nuovo reparto (richiesta già formalizzata dal Ministero, secondo quanto riferito dai sindacati), che dovrebbe ospitare circa 300 detenuti comuni provenienti da due penitenziari del sud in odore di chiusura. L’arrivo dei nuovi ospiti, inizialmente fissato in questi giorni, è slittato dopo che a Spoleto sono arrivati gli 80 boss provenienti dal carcere dell’Aquila, evacuato nei giorni dell’emergenza. "È evidente - sottolineano i rappresentanti degli agenti penitenziari - che in assenza di un adeguato incremento di organico sarà letteralmente impossibile gestire in sicurezza il nuovo reparto"

Parma: 178 posti e 400 detenuti; tensioni tra agenti e direzione

 

Ansa, 6 maggio 2009

 

La struttura alle Novate rischia il collasso. Tensione tra dirigenti e sindacati di polizia penitenziaria. La struttura detentiva delle Novate, a Piacenza, rischia il collasso. I prigionieri sono oltre 400, ma il carcere ne potrebbe contenere al massimo 178. E i disagi non riguardano solamente la popolazione di carcerati.

A pagare il conto di un tale sovraffollamento sono soprattutto gli agenti della Polizia penitenziaria che costituiscono la pianta organica del carcere delle Novate. E i sindacati, che da tempo tentano di portare alla luce il problema, sembra stiano per presentare un documento alla dirigenza per sottolineare la gravità delle problematiche legate al sovraffollamento.

Cosenza: il "Laboratorio teatrale" è andato in scena in carcere

 

Ansa, 6 maggio 2009

 

Il 30 Aprile 2009 il gruppo "Laboratorio teatrale" della Casa Circondariale di Cosenza, si è esibito in "Puntine puntinuni e cravicieddri", lavoro liberamente tratto dall’omonima commedia di Franco Barca, che ha curato la scenografia ed ha assistito alla rappresentazione, insieme ad alcuni attori della compagnia Salvino.

Gli attori sono stati validamente preparati dagli insegnanti dell’Istituto comprensivo statale, via Spirito Santo e del Centro Territoriale Permanente S.M.S. Zumbini. È così trascorsa una parte della giornata con un piacevole diversivo, che merita qualche considerazione: l’impegno di un "estraneo" a mettere a disposizione tempo e talento per persone , che stanno pagando il loro debito con lo Stato; l’Amministrazione Penitenziaria, che consente tali attività; l’opera di chi si muove all’interno del carcere per "rieducare"; i diretti interessati, dieci in tutto, che si sono avvalsi di questa occasione per divertire e divertirsi.

La ricaduta di questa iniziativa è notevole , infatti, spesso si dimentica quale debba essere lo scopo ultimo della detenzione, la "ri-educazione". Per chi è rinchiuso "l’orario costituisce una trama fissa ed eterodiretta, in cui il tempo ritorna su se stesso, senza che la scansione di fatti diversi segni il divenire, ma, al contrario, caratterizzati da un tempo bloccato che si ripete all’infinito, sempre a fotocopia di una vita che si declina nello stesso spazio "giorno uno" (De Logu-De Luca).

Un elemento indispensabile nella vita è la comunicazione, che è intesa, oltre che trasmissione, diffusione, anche come "condivisione" con qualcosa, con qualcuno. Quindi, coloro che offrono la propria disponibilità a gettare un ponte tra il mondo esterno e quello carcerario, ne sono referenti e destinatari. Essi favoriscono la socializzazione, la fruizione di un patrimonio di interessi, valori, considerazione, indispensabili perché si attui una rieducazione tra le mura carcerarie.

La comunicazione tra vita civile e carcere non può esimersi dal riconoscere al recluso dignità sociale e cittadinanza. Il detenuto che non subisce passivamente un regime carcerario, ma interiorizza il valore delle regole, delle norme comportamentali, sarà molto meno sprovveduto ad affrontare il dopo, quando non tutto sarà semplice e facile, perché ancora viviamo in una società che difficilmente dimentica gli errori che commettono gli altri. È bene dare un giusto risalto ad ogni iniziativa, qual è appunto quella della rappresentazione teatrale, perché migliorare qualcuno è un servizio che si rende a tutta la società benpensante.

Francia: da 3 giorni gli agenti bloccano l’accesso alle carceri

 

Reuters, 6 maggio 2009

 

Gli agenti carcerari francesi bloccano anche oggi, per il terzo giorno consecutivo, l’accesso a tutti i centri di detenzione d’Oltralpe, a sostegno della loro richiesta di ottenere più personale e mezzi.

A Parigi, verso le 7.30, la polizia è intervenuta per allontanare una ventina di secondini che bloccavano l’accesso alla prigione de la Santé e che avevano dato fuoco a una barricata, ha riferito un giornalista Reuters. Una guardia carceraria è rimasta ferita a un ginocchio ed è stata medicata. Ieri sera, la polizia era intervenuta a Fleury-Mérogis, nei pressi di Parigi, per disperdere diverse decine di secondini che bloccavano la locale prigione e avevano dato fuoco a delle tavole di legno.

Negli scontri coi manifestanti davanti ad alcune carceri, la polizia ha impiegato in alcuni casi gas lacrimogeni, pistole elettriche e flash-ball. Oggi, ha annunciato una sindacalista della Cgt, le azioni di protesta dovrebbero riprendere in tutta la regione parigina, e potrebbero estendersi anche a Lille, nel nord della Francia. I negoziati che si sono tenuti ieri tra il ministero della Giustizia e i tre sindacati del settore penitenziario, Cgt, Fo e Ufap, hanno portato alla stesura di una fragile bozza d’accordo che però non sembra per il momento aver messo fine alle proteste.

Il progetto di accordo prevede prima di tutto di assegnare un primo contingente di 177 agenti in 20 prigioni di piccole dimensioni, in modo da assicurare che il turno notturno sia coperto da quattro secondini. Gli altri rinforzi per le piccole carceri arriveranno entro il 2010. Gli stessi sindacati hanno invitato a continuare la mobilitazione, prima che l’accordo venga votato dai secondini di ogni singolo carcere.

Gli agenti penitenziari dicono di non essere più in grado di far fronte alla sovrappopolazione delle carceri, con 63.351 detenuti per 52.000 posti (e 24.300 agenti, numero giudicato ampiamente insufficiente), all’origine di un’ondata di suicidi e omicidi dalla fine dello scorso anno. Il ministro della Giustizia Rachida Dati ha intanto assicurato che "il dialogo è aperto" e ha smentito che le prigioni siano bloccate, affermando che alla protesta partecipa solo il 7% degli agenti.

San Marino: assunta gendarme donna, per un’unica detenuta

 

Ansa, 6 maggio 2009

 

Nella Repubblica di San Marino il governo è stato costretto a prolungare l’incarico ad una allieva Gendarme per svolgere i compiti di controllo relativi ad una - l’unica - detenuta presente attualmente nel carcere sammarinese.

La notizia fornisce l’occasione per richiamare nuovamente l’attenzione su questa detenuta, una nonna, che si è presentata spontaneamente alle porte del carcere appena ha saputo della condanna definitiva. La donna è stata condannata per aver sottratto somme di danaro (che si trovava a maneggiare per ragioni d’ufficio) presa dalla malattia del gioco del lotto. Invece, nella stessa Repubblica di San Marino, dei responsabili del danno di oltre 16milioni di euro all’erario pubblico, non si conoscono nemmeno i nomi, perché protetti da immunità giudiziaria. La vicenda si trascina dal gennaio del 2006. I politici coinvolti continuano a pontificare di finanza, moralità pubblica, eccetera, nonostante che abbiano causato la perdita secca di quasi un punto e mezzo di Pil.

Israele: l'Onu denuncia utilizzo di Centro segreto di detenzione

 

Reuters, 6 maggio 2009

 

Il Comitato anti-tortura dell’Onu (Cat) ha denunciato oggi l’utilizzo da parte del "Servizio generale di sicurezza" israeliano di un Centro di detenzione segreto noto come "installazione 1391", ubicato in "un luogo sconosciuto di Israele e inaccessibile al Comitato internazionale della Croce Rossa" dove, stando a testimonianze ricevute dal Cat, sarebbero state effettuate anche "torture" ai danni dei detenuti durante interrogatori.

Secondo le informazioni fornite al Cat "alcuni ufficiali israeliani sottopongono i detenuti palestinesi a trattamenti che violano la Convenzione (contro la tortura) prima, durante e dopo gli interrogatori". Il Comitato, che si è riunito oggi, dovrà sentire i responsabili israeliani e successivamente consegnare il suo rapporto, il prossimo 15 maggio. Intanto Israele, con una risposta scritta, respinge le accuse e nega l"utilizzo di tale centro per interrogatori: "L’Isa (agenzia per la sicurezza israeliana) non utilizza quel Centro da anni e non vi è stato effettuato alcun interrogatorio. Inoltre non viene utilizzato come Centro di detenzione dal 2006".

Nigeria: i malati di mente vengono "abbandonati" nelle prigioni

 

Reuters, 6 maggio 2009

 

"Benvenuti al manicomio!", dice il secondino della prigione di Enugu, nel sud-est della Nigeria, dove le autorità rinchiudono per anni anche i "pazzi".

Alcune persone detenute nella struttura sono state portate davanti alla giustizia dalla forze di polizia o dalla loro stessa famiglia e il magistrato ha deciso di rinchiuderli per sempre o per un determinato lasso di tempo.

Di solito non hanno commesso alcun crimine, oppure crimini minori per cui in altre parti del mondo non è prevista la custodia cautelare. In Nigeria, invece, leggi di epoca pre-coloniale consentono ancora ai giudici di ordinare la detenzione dei malati di mente e si stima siano centinaia quelli rinchiusi nelle carceri già sovraffollate del Paese.

A Enugu, il manicomio è ospitato in tre capannoni, divisi in "corsie", dove le stanze ospitano file di letti. Sono caldi come forni, denuncia la Bbc, e sporchi ogni oltre immaginazione. Le persone trascorrono gran parte della giornata chiuse in stanza, perché non c"è abbastanza personale addetto al loro controllo. "Nessuno di loro migliorerà qui dentro - dice all’emittente britannica un addetto all’infermieria, Michael Aroh - hanno bisogno di cure ospedaliere, non della prigione". "Sono in difficoltà qui, ho bisogno di aiuto - urla un uomo al giornalista della Bbc - mi hanno rinchiuso".

Aroh identifica l"uomo con il solo nome John, precisando che soffre di schizofrenia. "Sua madre era stanca di lui e ha smesso di venirlo a trovare circa quattro anni fa". Edeh Ogbonnah Bertrand è invece riuscito a uscire dalla prigione, dopo sette anni di detenzione. Alla Bbc ha raccontato di essere stato rinchiuso con la falsa accusa di aver rubato alcune bottiglie di malto in un negozio e di essere stato mandato primo in una prigione comune, quindi, dopo diversi mesi di proteste, in un manicomio.

"Il manicomio è un regno a se stante - racconta - i detenuti più forti dettano le regole. Tu devi fare quello che dicono, altrimenti ti puniscono. Ti fanno fare cose come pulire il pavimento o i bagni oppure possono farti del male fisico". Bertrand è stato rilasciato grazie alle pressioni esercitate dall’organizzazione Prisoners Rehabilitation and Welfare Action (Prawa), che dal 2007 è riuscita a far uscire dal carcere di Enugu 54 persone con problemi mentali. Prawa lavora al fianco delle famiglie che cercano di ottenere un ricovero ospedaliero per i loro cari.

Le stesse autorità penitenziarie vorrebbero far uscire dal carcere tutte le persone con disagio psichico, a fronte di una situazione di già forte sovraffollamento.

Nel caso di Enugu, la struttura ha una capacità di 650 posti, ma oggi ospita oltre 1.000 persone. "I pazzi sono persone che la società non vuole vadano in giro a causare problemi e che vengono scaricate nelle nostre prigioni - ammette il direttore amministrativo del carcere di Enugu, Victoria Uzamaka - stiamo cercando di fare in modo che siano le famiglie e le chiese a prendersi cura di loro, mostrando loro amore. Nei casi delle persone già rilasciare, queste hanno dato segni di miglioramento".

 

 

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