Rassegna stampa 24 ottobre

 

Giustizia: per i diritti umani, coordinamento delle opposizioni

di Patrizio Gonnella (Presidente Associazione Antigone)

 

www.linkontro.info, 24 ottobre 2008

 

Italia dei Valori, Udc, Pd e Rifondazione Comunista insieme contro il razzismo, contro la tortura e per i diritti umani. Questa la richiesta rivolta da Antigone e Medici contro la Tortura a Gerardo D’Ambrosio (senatore Pd), Dario Ginefra (deputato Pd), Savino Pezzotta (deputato Udc), Giovanni Russo Spena (responsabile giustizia Prc) e Fabio Evangelisti (Deputato Idv). Utopia o progetto possibile?

Quello che salta subito all’occhio è che ciascuno dei parlamentari presenti interviene e risponde a titolo personale e non a nome del partito. Risposte importanti, anche autorevoli ma che non vanno a impegnare i loro partiti. Non so quindi se si riuscirà ad ottenere un coordinamento delle opposizioni contro un governo che si ispira a pratiche repressive, razziste e illiberali. Riteniamo che in ogni caso debba essere un obiettivo da perseguire con determinazione in un momento, quale quello attuale, dove i diritti umani sono considerati un fastidioso limite alle pratiche di polizia e di governo.

In Italia oggi si somma a una disattenzione legislativa una prassi politico-amministrativa violenta e irrispettosa dei diritti fondamentali della persona. La questione carceraria è paradigmatica. I detenuti sono oggi 57.239. I posti letto regolamentari sono 43.084. Vi sono 14.155 persone in più rispetto ai posti letto disponibili. Il 31 dicembre del 2007 i detenuti erano 48.693. In nove mesi sono cresciuti di poco meno di 9 mila unità. Mille detenuti in più al mese. Il tasso di crescita nel quadriennio del primo governo Berlusconi (2001-2005) è stato quindi di circa mille unità l’anno. Il 31 dicembre del 1996 i detenuti erano 47.709. Nei cinque anni di governo del centro-sinistra i detenuti sono cresciuti di poco più di 1.500 unità l’anno.

L’aumento progressivo del tasso di crescita carcerario è l’effetto di due leggi: la ex Cirielli sulla recidiva e la Bossi-Fini sull’immigrazione. Leggi del 2005 e del 2002 che oggi iniziano a produrre i loro effetti inflattivi e devastanti. Tra le carceri più sovraffollate: Monza (777 detenuti stipati nei 420 posti letto; oltre 100 persone dormono sui materassi), Torino (1.438 detenuti per 1.092 posti letto; svariati detenuti dormono sui materassi; da ieri hanno usato la sezione destinata agli studenti universitari), la Dozza a Bologna (1046 detenuti nei soli 483 posti letto regolamentari), Poggioreale a Napoli (2296 detenuti nei 1387 posti letto), Milano San Vittore (1461 detenuti per 702 letti regolamentari).

A Venezia (sezione maschile) i letti a castello sono oramai a tre piani. A Latina in alcune celle vivono sei persone in letti a castello a tre piani in 16mq complessivi; hanno quindi a disposizione meno di 3mq a persona. Nella sezione femminile di Latina ci sono 36 detenute per 18 posti letto, quindi il doppio della capienza regolamentare. Un grave problema strutturale, lesivo dei diritti fondamentali, è costituito dalla schermatura delle finestre nella sezione femminile, cosa che impedisce la naturale filtrazione della luce.

Nella Casa Circondariale di Ravenna in celle di 7,5 metri quadrati vivono 3 detenuti; il letto a castello è a 3 piani, le dimensioni del tavolino consentono al massimo a due persone di mangiare contemporaneamente e nello spazio della cella le tre persone non possono stare in piedi contemporaneamente. Nella Casa Circondariale di Monza, in cui la capienza regolamentare è di 400 posti, al momento della visita erano presenti 800 persone, con un materasso a terra nella maggior parte delle celle. Questo è oggettivamente un trattamento inumano e degradante. Anche su questo chiediamo alle opposizioni dentro e fuori dal Parlamento di manifestare il loro dissenso e la loro indignazione.

Giustizia: in carcere materassi sul pavimento e pulizia da pollaio

di Paolo Persichetti

 

Liberazione, 24 ottobre 2008

 

Il sistema carcerario italiano è fuorilegge. La capienza regolare, cioè il numero di posti disponibili sulla base delle strutture architettoniche realmente esistenti è stato superato da tempo. Siano ormai oltre il tutto esaurito, 57.030 detenuti (censimento del 16 ottobre scorso) contro i 43.262 posti-cella previsti (quelli che nel regolamento penitenziario del 2000 vengono definiti "camere di pernottamento", intendendo con ciò che durante la giornata i reclusi non dovrebbero sostare nelle celle, come in realtà avviene, ma restare aperti). Per questo motivo un grande numero di istituti penitenziari operano di fatto al di fuori della legalità, cioè non sono in grado di ottemperare alle norme che ne presiedono il quotidiano funzionamento. Superfluo sottolineare che in questo modo si pongono al di fuori dello stesso articolo 27 della costituzione. Posizione abbastanza scomoda e paradossale per una istituzione dello Stato che incarna il luogo dove la Giustizia si traduce nei suoi termini più concreti e materiali, l’esecuzione della sanzione, e perciò stesso rivendica (vedendone affievolita la legittimità) una missione correttiva.

Negli anni passati si è pensato di risolvere il sovraffollamento strutturale con una semplice circolare amministrativa che introduceva la nozione di "capienza tollerabile". Un trucco contabile, una truffa vera e propria, una specie di gioco di prestigio che riducendo i parametri minimi vigenti all’interno dell’Unione europea, ovvero la soglia di vivibilità stabilita in base ai metri quadri disponibili per detenuto, ha aumentato la capienza. Così il numero dei posti è salito a 63.568; una soglia esplosiva, un punto di collasso del sistema che secondo le proiezioni stesse del Dap verrà raggiunto entro la fine dell’anno, se non decresce - e non decrescerà affatto con i ddl Berselli e Carfagna già in discussione - il numero degli ingressi che viaggia ormai al ritmo di 800-1.000 al mese.

La capienza regolamentare è già abbondantemente superata in tutte le regioni, ad eccezione della Valle D’Aosta. In 4 regioni i penitenziari hanno addirittura superato la stessa soglia di capienza tollerabile. In Campania a fronte di una ricevibilità regolamentare di 5.306 posti, tollerati 6.966, si è arrivati a 7.125 detenuti. In Emilia Romagna si è giunti a 3.919 sui 2.270 previsti e 3.761 tollerati. In Veneto a 2.924 sui 1.917 previsti e 2.902 tollerati. Anche in Trentino tetto regolamentare e di tolleranza abbondantemente oltrepassati. In Friuli, Liguria, Lombardia, Marche e Sicilia la soglia di tolleranza è prossima allo sforamento (ancora un 10% di posti virtuali disponibili) e poi sarà il crack.

La situazione è talmente grave che il neopresidente del tribunale di sorveglianza di Milano - come racconta il Corriere della sera di ieri -, Pasquale Nobile De Santis, ha scritto al ministro Angelino Alfano per denunciare le condizioni delle carceri di Busto Arsizio, Varese, Monza e Milano san Vittore, dove il numero dei detenuti ha toccato le 1424 unità contro le 900 disponibili. Celle di 3 metri per 2 con letti a castello a tre piani che raggiungono il soffitto, materassi sul pavimento, scarafaggi, infiltrazioni d’acqua, docce col contagocce. Densità da carro bestiame, pulizia da pollaio.

In affanno il governo conferma le sue politiche sicuritarie alimentate da quell’industria dell’incarceramento sociale, vera guerra dall’alto contro immigrati, tossicodipendenti, giovani delle periferie (legge Bossi-Fini sull’immigrazione, Fini-Giovanardi sulle droghe, ex Cirielli sulla recidiva) che l’indulto ha solo momentaneamente tamponato. Annuncia l’ampliamento dei padiglioni esistenti e la costruzione di nuove carceri. Ma ci vorranno anni. Intanto la popolazione reclusa si gonfia e gli studenti sono scesi in piazza. Ma non era già successo?

Giustizia: Alfano; nelle carceri 1.200 posti in più entro fine anno

di Angelino Alfano (Ministro della Giustizia)

 

Il Corriere della Sera, 24 ottobre 2008

 

Caro direttore, la ringrazio per i pregevoli articoli (l’ultimo di ieri, a firma di Luigi Ferrarella, "Carceri disumane. E fuorilegge") che, con acume e precisione documentale, si soffermano sulle condizioni delle carceri italiane la cui pesante eredità grava sul nostro governo, chiamato a gestire un sistema vetusto sul quale si sono scaricati errori di valutazione e carenze strutturali.

Forse, non tutti sanno che il ministro della Giustizia è chiamato a gestire 205 istituti (oltre quelli per minori) dei quali soltanto il 20% risale ad epoca successiva al 1900, mentre il 60% risale ad epoche comprese tra il 1600 ed il 1800, con le intuibili difficoltà logistiche e strutturali cui si aggiunge il problema dei sovraffollamento ormai endemico, un sovraffollamento al quale non intendiamo porre rimedio con un nuovo indulto e neanche con politiche di ampia depenalizzazione come da più parti suggerito. Per questo, nell’immediatezza, è prioritario affrontare il problema dell’effetto "porta girevole", determinato dalla brevissima permanenza in carcere di soggetti arrestati e liberati in pochi giorni, fonte di continui intasamenti e tensioni non giustificati e calcolabili in una movimentazione annua che coinvolge circa 100mila detenuti.

Si tratta di soggetti, in attesa di giudizio direttissimo, che devono essere custoditi nelle camere di sicurezza. A tal fine, tramite i competenti uffici del Dap, ho disposto la convocazione dei Direttori degli istituti Penitenziari delle grandi aree metropolitane (maggiormente colpite dal fenomeno) per assicurare un immediato alleggerimento di questo turn-over, tramite gli opportuni coordinamenti operativi con le Procure, i Questori, i Prefetti ed i Comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica. In questo quadro, anche i Provveditori Regionali saranno chiamati a svolgere una specifica opera di coordinamento che è sinora mancata.

Fuori da questa fase emergenziale sono stati già programmati interventi strutturali, attraverso l’ampliamento di padiglioni già esistenti che, entro la fine del 2008, assicureranno altri 1.265 posti e, nel prossimo triennio, circa 2.100 nuovi posti. Inoltre, per la costruzione di nuove carceri, il programma in corso, concertato con il Ministero delle Infrastrutture, prevede la realizzazione di 25 nuovi istituti, di cui 10 già in via di costruzione (con una capienza a regime di 2.855 posti).

A proposito di San Vittore, vi è un importante progetto che prevede un accordo di programma con la regione Lombardia ed altre istituzioni locali, per la realizzazione della Cittadella Giudiziaria di Milano all’interno della quale sarà realizzata la nuova Casa Circondariale per una capienza di 1.500 detenuti. A questo, si aggiunge l’avvio di una strategia di accordi bilaterali finalizzati ad ottenere il trasferimento dei detenuti stranieri perché scontino le pene brevi nei Paesi di origine, a prescindere dal loro consenso al rimpatrio, e con la certezza che le scontino davvero e non tornino in Italia. È una strada necessaria se si considera che, oggi, il numero dei detenuti stranieri supera di molto le 20.000 unità, dato equivalente al 38% dei detenuti.

Infine, un’ultima linea di intervento è quella della sorveglianza tecnologica a distanza dei detenuti a più bassa pericolosità, per la quale è dirimente la verifica della funzionalità tecnica finalizzata ad assicurarne il totale ed efficiente controllo, cioè evasione zero e recidiva zero. Sono consapevole della difficoltà da affrontare per porre rimedio ad una situazione sedimentata negli anni, ma desidero far presente che il Governo è incessantemente impegnato a garantire la sicurezza dei cittadini e il rispetto della dignità della persona detenuta.

Per tale ragione, profonderemo ogni sforzo per garantire condizioni dignitose di vita ai detenuti, rendendo effettiva la funzione rieducativa della pena, prevista dalla nostra Costituzione. E una sfida difficile ma contiamo di vincerla.

Giustizia: Uil-penitenziari; nuovi istituti, ma manca il personale

 

Agi, 24 ottobre 2008

 

"Si continua a fare riferimento a nuovi istituti o padiglioni ma si omette di specificare con quale personale saranno aperte queste nuove strutture". Eugenio Sarno, segretario generale della Uil-Penitenziari, commenta così la lettera al "Corriere della Sera" con cui il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha promesso "interventi strutturali" per avviare a soluzione il problema del sovraffollamento delle carceri.

"Giova ricordare - aggiunge Sarno - che pochi giorni fa lo stesso ministro in sede di audizione alla Commissione Giustizia aveva denunciato la carenza di 4.175 unità della polizia penitenziaria a cui, giocoforza, debbono aggiungersi le 2.535 unità impiegate in servizi diversi a surroga del personale civile che non c’è. Quindi siamo a settemila unità in meno. È anche questa una emergenza o no?". "Aspettiamo, comunque, che il ministro ci convochi su questo aspetto di vitale importanza - conclude il segretario generale del sindacato -. Se non risolviamo questa criticità è inutile parlare di soluzioni alle difficoltà del sistema penitenziario".

Giustizia: gli Opg sono "buchi neri", situazione è preoccupante

 

Redattore Sociale - Dire, 24 ottobre 2008

 

Strutture desuete, sovraffollamento, incertezza della durata della pena e soprattutto misure di coercizione che prevedono la pratica di legare le persone ai letti. Dell’Aquila: "La coercizione è una pratica normale negli Opg".

Sovraffollamento, misure di coercizione che prevedono la pratica di legare le persone ai letti, strutture che ricordano i vecchi manicomi e incertezza della durata della pena. È preoccupante la situazione dei sei Ospedali psichiatrici giudiziari italiani, secondo l’associazione Antigone che oggi ha lanciato l’allarme richiamando l’attenzione su una questione troppo spesso dimenticata. Anche qui, come nelle carceri, è presente il problema del sovraffollamento. Al 30 giugno 2008, infatti, negli Opg vi erano 1.365 persone su 1.003 posti regolamentari complessivi. In particolare a Reggio Emilia le presenze erano 289 per 132 posti regolamentari, a Castiglione delle Stiviere 245 per 193, a Montelupo Fiorentino 190 per 100, a Barcellona Pozzo di Gotto 263 per 216, a Napoli Sant’Eframo 116 per 103 e ad Aversa 262 per 259.

Inoltre in tutti gli Ospedali psichiatrici giudiziari italiani - denuncia Antigone - sono presenti una o più sale di coercizione, con letti dotati di cinghie di cuoio e in alcuni casi un buco al centro per i bisogni fisici. "La coercizione è una pratica normale negli Opg italiani - spiega Dario Stefano Dell’Aquila -. E la coercizione è la pratica di legare al letto una persona che possa essere pericolosa per sé e per gli altri. Abbiamo casi di internati che sono stati allettati anche per 11 giorni di seguito - prosegue - cosa che è stata al centro di un’interrogazione parlamentare del 2007". Si tratta di una pratica prevista a certe condizioni - precisa Dell’Aquila - "che sicuramente non dovrebbe essere usata a fini disciplinari. Il problema inoltre è che non esistono protocolli di intesa, non esiste monitoraggio è c’è troppa discrezionalità". Infine, denuncia Antigone, è una misura tutt’altro che rara visto che almeno un internato su sei ne ha fatto esperienza e che - come spiega Dell’Aquila "nel solo 2004 è stata usata in 531 casi".

Esiste poi il problema delle strutture, che ricordano troppo i manicomi vecchio stile e spesso non sono adeguate ai moderni standard penitenziari. "Montelupo Fiorentino, Aversa Barcellona Pozzo di Gotto sono tutte strutture manicomiali che hanno un secolo di vita - spiega l’attivista di Antigone. - La struttura di Barcellona Pozzo di Gotto risale al 1925, l’Opg di Montelupo Fiorentino è situato in una villa dell’Ottocento e quello di Aversa addirittura in una struttura del Seicento. Quindi per quante ristrutturazioni si facciano non si riuscirà mai ad adeguare questi luoghi agli standard previsti".

Vi è, infine, la questione dell’incertezza della durata della pena, proprio perché si tratta di una misura di sicurezza piuttosto che di una vera e propria pena. "La pena ha una fine certa, mentre la misura di sicurezza può essere prorogata dal magistrato di sorveglianza", spiega Dell’Aquila. E allora accade che le misure di sicurezza vengano prorogate per un tempo non proporzionato rispetto al reato commesso soprattutto a causa della difficoltà di trovare strutture dove inviare chi esce dall’Opg. "Circa il 50% degli internati ha avuto una proroga della misura di sicurezza - prosegue - Conosco un ragazzo che è stato internato sette anni per tentato furto di un pacchetto di sigarette e che solo alla fine è stato preso in carico da una struttura residenziale di Genova. Insomma - conclude - il fatto che la permanenza in carcere non abbia un tempo definito rompe ovviamente il principio di proporzionalità tra reato e sanzione comminata".

Giustizia: una "soluzione politica" per il caso di Marina Petrella

di Mauro Palma, Stefano Anastasia e Patrizio Gonnella (Antigone)

 

www.linkontro.info, 24 ottobre 2008

 

Nel muovere queste nostre considerazioni, che capitano all’indomani della scelta del presidente Nicolas Sarkozy di ritirare il provvedimento di estradizione nei confronti di Marina Petrella, crediamo che innanzitutto vada sgomberato il campo da una lettura che vuole il provvedimento francese quale un segno di totale sfiducia rispetto alle istituzioni italiane. Piuttosto, si tratta di un provvedimento che tende a riconoscere che una persona - che pure sconta una pena per delitti gravi, ma che si è inserita positivamente nel territorio francese - ha diritto a essere protetta e tutelata dalla Francia, anche rispetto alla sua difficile situazione sanitaria. Non vi è dubbio che il tornare in Italia avrebbe aggiunto sofferenza alla sofferenza, complicando un quadro psicologico già grave ma anche un quadro organico altrettanto grave, dovuto quest’ultimo allo stesso problema psicologico. La malattia di Marina Petrella, infatti, è organica proprio in quanto psicologica, e non è dunque comparabile con altre pur gravissime infermità per le quali l’intervento sanitario in territorio francese o italiano sarebbe equivalente.

Ciò detto, la questione dell’estradizione di Marina Petrella - e in special modo dei commenti letti sulla stampa italiana all’indomani della decisione del presidente francese di ritirare il provvedimento - apre due questioni più generali, la prima sul significato della pena e la seconda sulla capacità dell’Italia nel suo complesso di chiudere effettivamente una pagina dolorosa della propria storia passata.

Per quanto riguarda il primo aspetto, ci si chiede quale funzione rieducativa, così come è richiesto dalla nostra Costituzione, possa avere una pena detentiva nei confronti di una persona che già per molti anni ha dato prova di aver chiuso con un certo proprio passato e di essersi positivamente reinserita nella società, pur nelle condizioni di lontananza dal proprio ambiente che, sebbene non comparabili con le condizioni detentive, sono anch’esse assai difficili e dolorose.

Circa la seconda questione, proprio le reazioni alla vicenda Petrella hanno mostrato con evidenza come l’Italia abbia stentato e stenti tuttora a rileggere quegli anni, troppo frettolosamente affrontati solo per via giudiziaria. Si è lontani dal saper rielaborare il lutto prodotto attraverso una soluzione politica rivolta a coloro che a quel tempo imbracciarono le armi, ma che al contempo è erroneo rileggere nella categoria della mera criminalità. I delitti motivati politicamente hanno sempre trovato maggiore penalizzazione nel momento stesso della drammaticità degli eventi. Così è stato pure in Italia, dove legislazioni e prassi emergenziali hanno determinato iper-penalizzazioni. Ma, al contempo, tali delitti hanno sempre trovato anche provvedimenti tendenti alla riconciliazione e al recupero degli eversori del tempo una volta finita tale emergenza.

Sono proprio tali provvedimenti - che vengono spesso riassunti nel nome di "soluzione politica" - a contribuire fortemente a che il fenomeno non abbia a riprodursi, stabilendo una chiara cesura con il passato e riaffermando così l’autorità statuale in grado di reprimere ma anche di ricostruire. Purtroppo così non è stato in Italia relativamente ai delitti compiuti negli anni ‘70 e ‘80 e purtroppo ci si ritrova spesso a misurarsi o con fantasmi del passato o con nuovi gravi episodi che a tale passato mai chiuso cercano di riconnettersi.

La speranza è che, anche a partire dal recente episodio relativo a Marina Petrella, possa avviarsi una riflessione pacata sulla nostra capacità collettiva di chiudere quegli anni, di saperli rileggere, di condividere ancora oggi il dolore delle vittime, ma di saper anche riaccogliere coloro che di questo dolore furono un tempo responsabili.

Giustizia: Berlusconi; mai pensato a mandare Polizia nelle scuole

di Marco Galluzzo

 

Il Corriere della Sera, 24 ottobre 2008

 

Berlusconi frena: ho solo detto che non si può imporre la violenza contro altri diritti. Il Cavaliere a Pechino: titoli lontani dalla realtà. A questi signori piace manifestare, ma ci sono corsi con un solo studente.

Dice quello che ha già detto, che "lo Stato deve garantire alcuni diritti", che fra questi c’è "il diritto allo studio, alle lezioni degli studenti". E non ha riserve nel paragonare l’interruzione del diritto, le occupazioni delle aule universitarie, a un reato, fattispecie che dunque deve essere punita, come "accade nelle manifestazioni che bloccano gli aeroporti, come in qualsiasi caso di servizio che deve essere garantito in democrazia".

Ma è sul modo di garantire il diritto, di difendere la riforma del suo ministro Gelmini, che Berlusconi cambia qualcosa, almeno nel registro di appena 24 ore fa: afferma di non pensare alle forze dell’ordine, smentisce di averle mai citate. Aggiunge: "Non ho mai detto che servisse mandare la polizia nelle scuole, ho letto titoli lontani dalla realtà, ho detto invece che chi vuole è liberissimo di manifestare e protestare, ma non può imporre a chi non è della sua idea la rinuncia a un diritto essenziale".

Berlusconi è arrivato da poche ore nella capitale cinese, ha appena concluso gli incontri con il presidente e il primo ministro della Repubblica popolare, si appresta a partecipare al vertice euroasiatico Asem, incontrare il capo del governo indiano, promuovere l’idea di un G8 allargato che diventi una sorta di "forum permanente di governante dell’economia mondiale". Eppure, nonostante tutto, buona parte del briefing con i giornalisti è occupato dall’eco delle notizie che arrivano dall’Italia, dalle polemiche che ha suscitato la sua dichiarazione sull’impiego della polizia.

La precisazione del Cavaliere ha una valenza che appare anche semantica, che lascia volutamente spazio all’interpretazione, perché mentre corregge il premier a sua volta conferma una linea dura. Quella di chi protesta occupando le aule "non è democrazia diretta, è una violenza contro altri diritti, come quello all’istruzione, ed è un dovere del governo garantire questi diritti, con tutta la cautela del caso, con tutta la leggerezza se volete, ma avendo ben presente che non può compiere un reato, interrompere un servizio, senza conseguenze".

In una saletta del Ritz Carlton di Pechino, al termine di un incontro con gli imprenditori italiani che lavorano in Cina, Berlusconi incornicia la vicenda in un quadro interamente politico: "È la sinistra a prendere la scuola a pretesto, è la stessa sinistra che anni fa fece una battaglia contro la pluralità degli insegnanti e oggi ne fa una contro il maestro unico. Tutte cose lontane dalla realtà, sulle quali c’è un divorzio totale fra informazione e provvedimenti". Oggi Berlusconi vedrà il premier indiano a colazione, forse farà una passeggiata alla Città Proibita, sarà ospite della fondazione Italia-Cina, probabilmente continuerà a commentare le notizie che arrivano dall’Italia: "C’è a chi piace la musica, a questi signori che vanno in piazza piace manifestare, peccato che ci sono corsi di laurea con un solo studente...".

Giustizia: Sofri; una lettera sull'edilizia scolastica e carceraria

di Adriano Sofri

 

Il Foglio, 24 ottobre 2008

 

Gentile presidente Berlusconi, le offro un parere. Non lo faccio in nome del mio passato, ma del suo presente. Non io ignori: ne va del suo futuro. Il tema è: "Edilizia carceraria ed edilizia scolastica, per una visione sinergica". Svolgimento.

Non era difficile profetizzare che tutto quell’annunciare voti in condotta, grembiulini, maestri unici e tagli secchi, e poi con quel tono ultimativo, avrebbe svegliato il cane che dormiva, benché tutti i professionisti dello sguardo sociale assicurassero che ormai si trattava di un letargo senza scampo. E il metodo: tutto per decreto e voto di fiducia. E poi, più sventata di tutto: la stagione.

Dalla Finanziaria in qua, è stata una sequela di provvedimenti annunciati e parzialmente attuati in piena estate, quando la moglie e soprattutto i figli sono in vacanza, e si riceve un consenso vastissimo presentando i programmi di governo a Cortina d’Ampezzo. Però poi la moglie, e specialmente i figli, tornano dalle vacanze, e si chiedono come mai non se ne sia fatto nessun conto. Per giunta trattandosi della scuola, cioè dell’affare che riguarda pressoché senza eccezioni tutti i cittadini, stranieri compresi. (Per i quali si trova il modo di decretare classi differenziate, che magari, soprattutto dove le cose funzionano grazie all’iniziativa e al buon senso dei veri responsabili, esistevano già di fatto in modo da sanare le differenze di conoscenza della lingua, di ambientazione eccetera, ma senza il madornale compiacimento di cambiarne per legge il nome, perché in questo caso il nome è la sostanza).

Il tono perentorio, e progressivamente ultimativo, del suo ministro dell’Istruzione sconcertava chi, come me, pensa che il sonno dei giovani sia sempre tutt’al più un dormiveglia. Lo si poteva attribuire a una insicurezza travestita da sicumera. Chi può chiedere a un ministro imprevisto, giovane e per di più - gran pregio - donna, di presentarsi dichiarando: "Non so dove sbattere la testa, cercherò di sentire in giro e di farmi un’idea, e di fare del mio meglio"? (Ma sarebbe bello, eh?).

Forse però non è inevitabile scegliere il tono opposto, perché il napoleonismo gonfia lì per lì i sondaggi, ma fa arrabbiare la gente. E lei ammetterà che quello che sta succedendo nel famoso mondo della scuola - cioè nel mondo - è un esempio piuttosto singolare di divorzio fra i sondaggi e la gente. Per così dire, i sondaggi si muovono in verticale, la gente in orizzontale.

Vedo che le cronache di ieri si sono soffermate su un errore di pronuncia del ministro, come già prima su una sua predilezione concorsuale per la Magna Grecia: errori veniali, direi, per un ministro, e in genere per una persona, che sia lì anche per imparare e migliorare. Ma usare il termine "terrorismo" a proposito della corrente mobilitazione della scuola, quello è un errore blu.

Ora lei, Silvio Berlusconi, ha deciso di dare man forte a questi toni, e anzi li ha rincarati più volte, avvertendo che occupazioni scolastiche, sit-in eccetera non sarebbero stati più tollerati, e finalmente proclamando l’invio della polizia. L’ha detto con una frase degna del maresciallo Radetzky, se il maresciallo Radetzky fosse stato cattivo come si dice, e Maroni fosse stato il suo attendente: "Gli darò - al ministro Maroni - istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell’ordine".

Lei è animato dalle migliori intenzioni, immagino, a cominciare dalla fedeltà alla sua giovinezza di scolaro "modello e diligentissimo". Ma non occorre essere particolarmente discoli per voler bene alla scuola pubblica, e in particolare per voler avere una voce nel capitolo del proprio futuro. Non so perché un uomo esorbitante di buonumore com’è lei non dà un’occhiata disinteressata a strade e piazze di questi giorni e non si congratula della magnifica varietà di facce colori telefonini e parole, gran contraltare all’uniformità dei grembiulini (firmati, eh, griffati!) e alle disciplinate code per il casting. Un enorme casting per il futuro prossimo e remoto, diciamo.

Buonumore, davvero. Altro che ricominciare con la storia della strumentalizzazione. Ai ragazzi non piace che li si offenda dicendoli strumentalizzati, e da chiunque: non sono mica scemi, e nemmeno adulti in via di formazione. Sono persone, solo un po’ più agili. Non vorrei essere indiscreto, ma ha provato a chiedere ai suoi ragazzi che cosa pensano della polizia nelle scuole? Anzi: ha provato a chiedere alla polizia?

Lei ha questa immagine di ottimista e compagnone. È il punto debole di chi vuole paragonarla al suo amico Putin. È difficile immaginarla sul tatami dell’arte marziale mentre stende un docile collega del Kgb alto il doppio, o mentre tiene un piede sulla schiena della tigre siberiana appena sgominata. E perché vuole rovinarsi la reputazione? Vuole stanare scolari studenti e rettori fin dentro i cessi? (Attenzione: è una citazione putiniana).

Lei è uscito quasi indenne perfino da una tragedia come Genova 2001, e ancora la si associa, più che alla morte di un giovane o alle torture di Bolzaneto, alla scelta delle fioriere. E adesso? "Non retrocederò di un centimetro - ha detto ieri - avete quattro anni e mezzo per farci il callo". Mah. Quattro anni e mezzo sono lunghi, per ciascuno di noi. E quell’impegno a non retrocedere, come se ci fosse qualcosa di male - mai bruciarsi i vascelli alle spalle - uno ha l’impressione di averlo già letto, da piccolo, dipinto su un muro di qualche casa diroccata dal bombardamento. Retroceda, dia retta a me.

Bene, fin qui abbiamo chiarito la questione dell’edilizia scolastica. Veniamo ora all’edilizia carceraria. Avrà saputo anche lei che nelle galere italiane si sta come d’autunno su un lastrico di topi. Ora lei non deve preoccuparsi che gli uomini-topo insorgano, e divampi l’incendio delle prigioni e lo spettacolo dei dannati arrampicati sui tetti, dell’epoca in cui lei era diligentissimo e io no. Queste sono minacce agitate a fin di bene da quanti hanno il cuore spezzato dall’infamia della situazione carceraria, compresi molti carcerieri (eppure lei dovrebbe rimpiangere di non averci passato almeno una notte), che non sanno più quale argomento escogitare per ottenere un po’ di ascolto.

Ma non è vero: non ci saranno - anch’io posso sbagliare, va da sé - non ci saranno rivolte e grandi scioperi delle carceri, perché il loro è oggi un popolo di vinti e di divisi, di schiacciati. In pochissimi hanno la forza di rivendicare un diritto, fosse anche una branda al posto di un materasso lurido sul suolo: in tanti chiederanno più spesso qualche goccia in più di psicofarmaco, o si tagliuzzeranno le braccia e la pancia. Non c’è da preoccuparsene, dunque, per il momento. Ma ammettiamo invece che si mandi massicciamente - (per forza, perché è bastato che lei lo annunciasse per moltiplicare per dieci la mobilitazione delle scuole, figuriamoci quando cominciassero ad arrivare le botte) dunque che si mandi massicciamente la polizia nelle università e nelle scuole medie superiori, e magari in quelle dell’obbligo occupate dalle mamme eccetera, la polizia farà le seguenti cose: darà un po’ di manganellate sulle file più a portata di mano, porterà fuori da qualche aula di peso studenti e studentesse - "Non mi tocchi! Metta giù le mani!", "Beh, allora cammina!" - e li depositerà fuori, salvo ricominciare un’ora dopo. Farà delle vere cariche con regolare preavviso, feriti, referti, eccetera. (Non voglio evocare conseguenze peggiori).

Ma in ogni caso all’intervento della polizia deve seguire quello della magistratura, come al fulmine segue il tuono: e nell’una e nell’altra sequenza tanto si interverrà e tuonerà che pioverà. La pioggia sono scolari studenti ricercatori precari e, perché no?, qualche docente di ruolo messo in galera.

Nel ‘68 i denunciati furono tante migliaia in pochi mesi che si dovette sbrigarsi a fare un’amnistia, e gli incarcerati fecero la loro parte. Ecco, scusi il cortocircuito finale del mio tema, rivelato il legame fra scuola e galera. Una volta arrivati nelle galere questi nuovi inquilini, impareranno presto la lezione (la galera non è più l’università del crimine di una volta, ma una specie di Cepu dell’illegalità sì) e ancora più presto la impartiranno. Tetti e muri carcerari torneranno a vacillare, e fuori migliaia di telefonini fotograferanno tutto. All’edilizia carceraria sarà finalmente riconosciuta l’emergenza che le spetta, come nei terremoti. Dica la verità: non è a questo che lei aveva pensato, vero?

Lombardia: Pagano; le carceri scoppiano, utilizziamo gli ex Cpt

 

Agi, 24 ottobre 2008

 

"A san Vittore non è tanto il problema della permanenza, il problema è il turnover: i dati dicono che molti detenuti nel giro di pochi giorni escono, quindi noi investiamo risorse che non tornano come dovrebbero. A san Vittore ci sono 1.500 detenuti e ogni mese ne transitano sei-settemila". Lo ha detto il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia, Luigi Pagano, a margine della cerimonia per la celebrazione della festa annuale della polizia provinciale penitenziaria a San Vittore, in merito alla situazione di sovraffollamento del carcere cittadino.

"Su 100 detenuti, poniamo, il 40 per cento esce nel giro di qualche giorno - ha aggiunto pagano - ma nel frattempo ne arrivano altri. Sono quindi investimenti che non tornano in termini di sicurezza, trattamento o quant’altro". La soluzione possibile è o tornare agli "ex cpt o, come ha detto il ministro, rimpolpando le camere di sicurezza e aspettare il momento della convalida piuttosto che farli circolare in carcere aggravando la struttura". Ma non è solo san Vittore ad avere problemi di sovraffollamento, ha sottolineato pagano. "a bollate ci sono 300 agenti e 800 detenuti; a opera 600 agenti e 1300 detenuti, tra cui sessanta 41bis, e Monza, che è una struttura nuova, può contenere 400 detenuti e ce ne sono 800".

 

Expo sia utile per reinserimento detenuti

 

"Il programma del ministro Alfano va benissimo, nel medio e lungo termine, ma credo si possa fare già qualcosa oggi. Per esempio l’Expo potrebbe essere un utile veicolo per il lavoro dei detenuti, sia all’interno sia all’esterno del carcere". Lo ha detto il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria della Lombardia, Luigi Pagano, a margine della cerimonia per la celebrazione della festa annuale della polizia provinciale penitenziaria a San Vittore, in merito alla situazione delle carceri milanesi afflitte da un endemico problema di sovraffollamento.

Piemonte: Muliere (Pd); istituire Garante regionale dei detenuti

 

www.cronacaqui.it, 24 ottobre 2008

 

Lunedì, il sindacato di Polizia Penitenziaria Osapp ha lanciato l’allarme, denunciando che, all’interno del carcere Lorusso e Cotugno 40 detenuti dormivano per terra. E ieri mattina, il capogruppo del Pd in Regione, Rocchino Muliere, si è recato alle Vallette per verificare la situazione di persona. Accompagnato da Maria Pia Brunato, garante per i diritti dei detenuti del Comune di Torino, ha visitato i settori più critici, tra cui quello per i "nuovi giunti", e incontrato Pietro Buffa, il direttore. "Ho potuto verificare - spiega Muliere - l’impegno di Buffa e dei suoi collaboratori di fronte a una difficile situazione che comunque, per quanto riguarda il disagio di chi era costretto a dormire per terra, sembra avviarsi a soluzione con l’approntamento di nuovi posti letto".

Le misure con cui si tenta di far fronte all’emergenza, però, da sole, non bastano. Perché il sovraffollamento, sostiene il capogruppo Pd, è divenuto un problema "fisiologico". Per rendersene conto, basta guardare i numeri. Ieri mattina, all’interno di una struttura che dovrebbe ospitare 932 detenuti, ce n’erano 1.439, 792 dei quali stranieri. 1.353 gli uomini, 86 le donne. Cifre che fanno paura. Soprattutto se confrontate con quelle dei mesi scorsi, che mostrano come le presenze aumentino in modo costante. Il primo ottobre i detenuti erano 1.385, il primo settembre 1.342, il primo agosto 1.308.

I numeri, però, da soli dicono poco sui motivi alla base del "tutto esaurito". "L’indulto ha cessato i propri effetti - sostiene Muliere - ma questa non è l’unica causa. Dal colloquio con Buffa ho appreso che questa situazione di "emergenza fisiologica" dipende anche dal fatto che molti arrestati, dopo massimo 96 ore, tornano in libertà. Per lo più si tratta di stranieri arrestati per violazioni sulle leggi che regolano il soggiorno che, passati tre giorni, tornano fuori". È quello che il ministro Alfano ha definito "un effetto "porta girevole" che genera ingressi conseguenti ad arresti che, subito dopo la convalida, si risolvono con "forme premiali"". Il ministro della Giustizia ha allora chiesto che gli imputati dei processi per direttissima restino nelle questure e nelle stazioni dei carabinieri. Richiesta che per il momento, almeno a Torino, è rimasta inascoltata.

Altra questione, è quella relativa all’impiego della misura carceraria in sé. "Il sovraffollamento fisiologico richiede di trovare soluzioni organiche, attraverso una politica nazionale che riduca i tempi della giustizia e valorizzi le pene alternative al carcere per i reati più lievi. Il carcere non può essere utilizzato come una discarica sociale, né i problemi della sicurezza possono essere trasformati in spot propagandistici da utilizzare in campagna elettorale, per dimenticarsene una volta al governo. Per questo chiedo al ministro di occuparsi seriamente della situazione carceraria". Anche la Regione, comunque, può e deve fare la sua parte. "In Piemonte - conclude Muliere - credo sia necessario arrivare all’approvazione del provvedimento che istituisce il garante dei detenuti, di cui sono primo firmatario, e che giace fermo da mesi nell’aula del Consiglio regionale".

Trieste: una detenuta incinta di 7 mesi è in sciopero della fame

di Guido Barella

 

Il Piccolo, 24 ottobre 2008

 

Giuliana De Nigris è ancora in isolamento nella sezione femminile del carcere del Coroneo di Trieste. Una decisione assunta dal sostituto procuratore della Repubblica di Gorizia Fabrizio Suriano per, in qualche maniera - come egli stesso ha spiegato al legale della difesa -, renderle meno duro l’impatto con la realtà carceraria oltre che per evitare ogni forma di contatto con l’altra donna arrestata, Rosa Rambetti, o, anche, eventuali minacce da parte di altre detenute.

Una decisione che, però, sta provando in maniera significativa la pittrice accusata di essere la mandante del pestaggio del marito rivelatosi poi un agguato mortale. Giuliana De Nigris è completamente da sola in una delle otto celle del braccio femminile del carcere, non può vedere la televisione, gode dell’ora d’aria in un momento diverso rispetto alle altre 20 detenute e non può nemmeno cucinarsi da sola da mangiare. Peraltro, in carcere sta praticamente digiunando. La sua cella ha anche spesso lo spioncino della porta completamente chiuso (peraltro pur in queste condizioni la cella è controllabile in qualsiasi momento dalle agenti della Polizia penitenziaria).

Il legale della donna, l’avvocato Gabrio Laurini, sintetizza il quadro relativo alla sua assistita in due parole: "Sta malissimo". E l’unico conforto che la donna ha sono gli incontri con il cappellano del carcere. Cappellano con il quale si confida anche Rosa Rambetti, che invece è stata accolta in una cella che divide con altre due detenute.

Il suo particolare stato (è al settimo mese di gravidanza) non si concilia però con la detenzione in un carcere come quello di Trieste: nel caso dovesse venire confermata anche nel prossimo futuro la misura cautelare in carcere, nei suoi confronti potrebbe quindi scattare il trasferimento alla Giudecca di Venezia, carcere solo femminile e quindi più attrezzato per venire incontro alle donne anche in situazioni particolari come una gravidanza tanto avanzata.

Ieri nel carcere triestino sono entrati per una visita i consiglieri regionali del Partito democratico Franco Brussa e Giorgio Baiutti, il quale è anche esponente dell’associazione Ora d’Aria e da sempre si occupa della situazione dei detenuti e delle carceri in regione. Ovviamente non hanno potuto incontrare la De Nigris in virtù del suo stato di isolamento mentre hanno visto Rosa Rambetti, verificando comunque la situazione di entrambe con il direttore del carcere e con il personale di sorveglianza. Intanto, l’avvocato Laurini presenterà questa mattina l’istanza di scarcerazione per Giuliana De Nigris al Tribunale del Riesame. "Ormai non sussistono più quelle motivazioni che possono richiedere la conferma della custodia cautelare in carcere" spiega. Attende invece ancora di verificare tutti gli atti a disposizione la difesa di Rosa Rambetti.

Campania: "osservatorio" sulla detenzione e guida per detenuti

 

Ansa, 24 ottobre 2008

 

"Di fronte alla realtà carceraria italiana e campana afflitta da problematiche molto gravi, il Consiglio regionale della Campania ha compiuto una scelta di grande responsabilità e impegno con la costituzione dell’ufficio del garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale e osservatorio regionale sulla detenzione". Con queste parole il presidente del Consiglio regionale della Campania, Sandra Lonardo, ha presentato il programma di iniziative dell’ufficio costituito dal Consiglio con legge regionale 18/2006, su proposta dell’ex consigliere regionale Luisa Bossa, oggi parlamentare.

All’incontro hanno preso parte il titolare dell’ufficio, Adriana Tocco, il presidente della VI commissione consiliare Francesco Casillo, il questore alle finanze del Consiglio regionale, Antonio Amato, il capogruppo di Sd Antonio Scala, ed esponenti dell’associazionismo, del mondo cattolico, della Polizia penitenziaria.

"Con l’istituzione delle figure del Garante dell’infanzia e dell’adolescenza e dei detenuti - ha aggiunto Lonardo - il Consiglio regionale della Campania, grazie al contributo di maggioranza e opposizione, ha voluto, ancora una volta, tentare di fornire, attraverso l’attività legislativa, una risposta a problematiche sociali. Occorre, adesso, continuare a lavorare insieme, per riuscire a coinvolgere attivamente e costruttivamente tutte le realtà associative, gli enti, gli operatori, i medici, gli educatori che si occupano di questioni legate alla detenzione. La legge, non a caso, ha previsto la creazione, nell’Ufficio del Garante, di un Osservatorio sulla detenzione, un organismo composto, appunto, da chi quotidianamente vive e lavora nel mondo delle carceri".

"Si tratta di scelte coraggiose - ha sottolineato Lonardo - di norme di grande civiltà giuridica, sicuramente lungimiranti. La Campania, sul fronte della difesa dei diritti dei bambini e dei detenuti è tra le prime in Italia. Non a caso, sia il governo Prodi che l’attuale governo Berlusconi hanno annunciato di voler istituire figure di garanzia analoghe su scala nazionale".

"Il dossier sullo stato della detenzione in alcuni istituti penitenziari italiani pubblicato dal Corriere della Sera è agghiacciante - ha detto Tocco - perché fa emergere situazioni di detenzione, purtroppo molto diffuse, che confliggono con le norme della Costituzione in materia di diritti inviolabili degli individui e del principio di cui all’art. 27 secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, che finiscono anche con il compromettere la finalità rieducativa della pena stessa".

"Il rispetto e la tutela di questi diritti costituisco la unità di misura del grado di civiltà di un Paese ed è evidente che in Italia, e particolarmente in Campania, c’è tanto da fare in questo campo - ha proseguito Tocco -. Per questo l’ufficio del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale metterà in campo una serie di iniziative, in collaborazione con le Istituzioni, con la magistratura di sorveglianza, con la polizia penitenziaria e con le associazioni operanti nel settore, per entrare nel mondo carcerario, verificarne le problematiche e individuare gli strumenti volti a risolverle, a cominciare dalla tutela del diritto alla salute dei detenuti e della tutela delle madri carcerate: fino a quando un bambino sarà presente in un istituto di pena, questo Paese non potrà dirsi veramente civile".

Il presidente della VI Commissione, Francesco Casillo, ha evidenziato come gli effetti dell’indulto si siano esauriti e le carceri siano nuovamente sovraffollate. "In queste condizioni - ha sottolineato - non possono essere garantiti ai detenuti i diritti fondamentali, come quello alla salute; su questo quadro occorre che le istituzioni intervengano per sostenere le iniziative del garante al fine di dare risposte concrete al mondo carcerario, sia per quanto riguarda le problematiche dei detenuti che degli agenti di polizia penitenziaria".

 

Una guida per i detenuti

 

Una piccola pubblicazione, una guida che raccoglie obblighi, funzioni e obiettivi dell’Ufficio del Garante dei detenuti della Campania sarà tradotta presto in più lingue per essere facilmente consultabile dagli immigrati stranieri ed extracomunitari che affollano le carceri. È la novità più significativa emersa oggi nel corso della presentazione del programma di iniziative dell’Ufficio costituito dal Parlamentino campano con apposita legge regionale (la 18/2006), su proposta dell’ex consigliere regionale Luisa Bossa, oggi deputata del Pd.

Udine: direttore; mancano soldi per sezioni donne e semiliberi

 

Messaggero Veneto, 24 ottobre 2008

 

Direttore Francesco Macrì, quanti sono al momento i detenuti della Casa Circondariale di via Spalato?

"Oltre 180, a fronte di una capienza di 160 circa. Gli agenti impegnati sono 127, cui si aggiungono 8 impegnati nei servizi esterni".

 

Numeri che ci riportano alla situazione pre-indulto, quando si rimarcavano a più riprese difficoltà dovute a sovraffollamento e carenza di almeno venti unità tra gli agenti.

"In effetti stiamo rapidamente raggiungendo quei picchi che erano di 190 detenuti. E pensare che il provvedimento aveva abbassato la quota a non più di 70 persone. Molti ci mettono piede per la prima volta e in larga parte si tratta di stranieri. Certo, i problemi ci sono, ma non possiamo dire che la situazione sia poi così grave".

 

Tra l’altro, queste difficoltà ostacolano rieducazione e reinserimento.

"Che restano tra i principali obiettivi che intendiamo conseguire grazie al determinante contributo del volontariato e del privato sociale".

 

Intanto, sta finendo il 2008 e non si parla ancora dell’ala destinata alla sezione femminile, con le detenute che continuato a essere trasferite al Coroneo di Trieste.

"Sì, purtroppo il progetto è pronto da tempo, ma non ci sono i fondi per far partire i lavori. Oltre alla sezione donne, attendiamo l’area per la semilibertà e altri spazi che consentirebbero di completare le attività di contorno necessarie a offrire dignità e reinserimento ai nostri detenuti".

Bolzano: Berselli (Pdl); carcere vergognoso, costruirlo nuovo

 

Alto Adige, 24 ottobre 2008

 

Appena rientrato a Roma dalla visita a Bolzano, il presidente della Commissione giustizia del Senato ha presentato un’interrogazione al ministro Alfano. Tema: "La vergognosa situazione in cui versa la casa circondariale nel capoluogo altoatesino".

Filippo Berselli, senatore Pdl, ricorda poi "la limitata area del cortile, una situazione critica anche per gli agenti della polizia penitenziaria che vivono la medesima situazione dei detenuti". Berselli ha informato della realtà carceraria a Bolzano anche il direttore del dipartimento amministrazione penitenziaria, Franco Ionta. Nell’interrogazione si chiede di accelerare l’accordo con la Provincia di Bolzano per realizzare un carcere moderno.

Anche il deputato del Pdl, Giorgio Holzmann, ha avuto una serie di colloqui a Roma sulla vicenda del nuovo carcere di Bolzano. Con un’interrogazione ha sollecitato il ministero a dare corso alle intese intercorse con la Provincia autonoma di Bolzano, ma ha avuto pure una serie di colloqui con lo stesso Berselli, con il sottosegretario alla Giustizia, Alberti Casellati (che ha la delega in materia di edilizia penitenziaria) e con il ministro della Giustizia, Alfano.

"Tutti si sono dichiarati molto disponibili ad affrontare l’annosa questione", afferma Holzmann. "Non sussistono difficoltà tecniche per l’area a sud di Bolzano, ma neppure sotto il profilo economico. Infatti il costo della realizzazione (tra i 60 e gli 80 milioni di euro), sarebbe sostenuto quasi totalmente dalla Provincia che in cambio otterrebbe alcune aree demaniali dismesse", conclude Holzmann. Berselli aveva poi promesso anche il suo interessamento sul tema dell’accorpamento degli uffici giudiziari.

"Prendo atto con piacere dell’impegno che il senatore Berselli - nella sua veste di presidente della commissione giustizia del Senato - ha assunto pubblicamente, dichiarando di voler intervenere presso il governo affinché venga realizzato a Bolzano il progetto del polo giudiziario". Ad affermarlo è il senatore Oskar Peterlini, eletto da Svp e Pd. "Tengo, tuttavia, a ricordare che chi tagliò i fondi a questo progetto fu proprio il governo da lui appoggiato. Tengo anche a sottolineare che al solo annuncio di questo taglio la deputata del Pdl Michaela Biancofiore se ne rallegrò pubblicamente", conclude Peterlini. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Christian Dorigatti e Giuseppe Marino dell’Idv.

Pisa: un libro di testimonianze sui corsi professionali in carcere

 

Il Tirreno, 24 ottobre 2008

 

Detenuti: persone che, terminata la loro pena, hanno la necessità e il diritto di poter percorrere una strada per il pieno reinserimento sociale. A tale obiettivo guardano le esperienze condotte in questi anni su iniziativa congiunta di istituzioni locali e carcerarie per lo svolgimento, all’interno degli istituti penitenziari della nostra provincia, di corsi di formazione con i quali maturare bagagli professionali "spendibili" una volta riacquisita la libertà.

Oggi c’è una pubblicazione, dal titolo "Testimonianze dal carcere". Raccoglie la voce di alcuni di coloro che hanno preso parte a due di questi corsi organizzati al Don Bosco: il primo, dal titolo "Dolce e salato", riguardante il lavoro di panificazione e pasticceria; il secondo, "Belle dentro", incentrato sull’arte della sartoria e del design di capi d’abbigliamento.

Il volume è stato presentato dagli enti promotori delle iniziative: per la Provincia l’assessore al lavoro Anna Romei; per il carcere il direttore Vittorio Cerri; per le agenzie formative che hanno organizzato le attività Stefania Galli (Consorzio Copernico; l’altra è la Urban Valdera). Insieme a loro i rappresentanti di altre due realtà storicamente attive su questo fronte: Paolo Pierazzini del Teatro Lux e Armando Punzo, direttore di Carte Blanche, che a Volterra promuove la "scuola" dei detenuti attori del Maschio.

"Dolce e salato", realizzato dal Consorzio Copernico, ha coinvolto 15 uomini e 15 donne che hanno appreso il mestiere della produzione di pane, pasticceria e prodotti di pizzeria. L’altro corso "Belle dentro", gestito da Urban Valdera, ha visto le 6 partecipanti imparare la tecnica dell’elaborazione di cartamodelli per realizzare capi di abbigliamento, insieme a tutte le nozioni occorrenti a un’aspirante stilista: scelta dei tessuti, misurazioni, cucitura. Quanto al futuro, nel piano formativo 2008-09 saranno finanziati altri tre corsi del genere.

Bologna: botte tra agenti alla Dozza, condanna per assistente

di Francesco Mura

 

Il Bologna, 24 ottobre 2008

 

Una banale lite per motivi di lavoro, le prime offese, le urla e infine l’aggressione del proprio subalterno con calci e pugni fino a farlo finire in ospedale. Da qui la denuncia, il processo e la condanna per il superiore violento a quattro mesi di reclusione, risarcimento danni e all’interdizione dai pubblici uffici per quattro mesi. Sembra una delle tante storie di "bullismo" da strada, di quelle che in questi ultimi tempi riempiono le cronache delle nostre città.

Invece l’episodio nasce e si consuma dentro il carcere della Dozza e i protagonisti, al contrario di quello che si potrebbe pensare, non sono i detenuti. Vittima e aggressore, infatti, sono due agenti di polizia penitenziaria in servizio nel carcere della Dozza Forse è proprio per questo che, nonostante l’interdizione dai pubblici uffici e i rischi che potrebbero derivarne dalla loro vicinanza, sono nuovamente a lavoro uno di fianco all’altro.

L’episodio, che ha visto protagonisti B. F., napoletano di 40 anni, assistente in servizio presso il nucleo traduzioni, e S.G., 39 anni, nonostante la sentenza del Tribunale di Bologna sia di qualche giorno fa, si svolge intorno alle 7 dell’11 di novembre del 2005 quando B. F. si intromette in un colloquio chiarificatore tra S. G. e un altro collega con il quale che discute su un servizio di scorta.

Una discussione nella quale B. F. non c’entra nulla ma, forte del suo grado superiore, inizia ad offendere S. G. definendolo "pagliaccio e poco di buono". Dalle parole ai fatti il passo è breve. B.F., infatti, s’avventa contro S. G gettandolo a terra e colpendolo con calci e pugni. Una furia fa finire il malcapitato in ospedale dove i medici riscontrano i segni della violenza.

I due vengono sospesi ma S.G., dopo l’inchiesta interna avviata dal comandante, decide di querelare il suo superiore. Un’azione alla quale B. F. risponde querelando, a sua volta, S. G per aver raccontato "falsamente (al comandante ndr.) di essere stato preso a calci e pugni" e per essersi poi recato al Pronto Soccorso per "precostituirsi in tal modo la documentazione sanitaria da porre a base di una sua infondata e pretestuosa richiesta di condanna".

Secondo B.F., infatti, non ci sarebbe stata nessuna aggressione ma solo una scivolata accidentale dopo alcuni reciproci spintoni. A sostegno della sua tesi, non sapendo che nel frattempo un altro collega che aveva assistito alla scena aveva relazionato il tutto al comandante, indica anche alcuni colleghi. Il suo piano, però, fallisce davanti al giudice il quale, alla fine, lo condanna quattro mesi di reclusione, al pagamento delle spese processuali, al risarcimento danni all’interdizione dai pubblici uffici per quattro mesi. Condanna, quest’ultima, rimasta solo sulla carta. Anzi, il funzionario non è stato nemmeno sanzionato. Come mai?

Forlì: agente denunciato per molestie sessuali è sotto processo

 

www.romagnaoggi.it, 24 ottobre 2008

 

È imputato di violenza sessuale nei confronti di alcune detenute. È iniziato mercoledì, in un’aula del tribunale di Forlì, il processo che vede come attore principale un agente della polizia penitenziaria. L’episodio risale ad una calda notte di luglio del 2005. L’uomo è accusato di essersi recato nella sezione femminile del carcere di Forlì nonostante fosse stato richiamato da alcune colleghe. Poi avrebbe "perquisito" una detenuta, appena rientrata da un permesso.

Quella sera l’imputato, 50 anni, era il responsabile della sorveglianza. Secondo la testimonianza di alcune detenute, l’uomo le avrebbe palpeggiate infilando le mani attraverso le grate delle celle. Ma inoltre avrebbe anche "perquisito" una detenuta, appena rientrata da un permesso. L’agente ne avrebbe approfittato per palpeggiarle il seno.

Il 50enne, difeso dall’avvocato Pier Paolo Benini, nega tutto. L’agente, inseguito alla denuncia presentata dalle tre detenute, è stato poi trasferito al carcere di Ravenna. Nell’udienza di mercoledì non si sono presentati alcuni testimoni. Per questo motivo il tribunale collegiale, presieduto da Orazio Pescatore, ha deciso per il rinvio al prossimo 16 dicembre.

Bologna: senzatetto multato di 700 euro per i cartoni in strada

di Gian Basilio Nieddu

 

Il Bologna, 24 ottobre 2008

 

Troppi i cartoni,i carrelli le cianfrusaglie al seguito di Fabio (nome di fantasia) in quella panchina di San Francesco tanto da infastidire, dopo mesi, un commerciante che ha chiamato i vigili. Arrivano gli agenti della municipale e con le armi del codice della strada, (più precisamente l’articolo 21), contestano al clochard una multa di ben 740 euro. Una maxi sanzione che al senza fissa dimora non fa né caldo né freddo.

Il senzatetto, 54 anni originario di Pistoia ma da anni in città, è stato multato perché ha depositato sul suolo pubblico suoi "beni" senza autorizzazione come prescrive l’articolo che punisce "opere, depositi e cantieri stradali non autorizzati, anche temporanei, che avvengano su aree destinate alla circolazione o sosta di veicoli e pedoni".

Per di più Flavio è stato denunciato per la sua presenza a Bologna nonostante il foglio di via emesso dal Questore. La notizia della mega sanzione è stata resa nota ieri mattina dall’agenzia Dire e non sono mancati, anche perché richiesti, commenti. A iniziare dal direttore della Caritas, Paolo Mengoli: "Sono meravigliato della notizia anche perché il comune non incasserà i soldi e non si risolve il problema - spiega Mengoli - mi ricorda la storia di Mimmo Cavallo il fisarmonicista che si spostava di piazza in piazza che poi alla fine accettò di andare al dormitorio".

Ovvero più che le multe serve dialogo e comprensione perché: "le multe sono inutili. Non si pagano e per queste persone non si risolve il problema - spiega Leonardo Tancredi, direttore di Piazza Grande - anzi, se riescono a migliorare la loro condizione e trovano un lavoro hanno dietro i creditori. A volte sono debitori per migliaia di euro e si trovano con lo stipendio ridotto e con il rischio di ricadere nella povertà".

Gli Avvocati di strada conoscono bene il problema visto che sono in tanti a rivolgersi loro perché oberati da cumuli di multe: "per questo chiedono una sorta di sanatoria". Flavio in ogni caso non sembra preoccupato visto che è la seconda maxi multa, la prima in piazza Santo Stefano, che prende dai vigili. In piazza San Francesco stato utilizzato il codice della strada, e non l’ordinanza anti bivacco, perché: "È stata la mole di cianfrusaglie accumulate riferiscono i vigili all’agenzia che ci ha fatto pensare di contestargli il deposito di materiali. Quando gli chiediamo perché si porti dietro tutto ci risponde che deve fare la selezione".

Interviene anche Amalia Lamanna, avvocato del clochard, che dice: "La prima impressione di grande perplessità sulla scelta dei Vigili di appellarsi all’articolo pensato per punire "depositi" e "cantieri stradali" non autorizzati. Parlare di "deposito" di materiali per tre cartoni, un carrello mi sembra un’interpretazione un po’ eccessiva". Il poeta e filosofo, come lo definisce Lamanna, anni fa aveva rifiutato ospitalità in dormitorio.

Immigrazione: nessuna limitazione a cure mediche clandestini

 

Vita, 24 ottobre 2008

 

Lo ha assicurato il Sottosegretario Eugenia Roccella intervenendo a un convegno dell’Unicef: i medici non saranno tenuti a fare alcuna segnalazione.

"Non ci saranno svolte di nessun tipo, lo dico chiaramente, e nessuna modifica che riguardi l’articolo 35 del testo unico sull’immigrazione. L’accesso alla sanità deve continuare ad essere un diritto per tutti". Ad annunciarlo è Eugenia Roccella, sottosegretario del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, intervenuta ieri mattina a Roma alla presentazione dell’iniziativa "Tu e il mio bambino-prime guide multilingue dalla parte dei più piccoli" promossa dalla GlaxoSmithKline con il patrocinio dell’Unicef.

"Non permetterò - ha continuato la Roccella - che si tocchi in particolare il comma 5", quello cioè che prevede l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero non in regola senza alcun tipo di segnalazione all’autorità da parte dei medici e che la Lega Nord ha chiesto di abrogare. Il sottosegretario ha stabilito come prioritario il rinnovo dei consultori "perché così è più facile, anche per gli immigrati, accedere a cure basilari".

"Il momento storico purtroppo - ha affermato - non permette di avere a disposizione molti fondi per il sociale. I tagli della finanziaria sono giustificabili vista la crisi finanziaria in atto, ma questo Governo, appena sarà possibile, avrà tra le priorità la sanità e la famiglia. Ammetto che il mio è un compito arduo, fare politiche sociali senza avere grosse risorse economiche è davvero difficile".

Droghe: Giunta regione Piemonte respinge Odg su narco-sale

 

Notiziario Aduc, 24 ottobre 2008

 

Ieri Domenico Massano (giunta di segreteria Associazione Radicale Adelaide Aglietta) e Carlo Verra (Presidente Coordinamento Comitati Spontanei Torinesi) hanno presentato presso l’Ufficio URP del Municipio di Torino una petizione rivolta al Sindaco Sergio Chiamparino (ai sensi dell’art. 13 dello Statuto Comunale), contenente le seguenti richieste: istituire immediatamente un tavolo di lavoro attorno al quale, oltre al Prefetto ed ai responsabili delle forze dell’ordine, siedano anche i responsabili dei servizi socio-sanitari operanti sul territorio ed i responsabili del C.C.S.T. (Coordinamento Comitati Spontanei Torinesi), e di altri Comitati e/o di associazioni in rappresentanza dei cittadini, per definire ed attuare una strategia di intervento capace di governare efficacemente il fenomeno "tossicodipendenze" a Torino; affidare a tale tavolo la definizione di un programma operativo per la sperimentazione a Torino di sale del consumo; riattivare l’Agenzia comunale per le tossicodipendenze (quanti cittadini torinesi sono al corrente della sua esistenza e delle sue attività?), che deve diventare motore e volano delle politiche sulle tossicodipendenze in città.

Massano e Manfredi hanno dichiarato: Ieri sera, nel Consiglio Regionale del Piemonte, un Odg pro-narcosale presentato dai gruppi della sinistra è stato respinto a grande maggioranza (10 favorevoli, 13 contrari, 11 astenuti, 5 non votanti; in Consiglio Regionale, come in Senato, gli astenuti si sommano ai voti contrari). Il consigliere Chieppa (Comunisti Italiani) è recidivo; un suo odg sulla pillola abortiva, nel 2005, fu ugualmente respinto. Forse occorrerebbe, prima di andare al voto, accertarsi di non essere sconfitti in partenza. Per il resto, si è recitato in Consiglio Regionale lo stesso copione messo in scena a gennaio in Consiglio Comunale; sono state ancora una volta determinanti le astensioni del Partito Democratico, perché, naturalmente, "occorre approfondire"…

Noi domani riproporremo le nostre buone ragioni assieme ai rappresentanti dei cittadini che vivono ogni giorno sulla propria pelle i danni e i rischi del proibizionismo sulle droghe e che hanno deciso di dire SÌ a un intervento socio-sanitario, quello delle narcosale, che ha dimostrato nei fatti di saper coniugare l’aumento della salute per i cittadini tossicodipendenti all’aumento della sicurezza per tutti gli altri abitanti del quartiere, della città.".

Droghe: Olanda; chiudono i coffee-shop al confine con il Belgio

 

Notiziario Aduc, 24 ottobre 2008

 

Due città olandesi al confine col Belgio hanno annunciato che a partire da febbraio chiuderanno i coffee shop per "mettere fine alla seccatura di migliaia di turisti della droga francesi e belgi". In Olanda, infatti, la vendita di cannabis entro certi limiti è legale. Le due città, che hanno annunciato l’iniziativa con un comunicato, sono Roosendaal e Bergen-op-Zoom entrambe nel sud-est del paese. Gli otto coffee shop dei due comuni attirano ogni settimana circa 25 mila persone. ‘Il turismo della droga - spiega il comunicato - è il motore della criminalità legata agli stupefacenti e ha effetto negativo sull’ordine pubblicò. In attesa della chiusura definitiva, il limite di vendita giornaliero per persona sarà ridotto da cinque a due grammi di cannabis. Provvedimenti simili sono annunciati anche a Terneuzen, dove ha sede il più grande coffee shop del Paese, qui per maggio 2009 è annunciata una riduzione della quantità vendibile e degli orari di apertura.

Francia: giudici e avvocati chiedono le dimissioni del ministro

di Domenico Quirico

 

La Stampa, 24 ottobre 2008

 

Tribunali bloccati in tutta la Francia, migliaia di magistrati e avvocati furibondi e solidali che protestano rumorosamente davanti ai tribunali, con le due organizzazioni che li raggruppano, l’Unione che è maggioritaria e il sindacato della magistratura di sinistra per una volta uniti, evento rarissimo. E poi le prigioni dove crepita un orribile dramma quasi quotidiano: novantun suicidi dall’inizio dell’anno dietro cui si intravede una tragica protesta di massa contro una condizione diventata insostenibile per sovraffollamento e per mancanza di personale. Ma anche i guardiani sono incolleriti e sul piede della protesta, per gridare che non vogliono diventare gli unici colpevoli di questa strage.

Tutti hanno un’unica nemica: Rachida Dati, il ministro guardasigilli più incipriata della storia repubblicana, in dolce attesa, lei, la ex pupilla della diversità modello Sarkozy. Ora radiata dalle inclinevolezze dell’Eliseo. Le scagliano contro un’accusa che graffia perché non si limita a una dissonanza sulle scelte politiche e le riforme: è quella di essere arrogante, autoritaria, repressiva, incapace di spropriarsi dell’"io ho sempre ragione". Di essere un caporale che ha scambiato i tribunali per camerate di caserma, dove contano solo gli anni di punizione inflitti e i giudici sono scambiati per marmittoni renitenti da inquadrare con modi spicci. La Dati un tempo simpaticissima, di cui i settimanali trombettavano la "determinazione implacabile", si è trasformata in una strega.

Prima di buccinare un rigurgito di antifemminismo contro la riformatrice di successo è meglio descrivere le stazioni di questa resistibile discesa di una star della politica. I primi solchi li ha scavati certo la nuova carta giudiziaria che la Dati ha imposto al grido di "è la volontà del presidente", sopprimendo tribunali e preture e lasciando segni negli interessi di giudici e di avvocati. Ma c’è ben altro dietro la rivolta: come le convocazioni al ministero dei procuratori generali per chiedere conto della "mancanza di risultati", ovvero la scarsa applicazione di uno dei cardini della riforma voluta dal ministro (e dal presidente), l’aumento automatico delle pene per i recidivi. "E qui - dice Emmanuelle Perreux, che guida il Sindacato della magistratura - non si attaccano solo i magistrati ma la serenità del giudizio, uno dei meccanismi chiave della democrazia".

E poi ci sono le audizioni, in piena notte e con metodi spicci, di magistrati sottoposti a inchiesta interna; il rifiuto di discutere perfino i dettagli del suo riformismo forsennato, la mancanza di fondi. Insomma la giustizia chiede a Sarkozy di sbarazzarsene perché è lei il primo catastrofico problema della giustizia. Il presidente vorrebbe probabilmente dar loro soddisfazione. Poche settimane fa ha apertamente dichiarato il suo dispetto per l’infrollimento mondano del personaggio. Fino a pochi mesi fa nell’era bling bling alternare le zimarre Dior con la toga ministeriale e il toto-papà sui settimanali era graditissimo. Oggi in piena crisi economica, la Dati stona, è una Maria Antonietta del sarkosismo. La mannaia calerà con il rimpasto previsto con l’inizio del prossimo anno. I giudici le rimproverano di occuparsi soprattutto dei contorni dorati del suo personaggio. Emmanuelle Perreux sintetizza: "Siamo stufi di essere al servizio di un ministro che ragiona e decide solo in funzione di una strategia demagogica di comunicazione".

Ma il dossier più grave è quello dei suicidi in carcere. Gli ultimi due nel carcere di Draguignan li hanno salvati. Ma a Loos poche ore prima non ce l’hanno fatta, era notte, il detenuto di 52 anni era già morto. Il detenuto di Loos era la novantunesima vittima per suicidio in carcere quest’anno. Una mappa tragica che per il ministero è del tutto casuale e legata a cause individuali, ma dietro cui si intravede un’estrema protesta collettiva. Da collegare per esempio al sovraffollamento: 63.185 detenuti in rapido aumento per la mano di ferro sarkosista per meno di 51 mila posti. Nella prigione di Metz è stato un detenuto di sedici anni a impiccarsi. La Dati, fulminea, ha subito scatenato un’inchiesta amministrativa sui magistrati. Adesso indaga il consiglio superiore: per verificare se non cercavano un colpevole a tutti i costi.

Spagna: un "modulo penitenziario esterno" per madri detenute

 

Ansa, 24 ottobre 2008

 

È stato inaugurato oggi a Palma di Maiorca il primo modulo penitenziario esterno per madri detenute, che potranno vivere con i propri figli fuori dal carcere. Come ha spiegato il segretario di Stato alla sicurezza, Antonio Camacho nel corso della inaugurazione, si tratta del primo di 5 centri che si costruiranno in altrettante comunità entro il 2012, destinati ad ospitare complessivamente 200 minori, altrimenti costretti a vivere dietro le sbarre. Si tratta di appartamenti per l’accoglienza di 20 detenute con figli minori di tre anni ed è dotata, fra l’altro, di un ambulatorio pediatrico.

"È un tentativo di tirare fuori i minori di tre anni dalle carceri", ha spiegato Camacho in una conferenza stampa alla quale, secondo quanto riferisce l’agenzia Europa Press, erano presenti anche la segretaria generale di Istituzioni penitenziarie, Mercedes Gallizo, e il delegato del governo centrale a Palma, Ramon Socias.

Bambini che, spesso, dalla nascita non hanno conosciuto che i muri spogli delle celle, le uniformi della polizia carceraria e il rumore metallico delle porte di ferro automatiche. Ma che ora, nel nuovo centro pilota di Maiorca, potranno vivere in miniappartamenti, con lo spazio per giocattoli, un saloncino con un tavolo, il sofà e la culletta e perfino fornetti a microonde in cui le madri potranno scaldare il biberon.

"Ci saranno orari, ma non come in carcere, dove alle 7 del mattino suona l’appello - spiega il direttore del modulo esterno di Maiorca, Juan Fernando Diez -. Le porte non si chiuderanno automaticamente alle otto e mezza di sera e la madre potrà aprire e chiudere il suo appartamento dall’interno, alzarsi all’alba per scaldare il latte al bambino, cose che finora erano impensabili". Il nuovo centro è una prigione senza custodia, simile a un regime detentivo aperto. Come spiegano gli addetti ai lavori, "le norme di sicurezza saranno maggiormente orientate a impedire che nessuno entri". Per essere assegnate alle nuove unità esterne, le detenute si sono impegnate a seguire programmi di reinserimento, una volta finito il periodo di detenzione.

"Il modulo - ha spiegato la segretaria generale di Istituzioni Penitenziarie, Mercedes Gallizo - è un progetto educativo nel quale le detenute apprendono anche ad essere responsabili dei propri figli". Secondo la normativa vigente, i minori possono restare in carcere con le madri detenute fino ai 3 anni. Ma la Gallizo ha in programma di elevare l’età a sei anni, com’era previsto dalla precedente normativa in vigore fino al 1996. A partire da oggi, i bambini che andranno nel centro di Maiorca con le proprie madri potranno uscire la mattina per recarsi all’asilo, come tutti gli altri coetanei e tornare a casa nel pomeriggio. Ed avranno una rete di appoggio sociale su cui contare. Non dovranno alzarsi alle 7 per la conta e non saranno costretti a vedere le divise delle guardie carcerarie, perché nel nuovo centro saranno tutte in borghese.

Kenya: conferenza internazionale sui diritti umani nel carcere

 

Ansa, 24 ottobre 2008

 

Per tre giorni, oltre 150 delegati di 71 Paesi sono riuniti a Nairobi, in Kenya, per una conferenza sulla promozione dei diritti umani nelle carceri e nei centri di detenzione. Un incontro che ha come scopo, riferisce la Misna, di fare pressione sui governi africani per l’abolizione o la riduzione del numero di detenzioni arbitrarie e preventive. L’iniziativa rientra nella campagna per le celebrazioni del 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che ricorre il prossimo 10 dicembre. Al termine della conferenza, organizzata tra gli altri dall’Alto Commissariato Onu per i diritti umani in collaborazione con la Commissione keniana per i diritti dell’uomo, è prevista l’adozione di una dichiarazione comune.

 

 

Segnala questa pagina ad un amico

Per invio materiali e informazioni sul notiziario
Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax 049.8712059 - Cell: 349.0788637
E-mail: redazione@ristretti.it
 

 

 

 

 

Precedente Home Su Successiva