Rassegna stampa 1 marzo

 

Giustizia: lotta alla pedofilia, bandiera del Partito Democratico

 

www.politicaoggi.it, 1 marzo 2008

 

"Nessuna violenza sui bambini è giustificabile, tutte le violenze sui bambini possono essere evitate". Con queste parole, contenute nel rapporto sulla violenza sui bambini, a cura dell’incaricato indipendente della Nazioni Unite Paulo Sergio Pinheiro, il segretario del Pd Walter Veltroni ha introdotto la conferenza stampa di presentazione della proposta di legge del Partito Democratico in materia di lotta alla pedofilia e allo sfruttamento sessuale dei minori. Contro la violenza sui bambini l’azione della politica deve essere ferma e intransigente. Da sempre il segretario del Pd ne ha fatto una sua missione civile, una battaglia politica permanente. "È un tema centrale, per una società che si considera civile, quello di far vivere i suoi soggetti più deboli, i bambini, nella serenità necessaria". Così il Partito Democratico ha presentato il suo disegno di legge per la lotta a questo cancro della società, la pedofilia.

Il disegno di legge aumenta le pene previste per tutti i tipi di reato. In particolare: per la violenza sessuale su minore d’età compresa tra 10 e 14 anni la pena non è più dai 6 ai 12 anni ma da 9 a 18 anni; è equiparata così all’omicidio preterintenzionale; per la violenza sessuale su minore di 10 anni la pena non è più da 7 a 14 ma da 10 a 20 anni; è equiparata alla tratta o riduzione in schiavitù; per il compimento di atti sessuali senza violenza su minore d’età compresa tra 10 e 14 anni la pena non è più da 5 a 10 ma da 6 a 14 anni; è equiparata a quella prevista per l’omicidio colposo pluriaggravato ovvero all’associazione mafiosa armata; per atti sessuali con minore ultra16enne, se il reo è familiare della vittima, la pena non è più da 3 a 6 anni ma da 5 a 10 anni; è equiparata alla violenza sessuale su adulti; per il compimento di atti sessuali con minore di dieci anni la pena non è più da 7 a 14 anni ma è da 8 a 20 anni; è equiparata a quella per la tratta o per la riduzione in schiavitù; per la violenza sessuale di gruppo sui minori d’età compresa tra 10 e 14 anni la pena non è più da 7 a 15 ma da 10 a 21 anni; sempre per la violenza sessuale di gruppo, ma sui minori di 10 anni la pena non è più da 8 a 17 ma è da 12 a 24 anni; nel primo caso è equiparata all’omicidio preterintenzionale pluriaggravato; nel secondo al promotore di associazione mafiosa armata. (art. 1 comma f). Queste pene possono essere aumentate fino a 1/3 in presenza di circostanze aggravanti.

Il disegno di legge esclude che per la violenza sessuale il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti possa portare alla prevalenza o all’equivalenza delle prime. Quindi le aggravanti per la minore età della vittima prevalgono sempre e sono calcolate con un regime speciale che produce in ogni caso un aggravamento delle pene (art. 1 comma e).

Come per la mafia si esclude la sospensione dell’esecuzione della pena per violenza, abuso o sfruttamento sessuale dei minori (art. 2 comma g). Si escludono inoltre i benefici penitenziari, come permessi premio, misure alternative alla detenzione, lavoro all’esterno (art. 3).

Il termine di prescrizione viene raddoppiato e decorre non dal fatto, non dal momento dell’abuso, ma da quando la vittima compie la maggiore età: è una tutela ulteriore al bambino che subisce il trauma, che ha più tempo per prendere consapevolezza e denunciare il reato subito (art. 1 comma a). In caso di sfruttamento della prostituzione minorile, il termine complessivo di prescrizione passa da 12 a 24 anni; stessi termini per la produzione o diffusione di materiale pedopornografico, o per turismo sessuale.

Nel caso di violenza sessuale nei confronti di minore di età compresa tra 10 e 14 anni i termini di prescrizione salgono a 18 anni dagli attuali 12 anni per effetto dell’inasprimento delle pene e ulteriormente salgono fino a 36 anni per il raddoppio della durata dei termini di prescrizione.

Per prevenire reati di abuso o sfruttamento del minore potrà essere sempre disposta una misura cautelare nei confronti dell’imputato (art. 2 comma a). Già con la sentenza di primo grado il giudice può disporre, d’ufficio, la misura cautelare; come per reati di mafia, la custodia in carcere è l’unica misura cautelare adeguata (art. 2 comma b).

Una nuova misura cautelare è quella del divieto per un certo periodo di tempo di avvicinarsi a luoghi abitualmente frequentati da minori. (art. 2 comma c). Il disegno di legge prevede, come nuova misura di prevenzione, l’imposizione dello stesso divieto anche a chi pur non avendo commesso reati sia ritenuto pericoloso per i minori (art. 4)

Viene introdotto il reato di adescamento di minorenni (grooming) per chi approfitta della fiducia di un minore per il compimento di atti sessuali instaurando relazioni amichevoli anche con comunicazione a distanza (telefono, sms, chat line etc.) (art. 1 comma e).

È sempre disposta la confisca dei beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato (o beni di valore equivalente). Questi beni vengono destinati ad un fondo per la tutela delle vittime (art. 1 comma c).

Viene estesa l’inescusabilità dell’ignoranza della minore età della vittima per chi sfrutta sessualmente i minori e per i clienti delle prostitute minorenni; viene così esteso quanto previsto per la violenza sessuale (art. 1 comma d).

Si introduce l’arresto obbligatorio in flagranza anche per clienti di prostitute minorenni (art. 2 comma e) e si estende il divieto di patteggiamento sempre ai clienti di prostitute minorenni (art. 2 comma f).

Nuove pene accessorie per l’isolamento sociale di chi sfrutta sessualmente i minori: perdita della potestà genitoriale; interdizione perpetua tutela e curatela, perdita del diritto agli alimenti ed esclusione dalla successione. (art. 1 comma c).

Sono previsti interventi per la prevenzione degli abusi sessuali sui minori e per il sostegno delle vittime (art. 5). Si introduce inoltre una misura per la cura e la riabilitazione del pedofilo socialmente pericoloso anche se prosciolto per non imputabilità o in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini. Tale misura consiste nel trattamento in strutture terapeutiche. (art. 1 comma b e art. 2 comma d).

Giustizia: sicurezza sul lavoro, il carcere per gli inadempienti

 

Dire, 1 marzo 2008

 

Il Titolo I del Testo Unico in materia di Salute e Sicurezza dovrebbe arrivare entro lunedì mattina nelle mani del Presidente del Consiglio, dimissionario, Romano Prodi, ed essere approvato nel primo Consiglio dei ministri della prossima settimana. Ma a tenere banco nelle contrattazioni tra le parti sociali, e sulle spine il governo, è il nodo delle sanzioni. Dopo aver infatti scelto di agire autonomamente, visto il disaccordo tra sindacati e Confindustria, sui temi della bilateralità, ovvero sugli organi paritetici con compiti di formazione, e sulla rappresentanza in azienda degli Rls, o in alternativa degli Rls territoriali, il nodo principale da sciogliere rimane quello delle sanzioni. Sul quale il governo dimissionario è "costretto" a cercare un consenso ampio.

Secondo quanto si apprende da fonti governative, infatti, la bozza del testo sul quale il governo sta lavorando prevederebbe l’arresto, si parla di pene da un minimo di 6 mesi fino a un massimo di due anni, per i datori di quelle imprese che operano con "maggiore attività di rischio" e che non elaboreranno un apposito documento di "valutazione del rischio". E se i sindacati si schierano compatti con il governo, su questo punto forte è la contrarietà di Confindustria. Anche perché su questa fattispecie di reato non sarebbe prevista l’alternativa dell’ammenda.

Giustizia: Cisl-Fp; la falsa riforma della medicina penitenziaria

 

Conquiste del Lavoro, 1 marzo 2008

 

Dall’emanazione del D.lgs 230/1999 il transito della sanità penitenziaria viene sbandierato, da alcuni, come la panacea di tutti i mali. Allo stato attuale - con il varo della legge finanziaria 2008-vengono programmate le iniziative da assumere per il transito delle risorse umane e finanziarie dal Servizio Sanitario Penitenziario al Ssn.

La Cisl è stata sempre contraria ad una riforma della sanità penitenziaria basata sul semplice transito delle risorse e continua ad esprimere le sue contrarietà. Il sistema del servizio sanitario penitenziario è ovviamente da riformare, visto che lo stato giuridico del personale sanitario che opera all’interno degli istituti penitenziari (sia per adulti che minorili) si fonda su di una legge speciale (L. 740/70) emanata non solo prima della legge sul servizio sanitario nazionale (L. 833/78) ma ancor prima della stessa legge dell’ordinamento penitenziario (L. 354/75).

La legge 740/70, pur non risultando più in linea con i modelli assistenziali dell’attuale sistema sanitario nazionale, sembra invece essere fatta salva dal legislatore dell’attuale legge finanziaria, cosicché con il famigerato transito nulla viene modificato per le professionalità sanitarie operanti nel sistema penitenziario: il personale c.d. a contratto, come i medici Sias e la stragrande maggioranza degli infermieri, continuerà ad operare nel precariato, mentre i medici incaricati conserveranno tutte le prerogative concesse dalla legge 740/70, ossia un lavoro di 18 ore settimanali e la possibilità di svolgere altre attività professionali anche presso altri enti pubblici in deroga, non solo al regime dell’incompatibilità del pubblico impiego ma anche della normativa sull’attività libero-professionale dei medici dipendenti dal Ssn. Al fine di ridurre il danno, anche se in minima parte, nella fase attuativa della falsa riforma della Sanità Penitenziaria inserita nella legge finanziaria 2008 - e di cui si assumeranno la piena responsabilità politica coloro che l’hanno sostenuta da tempo - giova ripetere, come la panacea di tutti i mali di un servizio vecchio di quasi mezzo secolo, e la cui legge (740/70) viene invece fatta salva dallo stesso legislatore della finanziaria, si richiede un effettivo coinvolgimento del Sindacato che non può tradursi in una riduttiva e semplice partecipazione in sede di presentazione del testo.

Altra tematica che necessita di chiarezza è quella riguardante gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Infatti quanto previsto dall’art. 113 del D.P.R. 230/2000 non è stato mai attuato, evidenziando la necessità di creare organismi interaziendali in sede regionale visto il ruolo fondamentale che con la riforma del titolo V della Costituzione assumeranno in tale materia gli enti regionali. Non si dimentichi che le persone ristrette negli istituti penitenziari non hanno la stessa libertà di movimento dei liberi cittadini nello scegliersi il luogo di cura e che in tale ambito è fondamentale il ruolo della magistratura.

Se si vuole evitare la paralisi di un sistema, con forti ripercussioni in tema di salute dei detenuti e di responsabilità da parte dell’Istituzione Carcere, è necessario che il Dpcm fissi con chiarezza quali sono i compiti del direttore dell’istituto e quali del dirigente della Asl, imponendo a tali Enti la stesura immediata di accordi di programma in cui vengono delineati in modo specifico i concreti modelli operativi adattati alle singole realtà. L’ipotizzata riforma non garantisce salvaguardie adeguate in termini di inserimento dinamico negli organici e nel sistema delle carriere del personale del Ssn.

Anche l’assenza di una partecipazione, mai perfezionata fino ad oggi, di processi di formazione legati all’evoluzione delle scienze mediche, penalizzerebbe il personale coinvolto dalla riforma. E se pensiamo a tutti questi aspetti risulta difficile poter decifrare quale interessi porterebbero le persone ad esercitare il diritto di opzione tra il transito nel SSN e la permanenza nei ruoli del Ministero della Giustizia. Si abbia quindi il coraggio di prendere tempo su questa difficile materia,di avviare una riforma legislativa forse anche più complessa ma definitiva e capace di offrire risposte adeguate al servizio da erogare ed all’efficienza del sistema penitenziario.

 

Marco Mammucari

Coordinatore Nazionale Cisl Fp-Penitenziari

Campania: Bassolino rinviato a giudizio per gestione dei rifiuti

 

www.noipress.it, 1 marzo 2008

 

Il presidente della Giunta regionale della Campania, Antonio Bassolino, e altri 27 imputati nel procedimento per le presunte irregolarità nella gestione del ciclo dei rifiuti sono stati rinviati a giudizio. La decisione è stata presa dal giudice per le udienze preliminari di Napoli, Marcello Piscopo. Il processo inizierà il prossimo 14 maggio davanti alla V sezione del Tribunale di Napoli.

Gli imputati sono stati rinviati a giudizio per tutti i reati contestati, che vanno dalla frode in pubbliche forniture alla truffa aggravata ai danni dello Stato, al falso e all’abuso d’ufficio. In particolare, a Bassolino sono contestati i reati di truffa, frode in pubbliche forniture, falso e abuso di ufficio, tutti reati che, secondo l’accusa, sarebbero stati commessi nel corso del suo mandato di commissario per l’emergenza rifiuti, tra il 2001 e il 2004.

Il rinvio a giudizio ha coinvolto, per illecito amministrativo, anche le società Impregilo, Fibe, Fisia Italia Impianti, Fibe Campania e Gestione Napoli. La fase preliminare del processo ha visto tra gli imputati anche Pier Giorgio e Paolo Romiti, in passato responsabili del gruppo Impregilo e alcuni esponenti del Commissariato come Giulio Facchi, Salvatore Acampora e Raffaele Vanoli.

La richiesta di rinvio a giudizio era stata depositata il 31 luglio scorso dai pm Paolo Sirleo e Giuseppe Noviello dopo una indagine partita nel 2003 sulla base di numerosi esposti; nel 2004, su una ipotesi di frode in pubbliche forniture, il gip partenopeo dispose il sequestro di tutti gli impianti di combustibile da rifiuti, successivamente dissequestrati. Lo scorso 26 giugno, inoltre, il gip Rossana Saraceno firmò il sequestro preventivo cautelare di somme per 750 milioni alle società dell’Impregilo, sequestro confermato dal Riesame il 25 luglio. Il dibattimento davanti al gup era iniziato lo scorso novembre. "Era una decisione già annunciata", è stato il secco commento dell’avvocato Massimo Krogh, uno dei legali del governatore della Campania.

 

Di Pietro: "Si dimetta"

 

Dopo il rinvio a giudizio del governatore campano nell’ambito dell’inchiesta collegata agli illeciti dei rifiuti, il ministro Antonio Di Pietro ne chiede apertamente le dimissioni. Secondo il leader di Italia dei valori, infatti, il rinvio a giudizio di Antonio Bassolino rischia di procurare, sul piano elettorale, un contraccolpo "ampio" al Partito Democratico travolgendo la minicoalizione Pd-Idv con un calo di consensi.

Così, in un’intervista a "Il Corriere della Sera", l’ex magistrato è netto: "Riteniamo superata l’esperienza Bassolino. È sua la responsabilità politica per l’inazione evidente nello smaltimento dei rifiuti". E visto che "è indubbio che la vicenda porterà a dei contraccolpi elettorali", ne chiede le dimissioni per "dare un segnale di discontinuità".

"Non abbiamo mai fatto parte della giunta Bassolino anche adesso dopo la ricomposizione", spiega Di Pietro. Che tuttavia spende anche qualche parola a difesa del governatore campano: "Sarebbe ingeneroso scaricare tutto il marcio dell’immondizia su Bassolino perché la malazione va avanti da altre esperienze di governo. È inimmaginabile - prosegue - che lui si sia arricchito in una attività del genere".

 

Nel Pd: commenti a caldo

 

"È chiaro che in Campania è necessario voltare pagina", spiega Ermete Realacci, responsabile comunicazione del partito, che tuttavia chiarisce: "Non spetta a noi" decidere sulle dimissioni, "è Bassolino che deve farlo". "In questi casi - aggiunge Giorgio Tonini - si è stretti tra due valori. Il primo riguarda il rispetto delle regole rigorose che ci siamo dati e che impongono comportamenti conseguenti". Per questo, "un passo indietro di Bassolino sarebbe apprezzabile". "Il secondo valore - aggiunge - è non mettere a repentaglio la governabilità di una comunità. È lui che deve decidere quale dei due valori privilegiare".

Nel corso di un comizio a Grosseto, anche Walter Veltroni interviene sul rinvio a giudizio emesso nei confronti di Antonio Bassolino e, rinnovandogli la sua "grande stima e amicizia", spiega che "nel corso della sua vita politica ha fatto cose di grandissima importanza per la sua città e per la sua regione". "Di fronte alle cose dolorose avvenute in questi giorni - prosegue- l’unica risposta è affidata alla coscienza individuale e sono sicuro che Bassolino, la cui grande coscienza civile conosco bene, farà la scelta più giusta".

Piemonte: denuncia Osapp; le carceri abbandonate a se stesse

 

La Stampa, 1 marzo 2008

 

I detenuti aumentano, gli agenti della polizia penitenziaria invece calano. In Piemonte si è raggiunta la soglia dei 4 mila uomini in cella. Un numero che allarma: sarebbero appena 3270 i posti regolamentari. Ma i sindacalisti dell’Osapp (organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) guidati da Leo Beneduci, sono più preoccupati dai vuoti nel loro organico. Qualche esempio: nel carcere di Torino mancano 263 agenti su 905 previsti; 108 a Saluzzo su 262; 125 ad Alessandria su 244; 50 a Vercelli su 229. Complessivamente, nei tredici istituti di pena piemontesi mancano 887 agenti sui 3240 previsti dalle tabelle.

"E la situazione è diventata oggettivamente difficile", spiega Beneduci, che ha fatto preparare un dossier e l’ha girato ai vertici romani del ministero. I gran vuoti in organico causano enormi problemi. Troppi detenuti e poche guardie. E allora, nel carcere di Torino, che un tempo si chiamava "Vallette" e oggi è "Lo Russo-Cotugno", in particolare nel padiglione C, l’Osapp denuncia una situazione di sfascio. "Intolleranza della popolazione ristretta. Il personale subisce inerme. La sicurezza è assente.

Il personale non è assolutamente supportato, anzi è abbandonato a se stesso". Nelle carceri si lavora troppo e male. Mancano soldi per le cose più banali. A Torino è rotta la macchina per i raggi X e allora "a tutte le ore devono essere predisposte scorte per poter espletare radiografie in ospedale anche per la più banale delle lussazioni". Sembra che per Pasqua saranno negate le ferie a molti agenti.

Non mancano solo agenti. Ci sono gravi vuoti anche tra i comandanti. Figure cruciali per la gestione di un carcere. Così è una quotidiana emergenza. "Su disposizione del provveditore regionale - racconta Beneduci - per tre volte la settimana viene inviato in missione un commissario da Novara ad Alba. Lo stesso avviene per la casa circondariale di Cuneo". A Cuneo, però, secondo le denunce dell’Osapp, i problemi sono diventati esplosivi perché, oltre la cronica carenza di personale (mancano 57 agenti su 242 previsti), è insorto un conflitto interno tra sindacato e direzione.

Guai in vista anche al Minorile di Torino, il "Ferrante Aporti". Addirittura, secondo l’Osapp, lì è "un inferno quotidiano". Scrivono in loro dossier recapitato qualche giorno fa ai vertici del ministero della Giustizia e girato per conoscenza al direttore dell’istituto e ai vertici regionale della giustizia minorile: "Il contesto gestionale interno si è fatto pericoloso e, sia detto senza eufemismi, incandescente: il personale di polizia penitenziaria ci ha comunicato di aver esaurito le scorte di pazienza, posto che quotidianamente viene sottoposto ad invettive del tutto gratuite".

Il "male oscuro" dell’istituto che il sindacato denuncia si chiama "autogestione". Usano parole forti: "Ci viene quasi ritenere che sia una terra di nessuno. Va strisciando una crescente intolleranza. Il tutto mentre il personale subisce inerme gli esiti di una disorganizzazione che non ha precedenti. Si teme che possa accadere qualcosa di davvero irreparabile". L’assenza di personale dell’amministrazione penitenziaria ad ogni livello, in Piemonte crea anche problemi curiosi. Nessuno sembra controllare a dovere le mense. Scrive l’Osapp nel suo dossier: "Dobbiamo ritenere che le ditte appaltatrici facciano da sé i menu. Quantità e qualità sono ben lontane da quanto prevedono i contratti. Spesso e volentieri manca persino il pane". Risultato, gli agenti si lamentano e per protesta saltano il pasto.

Napoli: con "Progetto Indulto" 33 tirocini… su 3.175 indultati

 

Adnkronos, 1 marzo 2008

 

Primi risultati per il "Progetto Indulto" a Napoli e provincia. Ai 13 tirocini già avviati nei mesi scorsi, infatti, ora se ne aggiungono altri 20 in partenza a marzo, di cui 10 in un call center promosso dal comune (gli altri sono, invece, in settori vari). La partenza dei tirocini coincide con la conclusione della prima fase del progetto promosso dai ministeri del Lavoro e della Giustizia, con l’assistenza tecnica dell’agenzia governativa Italia Lavoro, iniziata a fine maggio e terminata il 13 novembre con la realizzazione di colloqui personalizzati per oltre 850 beneficiari del decreto. I colloqui hanno interessato tutti ex detenuti italiani (che rappresentano il 90% della popolazione carceraria locale) e si sono svolti presso i locali del centro per l’impiego di Napoli Est.

Il punto di partenza dell’azione del "Progetto Indulto" in Campania è fotografato dai dati del Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria (Prap) Campania sul numero di indultati residenti nella regione. Ovviamente, il numero maggiore riguarda Napoli e provincia, dove risiedono 3.175 beneficiari dell’indulto (2.917 italiani e 258 stranieri).

Una cifra che surclassa di molto i numeri di Caserta (462 indultati tra italiani e stranieri), Salerno (342), Avellino (98), Benevento (85). In totale, hanno beneficiato dello sconto di pena previsto dal provvedimento di indulto, 4.162 persone residenti in Campania, delle quali 3.680 italiane e 482 straniere.

Dato l’alto numero di indultati, provincia e comune di Napoli hanno ritenuto di dover effettuare una vera e propria presa in carico dei possibili beneficiari del progetto, effettuando colloqui conoscitivi dei beneficiari interessati. Per questo ci si è avvalsi della banca dati messa a disposizione dai servizi sociali del comune. Si tratta di informazioni raccolte in precedenza (con il relativo assenso al trattamento dei dati) al momento dell’erogazione dell’assegno di circa 104 euro agli ex carcerati. Un totale di 980 nominativi, a cui il comune stesso ha inviato una raccomandata contenente il codice di prenotazione al colloquio e la data fissata.

Inoltre, per i residenti nella provincia, l’assessorato provinciale al Lavoro ha messo a disposizione il suo call center, mediante il quale gli indultati potevano richiedere codice e data del colloquio. Alla fine, i colloqui effettuati sono stati 850, finalizzati a un censimento delle persone che hanno beneficiato dell’indulto, anche in vista della possibilità che comune e provincia attivino altri progetti mirati al reinserimento sociale degli indultati. Uno di questi è già in via di definizione all’assessorato alle Politiche sociali comunale e riguarda gli ex detenuti con problemi di dipendenza da sostanza.

Contemporaneamente, al termine dei colloqui, si è proceduto alla promozione del progetto nei confronti del sistema di impresa locale. Ad oggi i tirocini avviati (13) e le convenzioni già firmate o in via di definizione sono tutte allocate nel Terzo settore, quello delle cooperative sociali e non. Giulio Riccio, assessore alle Politiche sociali del comune di Napoli ricorda che "specialmente al Sud, dove ci sono molte difficoltà nel matching domanda-offerta di lavoro (difficoltà che aumentano nel caso di soggetti svantaggiati come gli ex carcerati), la cooperativa sociale di tipo B non è uno strumento di assistenza, ma un prezioso strumento di welfare". "Con Italia Lavoro - conclude - ci siamo sempre trovati bene, soprattutto sul terreno dei tempi e dei contenuti degli interventi".

Trapani: progetti per reinserimento dei detenuti di Favignana

di Valeria Doria

 

La Sicilia, 1 marzo 2008

 

Essere considerati cittadini come altri. Essere reintegrati in un tessuto sociale che li ha allontanati perché colpevoli di essersi macchiati di reati di diversa gravità.

È questa la speranza che anima i detenuti della Casa Circondariale dell’isola e che ha trovato un valido e concreto apporto nell’amministrazione comunale e nella stessa direzione dell’Istituto Penitenziario. Dopo il successo di "Oltre il giardino", promosso un anno fa, infatti, il sindaco Ernandez d’intesa con l’assessore alle Attività Produttive Gerardo Gibarosa, al direttore della Casa di Reclusione Paolo Malato, al direttore dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna Angela Buscaino e al provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria Orazio Faramo, ha dato il via ieri, nel corso di una conferenza tenutasi al Municipio, alla realizzazione di ben due progetti.

"Ali Pulite" e "Dove inizia il mare" sono, così, le new entry anticipate dal primo cittadino per il rilancio e la valorizzazione del territorio. Programmi, questi, che prevedono il reinserimento socio - lavorativo di 8 reclusi ammessi a misura alternativa alla detenzione e ad altri benefici e che si occuperanno della pulizia e diserbatura dei margini stradali e della ripulitura delle spiagge e della coste.

"La nostra intenzione - ha spiegato Ernandez - è quella di gettare le basi per intensificare piani di lavoro di questo tipo favorendo l’obiettivo del reinserimento sociale cui si ispira per altro l’ordinamento giudiziario nonché ulteriori processi di integrazione tra la realtà penitenziaria e quella isolana che vede nella presenza del carcere una risorsa economica".

Educarli seriamente al lavoro e tentare il recupero delle persone condannate è, dunque, il primo passo da compiere. "Molto spesso - ha spiegato Faramo - chi sta in carcere a scontare una pena non ha mai pensato ad avere un’occupazione, noi vogliamo invece guidarli in questa direzione così una volta scontata la condanna continueranno a vivere regolarmente e civilmente".

E la scelta di Favignana per realizzare ciò, secondo il provveditore, non è assolutamente casuale. "Abbiamo preferito questa piazza nonostante sia un piccolo centro - ha continuato - perché è una realtà ormai consolidata e perché sappiamo che i cittadini hanno sempre tenuto a questa struttura diventata per loro un simbolo. E per dar vita a ciò ci stanno dando una grande mano".

Aprire gli occhi e considerare il carcere non più solo come un peso ma soprattutto come una risorsa "in grado di "sfornare" uomini non di serie b ma persone rispettose della natura e della comunità in cui vivono" ha ribadito poi il direttore Malato. "Ali Pulite" avrà la durata di due mesi e partirà già il prossimo lunedì, mentre "Dove inizia il mare" verrà inaugurato a maggio e proseguirà per tutta la stagione estiva. Insomma, un modo diverso per dare la possibilità a chi ha commesso degli errori di rialzarsi, forti della fiducia delle istituzioni e delle forze sociali.

Palermo: beni confiscati alla mafia, assegnato soltanto il 30%

 

Redattore Sociale, 1 marzo 2008

 

Quanto è difficile oggi per le imprese sociali avere e gestire un bene confiscato alla mafia? A questa domanda si è cercato di rispondere stamattina all’interno del workshop sul progetto Enterprise "Sostenibilità delle imprese sociali e gestione dei beni confiscati alla mafia".

"Tutti insieme dobbiamo cercare di favorire e sostenere dei progetti che possano essere soprattutto continuativi nel tempo. - ha detto l"assessore provinciale alle Politiche sociali Giovan Battista Mammana - Molte associazioni riescono ad avere progetti a medio e lungo termine grazie anche all’uso dei beni confiscati. Proprio in considerazione di questo, bisogna dare loro degli immobili idonei; mettendo in relazione il bene affidato con l’area tematica sulla quale queste hanno scelto di operare nel tempo".

Del problema della concreta fruibilità dei beni confiscati alla mafia ha parlato, invece, l’assessore comunale al Patrimonio Pippo Enea. "Non dobbiamo considerare i beni confiscati come la panacea per tutti i mali, perché sostenere che servono a tutto, non porta a nulla. Il nostro sforzo è stato finora quello di individuare i beni confiscati che si possono concretamente utilizzare per le finalità specifiche.

Il comune dal’98 ad oggi ha avuto 200 immobili ed entro giugno dovrebbero arrivarne altri 200. In tre anni, 75 immobili confiscati sono stati assegnati a persone con emergenza abitativa. L’utilizzo di questi primi 200 immobili è avvenuto per il momento al 30%, di questi il 40% sono stati dati ad associazioni, un altro 40% ai senza casa e il resto per attività istituzionali. - ha riferito l’assessore Enea -. Ho dato incarico, inoltre, ad un funzionario competente di quantificare il beneficio che ne traggono le società dai beni dati in uso".

"Avere l’uso di un immobile confiscato oltre che un opportunità è una grande responsabilità per la storia che l’immobile rappresenta. - ha detto nel suo intervento Davide Ganci, presidente della cooperativa Ali - Ambiente Legalità Intercultura - C’è sicuramente molto da fare ma è importante trarre esempio dalle buone pratiche.

Fra queste, non ultima, cito quello che si sta svolgendo in Calabria dove con i fondi Pon e Por si stanno ristrutturando tutti i beni confiscati". A pensarla allo stesso modo è anche Umberto Di Maggio, responsabile del progetto Libera Terra che aggiunge: "L’esperienza di Libera è senz’altro oggi un modello importante da seguire. Credo che il bene confiscato non può essere considerato un peso o una patata bollente per le istituzioni ma un immobile che, se destinato a fini sociali, può senz’altro contribuire alla crescita di un economia solidale che punta ad una ricchezza alternativa alla mafia".

Fra i problemi maggiori per le imprese sociali che hanno un bene confiscato c’è quello dell’accesso al credito che la gran parte delle banche se, non opportunamente garantite non danno, facendo eccezione soltanto per Banca Etica. "Da quando abbiamo aperto la filiale di banca Etica in Sicilia, abbiamo cercato di aiutare le cooperative sociali, creando soluzioni che possano dare una boccata di ossigeno, considerato i pesanti crediti che vantano nei confronti del Comune. - ha sottolineato Steni Di Piazza, direttore della filiale palermitana - Nonostante tutto, mi sento di poter dire che ci sono le condizioni per potere essere ottimisti solo se crediamo in un economia diversa da quella proposta in televisione e per questo, sempre più vicina all’uomo".

L’incontro, svoltosi presso il centro direzionale della Provincia di Palermo, rientra nell’ambito del progetto Enterprise. Enterprise fa parte del programma di iniziativa comunitaria Equal co-finanziato dal Fondo sociale Europeo che vede coinvolte l’Unione Nazionale Cooperative Italiane (Unci) Sicilia, Confindustria Sicilia, l’Unione dei Comuni Valle del Torto e dei Feudi, la società cooperativa Logos, Cosmopolis, e MA.EL Project s.a.s. Il progetto è finalizzato a promuovere la creazione d’impresa e l’auto impiego per lavoratori a rischio di marginalità attraverso il recupero dei beni confiscati alla mafia e dei siti di interesse paesaggistico e culturale non sufficientemente valorizzati.

Il territorio coinvolto risulta quello compreso nell’asse Palermo - Agrigento, un’area in cui l’inserimento socio-occupazionale è poco elevato. "L’obiettivo sul quale puntiamo è la nascita di quattro cooperative sociali che possano gestirsi autonomamente con piena garanzia di continuità, avvalendosi come principale supporto dei beni confiscati alla mafia. Inoltre puntiamo anche sull’avvio di un consorzio d’imprese che possa fare rete per ottenere i migliori risultati possibili", riferisce Benedetto Sagona della cooperativa Logos.

Lodi: invito in carcere per i candidati in campagna elettorale

 

Il Cittadino, 1 marzo 2008

 

L’Associazione Loscarcere chiede ai candidati al parlamento che attraverseranno il territorio durante la campagna elettorale di non dimenticarsi del carcere. Un invito rivolto, naturalmente, ai responsabili di partito che dovranno organizzare le tappe degli aspiranti premier, affinché organizzino un incontro con i detenuti.

L’obiettivo è quello di discutere del carcere, "realtà troppo spesso trascurata dalle agende politiche, non solo per semplice dimenticanza ma anche per calcolo elettorale". L’associazione sostiene che "la positiva esperienza del dibattito sull’indulto che negli anni scorsi ha visto confrontarsi, all’interno delle mura di Via Cagnola, tutti i parlamentari eletti nel Lodigiano, e una lunga serie di iniziative di confronto e approfondimento che Loscarcere ha contribuito a realizzare nel territorio, dimostrano che, anche questa volta, vale la pena riprovarci, dando attenzione e ascolto anche a coloro che, a vario titolo, risultano privati o subiscono forti limitazioni della propria libertà personale".

Il principale effetto dell’indulto, cioè la riduzione del sovraffollamento dei luoghi di detenzione, secondo l’associazione. "Crediamo che anche su questi temi - giustizia, legalità, sicurezza, condizioni delle carceri, rispetto della dignità umana - sia importante aprire un confronto e che un segno di novità possa essere riconoscere come interlocutore chi, recluso, non può vedersi ridotto esclusivamente a "problema".

Libri: Verona "dietro le sbarre" dall’età romana ad oggi...

di Michela Pezzani

 

L’Arena di Verona, 1 marzo 2008

 

Non rientra nell’indice dei libri proibiti come accadde all’opera "Dei delitti e delle pene" di Cesare Beccaria nel 1766, ma traendo ispirazione non a caso da quel celebre trattato sulla detenzione e i diritti umani, non solo ne coglie appieno la valenza ma va oltre tracciando una mappa ragionata delle prigioni della nostra città.

Si tratta del libro "Carceri e pene nella storia di Verona" scritto a quattro mani da Erika Speri e Francesca Viviani presentato in Provincia dall’assessore alle Politiche per l’istruzione Maria Luisa Tezza e realizzata grazie alla collaborazione col Centro Turistico Giovanile e l’Associazione La Fraternità. Rivolto agli studenti di tutte le scuole superiori di Verona e provincia e riccamente illustrato il volumetto è stato distribuito gratuitamente agli studenti. Dall’età romana ai giorni nostri espone con linguaggio divulgativo la storia dell’uso della custodia dietro le sbarre e delle sanzioni punitive previste.

"Questo libro guarda al passato ma si proietta nel futuro" ha detto la Tezza. La parola è passata quindi alla Viviani che ha spiegato: "Prima del Medioevo il concetto di carcere non equivaleva a quello odierno nel senso che svolgeva il ruolo di custdia preventiva, inasprendosi in seguito negli anni a venire quando "espiazione" era il cruciale sinonimo di pena. La ventata di rinnovamento arrivò invece con l’Illuminismo quando si iniziò a concepire il carcere come luogo di rieducazione".

Attraverso il susseguirsi dei sistemi politici e delle legislazioni nella nostra città, dunque, in questo almanacco del "dietro le sbarre", dai propositi non solo storico artistici ma umani, potremo scoprire che oltre ai luoghi canonici sedi di prigioni quali gli Scalzi, il Campone e Montorio, anche il Torrazzo di Piazza Erbe ebbe voce in capitolo e dopo l’8 settembre 1943, quando Verona fu sede del Governo della Repubblica di Salò, si improvvisarono dentro le mura numerose carceri politiche tra cui il Palazzo Ina di Corso Porta Nuova.

Immigrazione: Santanchè (La Destra); la Bossi-Fini? è blanda

 

Dire, 1 marzo 2008

 

"La legge Bossi-Fini è una legge troppo blanda. Noi ne vogliamo una molto più dura". Lo dice Daniela Santanchè, candidata premier de "La Destra", in un’intervista rilasciata questo pomeriggio per "YouTube". Poi Santanchè aggiunge: "Non voglio vedere clandestini, il racket dell’elemosina. È la legge di chi lancia il sasso e nasconde la mano. È falsa. A chi viene in Italia dobbiamo garantire una vita dignitosa, ma se commettono reati, che tornino a casa nelle loro patrie galere. Noi in Italia non dobbiamo mantenerli. Infine, l’esponente de La Destra sottolinea che "gli extracomunitari rappresentano l’85 per cento degli occupanti delle nostre carceri, un dato che non può essere ignorato".

Immigrazione: Corte di Strasburgo; Saadi può restare in Italia

di Luca Ferrari

 

www.ilreporter.com, 1 marzo 2008

 

La Corte Europea dei Diritti Umani ha sentenziato sul caso "Saadi - Italia". Il verdetto parla chiaro. Ciò che viene riaffermato è la natura assoluta del divieto di tortura e altri trattamenti e pene inumani e degradanti. Nassim Saadi, cittadino tunisino, doveva essere espulso dall’Italia e rimpatriato verso la sua terra d’origine sulla base della "Legge Pisanu", adottata nel 2005 come misura urgente per combattere il terrorismo, ritenendo che la sua presenza un rischio per la sicurezza nazionale.

Bruxelles però ha detto no. Notevole, si può immaginare, la soddisfazione per tutto quel mondo che sta dalla parte dell’uomo, e non del fucile. "Questo giudizio deve servire come promemoria per tutti gli Stati" ha dichiarato Ian Seiderman, consulente legale di Amnesty International. "A questi ultimi è vietato non solo infliggere la tortura, ma anche rinviare persone verso paesi ove esse sarebbero a rischio di tortura o altri maltrattamenti".

La Corte ha poi affermato che dai rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch, ritenuti credibili, coerenti e corroborati da numerose altre fonti, sono emersi fondati motivi per ritenere che vi fosse un rischio concreto che Saadi, una volta rimpatriato in Tunisia, sarebbe stato sottoposto a tortura o ad altri trattamenti inumani o degradanti.

AI ha denunciato a più riprese l’ampia diffusione della tortura e di altri maltrattamenti ad opera delle forze di sicurezza tunisine verso persone accusate di reati connessi al terrorismo. Queste pratiche includono l’essere appesi al soffitto, le minacce di stupro, il waterboarding (l’immersione della testa del detenuto nell’acqua), scariche elettriche, percosse e bruciature di sigarette. È molto preoccupante poi che le denunce di torture e maltrattamenti durante la custodia di polizia non siano sottoposte a indagini. Non solo. Le confessioni estorte possono essere utilizzate come principali prove nell’ambito di processi, che terminano con condanne a molti anni di carcere o anche alla pena di morte. Tanto il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura e quanto il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, hanno posto standard internazionali sui diritti umani. L’Italia agisca e si adegui.

Droghe: Bertinotti; legalizzare la cannabis? non mi scandalizza

 

Asca, 1 marzo 2008

 

"Se proporremo di rendere legale la coltivazione per uso personale di marijuana? Vedremo, non è una proposta che mi scandalizza". Lo dice Fausto Bertinotti in una intervista pubblicata sul nuovo numero del mensile free press "Pocket", diretto da Daniele Quinzi. "In molti Paesi europei è possibile utilizzare la marijuana anche a scopo terapeutico. L’obiettivo è quello di ridurre il potere di diffusione della catena della droga gestita dalla criminalità. Una proposta simile, in questa ottica, avrebbe un forte impatto".

 

 

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