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Giustizia: monitoraggio Dap, in regola solo il 16% delle celle
Ristretti Orizzonti, 6 febbraio 2008
Solo il 16% delle camere che ospitano i detenuti nelle carceri italiane può ritenersi corrispondente agli standard previsti dal regolamento penitenziario (servizi igienici in un vano separato, disponibilità di acqua calda e doccia): è quanto si desume da un monitoraggio realizzato dal Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) sullo stato di attuazione del regolamento. Sono infatti appena 4.763 le camere detentive che rispettano le condizioni igieniche previste dal regolamento su un totale di 28.828. Altre 1.753 sono in via di adeguamento attraverso ristrutturazioni o nuove costruzioni. Un po’ meglio vanno le cose per quanto riguarda le sale colloqui: superano infatti il 50% (272 su 530) quelle nelle quali sono stati aboliti i vetri divisori. In tutti gli istituti di pena non è stato ancora fatto nulla per separare le camere dei detenuti non fumatori da quelle dei fumatori. Il numero degli asili nido per madri detenute è invece salito a 37. "Di tali dati - scrive il rapporto del Dap - si terrà debito conto nelle prossime programmazioni di spesa e nella enucleazione in tutte le sedi delle esigenze di finanziamento del Dipartimento, pur nella realistica consapevolezza che il completo adeguamento richiederebbe l’investimento della somma approssimativa di 400 milioni di euro". La realizzazione delle previsioni degli art. 134 e 135 del regolamento era prescritta in cinque anni da una norma contraddittoria che aggiungeva, smentendo quello che prima aveva prescritto, che le relative ristrutturazioni avrebbero dovuto essere attuate "secondo gli interventi di edilizia penitenziari resi possibili dalle possibilità di bilancio": disponibilità che hanno conosciuto negli ultimi sette anni un trend costantemente decrescente. A parte la scarsità dei mezzi finanziari un’altra difficoltà è stata infatti rappresentata dal sovraffollamento delle carceri dal momento che le ristrutturazioni da una parte richiedono temporanei svuotamenti di interi reparti e, dall’altra, comportano una riduzione delle camere detentive "per la necessità di destinare una cella su tre ai nuovi servizi igienici da collocare in vani separati" sicché sarebbe necessario prevedere, accanto alle ristrutturazioni la costruzione di nuovi padiglioni detentivi nei diversi istituti di pena. In definitiva per quanto riguarda gli aspetti logistici il rapporto evidenzia come: non siano uniformemente e completamente garantire neppure le disposizioni riguardanti l’areazione e l’illuminazione dei locali; nella stragrande maggioranza dei casi le docce siano ubicate nelle sezioni; siano ovunque inesistenti esistenti le camere per i detenuti non fumatori.
Lavori di ristrutturazione e nuove costruzioni
Il Rapporto informa che sono in corso, anche ai fini dell’adeguamento al Regolamento, i seguenti lavori di ristrutturazione:
"A seguito di ulteriore stanziamento - prosegue il rapporto - di euro 55.450.000 successivamente ottenuto, in aggiunta all’originaria somma di euro 43.681.662.00, è stato possibile disporre nuovi lavori relativi alla realizzazione di 4 padiglioni detentivi, da 200 posti ciascuno, presso gli Istituti Penitenziari di Agrigento, Carinola, Cremona e Terni, con conseguente creazione di 1.460 nuovi posti, (adeguati al regolamento) e l’adeguamento regolamentare di 720 posti, già esistenti. Per il prossimo mese di febbraio è poi prevista l’ultimazione di un nuovo padiglione detentivo, per 350 posti, presso la C.C. Milano Bollate; inoltre sono stati recentemente appaltati i lavori di realizzazione di 3 nuovi padiglioni, di 200 posti ciascuno, presso i penitenziari di Avellino, Cuneo e Velletri. Con finanziamenti già disponibili saranno poi appaltati entro il corrente esercizio i lavori di costruzione di 3 nuovi padiglioni, di 300 posti ciascuno, presso gli istituti di Catanzaro, Palermo Pagliarelli e S.M. Capua Vetere. Se lo consentiranno le disponibilità finanziarie per gli anni 2008-2009, le priorità già evidenziate potrebbero consentire la realizzazione in detti anni di 8 padiglioni presso 8 ulteriori istituti".
Carenze nelle attività trattamentali
Ugualmente carente l’attuazione del regolamento, secondo il rapporto, per quanto riguarda le attività trattamentali che dovrebbero presiedere al recupero, alla rieducazione e al reinserimento sociale del detenuto. A questo proposito:
Tratto da "Carcere e Diritto" di gennaio 2008 Newsletter del Garante dei diritti dei detenuti di Roma Giustizia: dopo l'indulto, questo è stato l’anno del disincanto di Franco Corleone (Garante dei diritti dei detenuti di Firenze)
Ristretti Orizzonti, 6 febbraio 2008
Tratto dalla relazione al Consiglio Comunale sulla attività del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale nel Comune di Firenze, Franco Corleone. La relazione dell’anno scorso manifestava con chiarezza il rischio che l’occasione unica e irripetibile determinata dall’approvazione dell’indulto per una riforma del carcere fosse sprecata. Soprattutto veniva denunciata la campagna mediatica di criminalizzazione del provvedimento di clemenza dipinto come origine e causa dell’aumento della criminalità e del diffondersi del clima di insicurezza collettiva. Il linciaggio è proseguito per tutto il 2007. Non c’è articolo di cronaca su episodi delittuosi che non espliciti il fatto che l’autore del reato era in libertà a causa dell’indulto, senza mai specificare quando sarebbe uscito per fine pena senza abbuono e senza indicare la sua misura. Non sono servite le precisazioni sulla realtà dei fatti ed è stata sempre trascurata la presentazione di dati inconfutabili. La cosiddetta percezione ha travolto l’oggettività e i pochi che non si sono pentiti di una scelta di giustizia e umanità sono stati costretti sulla difensiva. Così il clima giustizialista ha impedito che fossero messe nell’agenda politica le misure indispensabili per evitare il riproporsi della drammatica realtà del sovraffollamento delle carceri determinato dalla presenza di leggi che affrontano in termini puramente repressivi fenomeni sociali come la tossicodipendenza e l’immigrazione. Fra un anno, in assenza di una azione riformatrice, assisteremo al paradosso per cui si sosterrà da parte dei detrattori, con una lettura strumentale dei dati, che l’indulto è stato una misura inutile e dannosa. Per quanto mi riguarda ritengo incredibile che dopo quasi ottanta anni di vita del Codice Rocco, ancora non sia messa all’ordine del giorno l’approvazione di un nuovo Codice Penale adeguato alla realtà dei principi della penalizzazione di fattispecie criminali tipiche del nostro tempo. Purtroppo si è perduta anche l’occasione determinata dall’eccezionale sfollamento (da 62.000 presenze a 38.000) per un progetto di ridefinizione della funzione dell’istituzione penitenziaria in modo da renderla aderente al dettato costituzionale. Occorreva cioè un piano di lavoro di ristrutturazione per rendere le strutture aderenti allo spirito e alla lettera del Regolamento che era rimasto lettera morta per cinque anni per colpevole responsabilità di chi dipingeva le galere come hotel a quattro o cinque stelle. Nulla è accaduto invece. Le giustificazioni si sprecano, ovviamente. Per prima la mancanza di risorse; in verità la carenza risiede nella volontà politica e nella dimensione culturale. In realtà il Dap nei mesi scorsi ha svolto un’analisi dello stato di attuazione del Regolamento a sette anni dalla sua entrata in vigore, riconoscendo che quel testo è fondamentale per l’affermazione del rispetto dei diritti di libertà, per la necessità di strutture idonee a garantire la dignità dei reclusi e garanzia dell’attività trattamentale. Il monitoraggio ha dato dati sconfortanti. Solo il 16% (4.763) delle camere detentive (28.828) risultano adeguate al Regolamento; 1.753 celle sono in via di ristrutturazione. Per le sale colloqui solo il 50% è privo di mezzi divisori: 272 su 530. Gli asili nido presenti sono 37. L’organico degli educatori prevede un numero di 1.376 unità, ma in servizio sono solo 668. Il documento del Dipartimento riconosce la scarsezza del lavoro per i detenuti, il non rispetto della regionalizzazione per l’esecuzione della pena e una assistenza sanitaria a macchia di leopardo. Per quanto riguardo la Toscana su 2.253 celle, solo 328 hanno l’acqua calda e solo 238 sono provviste di doccia. Le responsabilità sono tante e vanno attribuite a diversi soggetti: al Parlamento, al Governo e all’Amministrazione Penitenziaria. Per onestà intellettuale devo ricordare che nella Legge Finanziaria è stata presentata una norma per la definitiva attuazione del Decreto Legislativo 230 del 1999 riguardante il passaggio della Medicina Penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale. Si tratta di una riforma fondamentale per garantire il diritto alla salute del cittadino privato della libertà. La realizzazione di questo principio va nel senso di sottrarre il carcere alla autoreferenzialità e di aumentare il tasso di trasparenza. L’applicazione di questa riforma richiederà risorse adeguate per raggiungere l’obiettivo di migliorare le prestazioni sanitarie; occorrerà un monitoraggio attento nelle diverse fasi di realizzazione anche per non mortificare le esperienze presenti e per motivare le nuove energie. In Toscana si è favoriti dalla presenza di una legge regionale approvata due anni fa sulla competenza del servizio sanitario pubblico che già si è realizzata con la distribuzione dei farmaci. Una attività puntuale sulla prevenzione dovrebbe garantire una vita in carcere fatta di attività, studio, lavoro e non di sedentarietà e chiusura nelle celle per troppe ore al giorno. Per i detenuti tossicodipendenti dovrà essere applicata rigorosamente la normativa che prevede misure alternative al carcere e che troppo spesso rimane sulla carta. Non solo non sono state abrogate o profondamente modificate la legge Fini - Giovanardi sulle droghe, la Bossi - Fini sull’immigrazione e la Cirielli sulla recidiva; altre riforme sono rimaste nel cassetto: ricordo la riforma dell’Ordinamento penitenziario predisposta da Alessandro Margara e la previsione dell’affettività in carcere. E ancora l’inserimento nel Codice penale del reato di tortura e, infine, l’approvazione della figura del Garante per i diritti dei detenuti, che giace da sei mesi al Senato dopo il via libera della Camera dei Deputati, seppure in una fase non pienamente soddisfacente. A questo proposito non posso nascondere anche la delusione per la mancata attuazione da parte della Regione Toscana della legge istitutiva del Garante regionale, avvenuta due anni fa. Il Garante di Firenze continua a ricevere denunce e segnalazioni da tanti istituti della regione, in particolare da San Gimignano, Prato e Livorno senza potere efficacemente intervenire. Si potrebbero aggiungere molte riflessioni su tante questioni aperte, ma la presentazione avvenuta il 17 dicembre scorso del volume "Ordine e Disordine" che raccoglie i dati dell’Osservatorio sul carcere in Toscana della Fondazione Michelucci, esime dal riproporre ulteriori considerazioni rispetto a quelle così attuali e approfondite e che sono disponibili assieme a questa relazione. Nonostante le ombre che si stagliano sul cielo del carcere, l’impegno quotidiano per migliorare la vivibilità negli istituti fiorentini è proseguito con costanza e con passione. Per il prossimo anno è difficile appellarsi all’ottimismo della volontà, essendo molto più fondato il pessimismo della ragione. Non vorremmo addirittura che prendesse corpo la profezia di Leo Longanesi, secondo il quale in Italia di progressivo c’è solo la paralisi. Giustizia: la persecuzione a Susanna e... le mancate riforme di Franco Corleone (Garante dei diritti dei detenuti di Firenze)
Il Manifesto, 6 febbraio 2008
La campagna: l’ex brigatista Susanna Ronconi "accusata" di lavorare in una cooperativa sociale che si occupa di detenuti. Le mancate riforme: chiudere con gli anni 70, riformare il codice penale, cambiare la legge sulle droghe. Nel dicembre del 2006 si scatenò la caccia alla donna, per la precisione contro Susanna Ronconi, inserita dal ministro Ferrero tra i 70 membri della Consulta sulle tossicodipendenze. Una scelta dettata dalla competenza testimoniata da importanti studi, dal lavoro di base nel volontariato della bassa soglia, dall’essere presidente di Forum Droghe e punto di riferimento per tanti operatori. La polemica nata a Padova si estese al Parlamento con una mozione di sfiducia verso il ministro, con una denuncia alla magistratura per abuso d’ufficio. Di fronte all’aggressione dei fascisti e del deputato Naccarato, esponente dei Ds, la politica tranne poche e lodevoli eccezioni tacque e accettò il ricatto dell’Italia dei Valori. Susanna Ronconi si dimise con una lettera a Ferrero, che contestualmente annullava la nomina. Una conclusione che segnava la debolezza ormai cronica della sinistra, incapace di rivendicare i principi costituzionali rispetto al giustizialismo. In questi giorni, grazie a una campagna di disinformazione del Corriere della Sera si è messa in discussione non la partecipazione a una Istituzione Pubblica (sic!) come si denunciò l’anno scorso sulla scia delle polemiche contro Sergio D’Elia eletto segretario di Presidenza a Montecitorio, ma addirittura la possibilità di lavorare con una cooperativa sociale che ha avuto l’affidamento di un progetto per il reinserimento nel mondo del lavoro di detenuti. Di fronte a un nuovo linciaggio che potrebbe avere come conseguenza la messa al bando dal consorzio civile di una persona che in quanto ex terrorista avrebbe solo il diritto di scomparire o di girare con una stella gialla, è stato lanciato un appello di solidarietà che ha come primi firmatari don Ciotti, Paolo Beni, Lucio Babolin, Patrizio Gonnella, padre Camillo De Piaz, Grazia Zuffa, Sandro Margara, Emilio Santoro e a cui finora hanno aderito oltre 400 persone tra cui don Gallo, Marco Pannella e l’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida. Questa vicenda, che costituisce oltretutto un pericoloso precedente, non può rimanere confinata nei blog o nei siti di internet. Può aiutarci a fare una riflessione sullo stato del diritto e della giustizia in questo disgraziato Paese. Assistiamo impotenti e muti all’espressione di una visione primitiva del diritto e a una concezione della giustizia come pura ritorsione. Non solo per certi reati la lettera scarlatta dell’infamia non può essere rimossa. Mai. Si richiede una sorta di pena di morte simbolica, dunque. Ora non ci si limita infatti più alla richiesta di silenzio e di non occuparsi di politica in tutte le forme, anche quelle di servizio, ma addirittura si nega il diritto a poter lavorare che è la precondizione del reinserimento sociale. Forse questi autorevoli opinionisti sarebbero disposti ad accettare che gli ex terroristi lavorassero in miniera o alla Tyssen Krupp, ovviamente senza diritto di sciopero o di protesta. È una delle tante forme dell’incattivimento e dell’incarognimento della nostra società, prodotto da campagne mediatiche che spingono all’odio e alla gogna a distanza di 30 anni dalla lotta armata. Dopo quella tragedia collettiva, si cercò di individuare una soluzione politica. L’approvazione nel 1987 della legge sulla dissociazione era il frutto parziale e timido di un dialogo basato sul riconoscimento degli errori e degli orrori e sull’affermazione del ripudio della violenza. Dopo di allora i tentativi di riconciliazione attraverso un provvedimento di indulto si arenarono, lasciando al tempo di chiudere una pagina dolorosa. Ma il tempo non è una medicina e addirittura si vendica. E oggi, tra la demonizzazione del sessantotto e il trentennale dell’assassinio di Aldo Moro, si materializza la vendetta. Invece della riconciliazione si espande lo spirito forcaiolo che ad esempio nella polemica sull’indulto ha manifestato il suo volto peggiore. Le associazioni dei parenti delle vittime hanno assunto un ruolo funzionale alla strumentalizzazione più bieca. Il dolore e la memoria rappresentano un valore da rispettare, a 360 gradi, ma quando assumono un connotato politicista che contrasta con sentimenti umani legati alla consapevolezza dell’irreparabilità della perdita e della scomparsa dei propri cari, inevitabilmente destano perplessità. Nel 1996 anche alcuni deputati di Alleanza Nazionale avevano presentato una proposta di legge sull’indulto per chiudere una stagione che pareva infinita. Non se ne fece nulla. Poi c’è stata la gelata del governo Berlusconi e con questa legislatura che sta per finire si sconta un’altra occasione mancata come per il nuovo Codice Penale, la legge sulle droghe, la chiusura degli Opg e il carcere. Solo che le riforme mancate non lasciano le cose allo stesso punto. Marciscono come i rifiuti a Napoli e rendono evidente la crisi della politica e il fallimento della democrazia. Giustizia: Caruso (Rc); sono auto-recluso nell’Opg di Aversa
Asca, 6 febbraio 2008
Da oggi e ad oltranza il parlamentare Francesco Caruso e il presidente dell’Associazione Antigone di Napoli, Dario Dell’Aquila, annunciano di voler restare, da auto-reclusi, nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa. Al termine dell’ispezione parlamentare svolta all’interno dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Aversa (Caserta), "ho comunicato al direttore dell’Istituto la decisione di auto-recludermi ad oltranza nella struttura, per denunciare le condizioni di invivibilità dell’Opg di Aversa, dovuto ad un drammatico stato permanente di sovraffollamento e di cui gli ultimi due suicidi avvenuti nell’ultimo mese sono un chiaro grido estremo di protesta". Una protesta, spiega, per denunciare "lo stato di eccessivo affollamento di un ospedale che potrebbe accogliere 130 persone e che ne accoglie, invece, 300. Trascorrerò la notte all’interno della cella di coercizione, sul letto di coercizione dove gli internati vengono legati al torace, ai polsi e alle caviglie per giorni e giorni, come risulta dal registro medico del reparto". Per il momento, fa sapere infine Caruso, "attendo l’arrivo degli ispettori ministeriali, come già richiesto inutilmente attraverso innumerevoli interpellanze parlamentari". Quello che accade Caruso prova a raccontarlo e partire da un dato: cinque suicidi negli ultimi 14 mesi. "In una stanza destinata ad ospitare due persone, ce ne sono sette - dice il parlamentare - sono ammassati, quasi accartocciati. Le condizioni igieniche? Come possono essere in una situazione così. La direzione fa quel che può, ma è impossibile". Proprio pochi giorni fa, in occasione dell’ultimo dei suicidi, il direttore dell’Opg, Adolfo Ferraro, aveva lanciato l’ennesimo allarme. Anche lui aveva parlato di eccessivo sovraffollamento, di innumerevoli lettere inviate al ministero di Grazia e Giustizia, e aveva parlato anche di assenza di risposte. "Ecco perché siamo qui, auto-reclusi in questa cella di coercizione - aggiunge Caruso - una cella dove i pazienti vengono legati mani e piedi. Siamo qui per chiedere aiuto, per dare voce a queste persone che nessuna ascolta". Caruso racconta che alcuni degli internati, "oltre il 30% sono sani di mente", hanno pianto quando li hanno visti; hanno chiesto loro perché, anche se sani, erano costretti vivere da reclusi. "Ho incontrato un ragazzo di 30 anni colpevole di aver rotto una cabina telefonica. Per lui seminfermità mentale, due anni di reclusione ed ora non sa dove andare - conclude Caruso - ho incontrato gente disperata che vorrebbe solo vivere o capire perché non è libera di farlo". Giustizia: decreto espulsioni, conversione in legge a rischio
Dire, 6 febbraio 2008
Tempi stretti e differenti convenienze politiche. Potrebbe essere a rischio la conversione in legge del decreto Sicurezza, fortemente voluto dal governo Prodi, e dal leader del partito Democratico, Walter Veltroni, e approvato dal Consiglio dei ministri il 28 dicembre, in sostituzione di un precedente decreto non convertito in seguito ad un errato riferimento alle normative europee relativo al reato di omofobia. Lo scioglimento anticipato delle Camere non impedirebbe di far passare il decreto (scade il 2 marzo), che introduce l’espulsione dei cittadini comunitari pericolosi, in modo da impedire il rientro dei romeni già allontanati dall’Italia, e recepisce, modificandolo, il cosiddetto decreto Pisanu, che prevede la possibilità di espulsione degli stranieri per prevenzione al terrorismo, ma certo, a due mesi dalle probabili elezioni, i temi sembrano ridotti all’osso. E, anche in caso di voto, potrebbero cambiare le convenienze politiche che portarono alcuni partiti a votare a favore in Cdm. Soprattutto a sinistra, dove il via libera al Dl era legato a doppio filo al Disegno di legge sull’omofobia, rimasto, invece, al palo in seguito all’avvenuta crisi di governo. "Sul Decreto sicurezza non parlo, è un tema del Parlamento" chiosa il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ma sono molte le voci dentro Rifondazione comunista, e anche dentro il Pdci, che, a sinistra, non sarebbero a questo punto più disposti a votare il Decreto. Anche per differenziarsi dal Pd in vista delle imminenti elezioni."Domani c’è una riunione in commissione Affari costituzionali, nel corso della quale valuteremo il da farsi" si limita ad affermare il presidente dello stesso organismo parlamentare, Luciano Violante. E Roberto Zaccaria, il relatore, precisa "che ancora non c’è nessuna calendarizzazione ma che c’è ancora tempo per approvarlo. Certo - specifica l’esponente del Pd - ora molto dipenderà dall’evolversi dei nuovi scenari politici". Domani, comunque, c’è la Conferenza dei capigruppo che deciderà la calendarizzazione dei decreti. Dal canto suo Alleanza Nazionale non chiude la porta, in caso di voto, ma chiede correttivi, partendo, spiega Alfredo Mantovano, "dall’effettività dell’allontanamento del comunitario che non si fa riconoscere. Questo per noi è un punto decisivo". Il senatore di An chiarisce così la sua posizione: "abbiamo delle riserve rispetto a pochi punti, sui quali si può anche intervenire in maniera concordata, se al Pd stanno veramente a cuore i problemi del paese". Ma, se devo fare un previsione, precisa Mantovano, "non sono sicuro che il decreto sarà approvato. Penso che la priorità sarà data al Mille proroghe". Giustizia: Rossi (Md); basta dire "i giudici non si criticano"
Ansa, 6 febbraio 2008
Basta con la "doppia verità" di chi, nei corridoi dei palazzi di giustizia, esprime perplessità e critiche anche forti sull’operato di alcuni colleghi e poi all’esterno sostiene che la magistratura "non si può criticare". È la considerazione che il procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi, ex segretario dell’Anm ed esponente di spicco di Magistratura Democratica, la corrente per la quale oggi siede nel parlamentino del sindacato delle toghe, affida al settimanale "Tempi", in edicola domani con "Il Giornale". "Questa pratica della doppia verità - sostiene - non porta da nessuna parte e non aiuta a risolvere nessuno dei problemi della giustizia". Perché oggi, a fronte di una debolezza della politica c’è anche "una grande debolezza della magistratura", osserva ancora Rossi. E aggiunge: "Ciascuno di questi due mondi dovrebbe essere capace di guardare in se stesso, interrogandosi sui propri errori e sul cattivo funzionamento tanto della responsabilità politica dei governanti quanto della responsabilità professionale dei magistrati. Cominciamo da noi stessi, accettando di porre al centro della riflessione il nodo della responsabilità culturale e professionale del magistrato". Rispetto al clamore suscitato in Italia da alcune vicende giudiziarie, Rossi ritiene che "è del tutto naturale che i processi interessino l’opinione pubblica e che i giornali ne riferiscano", tuttavia "è bene che un pm parli solo con i suoi atti e non è affatto necessario che rincari la dose con dichiarazioni pubbliche". In particolare, sul caso del pm Luigi De Magistris ospitato in trasmissioni tv come "Annozero" di Michele Santoro, Rossi nota: "La televisione fa il suo mestiere di specchio della realtà e non penso che questo specchio debba oscurare i magistrati o escluderli dal dibattito pubblico sulle questioni di giustizia. Ai magistrati è posto un solo, invalicabile, limite: non parlare dei procedimenti che stanno trattando. E quando parlano, del tutto legittimamente, di altri temi devono avere ben presente che cosa i cittadini si aspettano da un magistrato: impegnativa e leale chiarezza (senza allusioni o suggestioni fumose), argomentazione razionale, capacità di ascolto dell’interlocutore". Viterbo: Osapp al Prefetto; in carcere manca la sicurezza
Comunicato stampa, 6 febbraio 2008
Ormai sono mesi che, l’Osapp denuncia il grave problema riguardante la mancanza di sicurezza per le poliziotte e i poliziotti penitenziari, in servizio presso la casa circondariale di Viterbo. Ci sono stati, nel corso degli ultimi mesi, vari episodi di aggressione nei confronti del personale, ma ciò che è accaduto venerdì scorso è veramente grave ed è il segnale anche dell’inefficienza dell’amministrazione penitenziaria, a garantire un minimo di sicurezza per il personale. Un detenuto sieropositivo, durante un tentativo di aggressione al personale intervenuto per sedare un litigio, si è auto lesionato ed ha buttato il proprio sangue sulle persone accorse. A seguito di tale episodio, a distanza di ben quattro giorni, l’amministrazione locale tace e non ha preso alcun provvedimento d’intervento per i colleghi imbrattati di sangue. Gli stessi colleghi che, con indifferenza, non sono stati inviati presso una struttura sanitaria per gli accertamenti dovuti; gli stessi colleghi che, probabilmente, a causa dell’assenza dell’amministrazione, dovranno fare gli esami a proprie spese. Ormai la situazione in quell’istituto è diventata insostenibile e questa segreteria si riserva di organizzare momenti di protesta per sensibilizzare l’amministrazione penitenziaria in primo luogo, ma l’opinione pubblica e i mezzi di informazione.
La lettera al Prefetto di Viterbo
Scrivo a lei, perché responsabile dell’ordine e della sicurezza pubblica della provincia di Viterbo. Le scrivo a proposito della situazione esistente presso la casa circondariale di Viterbo, dove già sono funzionanti, tra le altre, la sezione per i detenuti sottoposti al regime speciale di cui all’articolo 41 bis o.p. e la c.d. "Alta sicurezza", dove sono ristretti i detenuti con reati previsti dall’articolo 4 bis o.p. Quindi, in poche parole, abbiamo in quell’istituto, una massiccia presenza di detenuti appartenenti alle varie categorie delinquenziali di stampo mafioso e di pericolosi narcotrafficanti. Ciò premesso, la notizia è di qualche giorno fa, l’amministrazione penitenziaria, ha fatto iniziare i lavori per l’apertura della sezione Eiv (elevato indice di vigilanza); una sezione a metà tra quella 41 bis e quella AS, ma in ogni caso, con la presenza di detenuti pericolosi, magari già sottoposti all’articolo 41 bis o.p. Capirà benissimo che, per un istituto come Viterbo, per una città come Viterbo, una presenza così massiccia di detenuti molto pericolosi, sia un problema di ordine e sicurezza pubblica. A fronte di ciò, l’organico della polizia penitenziaria, è gravemente insufficiente per ogni ruolo; si può tranquillamente affermare che, con riferimento al D.M. del 2001, mancano circa 250 unità di polizia penitenziaria. Già in questo periodo alcuni servizi, particolarmente delicati per la sicurezza, sono effettuati sotto organico e nel peggiore dei casi addirittura devono essere sguarniti, con un’assoluta mancanza di sicurezza per l’istituto. Nei mesi scorsi, questa organizzazione sindacale, ha tentato di convincere l’amministrazione penitenziaria a non dar corso a tale progetto, ma tutto è stato inutile. Ci rivolgiamo a lei, affinché con il suo autorevole interessamento, si eviti l’apertura di tale sezione e che, anzi, si possa richiedere la chiusura della sezione 41 bis, con il contestuale trasferimento dei detenuti in altri istituti penitenziari. Auspico che, a breve, rappresentanti di questa sigla, possano incontrare la signoria vostra, per meglio affrontare il delicato problema. Agli organi politici in indirizzo, si comunica per opportuna conoscenza e per gli eventuali provvedimenti a sostegno di quanto richiesto con la presente.
Il Segretario Regionale Osapp Giuseppe Proietti Consalvi Catanzaro: controllo a detenuto domiciliare, lo trovano morto
Quotidiano di Calabria, 6 febbraio 2008
Lo hanno trovato morto i carabinieri nel corso dei controlli legati alla sua detenzione, agli arresti domiciliari, dopo che nel 1999 aveva ucciso la moglie a colpi di pistola. Il fatto è accaduto la scorsa notte a Botricello, nel Catanzarese, dove i militari dell’Arma della locale stazione hanno rinvenuto in casa il cadavere di Giovanni Rondinelli, 71 anni, detenuto ai domiciliari con l’accusa di omicidio aggravato e porto illegale di armi. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, i carabinieri hanno bussato alla porta, poco prima delle 4 del mattino, per un controllo, ma nessuno ha aperto. Dopo alcuni minuti i carabinieri hanno deciso di sfondare la porta d’ingresso dell’abitazione ed hanno troncato il Rondinelli senza vita. L’uomo il 22 novembre del 1999 aveva ucciso la moglie a colpi di pistola, mentre si trovavano nella loro abitazione, in località Fieri, nel territorio del comune di Belcastro. Rondinelli per questo delitto era stato processato e condannato a quattordici anni e due mesi di reclusione. Fin da subito, però, l’uomo ottenne il beneficio degli arresti domiciliari a causa delle sue condizioni di salute, giudicate incompatibili con il regime carcerario. Il sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro di turno la scorsa notte, Cristina Tettamanti, ha disposto l’esame autoptico sul cadavere di Rondinelli, che viveva da solo, per chiarire ogni eventuale dubbio sulle cause del decesso dell’uomo, anche se dai primi accertamenti effettuati dai medici del 118 si tratterebbe di cause naturali. Imperia: morto detenuto di 29 anni, un'inchiesta per omicidio
Secolo XIX, 6 febbraio 2008
È mistero attorno alla morte di Andrea Brigida, 29 anni, genovese, detenuto da circa sette mesi nel carcere di Imperia. Il giovane è morto stroncato da un infarto cardiocircolatorio, ma le circostanze devono essere ancora chiarite sino in fondo. Il sostituto procuratore della Repubblica Maria Paola Marrali ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di omicidio, anche se sul corpo del giovane non sono stati trovati segni di violenza. L’indagine vede impegnati i carabinieri del reparto provinciale del capitano Sergio Pizziconi che ieri, poco dopo le 12, hanno effettuato un lungo sopralluogo all’interno del penitenziario ispezionando la cella e parlando anche con i suoi compagni di detenzione. Sono stati proprio loro, ieri alle 8,45, ad accorgersi che il ventinovenne non dava segni di vita. Stando a un primo riscontro medico legale, il giovane sarebbe morto per un arresto cardiocircolatorio, ma se questo sia stato provocato da un infarto o da altre circostanze resta ancora da chiarire. Per questo motivo la Procura ha già richiesto l’autopsia. Così racconta come sono andati i fatti il direttore del carcere, Angelo Manes: "Il detenuto era a letto e stava dormendo. Si alzava spesso tardi, ma quando, prima dell’ora d’aria, malgrado i ripetuti inviti ad alzarsi, non si è svegliato, abbiamo chiamato il medico. Brigida era sempre incosciente e così lo abbiamo fatto portare in ospedale con un’ambulanza". Il direttore del carcere ha spiegato anche che Andrea Brigida soffriva di alcuni problemi di salute, di tipo cardiaco, che si erano manifestati nel 2007, quando venne sottoposto a un elettrocardiogramma sotto sforzo. In carcere non aveva mai subito minacce da altri detenuti. Non viene esclusa neppure l’ipotesi di un’overdose di farmaci o altre sostanze, anche se nemmeno una settimana fa tutte le celle erano state oggetto di un accurato controllo da parte delle unità cinofile della polizia penitenziaria arrivate da Saluzzo. Il ventinovenne era tutt’altro che una persona sconosciuta alle cronache: era detenuto a Imperia dopo essere stato condannato, con la formula del rito abbrevviato, a otto anni e dieci mesi di reclusione per tentato omicidio e danneggiamento. Nel pomeriggio del 23 luglio 2006, con un coltello da macellaio, tentò di uccidere Lucas Savarese (all’epoca dei fatti ventiquattrenne) in via Vittorini a Voltri. Quel giorno Brigida aveva deciso di vendicarsi della madre d’una ragazza dalla quale sosteneva d’essere stato diffamato. Il giovane era certo che le parole della coetanea avessero indotto la sua ex a lasciarlo. Perciò, in preda a un raptus, si era accanito sulla vettura della madre di lei, prendendola a sprangate. Savarese, la proprietaria della vettura e la figlia di quest’ultima (che di Savarese era la fidanzata), allarmati dai rumori si erano sporti alla finestra osservando Brigida che cercava di demolire l’automobile. E a quel punto era stato proprio Savarese a scendere in strada, convinto di poter far desistere l’altro. Alla sua vista Brigida aveva perso la testa, sfoderando il coltello e colpendo il rivale al torace, facendolo stramazzare a terra, in un lago di sangue. L’aggressione era stata preceduta da esplicite minacce di morte. Napoli: detenuta invalida "in ceppi" davanti al tribunale
Comunicato stampa, 6 febbraio 2008
Invalida al 70%, con un occhio di vetro e gravi problemi cardiaci, una detenuta di 37 anni è stata accompagnata "in ceppi" davanti al giudice che avrebbe dovuto decidere sulla sua richiesta di permesso per visitare la madre, appena operata in ospedale. L’episodio è stata denunciato dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni che ha sollecitato l’immediata apertura di un’indagine penale e amministrativa sulla vicenda. Protagonista della vicenda Sabrina A., 37 anni di Velletri (Roma), detenuta dal 2000 per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, con fine pena nel 2012. Dopo un periodo di carcerazione a Rebibbia, nel 2004 è stata trasferita a Santa Maria Capua Vetere e, nel 2005, a Benevento, dove nessun familiare può andare ad incontrarla. In questi anni le sue richieste di essere riavvicinata a Roma - sostenute dal Garante dei Detenuti - sono state rigettate con la criptica formula di " motivi di sicurezza e opportunità penitenziaria", o con la giustificazione che gli Istituti di Alta Sicurezza laziali (Latina e Rebibbia femminile) sono sovraffollati. Per altro, la donna ha presentato domanda di Grazia, ancora giacente al Ministero di Giustizia. Le visite mediche cui è stata periodicamente sottoposta hanno evidenziato un’invalidità al 71% - la donna ha anche un occhio di vetro - insufficienza tricuspidale con segni Ecg di danno striale ed iniziale cardiopatia, tutte patologie degenerative che stanno peggiorando nel tempo. Anche la famiglia di Sabrina non naviga in buone acque: la madre, invalida al 100%, cieca e vedova dal 2005, accudisce un figlio anch’egli invalido al 100%, malato di Hiv che non cammina ormai da 12 anni. Di recente la donna è stata operata per la revisione di una protesi all’anca ed è per questo che Sabrina aveva fatto richiesta all’Ufficio di Sorveglianza di Avellino di un permesso per visitarla in ospedale che, però, le era stato negato con la motivazione che la madre ricoverata non si trovava in pericolo di vita. Sabrina ha proposto ricorso al Tribunale di Sorveglianza di Napoli dove, il giorno dell’udienza, è giunta nelle condizioni raccontate dal suo avvocato difensore: " ….l’ingresso in aula in mezzo a tre agenti, ammanettata e tenuta al guinzaglio, mi ha gelato il sangue. In ceppi è stata accompagnata e fatta sedere dinnanzi al Tribunale… Ho fatto richiesta di liberarle i polsi: il che con molta calma è stato ottenuto. Al termine della breve discussione (con parere negativo del giudice) è stata rimessa in vincoli per la ritraduzione al carcere di Benevento. Non ho avuto animo di chiedere alla meschina se durante il lungo viaggio di andata e ritorno essa sia rimasta ammanettata". "Giudico l’accaduto gravissimo, un odioso rigurgito di un modo di fare che, pensavo, fosse stato definitivamente accantonato - ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni - Auspico l’apertura di un’indagine penale ed una amministrativa che facciano luce su questa vicenda e che, soprattutto, chi di dovere si adoperi per restituire la dignità a questa ragazza iniziando, magari, dalla concessione di un permesso per consentirle di riabbracciare la madre in ospedale".
Angiolo Marroni Garante dei detenuti del Lazio Messina: con la riforma l’Opg deve "guardare" al territorio
Redattore Sociale, 6 febbraio 2008
La struttura interessata dal riordino della medicina penitenziaria e dal trasferimento dell’assistenza sanitaria per i detenuti al Servizio sanitario nazionale previsti in Finanziaria per il 2008: 78 reclusi avviati a precorsi di inserimento. Nell’Ospedale Psichiatrico Penitenziario di Barcellona Pozzo di Gotto non ci saranno più internati reclusi ma malati da curare. Anche la struttura psichiatrica penitenziaria messinese, infatti, è interessata dal riordino della medicina penitenziaria e dal trasferimento dell’assistenza sanitaria per i detenuti al Servizio sanitario nazionale previsti in Finanziaria per il 2008. Il "Vittorio Madia" è uno dei sei Opg italiani; la modifica introdotta con la legge finanziaria prevede il passaggio della sanità penitenziaria sotto il controllo del servizio sanitario nazionale, comprese le strutture ordinarie e il personale sanitario alle dipendenze del ministero della Giustizia, a cui è attualmente affidata la gestione degli Opg. Entro i prossimi tre anni dovrebbe concludersi il percorso di riconversione che orienterà la struttura ancora di più alla cura e all’inclusione; sarà la regione a gestire questa fase delicata di transizione in accordo con gli organi dello Stato competenti. Il futuro dell’ospedale psichiatrico di Barcellona Pozzo di Gotto nel suo processo di riconversione dovrà tenere conto della sicurezza della collettività per quanto riguarda i posti di lavoro dei dipendenti e le diverse esigenze dei malati reclusi. La struttura vive una situazione di sovraffollamento, dovuta alla chiusura per ristrutturazione degli Opg di Napoli e Montelupo fiorentino, che causa peggiori condizioni di vita dei detenuti, l’aumento di aggressioni, di tentati suicidi, atti lesionistici e dell’uso del letto di contenzione. Nell’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto dovrebbero arrivare ancora una ventina di donne, oggi internate a Castiglione delle Stiviere. Attualmente sono 240 i reclusi; si tratta soprattutto di persone dichiarate in totale infermità mentale e quindi prosciolte dal reato. Tra gli altri motivi della detenzione l’applicazione di una misura di sicurezza provvisoria, sopravvenuta infermità psichica, minorazione psichica o per l’invio da istituti penitenziari per osservazione psichiatrica temporanea. In particolare 78 persone potrebbero essere avviate a un graduale reinserimento nella società tra quelle dichiarate incapaci di intendere e di volere al momento del reato. Il loro internamento varia da due a 10 anni, ma nella gran parte dei casi, al termine del periodo, proprio per la mancanza di strutture idonee a seguire il loro recupero fuori dall’Opg, la loro permanenza viene prorogata a tempo indeterminato. A questi si aggiungono 58 persone ricoverate in misura provvisoria che attendono di essere giudicati per i reati commessi e circa 100 per i quali la patologia psichiatrica è sopraggiunta durante la reclusione nelle carceri ordinarie. Tra le novità, un’ala dedicata con un ingresso separato per permettere ai detenuti un maggiore autonomia. Viterbo: Lions Club sensibile anche alle esigenze del carcere
Comunicato stampa, 6 febbraio 2008
In questi giorni si è concluso il ciclo di conferenze effettuate presso la Prefettura e aventi come oggetto il carcere di Viterbo. Il Service ha avuto la finalità di far conoscere alla cittadinanza la realtà e quindi le problematiche della Casa Circondariale. Si sono alternati in cinque incontri tutte le figure professionali operanti presso l’Istituto e ognuna ha avuto la possibilità di esporre quanto di competenza della propria area funzionale. Il numeroso pubblico presente agli incontri è sempre intervenuto con domande contribuendo a rendere attivi gli eventi e dimostrando molto interesse e curiosità per gli argomenti relazionati. Il giorno 01.02.08 presso la Casa Circondariale di Viterbo vi è stata una numerosa partecipazione di Lions e cittadini allo spettacolo teatrale messo in scena dai detenuti che hanno proposto la storia della "Bella Galliana". È stato questo un momento particolarmente emozionante che ha evidenziato la necessità degli ospiti della Casa Circondariale di sentire vicino l’affetto della cittadinanza. I Lions hanno raccolto dei fondi che hanno devoluto all’acquisto di n. tre cyclette, che verranno consegnate alla Direzione per essere messe a disposizione dei detenuti. Un ringraziamento particolare al Direttore della C.C. di Viterbo Dott. Pier Paolo D’Andria che ha sempre dimostrato grande entusiasmo per questo Service, fortemente voluto dai Lions di Viterbo.
Franco Lepri, Presidente Lions Club Torino: "Ars captiva"... una mostra al Consiglio Regionale
Asca, 6 febbraio 2008
Dal 7 febbraio al 7 marzo il Consiglio regionale del Piemonte ospiterà la mostra "Ars Captiva". Percorsi di liberazione creativa", un’esposizione di riproduzioni fotografiche di opere di arte contemporanea che interpretano il carcere e la vita di chi ci vive dentro. Le installazioni sono state realizzate all’interno delle carceri Nuove di Torino dagli studenti delle scuole ad indirizzo artistico della città: il Primo liceo artistico, il Liceo artistico Cottini, l’Istituto statale d’arte Passoni, l’Accademia Albertina di Belle Arti e l’Istituto professionale Albe Steiner. La mostra di una trentina di fotografie sarà esposta nei locali dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Consiglio regionale del Piemonte. All’inaugurazione - giovedì 7 febbraio - parteciperanno: Roberto Placido, vicepresidente del Consiglio regionale, Maria Teresa Roberto dell’Accademia di Belle Arti, Andrea Cordero direttore artistico del Comitato Creo. Cosenza: corso di formazione sul volontariato penitenziario
Comunicato stampa, 6 febbraio 2008
Parte il 29 febbraio 2008 il corso "Volontariato penitenziario. Essere volontari dentro e fuori il carcere". Il corso è destinato ad aspiranti volontari e volontari già attivi; è strutturato in modo da dare una visione completa dell’istituzione carceraria e delle pene alternative al carcere, del ruolo del volontariato penitenziario e degli strumenti da utilizzare per ottenere una relazione efficace con le persone condannate (detenute o in esecuzione penale esterna). Il corso sarà strutturato in moduli che affronteranno diverse problematiche quali: la normativa, la realtà carceraria e le figure coinvolte, l’esecuzione penale esterna, le esperienze di "Sportello Giustizia", le tecniche di colloquio e comunicazione, il racconto di sé e l’affettività. Tutti gli incontri si terranno presso l’aula Video dell’Istituto Tecnico Commerciale "Vincenzo Cosentino", Via Repaci, Rende - Cosenza. È operativo anche il sito di Libera Mente, all’indirizzo www.liberamentecs.org. Avremo così uno spazio dove trovare informazioni non solo sulle attività della nostra associazione, ma anche sul mondo del volontariato penitenziario e del carcere. Aspettiamo contributi e suggerimenti.
"Libera Mente", Associazione di Volontariato Penitenziario Via Mortati, 1 87100 - Cosenza 348.8813640 - 0984.454395 Napoli: il "Gt Ragazzi" entra nel carcere minorile di Nisida
Il Mattino, 6 febbraio 2007
"Tornare a Nisida significa rivedere dei vecchi amici che mi hanno aiutato a sopportare la realtà del carcere. È doloroso ricordare, ma è importante perché so che mi ha aiutato a capire i miei sbagli e a crescere". Raffaele, 18 anni, è la guida del "Gt Ragazzi" all’interno del carcere minorile di Nisida, nella puntata di domani alle 16.15 su Raitre. Con lui, appena uscito, dopo aver scontato la pena per un violento atto di bullismo, il Gt Ragazzi entra nella dura realtà della detenzione, vista con gli occhi di chi ha compiuto un percorso di recupero della legalità, del rispetto delle regole, e in primo luogo del rispetto di sé e degli altri. "Mi è servito stare qui - dice Raffaele - Prima ero incosciente della vita che facevo. Qui ho capito dove si arriva se scegli la strada sbagliata. E ai ragazzi dico di seguire i consigli dei genitori. Noi vogliamo la facilità, i soldi, cerchiamo ogni mezzo per accontentarci da soli. Non è cosi"‘. Raffaele ora ha ripreso ad andare a scuola. Per lui è stato molto importante, perché proprio a scuola aveva accoltellato un compagno. "I bulli sbagliano. Come ho fatto io, che - aggiunge - non avevo rispetto del posto dove mi trovavo. La scuola è un’occasione messa a nostra disposizione per crescere, per essere qualcuno, per studiare e costruirci un lavoro. Ecco, bisogna rispettare la scuola, e studiare. Per noi". In carcere Raffaele aveva preso parte al progetto "Si può fare" che vede la collaborazione con alcuni ragazzi delle scuole di Napoli per realizzare uno spot sulla legalità presentato al Marano Film Festival: "È stata una salvezza - conclude - I ragazzi dall’esterno erano un raggio di sole, il mio contatto con il mondo. E lo spot significava proprio lavorare per ricucire le nostre vite e le ferite che abbiamo procurato agli altri con i nostri sbagli". Roma: teatro; giovane ex detenuto romeno interpreta Icaro
Redattore Sociale, 6 febbraio 2007
In scena al teatro Eliseo di Roma il diciannovenne Ionut Luchian. "Nessuno crede che il carcere possa cambiare una persona in meglio. Ma a me è successo". Dopo tre anni in un istituto minorile, ora lavora in Basilicata. "Nessuno crede che il carcere possa cambiare una persona in meglio. Ma non è vero, a me è successo. Io lì, dietro le sbarre, ho avuto la fiducia di qualcuno. Sa cosa significa in un luogo di privazione che qualcuno creda in te, che ti dia fiducia? Ti motiva, ti ridà vita". Ionut Luchian, protagonista ieri sera al teatro Eliseo di Roma di "Ikaro" nell’ambito della settimana "Teatro e carcere" promossa dall’Associazione Teatro e Diversità onlus, è romeno, ha 19 anni e alle spalle circa tre anni trascorsi nell’Istituto penale per i minorenni "N. Fornelli" di Bari. Ora però è un ragazzo libero. Lello Tedeschi regista della compagnia "Teatro Kismet Opera" che da più di dieci anni porta avanti laboratori nel carcere pugliese, l’ha "pescato" nel cortile dell’istituto nella cosiddetta "ora d’aria". "Mi ha chiesto - racconta emozionato Ionut nel suo italiano stentato - se volevo fare teatro. E io l’ho preso per matto. E chi aveva mai recitato e soprattutto chi aveva voglia di impegnarsi. Io dopo l’entrata in carcere non credevo più in me stesso, avevo deluso tutti, specialmente la mia famiglia e non volevo nemmeno un avvocato per difendermi". E invece Ionut dimostra vero talento e seppur giovanissimo domina un palco importante, quello dell’Eliseo, "tempio della prosa", in un monologo della durata di trenta minuti dove personifica il personaggio mitico Icaro. Il testo ha molto a che fare con la biografia del protagonista e si fatica a distinguere i ruoli: Ionut ha molto di Icaro, i personaggi si mescolano. Il monologo è incentrato sul rapporto di Icaro con il padre, nella loro casa "con lunghissimi corridoi, troppo grande e dispersiva", in una famiglia composta da cinque persone e dove lui è il più piccolo, privato di tutto. Icaro allora si ribella, ci prova almeno, vuole "volare" andare via, magari dalla finestra della sua stanza. Desiderio di impossibile e bisogno di assoluto di rincorrono. Come la forte voglia di crescere, subito, "per essere chi", ripete spesso, "per essere cosa" Icaro non lo sa bene. Per sfidare il padre che gli ripete: "Non devi andare né troppo in alto né troppo in basso", chiave di tutta la vicenda e metafora della vita, Icaro cade. "È la terza volta che questa leggendaria vicenda viene messa in scena – racconta il regista Tedeschi che con la compagnia "Sala prove" del carcere di Bari ha coinvolto negli anni un centinaio di giovani detenuti – ma stasera la rappresentazione ha un sapore diverso e nuovo, quello della libertà. Infatti dopo l’esito positivo della messa alla prova, Ionut è tornato a essere un uomo libero. Ora Ikaro può volare alto, senza più bisogno di permessi o di speciali autorizzazioni". Il giovane romeno vive a Potenza, grazie al percorso di recupero e integrazione sociale concordato con i servizi minorili della giustizia di Bari, ha ottenuto il permesso di soggiorno, ha conseguito la patente di guida e lavora in una ditta edile della Basilicata, regione nella quale ha stabilito la sua residenza. Bologna: il Comune vara un'ordinanza anti-punkabbestia
Dire, 6 febbraio 2008
Scacco ai punkabbestia in due mosse. Come annunciato, la giunta Cofferati vara l’ordinanza per colpire chi si serve di cani pericolosi dopo gli episodi di aggressione verificatisi nelle ultime settimane. E le misure potrebbero avere l’effetto di spezzare una volta per tutte sotto le Due Torri il sodalizio tra i cosiddetti punkabbestia e i loro animali, almeno quando questi rientrano tra le razze pericolose. Le due mosse messe in campo da palazzo D’Accursio sono infatti molto semplici: l’ordinanza, che verrà firmata oggi dal sindaco Sergio Cofferati, prevede infatti l’applicazione rigorosa del recente decreto Turco, con l’obbligo per 17 razze considerate aggressive (a cui il Comune aggiunge una serie di meticci che verranno individuati dall’Ausl) di avere sempre non solo guinzaglio o museruola, ma anche una copertura assicurativa valida per almeno sei mesi. Un obbligo a cui il Comune di Bologna lega tanto di multe da 25 a 500 euro per chi non ha questi requisiti (oltre all’iscrizione all’anagrafe canina obbligatoria per tutti i cani), quanto la sanzione dell’affidamento temporaneo al canile. Questa può essere evitata solo nel caso che il proprietario sia residente nel Comune di Bologna, ma sempre che non emerga una della condizioni per i quali non è consentito tenere un cane pericoloso. "Salvi" invece, in ogni caso, i cani utilizzati dai ciechi. In questo modo, in pratica, il punkabbestia trovato senza un’assicurazione, che può costare anche diverse centinaia di euro, si vedrà sottratto il proprio pitbull o rottweiler. I controlli per stanare chi non sta alle regole? Per l’assessore comunale Giuseppe Paruolo, che stasera ha presentato il testo dell’ordinanza insieme al capo di Gabinetto di Cofferati Berardino Cocchianella, ci sono già, viste anche le 217 multe fatte nel 2007. "È un’attività già svolta con regolarità- spiega l’assessore- ma fino ad oggi, tranne casi molto specifici, tutto quello che si poteva fare era una multa". Paruolo per il futuro ipotizza anche corsi di "rieducazione" per i proprietari indisciplinati, con tanto di "patentino". "La mia speranza- ricorda- è che una versione futura dell’ordinanza prevedere, oltre all’esibizione di documenti, anche il coinvolgimento diretto dei padroni, che devono dimostrare di essere in grado di condurre l’animale". Droghe: Veneto; Zanon (An) dice "no" sui tagli a comunità
Il Mattino di Padova, 6 febbraio 2008
Il consigliere regionale di An Raffaele Zanon condivide la preoccupazione espressa da numerose comunità terapeutiche per il recupero di tossicodipendenti del Veneto rispetto a possibili tagli dei fondi regionali destinati al pagamento delle rette per i tossicodipendenti accolti in comunità. "Se proprio ci dovranno essere tagli alla spesa - sostiene - questi dovranno riguardare quei servizi pubblici che inseriscono in comunità fuori regione tossicodipendenti provenienti dalle nostre realtà territoriali". Secondo Zanon "il settore degli interventi sulle dipendenze necessita di più efficienza e maggiore trasparenza, valorizzando l’elevato livello di ricettività e il notevole indice qualitativo delle comunità terapeutiche nel nostro territorio. "Un’analisi più approfondita - continua - andrebbe fatta per quei servizi pubblici per le tossicodipendenze che non si sono evoluti rispetto al mutamento del "fenomeno droga" ed in particolare nei confronti di quei dipartimenti - come Padova - nei quali il 33% di inserimenti vengono fatti in strutture che hanno sedi fuori regione e con rette comunitarie molto care". Zanon annunciando la richiesta di una verifica sulla mobilità extra-regione chiede "una riflessione a tutte le forze politiche, ed in particolare al centro-destra". "La linea di Alleanza Nazionale - conclude - è sempre stata quella di appoggiare l’azione del privato sociale che ha sempre garantito, nel Veneto, risultati e successi nella lotta contro la tossicodipendenza che non possono essere sottovalutati".
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