Rassegna stampa 17 febbraio

 

Giustizia: "emergenza stupri"?… qui serve un’idea di sinistra!

di Piero Sansonetti

 

Il Riformista, 17 febbraio 2009

 

La repressione e la sospensione delle garanzie e dei diritti non porta a niente. E la caccia all’immigrato è una barbarie. Ma non possiamo certo cavarcela scrollando le spalle.

Serve a qualcosa minacciare gli stupratori, avvertendoli che rischiano il carcere? Direi di no. Il decreto promesso dal governo (niente domiciliari per gli imputati di stupro) è acqua fresca. Diciamo meglio: è propaganda, pura propaganda. Chi violenta una ragazzina in un parco sa benissimo che rischia di finire in cella. Non ne ha molta paura. Il governo, il sindaco di Roma, i partiti del centrodestra, si trovano di fronte a un guaio politico che loro stessi hanno provocato, e ora non sanno come risolvere.

Negli anni scorsi hanno usato il terrore della gente nei confronti della delinquenza come una arma politica semplice e potente, per colpire il centrosinistra. E hanno spinto il centrosinistra a usare la stessa arma per difendersi. Così è nata quella sindrome epidemica che si chiama "percezione dell’insicurezza": è una valanga e nessuno è capace di fermarla. I reati possono aumentare o diminuire di numero, ma la "percezione di insicurezza", una volta che è stata innescata, non cambia, tende ad aumentare, a incattivirsi, a condizionare la vita di milioni di persone. E produce notevoli effetti politici.

Questa sindrome ha aiutato Berlusconi ed Alemanno a vincere le elezioni. Ora però colpisce loro, li pone di fronte all’evidenza delle cose: hanno promesso che avrebbero risolto il problema, hanno esagerato il problema perché gli conveniva, e poi non sono riusciti a risolverlo. Il problema - del resto - non è inventato. Esiste, è un grande problema. La frequenza degli stupri è uno dei fenomeni che minaccia la nostra civiltà. È un reato odioso, per due ragioni. La prima è che colpisce solo una metà dell’umanità, e cioè le donne - la parte fisicamente meno forte, la parte meno protetta socialmente - e si basa sulla prepotenza e sul maschilismo. Non esiste nessun altro

reato che ha queste caratteristiche. La seconda ragione è più sfuggente, ma è importante: lo stupro è un atto violento che si accanisce sull’aspetto più alto delle relazioni umane, cioè l’amore; e deturpa l’amore, deturpa il sesso, impone un’idea terrificante dei rapporti tra le persone. Lo stupro non è solo un "furto" d’amore, è un modo di concepire l’amore come violenza, sopraffazione, potere. La violenza non è un "mezzo", è il "fine" dello stupro, fa parte dell’atto sessuale del violentatore.

Lo stupro nei parco, per strada, talvolta ad opera di uno straniero, di un immigrato clandestino, o di un ragazzo della malavita, è l’espressione simbolica più evidente e più esecrata - anche perché ha un’enorme eco di stampa - di un fenomeno vastissimo. Noi siamo a conoscenza solo di un numero molto esiguo delle violenze sessuali che avvengono nelle nostre città. Ne avvengono più di dieci ogni giorno, circa quattromila all’anno. Pochissime vengono denunciate. La maggior parte avviene ad opera di un parente o di un amico, l’80 per cento degli stupri sono stupri di famiglia. Lo stupro è la principale causa di morte, nel mondo, per le donne giovani.

È impensabile una società più civile, più avanzata, se non si estirpa questa malattia. Lo stupro è il simbolo più forte del maschilismo, sconfiggere lo stupro vuol dire indebolire il potere maschilista. E allora, di fronte agli stupri di questi giorni, ci troviamo di fronte a un dilemma. Dobbiamo difendere la donna, anche a costo di violare certe nostre idee garantiste, o dobbiamo mettere il garantismo davanti a tutto, considerarlo un principio intoccabile? Dobbiamo far finta che il problema non c’è, se scopriamo che un numero consistente di stupri è responsabilità di stranieri?

Esiste un solo modo, per la sinistra, di uscire dalla contraddizione. Dire, a ragione: "Lo stupro di strada è la punta dell’iceberg, lasciamolo stare, cerchiamo di affrontare alle radici la questione del maschilismo violento". È una via ragionevole, in linea di principio, ma è sbagliata, perché è inefficace. Più che sbagliata è rassegnata.

Corrisponde a quell’animus della sinistra che crede che il suo motivo d’essere sia "pensare" le cose giuste, non "fare" le cose giuste. Adesso voi vi aspettate che io vi proponga una soluzione. Vi deludo: non la possiedo. So che la repressione e la sospensione delle garanzie e dei diritti non serve a niente. So che la caccia all’immigrato è una barbarie.

So anche che invece sono quelli gli obiettivi della destra. Credo che un uso più ragionevole delle forze dell’ordine (che ci sono, sono una quantità enorme: l’Italia è il paese europeo più munito di polizia) sarebbe un vantaggio. Non so dire di più. Vorrei solo che la sinistra riuscisse a affrontare questo tema senza scrollare le spalle. Senza dire: "È solo propaganda forcaiola". La propaganda forcaiola è evidente, ma è evidente anche l’urgenza di combattere il fenomeno degli stupri.

Giustizia: destra maschilista, castrazione politica della sinistra

di Matteo Bartocci

 

Il Manifesto, 17 febbraio 2009

 

Lo stupro non ha nazione né conosce limiti di censo. Stuprano i ricchi e stuprano i poveri di ogni etnia e latitudine. Nella proporzione che in ogni dove le condizioni materiali assegnano a ciascuno.

Sempre però stuprano gli uomini. In Italia, dicono le statistiche, ogni due ore una donna subisce violenza: tredici al giorno. Domandarsi perché accade è un compito della politica. Oltre al conflitto economico che divide le nostre società c’è quello, profondo e nascosto, che attraversa la nostra cultura e il nostro modo di essere maschi e femmine. Di incontrarci e amarci in famiglia e al di fuori di essa. Ogni violenza ha radici sociali e radici culturali. Uno stupro ogni due ore svela soprattutto le seconde.

Nasconderle dietro a un malinteso bisogno di "sicurezza" ha portato ieri all’esercito in piazza, oggi alle ronde e domani, chissà, a una qualche forma di castrazione. Al peggio non c’è fine. Gli stupri non sono più reati contro la morale e nemmeno contro la persona. Sono stupri "etnici". Non secondo chi li compie (italiani, rumeni...) ma secondo chi li subisce: noi, i "bianchi", gli "indigeni", contro i "forestieri" che violentano le "nostre" donne. Ma globale e locale, come sempre, si fondono. Perché se uomini rumeni stuprano ragazze italiane, giovani italiani a loro volta stuprano, non c’è altro modo di dirlo, bambine tailandesi o brasiliane che si prostituiscono ai quattro angoli del globo.

Dunque la violenza non conosce confini se non quelli dei nostri corpi, di maschi e di femmine, privi ormai di una qualunque minima grammatica affettiva comune. Incapaci di parlare d’amore e dunque di farlo.

Ne è un sintomo il fatto che questo paese è ormai capace di mostrare affetto solo a cose fatte. Quando l’oggetto del desiderio non c’è più, come nei tanti funerali pubblici che uniscono e commuovono a reti unificate. Da Alberto Sordi fino a Eluana. Che da viva non interessava nessuno e solo alla fine, prossima alla morte naturale, ha svelato gli istinti inconfessabili di un presidente del consiglio che confonde le mestruazioni con la capacità di avere figli. È o non è, questa, una fantasia di stupro, di appropriazione violenta di un corpo di donna?

Finché questo è il tono, la domanda di "sicurezza" che ossessiona la destra è destinata a cadere nel vuoto. Castrare tutti non si può. E se bastasse un "decreto contro la violenza" il problema passerebbe rapidamente a carceri e tribunali senza risolvere nulla. La destra perde sul suo stesso terreno, incapace di riconoscere un mostro che ne oltrepassa i confini ma che essa ha allevato in culla. Legittimando la cultura di massa più maschilista d’Europa dai tempi di "Colpo grosso", "Drive in" e "Non è la Rai" - fino all’attuale "mignottocrazia" - Berlusconi ha fatto della sessualità l’appeal principale della sua offerta politica.

Ma è sulle donne e le adolescenti, sulla loro sessualità, che si concentra una violenza sottile e diffusa. Il modo in cui vengono guardate per strada o in casa, approcciate sull’autobus, apostrofate a scuola, raccontate sui mass media, "messaggiate" da fidanzati e spasimanti: è un’invasione di corpi normale e quotidiana.

Contro questa spaventosa distruzione dell’alfabeto sentimentale la sinistra non ha da tempo nessuna risposta. E se si preoccupa della benzina nelle volanti vuol dire che non lo indica nemmeno più come un problema. Come il problema.

Non può essere un caso che la prima violenza sessuale di quest’anno terribile si sia consumata a Roma, tra due ragazzi che si incontrano a una festa in mezzo a trentamila persone. Una festa chiamata "Amore".

Giustizia: la bozza del decreto; l'ergastolo, a chi stupra e uccide

di Emanuela Fontana e Vincenzo La Manna

 

Il Giornale, 17 febbraio 2009

 

Ergastolo per chi violenta e uccide la sua vittima. Aggravante per parenti e insegnanti che abusano su ragazzi anche più grandi dei sedici anni. Ridisegnato il reato della violenza di gruppo: non viene punito solo chi abusa, ma anche chi partecipa, guarda, fa il palo. La bozza del decreto antistupri, che porta le firme dei ministri dell’Interno Roberto Maroni, della Giustizia Angelino Alfano e delle Pari Opportunità Mara Carfagna, è molto di più di un anticipo delle misure già approvate dal Senato e che s’intendeva accelerare.

Tra queste rientrava per esempio l’obbligo del carcere per lo stupratore, che non potrà così più accedere né ai benefici di legge né ai domiciliari. Il decreto infatti è più ampio, s’intende approvare un testo che sia un contrasto fortissimo alla violenza sessuale e "a prova" di necessità e urgenza, che abbia cioè i requisiti per ottenere la firma del capo dello Stato e il consenso informale delle opposizioni. Oggi Silvio Berlusconi salirà al Quirinale per un incontro con il presidente Giorgio Napolitano (ieri era già salito al Colle Maroni).

È il primo faccia a faccia dopo i giorni difficili del caso Englaro. All’incontro sarà presente anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Tra gli argomenti di conversazione ci sarà anche il decreto antistupri che il Consiglio dei ministri voterà venerdì e che verrà subito sottoposto alla firma del capo dello Stato.

Un decreto che Berlusconi intende rendere il più possibile severo ma inattaccabile dal punto di vista costituzionale. Ecco perché, da quello che si apprende, potrebbero non essere più inserite nel testo le ronde dei cittadini volontari nelle città, che ieri hanno scatenato un ampio dibattito nel governo.

Le altre misure confermate sono quindi il carcere obbligatorio per gli stupratori e il gratuito patrocinio per le vittime. Il Viminale sta anche lavorando alla possibilità di aumentare il tempo di permanenza dei clandestini nei Cie per facilitarne l’identificazione, ma senza sconfessare il Senato, che aveva detto recentemente "no" all’estensione a 18 mesi. Si sta discutendo quindi per un’ipotesi di trattenimento di 5-6 mesi.

In molti degli stupri denunciati l’autore è proprio un irregolare mai espulso. Allo studio anche un aumento degli organici di polizia. Nemmeno Maroni ha citato le ronde in un’intervista al Tg1. Alfano aveva mostrato fin da subito le sue perplessità. Renato Brunetta ieri evitava l’argomento: "L’unica che amo è La ronda di notte di Rembrandt".

Favorevole il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, contrari il ministro della Difesa La Russa e il sindaco di Roma Alemanno. E l’opposizione ha offerto inaspettati segnali di collaborazione, ma non sulle ronde. "Sono inaccettabili", ha detto Walter Veltroni, mentre Pier Ferdinando Casini ha annunciato che l’Udc è "disponibile ad appoggiare il decreto", ma senza ronde.

Giustizia: i dubbi del Quirinale sulle "ronde", frenano Maroni

di Giorgio Battistini

 

La Repubblica, 17 febbraio 2009

 

Lungo incontro fra il presidente Napolitano e il ministro dell’Interno Maroni, ieri pomeriggio al Quirinale. Incontro preparatorio in vista del decreto sulla sicurezza che il governo si accinge ad approvare nel prossimo Consiglio dei ministri di venerdì. Un testo completo ed esauriente ancora non c’è. Ci sono però indicazioni precise e impegni condivisi. Ne parleranno oggi lo stesso Napolitano e il presidente del Consiglio Berlusconi in un nuovo vertice al Quirinale. Il primo dopo le roventi polemiche su Eluana Englaro, con la sfida (persa) del premier al presidente della Repubblica.

Nel corso della riunione di ieri, nello studio di Napolitano, sono state messe a punto le grandi linee del decreto. Carcere certo, obbligatorio per gli stupratori, patrocinio gratuito al processo per le vittime delle violenze, revisione della legge Gozzini per quel che riguarda i benefici carcerari che dovrebbero essere aboliti per questo genere di reati.

E ancora, mantenimento dei Cie (Centri d’identificazione ed espulsione per immigrati clandestini) con possibilità di proroga fino a 18 mesi (ma la misura è stata già bocciata al Senato), e stanziamento una tantum per polizia e forze dell’ordine annullando i precedenti tagli, per un maggior controllo del territorio.

Tramontata invece, per le forti perplessità del capo dello Stato, l’ipotesi di inserirvi le ronde di cittadini che così seguirebbero l’iter del disegno di legge sulla sicurezza da poco trasmesso al Senato. Favorevole alle "ronde" il sottosegretario Mantovano di An ("se c’è una zona periferica della città non ancora bene illuminata un contributo dei privati, nei termini consentiti dalla legge può solo essere positivo", mentre Brunetta (Forza Italia) ricorda che "l’opinione pubblica è sensibile, ma non si governa sull’onda delle emozioni". "È finito il tempo delle affermazioni. Bisogna prendere delle decisioni" taglia corto Walter Veltroni.

Napolitano è molto preoccupato per il quotidiano bollettino delle violenze che coinvolge ogni angolo del territorio nazionale. Il governo intende reagire, ma senza forzature. Il capo dello Stato ha esplicitamente invitato Maroni a cercarsi in Parlamento il consenso più largo possibile, opposizione compresa. Lo stesso Schifani ieri ha detto che "occorre tenere i nervi saldi e bandire ogni tentativo di farsi giustizia da soli". Conferma il ministro dell’Interno Maroni: "Più forze della polizia in campo, più controllo del territorio. Questa è la ricetta.

Nessuno può pensare di farsi giustizia da sé. Saremo inflessibili con chi commette reati di stupro, di violenza e non possiamo tollerare che qualcuno pensi a farsi giustizia da sé". Nel decreto che andrà in Consiglio dei ministri ci saranno "misure più incisive contro l’immigrazione clandestina". Il ministro nega che non ci siano più soldi per la benzina delle auto della polizia. Ma il decreto servirà anche a dare risorse alle forze dell’ordine.

Giustizia: le dichiarazioni dei politici, sulla "emergenza-stupri"

 

Redattore Sociale - Dire, 17 febbraio 2009

 

Veltroni (Pd): no alle "ronde", sì a misure sulla sicurezza

 

Roma - "Se per misure straordinarie in tema di sicurezza si intendono le ronde io dico che questo è qualcosa di inaccettabile". È perentorio il tono con cui il segretario del Pd, Walter Veltroni, boccia iniziative di sicurezza ‘fai da tè come quelle successe ieri a Roma. "Alla sicurezza dei cittadini - aggiunge Veltroni - ci pensano le forze dell’ordine. Quello che è successo a Roma è del tutto sbagliato" perché altrimenti ce la si prende "con persone, non italiane, ma che non hanno commesso nessun reato".

 

Sì a misure sulla sicurezza

 

Walter Veltroni dice sì a misure che rafforzino la sicurezza dei cittadini ma invita il governo a non cavalcare un clima demagogico. Parlando a margine di un incontro con i lavoratori di un call center a Roma, il leader democratico dice: "Siamo favorevoli ad ogni provvedimento che serve ad aumentare le forze di polizia per la strada, che restituisce loro risorse tolte dalla finanziaria, che dà strumenti e, per intenderci, che rifornisce di benzina le loro auto. Siamo favorevoli poi a garantire la effettività della pena comminata ma siamo contrari a ogni forma

di demagogia, come le ronde che in questo momento creano un clima pericoloso nel Paese".

"Quello che mi preoccupa - dice Walter Veltroni a margine di un incontro con i lavoratori del call center - sono le auto della polizia ferme nei garage perché non ci sono i soldi per la benzina, e il numero dei poliziotti che si è ridotto. Oggi - aggiunge il leader democratico - è finito il tempo delle affermazioni e bisogna prendere delle decisioni: la prima decisione è mettere le forze dell’ordine su strada e fare in modo che chi compie reati come la violenza sessuale non goda più di sconti di pena e facilitazioni".

 

Anche gli italiani stuprano...

 

Walter Veltroni non ci sta a criminalizzare gli immigrati per gli stupri di queste ore. "Questi sono reati che vengono compiuti anche dagli italiani. C’è un clima che si sta diffondendo in questo Paese e che riguarda il rispetto del corpo e della sessualità femminile".

Veltroni, sottolineando appunto il problema "sociale che c’è a monte e a valle" dei reati di queste ore, condanna "lo smantellamento dei centri di ascolto e di sostegno alle donne che hanno subito violenza. Così - dice - si fa un grave errore". Secondo i democratici "non bisogna lasciare nessuno in una condizione di solitudine. C’è un aspetto di repressione ma ce n’è anche uno di politica sociale: insieme devono costituire una seria risposta in tema di sicurezza, depurato da tutte le strumentalizzazioni politiche di bassa lega che oggi si ritorcono contro chi le ha fatte".

 

Pollastrini (Pd): no alla demagogia, serve un piano d’azione serio

 

Roma - "È urgente un piano d’azione coordinato e strategico. Lasciamo stare la demagogia, pericolosa anche culturalmente, delle ronde fai-da-te e di altre proposte che hanno l’unico effetto di deviare l’attenzione". È quanto afferma l’esponente del Pd, Barbara Pollastrini, a proposito dell’emergenza-stupri e delle misure che Palazzo Chigi intenderebbe adottare. "Su un tema così drammatico - prosegue - non è permesso illudere le donne. Anche per l’efficacia di una linea dura servono serietà e senso di responsabilità, merci sempre più rare in questo governo".

È urgente, dunque, ribadisce l’ex ministro del Governo Prodi, "un piano d’azione coordinato e strategico, basato su tre pilastri: prevenzione, diritti della vittima, certezza della pena. Così, del resto, si stanno muovendo negli altri Paesi europei, con investimenti imponenti, mirati a programmi di educazione civile, informazione, numeri verdi, sostegni ai centri antiviolenza e alle associazioni di aiuto alle donne, risorse per le forze dell’ordine, risanamento del territorio e politiche di integrazione".

"Certo, osserva Pollastrini, "a tutto questo vanno accompagnati gli adeguamenti legislativi necessari, tra i quali quelli per la certezza della pena, la limitazione delle attenuanti e lo studio del processo per direttissima". Ma, conclude, "lasciamo stare la demagogia, pericolosa anche culturalmente, delle ronde fai-da-te e di altre proposte che hanno l’unico effetto di deviare l’attenzione da un piano vero che, finora, questo esecutivo non ha saputo proporre".

 

D’Alema (Pd): le ronde imbarbariscono il paese

 

"Le incitazioni razziste, le ronde, imbarbariscono il Paese e non contribuiscono ad aumentare la sicurezza ma, anzi, aumentano la violenza". Lo dice l’ex ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, che a margine della presentazione dell’ultimo libro di Franco Giordano, spiega che "nessun problema del Paese è stato affrontato efficacemente dal governo Berlusconi, neanche quello della sicurezza sul quale pure la destra aveva fatto leva in campagna elettorale".

Quanto al merito dei provvedimenti che si potrebbero prendere per contrastare gli episodi di violenza delle ultime ore, D’Alema chiede tra le altre cose di "applicare le leggi e garantire la certezza della pena".

 

Garavaglia (Pd): ronde? serve buonsenso, non i giustizieri

 

"Mi sembra che l’emergenza stupri sia affrontata dal governo con un intento demagogico, senza tenere conto dell’obiettivo finale che deve essere la repressione della violenza ai danni delle donne". Lo dice la senatrice del Pd, Mariapia Garavaglia, che aggiunge: "Per l’esecutivo la priorità, dopo aver per anni denigrato il governo di centrosinistra e la giunta Veltroni sul tema della sicurezza, pare quella di non perdere la faccia con i cittadini ai quali erano state promesse misure insensate, la cui funzione era solo elettorale".

Fra queste, prosegue la senatrice, "la proposta di istituire le ronde nelle città, che mi sembra una vera sfida al buonsenso. Si cerca infatti di scaricare sulla collettività un problema che dovrebbe essere risolto da chi ha ricevuto il mandato dagli elettori. Intanto, si scopre che le forze di polizia non hanno i mezzi o sono organizzate in modo tale che molto del personale deve essere impiegato in compiti burocratici negli uffici. Si iniziasse da qui, dall’aumentare la presenza delle forze dell’ordine nelle strade, per garantire la sicurezza".

Insomma, sottolinea Garavaglia, "per colpire a fondo i malviventi, a partire dagli stupratori, occorre una strategia organica. Provvedimenti di facciata, come un decreto, servono forse all’immagine, ma non aiutano gli uomini e le donne che sul campo contrastano la criminalità. Meno che mai sarebbero loro d’aiuto le ronde di cittadini ai quali la Costituzione non affida il compito di fare i giustizieri.

 

D’Amico (Lega): per le culture arretrate è normale violentare le donne

 

"L’ultimo episodio in ordine di tempo di violenza sessuale avvenuto a Padova conferma che l’immigrazione ha portato un aumento dei reati contro le donne: violenze, stupri soprusi di tutti i tipi, mutilazioni genitali e segregazioni". Lo afferma il deputato leghista, Claudio D’Amico, membro della commissione Bilancio e componente dell’assemblea parlamentare dell’Osce, aggiungendo che "tutto questo sta portando indietro la lancetta del tempo per il nostro Paese, fino quasi ai livelli del medio evo".

Per D’Amico "chi ha permesso e chi continua a permettere questa squinternata immigrazione è colpevole quindi dell’aggravarsi di questo pericolosissimo attacco alla società e alle donne in particolare. In alcune arretrate culture la donna viene considerata inferiore all’uomo ed è quindi normale per queste persone, picchiare le donne, violentarle e abusarne".

L’obiettivo, dunque, conclude l’esponente del carroccio, è quello di "agire su due fronti: usare fermezza con chi, non integrandosi nella nostra società, continua a discriminare ed a abusare delle donne e, in contemporanea, dobbiamo totalmente bloccare l’immigrazione soprattutto quella proveniente da quei Paesi, in particolare quelli islamici, dove le donne vengono ancora discriminate e maltrattate".

 

Martini (Lega): castrazione chimica obbligatoria

 

Castrazione chimica come trattamento sanitario obbligatorio per chi compie un reato di violenza sessuale: la proposta arriva dalla leghista Francesca Martini, sottosegretario con delega alla Salute, secondo la quale esiste "un legale inscindibile fra queste violenze e gli immigrati che arrivano da paesi dove non c’é la cultura del rispetto delle donne".

Oggi il trattamento farmacologico è previsto solo su richiesta dell’interessato, con l’uso di medicinali inibitori della libido. Martini, a margine di un incontro per la presentazione di una campagna di prevenzione flebologica, ha aggiunto di ritenere necessario anche "andare avanti con il decreto che nega gli arresti domiciliari per questi reati e proseguire con la linea indicata da Maroni sui centri di espulsione. Non possiamo avere le carceri piene di detenuti che costano quanto i malati in ospedale".

 

Gasparri (Pdl): sicurezza prioritaria, subito un decreto

 

"È possibile ed opportuno varare un immediato decreto in tema di sicurezza riprendendo alcune norme che abbiamo già approvato al Senato. Bisogna essere più severi con l’incarcerazione degli stupratori, intervenire in maniera drastica sulle espulsioni dei clandestini e garantire maggiori risorse ed organici alle forze dell’ordine". Lo dice il presidente del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, sottolineando che "l’impegno per la sicurezza è prioritario e dobbiamo dare risposte alle preoccupazioni dei cittadini".

Proprio per questo, aggiunge Gasparri, "gli strumenti della decretazione d’urgenza mai come in questo caso appaiono compatibili con l’esigenza di una risposta immediata. Il lavoro che abbiamo svolto al Senato con un contributo decisivo del Pdl è un’ottima base di partenza per l’azione che il governo vorrà intraprendere per controllare di più il territorio e stroncare i crimini commessi da cittadini italiani e da clandestini".

 

Franco (Pd): contro gli stupri prevenzione e certezza della pena

 

"Per combattere la violenza sulle donne serve senz’altro la certezza della pena per i colpevoli. Ma servono anche politiche di prevenzione, perché gli stupri non accadano. E certo non servono le ronde". Lo dice la senatrice Vittoria Franco, ministro ombra delle Pari Opportunità del Pd.

"Le misure che ha elencato la ministra Carfagna contro la violenza sulle donne - sottolinea Franco - come il gratuito patrocinio per le vittime e la custodia cautelare in carcere per i presunti colpevoli, sono certamente utili e il Pd ha contribuito ad approvarle. A questo aggiungo che la certezza della pena deve essere assolutamente garantita".

Tuttavia, precisa il ministro Ombra, "non si deve dimenticare la prevenzione, e a questo scopo ricordo che il governo non ha rifinanziato il piano contro la violenza di genere. Fare prevenzione significa promuovere un cambiamento culturale, rendere più sicure le città, potenziare i centri antiviolenza, fare politiche di integrazione degli immigrati".

Altro che ronde, dunque, è la tesi di Franco, "la sicurezza nei centri urbani va assicurata attraverso il potenziamento della presenza delle forze dell’ordine e il recupero delle periferie anche dal punto di vista culturale. Mi sembra poi - conclude Franco - che serva con urgenza una seria politica di integrazione che riduca il ricorso alla delinquenza da parte degli immigrati, fermo restando che chi si macchia di reati deve essere punito e allontanato".

 

Baio (Pd): no alla giustizia fai-da-te

 

"La difesa della dignità della persona e della vita di tutti coloro che subiscono stupri e violenze è garantita con la certezza e la prontezza della pena". Lo sottolinea la senatrice del Pd Emanuela Baio, che boccia "gli slogan e le ronde". Per Baio, infatti, non servono, ma è, invece, "necessario realizzare nell’immediato politiche serie che vadano dal potenziamento delle forze dell’ordine, alla certezza della pena, dalla prevenzione per tutti all’integrazione dei cittadini extracomunitari".

Per la senatrice "è drammatico dover assistere a slogan umilianti e proposte come quelle delle ronde che puntano ad una giustizia ‘fai da tè di fronte a dati di violenza che, oltre a nuocere fisicamente troppe ragazze e donne, le danneggiano dal punto di vista psicologico. Mi auguro che tutti- conclude Baio- all’interno delle istituzioni ma anche della Chiesa e degli ambiti educativi, sappiano far arrivare un no fermo alle ronde ed un sì autorevole a politiche serie rivolte ad una giustizia penale, sociale ed educativa".

 

Licastro (Pdl); la castrazione non risolve il problema

 

"Come affermato da molti esperti, medici e criminologi, la castrazione chimica non serve a nulla. Esistono purtroppo molti casi di stupratori che, pur trattati chimicamente, sono tornati ben presto a violentare povere donne inermi".

Lo afferma Simonetta Licastro Scardino, capogruppo del Pdl nella commissione politiche Ue del Senato, sottolineando che l’unica strada "perseguibile è quella della legge, della certezza della pena e delle sanzioni severissime".

Il Consiglio dei ministri, aggiunge Licastro, "è pronto ad approvare una serie di misure sulle quali dovrebbero convergere responsabilmente tutti gli schieramenti politici, senza distinzione alcuna. L’opposizione non strumentalizzi casi drammatici per spregevole tornaconto politico ed elettorale. La piaga della violenza sessuale contro le donne - conclude - è un problema drammatico che riguarda tutti e che tutti devono contribuire a risolvere".

 

Rotondi (Pdl): bene la disponibilità dell’opposizione

 

"Bene la disponibilità dell’opposizione su un fronte sensibile come quello della sicurezza. Non è il tempo delle facili strumentalizzazioni ma quello di garantire la tranquillità dei cittadini con un’azione decisa come ha fatto finora il governo e come vuole continuare a fare con i provvedimenti che adotterà". Lo dichiara il ministro per l’Attuazione del Programma di Governo, Gianfranco Rotondi.

 

Di Pietro (Idv): due stupri su tre colpa degli italiani

 

Dopo "la monnezza" e le intercettazioni "in Italia oramai lo schema è collaudato: in queste ore sta accadendo con la violenza sulle donne". Il governo vuole "varare soluzioni di grande eco mediatico, ma di scarsissima efficacia sul campo. Così come tutte le soluzioni adottate da questo governo, impronte ai bambini Rom comprese".

Lo scrive sul suo blog il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro. "In Italia avvengono circa 13 stupri al giorno - spiega - uno su tre è compiuto da un extracomunitario, due su tre sono italiani. Avvengono maggiormente all’interno della coppia, ad opera di un fidanzato o del marito. Questo viene rimarcato con meno insistenza".

Il governo, secondo l’ex pm, "ha fallito sulla sicurezza con i militari nelle città e con tutte le altre soluzioni spot millantate in questi mesi. E sta aggravando questo fallimento anche sul campo giuridico, impedendo le intercettazioni, strumento fondamentale, a fronte di una denuncia da parte della vittima, per incastrare lo stupratore". Se, infatti, per intercettare ci dovranno essere gravi indizi di colpevolezza, prosegue Di Pietro, "di fatto sarà impossibile usarle per questo tipo di reato".

Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, sostiene anche che "tra le panacee di facciata rispunta anche l’allungamento dei tempi di prescrizione, proposta circoscritta, ovviamente, solo al reato di stupro. Ma il governo dimentica, anzi omette di ricordare ai cittadini, che questi tempi sono stati ridotti, senza troppi distinguo tra i reati, per evitare ora un processo, ora una condanna, per Silvio Berlusconi e per i suoi sodali".

Carcere e certezza della pena sì, sottolinea l’ex pm, "ma per tutti, stupratori d’importazione e nostrani, compresi quelli dediti al turismo sessuale, reato compiuto da migliaia di italiani. Ma il governo Berlusconi cerca lo spot ad effetto - conclude - ed è chiaro che non ha interesse a risolvere il problema, altrimenti non varerebbe mai un provvedimento che blocca le intercettazioni, anche nei confronti degli stupratori".

 

Bricolo (Lega): qui ci sono troppi stranieri

 

"Bene ha fatto il governo ad annunciare un provvedimento per il carcere duro e senza sconti agli stupratori". Lo dice Federico Bricolo, presidente della Lega Nord al Senato, che aggiunge: "Tutti, però, devono prendere atto che nel nostro Paese ci sono troppi stranieri, troppi extracomunitari che non rispettano le nostre regole. Per quanto ci riguarda questo è inaccettabile, noi a casa nostra non li vogliamo, se ne devono tornare ai loro paesi d’origine".

 

Quagliariello (Pdl): norme antistupro nel decreto del governo

 

"Quando c’è un’emergenza bisogna accelerare. Quindi, soprattutto le norme che riguardavano gli stupri, presenti già nel ddl approvato in Senato, verranno recuperate in un decreto legge da parte del governo". Lo dice il vicepresidente dei senatori del Pdl, Gaetano Quagliariello, conversando con i giornalisti a Palazzo Madama. Per Quagliariello è importante che "tutti facciano la loro parte, non solamente la maggioranza e il governo, ma anche l’opposizione e gli altri poteri a partire dalla magistratura.

Perché di fronte a un’emergenza che viene pagata dai più deboli è necessario che si mettano da parte le polemiche e si agisca, si facciano i fatti". Quindi, insiste l’esponente del Pdl, "magistratura, governo, maggioranza e opposizione, in questi casi, devono trovare uno spirito di collaborazione".

 

Biancofiore (Pdl): castrazione chimica come deterrente

 

"Ha ragione il ministro Calderoli. Gli animali devono essere trattati da animali. Per gli stupratori, soprattutto quelli recidivi, una soluzione praticabile è la castrazione chimica, utile anche come deterrente". Lo afferma Micaela Biancofiore, componente del direttivo del gruppo Pdl alla Camera, sottolineando che "la sinistra, invece di sciacquarsi la bocca con parole come tolleranza zero, pugno duro, inasprimento delle pene, dimostri di essere in buona fede, abbandoni il buonismo a tutti i costi a favore degli immigrati che delinquono ed appoggi le misure durissime del pacchetto sicurezza e dei provvedimenti anti-stupro che il Consiglio dei ministri si appresta a varare".

Per l’esponente del Pdl, dunque, è ora di dire "basta con la demagogia da quattro soldi sulla pelle di donne torturate, seviziate e violentate. È il momento della responsabilità - conclude Biancofiore - non quello della propaganda".

 

Parlamentari Pd: intercettazioni necessarie contro gli stupri

 

Il piano sicurezza presentato al Senato e che sarà discusso alla Camera "non offre garanzie sufficienti a contrastare i fenomeni di violenza nelle nostre città". È quanto dichiarano le parlamentari del Partito Democratico Rita Ghedini, Donata Lenzi e Sandra Zampa.

"L’opposizione è pronta a fare la sua parte in Parlamento, purché l’esecutivo si impegni nella lotta alla violenza contro le donne in tutti i provvedimenti e non solo con i proclami - continuano le parlamentari -. Presenteremo alla Camera un emendamento al disegno di legge sulle intercettazioni perché non ci siano limitazioni alle intercettazioni nei casi di stupro. Se non fossero state intercettate le conversazioni dai cellulari gli stupratori di Guidonia non sarebbero stati arrestati. Ci auguriamo davvero che il governo accolga la nostra proposta di modifica del disegno di legge".

Giustizia: riabilitare gli stupratori, progetto al carcere di Bollate

di Paola Ciccioli

 

Panorama, 17 febbraio 2009

 

"Perché mi viene istintivo difendermi quando vengo accostato ai violentatori di cui si parla in questi giorni? Perché non riesco a dire: sono anch’io come lui, come loro. Dottore, mi aiuti a capire". Sauro uscirà dal carcere a maggio. Ha quasi finito di scontare una condanna a 2 anni e 8 mesi per violenza sessuale. "I giudici sono stati clementi con me" dice. Erano in tre, lo racconta lui stesso, quando hanno umiliato una ragazzina di 14 anni dietro un cespuglio del giardino pubblico di un paesino della provincia lombarda.

La storia di Sauro e il suo reato si intrecciano con la cronaca che dalla tv della cella nel carcere di Bollate, alle porte di Milano, riferisce dell’ultima aggressione sessuale di un "branco" di minorenni ai danni di un’adolescente, in un sabato sera con troppo alcol a Sabbio Chiese, in provincia di Brescia. E la richiesta di Sauro, "dottore, mi aiuti a capire", segue la proiezione di un film, che si intitola proprio Il branco, nel sesto reparto del carcere di Bollate. È qui, in una palazzina separata dall’edificio in cui sono rinchiusi 750 detenuti, che 20 uomini di diversa età seguono un programma che li pone ogni giorno, e per 14 mesi, di fronte al medesimo reato che tutti e 20 hanno commesso e per il quale scontano una condanna definitiva: quello sessuale.

C’è appunto Sauro (il suo nome come quello degli altri è stato alterato) che oggi ha 28 anni, ma ne aveva compiuti da poco 18 quando costrinse quella ragazzina ("Aveva fama di essere una facile") a una prestazione sessuale.

Poi c’è un istruttore che ha abusato di alcuni bambini che gli venivano affidati perché imparassero la tecnica di uno sport. C’è il marito che ha violato l’innocenza delle figlie che la sua donna aveva avuto da un precedente matrimonio. C’è lo straniero che si è macchiato di due stupri, il pedofilo ormai anziano che si è dichiarato "innamorato" della propria vittima, clienti che sono andati ben oltre la prestazione pattuita con ragazze che si prostituivano per potersi comprare una dose di droga.

Per ciascuno di loro la legge non scritta che vige in ogni carcere sarebbe spietata. E perfino un omicida o un mafioso si sentirebbe in diritto di sottoporli a soprusi di ogni genere, se la consuetudine non confinasse in un territorio separato i "sex offender", questo il termine anglosassone con cui vengono definiti coloro che si sono macchiati di reati sessuali. Ma qui, a Bollate, per i reclusi che si sottopongono al programma dell’équipe del criminologo Paolo Giulini vige un’eccezione e chi ha dimostrato di aver compreso la gravità del proprio comportamento alla fine della terapia viene inserito tra i cosiddetti comuni (è già successo in 25 casi).

Per i 20 che attualmente sono nel sesto reparto per partecipare ai colloqui con 18 tra educatori e psicoterapeuti il cammino è ancora lungo. E di questo percorso fa parte l’essere messi di fronte a immagini come quelle del film di Marco Risi, Il branco, dove la violenza del gruppo e del singolo viene mostrata in ogni sua sfumatura. Panorama ha assistito con i detenuti a questa proiezione, ha partecipato al confronto con gli operatori che ne è seguito. E ha avuto l’opportunità di interloquire con gli stupratori nel corso di un ulteriore incontro. "Senza questo percorso" dice Mario "si può stare in galera anche vent’anni, e poi quando esci lo fai di nuovo". "La galera ti fa capire, è un buon punto di partenza" gli fa eco Tommaso. "Ma ti incattivisce, anche" replica uno straniero con il cappello di lana calato in testa.

Tutto si è svolto nel corridoio al primo piano della palazzina staccata del carcere, situata oltre le serre coltivate dai comuni. Un telo scuro per coprire la luce che penetra tra le sbarre, le scene in cui due autostoppiste tedesche diventano oggetti di fronte all’escalation di orrore da parte del gruppo di amici vengono seguite in silenzio. In due tornano subito in cella.

Il detenuto addetto ai pasti indossa il camice bianco e va avanti e indietro, chiamato dalle guardie. "Come si dice empatia in arabo?" aveva chiesto qualcuno all’unico egiziano che segue il programma. E l’empatia, in questo caso il mettersi nei panni della propria vittima e capirne la sofferenza, è uno dei primi passi che gli stupratori devono compiere. Insieme a quello, che è la precondizione per essere ammessi al trattamento, di riconoscere il reato compiuto.

Perché, invece, di solito la regola è quella di negare. "Per la mia esperienza posso dire che il 90-95 per cento dei sex offender sono dei negatori, si definiscono vittime di complotti orditi ai loro danni" spiega Giulini. Dal settembre 2004, quando l’esperimento di Bollate è iniziato, sono entrati in terapia 80 uomini. "Ma alcuni di questi sono stati rimandati indietro. Per risorse cognitive non adeguate, psicopatologie gravi, tossicodipendenze e alcolismo, rischio di suicidio".

"La nostra scommessa è abbattere la recidiva, farli convivere con gli altri ed evitare che escano di prigione peggiori rispetto a quando sono entrati" spiega la direttrice del carcere, Lucia Castellano. Aggiunge Giulini: "Per il momento abbiamo avuto tre recidive: sono stati di nuovo arrestati due violentatori e un esibizionista. Quest’ultimo ci ha scritto per essere riammesso al programma".

Giustizia: intercettazioni; carcere fino a 3 anni, per chi pubblica

 

Il Sole 24 Ore, 17 febbraio 2009

 

Carcere da uno a tre anni per chi pubblica il contenuto delle intercettazioni di cui è stata ordinata la distruzione. È passato in commissione giustizia della Camera l’emendamento presentato dalla parlamentare Pdl Debora Bergamini. Via libera anche alla proposta di Nino Lo Presti che vieta la pubblicazione delle intercettazioni espunte dal processo perché riguardanti fatti e persone estranee alle indagini. Anche in questo caso la pena è la reclusione da uno a tre anni.

Approvato anche un altro emendamento che introduce il divieto di pubblicare nome e foto del magistrato relativamente ai procedimenti e ai processi penali loro affidati, proposto dal deputato del Pdl Francesco Paolo Sisto. Ma in questo caso ci sarebbero due eccezioni: quando l’immagine del magistrato non è scindibile dal diritto di cronaca e quando per il dibattimento siano state disposte le riprese televisive. E le riprese video del dibattimento, secondo il ddl all’esame della Commissione, saranno possibili solo se c’è il consenso delle parti.

"È l’ennesimo strappo della maggioranza- commenta il ministro ombra del Pd, Lanfranco Tenaglia - dopo lo strappo fatto allo strumento di indagine, ora quello al diritto di cronaca". Si sta andando verso "l’oscurantismo totale" afferma la capogruppo Pd in Commissione, Donatella Ferranti, "non si vuole il controllo democratico dei cittadini sull’attività giudiziaria". La cronaca giudiziaria "diventa - aggiunge - una corsa ad ostacoli".

Molto critico anche Antonio Di Pietro, leader dell’Idv, per il quale il ddl sulle intercettazioni è un provvedimento "criminale". "La sensazione che si ha - ha detto Di Pietro - è che ogni osservazione tecnica e di logica giuridica viene respinta dalla maggioranza senza alcuna motivazione ma solo perché hanno avuto l’ordine di non deragliare in alcun modo dalla volontà governativa".

Giustizia: forze di polizia in affanno, "buco" di 21mila agenti

di Marco Ludovico

 

Il Sole 24 Ore, 17 febbraio 2009

 

Mancano 21mila uomini tra le forze di polizia: il dossier sulle carenze di organico è stato uno dei primi a giungere sul tavolo del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, non appena insediato al Viminale. È quasi il 10% in meno dei 285mila tra carabinieri, poliziotti e finanzieri oggi in servizio, che diventano 328mila se si aggiungono forestali e penitenziari. Nelle carceri, tra l’altro, ci sono duemila agenti meno del previsto.

Il persistente blocco del turnover e i tagli al personale hanno prodotto in fretta le 2imila caselle vuote. Senza un piano pluriennale di reclutamento, il Viminale calcola un crollo ulteriore tra alcuni anni, con cifre da brivido: nel 2016-2017, in particolare, si stima che potrebbero andare in pensione, d’un colpo, tra le 12 e le 16mila unità di forze di polizia. La mancanza di personale incide di più, tra l’altro, sulle caserme dell’Arma, distribuite su tutto il territorio nazionale anche con stazioni di piccola dimensione.

Non solo: i poliziotti, soprattutto, hanno un’età media troppo alta, "superiore a 40 anni, proprio per le mancate assunzioni" sottolinea Nicola Tanzi (Sap). E "con la sospensione della leva è venuto meno quell’automatismo che permetteva l’ingresso di migliaia di giovani poliziotti ogni anno".

Rileva Tanzi: "Ci sono oltre 2mila persone ferme che potevano essere chiamate. Sarebbe bastato utilizzare, per esempio, milioni spesi per i militari in città". Per Leo Beneduci (Osapp) "se questo Governo vuol fare sicurezza, una politica seria del personale è imprescindibile".

È quantomeno improbabile, però, l’immissione massiccia di nuove unità. Alle resistenze del ministero dell’Economia - al quale tutti gli ultimi ministri dell’Interno pro-tempore hanno strappato, al massimo, qualche centinaio di assunzioni l’anno - si uniscono progetti più o meno abbozzati di riordino delle forze di polizia.

Difficile, comunque, considerare realistico in Italia il blitz del premier francese Nicolas Sarkozy, che ha passato sotto la gestione del ministero dell’Interno la Gendarmerie. L’equivalente nostrana di questo scenario sarebbe l’Arma messa sotto l’ala del Viminale e non più in capo alla Difesa: una rivoluzione da decenni discussa solo tra pochi addetti ai lavori e lì, in ogni caso, per ora confinata.

Diverso, invece, è il ruolo delle polizie locali che, in base alla riforma federalista e secondo un progetto convinto di Maroni, ma non ancora definitivo, dovrebbero allargarsi, col rischio di togliere spazio (e/o fondi) alle forze di polizia tradizionali. Per ora si fanno i conti con i tagli del governo nel prossimo triennio: "Circa un miliardo - rileva Claudio Giardullo (Silp) - con il risultato che dal prossimo mese non ci saranno più soldi per riparare le volanti".

Durissimo il rapporto elaborato da Marco Letizia (Associazione funzionari di polizia): "Già i governi Berlusconi II e III avevano tagliato i fondi per mezzi e servizi, da 163 milioni nel 2002 a 120 nel 2006; per i rimpatri dei clandestini, da 16 nel 2003 a 12 nel 2006; per la sicurezza stradale, da 1,2 milioni nel 2002 a 0,7 nel 2006; per la Dia, da 27 milioni nel 2002 a 18 nel 2006".

Da notare, dice Letizia, "che per tre anni consecutivi, dal dicembre 2003 a quello 2005, in occasione della Finanziaria si annunciava l’assunzione di 1.500 agenti. Ma, come i carri armati di Mussolini, erano sempre gli stessi: il primo anno in servizio da ausiliari, il secondo da ausiliari trattenuti, il terzo salvati dal licenziamento con fondi straordinari. Solo con Prodi, peraltro, fu sanata la loro definitiva assunzione".

Giustizia: Sappe; 60mila detenuti, necessarie misure deflattive

 

Il Velino, 17 febbraio 2009

 

"Sono settimane, mesi, anni che denunciamo come la mancanza di una strategia d’intervento sul sistema penitenziario nazionale avrebbe riportato in poco tempo le carceri italiane a livello allarmanti di affollamento. Con la costante media di circa 1.000 ingressi al mese, tra poche settimane avremo nei nostri penitenziari 60 mila detenuti e organici del Corpo di Polizia penitenziaria carenti ben oltre le 5 mila unità".

È l’allarme che lancia Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, organizzazione di categoria dei "Baschi Azzurri", che da questo pomeriggio e per tutta la settimana terrà in Campania decine di riunioni ed incontri sindacali con il personale in servizio nei penitenziari della regione.

"Il governo vorrebbe risolvere il sovraffollamento penitenziario costruendo nuove carceri, ma questi vuole dire necessariamente assumere nuovo personale, di polizia e del comparto ministeri (oggi entrambi nettamente sotto organico). Vuol dire stanziare fondi e risorse".

"Se le attuali dotazioni organiche sono già insufficienti per gestire l’esistente - si legge nella nota -, chi metteranno a lavorare nelle nuove strutture penitenziarie? Ministero della Giustizia e governo devono adottare con urgenza provvedimenti concreti per deflazionare le strutture penitenziarie del paese. È davvero necessario ricostruire il sistema carcerario del paese, a cominciare dalle espulsioni dei detenuti stranieri che sono ancora numericamente insignificanti. Ma è necessario farlo presto, in tempi rapidi.

Si rendano stabili le detenzioni dei soggetti pericolosi e si affidino a misure alternative al carcere la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale, potenziando quindi l’area penale esterna e prevedendo per coloro che hanno pene brevi da scontare l’impiego in lavori socialmente utili all’esterno del carcere con l’introduzione del sistema di controllo del braccialetto elettronico in dotazione al Corpo di polizia penitenziaria.

Una nuova politica della pena, che preveda un ripensamento organico del carcere e dell’Istituzione penitenziaria con al centro un nuovo ruolo professionale ed operativo della Polizia penitenziaria, adottando eventualmente anche procedure di controllo mediante dispositivi tecnici come il braccialetto elettronico, è necessaria e indifferibile. Ed è assolutamente urgente, viste le ormai quasi 60 mila presenze nei nostri penitenziari".

Giustizia: Osapp; il rischio di "raid" razzisti anche nelle carceri

 

Ansa, 17 febbraio 2009

 

Non soffiare sul fuoco degli stupri e dello scontro etnico: si rischiano raid razzisti anche nelle carceri. L’allarme viene dall’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria). Leo Beneduci, segretario generale dell’organizzazione, invita tutti "a riflettere sugli effetti di una radicalizzazione di certe posizioni che sta assumendo la maggioranza di fronte a fatti così orrendi come gli stupri, e a non pensare al carcere come soluzione finale di ogni male sociale". Pena il rischio di scorribande razziste in carcere.

Secodo Beneduci, "le stesse scorribande che avvengono nelle strade, non è escluso che, per effetti mediatici a noi sconosciuti, accadano in un quadro detentivo sostanzialmente promiscuo". Infatti, in un Paese che conta attualmente 206 istituti penitenziari, "la maggior parte dei quali a capienza oltre quella tollerabile, e dove la metà dei detenuti è di nazionalità straniera, è assurdo non pensare che ulteriori ingressi, oltre quelli consentiti, non determinino il crollo definitivo dell’intero sistema".

Per questo, conclude l’Osapp, "accelerare a colpi di decreto per introdurre il reato d’immigrazione clandestina, così com’è stato votato al Senato, è la soluzione più triste che si possa immaginare".

Giustizia: l’architettura studia le carceri "a misura di detenuto"

 

Galileo, 17 febbraio 2009

 

Ricerche internazionali indagano gli effetti positivi dell’ambientazione sulla personalità del detenuto. Borruso (facoltà di Architettura di Trieste): "Non si tratta solo di ritinteggiare, ma di usare edifici più funzionali, come le caserme".

Nell’immaginario comune il carcere è e deve essere una struttura grigia, tetra, spoglia. Ma un’altra detenzione è possibile: una struttura dove si presti attenzione anche ai colori, agli spazi, agli ambienti per favorire il recupero delle persone. Numerosi studi internazionali riportano il tentativo di dare maggiore importanza all’ambientazione per ottenere effetti positivi sulla personalità del detenuto.

Giacomo Borruso, presidente dell’Istituto internazionale di studi sui diritti dell’uomo di Trieste e preside della Facoltà di architettura, conferma l’esistenza di un rapporto, troppo spesso sottovalutato e taciuto, tra architettura e carcere.

"Sicuramente sarebbe utile un diverso approccio all’edilizia penitenziaria - spiega l’esperto -: il carcere dovrebbe essere inteso non più come un edificio sovraffollato e in grado di offrire servizi minimali, ma come una struttura che può garantire un maggiore rispetto della dignità umana. Secondo alcuni studi i limiti di spazio hanno riflessi pesanti: i dati sulla recidiva, ad esempio, dimostrano come non sempre il carcere garantisce il recupero".

Rendere più accogliente e a misura d’uomo una struttura può quindi avere delle ripercussioni positive: "La concezione attuale va sicuramente rivista e nel fare ciò si devono tenere presenti tutti quegli studi che evidenziano gli effetti che i colori, i suoni, gli ambienti possono avere su un detenuto".

Ma il discorso, secondo Borruso, non si limita solo a questioni strutturali: non si tratta soltanto, in sostanza, di ritinteggiare o di rivedere gli spazi, ma di poter usufruire di edifici diversi, più funzionali. "Si potrebbero ad esempio utilizzare le ex caserme - propone, sposando una teoria già seguita dal direttore della casa circondariale triestina Enrico Sbriglia -. Recuperare quegli edifici consentirebbe di avere ambienti utilizzabili anche per la creazione di opifici, di luoghi in cui permettere ai detenuti di avviare un percorso lavorativo".

Borruso ritiene utile anche il ricorso al project financing, "non come un processo che porti alla privatizzazione, ma per poter offrire con il coinvolgimento delle imprese private più servizi e maggiore opportunità di riscatto dei detenuti".

Molise: si discute di progetti per prevenire i suicidi nelle carceri

di Daniela Lombardi

 

Il Tempo, 17 febbraio 2009

 

Il suicidio ed il tentativo di suicidio nei contesti carcerari sono eventi frequenti, che destano allarme sociale. Proprio per interrogarsi sul fenomeno ed opporvi opportune strategie di prevenzione, si terrà oggi alle 10.30, presso la sala conferenze della Casa Circondariale di Larino, una tavola rotonda sul "Rischio suicidario in ambiente penitenziario".

All’incontro prenderà parte l’assessore regionale alle Politiche sociali, Angiolina Fusco Perrella, secondo la quale si tratta di un appuntamento prezioso per diverse ragioni. "L’incontro di oggi costituisce il momento culminante di un percorso di studio e di ricerca scrupolosa, raggiunto grazie al lavoro sinergico di istituzioni politiche e mondo accademico - spiega l’assessore - e può costituire l’apripista per un lavoro di costante monitoraggio sul comportamento pericolosamente incline al suicidio, che spesso si riscontra negli Istituti di pena". Sugli istituti penitenziari, del resto, grava l’obbligo di preservare salute e sicurezza dei detenuti, con il concorso del Servizio sanitario regionale.

"Per questa ragione - approfondisce la Fusco - sono necessari un programma di prevenzione del suicidio e l’organizzazione di un servizio d’intervento efficace, di cui è componente essenziale l’addestramento del personale di custodia". La Regione Molise sta da tempo portando avanti programmi mirati, nella convinzione che una seria prevenzione del fenomeno sia senz’altro possibile e che esiste un esercizio dei diritti fondamentali che non può essere limitato dal regime carcerario.

"Attraverso il Piano sociale regionale è stato definito l’insieme degli indirizzi per il sostegno alle iniziative volte a far fronte al disagio e all’emarginazione. Per l’area penale, si è voluto procedere nell’ottica di una maggiore stabilizzazione organizzativa, mirando alla realizzazione di una rete di servizi e di presidi, volti a soddisfare la domanda di assistenza e a migliorare la qualità delle prestazioni, nel rispetto dei principi di integrazione dell’assistenza e continuità terapeutica, per lo sviluppo di un sistema territoriale di intervento", spiega l’assessore.

La Giunta regionale è intervenuta mettendo in campo un budget di quasi 150mila euro, che è stato ripartito tra le Case di reclusione di Campobasso, Isernia e Larino e l’Ufficio di esecuzione penale esterna di Campobasso - Isernia, per la realizzazione di progetti ad hoc. Tali fondi sono stati finalizzati alla formazione professionale e all’inserimento socio - lavorativo dei detenuti,all’inserimento lavorativo di ex detenuti in esecuzione penale esterna,al mantenimento dei legami familiari.

A quest’ultimo aspetto è stata data particolare rilevanza, dato che uno dei traumi maggiori che colpisce sia il detenuto sia i familiari è l’interruzione dei rapporti affettivi. In considerazione di ciò è stato dato il via al "Progetto famiglia", che ha previsto l’attivazione di una ludoteca per l’accoglienza dei bimbi in visita al familiare detenuto. L’idea complessiva è dunque quella di creare un ambiente vivibile, che lasci accesa la speranza del ritorno alla normalità ed allontani così il desiderio di gesti estremi.

Liguria: Sappe; è allarme, per il sovraffollamento delle carceri

 

Secolo XIX, 17 febbraio 2009

 

È di nuovo emergenza per il sovraffollamento nelle carceri in Liguria. Lo afferma il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) in una nota dove di segnala che in Italia, "a giorni, sarà superata quota 60mila presenze". Il sindacato auspica l’adozione "di urgenti provvedimenti deflattivi".

Secondo quanto emerge dai dati forniti dal Sappe, a Genova, nel carcere di Marassi, a fronte di una capienza di 456 persone, i detenuti sono 664. Situazione analoga a Pontedecimo, dove sono segnalate 140 presenze a fronte delle 97 previste. Difficoltà anche a Sanremo, con 319 detenuti contro una capienza di 209; a Imperia, 114 presenze mentre sono 78 quelle previste; a Savona dove si registrano 68 unità contro le 36 programmate. Meno problematica la situazione di Chiavari con 80 presenze contro le 78 previste. Alla Spezia invece nel carcere sono in corso lavori di ristrutturazione e quindi non è a pieno regime.

Vicenza: il Sindaco; sì alle "ronde", danno sicurezza alla gente

di Marino Smiderle

 

Il Giornale, 17 febbraio 2009

 

Il primo cittadino di Vicenza promuove l’idea: "Noi siamo pronti a partire. Se fatte in modo corretto sono utili, purché senza un marchio di partito".

Achille Variati è diventato sindaco di Vicenza cavalcando mica male l’onda delle proteste dei "No Dal Molin", a costo di mettersi polemicamente di traverso ai diktat della nomenclatura romana dell’allora nascente Pd. Erano i giorni di Prodi e Parisi, che mantennero l’impegno col governo americano cozzando frontalmente col centrosinistra locale. Da quando ha in mano le redini della città, però, Variati ha sfornato un bel po’ di ordinanze originali in materia di sicurezza. E pure sulle ronde ha in mente di stupire più di qualcuno: vuole organizzarle nella sua città, nonostante il suo partito sia contrario.

 

Allora, sindaco Variati, non teme di essere etichettato come lo sceriffo del centrosinistra?

"Ma per piacere. Questo termine proprio non mi si addice, né penso che i problemi della sicurezza di una città possano essere delegati in toto al primo cittadino. C’è il rischio di invadere il campo delle forze dell’ordine e creare più confusione che beneficio".

 

Però a Vicenza non ha esitato a sfornare ordinanze che hanno fatto discutere. Basti pensare a quella sulla prostituzione, più o meno in linea con quella del collega leghista Tosi a Verona...

"Io dico sempre che la sicurezza è un’esigenza primaria dei cittadini, non certo una prerogativa della destra o della sinistra. I vicentini chiedono di poter vivere tranquilli e il sindaco deve poter dare loro delle risposte, anche se la legge non ci dà molte armi".

 

È per questo che il governo sta pensando a un decreto per far fronte all’emergenza. E in questa normativa si parla di ronde. Lei cosa ne pensa?

"Di primo acchito mi verrebbe da dare ragione al governatore Galan...".

 

Sarebbe la prima volta...

"Sì, ma quando dice che non gli piacciono le ronde di partito non posso che essere d’accordo. Però...".

 

Però?

"Però non possiamo neanche nasconderci dietro un dito: in molte città, compresa Vicenza, i problemi ci sono e credo che delle ronde particolari, qualificate, professionali, potrebbero fare molto bene. Tanto è vero che io ho già contattato alcuni potenziali candidati, raccogliendo la disponibilità a svolgere questo servizio".

 

Vuol dire che a Vicenza le ronde sono già pronte?

"Vuole chiamarle ronde? Il termine non mi piace molto ma l’idea è quella di chiedere ai tanti carabinieri e poliziotti in pensione, che hanno ancora un’età e, soprattutto, una professionalità da spendere, di continuare in altri modi il servizio prestato al Paese. E se la risposta è positiva, li rimettiamo di nuovo in circolazione".

 

E chi coordina il tutto? Il sindaco?

"No, io credo che dovrebbero rispondere direttamente alle forze dell’ordine, con cui, peraltro, mantengono una certa familiarità".

 

E a Vicenza, per esempio, cosa potrebbero fare?

"Mi viene in mente una banalità: in molti bar c’è il divieto di vendere alcolici a chi li vuole consumare altrove. Non c’è la possibilità di mettere una volante per bar, mentre le ronde, o come diavolo volete chiamarle, potrebbero presidiare le zone e segnalare eventuali reati a chi di dovere".

 

Pensa che siano tanti quelli disposti a rimettersi in gioco?

"Io ne ho già sentiti diversi. Tutta gente preparata, che tra l’altro conosce le armi, e che accetterebbe volentieri di essere ancora utile al proprio Paese".

Messina: arrestato ex infermiere del carcere, favoriva mafiosi

 

Agi, 17 febbraio 2009

 

Sfruttava la sua posizione di insospettabile infermiere all’interno della Casa Circondariale di Gazzi, a Messina e, per anni, aveva agevolato alcuni boss detenuti del clan di Giostra e Santa Lucia sopra Contesse come Gaetano Barbera, Daniele Santovito e Luigi Gallo.

Grazie a lui, potevano continuare ad impartire ordini agli affiliati fuori dal carcere, fornendo loro anche un telefonino. Ora l’infermiere - che presta servizio in un’altra struttura sanitaria messinese - è stato arrestato dai carabinieri del Reparto operativo con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Pur cambiando struttura l’infermiere - secondo l’accusa - avrebbe continuato a mantenere contatti con esponenti della criminalità organizzata. I particolari dell’operazione verranno resi noti in una conferenza stampa che si terrà alle ore 10.30 al Comando provinciale carabinieri di Messina.

Verona: studenti, detenuti, istituzioni e associazioni in dialogo

 

Comunicato stampa, 17 febbraio 2009

 

"Vedo Sento Parlo: il valore delle regole e l’esercizio della legalità". A scuola di prevenzione: studenti, detenuti, istituzioni e associazioni in dialogo.

Un progetto di prevenzione alle devianze per conoscere la realtà del carcere e dell’esclusione sociale che deriva dalle scelte devianti. Ha preso avvio, alla prima edizione per Verona, nell’a.s. 2008-2009, con la collaborazione di un gruppo di insegnanti particolarmente motivati dell’Istituto Professionale Giorgi.

Gli obiettivi sono far conoscere le realtà del carcere e stimolare la riflessione, grazie alle esperienze di persone detenute o ex-detenute, sui comportamenti devianti, per riconoscerne il rischio e prevenirli. Il Progetto, al quale partecipa anche il Magistrato di Sorveglianza Dott.ssa Lorenza Omarchi e che si avvale del partenariato con il CTP “Carducci” e con la Redazione di Ristretti Orizzonti di Padova, è curato dalla Redazione di MicroCosmo del carcere di Montorio e rientra nella programmazione delle attività per il 2009 delle associazioni La Libellula e Picot nel progetto “H-Argo” finanziato dal Co.Ge. Veneto. Sostenuto dai Dirigenti Scolastici Luciana Marconcini del CTP ‘Carducci’ e Andrea Sivero dell’Istituto Giorgi, consiste in un lavoro esteso nell’anno scolastico gestito dagli insegnanti in attività di classe e in una programmazione di incontri fra i quali è prevista la partecipazione di alcuni detenuti nella scuola e anche l’ingresso di studenti maggiorenni in carcere.

Mediante le narrazioni si descrivono e si approfondiscono il valore delle regole ed il modo in cui da giovani ci si rapporta ad esse. Si parla di legalità, di disagio e di esclusione sociale, del senso della pena e della possibilità di cambiare nel corso della vita. 
Lunedì 16 febbraio 150 studenti di cinque classi terze dell’Istituto Giorgi, dopo un precedente appuntamento con il Magistrato di Sorveglianza, hanno incontrato l’Assessore Regionale alle Politiche Sociali Stefano Valdegamberi che ha sottolineato l’importanza della scuola nel “formare persone mature, con la pi maiuscola, in grado di effettuare delle scelte e di assumersene le responsabilità”. Ha parlato di prevenzione, dell’importanza di investire nella cultura e nell’educazione, anziché puntare sulla punizione e sulla militarizzazione che amplificano il senso di insicurezza. “Pensiamo al carcere come a qualcosa di lontano da noi, dalla nostra esperienza quotidiana, ma possono esserci situazioni che, per leggerezza o incoscienza, data l’età,” ha detto ai ragazzi, “ci portano a conoscerlo più o meno direttamente”.

Prosegue “la forza è spesso una manifestazione di insicurezza interiore e di fragilità, per questo è nel gruppo che si tende a sfogare il proprio malessere”. Ad una domanda risponde “Meglio chiedersi prima il perché accadono certe cose, e promuovere una cultura che non sia di prevaricazione, invertendo i modelli di riferimento proposti dai media”. “Ad una politica del ‘Pronto Soccorso’, che interviene solo a fatti avvenuti, bisogna contrapporre messaggi forti, coinvolgendo famiglia, scuola e società, per evitare situazioni a rischio”.

Dice anche dell’”educazione alla fatica, al sacrificio, parole oggi uscite da vocabolario” per “sapere che la vita è fatta di grandi soddisfazioni quando, dopo aver scalato la montagna, si arriva alla vetta. Non ci sono scorciatoie. Non esistono sostanze che danno la felicità, anzi semmai portano al baratro”. Dopo aver risposto a diverse domande conquista i ragazzi improvvisando una canzone dei Nomadi, con la partecipazione cantata di tutti, studenti e insegnanti, “..io un giorno crescerò e nel cuore della vita volerò”. 

Paola Tacchella

Termoli (Cb): studenti-detenuti nella giuria del premio letterario

 

Comunicato stampa, 17 febbraio 2009

 

Ancora un elemento distintivo per gli studenti dell’Itis "Majorana". Il Dirigente scolastico, Stefano Giuliani ha commentato: "Che bella soddisfazione per l’Itis, l’unica scuola molisana che è stata scelta come membro della giuria di lettori all’interno del Premio Nanà di narrativa, dedicato alle opere inedite che ha ottenuto col Ministero della Pubblica Istruzione e Ricerca, il Patrocinio del Presidente della Repubblica Italiana e della Commissione Europea".

Il Premio è stato bandito dall’Avagliano Editore con l’obiettivo di contribuire alla diffusione del romanzo italiano, premiando le novità nella narrativa e coinvolgendo nella capacità critica di valutazione i giovani delle scuole italiane.

Al premio hanno partecipato, con opere inedite di narrativa italiana - sia romanzi che raccolte di racconti - autori residenti in Europa e di qualunque età. Le opere sono state valutate da una giuria di 200 studenti degli istituti di istruzione secondaria superiore, questi ultimi scelti in rappresentanza delle tipologie di scuola (licei ed istituti) e delle ripartizioni geografiche (nord-ovest, nord-est, centro, sud e isole). La scuola molisana è stata rappresentata dagli studenti detenuti dell’Itis "E. Majorana" - Sezione Carceraria di Larino, che hanno divorato i racconti con passione.

Il Direttore della Casa Circondariale, Rosa La Ginestra, ha sostenuto: "L’incontro con la lettura offre infinite potenzialità di formazione fornendo gli strumenti per una crescita globale anche per questi studenti". La promotrice dell’iniziativa la prof.ssa Italia Martusciello ha sottolineato "Nel nostro istituto abbiamo sempre cercato di potenziare l’educazione alla lettura quale bisogno da consolidare e da accompagnare nella formazione e nella crescita degli alunni. La lettura è basilare poiché consente di sviluppare la creatività e accresce il senso critico dell’individuo, consentendogli di interpretare la realtà ed intervenire con scelte sempre più consapevoli".

Uno degli studenti che ha costituito la giuria, Alberto, vincitore a sua volta di diversi premi riguardanti la poesia, ha affermato: "Giudicare alcuni racconti ideati da giovani studenti è stata per me un’occasione inedita e stimolante, mi sono divertito anche perché io amo tantissimo leggere e scrivere. Ho poi potuto sperimentare una sensazione di assoluta libertà, ho emesso il mio giudizio, senza sottostare a nessuna regola!"

Bologna: a Imola una presentazione del libro "Dietro le sbarre"

 

Sesto Potere, 17 febbraio 2009

 

Appuntamento a Imola sabato 21 febbraio, ore 17, nella sede dell’Archivio storico della Fai a cura all’Associazione di Mutuo Soccorso per il diritto di espressione di Bologna e provincia.

Il libro "Dietro le sbarre. Repliche anarchiche alle carceri ed al crimine" verrà presentato a Imola sabato 21 febbraio, ore 17, nella sede dell’Archivio storico della Fai (via F.lli Bandiera 19 - cortile interno, entrata dal parcheggio dell’Ospedale Vecchio)

L’iniziativa è proposta dall’Associazione di Mutuo Soccorso per il diritto di espressione di Bologna e provincia. Nel libro, voluto e promosso dall’Associazione di Mutuo Soccorso per il diritto di espressione di Bologna, vi è una raccolta antologica di riflessioni e memorie sul sistema carcerario scritte da anarchici e libertari di tutto il mondo, in un periodo storico racchiuso tra il 1886, anno degli scioperi per le otto ore di Chicago e l’esecuzione di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti avvenuta nel 1927.

Vi sono presenti le dirette testimonianze sul trattamento dei prigionieri in numerosi penitenziari, nei campi di concentramento della Prima Guerra Mondiale e nelle celle bolsceviche, oltre alle analisi e alle proposte sul come gli atti antisociali verrebbero trattati in un mondo effettivamente libero e giusto. Una rassegna di scritti, per la maggior parte inediti in Italia, profondamente immersi in un epoca solcata da grandi lotte sociali e conflitti mondiali, che offre uno spunto per ricordare come il più grande crimine della società sia lo sfruttamento dell’essere umano sul suo simile e la prigione un’istituzione dello Stato utilizzata per umiliare e annichilire chi si oppone contro i propri capi.

Il volume raccoglie i brani di: Albert e Lucy Parsons, Petr Kropotkin, Emma Goldman, Voltairine De Cleyre, Errico Malatesta, Alexander Berkman, Luise Michel, Oscar Neebe, Kanno Suga, Nestor Makhno, Rudolf Rocker, Ricardo Flores Magon, Librado Rivera, G.P. Maximoff, Mollie Steimer, Nicola Sacco. Per la redazione finale dei testi ed il riscontro delle fonti bibliografiche, ci si è valsi della collaborazione dell’Archivio storico della FAI di Imola e dell’Archivio Berneri Chessa di Reggio Emilia.

AA.VV. - Dietro le sbarre. Repliche anarchiche alle carceri ed al crimine - Associazione di Mutuo Soccorso per il diritto di espressione di Bologna - Traduzione di Elio Xerri e Simone Buratti

Siracusa: teatro dietro le sbarre, per un viaggio nella memoria

 

La Sicilia, 17 febbraio 2009

 

Prosegue con successo la programmazione, suddivisa in rassegne tematiche, della Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto, grazie anche alla nuova direzione artistica di un appassionato e innovativo uomo di teatro come Corrado Russo. Al via in questi giorni il percorso di Teatro e Impegno Civile "Con le armi della Cultura", dedicato ai temi della legalità in collaborazione con Csve di Catania e il Centro giovanile di Noto.

Un progetto nato per approfondire e riflettere sulla mafia, sull’importanza della memoria, la promozione e sostegno della giustizia, attraverso l’uso dei linguaggi visivi. In questo ambito mercoledì 18 debutta in esclusiva assoluta "La Corsa di Moncicì" regia di Emanuela Giordano con interprete l’intensa e bravissima Lucia Sardo e Claudia e Laura Gusmano.

Un testo autobiografico ispirato a una storia vera, scritto da due detenuti del carcere di Fossombrone Carmelo Gallico e Antonio S. Antonuccio, vincitore del Premio Annalisa Scafi 2007 per la drammaturgia penitenziaria. Un viaggio catartico della memoria, frasi, flash, rimpianti, colti in cella nel tempo senza tempo della detenzione, che si sono tramutati in atto unico straordinario.

Parole da dietro le sbarre, per rivelare le conseguenze di un crimine, sull’esistenza di chi sta dentro e di chi rimane fuori a subire colpe non commesse. Laura è una bimba, ha solo nove anni, vive in Germania, ma durante le vacanze estive torna nel paesino d’origine della madre vicino Gela. Inizia per lei un itinerario doloroso che scava nel passato, presente, futuro della sua famiglia attraverso il racconto della zia e della sorella di sua madre.

Un omicidio tra consanguinei, due cugini, il dolore, la vergogna. Tre generazioni a confronto, tre lingue: il tedesco, l’italiano, il siciliano, tre diversi punti di vista. Gli altri appuntamenti della rassegna sono: "L’istruttoria" di Claudio Fava il 3 marzo con Donatella Finocchiaro e Claudio Gioè, e il 4 marzo la proiezione del film " L’uomo di Vetro" regia di Stefano Incerti preceduta da un incontro con l’interprete l’attore David Coco e Stefano Parlagreco, autore del romanzo.

Immigrazione: Lampedusa; autolesionismi tra i detenuti nel Cie

 

Redattore Sociale - Dire, 17 febbraio 2009

 

L’europarlamentare in visita con la delegazione Arci descrive una pessima situazione igienico-sanitaria: "Molti hanno malattie causate dallo stress o contagiose, ed è alto il rischio di infezioni".

"La situazione è preoccupante. Molte persone hanno delle forme di dermatiti, e alcune, che potrebbero risultare contagiose, vanno tenute assolutamente sotto controllo. Inoltre, alcuni migranti hanno delle chiazze di alopecia, cioè hanno delle perdite di capelli improvvise, e questo fenomeno si può realizzare per due concause: o per una situazione di stress prolungato, sul piano psicologico, oppure per una mancanza di vitamine e malnutrizione. Nella situazione che abbiamo visto probabilmente saranno entrambe le cause". Lo dichiara l’europarlamentare Vittorio Agnolotto, in visita a Lampedusa con la delegazione dell’Arci.

Agnoletto racconta di altri disagi: "Le manifestazioni dermatologiche alcune volte possano produrre delle cisti: per esempio ad un ragazzo che in seguito a un’ulcerazione ha subito un piccolo intervento son stati messi dei punti. In quella situazione, rimanere in un ambiente dove le condizioni igieniche e umanitarie sono totalmente disastrose, può ovviamente portare anche dei pericoli".

Parla di un signore operato in Tunisia, con una manifestazione erniatica molto forte e visibile: "è chiaro che andrebbe controllato, bisognerebbe fare gli esami". O di due ragazzi che si sono iniettati nel polpaccio, con una siringa, delle feci: uno ha avuto una discussione con un poliziotto e racconta di essere stato picchiato, e l’altro ha compiuto un atto autolesionista "che può produrre un meccanismo infettivo che si può diffondere in tutto il corpo, mentre aveva semplicemente una benda attorno alla gamba.

"Anche questa è una situazione non ottimale - commenta Agnoletto, europarlamentare e medico - poi abbiamo visto un altro ragazzo sulla gamba sinistra ha evidentissime lesioni che attribuisce a dei pestaggi da parte delle forze dell’ordine". Altre persone hanno problemi di cuore, altri hanno subito delle operazioni, quindi non dovrebbero stare in una situazione di quel tipo.

"Vi sono molti problemi: il primo che vi possano essere delle malattie contagiose, partendo proprio dalla situazione dermatologica. Con le condizioni che abbiamo visto, con i bagni allagati, il cibo e la plastica in terra ovunque, scarichi che non funzionano, il rischio di infezioni e di patologie a trasmissione oro fecale o di epatite A, in futuro ci potrebbero anche essere".

È una questione complessa, che ovviamente spaventa le autorità dell’isola."Quando l’ho riferita in consiglio comunale, l’assessore ha detto che avrebbe compromesso il turismo, però o interveniamo in modo preventivo o la situazione attuale, se affrontata fra quattro mesi, in pieno giugno, con il caldo, il rischio di far precipitare la situazione è molto più forte. Si tratta di intervenire immediatamente".

"Ho avuto con i medici un colloquio fra colleghi molto franco, chiedendo se si rendevano conto di quale era la situazione e delle responsabilità che hanno. Ho suggerito loro di preparare una relazione preventiva che spieghi come potrebbe precipitare la situazione e di mandarla alle autorità per stimolare un intervento. Il 118 interviene solo per il codice rosso, è chiaro che le situazioni di questo tipo non vengono segnalate come codice rosso, quindi o c’è una struttura ospedaliera o para ospedaliera sull’isola in grado di accogliere queste persone e portarle fuori dal centro o si prosegue così e io vedo veramente dei rischi sanitari molto forti".

Alcuni migranti hanno detto che vengono messi loro dei tranquillanti nel cibo. Agnoletto non lo esclude. "Nelle carceri, i farmaci più utilizzati sono gli psicofarmaci, e non sempre vengono chiesti dai detenuti: è un modo per tenere le persone sedate ed evitare qualunque problema. Non ci sono le prove, non possiamo assicurarlo, però in linea di principio non lo escluderei: se lo fanno in carcere, figuriamoci qui con 974 persone ammassate come bestie che basta nulla per scatenare reazioni anche molto forti.

Immigrazione: Lampedusa; 750 immigrati in sciopero della fame

 

Redattore Sociale - Dire, 17 febbraio 2009

 

Il motivo: 200 tunisini trasferiti a Roma e 75 rimpatriati. I migranti raccontano di essere stati raggirati con una falsa proposta: 3 mila euro per tornare volontariamente in patria. Intanto nessuno sbarco.

Hanno iniziato oggi lo sciopero della fame le circa 750 persone rimaste in questo momento nel centro di Contrada Imbriacola, il Cie di Lampedusa, ex centro di prima accoglienza. Ieri infatti, (secondo fonti in contatto con il centro grazie alla delegazione di europarlamentari che hanno visitato il Cie), 200 persone di nazionalità tunisina sono state portate fuori dal centro. La destinazione si è appresa oggi: Roma; di queste 200 persone, 78 sarebbero state rimpatriate stamane.

Le persone rimaste nel Centro di identificazione ed espulsione hanno iniziato lo sciopero della fame in segno di protesta. I giorni scorsi, hanno raccontato alcune persone trattenute nel centro, le autorità avrebbero fatto loro una proposta: se torni a casa tua ti diamo 3 mila euro. Ma a chi ha accettato l’offerta è stato risposto no. Insomma, la proposta non era vera. Niente sbarchi in questi giorni a Lampedusa, complice forse il mare cattivo e il maltempo. O forse un tam tam che arriva fino a paesi lontani che dice: a Lampedusa è un inferno, là è inutile sbarcare.

Immigrazione: a Lampedusa, abitanti dell’isola sono esasperati

 

Redattore Sociale - Dire, 17 febbraio 2009

 

Reportage "dall’isola militarizzata": gli stranieri vengono accuditi e accolti nelle case, ma "se ne arrivano 3 mila e ognuno è accompagnato da 2 poliziotti, ci faranno tutti fuori, perché Maroni non viene a vedere?".

L’isola di Lampedusa è totalmente militarizzata. Sul piccolo aereo che da Palermo porta a Lampedusa, gruppi di poliziotti volano con gli altri passeggeri e sulla terra ferma, camionette ovunque. Oltre ai privati, solo veicoli di polizia, carabinieri, guardia di finanza. "Ormai è così - racconta una ragazza del posto - in questi giorni però la situazione è relativamente tranquilla, o meglio, lo siamo noi abitanti, rispetto agli scioperi dei giorni scorsi". Nelle strade tantissime automobili, ma niente taxi né autobus di linea. Tira sempre il vento da queste parti, e i colori sono molto vividi. C’è il mare mosso, in questi giorni, quindi, forse, niente sbarchi.

L’ultimo il 22 gennaio, ma qui guai a chiamarli "sbarchi". "Come se arrivassero direttamente in spiaggia. Questa è cattiva informazione, che rovina il turismo - dice un isolano di Sos Pelagie - li andiamo a prendere a casa loro, a 60 o 70 miglia dalla costa". Ma c’è chi dalla spiaggia li ha visti. Sono brave persone i lampedusani, aperti a chi arriva dal continente e allo straniero.

Un ragazzo dell’associazione mi mostra alcune foto fatte con i migranti, con quelli che erano fuggiti dal centro durante lo sciopero dei locali. Si dice che quel giorno sia stata la polizia ad aprire le porte, e davvero non ci sarebbe altro modo. Li hanno accolti nella "tenda", la struttura nella piazza del paese, e li hanno nutriti abbondantemente. "Altro che maccheroni (l’unico cibo che danno loro nel centro) - racconta il ragazzo - non smettevano più di mangiare".

Sono accoglienti i lampedusani, ma hanno i loro problemi. Su una popolazione di circa 6 mila persone, esclusi migranti e forze dell’ordine, hanno tasse più alte che in Italia, spendono 5-6 mila euro per far nascere un figlio, non hanno una rete fognaria idonea, i depuratori sono mal funzionanti, non hanno strutture sanitarie adeguate (per certi servizi, raccontano, devono rivolgersi al centro che protegge le tartarughe) non hanno biblioteche, centri Inps, una sala chirurgica per le emergenze, e quando si spostano in continente devono usufruire di una compagnia di traghetti, raccontano, vecchia e inadeguata.

Sono brave persone i lampedusani, ma sono esasperati: "La soluzione? La guerra civile - racconta un ragazzo - non vogliamo il nuovo centro. E non perché abbiamo un atteggiamento ostile verso gli stranieri, anzi, quando possiamo li ospitiamo nelle case. È che se aprono il centro, anche se in parte li rimpatriano, ce ne saranno sempre tanti in più. E noi come facciamo?".

Lampedusa è un isola senza piano regolatore, senza pedoni, quasi quasi anche senza marciapiedi, girano tutti in macchina o in moto, senza cinture e senza casco. Pensare che ha una superficie così piccola, che la si può girare tutta a piedi in pochi minuti. Ci sono cani randagi, e sulla piazza principale, quella da cui vanno in onda le proteste che si vedono in tv, di giorno si affollano uomini che quella giornata non lavoreranno.

"Se fanno un centro non viviamo più - racconta uno di loro - già ora, sull’isola, ci sono troppi poliziotti. In spiaggia, d’estate, il 50% sono sbirri. Perché Maroni non viene qua a vedere? Così ci rovinano. E questi che arrivano, fanno 10 figli alla volta, hanno 3 o 4 mogli. L’isola ha 6 mila abitanti: se ne arrivano 3 mila e ognuno è accompagnato da 2 poliziotti, capisce cosa succede? Ci faranno tutti fuori".

Immigrazione: campi rom, tesserini per entrare e cancelli chiusi

di Giovanna Vitale

 

La Repubblica, 17 febbraio 2009

 

Doppio cordone di sicurezza 24 ore su 24: dentro e lungo il perimetro del campo nomadi. Obbligo di identificare chiunque entri: sia i residenti, cui verrà rilasciato un tesserino con fotografia e dati anagrafici, sia i visitatori occasionali. Obbligo di annotare tutti gli ingressi su due registri appositi. Divieto di accesso, parcheggio e transito di veicoli e motoveicoli. Divieto di ospitare parenti o amici dopo le 22. Divieto di accendere fuochi fuori dalle aree autorizzate.

Sono alcune delle norme contenute nel "Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nel Comune di Roma" che verrà presentato tra domani e venerdì. Un lungo elenco di diritti e doveri, requisiti per la permanenza e l’accesso, permessi e modalità di esercizio con cui, d’ora in avanti, verranno costantemente monitorati e controllati i dieci campi rom della capitale. Un numero ancora in via di definizione, però: come infatti precisato dal sindaco Alemanno, ai sette insediamenti già esistenti sul territorio comunale se ne aggiungeranno presto altri due o tre, da realizzare ex novo in altrettante aree di periferia.

Tutti saranno dotati di un ferreo dispositivo di vigilanza, che potrà essere rafforzato con l’utilizzo di telecamere: le forze dell’ordine pattuglieranno l’esterno, dentro ci sarà un presidio fisso di vigili urbani o, in alternativa, di guardie giurate, che dovranno garantire la sicurezza interna, compilare il registro delle presenze, verificare l’identità dei visitatori e annotare ogni ingresso.

Messo a punto dal prefetto Giuseppe Pecoraro nella sua veste di commissario per l’emergenza nomadi, si tratta del primo "testo unico" dei campi romani. L’obbiettivo è chiaro: disciplinare in modo univoco la gestione e le regole di condotta cui gli zingari devono attenersi se vogliono essere ammessi negli insediamenti autorizzati, che il Campidoglio gestirà insieme a un Comitato consultivo di cui fanno parte, oltre ai rappresentanti del Comune, Asl, vigili del fuoco, polizia, carabinieri e un delegato rom. Gli unici dove i nomadi potranno vivere, una volta che la nuova disciplina entrerà in vigore.

 

Requisiti

 

Per conquistare la "residenza" nel villaggio, che sarà valida per due anni, bisognerà ricevere l’autorizzazione del Dipartimento alle Politiche sociali, cui spetta il rilascio del permesso e l’assegnazione in uso delle piazzole di sosta per le roulotte, dei prefabbricati e dei servizi. Dopodiché, entro 30 giorni, si verrà iscritti nei registri anagrafici della popolazione residente del Comune di Roma. Chi però ha subìto una condanna definitiva o un periodo di detenzione superiore a due anni, non si presenti nemmeno: verrà respinto. Quanto al resto, gli extracomunitari dovranno essere in possesso di un regolare permesso di soggiorno o titolo equipollente; gli italiani e i cittadini comunitari di un documento di identità valido. Chi non è in grado di esibire né l’uno né l’altro, dovrà dimostrare la permanenza in Italia da almeno dieci anni. Tessera di identificazione Per entrare nei campi sarà obbligatorio farsi identificare. Perciò a tutti gli abitanti, bambini compresi, verrà consegnata una tessera munita di fotografia e corredata dai dati anagrafici.

 

Doveri

 

Oltre ad aderire ai percorsi di formazione e integrazione elaborati dal Campidoglio, i residenti nei campi dovranno seguire precise regole di condotta. Fra cui: divieto di ospitare persone non registrate o comunque non autorizzate; divieto di accendere fuochi fuori dalle aree appositamente attrezzate e comunque mai bruciare materiale inquinanti o pericolosi; divieto di accesso, parcheggio e transito di veicoli e motoveicoli; garantire l’uscita di parenti o visitatori occasionali entro le 22; pagare le bollette dell’acqua, della corrente e del gas, nonché il canone mensile per l’utilizzo della piazzola di sosta e per i rifiuti; usare solo elettrodomestici a norma.

Revoca dell’autorizzazione Pesante la sanzione per chi sgarra: l’espulsione dal campo entro 48 ore dalla revoca. In caso di rifiuto, il sindaco può chiedere l’intervento della forza pubblica. Perderà il diritto a vivere nel villaggio chi viola i doveri e le regole di condotta sopra elencati; abbandona la struttura assegnata all’interno del villaggio per un periodo superiore a tre mesi, salvo non sia stato espressamente consentito; rifiuta più volte l’inserimento lavorativo; viene condannato, con sentenza definitiva, a oltre 2 anni di carcere per reati contro il patrimonio o la persona; tiene comportamenti che creano grave turbamento alla sicura e civile convivenza.

 

Comitato degli abitanti

 

Al fine di promuovere corrette relazioni tra chi gestisce il campo e gli zingari, viene indetta l’elezione di un Comitato di rappresentanza degli abitanti: cinque membri che restano in carica un anno ed eleggono al suo interno un presidente.

 

Presidio socio-educativo

 

Si occuperà di favorire i percorsi di integrazione e scolarizzazione, nonché l’assistenza socio-economica e culturale dei rom. Resterà aperto però solo in orario d’ufficio.

Droghe: consumatori di eroina in aumento, 135 mila nel 2011

 

Redattore Sociale - Dire, 17 febbraio 2009

 

Oggi gli eroinomani in Italia sono circa 95 mila. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio previsionale della Regione Lombardia e dell’Asl di Milano, che presenta i dati sul consumo di stupefacenti nel prossimo triennio.

Nel 2011 i consumatori di eroina in Italia saranno circa 135mila, il 40% in più rispetto al 2008. A lanciare l’allarme è Prevo.Lab, l’Osservatorio previsionale della Regione Lombardia e dell’Asl di Milano, che ha presentato questa mattina i dati sul consumo di stupefacenti nel prossimo triennio 2008-2011, durante il convegno "Le vie d’uscita dal presente".

Oggi gli eroinomani in Italia sono circa 95mila, fra tre anni potrebbero arrivare, nella peggiore delle ipotesi, anche a 160mila, ma anche a stare prudenti ci sarà in incremento di almeno il 40%. La previsione di un aumento così alto si basa sulle quantità di eroina sequestrate dalle forze dell’ordine e sul numero di soggetti che si rivolgono ai Sert.

"Forse siamo alla vigilia di un cambiamento epocale -afferma Riccardo Gatti, direttore del dipartimento dipendenze dell’Asl di Milano-. Mentre per quanto riguarda il consumo di cocaina notiamo un rallentamento (la previsione è di un aumento del 5%, ndr), per l’eroina c’è un forte ritorno sul mercato". L’eroina oggi viene fumata, ma nulla esclude che con l’aumento dei consumi si ritorni al "buco".

"Dobbiamo aumentare la nostra attenzione verso questo fenomeno - aggiunge Riccardo Gatti -, perché mentre negli anni ‘80 facevano uso di eroina i giovani deviati, oggi coinvolge anche ragazzi socialmente integrati". Al convegno ha partecipato anche Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia, al contrasto delle tossicodipendenze e al servizio civile: "Occorre aggredire il problema e dare messaggi positivi per arginare il fenomeno".

Droghe: consumatori di cocaina nel 2011 saranno circa 700mila

 

Redattore Sociale - Dire, 17 febbraio 2009

 

Crescerà ancora, anche se di poco, il consumo di cocaina in Italia secondo i dati pubblicati da Prevo.Lab: 5% in più rispetto al 2008. Gatti: "Dalla crisi del mercato della cocaina deriva il ritorno all’eroina".

Crescerà ancora, anche se di poco, il consumo di cocaina in Italia. Nel 2011, secondo i dati pubblicati da Prevo.Lab, i consumatori di cocaina saranno circa 700 mila, il 5% in più rispetto al numero di consumatori del 2008. Nel prossimo triennio quindi, il mercato della polvere bianca non dovrebbe riuscire ad attrarre nuovi consumatori al ritmo incalzante degli ultimi anni. Ma, avvertono i ricercatori di Prevo.Lab, non si tratta di una contrazione del mercato: la penetrazione della cocaina infatti - soprattutto in alcune aree territoriali - ha raggiunto livelli particolarmente alti tra i suoi potenziali consumatori.

"Anche il mercato della droga, esattamente come quello degli altri beni di consumo, sta entrando in crisi - aggiunge Riccardo Gatti -. Siamo di fronte a una possibile fase di recessione ed è in atto un cambiamento di strategia". Da questa crisi del mercato della cocaina quindi, deriva il ritorno all’eroina che, agli occhi degli imprenditori della droga, rappresenta un settore d’investimento sicuro. "L’eroina ha un alto potere di assuefazione e crea dipendenza in poco tempo - spiega Riccardo Gatti - . Rappresenta quindi la sostanza ideale per crearsi un bacino stabile di consumatori tossicodipendenti.

Bisogna stare attenti: gli imprenditori della droga stanno facendo un investimento per il loro futuro e lo fanno sulla pelle dei nostri figli". Il ritorno dell’eroina inoltre mette le comunità di recupero di fronte a una grande sfida.

I nuovi consumatori infatti sono profondamente diversi rispetto ai tossicodipendenti che si rivolgevano a queste strutture negli anni Ottanta e Novanta: non sono devianti, persone che vivono ai margini della società, ma ragazzi ben inseriti, giovani che studiano e lavorano. "Non si tratta più di dare regole e di lavorare per reinserire nella società persone emarginate -precisa Riccardo Gatti-. Occorre mettersi al passo coi tempi".

Accanto alla crescita dei consumi di eroina il rapporto Prevo.Lab 2008-2011 evidenzia anche il trend di crescita del numero dei consumatori di cannabinoidi: nel 2001 il loro numero potrebbe oscillare fra i 5,3 e i 6 milioni di individui (con una crescita del 35% rispetto al 2008) nella fascia d’età compresa fra i 15 e i 54 anni.

Stesso trend anche per i consumi di anfetaminici e derivati (più 30%) che si concentra in modo particolare nella fascia d’età 15-24 anni. Prevo.Lab stima che nel 2011 il numero di persone che faranno uso di sostanze chimiche sia compreso fra i 230mila e i 270mila individui.

Droghe: Giovanardi; no scooter, per chi è positivo al narco-test

di Caterina Pasolini

 

La Repubblica, 17 febbraio 2009

 

Test antidroga per chi vuole patente o patentino. "E chi verrà trovato positivo se ne andrà a mani vuote, a piedi, non facendo così rischiare la vita a sé e agli altri in auto o motorino". Così ha annunciato il sottosegretario Carlo Giovanardi, con delega alla lotta alla droga.

Nei prossimi mesi partirà la sperimentazione del provvedimento in quattro città: Foggia, Verona Cagliari e Perugia, ma l’intenzione del governo è di farlo diventare una norma nazionale. "Anche perché dal 2011 l’Europa prevede che possa avere la patente solo chi non è consumatore abituale di stupefacenti". Oggi chi viene sorpreso alla guida sotto l’effetto eccessivo di alcol o droga si vede sospesa la patente dai tre mesi ad un anno.

La decisione di fare i test antidroga oltre alle normali visite mediche previste per dichiarare una persona idonea alla guida, è nata sull’onda delle stragi del sabato sera. Delle migliaia di incidenti che ogni anno provocano migliaia di vittime, soprattutto tra giovani. E sempre più spesso dopo gli scontri si scopre che chi era alla guida aveva bevuto troppo o sniffato cocaina, fumato, preso pastiglie di ecstasy. Spesso tutte e due contemporaneamente.

"Questa estate, in agosto, su ottanta persone sottoposte ai test il 43 per cento aveva bevuto troppo o preso stupefacenti e consideri che alcune sostanze non sono rilevate dai narcotest che si fanno in strada. Ci sarebbe stato bisogno di esami del sangue, dei capelli o comunque in ospedale", dicono gli esperti del sottosegretario.

Resta da capire che tipo di esami prevederà la norma del governo. "Analizzando ad esempio le urine - spiega Celata, responsabile del dipartimento dipendenze dell’Asl di Milano - si possono trovare i metaboliti (cioè i prodotti di scarto) delle droghe assunte fino a 10 giorni prima. Questo vuol dire che se la persona aspetta 10 giorni per fare il test, risulterà negativa al consumo di droghe.

Se invece si esamina il capello c’è il problema opposto: ogni centimetro di capello memorizza il consumo di droghe di un mese, e questo vuol dire che una ragazza con capelli lunghi 30 centimetri può risultare positiva al test anche se ha solo fumato uno spinello due anni prima". Difficile dunque stabilire esattamente chi è tossicodipendente, chi consumatore saltuario e che quindi ha consumato droga ma al momento della guida è "sobrio" mentre per gli alcolici ora l’unica ricerca possibile è quella al momento in cui uno viene fermato, si cerca e calcola il tasso alcolico che non può superare 1,5.

La norma che vorrebbe introdurre Giovanardi, coinvolge autisti e pedoni, troppo spesso vittime di chi guida ubriaco o drogato. I dati dei consumatori di stupefacenti in Italia parlano di oltre cinque milioni di consumatori di cannabis mentre secondo gli esperti cresce l’esercito di chi sniffa: è previsto un aumento del 5% rispetto al 2008, arrivando a 700mila consumatori. E torna l’allarme anche per l’eroina, che potrebbe aumentare del 40% rispetto all’anno scorso, arrivando a 160mila potenziali clienti di brown sugar.

Francia: ergastolano evaso ucciso da polizia in scontro a fuoco

 

Ansa, 17 febbraio 2009

 

Due detenuti sono evasi dal carcere di Moulins-Yzeure, nel centro della Francia: uno di loro è morto nel corso di una sparatoria con la polizia. I fuggitivi avevano fatto perdere le loro tracce domenica 15 febbraio. Grazie a segnalazioni di persone che li avevano riconosciuti, gli agenti hanno intercettato i criminali vicino a Parigi. Nell’ulteriore tentativo di fuga è nato uno scontro a fuoco, che non ha lasciato scampo a uno dei due.

I malviventi stavano scontando un ergastolo per una rapina con omicidio e dieci anni per uno scontro armato con la polizia. Nella sparatoria sono rimasti leggermente feriti anche tre poliziotti. Ad Amiens, nel Nord della Francia, i due avevano preso in ostaggio un automobilista costringendolo a portarli ad Arras, a 70 chilometri dal confine con il Belgio, dove i criminali hanno sequestrato un’altra automobile. I due hanno poi bloccato l’auto di una donna a Saint-Laurent-Blangy. La 51enne, sotto choc, ha detto di aver avuto "paura per la sua vita" quando i due uomini, armati di pistola, hanno cercato di trascinarla via con loro.

I fuggitivi sono stati intercettati dalla polizia su un’autostrada fuori Parigi, all’altezza di Creteil. Uno dei due sarebbe rimasto gravemente ferito in un conflitto a fuoco con la polizia, mentre l’altro avrebbe riportato lievi traumi in seguito all’incidente scaturito dall’inseguimento. Notizie non confermate dal ministro dell’Interno, Michele Alliot-Marie, il quale, con un comunicato, ha sottolineato che "i due pericolosi fuggitivi sono stati catturati in meno di 48 ore". Due giovani donne, conoscenti dei due evasi, che si trovavano nel parlatorio del carcere al momento dell’evasione, sono state arrestate a Lione.

Stati Uniti: Fini; nessun ex di Guantanamo nelle carceri italiane

di Vincenzo Nigro

 

La Repubblica, 17 febbraio 2009

 

Con fatica, ma con buon successo iniziale, l’Italia del centrodestra inizia a dialogare con l’America di Barack Obama. C’è voluta una italo-americana del rango di Nancy Pelosi per avviare gli incontri che fino ad oggi il governo Berlusconi non era riuscito ad avere. Per riannodare il filo logorato da errori politici di Berlusconi (l’endorsement a McCain, il sostegno incondizionato a Bush, l’appoggio a Putin nella guerra di Georgia) assieme alla clamorosa gaffe sull’"abbronzatura" di Obama.

Ieri Nancy Pelosi è stata magistrale nel lodare l’Italia e la centralità del suo rapporto politico con gli Usa. E in questo hanno lavorato in tandem il presidente della Camera Gianfranco Fini e l’ambasciata italiana a Washington: dovendo far leva sull’italianità, sulle radici della terza carica istituzionale degli Usa, Fini ha fatto alla speaker il regalo più semplice ma anche più toccante per la Pelosi.

Nell’incontro alla Camera, l’italiano ha presentato alla speaker i certificati di nascita dei suoi nonni. "Mamma mia, non me lo aspettavo davvero, è un’emozione travolgente", ha risposto la Nancy D’Alessandro Pelosi quando ha visto gli estratti dell’anagrafe relativi a Tommaso Fedele D’Alessandro, nato l’11 settembre 1868 a Montenerodomo in provincia di Chieti, e a Maria Petronilla Foppiani, nata nel 1894 a Rovegno, in provincia di Genova.

Un’emozione che la Pelosi ha mantenuto durante il discorso pronunciato nella Sala della Lupa e più tardi, rispondendo alle domande in conferenza stampa. Proprio in conferenza stampa è venuto l’unico accenno apparente di diversità tra i due paesi in questa fase.

Sui detenuti di Guantanamo Fini ha detto che è "da escludere che l’Italia possa accogliere detenuti nelle sue prigioni in assenza di un pronunciamento della magistratura o di precisi accordi bilaterali". La Pelosi non ha obiettato assolutamente nulla, ha detto anzi che "non vogliamo incoraggiare l’Italia ad accogliere gli ex detenuti di Guantanamo, ma dopo una verifica sarà discrezione di ogni singolo Paese decidere il da farsi".

In verità quando Barack Obama formalizzerà una richiesta concreta all’Italia e agli altri partner europei, non si tratterà di "detenuti" ma di eventuali "ospiti" senza nessuna imputazione giudiziaria. Proprio perché i sospetti jihadisti di Guantanamo non sono né detenuti né imputati di nulla non possono continuare a stare in un qualsiasi carcere Usa. Per cui l’apparente chiusura di Fini agli Usa è, appunto, apparente: tra qualche mese, dopo un accordo nella Ue e dopo l’analisi dei singoli casi, l’Italia accetterà se accogliere o meno qualcuno degli ex detenuti.

In mattinata la Pelosi era stata ricevuta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che nel suo discorso ha salutato come un "combattente contro il fascismo, un uomo che ha servito da anni la causa dell’Italia". A Napolitano la speaker ha confermato la formula adoperata poi in pubblico, "gli Stati Uniti non hanno miglior partner dell’Italia all’interno della Nato", affrontando il primo dei grandi temi internazionali su cui Italia e Usa si confronteranno nelle prossime settimane, l’Afghanistan. "L’Italia ha giocato un ruolo vitale e costruttivo attraverso il suo impegno nelle missioni di peacekeeping", ha detto la Pelosi, "in Afghanistan le truppe italiane stanno aiutando il paese a risollevarsi".

E sulla possibile richiesta all’Italia di un maggiore impegno sul fronte afgano, la Pelosi ha insistito sul fatto che la presidenza di Obama "non imporrà una politica sugli altri partner. Con Obama, si è aperta l’era della collaborazione, sull’Afghanistan il presidente ascolterà i suoi consiglieri, i suoi ministri e naturalmente gli alleati". Se qualcuno in Italia ha idee diverse dal semplice aumento del numero dei soldati in Afghanistan, le prossime settimane saranno il momento giusto per farle avere agli americani. L’unica certezza è che l’Afghanistan rimarrà centrale nella lotta al terrorismo.

 

 

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