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Giustizia: Berlusconi; dai pm solo teoremi... proteste dell'Anm
Il Corriere della Sera, 15 luglio 2008
Se qualcuno pensava che dopo il lodo Alfano, che protegge le più alte cariche dello Stato dai processi, Berlusconi avrebbe affrontato il tema giustizia in modo diverso non solo si sbagliava, ma aveva capito il contrario delle sue intenzioni. Nel commentare l’arresto di Ottaviano Del Turco, ieri il capo del governo ha preso lo spunto per dire che occorre "una riforma della giustizia che vada molto più in là della separazione delle carriere, una riforma che sia ab imis", ovvero, secondo la citazione latina, che sia organica e profonda, che coinvolga le fondamenta del sistema. Sono temi che, in pubblico, il ministro della Giustizia ha già sfiorato: modifica del funzionamento del Csm, ritocchi incisivi all’obbligatorietà dell’azione penale, introduzione di politiche giudiziarie in grado di modulare priorità e orientamenti delle Procure, come accade in Francia o nei Paesi anglosassoni. Temi che il Cavaliere, insieme alla separazione delle carriere di pubblici ministeri e giudici, ha sul tavolo da almeno una decina di anni. Ora si sente libero, e abbastanza forte, per poter realizzare veramente quello che ha sempre definito come un risultato "irrinunciabile, prima di lasciare la scena politica". Ne parla al termine delle celebrazioni del 14 Luglio francese, alla fine di un pranzo con Sarkozy e la "signora Bruni", insieme ad una altra quarantina di capi di Stato e di governo, prima di tornare a Roma. L’occasione è il commento degli arresti eseguiti dalla Guardia di Finanza, l’azzeramento, o quasi, dell’intera giunta abruzzese. "Mi sembra una cosa molto strana, ho sentito tutto, sono informato, ma è strano che ci sia stata una decapitazione completa, quasi una retata di un intero governo regionale". È solo l’inizio di un giudizio più articolato, che causerà nel pomeriggio la reazione dell’Associazione nazionale dei magistrati: "Molto spesso i teoremi accusatori - aggiunge il Cavaliere - non vengono confermati. Vi ricordate i miei presunti reati ambientali in Sardegna? Mi è appena arrivata una telefonata dai miei legali, sono stato assolto perché il fatto non sussiste". Non solo: "E come in Sardegna anche in Spagna è successa la stessa cosa, la Corte Suprema ha assolto tutti i miei uomini coinvolti nell’inchiesta di Telecinco, anche lì perché il fatto non sussiste". Insomma, anche quello che ha colpito Del Turco e il governo dell’esponente del Pd, l’inchiesta condotta dalla procura di Pescara, potrebbe essere un teorema agli occhi del premier, che fa capire di essere in qualche modo informato di alcuni dettagli dell’ indagine: "Ho sentito anche il teorema accusatorio e conoscendo l’attuale stato dell’accusa penale in Italia...". Lasciando l’Hotel de Marigny, al termine del pranzo, Berlusconi aggiunge che per lui "non ha alcuna importanza che un’inchiesta colpisca un esponente del centrosinistra o della nostra parte politica". Intanto, dall’Italia, l’Anm protesta per le sua parole: "Ci denigrano e gettano discredito sulle istituzioni giudiziarie", quelle del premier sono critiche "non fondate sulla conoscenza degli atti". Un giudizio al quale replicherà il portavoce del Cavaliere, Paolo Bonaiuti, a rimarcare che in questo caso le parole dei capo dei governo non sono stato affatto estemporanee: "I giudizi espressi sono più che fondati, i teoremi accusatori esistono e in molti casi della nostra storia recente non hanno retto al vaglio processuale". Potrebbe essere solo l’inizio di un ennesimo scontro politico fra governo e magistrati, ma questa volta legato non più ad un singolo provvedimento legislativo o ad un processo, bensì ad una riforma che punta a cambiare volto alla giustizia italiana. Giustizia: 200 milioni tolti agli enti locali, servono per la polizia
Il Sole 24 Ore, 15 luglio 2008
Sicurezza, conto agli enti locali. Le forze dell’ordine recuperano 300 milioni ma con altri tagli a Comuni e Province. Ultime modifiche alla manovra estiva prima della "fiducia" attesa per domani. Prima fra tutte quella che permette alla sicurezza di recuperare parte dei tagli: 300 milioni, 140 dei quali destinati a nuovi assunzioni nel biennio 2009-2010 in deroga al blocco del turnover, che vengono destinati al comparto da un emendamento a "vasto raggio" (dalla cancellazione dei ticket da 10 euro alla detraibilità Iva per le prestazioni alberghiere) presentato dal Governo alle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, che stanno esaminando il decreto dell’Esecutivo. Parte della copertura è garantita dal rafforzamento della stretta sulle consulenze nella Pa e, soprattutto, da ulteriori tagli ai trasferimenti di Comuni (200 milioni) e Province (50 milioni). Altri 195 milioni vengono recuperati con una modifica del Codice appalti. La tensione tra Governo ed enti territoriali resta alta. Il ministro Raffaele Fitto annuncia un primo passo del Governo sui ticket e ulteriori sforzi da ufficializzare oggi. Il tutto mentre da Parigi Silvio Berlusconi difende una delle misure simbolo dell’estate: la Robin tax, definendola una "tassa giusta". Intanto alla Camera si susseguono le novità (dal fronte "casa" al rafforzamento dei poteri di controllo della Corte dei conti per garantire la stabilità della finanza pubblica) in una convulsa giornata che vede maggioranza e opposizione raggiungere una sorta di compromesso sulla prosecuzione dei lavori, imperniato sullo stop all’esame del Dl fino al voto di fiducia sul "decreto sicurezza". L’iter della manovra, a differenza di quanto chiedeva il Pdl, si fermerà così fino a questa sera, quando scatterà una maratona notturna che dovrebbe consentire alle commissioni di chiudere i lavori domani mattina prima del passaggio del testo in Aula dove il Governo ricorrerà alla "blindatura". Con la maggioranza che si impegna ad accogliere la richiesta dell’opposizione di porre la fiducia su un maxi-emendamento che ricalchi il testo che uscirà dalle commissioni. Testo che dovrebbe però essere integrato con gran parte degli articoli del disegno di legge "collegato", "travasati" dall’Esecutivo dalla versione di partenza del Dl per il pressing del Quirinale. Tra le novità dell’ultima ora, contenute in un "emendamento omnibus" del relatore Marino Zorzato (Pdl) su cui però ancora ieri sera le commissioni Bilancio e Finanze non avevano ancora apposto il visto dell’ammissibilità, una mini-sanatoria per la pubblicazione via internet delle dichiarazioni fiscali avvenuta nei mesi scorsi, l’inserimento del capitolo della ricerca per il nucleare di quarta generazione nel nuovo piano dell’Esecutivo, "correttivi" sulla banda larga. È un micro-pacchetto di integrazioni sul fronte abitativo: un nuovo fondo per favorire l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie e i genitori single, in primis quelli senza un contratto di lavoro a tempo indeterminato; divieto agli affittuari morosi di usufruire della possibilità di acquistare un immobile Iacp in affitto, prevista dal piano casa del Governo. L’emendamento omnibus ipotizza anche alcune sanzioni per le violazioni delle regole sui contratti a termine (un indennizzo "tra un minimo di 2,5 ed un massimo di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto"). Quanto agli emendamenti già approvati dalle Commissioni, a ottenere l’ok sono stati, tra gli altri, quello sul credito d’imposta sul cinema e il correttivo che prevede la possibilità di destinare il 5 per mille anche al sostegno delle società dilettantistiche sportive. Tornando al correttivo "a vasto raggio" del Governo, vengono potenziati i poteri della Corte dei Conti sul versante della finanza pubblica. La magistratura contabile potrà effettuare controlli anche sulle gestioni in corso e, in casi gravi, potrà disporre "l’immediata sospensione dell’impegno di somme già stanziate sui pertinenti capitoli di spesa del bilancio dello Stato". Con l’emendamento viene riconosciuta la detraibilità Iva per le prestazioni alberghiere e viene introdotto il tetto del 75% alla deducibilità Irpef sui redditi delle spese sempre per prestazioni alberghiere e somministrazioni di alimenti e bevande. Giustizia: trattamento speciale? forze dell’ordine l’hanno già
Aprile on-line, 15 luglio 2008
Vogliono la "specificità". Cioè vogliono che sia riconosciuto il loro diritto ad essere trattati meglio degli altri, ad avere aumenti di stipendio più alti degli altri, ad avere una pensione migliore. E diciamo subito che polizia e militari hanno tutti i titoli per chiederlo, questo trattamento speciale. Primo, perché non si può negare che rincorrere i criminali per la strada o schivare le sassate degli ultrà allo stadio non è la stessa cosa che stare seduti davanti a un computer. Secondo perché, proprio in nome della "specificità", lo scorso dicembre poliziotti, carabinieri, finanzieri, soldati, avieri, marinai sfilarono in corteo contro il governo Prodi, e alla loro protesta aderì l’allora opposizione, compreso Silvio Berlusconi che inviò un messaggio per dire "io sono con voi". In seguito gli uomini delle forze armate e delle forze dell’ordine (mezzo milione di persone, più le rispettive famiglie) hanno sicuramente contribuito alla vittoria elettorale del centrodestra, quindi oggi fanno benissimo a bussare alla porta del governo e chiedere conto delle promesse fatte. Dietro alla porta però si è piazzato un signore che non ha alcuna intenzione di aprire. Si chiama Giulio Tremonti, il suo compito è di trovare una trentina di miliardi di euro in tre anni, e una delle poche voci su cui può intervenire (non potendo toccare le pensioni né alzare le tasse) è la spesa per il personale. E siccome sugli altri statali ci è già andato giù pesante, si trova costretto a chiedere qualche sacrificio pure ai militari e agli agenti di polizia. Per sostenere le ragioni del suo rifiuto, Tremonti ha tirato fuori un argomento molto interessante. Volete un riconoscimento economico per vostra specificità? Ma guardate che ce l’avete già. Sono anni che i governi concedono al comparto sicurezza molto più di quanto viene accordato agli altri comparti della pubblica amministrazione, sia in termini di stipendi che di assunzioni. In tutto, dal 2001 a oggi, questa specificità implicita è costata allo Stato un miliardo di euro. E questo miliardo di euro - aggiungiamo noi - non è servito solo ad assumere e a stipendiare chi va per la strada a tutelare l’ordine pubblico, ma è arrivato anche a quelli che lavorano negli uffici o nelle mense, agli autisti degli ufficiali, ai baristi degli ufficiali, ai segretari degli ufficiali, agli attendenti degli ufficiali. Giustizia: Sappe; forze polizia deluse da Governo Berlusconi
Comunicato stampa, 15 luglio 2008
È inutile nascondere che siamo profondamente delusi da questa maggioranza parlamentare e da questo Governo, al quale tantissime donne e uomini appartenenti alle Forze dell’Ordine diedero la loro preferenza nell’ultima tornata elettorale. Con il precedente Esecutivo Berlusconi, le Forze di Polizia ricevettero poche briciole per il rinnovo del contratto 2006-2007, ci tolsero l’indennità di trasferta ed il rimborso delle spese di cura per le ferite e le malattie occorse a causa del servizio. Non vennero assunti 500 Agenti ex ausiliari della Polizia penitenziaria nonostante le promesse dell’allora Sottosegretario alla Giustizia Luigi Vitali. Agenti che invece vennero subito assunto dal neo ministro della Giustizia Clemente Mastella, del Governo di centro-sinistra Prodi. Oggi la scure di Berlusconi e Tremonti, nonostante le promesse elettorali, si abbatte nuovamente e pesantemente sul le Polizia del Paese. Questo Governo ha infatti previsto tagli per oltre tre miliardi di euro sui capitoli di spesa della "sicurezza" e della "difesa"; ha previsto la riduzione complessiva nel triennio dell’organico delle Forze di Polizia e delle Forze Amate di circa 40.000 operatori; ha previsto la riduzione del 50% all’anno di stanziamenti per remunerare le indennità direttamente connesse all’operatività dei poliziotti. Ma soprattutto questo Governo intende negarci in termini economici e normativi quella "specificità" che pure più volte molti esponenti autorevoli esponenti di centro-destra ci garantivano nel corso della campagna elettorale. Siamo davvero delusi. E per questo giovedì 17 luglio prossimo saremo in decine di migliaia, appartenenti alla totalità delle Sigle sindacali del Comparto Sicurezza, a manifestare in tutta Italia, davanti a tutte le Prefetture e Questure, e, a Roma, davanti alle sedi del Parlamento e dei Ministeri della Funzione Pubblica e della Giustizia. Come Polizia Penitenziaria, se non cambierà nulla prevedendo correttivi che garantiscano la specificità del Comparto Sicurezza e del Corpo di Polizia Penitenziaria rispetto al Pubblico Impiego e la destinazione di fondi adeguati ai Corpi di Polizia per garantire ai cittadini più sicurezza, proclameremo lo sciopero bianco della nostra Categoria.
Sappe - Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Giustizia: niente torture a Bolzaneto, sentenza "choc" sul G8 di Massimo Calandri e Marco Preve
La Repubblica, 15 luglio 2008
Violenze a Bolzaneto, l’accelerata dei pm per dribblare il decreto "blocca processi" porta a una clamorosa decisione. Solo quindici condanne: "Un verdetto a metà". I pochi reduci presenti in aula scuotono la testa o si abbracciano tra loro. Non bastano i due milioni di euro che dovranno essere versati alle parti civili, a cancellare lo sconforto che li assale dopo al lettura della sentenza. Per il carcere speciale di Bolzaneto, per le violenze e gli abusi subiti da centinaia di detenuti del luglio 2001, il processo si chiude con al condanna di 15 imputati e l’assoluzione di altri 30. I reati riconosciuti dai giudici confermano l’abuso di autorità ma vengono meno i motivi abbietti, la crudeltà, e altri comportamenti vessatori che insieme servivano a disegnare un profilo di ipotetica "tortura" reato non presente nell’ordinamento italiano e che probabilmente è destinato a starne ancora lontano. Lunedì 14 luglio alle 21.50 c’erano anche altri abbracci nell’aula magna di palazzo di giustizia. Erano gli avvocati di alcuni dei poliziotti, dei medici, o delle guardie penitenziari assolti. Tra i pochi imputati presenti in aula anche l’ispettore Aldo Tarascio, una lunga militanza nel sindacato Cgil che è stato assolto assieme al collega della questura di Genova Franco Valerio per non aver commesso il fatto. Tra i condannati, alcuni dei principali imputati. Alessandro Perugini che all’epoca era il vice dirigente della Digos è stato condannato ad una pena di due anni e quattro mesi. Stessa pena Anna Poggi, una funzionaria che era la sua più stretta collaboratrice all’interno di Bolzaneto. Per l’ispettore della penitenziaria Biagio Gugliotta la pena più pesante: 5 anni di reclusione. Pesante la pena inflitta anche ad un agente genovese, Massimo Pigozzi, 3 anni e due mesi, per aver letteralmente lacerato la mano ad un fermato divaricandogli le dita. Tra le posizioni più difficili quella di Giacomo Toccafondi, il medico del Dipartimento penitenziario accusato da più testimoni e imputato per numerosi episodi. Per lui i pm avevano chiesto oltre tre anni, ed è stato invece condannato ad un anno e due mesi. Un altro medico, Aldo Amenta, ha avuto una pena di dieci mesi. Le altre condanne: Daniela Maida, un anno e sei mesi; Matilde Arecco, Natale Parisi, Mario Turco e Paolo Ubaldi, un anno di reclusione ciascuno; Antonello Gaetano, un anno e tre mesi; Barbara Amadei, nove mesi; Alfredo Incoronato, un anno; Giuliano Patrizi, cinque mesi. Assolti tutti i carabinieri, altri agenti della penitenziaria e poi anche i generale della stessa amministrazione Oronzo Doria, per il quale erano stati chiesti tre anni e sei mesi. "Nella sostanza l’accusa di abuso d’autorità è stato riconosciuta. Inoltre è stata riconosciuta la responsabilità di diversi imputati". Questo il commento a caldo del pm Vittorio Ranieri Miniati. "È stato riconosciuto - ha proseguito Miniati, che ha sostenuto l’accusa insieme a Patrizia Petruzziello - che qualcosa di grave nella caserma di Bolzaneto è successo. Il tribunale ha ritenuto di assolvere diversi imputati. Leggeremo la sentenza e valuteremo se fare appello. Complessivamente è un giudizio di soddisfazione a conclusione del processo e dopo un’istruttoria che ci ha impegnato per anni". Laura Tartarini, avvocato e una delle anime del Genoa Legal Forum: "È una sentenza che contiene un evidente messaggio politico. Mettere la gente al muro e obbligarla a dire e urlare viva il Duce o viva Pinochet non è abbietto o futile. Ed è strano, perché questo stesso tribunale ha parlato di futilità giudicando le zuffe degli ultrà del calcio. Ma, evidentemente, i parametri probatori per i poliziotti sono diversi e molto "più alti" di quelli dei normali cittadini". Sandro Vaccaro difensore del medico Toccafondi: "A Bolzaneto ci sono stati dei reati, è vero, ma erano fatti specifici, non ci sono state sevizie o abusi di ufficio. In altre parole Bolzaneto non era una lager". Giustizia: Del Turco è in isolamento nel carcere di Sulmona...
La Repubblica, 15 luglio 2008
Prima notte in isolamento nel carcere di Sulmona per il presidente della Regione Abruzzo Ottaviano Del Turco. Nei confronti dell’esponente del Pd arrestato ieri a conclusione di un’inchiesta su un giro di tangenti nella sanità regionale, la procura di Pescara ha ordinato infatti misure particolarmente severe. Per ben tre giorni al governatore sarà precluso qualsiasi contatto con l’esterno. Niente colloqui con i suoi famigliari e neppure con i suoi legali. Davanti alla storia così illustre di Del Turco e ai tanti contatti maturati nella lunga carriera politica e sindacale, i magistrati sembrano quasi temere che per sottrarsi alla giustizia il detenuto possa continuare a manovrare le leve del potere anche dall’interno del carcere. "L’indagato più illustre - spiegava ieri il procuratore capo Nicola Trifuoggi riferendosi alla fase delle indagini - ha cercato contatti ai massimi livelli della polizia e con un altissimo magistrato per lamentarsi della persecuzione". Del Turco sarà però sorvegliato a vista, soprattutto per il timore che il colpo subito possa destabilizzarlo psicologicamente, spingendolo magari a un gesto disperato. Ipotesi in qualche modo corroborata dalle parole pronunciate ieri dal fratello Alfiere Del Turco. "Se è tutto vero, io mi uccido", si è sfogato il congiunto del governatore parlando con La Stampa. Preoccupazione rilanciata anche da Marco Pannella attraverso i microfoni di Radio Radicale. "Non mi piace il carcere di Sulmona - ha detto Pannella - non mi piace la storia del carcere di Sulmona. Non mi piacciono gli isolamenti nel carcere di Sulmona. Voglio dirlo: non mi piacciono carceri nei quali ci sono suicidi, e quando dico suicidi nelle carceri credo che nella grande maggioranza dei casi si tratti di omicidi. Non mi piace che Ottaviano Del Turco sia in isolamento al carcere di Sulmona".
Le reazioni politiche
Berlusconi - Tra i primi a commentare la vicenda, che molto da vicino ricorda quella accaduta agli inizi di Tangentopoli, quando nel 1992 venne spazzata via l’intera nomenclatura (allora democristiana) della regione, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in visita a Parigi per la celebrazione del 14 luglio: "Ho sentito dell’arresto di Del Turco: mi sembra una cosa molto strana... Ho sentito il teorema accusatorio". All’uscita dall’Hotel Marigny, il premier esprime così , implicitamente, la sua solidarietà a Del Turco, come se la vicenda del già ministro dell’Ulivo, ora nel comitato nazionale del Pd, gli offrisse il destro per rafforzare la sua battaglia nei confronti del sistema giudiziario, per uscire da quella "emergenza giudiziaria" che unisce nella stessa sorte politica e società italiane. Casini - Un po’ a sorpresa, al "teorema accusatorio" evocato da Berlusconi replica prontamente un piccato Pierferdinando Casini, che si schiera in difesa dell’operato della magistratura: "Siamo preoccupati per dichiarazioni che gettano discredito sulla magistratura italiana, impegnata nel difficile compito di tutela della legalità e della sicurezza. La critica dei provvedimenti giudiziari è un elemento fondamentale della vita democratica, ma deve essere esercitata a partire dalla conoscenza dei fatti e sempre con misura, soprattutto da parte di chi riveste cariche istituzionali. La generica accusa rivolta alla magistratura inquirente di procedere per teoremi getta discredito sull’intera istituzione giudiziaria e danneggia l’immagine e la credibilità del nostro Paese anche all’estero". Una posizione, quella di Casini, in pratica identica a quanto affermato contemporaneamente dall’Associazione nazionale dei magistrati, per bocca del segretario Giuseppe Cascini. Veltroni - Dopo alcune ore di "imbarazzante afasia e silenzio del Pd", come dichiarato dal portavoce di Forza Italia Daniele Capezzone, a intervenire ci pensa il segretario Walter Veltroni: "L’arresto di una personalità istituzionale di rilievo come il presidente Del Turco e di assessori e funzionari della Regione Abruzzo è una notizia che riempie di stupore e amarezza, visto che nell’inchiesta sarebbero coinvolti esponenti di centrosinistra e di centrodestra. Con vicinanza umana al presidente Del Turco, noi auspichiamo che egli sappia dimostrare la sua totale estraneità ai fatti che gli vengono contestati". Veltroni poi tende a rimarcare la linea garantista del partito: "Per noi un cittadino, fino all’ultimo grado di giudizio, deve essere considerato innocente. Ma al tempo stesso ribadiamo, come sempre, la piena fiducia nella magistratura auspicando che l’inchiesta, nel più breve tempo possibile, conduca a fare piena luce su tutta la vicenda".. Di Pietro - Di tutt’altro tenore, e non poteva essere altrimenti, i toni e le esternazioni dell’ormai pseudo/ex alleato del Pd, Antonio Di Pietro, che non perde tempo a suonare la carica: "È tornata Tangentopoli, con la differenza che chi veniva coinvolto allora si vergognava, mentre oggi questo non succede"; Anche se, secondo il leader Idv, "purtroppo non è tornata Mani pulite, sarebbe troppo difficile con questo Parlamento". Il riferimento particolare è ai commenti di Berlusconi, e dell’occasione da lui colta per tornare a parlare di separazione delle carriere per i magistrati: "Silvio Berlusconi non conosce nessun foglio di carta di quello che i magistrati in Abruzzo hanno accertato. Lì ci sono persone che si sono pentite e hanno confessato. Ora in quella regione -conclude di Pietro - è necessario un ricambio generazionale della classe politica". Il Partito socialista - Di lunga militanza socialista, oltre che sindacale, Ottaviano Del Turco trova solidarietà nelle parole di Riccardo Nencini, da poco eletto segretario del Partito socialista, che sulla vicenda che ha visto coinvolto il presidente della regione esprime "oltre la solidarietà umana, l’auspicio che non si esca dal solco garantista, e che non prevalga la tentazione di emettere sentenze di colpevolezza prima che la giustizia abbia compiuto il proprio corso". L’arresto di Ottaviano Del Turco ha messo in moto l’intero apparato regionale, per comprendere ora quanto sia concreto il ricorso a elezioni anticipate. L’articolo 44 dello Statuto attualmente in vigore, infatti, al quinto comma recita che "la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie del presidente della Giunta comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio". Tenaglia (Pd) - "Piena fiducia nella magistratura che sta operando con la massima attenzione e rispetto per i diritti delle persone coinvolte". Lo ha detto Lanfranco Tenaglia, abruzzese, ministro della Giustizia del governo ombra del Pd. Tenaglia ammette che "l’inchiesta della Procura di Pescara che vede il coinvolgimento di personalità di rilievo suscita incredulità e rammarico". Oltre all’esprimere "umana solidarietà agli indagati e nel richiamare il principio di non colpevolezza", Tenaglia spiega che "la gravità e la complessità dei reati contestati, che abbracciano un lungo periodo coinvolgendo esponenti regionali della giunta Pace di centrodestra e della giunta Del Turco, impongono chiarezza da parte della politica". "Da una parte, auspichiamo un rapido accertamento dei fatti e dall’altra non escludiamo la possibilità di ricorrere alla volontà sovrana dei cittadini", chiude Tenaglia. Bindi (Pd) - "Sono sorpresa e turbata dagli esiti delle indagini sulla sanità abruzzese. Conosco e stimo alcune delle persone coinvolte, che mi auguro potranno presto chiarire la loro posizione. La giustizia faccia rapidamente il proprio corso, nell’interesse della comunità locale e degli indagati". Lo ha detto Rosy Bindi, vicepresidente Pd della Camera dei Deputati. Marini (Pd) - Il senatore del Pd ed ex presidente del Senato, Franco Marini, in una nota afferma: "Sono sorpreso e turbato per le vicende della sanità abruzzese che vedono coinvolte persone, a cominciare dal presidente Del Turco e dagli assessori Mazzocca e Boschetti, che conosco da anni e che stimo per la serietà del loro lavoro e la correttezza dei loro comportamenti. La vicenda ha ovviamente scosso l’opinione pubblica della regione per la gravità delle accuse che vengono rivolte a molti degli indagati. Voglio però sottolineare - ha concluso Marini - che nessuno può essere ritenuto colpevole prima dell’accertamento delle prove e la celebrazione dei processi. Mi auguro che gli interessati possano subito dimostrare la loro estraneità ai fatti". Mantini (Pd) - "In Abruzzo, da molti anni, c’é troppa vecchia politica, ci sono diffuse prassi clientelari e il conto della mala-gestione della sanità lo pagano i cittadini". Così Pierluigi Mantini, deputato del Pd, che ha sottolineato "uno scatto di orgoglio della società civile e un profondo rinnovamento della politica" ed espresso "fiducia nella magistratura, che saprà motivare adeguatamente un provvedimento gravissimo". Il deputato del Pd augura inoltre al presidente Del Turco "di poter dimostrare la propria innocenza". In qualità di segretario della commissione Giustizia della Camera, stamattina Mantini farà visita al carcere di Sulmona, dove sono detenuti i politici abruzzesi, un carcere "purtroppo noto per i molti casi di suicidio". Sardegna: carceri affollate, servono almeno 200 agenti in più
Dire, 15 luglio 2008
Troppi detenuti e agenti insufficienti a garantire la sicurezza. Per evitare il tracollo, le guardie in servizio accettano di sacrificare ferie e giorni di permesso, organizzando turni di lavoro stressanti. La denuncia dei sindacati. Troppi detenuti, ma mancano gli agenti. Le carceri sarde sono ormai al tracollo a causa del sovraffollamento, non bilanciato con un adeguato numero di agenti penitenziari. A denunciarlo solo i sindacati Fp-Cgil, Sinappe Ussp, Osap e Fsa-Cnpp: praticamente quasi tutte le maggiori sigle che rappresentano gli uomini che ogni giorno garantiscono la vigilanza e la sicurezza all’interno delle case circondariali dell’Isola. Non è solo Buoncammino, il carcere cagliaritano già salito alle cronache nei mesi scorsi proprio a causa dell’elevato numero di detenuti, ma anche i penitenziari delle altre province e le colonie penali sarebbero in una situazione di grave emergenza. A soffrire, dunque, non ci sarebbero solo i detenuti, spesso costretti a vivere sotto lo spazio vitale previsto dalla legge: anche in quattro o sei per cella. Ma a pagare disagi pesantissimi sono anche le guardie carcerarie. Stando alla denuncia dei sindacati di polizia, sarebbe necessario un potenziamento solo per la Sardegna di almeno 200/250 agenti. "La situazione - hanno spiegato i sindacalisti della Polizia penitenziaria - è rimasta stagnante negli anni, ferma alla pianta organica del 2001. Una situazione difficile e non ci sembra che stiano per arrivare nuove assunzioni". I tagli alla spesa pubblica e soprattutto quello alle forze di polizia previsti dal Governo non fanno dunque ben sperare, anche perché l’allarme "tagli" sembra colpire indistintamente tutto il settore sicurezza (anche polizia e carabinieri). Pochi agenti in servizio, ma tanti detenuti. La soluzione, quindi, si gioca sul sacrificio dei giorni di ferie e delle giornate di recupero: turni di lavoro studiati per tappare i buchi d’organico ed evitare che le carceri restino senza vigilanza. I sindacati sardi hanno annunciato l’avvio dello stato di agitazione per ottenere condizioni di lavoro migliori con l’obiettivo di trovare un’intesa direttamente con il Governo. Napoli: Bruno Contrada scrive dal carcere "perché si sappia"
www.napoli.com, 15 luglio 2008
Il Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, Daniela Della Pietra, nella ordinanza a sua firma del 19.06.2008 di rigetto della ennesima istanza di differimento provvisorio dell’esecuzione (sic!), ha scritto, tra l’altro: "quanto all’età avanzata dell’istante, va detto che ben può comprendersi come per un soggetto anziano, affetto da alcune patologie, la privazione della libertà sia vissuta come "una sofferenza aggiuntiva" ma, secondo giurisprudenza, essa può assumere rilevanza soltanto quando si configuri di entità tale da superare il limite dall’umana tollerabilità"
Si pongono le domande: 1. quando si supera il limite dell’umana tollerabilità? 2. come si accerta che tale limite è stato superato? 3. chi deve o può stabilire che tale limite è stato o meno superato?
Per Cristo sulla croce, ciò si è accertato quando: "Et circa horam nonam clamavit Iesus voce magna dicens: Heli, Heli, lamma subcthani? Hoc est. Deus meus, deus meus, ut quid derelinquisti me?". Aveva superato "Il limite dell’umana tollerabilità!" Infatti poco dopo: "Iesus autem iterum clamans voce magna emisit spiritum". Si ebbe allora la prova e la certezza che il limite era stato superato!
"Soggetto anziano". È un vecchio di 77 anni! "Alcune patologie". Sono molte e non alcune: Alcune sono irreversibili e non suscettibili di miglioramento ma di peggioramento. "Sofferenza aggiuntiva". L’ordinamento giuridico di uno Stato civile e di diritto non la prevede e non la vuole.
Bruno Contrada detenuto nel Carcere Militare di Santa Maria Capua Vetere Napoli: giornalismo e solidarietà abbattono i "muri di gomma" di Tania Passa
www.articolo21.info, 15 luglio 2008
Padre Fabrizio Valletti è un prete gesuita che si occupa degli ultimi a Scampia, non lo fa solo per dovere morale, ma anche strategicamente, per migliorare il futuro di tutti e crede che la solidarietà sia il nodo per migliorare la società, napoletana ma non solo. Abbiamo parlato con lui di morti bianche e carcere.
A Scampia è morto un ragazzo 17enne, Un’altra delle troppe morti bianche, si incrociano così due drammatiche tensioni a Scampia? Molte situazioni paradossali vivono a Scampia e questa è una delle tante che accadono ogni giorno. Il dolore e l’ingiustizia convivono qui, in particolare insisto su due punti su cui non c’è chiarezza e prospettiva: la Cultura del lavoro e la Cultura al carcere.
Ci spieghi meglio… Riguardo la prima non c’è convergenza di progetto né da parte dall’imprenditoria, né da parte della popolazione che preferisce vivere alla giornata e non si dà metodo e disciplina, tanto che le povertà di tradizioni e le carenze di disciplina e metodo nel lavoro, qui sono la regola. L’imprenditoria ne approfitta e ci specula con un metodo infallibile, soprattutto nel campo dell’edilizia con il regime del subappalto. Le grandi aziende vincono gli appalti e poi subappaltano ad una miriade di piccole aziende composte a volte da non più di 2 - 3 operai compreso il proprietario, che distribuiscono salari bassissimi quasi sempre al nero senza mai un controllo, tralasciando le più elementari forme assicurative e di tutela. Il sistema va comunque avanti perché si basa sulla genialità e grandezza dei grandi lavoratori artigiani napoletani.
E la cultura del carcere? Qui molte famiglie sono interessate da fatti giudiziari, ma persiste una mancanza di protezione e tutela da parte dello Stato non solo del detenuto ma anche della famiglia. E questa protezione diventa monopolio quasi esclusivo della camorra. Nella Costituzione Italiana è previsto che ogni detenuto possa riscattarsi e ciò è anche previsto dalla sfera religiosa. Qui non avviene mai, anzi molto spesso quando il detenuto esce, per aiutarlo a ricominciare viene affiancato dai camorristi e quasi mai dallo Stato. Anche le famiglie vengono lasciate sole, sia dallo Stato che, spesso, dalla società civile. Così si trovano così ancora più a rischio perché i clan sfruttano tale solitudine. Eppure noi abbiamo una delle leggi più belle sulla riabilitazione del detenuto la Gozzini che però non viene mai applicata completamente
Scampia è l’emblema della criminalità, qui il futuro dei giovani lo ha già cancellato la camorra. Secondo il messaggio evangelico, è un dovere garantire a ciascuno il raggiungimento di una riappropriazione della coscienza… Sì. Uno degli obiettivi che ci proponiamo è quali siano le situazioni che possono portare le persone a riscattarsi. Per un laico è la riconquista della fiducia nell’uomo, su quello religioso è il recupero del rapporto con Dio secondo l’etica che ci ha insegnato.
Carovana bianca è un’iniziativa contro le morti bianche che l’ex ministro Cesare Damiano e Articolo 21 intendono fare per sensibilizzare i mass media . Su questo tema tv e giornali possono avere un ruolo di prevenzione? I giornalisti hanno una grande possibilità di monitorare il sistema e entrare nel vivo. Possono fare quello che non riescono a fare i controlli nei cantieri spesso le aziende vengono avvertite da una soffiata dell’arrivo delle forze di polizia. Dunque il giornalista può intervenire con i servizi di inchiesta. In Italia abbiamo una grande tradizione del giornalismo sociale che è riuscito, anche nel passato, ad intervenire là dove lo Stato è in difficoltà. Questo genere di giornalismo dovrebbe essere valorizzato.
Perché è giusto e strategico pensare agli ultimi? C’è una grande separazione in questo sistema sociale tra chi è garantito e chi no, chi è raccomandato e chi no, chi è amico di, e chi non lo è. Sono i cosiddetti muri di gomma che impediscono il futuro ai più deboli. Allo stesso tempo all’etica economica non interessa dare risorse a chi ha meno ed anzi la società del benessere chiude i cancelli agli ultimi. Eppure la vera sicurezza sociale sta proprio nell’aiuto, nella solidarietà e nella giustizia verso i più deboli e non nella militarizzazione della società. La repressione non risolve le cause e a lungo andare esaspera le coscienze. Bologna: ruppe il femore a una detenuta, agente condannata
Il Domani, 15 luglio 2008
Ruppe un femore a una detenuta per impedirle di utilizzare il cellulare in carcere. Per questo una vice sovrintendente di polizia penitenziaria in servizio nel carcere della Dozza, è stata condannata a due mesi di reclusione (pena sospesa), poi convertiti con una pena pecuniaria pari a 2.280 euro, per lesioni aggravate nei confronti di una detenuta. Secondo il giudice, l’agente, intervenuta legittimamente per sequestrare il telefono cellulare che la detenuta voleva utilizzare per contattare il proprio legale, "avrebbe palesemente utilizzato mezzi eccessivi" per impedire una violazione del regolamento carcerario. Un intervento che per i giudici è andato oltre "esorbitando dai corretti criteri di proporzione tra dovere di intervento, tipo di offesa alle norme dell’ordinamento penitenziario e scelta dello strumento adeguato per porre fine alla condotta". I fatti per i quali l’agente è stata rinviata a giudizio (l’undici luglio del 2007) risalgono al 15 marzo del 2003, quando la detenuta, arrestata dai carabinieri per violenza a pubblico ufficiale e lesioni, giunse alla Dozza. Qui cercò di utilizzare il telefonino e, nonostante l’invito di un’agente, si rifiutò di consegnarlo. Ne nacque una animata discussione che attirò l’attenzione della vice sovrintendente che, a quel punto decise di intervenire personalmente. Fin qui tutte le dichiarazioni dei testimoni, imputata e parte offesa comprese, collimano perfettamente. È nei minuti successivi che le versioni divergono. L’imputata ha sempre sostenuto di essere intervenuta correttamente e che, nel parapiglia, la detenuta è caduta a terra provocandosi la frattura. Una versione a cui i giudici non hanno creduto, anche sulla base delle testimonianze rese dai carabinieri che avevano "scortato" la detenuta in carcere. Secondo l’inchiesta, attivata dopo la denuncia presentata dalla donna, l’imputata la colpì con una violenta ginocchiata alla gamba, un colpo che la fece cadere rovinosamente a terra. Subito dopo, nonostante urlasse dal dolore, venne portata in cella di peso. Il mattino seguente al Rizzoli le diagnosticarono la rottura del femore destro con una prognosi complessiva di quattro mesi. La consulenza tecnica disposta dal pm stabilì la compatibilità tra la lesione riportata e la ginocchiata che la detenuta ha sostenuto d’aver ricevuto. Lo scorso 17 giugno il giudice Maurizio Passarini ha condannato l’imputata, concedendole le attenuanti generiche, perché "ha, per colpa, utilizzato metodi non proporzionati, ossia eccessivi, rispetto al motivo dell’intervento". Il giudice ha anche riconosciuto una provvisionale di 3.000 euro alla figlia della detenuta, costituitasi parte civile attraverso l’avvocato Corrado Francesco, visto che nel corso del procedimento la mamma è deceduta per cause naturali. Taranto: carcere fatiscente e insicuro, il Sappe lancia l'allarme
Il Velino, 15 luglio 2008
Il Sappe, nonostante da diverso tempo stia denunciando la grave situazione di fatiscenza del penitenziario tarantino che mette seriamente a rischio la salute e l’incolumità dei detenuti e del personale di polizia penitenziaria, deve registrare che nonostante le tante buone intenzioni non si è arrivati, a tutt’oggi, alla soluzione del problema. Il Sappe è ben cosciente che non è possibile sfollare tutto il carcere (circa 500 detenuti), considerata l’attuale situazione regionale e nazionale di sovraffollamento di detenuti, ma almeno liberare i piani detentivi uno per volta per fare i lavori urgenti, partendo dal terzo piano, quello più disastrato, sarebbe stata la soluzione più idonea per tamponare almeno l’emergenza e rendere più sicuri e salubri gli ambienti di lavoro e detenzione". È quanto si apprende in una nota del Sappe. "Invece così non è stato anzi, dove la situazione è al limite e in qualsiasi momento pezzi di cemento potrebbero staccarsi dai muri e dai soffitti per colpire detenuti e poliziotti penitenziari, la vita continua come se nulla fosse accaduto". "Il Sappe - si legge ancora nella nota - deve prendere atto dello sforzo compiuto dal provveditore regionale che ha cercato di sfollare una sezione e sta cercando di sfollarne un altra, ma ancora una volta i signori di Roma dell’amministrazione penitenziaria stanno vanificando ogni sforzo non concedendo uno sfollamento, seppur minimo, (meno di 100 detenuti) che avrebbe permesso la chiusura seppur provvisoria, del terzo piano detentivo per il tempo necessario per la messa in sicurezza della struttura. Per questi motivi, visto che l’amministrazione penitenziaria centrale assiste indifferente a questo scempio che si sta compiendo ai danni dei lavoratori e dei detenuti, si chiede l’intervento dei vigili del fuoco e dell’ispettorato del lavoro - prosegue il comunicato - per valutare la gravità della situazione e rendere inagibili tutti quei reparti che possono comportare rischi alla salute e all’incolumità dei detenuti e del personale di polizia penitenziaria. La situazione del penitenziario jonico purtroppo è la dimostrazione di un certo modo di fare, dove con colpevole disinvoltura si lascia la sorte di tante persone in mano al destino, salvo poi fare processi, dibattiti, proclami sulla sicurezza sul lavoro quando accadono tragedie". "Il Sappe non accetterà mai che i poliziotti penitenziari di Taranto, che fanno peraltro un lavoro pericoloso e complicato rischino di rimetterci la pelle per le colpevoli inadempienze di un’amministrazione penitenziaria cinica ed irresponsabile. Il Sappe non ha altre armi che denunciare questo stato di cose, chiedendo l’aiuto - conclude la nota - di tutti quelli che possono fare qualcosa, mass-media, magistratura, amministratori, politici affinché mettano l’amministrazione penitenziaria di fronte alle sue responsabilità assicurando sicurezza alle persone nonché certezza economica, poiché i pochi soldi disponibili non riusciranno a coprire le spese di messa in sicurezza del carcere Jonico". Rovigo: venerdì "Il carcere in piazza… per non dimenticare"
Dire, 15 luglio 2008
A Rovigo la manifestazione del Coordinamento dei volontari della casa circondariale: una serata di riflessione, musica, poesia e racconti sulla condizione carceraria. Parteciperanno alcuni detenuti che leggeranno un loro comunicato. "Non riuscirò mai ad abituarmi a incontrare persone ridotte in cattività, al rinchiudere in pochi metri quadrati idee, pulsioni, sentimenti, odi, rancori, paure, dolori, strazi, lontani dal pulsare della vita e condannati soprattutto a essere out". Livio Ferrari il carcere lo conosce bene: da anni vi opera come volontario, è presidente del Centro Francescano d’Ascolto e in passato lo è stato del Seac (Coordinamento delle associazioni di volontariato penitenziario). Nel suo libro "In carcere scomodi" (Franco Angeli Editore) commentava così la condizione di un detenuto. Una condizione che pochi conoscono, così poco propensi a chiedersi cosa ci sia e chi viva dietro le sbarre. Ecco perché il Centro Francescano d’Ascolto e il Coordinamento dei volontari della Casa Circondariale di Rovigo in collaborazione con gli assessorati alle Politiche sociali del Comune e della Provincia e al carcere cittadino, questo mondo per un giorno lo portano nel centro della città, in piazza. L’iniziativa si svolgerà venerdì 18 luglio, alle ore 21.00 nella centrale piazza Vittorio Emanuele II. Sarà una serata di riflessione, musica, poesia e racconti sulla condizione carceraria con gli attori Ivana Monti ed Andrea Bagno, il cantautore Claudio Lolli accompagnato alle chitarre da Paolo Capodacqua e al sax da Nicola Alesini. Per l’occasione usciranno in permesso dall’istituto penitenziario dei detenuti che assisteranno all’evento e leggeranno un loro comunicato. "Sono circa 7.800 i volontari che continuativamente entrano nelle carceri italiane nel corso dell’anno – spiega Ferrari –, una presenza numerosa che finora non è servita per modificare i drammi che dentro le mura si consumano". E con l’occasione rileva "un aumento significativo di presenze, nonostante l’indulto, considerato che siamo ritornati al sovraffollamento con circa 54mila persone recluse nei 207 istituti per adulti, che hanno una capienza complessiva per circa 42mila posti. Con l’arrivo del caldo dell’estate, come accade da troppi anni, aumenta l’emergenza in quanto le celle diventano invivibili sia dal punto di vista umano e soprattutto igienico". La serata di venerdì sarà dunque anche l’occasione di mandare, da parte dei volontari, un messaggio al Parlamento chiedendo "un segnale che superi le inutili e illusorie promesse partorite negli anni precedenti: bisogna fare qualcosa di concreto per ridurre la presenza di detenuti nelle carceri italiane, diminuendo così violenze e morti che tutti i giorni segnano questi luoghi di vendetta, di cui il mondo politico deve sentire la responsabilità oggettiva". Immigrazione: Lampedusa; strage ad un passo dalla salvezza di Francesco Viviano
La Repubblica, 15 luglio 2008
Lampedusa, una nave militare aveva raggiunto il gommone dei clandestini. 3 morti e 25 dispersi. Il ministro Maroni: "La Libia non attua gli accordi presi. Così il flusso continuerà". "Assistiamo impotenti a queste tragedie che si consumano sotto i nostri occhi mentre tentiamo di salvarli. Così ne ho visti morire a decine proprio quando pensano di essere ormai salvi. Quando credono che la loro odissea si è conclusa e vedono le nostre navi che si avvicinano per soccorrerli perdono la testa, cominciano ad agitarsi su quei gommoni stipati come sardine e l’imbarcazione si capovolge. Molti riusciamo a recuperarli, molti altri no e tra loro spesso ci sono donne e bambini. Quasi nessuno sa nuotare e quando finiscono in mare bastano pochi secondi per morire, sotto i nostri occhi. Così è successo anche oggi". È l’amara testimonianza di uno dei marinai delle navi della Marina Militare italiana che da mesi pattugliano le acque tra Lampedusa e Malta che già per migliaia di clandestini sono diventate una tomba. Gli ultimi affogati sono stati contati ieri mattina dall’equipaggio della nave "Fenice" della Marina Militare che incrociava nella zona dov’era stato segnalato un gommone di poco più di otto metri con a bordo ben 76 clandestini. Alla vista dei soccorritori gli immigrati si sono agitati. Il canotto si è rovesciato. Soltanto cinquantuno sono riusciti ad essere salvati dai marinai italiani. Di altri 25 clandestini, e fra loro anche alcune donne e bambini, in pochi secondi sono stati inghiottiti dal mare che, mano a mano che passava il tempo, s’ingrossava sempre di più rendendo difficili le operazioni di soccorso. Tre cadaveri sono stati visti galleggiare, ma non è stato possibile recuperarli. L’ultima tragedia di questi disperati si è consumata a 75 miglia a sud est di Lampedusa dove il gommone era stato segnalato dalla base operativa maltese dove ha sede il gruppo "Frontex", un organismo interforze che pattuglia quella zona di mare. E tutto è successo quando la nave "Fenice" ha raggiunto l’obiettivo. "Le condizioni del mare non erano proprio buone ed allora abbiamo messo in acqua una imbarcazione per avvicinarci al gommone. Molti di loro si sono però alzati, chiedendo aiuto e sventolando magliette, alcuni hanno paura di essere "abbandonati" (accade spesso che navi mercantili che incrociano imbarcazioni di clandestini "non vedono" e tirano dritto, ndr) ed è anche per questo - dice un ufficiale di Marina - che perdono la calma". I 51 superstiti sono stati poi trasbordati sulla Fenice in attesa dell’arrivo di altre motovedette che provvederanno a trasferirli nel centro di accoglienza di Lampedusa, dove ieri sera sono arrivati altri 400 clandestini a bordo di un barcone e di due gommoni, soccorsi al largo dai pattugliatori della Guardia di Finanza e della Marina Militare. E il centro di accoglienza di Lampedusa, come spesso è accaduto, ha superato la capienza massima di circa settecento posti: ieri i clandestini ospitati erano più di mille. Tra oggi e domani saranno allestiti voli speciali per trasferirli in altri centri sulla terraferma. "Ormai siamo abituati a emergenze del genere, certo non è facile tenere testa a oltre mille persone ma nessuno rimane digiuno e senza vestiti" dice uno dei responsabili del centro di accoglienza dell’isola. Nelle ultime 24 ore le condizioni del mare sono peggiorate e tutti sperano che questo possa scoraggiare altre partenze. Ma il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, a questo proposito ha commentato: "Senza il pattugliamento nelle acque libiche è difficile pensare di bloccare il flusso di immigrazione. Abbiamo sei motovedette pronte. Ma il governo libico deve dare l’ok all’attuazione dell’accordo già sottoscritto con il ministro Amato. La visita di Berlusconi a Gheddafi, evidentemente, non è bastata". Immigrazione: Arci; i rom schedati a scuola. Maroni: è falso di Vladimiro Polchi
La Repubblica, 15 luglio 2008
Sulla "schedatura" dei Rom, la polemica si sposta dai campi nomadi alle scuole. La denuncia parte dall’Arci: "I prefetti stanno chiedendo di fornire i dati relativi agli alunni Rom, Sinti e Camminanti". La replica arriva dal ministro dell’Interno: "Accuse false e prive di fondamento; d’ora innanzi alle diffamazioni risponderò con le querele". Il caso scoppia al Meeting antirazzista di Cecina. L’Arci denuncia che i prefetti, su disposizione del Viminale, starebbero pretendendo dai dirigenti scolastici l’elenco degli alunni frequentanti, o nuovi iscritti, stranieri e soprattutto rom. Ne nasce un botta e risposta col ministro dell’Interno: "Ho deciso - è la replica di Maroni - di non rispondere più agli insulti, compreso quest’ultimo dell’Arci che definisce la nostra azione come discriminatoria e razzista. Non posso più accettare come ministro di essere trattato in questo modo sulla base di accuse false. L’Arci sta facendo una campagna denigratoria e d’ora in avanti presenterò querela per diffamazione". A stretto giro arriva la controreplica di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci: "È lo stesso ministero dell’Interno a confermare la richiesta di dati sugli studenti stranieri nelle scuole. Ho parlato con il capo del dipartimento libertà civili, il prefetto Mario Morcone, che mi ha confermato che ogni anno il ministero chiede i dati sulla presenza degli alunni stranieri". Dunque qual è la novità? "Per la prima volta, quest’anno - risponde Miraglia - sui moduli (e uno ce l’ha mandato una insegnante di Modena) si chiede di avere i dati specifici su Rom, Sinti e Camminanti". Chiamato in causa, il prefetto Mario Morcone si smarca: "Dopo aver tentato una sgradevole strumentalizzazione del nulla, Filippo Miraglia cerca di salvare la propria verginità tirandomi in ballo". Morcone sostiene infatti che non c’è nessuna "schedatura" , ma solo "una circolare del 2003 diretta ai consigli territoriali per l’attività di monitoraggio della presenza e della vita degli stranieri in Italia" e che coinvolge anche il mondo delle associazioni. Nella polemica interviene poi la prefettura di Napoli, che da un lato smentisce che dal Viminale sia "pervenuta alcuna richiesta" di una schedatura degli studenti rom; dall’altra conferma che "il commissario per l’emergenza nomadi in Campania sta verificando presso la direzione scolastica regionale le dichiarazioni rese dai censiti degli insediamenti nomadi circa la frequenza della scuola dell’obbligo da parte dei propri figli". Insomma, un controllo sulla scolarizzazione dei rom, almeno a Napoli è in corso. Come peraltro previsto nelle ordinanza speciali del 30 maggio scorso. E mentre a Roma è pronto a partire il censimento, il presidente Ue, José Manuel Barroso, chiede che si trovi "una soluzione compatibile con i principi europei". Droghe: la Francia rilancia prevenzione su tossicodipendenze
Notiziario Aduc, 15 luglio 2008
Le spie luminose sono rosse: il consumo di droga non smette d’avanzare e l’alcol continua a fare danni, in particolare tra i giovani. Per tentare di ribaltare queste tendenze inquietanti, il 9 luglio il governo ha svelato il suo piano antidroga per i prossimi quattro anni, con le sue circa 139 misure dal costo complessivo di 87,5 milioni di euro. Un dispositivo fondato particolarmente sul rilancio di una forte politica di prevenzione. "Per anni, abbiamo creduto di poter farla finita con la droga. Oggi, sappiamo che sradicarla non è possibile", ha esordito il presidente di Mission interministerielle de lutte contra la drogue et la toxicomanie (Mildt). Senza disapprovare apertamente le politiche pubbliche precedenti che hanno contribuito a migliorare l’assistenza sanitaria dei consumatori, Etienne Apaire ha indicato che esse non sono state in grado di ridurre il consumo di sostanze illegali per carenza di politiche di prevenzione. Con 1,2 milioni di consumatori regolari di cannabis, la Francia è così divenuta il terzo paese consumatore d’Europa. Dal 2002, i consumi di cocaina e droghe sintetiche si sono moltiplicati per due e l’alcol è sempre più onnipresente tra i giovani con il "binge drinking", la pratica anglosassone che consiste nell’ubriacarsi il prima possibile. Altra tendenza inquietante segnalata dal rapporto governativo: l’età sempre più precoce d’iniziazione alle diverse sostanze psicoattive. È di 11 anni per l’alcol, di 12 anni per il tabacco e dai 14 ai 15 per la cannabis. Anzitutto educare e informare la popolazione sui danni di queste sostanze: è il credo del governo per tentare d’abbassare la curva ascendente dei consumatori. Campagne di prevenzione coordinate dagli istituti scolastici si rivolgeranno ai giovani ma anche ai genitori, troppo spesso indifesi di fronte ai problemi dei loro figli. Campagna d’informazione e di comunicazione, creazione di un sito Internet d’aiuto e di servizio dovrebbero presto vedere la luce. In parallelo, il governo conta d’impegnarsi in una politica di grande fermezza. Si metteranno in azione i mezzi per combattere il commercio di droga via Internet. Riguardo all’alcol, il piano prevede il divieto di vendita nei luoghi pubblici ai minori di 18 anni e il bando totale nei pressi degli edifici scolastici. Si ripromette inoltre di assestare un colpo definitivo agli open bar (offerta a volontà d’alcol). Inoltre, Etienne Apaire ha annunciato che i trafficanti saranno puniti soprattutto a livello di portafoglio. Mentre i traffici di stupefacenti generano enormi profitti, i beni sequestrati sono pochi, ha ricordato l’ex magistrato. Secondo il rapporto del governo, "le somme confiscate in Francia nel quadro di affari di stupefacenti restano molto al di sotto dei risultati ottenuti da numerosi dei nostri vicini europei". Per questo tra poco sarà messo a punto un dispositivo di gestione dei sequestri, e la Francia conta di moltiplicare gli accordi bilaterali con gli Stati in vista di confische di beni localizzati all’estero. Sul piano internazionale saranno avviate diverse azioni. Una delle priorità: rafforzare la cooperazione tra i paesi, in particolare con quelli del Mediterraneo al fine di sezionare le rotte marittime delle filiere tra il Maghreb e l’Europa. Ma braccare i narcotrafficanti provoca effetti indesiderati. Così, la Francia diventa produttrice di cannabis in misura tutt’altro che trascurabile. Secondo l’Osservatorio francese per le droghe e le tossicomanie, sul territorio francese si sarebbero piazzati 200.000 coltivatori di cannabis, in grado di garantire una produzione di 32 tonnellate l’anno, ossia oltre il 10% della quantità consumata. Indonesia: boom traffico di droghe, torna la pena di morte?
Notiziario Aduc, 15 luglio 2008
L’Indonesia ha ritirato fuori la pena capitale per i reati più gravi connessi alle droghe. Non accadeva da quattro anni: il Procuratore Generale ha minacciato che se non ci sarà un’inversione di tendenza nel mercato della droga, i grandi narcotrafficanti già nel braccio della morte vedranno avvicinarsi la loro ultima ora. Fu la Corte Costituzionale, con una sentenza dell’anno scorso, a ribadire che non c’è problema a, di fatto, ammazzare qualcuno perché vende droga. Due nigeriani in carcere per narcotraffico sono stati i primi a cadere vittime di questa nefandezza: Samuel Iwachekwu Okoye e Hansen Anthony Nwaliosa sono stati uccisi dallo Stato indonesiano il 26 giugno 2008 con la rituale fucilazione di squadra. I boia armati sono 12 e mirano al petto. Amnesty International spiega che però questa barbarie, soprattutto per questo genere di reati, non trova grande consenso nel paese. Nel 2006 le pene di morte eseguite furono "soltanto" tre, a fronte del migliaio della Cina nel 2007, le 177 dell’Iran, le 82 del Pakistan e le 53 degli Stati Uniti. Vietnam: abolire la pena di morte per tangentisti e truffatori
Associated Press, 15 luglio 2008
Il Governo Vietnamita sta valutando una proposta del Ministero di Pubblica Sicurezza per abolire la pena di morte per 12 crimini, dopo le forti prese di posizione delle organizzazioni in difesa dei diritti umani e di diversi Paesi sull’elevato numero di detenuti mandati davanti al plotone di esecuzione. Nelle raccomandazioni del Ministero di Pubblica sicurezza si suggerisce di eliminare la pena capitale per crimini come frode, tangenti e contraffazione di denaro, stando a quanto si legge oggi sul quotidiano Vietnam News. Le raccomandazioni devono ora essere approvate dall’Assemblea nazionale. Il provvedimento mira a rendere il sistema giudiziario vietnamita più umano e in linea con gli altri Paesi, ha dichiarato al quotidiano il Direttore del Dipartimento giuridico del ministero, Nguyen Ngoc Anh. Già nel 1999, l’Assemblea nazionale ridusse a 29 i crimini punibili con la pena di morte, contro i precedenti 44. Le cifre sulle esecuzioni capitali sono un segreto di stato in Vietnam. Tuttavia, Vietnam News scrive oggi che nel 2006 sono state 116 le persone giustiziate, 95 nel 2007. India: giovane detenuto italiano, il padre deluso dalla politica di Gabriele Polizzi
www.italiachiamaitalia.net, 15 luglio 2008
Giovanni Falcone, padre di Angelo, giovane italiano detenuto in India, torna a farsi sentire. Con una lettera inviata alla redazione di Italia chiama Italia, dichiara di aver appreso "con soddisfazione delle scuse del Governo Spagnolo all’Italia, dopo che queste sono state chieste con forza dal Ministro Frattini". Tra l’altro - ammette Falcone - è la seconda volta che la Spagna ha dovuto farlo in pochi mesi; finalmente - spero - le cose incominciano a cambiare". Secondo il padre di Angelo, "fino adesso eravamo diventati lo zimbello del mondo e questo si è ripercosso sui cittadini Italiani in giro nel mondo a vario titolo, ogni scusa era buona per bloccarli e sbatterli in galera, privarli dei diritti elementari legislativi e umani senza che mai nessuno abbia osato alzare un dito per difenderli". Nella sua lettera, indirizzata al direttore Ricky Filosa, dopo aver ricordato i casi di alcuni altri detenuti italiani all’estero - come quello di "Federico Boux, detenuto nelle Seycelles, portato in tribunale in una situazione pietosa per i pestaggi subiti" - Falcone scrive: "Noi dobbiamo sperare in gente come Lei e altri giornalisti di quotidiani e tv locali, a qualche radio locale che ci danno spazio, un grazie particolare anche ai due free lance fotografo e giornalista che sono andati a trovare Angelo correndo grossi rischi. È a voi e solo a voi che va il nostro grazie e facciamo arrivare il nostro grido di dolore e disperazione". Falcone è deluso dalla politica - "meglio non parlarne" - e ancora di più dalla Chiesa - "la grande assente". "Speravo tanto in questo governo, però già mi hanno detto di aspettare a settembre, e intanto il tempo passa. Fanno presto loro, forse pensano che i ragazzi sono in ferie nei migliori villaggi turistici in posti esotici. Il Pd poi, adesso tenta di alzare la voce: non ho mai letto tante interviste di Danieli e Narducci. Mi chiedo: prima dov’erano?": con questo interrogativo Giovanni conclude la sua nota. Italia chiama Italia continuerà certamente a dare spazio al caso Falcone come ad altri, e ci prendiamo l’impegno di pungolare più possibile i rappresentanti delle nostre istituzioni perché possano fornire al più presto soluzioni concrete non solo a Falcone e a suo figlio Angelo, ma a tutti coloro che si trovano in una situazione simile.
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