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Giustizia: le carceri si riempiono ma non è colpa dell’indulto di Luigi Manconi (Sottosegretario alla Giustizia)
Il Sole 24 Ore, 9 aprile 2008
Meritoriamente "Il Sole 24 Ore" ha riportato lunedì scorso l’attenzione sulle carceri e sul rischio che il loro affollamento torni a superare il livello di guardia (invivibilità, promiscuità, crisi dei servizi essenziali e limitazione dei diritti elementari, per chi vi è recluso e per chi vi lavora): come già accadde tra il 2005 e il 2006, tanto da indurre una larghissima maggioranza parlamentare ad approvare un provvedimento di clemenza capace - come in effetti è stato di ridurre rapidamente il numero delle persone detenute. Siamo oggi a circa 52.000 de tenuti, quasi 9.000 più della capienza regolamentare, anche se ancora 11.000 meno di quella che l’amministrazione penitenziaria ritiene tollerabile. Nuovo affollamento, quindi, e disagi che cominciano a farsi pesanti, nelle condizioni di vita dei detenuti e in quelle di lavoro del personale. Ma è l’indulto che riempie le carceri, come titola "Il Sole" di ieri? No, questo proprio non si può dire sulla base di inequivocabili dati statistici. Dei circa 27.000 detenuti scarcerati anzitempo grazie alla riduzione di pena prevista dall’indulto, a oggi poco più di settemila sono stati arrestati perché accusati di aver commesso un nuovo reato. Non pochi, certo, ma ancora meno del 30% dei beneficiari del provvedimento di clemenza: una goccia nel mare dei circa 130 - 140 mila ingressi in carcere registrati da allora a oggi; e, alla resa dei conti, solo la metà delle circa 14 mila presenze in più rispetto al drastico calo delle settimane immediatamente successive all’approvazione del provvedimento di indulto. E non va mai dimenticato che - senza l’indulto del 2006 - le proiezioni ci dicono che oggi la popolazione reclusa supererebbe le 70 mila unità: un autentico disastro umanitario e una temibile minaccia per la collettività nazionale. In verità le carceri si riempiono nonostante l’indulto, come del resto era ampiamente prevedibile e come questo ministero non aveva mancato di segnalare con largo anticipo. Sin dall’inizio della discussione pubblica intorno alla necessità e all’urgenza di un provvedimento di clemenza, abbiamo sempre sostenuto che esso avrebbe dovuto essere accompagnato da riforme strutturali del sistema penale. Ovviamente da un adeguamento delle strutture in senso proprio, ma anche - e soprattutto da una riforma del sistema penale che riduca il ricorso alla carcerazione al minimo indispensabile (ovvero quando rigorosamente necessario) sia in fase di giudizio che in fase di esecuzione. Insomma, per contenere il sovraffollamento, non si può pensare che eccezionali provvedimenti di clemenza diventino la norma, ma neanche che sia possibile affrontarli solo in termini edilizi, inseguendo l’utopia negativa di una domanda pressoché inesauribile di carcerazione. Al contrario, è necessario contenere il "bisogno di prigione" nei limiti della sua efficacia rispetto allo scopo. In questa direzione andavano i progetti di riforma del Codice penale e del Codice di procedura elaborati dalle commissioni ministeriali Pisapia e Riccio; in questa direzione andava la proposta di riforma della legge sull’immigrazione e quella auspicata sul trattamento penale dei consumatori di sostanze stupefacenti.
Purtroppo, lo scioglimento anticipato della legislatura ha interrotto questi percorsi di riforma, la cui necessità si fa oggi sentire attraverso il nuovo affollamento degli istituti penitenziari. Toccherà al nuovo Parlamento e al nuovo Governo rimetterli in agenda, tenendo a mente le indicazioni che vengono dagli studi di Francesco Drago, Roberto Galbiati e Pietro Vertova che anche lunedì, sul Sole 24 Ore, hanno richiamato la nostra attenzione sul potenziale criminogeno del carcere. Piuttosto che un liquidatorio giudizio sulla inutilità della finalità rieducativa della pena, se ne trae una rinnovata motivazione a favore del carcere come extrema ratio e al potenziamento delle alternative alla detenzione: quel che abbiamo cercato di fare, quel che bisognerà ancora cercare di fare. Giustizia: una ricerca; dopo l’indulto la recidiva è diminuita
Redattore Sociale, 9 aprile 2008
Il professor Giovanni Torrente dell’Università di Torino, autore insieme ad altri due docenti della facoltà di giurisprudenza dello stesso ateneo - Claudio Sarzotti e Giovanni Jocteau - di una ricerca sull’indulto commissionata dal ministero della Giustizia, spiega i dati della ricerca. È sensibilmente più bassa la recidiva di chi ha usufruito dell’indulto dell’estate 2006: degli oltre 27 mila usciti dal carcere ne erano rientrati 5.500 al 31 dicembre 2007, pari a circa il 20%. Solo 975 invece le persone tornate in carcere tra chi aveva beneficiato dell’indulto provenendo da una delle misure alternative, il 13%. Sono i dati che anticipa a Redattore Sociale il prof. Giovanni Torrente dell’Università di Torino, autore insieme ad altri due docenti della facoltà di giurisprudenza dello stesso ateneo - Claudio Sarzotti e Giovanni Jocteau - di una ricerca sull’indulto commissionata dal ministero della Giustizia, e che sarà presentata subito dopo le elezioni. Si tratta in realtà di un aggiornamento dell’indagine che i tre studiosi avevano già condotto sui dati del 2006 e che avevano presentato il 19 febbraio dell’anno scorso. I dati allora parlavano di una recidiva dell’11% (in soli 5 mesi erano rientrati oltre 2.700 detenuti) e vennero presentati come estremamente positivi rispetto a uno dei pochissimi studi disponibili, quello compiuto dal Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) alcuni anni fa che parlava di una recidiva del 68% da parte degli "indultati provenienti dalla detenzione. Professor Torrente, quel dato del 68% si riferiva però a un periodo di 7 anni. "È vero - risponde il docente - ma dalla stessa indagine emergeva che oltre la metà dei soggetti considerati era rientrata nei primi due anni. Pertanto, il dato del 20% che abbiamo rilevato in questa indagine va considerato in modo ampiamente positivo. Oltretutto, anche noi abbiamo registrato una forte diminuzione delle recidive negli ultimi mesi del 2007". Perché si registra questo calo? "Forse perché sono nel frattempo entrati in funzione quei progetti di accoglienza e reinserimento sociale di ex-detenuti che erano stati avviati alcuni mesi dopo l’indulto. Bisogna anche dire, poi, che il deterrente maggiore per chi ha fruito del provvedimento di clemenza è che, in caso di rientro in carcere, si deve scontare l’intera pena. In un certo senso, se si supera il primo periodo fuori dal carcere si tende a starci sempre più attento". Cosa può dire della recidiva per chi proveniva dalle misure alternative? "Che è in linea con lo studio citato del Dap, che infatti aveva registrato un tasso estremamente più basso di recidiva. Ciò è dovuto al fatto che l’ammissione alle misure alternative presuppone una "certa" selezione dei detenuti più predisposti, ma anche che forse andrebbe allargata la platea degli ammessi a quelle stesse misure". Giustizia: Osapp; su carcere solo slogan e nessun intervento
www.napoli.com, 9 aprile 2008
Siamo in questo momento solo una "voce" o forse neanche quella, nel rappresentare l’idee, le istanze e la sofferenza di 42.000 donne e uomini in uniforme (quando ce la danno) Poliziotti Penitenziari da sempre al servizio dello Stato e dei Cittadini all’interno di quell’universo oscuro e per i più terrorizzante chiamato carcere. Che cosa sia divenuto, oggi, il carcere in Italia lo si apprende pressoché giornalmente dalla stampa, dalle grida di allarme lanciate da più parti spesso impropriamente (soprattutto quando l’allarme giunge da quell’Amministrazione che è in parte responsabile della disfunzione) ed anche dalle estemporanee dichiarazioni di una politica che agisce più per facili slogan (più carceri, certezza della pena, etc.) che su programmi del tutto inesistenti in materia penitenziaria. Ma ben pochi conoscono cosa sia oggi il Carcere per chi, come Noi Poliziotti Penitenziari, trascorre negli istituti penitenziari il 50% del proprio quotidiano spesso per oltre 35 anni della propria vita, per un lavoro che oramai è soltanto eccessiva responsabilità, solitudine ed assenza di riferimenti, rischio continuo di ripercussioni penali o disciplinari nelle proprie azioni, prospettive di carriera pressoché inesistenti (bastano poche righe e un giudizio annuale negativo per bloccare l’avanzamento in carriera per anni), difficoltà estreme a raggiungere o a ricongiungersi anche temporaneamente ai propri affetti lontani (spesso vengono bloccati congedi e permessi, oltre ai distacchi ad altra sede), assenza di attività comuni ludico - ricreativo - culturali e per il tempo libero sul posto di lavoro (dove invece ne vengono organizzate infinite per la popolazione detenuta), difficoltà a ricevere informazioni normativo - professionali sul proprio status e sulle proprie possibilità lavorative, percepita ma anche reale arbitrarietà delle decisioni subite nella fruizione di propri diritti minimi lavorativi ed assoluta assenza di riconoscimento/soddisfazione nel lavoro svolto. Peccato che sia così, che il nostro lavoro sia bistrattato e deluso perché la Polizia Penitenziaria è l’unico Corpo di Polizia dello Stato che dovrebbe istituzionalmente associare alla classiche funzioni preventivo-repressivo dei reati delle Forze di Polizia quelle legate alla rieducazione e al reinserimento sociale dei detenuti. Peccato, oltretutto, che il Carcere non funzioni, che non reinserisca nonostante le apparenze di singole e del tutto isolate iniziative e che non renda maggiormente civile e sicura, come dovrebbe, la Società civile. Peccato che nessuno si chieda perché, nonostante le centinaia e centinaia di milioni di euro stanziati ogni anno dallo Stato e dagli Enti e nonostante numerose fulminee carriere e gli stipendi da favola in ambito penitenziario, il Carcere renda solo disfunzione e sofferenza per gli Utenti e per chi nel carcere lavora. Alcuni di Noi, fortunatamente molto pochi, non ce l’hanno fatta a resistere, schiacciati da vicissitudini comuni a tanti semplici cittadini la concomitante insoddisfazione lavorativa li ha indotti a gesti estremi. Ma Noi, anche per loro vogliamo continuare ad esserci ed a combattere l’isolamento e l’inconcludenza di un’Amministrazione penitenziaria chiusa in se stessa, sostanzialmente indifferente al disagio degli appartenenti alla Polizia Penitenziaria e con ciò nemica non solo nostra, ma del Progresso e della Legalità. Perché come sempre non sono il sovraffollamento e la confusione ad infonderci paura, non sono le aggressioni sempre più ricorrenti in sezione e neanche l’essere ogni giorno in Carcere, oltre che Poliziotti, Confessori, Infermieri, Medici, Educatori, Psicologi, Impiegati, Informatici e Operai senza alcun riconoscimento né economico né di carriera, ma solo l’essere ricacciati ogni volta ai margini della Società Civile, in quanto a Dignità e Ruolo di Fedeli e Professionali Servitori dello Stato. Come Poliziotti Penitenziari dell’Osapp saremo in Piazza in una veglia notturna organizzata tra il 9 e 10 aprile davanti l’istituto di Napoli - Poggioreale così come tra il 4 e 5 aprile lo siamo stati davanti al Carcere di Torino e come lo saremo presto a Viterbo a Bologna e a Roma. Per questo e per ottenere una Società che sia più giusta anche in carcere chiediamo, solo, maggiori attenzione e visibilità. Giustizia: Osapp lascia riunione e chiede un nuovo Capo Dap
Agi, 9 aprile 2008
Il Sindacato di Polizia Penitenziaria Osapp ha abbandonato la riunione di stamane presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria subito dopo l’uscita del ministro della Giustizia Luigi Scotti, ritenendo "del tutto ininfluente per il futuro della Polizia Penitenziaria" l’esito dell’incontro previsto con il capo del Dap Ettore Ferrara. "Ribadiamo la necessità che ci sia un immediato avvicendamento del Capo del Dipartimento - afferma il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, spiegando che "nel corso dell’incontro, abbiamo posto l’accento sulle cause del grave disagio degli appartenenti al Corpo e sulla necessità di adottare iniziative urgenti quali e non solo Presidi o Centri di Ascolto Psicologici ma anche un Osservatorio Permanente in grado di valutare e misurare, sede per sede, il disagio lavorativo del Personale nell’ottenimento dei diritti minimi lavorativi e le gravi tensioni tra i dipendenti ed i vertici delle varie strutture". L’Osapp "è stata l’unica che ha denunciato le gravi responsabilità dell’attuale Amministrazione Penitenziaria con a Capo Ettore Ferrara - lamenta Beneduci - di cui permane l’urgenza di un tempestivo avvicendamento, unitamente al proprio staff, quale che sia il prossimo Governo: le dimissioni che chiediamo non sono in diretta relazione con i suicidi nel Personale ma con i disservizi pressoché quotidiani che si verificano sul territorio, e per il fatto che non si siano resi, né l’attuale Amministrazione, e ne’ le strutture sul territorio, più umane e più funzionali rispetto gli standard minimi e per avere tralasciato, nel periodo post-indulto, occasioni pressoché uniche per una reale riforma del Corpo, e per non avere realizzato una effettiva equiparazione della Polizia Penitenziaria alle altre Forze di Polizia e il riconoscimento al Personale della dignità e dell’agibilità lavorativa che merita nelle innumerevoli attività esercitate". Alle ore 12 di questa mattina, dunque, nel momento in cui il Guardasigilli ha lasciato il tavolo, anche la delegazione dell’Osapp si è allontanata: il segretario generale Beneduci raggiungerà in serata il presidio organizzato dal sindacato davanti al carcere di Napoli-Poggioreale, per dare inizio alla veglia notturna di protesta in prosecuzione delle iniziative di rivendicazione in corso sul territorio nazionale. Giustizia: Berlusconi; "esami di sanità mentale" da fare ai pm di Marco Galluzzo
Il Corriere della Sera, 9 aprile 2008
Delle toghe negli anni ha detto tutto quello che pensava: esempi di militanza politica, colpevoli di avergli fatto spendere più di i6o milioni di euro per gli avvocati, capaci di renderlo "un recordman universale di indagini e perquisizioni senza esito". Ieri Silvio Berlusconi ha aggiunto qualcosa di inedito, tale almeno davanti alle telecamere: "I pubblici ministeri dovrebbero essere sottoposti periodicamente ad esami che ne attestino la sanità mentale". Un’idea simile (test psico-attitudinali per accedere alla magistratura) era contenuta nella riforma della giustizia del centrodestra, mai attuata perché abrogata da questo governo. Ma la sanità mentale, almeno messa giù in questi termini, va certamente oltre quella norma. E se i magistrati sono accostati ai matti è chiaro che a stretto giro la frase del Cavaliere provochi fiumi di reazioni. In testa quella di Antonio Di Pietro, che della "follia" dei Pm è per Berlusconi il modello: "Un modello che non può che fare orrore, che ha perseguitato centinaia di persone innocenti". Dice Di Pietro del leader dei Pdl: "Solo un matto può dire cose di questo genere. Poi non capisco perché vuole limitare gli esami sulla sanità mentale ai pm e non estenderli anche ai giudici e a chi vuole fare il presidente del Consiglio". Immediata anche la ri-sposta di Walter Veltroni, secondo il quale il Cavaliere con queste affermazioni dimostra "scarso senso dello Stato". Dei magistrati Berlusconi parla a Savona. Negli studi di Sky aggiunge che Stefania Prestigiacomo "sarà certamente fra le quattro signore che comporranno il mio governo". Si professa pessimista, a differenza dei giorni passati, su una piattaforma di riforme istituzionali condivise: "Metto la firma sul fatto che saranno i comunisti di sempre e ché in Parlamento si batteranno contro le nostre riforme". All’ora di pranzo si trasferisce da Milano a Savona, quindi in serata a Vicenza. Veltroni fa capolino in entrambe le città, almeno come "quello che ha sempre pensato solo alla sua carriera personale, che ha fatto di Roma un modello negativo di arretratezza e degrado, che ha moltiplicato le consulenze del Campidoglio e in compenso ha regalato le notti bianche ai romani, rendendo però nere tutte le giornate". Nel mirino finisce anche Di Pietro, che "prende la pensione da magistrato, da quando ha 45 anni". Nella cittadina ligure, davanti ai rappresentanti di lista nei seggi, rinominati "difensori del voto", un vademecum verbale su come evitare brogli: "Impugnare tutte le schede che non convincono; chiamare il numero verde antibrogli del nostro partito; stare attenti alle falsificazioni dei maestri della sinistra, tipo mettere un "i" davanti ad altre cifre, per aggiungere centinaia di voti; senza dimenticare che il momento più delicato è quello dei verbali". Giustizia: test ai magistrati; dichiarazione del ministro Scotti
www.giustizia.it, 9 aprile 2008
"Inutile, soprattutto alla luce delle rigide regole introdotte dall’ordinamento giudiziario". Così il ministro della giustizia, Luigi Scotti, giudica l’ipotesi di introdurre esami che attestino la sanità mentale dei pubblici ministeri. "Il meccanismo che abbiamo introdotto - Governo e Parlamento - in tempi ravvicinati, assicura un costante monitoraggio di tutti i comportamenti dei magistrati ed una verifica puntuale e stringente, ripetuta a cadenze periodiche, delle loro attitudini con la concreta possibilità di sanzionare un’eventuale mancanza di equilibrio nell’esercizio della giurisdizione. Si tratta di una vera e propria rivoluzione introdotta con la nuova legge che per la prima volta fissa parametri obiettivi e rigidi come indicatori incidendo anche sulla possibilità di avanzamenti di carriera. Mi sembra che certe idee suggestive rischino di creare un clima di confusione e di sfiducia che sicuramente non fa bene alla vita delle istituzioni e del Paese - sottolinea ancora Scotti, che aggiunge - apprendo, comunque, con favore che anche per l’onorevole Fini va riconosciuto che a molti magistrati bisognerebbe dare una medaglia. Sono moltissimi, infatti, quelli che lavorano in silenzio, al servizio del cittadino". Giustizia: Rai; non c’è più tempo per spot sul voto in carcere
Ansa, 9 aprile 2008
"Non c’è più tempo per pianificare uno specifico spot" che spieghi le modalità del voto in carcere. È questa la risposta arrivata al garante dei detenuti del Comune di Firenze Franco Corleone dal direttore comunicazione e immagine della Rai, Gianluca Veronesi, incaricato dal presidente del Cda Claudio Petruccioli. Lo rende noto lo stesso Corleone. Nei giorni scorsi il garante aveva scritto una lettera a Petruccioli per sollecitarlo affinché la tv di Stato informasse su come i detenuti possono votare in occasione delle prossime elezioni. Nella risposta di Veronesi si spiega che "gli spot in onda hanno dovuto passare il vaglio di vigilanza, autorità e Viminale, e per di più gli ultimi giorni sono destinati alle istruzioni di voto". "Abbiamo provveduto - si legge nella lettera - a passare le regole di voto in carcere a Televideo perché le accluda nelle specifiche pagine e abbiamo segnalato ai Tg il problema perché trovino uno spazio per parlarne, guadagnando così tempo prezioso". "La situazione - afferma Corleone - è drammatica e vergognosa per la democrazia e i diritti. I detenuti devono attraversare un complesso iter burocratico per poter votare e molti non ne sono a conoscenza. Non dobbiamo privarli del diritto di cittadinanza". Nel carcere fiorentino di Sollicciano, sottolinea Corleone, ci sono state 25 richieste di voto da parte dei detenuti e le autorizzazioni sono state due. Giustizia: allarme in Polizia Penitenziaria, sette suicidi all’anno di Luca Tatarelli
Conquiste del Lavoro, 9 aprile 2008
Sette suicidi l’anno tra gli agenti di Polizia Penitenziaria. I dati vengono denunciati dalla Cisl Fp. Domani su questo tema si terrà un incontro tra i sindacati, il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), Ettore Ferrara ed il ministro della Giustizia, Luigi Scotti. La scorsa settimana sono morti due agenti: uno a Biella e l’altro a Matera. Nei giorni scorsi, Scotti aveva dichiarato di volere "esaminare la situazione per quelli che possono essere i rimedi". "Io stesso - aveva aggiunto - ho cercato di restituire alla funzione istituzionale alcuni agenti che erano distribuiti in altri settori, per evitare che alcuni fossero sacrificati e altri no. C’è una situazione obiettiva di grosso sacrificio. Esamineremo con i sindacati questa problematica per poi offrirla al governo futuro". Intanto le carceri italiane tornano a scoppiare. Sono ora detenute oltre 50 mila persone. L’effetto indulto è, dunque, svanito. Tanto che è già rientrato il 30% di quelli che, grazie alla riduzione di pena, erano usciti. Il Sole 24 Ore ha fatto una mappatura delle carceri più in crisi. In testa alla classifica per l’affollamento: Milano San Vittore e Bologna Dozza. Intanto aumentano i recidivi. Si parla di 8.500 su circa 27 mila condannati usciti di galera. Buona parte di loro erano stati scarcerati grazie proprio all’indulto. Il governo uscente lascia in eredità lo stanziamento di 70 milioni di euro per il periodo 2008-2010. Soldi destinati ad avviare un programma straordinario di edilizia penitenziaria. L’intervento servirà a completare quanto stabilito dal Dap, che ha stabilito un piano di recupero edilizio e di ristrutturazione per acquisire 426 nuovi posti nelle carceri nel 2007 e di altri 1980 per quest’anno. Intanto proseguono, a livello locale, le proteste dei sindacati della Polizia penitenziaria contro i ritardi nell’organizzazione del lavoro negli istituti di pena. Venerdì, a Genova, dopo il nulla di fatto dell’incontro con il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria, Giovanni Salamone, si terrà una manifestazione contro i mille disagi degli operatori del settore. I sindacati da tempo criticano la gestione della sicurezza e l’organizzazione del sistema penitenziario genovese. Sempre in tema di giustizia, ieri, il Guardasigilli a Napoli ha incontrato gli avvocati e i rappresentanti dei vertici degli uffici giudiziari. I sindacati hanno denunciato la scarsa capacità di gestire la manutenzione degli edifici, contestando l’amministrazione che ha sempre parlato di risparmi economici. In particolare il j’accuse delle organizzazioni sindacali confederali ed autonome è rivolto al cattivo funzionamento degli impianti, alle continue interruzioni dei servizi essenziali, agli allagamenti, all’assenza di ogni procedura per esigenze di pronto intervento sia in materia di sicurezza pubblica che sanitaria. Oltre all’assenza di interventi contro il degrado delle strutture. Infine, non cessano le reazioni contrarie della Cisl Fp sul passaggio del sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale (Ssn). Per Biagio Celi, segretario generale della Cisl Fp dell’Abruzzo, il decreto del Governo Prodi varato lo scorso 1° aprile "non garantisce l’immissione in servizio di almeno 2500 lavoratori che già operano nella sanità penitenziaria a livello nazionale, con contratti diversi e tutti a tempo determinato". Grazie al loro lavoro lo Stato garantiva "continuità nell’assistenza sanitaria alle decine di migliaia di detenuti nelle carceri italiane". "Sostanzialmente - spiega Celi - questo significa lasciare senza occupazione queste persone e le loro famiglie". In Abruzzo, in particolare, "i precari provenienti dal Ministero della Giustizia renderanno ancora più ingovernabile la stabilizzazione di quelli delle sei aziende sanitarie locali (Asl)". Giustizia: Impregilo, Mastella, Pappalardi; 3 errori giudiziari di Emile
Il Riformista, 9 aprile 2008
Roma, 27 marzo 2008, la Corte Suprema annulla il sequestro dell’Impregilo Spa. Catanzaro, 1 aprile 2008, il Gip del capoluogo calabrese dispone l’archiviazione del procedimento a carico di Clemente Mastella. Bari, 4 aprile 2008, il Gip del capoluogo pugliese restituisce la libertà a Filippo Pappalardi. Tre errori giudiziari. Il 26 giugno 2007, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli, dottoressa Rosanna Saraceno, nell’ambito delle indagini relative al ciclo di smaltimento dei rifiuti solidi urbani in Campania, ha disposto il sequestro di 750 milioni di euro di Impregilo Spa. Il sequestro ha dimensioni economiche tali da non avere precedenti. La società, tra le più importanti del nostro paese, a causa del provvedimento dell’autorità giudiziaria rischia il fallimento, subisce pesanti perdite in borsa. Centinaia di risparmiatori incolpevoli vedono ridursi drasticamente le loro finanze. Il titolo a causa delle forti perdite viene sospeso in Borsa. La Corte di cassazione otto mesi dopo annulla il provvedimento di sequestro, ritenendolo illegittimo, e il titolo balza in borsa. Il 19 ottobre 2007, gli organi di stampa diffondono la notizia che il ministro della Giustizia Clemente Mastella è stato iscritto nel registro degli indagati dal dottor Luigi de Magistris, sostituto procuratore presso la Procura di Catanzaro, nell’ambito dell’indagine denominata "Why Not". Il 1° aprile 2008 i mass media notiziario l’avvenuta archiviazione della posizione del ministro della Giustizia. Sempre dai mass media si apprende la notizia che secondo il gip non vi erano elementi per effettuare l’iscrizione nel registro degli indagati. Il 27 novembre 2007, Filippo Pappalardi viene sottoposto a misura cautelare in carcere con l’accusa di aver ucciso i due figli Ciccio e Tore. Su indizi e soprattutto sulle esigenze numerosi sono i dubbi del terzo spettatore. Il 75 febbraio 2008 per caso, in una cisterna di un edificio di Gravina, a pochi passi da casa, vengono ritrovati i resti dei corpi di Ciccio e Tore. La difesa chiede la scarcerazione di Pappalardi. I pm si oppongono. Il presidente del tribunale del riesame di Bari, dottor Nettis, giudice che aveva confermato l’arresto di Pappalardi, rilascia una intervista nella qua le si auto assolve. Un’intervista contra legem. La paura di ammettere di avere sbagliato. Il 12 marzo 2008 il gip dispone la detenzione domiciliare. Il 3 aprile 2008 viene depositata la consulenza dei medici legali. Il 4 aprile 2008 il sostituto procuratore riconosce l’errore e chiede la scarcerazione di Pappalardi. Il gip Romanazzi accoglie la richiesta e dispone la libertà. Tre errori giudiziari. Un padre accusato ingiustamente dell’omicidio dei propri figli. Errori che hanno inciso sulla vita politica ed economica del nostro paese. Errori che purtroppo non sembrano costituire delle rare eccezioni. Errori che si affiancano infatti a quelli relativi a Rignano Flaminio, a Vittorio Emanuele di Savoia, a Sottile e a Lumumba. Errori che il clamore mediatico porta a conoscere e che potrebbero ragionevolmente costituire la punta di un’orribile piramide, costituita dalle ignote vittime della giustizia. Errori che costringono a riflettere. Una riflessione che dovrebbe iniziare dal considerare che è errato sentenziare durante le indagini. Una riflessione che dovrebbe costringere il processo penale a rientrare nelle aule di giustizia e a fuggire da luoghi quali quelli relativi al circuito mass mediatico. Una riflessione che dovrebbe costringere a capire che l’iscrizione al registro degli indagati non può costituire una condanna. Il giustizialismo di basso livello deve essere estirpato. L’essere oggetto d’indagini, arrestato o rinviato a giudizio non devono costituire elementi su cui fondare giudizi d’infamia. Una riflessione che dovrebbe avere a oggetto sequestri e arresti, che dovrebbero costituire provvedimenti eccezionali e non sanzioni anticipatorie di una sentenza di condanna. Il rischio dell’errore giudiziario è alto e quando si anticipa la condanna emettendola durante le indagini assume valori non accettabili. Una riflessione che si dovrebbe fermare, ancorare al fatto che l’errore relativo Filippo Pappalardi è emerso per caso, che al caso e non alla giustizia un individuo deve la sua libertà. Una riflessione che non dovrebbe portare a nuovi provvedimenti legislativi, ma che dovrebbe condurre ad applicare le norme esistenti, condannando in presenza di prove certe e arrestando quando vi sono indizi e pericoli. Una riflessione che dovrebbe interessare la politica, ma che dovrebbe assillare magistrati e avvocati, che della giustizia sono custodi. Lettere: la settimana dell’ergastolano di Sebastiano Bontempo (Detenuto nel carcere di Volterra)
www.informacarcere.it, 9 aprile 2008
Lunedì: mi alzo alle cinque, mi preparo il caffè, faccio colazione poi vado in bagno, è ancora presto, cosa faccio? Leggo un passo a caso della Bibbia, incomincio ad alzare i cestini, li appoggio sul tavolo, sollevo il materasso così posso alzare tutto da terra. Giovanni il mio vicino di cella ancora dorme non posso aprire il rubinetto se no lo sveglio, mi preparo per la ginnastica, in attesa che si sveglia Giovanni ed arriva il carrello del latte faccio un po’ di riscaldamento fisico. Alle sette e trenta arriva il latte, prendo un bicchiere di latte, adesso Giovanni si è svegliato, posso aprire il rubinetto dell’acqua per fare le pulizie, alle nove c’è l’ora d’aria, io faccio la corsa, alle undici salgo, faccio la doccia, alle undici e trenta passa il pranzo, non ho fame, comunque mangio qualcosa, così per abitudine, faccio un po’ di meditazione, mi aiuta, stando con Dio mi aiuta molto, non mi sento giudicato da lui, soprattutto mi sento amato così come sono. Sono le tredici, c’è l’ora d’aria, siamo tutti pronti davanti al cancello, per non far perdere tempo, ci ritroviamo tutti insieme, ognuno con i conoscenti o i parenti, si parla prevalentemente dei processi, quelli che siamo da più anni in carcere la buttiamo sul calcio, siamo stanchi dei processi, alle quindici rientriamo in cella, mi riposo un po’, poi mi preparo qualcosa da mangiare. Alle diciassette incomincia Geo e Geo, alle diciotto mangio, dopo aver mangiato faccio le pulizie, alle nove vado a letto, vedo qualche film, ormai li ho visti quasi tutti, la TV mi stanca, la spengo e cerco di dormire. Durante la notte mi sveglio di colpo, mi assale una gran paura, non so che cosa sia da quando mi hanno dato l’ergastolo mi capita spesso, mi accorgo di non avere più nessuna speranza di uscire, ho perso tutto. Martedì: mi alzo alle cinque, mi preparo il caffè, faccio colazione, vado in bagno, leggo un passo a caso della Bibbia, alzo i cestini, li appoggio sul tavolo, sollevo il materasso sollevo tutto da terra, Giovanni dorme non apro il rubinetto, faccio un po’ di riscaldamento fisico, arriva il latte, prendo il latte, faccio le pulizie, alle nove c’è l’ora d’aria, faccio la corsa, alle undici rientro in cella, faccio la doccia, alle undici e trenta passa il pranzo, faccio un po’ di meditazione, sono le tredici, c’è l’ora d’aria, ci ritroviamo tutti insieme, parliamo di calcio o di processi, alle quindici rientriamo in cella, mi riposo un po’, mi preparo qualcosa da mangiare, alle diciassette incomincia Geo e Geo, alle diciotto mangio, lavo i tegami, alle nove vado a letto, vedo qualche film, ormai li ho visti tutti, spengo la TV e cerco di dormire. Mercoledì: mi alzo alle cinque, mi preparo il caffè, faccio colazione, vado in bagno, leggo un passo a caso della Bibbia, alzo i cestini, li appoggio sul tavolo, sollevo il materasso sollevo tutto da terra, Giovanni dorme non apro il rubinetto, faccio un po’ di riscaldamento fisico, arriva il latte, prendo il latte, faccio le pulizie, alle nove c’è l’ora d’aria, faccio la corsa, alle undici rientro in cella, faccio la doccia, alle undici e trenta passa il pranzo, faccio un po’ di meditazione, sono le tredici, c’è l’ora d’aria, ci ritroviamo tutti insieme, parliamo di calcio o di processi, alle quindici rientriamo in cella, mi riposo un po’, mi preparo qualcosa da mangiare, alle diciassette incomincia Geo e Geo, alle diciotto mangio, lavo i tegami, alle nove vado a letto, vedo qualche film, ormai li ho visti tutti, spengo la TV e cerco di dormire. Giovedì: mi alzo alle cinque, mi preparo il caffè, faccio colazione, vado in bagno, leggo un passo a caso della Bibbia, alzo i cestini, li appoggio sul tavolo, sollevo il materasso sollevo tutto da terra, Giovanni dorme non apro il rubinetto, faccio un po’ di riscaldamento fisico, arriva il latte, prendo il latte, faccio le pulizie, alle nove c’è l’ora d’aria, faccio la corsa, alle undici rientro in cella, faccio la doccia, alle undici e trenta passa il pranzo, faccio un po’ di meditazione, sono le tredici, c’è l’ora d’aria, ci ritroviamo tutti insieme, parliamo di calcio o di processi, alle quindici rientriamo in cella, mi riposo un po’, mi preparo qualcosa da mangiare, alle diciassette incomincia Geo e Geo, alle diciotto mangio, lavo i tegami, alle nove vado a letto, vedo qualche film, ormai li ho visti tutti, spengo la TV e cerco di dormire. Venerdì: mi alzo alle cinque, mi preparo il caffè, faccio colazione, vado in bagno, leggo un passo a caso della Bibbia, alzo i cestini, li appoggio sul tavolo, sollevo il materasso sollevo tutto da terra, Giovanni dorme non apro il rubinetto, faccio un po’ di riscaldamento fisico, arriva il latte, prendo il latte, faccio le pulizie, alle nove c’è l’ora d’aria, faccio la corsa, alle undici rientro in cella, faccio la doccia, alle undici e trenta passa il pranzo, faccio un po’ di meditazione, sono le tredici, c’è l’ora d’aria, ci ritroviamo tutti insieme, parliamo di calcio o di processi, alle quindici rientriamo in cella, mi riposo un po’, mi preparo qualcosa da mangiare, alle diciassette incomincia Geo e Geo, alle diciotto mangio, lavo i tegami, alle nove vado a letto, vedo qualche film, ormai li ho visti tutti, spengo la TV e cerco di dormire. Sabato: mi alzo alle cinque, mi preparo il caffè, faccio colazione, vado al bagno, leggo un passo a caso della bibbia, faccio le pulizie, incomincio ad alzare i cestini, li appoggio sul tavolo sollevo il materasso così posso alzare tutto da terra. Giovanni dorme non apro il rubinetto, incomincio a prepararmi per il colloquio, oggi vengono mio padre e mia madre, fanno molti sacrifici per me, ma la cosa più grande che hanno fatto, non mi hanno mai detto "io te l’avevo detto". Durante il colloquio mia sorella che vive con loro, mi ha detto, che li aveva sentiti parlare fra di loro, "speravano che prima di morire mi avrebbero rivisto fuori". Io gli dico: "fra cinque anni ce la posso fare" non so cosa dire, è finita l’ora di colloquio ci salutiamo e io rientro in cella. Sono le tredici, c’è l’ora d’aria, parliamo di calcio e di processi, mi chiedono dei miei, alle quindici rientro in cella, mi riposo un po’, mi preparo qualcosa da mangiare, alle diciassette incomincia Geo e Geo, alle diciotto mangio, dopo aver mangiato faccio le pulizie, alle nove vado a letto, vedo qualche film, ormai li ho visti tutti, spengo la TV e cerco di dormire, mi sveglio di colpo, mi assale la solita paura. Domenica: mi alzo alle cinque, mi preparo il caffè, faccio colazione, vado in bagno, leggo un passo a caso della Bibbia, alzo i cestini, li appoggio sul tavolo, sollevo il materasso sollevo tutto da terra, Giovanni dorme non apro il rubinetto, faccio un po’ di riscaldamento fisico, arriva il latte, prendo il latte, faccio le pulizie, alle nove c’è l’ora d’aria, oggi giochiamo a calcio, alle undici rientro in cella, faccio la doccia, alle undici e trenta passa il pranzo, faccio un po’ di meditazione, sono le tredici, c’è l’ora d’aria, ci ritroviamo tutti insieme, parliamo della partita giocata oggi, alle quindici rientriamo in cella, mi riposo un po’, mi preparo qualcosa da mangiare, alle diciassette incomincia Geo e Geo, alle diciotto mangio, lavo i tegami, alle nove vado a letto, vedo qualche film, ormai li ho visti tutti, spengo la TV e cerco di dormire. Bologna: lavori pubblica utilità, convenzione con la Provincia
Bologna 2000, 9 aprile 2008
Due detenuti potranno svolgere attività di pubblica utilità, non retribuita per due Istituzioni della Provincia come misura alternativa al carcere. Questo l’oggetto di una convenzione fra la Provincia e il Tribunale di Bologna approvata questa mattina dalla Giunta provinciale, con la quale l’Amministrazione si candida a sperimentare quanto previsto dalle recenti riforme legislative (Decreto Legislativo 274 del 28 agosto 2000; Legge 49 del 21 febbraio 2006). Tali norme prevedono che, su richiesta dell’imputato, il giudice di pace e il giudice monocratico possano sostituire le pene detentive e pecuniarie con la pena del lavoro di pubblica utilità da svolgere in attività non retribuita per lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni e Enti di assistenza sociale e volontariato. In particolare, la convenzione approvata questa mattina, permette l’inserimento di due persone per un massimo di sei mesi ciascuna; l’una all’Istituto "Gian Franco Minguzzi" con compiti di supporto amministrativo e organizzativo, l’altra all’Istituzione Villa Smeraldi per attività di supporto alla manutenzione del verde. La sperimentazione, che avrà la durata di un anno, non comporta oneri finanziari a carico della Provincia che si impegna a predisporre le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e morale dei condannati, curando che l’attività sia prestata in modo regolare e senza violazione degli obblighi del condannato. Roma: tifosi inglesi detenuti da 4 mesi, disparità trattamento
Garante dei detenuti del Lazio, 9 aprile 2008
Arrestati dopo Roma - Manchester del 12 dicembre scorso, 4 tifosi inglesi condannati in primo grado ad oltre 2 anni, attendono da mesi in cella il processo di appello. Intanto, molti degli ultras responsabili degli incidenti di domenica scorsa in tutta Italia sono già in libertà. Il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni: "è una vicenda paradossale: per combattere la violenza del calcio italiano si usa il pugno di ferro con quattro inglesi e intanto, chi solo 72 ore fa ha colpito agenti, carabinieri, giocatori e tifosi avversari è già libero". Arrestati durante i disordini di Roma - Manchester United del 12 dicembre scorso, quattro tifosi inglesi condannati ad oltre due anni di reclusione sono ancora in cella (in quattro diverse carceri del Lazio) in attesa che venga celebrato il processo d’appello, necessario per ottenere l’estradizione in Inghilterra. Intanto, chi domenica scorsa ha causato incidenti nelle serie minori, è già in libertà. A denunciare la disparità di trattamento è il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni secondo cui quella dei supporter inglesi è una vicenda ai limiti del paradossale. "Nell’ultimo anno - ha detto Marroni - il calcio italiano ha contato tre morti, senza contare le decine di feriti e i danni causati in tutta Italia dagli ultras. Solo una settimana fa l’Uefa ha messo sotto osservazione lo stadio Olimpico di Roma per i ripetuti episodi di violenza. Per combattere tutto questo 4 tifosi del Manchester sono da 4 mesi in carcere mentre chi solo 72 ore fa ha messo a ferro e fuoco stadi e città e picchiato forze dell’ordine, tifosi e calciatori avversari è già a casa". Ad originare la presa di posizione del Garante la notizia degli scontri di domenica sui campi di serie C e D e, in particolare, la vicenda di un tifoso campano che, fingendosi invalido, ha colpito con la stampella un agente e un tifoso avversario. Per lui, denunciato per porto abusivo di arma, in arrivo solo una denuncia e il Daspo, il divieto di assistere a manifestazioni sportive. Micael Jason Burke (26 anni), Kyle Dillon (24 anni), Lucas Nicholas Fenen (18 anni) e Richard Wimmer 39 anni) sono stati invece arrestati il 12 dicembre scorso a Roma dopo la partita di Champions League Roma - Manchester United. Condannati in primo grado a pene superiori ai due anni, hanno trascorso la prima parte della loro detenzione a Regina Coeli poi, per problemi di sovraffollamento, sono stati trasferiti in quattro diverse carceri: Velletri (Burke), Viterbo (Dillon), Cassino (Fenenn) e Frosinone (Wimmer). Ai collaboratori del Garante che lo hanno incontrato a Velletri uno dei quattro, Micael Jason Burke ha spiegato di essersi trovato, dopo la partita, in mezzo ai disordini mentre cercava di scappare verso il suo autobus. "È un incubo - ha detto - se allo stadio Olimpico ci fossero state le telecamere, la mia innocenza si sarebbe chiarita da tempo. Al processo di primo grado, con un avvocato che non parlava inglese, sono stato condannato a due anni e cinque mesi. Avevamo pensato di prendere un appartamento in affitto per aspettare ai domiciliari l’appello, ma sarebbe stato troppo dispendioso. Ora vorrei solo uscire libero da questa situazione". "Il loro sta diventando un vero e proprio caso internazionale ed a ragione, visto la disparità di trattamento con gli hoolingan italiani - ha detto il Garante Angiolo Marroni - Inoltre, si poteva evitare di trasferire i 4 inglesi in quattro diverse carceri del Lazio. Così ognuno di loro è solo e vede amplificati i problemi di relazione, causati dalla lingua, con gli altri detenuti e con gli operatori del carcere, senza contare le difficoltà logistiche che incontrano le autorità diplomatiche inglesi per stare loro vicini. In atteso del processo di appello, passo necessario per provvedere alla loro estradizione in Inghilterra, ho chiesto ai direttori delle carceri di Velletri, Viterbo, Cassino e Frosinone di adoperarsi per rendere meno disagevole possibile la detenzione di questi ragazzi". Verona: il convegno "Quando la pena ricostruisce i rapporti"
Comunicato stampa, 9 aprile 2008
Nella nostra società è ormai diventata prassi comune pensare - se non pretendere - che, alla luce di un reato, il colpevole venga processato e chiuso in carcere. Non importa di che tipo di reato si tratti e della pericolosità di chi l’ha commesso: la risposta è la detenzione. In realtà questa regola, che a noi sembra scontata, è oggetto di discussioni e ripensamenti e, nel sistema giudiziario, si sta sempre più facendo largo l’idea che sia fondamentale, per una maggiore sicurezza, favorire un dialogo tra il colpevole e la vittima e restituire un ruolo centrale a quest’ultima. Sarà questo l’argomento alla base del convegno che si terrà venerdì 11 aprile, dalle 9 alle 13, nell’aula 1 della sede Lisss in via Filippini 17, in occasione della seconda e ultima parte del seminario di studio su "Le relazioni familiari e affettive in rapporto alla carcerazione". Affrontato a marzo il complicato tema dei familiari dei carcerati, questa volta la discussione verterà sulla "Giustizia Riparativa. Quando la pena ricostruisce i rapporti". Un tema caldo, che in questi mesi verrà affrontato anche in altre città italiane e che, proprio a Verona, vedrà la presenza di esperti internazionali, in occasione del congresso del forum europeo, in programma dal 17 al 19 aprile in Gran Guardia. Quando si parla di legge e giustizia si pensa subito a ingranaggi complessi alla portata di pochi. Chi subisce un danno si affida a un avvocato e spera nella comprensione del giudice, ma non ha alcuna possibilità di reclamare personalmente le sue ragioni e di confrontarsi apertamente con chi lo ha offeso. Lo stato prende il posto della vittima che, anzi, si ritrova spesso abbandonata e spaesata di fronte alla messa in moto di un meccanismo che non comprende. Da qui la volontà, nuova e comune, di riequilibrare le attenzioni e cercare vie alternative alla detenzione, per una giustizia che miri a ricucire i rapporti tra le persone coinvolte, e con la società stessa. Organizzato dall’associazione di volontariato La Fraternità, in collaborazione con le Facoltà di Scienze della Formazione e di Giurisprudenza dell’Università di Verona, l’incontro vedrà la partecipazione di docenti universitari delle facoltà di Verona e Trento, dell’avvocato Federico Reggio, esperto di giustizia riparativa e vicepresidente della nuova associazione veronese per le vittime di reato, Asav, di cui sarà presente anche la presidente Emma Benedetti. Interverranno inoltre il dott. Alessandro Padovani del Don Calabria e Fra Beppe Prioli, fondatore della Fraternità che, da oltre quarant’anni, è impegnata in problemi legati al mondo della pena nel territorio veronese, con interventi di promozione culturale e progetti operativi in diverse aree. Negli ultimi mesi, l’associazione ha iniziato a collaborare anche con l’Università di Verona che, a sua volta, si è resa particolarmente sensibile a questo contesto.
Associazione La Fraternità Milano: le Associazioni; diritti violati in nome della sicurezza di Zita Dazzi
L’Espresso, 9 aprile 2008
"Diritti violati in nome della sicurezza". Sono stufi di essere chiamati per accogliere i rom, senza venire preavvisati degli sgomberi chiesti dalle amministrazioni locali. Di disintossicare i drogati senza un dialogo con chi decide le politiche di prevenzione. Di distribuire pasti caldi ai pensionati senza esser consultati da chi detta le regole dell’assistenza sociale. Per questo oltre 40 fra le principali sigle del volontariato italiano ieri hanno scelto - non a caso - Milano per presentare un documento che condanna la logica degli sgomberi senza progetti alternativi e chiede alla politica di abbandonare la logica della "sicurezza" slegata dagli interventi di recupero sociale. C’erano don Gino Rigoldi, presidente di Comunità Nuova e cappellano del carcere minorile Beccaria, e don Virginio Colmegna, presidente di Casa della Carità, al centro del tavolo dove è stato firmato l’atto di nascita del "Cantiere per un patto costituente di un nuovo welfare", definito "spazio di riflessione e proposta politica". Una sigla che reclama attenzione dalle istituzioni e investimenti per la tutela dei diritti delle persone. Un tema, quello dei diritti, che pochi giorni fa era stato sollevato dal cardinale Dionigi Tettamanzi a proposito dello sgombero della Bovisasca. Fatto che Lucio Badolin, presidente del Cnca (Coordinamento nazionale delle comunità d’accoglienza), ieri all’incontro nella sede delle Acli, in via della Signora, ha sottolineato: "Siamo al punto che persino qualche vescovo arriva a domandarsi pubblicamente che senso ha questo modo di agire. Questo modo di far politica e di amministrare non ci piace. Questo alitare sulla paura dei cittadini per alimentarla è pericoloso. I bisogni sociali rimangono ai margini dei programmi politici e dell’azione di governo". E don Colmegna ha aggiunto: "Stiamo facendo un’operazione culturale, non un manifesto elettorale. Vogliamo contare di più, abbiamo fiducia in una politica forte su questi temi". Il discorso più duro è stato quello di Rigoldi, che ha puntato il dito contro "il disastro sociale e culturale che abbiamo davanti. Al Beccaria c’è il 20 per cento in più di detenuti. La sicurezza della pena che chiedono certe forze politiche esiste solo per i poveracci che rubano per fame e restano in galera per anni". Il cappellano è indignato per le manifestazioni davanti alle chiese della Lega, che contesta le posizioni di Tettamanzi a difesa dei rom: "Va ricordato a questi signori che per il Vangelo tutti siamo figli di Dio. I razzisti stiano fuori dalle chiese". In allestimento è un sito web dedicato al tema (www.cantierewelfare.org) per raccogliere nuove adesioni all’appello, per ospitare un forum di discussione e per organizzare un incontro pubblico dove verrà presentata una piattaforma sul welfare. Bologna: homeless morto dopo aggressione, il nome a una via
Associazione Avvocato di strada, 9 aprile 2008
Ordine del Giorno approvato dal Consiglio Comunale di Bologna il 7 aprile 2008. L’Ordine del Giorno è stato approvato dopo un intervento in Consiglio di Antonio Mumolo, Presidente dell’Associazione Avvocato di strada, in cui si proponeva di intitolare la via fittizia di Bologna, attualmente chiamata Via Senza Tetto, a Mariano Tuccella, la persona senza dimora scomparsa la settimana scorsa dopo sei mesi di coma irreversibile, in cui si trovava per essere stato picchiato senza motivo da tre ragazzi mentre dormiva in strada. Mariano aveva 49 anni. Come ricorderete, la notte tra domenica 30 settembre e lunedì 1 ottobre 2007 era stato picchiato selvaggiamente e senza motivo da tre ragazzi, uno dei quali minorenne, mentre dormiva in strada a poche centinaia di metri da qui, nei pressi del mercato delle erbe di via Ugo Bassi. Per via dei gravi danni cerebrali subiti da quel giorno non ha più ripreso conoscenza e ha passato gli ultimi mesi della sua vita in un letto d’ospedale solo, senza l’apporto di familiari. Più volte insieme ai volontari di Piazza Grande mi sono recato in visita all’ospedale sperando ci fossero novità positive. Purtroppo così non è stato e insieme ai medici abbiamo vissuto con impotenza questi mesi. Gli addetti ai lavori e non solo sanno che a Bologna gli ultimi mesi non sono stati teneri, se così si può dire, con le persone senza dimora. Il freddo si è fatto sentire a lungo, e le tantissime persone quest’anno presenti in strada a fatica hanno trovato riparo nei dormitori cittadini e nelle strutture approntate per fronteggiare l’emergenza. I primi di marzo è scomparso Giorgio e poi, a distanza di pochi giorni Massimiliano, un ragazzo di poco più di trent’anni, morto nel suo letto del dormitorio di Via del Gomito. La settimana scorsa invece è stata la volta di Mariano, la cui scomparsa speriamo sia l’ultima di questo tristissimo periodo. Lo scorso ottobre con un mio intervento in questa sala avevo chiesto che il Consiglio Comunale votasse un ordine del giorno in cui si condannasse l’episodio di pestaggio. L’ordine del giorno è stato votato all’unanimità da tutti i consiglieri presenti, ed è stato a mio parere un segnale forte che abbiamo saputo esprimere. Oggi, dopo la morte di Mariano, vi chiedo un nuovo gesto. Nella nostra città le persone senza una fissa dimora possono chiedere la residenza in una via inesistente e chiamata Via Senza Tetto. La via fittizia è molto importante perché permette alle persone di riavere una residenza anagrafica, e quindi di poter tornare a godere di molti diritti fondamentali, di potersi curare, di poter lavorare, di poter ricevere una pensione. Una via simile oggi esiste in molte città italiane e ha spesso un nome anonimo come nel caso di Bologna. In molte città si chiama "Via della casa comunale", "Via dell’ospitalità" o "via della città di ……" con il nome della città. In altri casi la via è intitolata a persone che hanno fatto qualcosa di importante per le persone senza dimora, come nel caso di Firenze, dove la via inesistente è intitolata a Libero Leandro Lastrucci, direttore per più di vent’anni dell’albergo popolare. Un caso particolare invece, degno di essere raccontato, è quello di Roma, la prima città d’Italia a dedicare una via fittizia alla memoria di una persona senza dimora, morta in strada in condizioni di estrema povertà. La via inesistente a Roma è infatti dedicata a Modesta Valenti, una donna senza dimora morta nel 1982 alla Stazione Termini, che non era stata soccorsa perché sporca e vestita male. Io penso che l’esempio di Roma sia importante, e che possa valere la pena cercare di emularlo. A Bologna vi proporrei dunque di cambiare nome alla via fittizia e di intitolarla a Mariano Tuccella. Questo piccolo gesto potrebbe servire a migliorare le condizioni di chi vive in strada. Come tutti sanno il nome della via presso la quale si ha la residenza è scritto nei documenti di identità, e avere la residenza in via Senza Tetto potrebbe creare problemi all’intestatario dei documenti, e favorire delle possibili discriminazioni. Intitolando a Mariano il nome della via potremmo inoltre dare un forte segnale di attenzione da parte nostra alle problematiche dei più poveri, e faremmo un gesto importante alla memoria di un nostro concittadino meno fortunato di noi.
Antonio Mumolo Presidente dell’Associazione Avvocato di strada Roma: senza-tetto allestiscono tendopoli, la polizia li carica
Il Corriere della Sera, 9 aprile 2008
Tensione ieri mattina: epilogo violento della grave vicenda della Bufalotta. Tolta la tendopoli dei senza-casa a piazza Venezia. Sgombero ieri mattina, poco dopo l’alba. Interviene la polizia, che effettua nove arresti, tre attivisti e sei senza-casa. Saranno processati per direttissima. Contestate resistenza aggravata a pubblico ufficiale, violenza e lesioni. Alcune donne sono ricorse al pronto soccorso. Contusi anche tre agenti. Poi senza-casa in corteo fin sotto il commissariato Trevi. Intervengono esponenti della Sinistra Arcobaleno. Polemizzano le forze politiche, tra "legalità" e "ascolto" di chi chiede una casa. Oggi i senzacasa saranno ricevuti dal Prefetto, nel pomeriggio assemblea aperta alle forze politiche a piazza San Marco. Sessanta tende di senza-casa di ogni età, a Piazzetta San Marco cuore di Roma, con le elezioni alle porte e con alle spalle la pessima idea di aver appena tentato alla Bufalotta un’occupazione di case vendute a legittimi proprietari, roba da guerra tra poveri. Eccolo il mix esplosivo, tra disperazione e bisogno, che ieri poco dopo l’alba ha collezionato nuovi problemi: lo sgombero compiuto dalla polizia, senzacasa e agenti ricorsi al pronto soccorso per fortuna con referti di poca entità, un bilancio conclusivo di 9 arresti per resistenza a pubblico ufficiale, violenza e lesioni, con l’aggravante di essere stati in più di 15, il che comporta non un giudice monocratico ma un collegio giudicante. Il processo, con rito direttissimo, è previsto per domani. Sarà preceduto da un’assemblea aperta alle forze politiche che i senzacasa hanno indetto per oggi sempre a piazza San Marco. Si erano attendati la sera prima, convinti di èssere ricevuti ieri mattina dal prefetto Carlo Mosca che da Milano aveva fatto sapere di essere disponibile a un incontro, rimandato poi alle 12 di oggi. Naturalmente non dovevano essere lì, sotto il Vittoriano, nei giorni conclusivi della campagna elettorale. Poco o per nulla garantiti dallo "sgarro" nelle regole di chi rivendica lotta condannato da tutte le forze politiche. n "diritto" che si erano presi piombando con la loro carovana di auto sul centro atta è stato bloccato da un improvviso intervento di polizia scattato alle 6,30 del mattino, filmato dalle forze dell’ordine e anche da una mattiniera troupe Rai. Alle 6,40 le tende giacevano ormai tutte per terra e i senzacasa sbraitando per l’abbattimento raccoglievano le toro cose. Poi col passare dei minuti e con l’arrivo di alcuni attivisti del "Blocco precario metropolitano" l’atmosfera si è riscaldata. All’intimazione di sgomberare quanto prima il luogo sono seguiti piccoli tafferugli, cariche, infine l’allontanamento forzato di attivisti e senzacasa nove dei quali poi arrestati, tre attivisti guidati da Paolo Di Vetta e sei senzacasa. L’arresto ha provocato un piccolo corteo al commissariato Trevi. Lì i fermati sono stati contattati da una delegazione della Sinistra Arcobaleno con Massimiliano Smeriglio (Prc) e Fabio Nobile (Comunisti italiani), che hanno "deprecato la sproporzione" tra l’azione dei senzacasa e le modalità dell’intervento di polizia". Poi i manifestanti sono tornati a piazza San Marco, dove hanno ritrovato alcune donne ricorse ai pronto soccorso: al San Giovanni, a Claudia, giovane madre di 23 anni incinta, sono state diagnosticate contusioni agli arti (5 giorni di prognosi), al Fatebenefratelli a Simona, 55 anni, è stata riscontrata una contusione al torace (4 giorni di prognosi). Prognosi di pochi giorni anche per tre agenti. Un piccolo caso si è aperto poi sul volontario della Protezione Civile regionale che come ha specificato la struttura pubblica, che ha cancellato la relativa associazione dal registro regionale, ha "consegnato acqua, latte e mozzarella agli occupanti della Bufalotta" al momento dell’occupazione simbolica dell’altra notte. Fermezza è stata chiesta anche dal commissario prefettizio al comune, Mario Morcone. "Già, ma il formaggio era perfino scaduto", hanno commentato alcuni senzacasa, accusati ieri sulla stampa di aver ricevuto salmone. Questo dunque il bollettino di una battaglia che si trascina da tempo, quella di chi non ha casa e che a piazza Venezia ha portato anche parecchi esempi di nuove povertà: come i Nardoni, sfrattati a San Lorenzo, o l’anziana coppia del Labaro tornata a vivere dai suoceri. Ieri si sono riuniti in assemblea all’Horos occupato, oggi tornano in centro.
Il colore delle regole
Quello che sta succedendo a Roma in questi giorni da, purtroppo, il senso di una città poco governata. E la cosa è tristemente normale alla fine di un periodo di interregno, durante il quale l’autorità politica è stata sostituita da un commissario prefettizio. Ma, peggio, Roma da anche l’idea di una città dove si è perso il senso delle regole. O, peggio ancora, dove ci si è convinti che le regole abbiano un colore politico. Qualche esempio. Mettere alcune regole al mercato della casa non è un’idea che possa essere ascritta in esclusiva a bislacche nostalgie dirigiste: è una semplice istanza di civiltà; il mercato abbandonato a se stesso non garantisce la concorrenza, crea anzi condizioni di monopolio che alterano l’andamento dei prezzi. Ha ragione il Presidente uscente del IV Municipio: serve subito una nuova edilizia sociale. Ma dov’erano i nostri politici quando il mercato ha espulso dalla città migliaia di romani? Quando trovare una casa dentro la cerchia del Raccordo è diventato un privilegio irraggiungibile per troppi? Nella storia della Bufalotta c’è questo. E molto di più. L’idea che un’occupazione selvaggia in spregio dei diritti di cittadini che pagano regolarmente case poi occupate da altri con la forza vada impedita, non è ascrivibile a una destra muscolare: è un altro banale principio di civiltà. Come non pare un segno di illuminato progressismo ma un ulteriore strappo a qualsiasi regola (anche di buonsenso) consentire agli occupanti appena sgomberati di entrare in centro con un corteo di auto dalla targa coperta e poi di piantare addirittura una piccola tendopoli davanti al Vittoriano. Il pessimo epilogo della vicenda, con gli arrestati e i contusi nel blitz della polizia, va secondo noi messo in conto a chi, per debolezza o quieto vivere, non ha voluto o saputo dire subito "no" ai manifestanti e, anzi, li ha illusi. Le regole non hanno colore. Ma in una città senza guida stanno esplodendo egoismi, particolarismi: nel tentativo di superarli, e di ripristinare il senso di una legalità condivisa, il prossimo sindaco avrà davanti un percorso così accidentato da far sembrare le disastrate strade di Roma lisce come un tavolo da biliardo. Droghe: Veltroni; basta sbattere in carcere chi fuma spinelli
Notiziario Aduc, 9 aprile 2008
Walter Veltroni è contrario alla "criminalizzazione" dei ragazzi che fumano gli spinelli. Serve, invece, una grande battaglia per "stroncare il grande traffico di droga", da cui trae i soldi la mafia. Durante la registrazione di Porta a Porta il candidato premier del Pd fa l’equazione lotta alla mafia-lotta al traffico di droga e si dice contrario a "sbattere in carcere il ragazzo che fuma lo spinello, non sono per questa soluzione". Se mai, serve "una rete di controllo sociale, con i ragazzi, i genitori e la scuola". Perché, poi, "al piccolo distributore la droga gli arriva dal grande distributore ed è lì che bisogna intervenire". "Più in generale, per Veltroni, bisogna mettere in campo "una grande campagna di valori perché questa società li ha persi, c’è stato un genocidio di valori e la Chiesa ha ragione a dire che c’è un’emergenza educativa". Droghe: 2010; un milione di consumatori di cannabis in più
Il Corriere della Sera, 9 aprile 2008
Nel 2010 i consumatori italiani di cannabis potrebbero aumentare del 20-30%, ovvero un milione di persone in più rispetto a oggi. Un dato fornito da Prevolab, osservatorio previsionale istituito presso il Dipartimento dipendenze patologiche della Asl di Milano, secondo cui dal 2007 al 2010 in Italia i consumatori di cocaina potrebbero aumentare del 40% e quelli di eroina del 10-20%. Numeri elencati dal direttore del dipartimento, Riccardo Gatti, a un’iniziativa del Pdl sulla droga. Senza un’adeguata prevenzione nel 2010 potremmo avere dunque un milione di consumatori di cannabis in più rispetto a oggi (da 3,5 milioni a 4,5) e circa 300 mila consumatori di cocaina in più (da 800 mila a 1,1 milione). Ma l’allarme più serio riguarda l’eroina: i nuovi consumatori saranno soprattutto ragazzi della fascia di età che va dai 15 ai 17 anni. "Sono loro il nuovo target del mercato dell’eroina - ha sottolineato Gatti - e vuol dire che, per parlare brutalmente, ci giochiamo un paio di generazioni". "Non c’è mai stata in Italia così tanta eroina e così a basso costo, mentre il dosaggio sta aumentando e sta arrivando l’eroina bianca, che non arriva dall’Afghanistan ma da altri Paesi". Secondo Gatti, la mancanza di un organismo nazionale come il vecchio Dipartimento antidroga rende problematico intervenire per contrastare il fenomeno. Europa: allarme violenza crescente contro i minori detenuti
Redattore Sociale, 9 aprile 2008
Secondo un rapporto di Defence for Children e Howard League for Penal Reform, in Olanda, Belgio, Francia e Regno Unito aumenta anche il numero di detenzioni non necessarie. Ma mancano informazioni: chiesta l’adozione di 12 indicatori. La violenza contro i minori in stato di arresto o detenzione è in crescita e ha raggiunto uno stato allarmante. Inoltre, sono sempre di più gli under-18 che vengono detenuti o chiusi in cella senza che questa sia l’ultima opzione disponibile, in aperta violazione della Convenzione Onu sui diritti dei minori. Lo rileva un rapporto congiunto di Defense for the Children e Howard League for Penal Reform condotto in Olanda, Belgio, Francia e Regno Unito. Però, nonostante la gravità del problema, sottolineano le organizzazioni, non c’è la possibilità di avere un quadro esatto della situazione in quanto i sistemi di raccolta dati sulle detenzioni minorili, quando presenti, non sono efficaci e uniformi. Per questo, nel corso di un’audizione al Parlamento europeo, i rappresentanti delle due Ong hanno chiesto l’adozione a livello comunitario di 12 indicatori per poter monitorare la situazione e intervenire con strumenti e iniziative specifici. Questi si dividono in due categorie: indicatori quantitativi e indicatori politici. Nel primo gruppo troviamo: il numero di minori in stato di detenzione ogni 100 mila abitanti; il numero di minori deceduti in cella ogni anno; la percentuale di casi di auto-ferimento; la percentuale di abusi sessuali; il grado di separazione dagli adulti; la percentuale di utilizzo dell’isolamento; i contatti con la famiglia; la percentuale di interviste confidenziali ai minori rilasciati effettuate da un organo indipendente. Nel secondo gruppo rientrano indicatori sull’esistenza e la quantità di ispezioni indipendenti negli istituti; l’esistenza e l’utilizzo di meccanismi di denuncia; l’esistenza di pratiche costrittive al movimento e di uso della forza; l’esistenza e l’efficacia di standard e norme sulle misure disciplinari eccezionali. I numeri ufficiali evidenziati dal rapporto di Dci e Howard League vengono definiti preoccupanti, soprattutto per quanto riguarda l’Olanda, l’Inghilterra e il Galles. In particolare nelle ultime due regioni, il numero di minori detenuti in custodia è aumentato del 90% negli ultimi dieci anni, nonostante vi sia stata una diminuzione dei crimini commessi da giovani. Inoltre, risultano molto diffuse pratiche abusive quali perquisizioni corporali non necessarie, ammanettamenti, e altri tipi di violenze, che spesso sfociano in abusi sessuali. Violenze perpetrate non solo da parte delle guardie ma anche da parte degli altri detenuti. Nel Regno Unito, nel 2004, Garteh Myatt, un ragazzo di 15 anni è morto mentre era in custodia dopo appena quattro giorni di detenzione. Da allora la battaglia civile per condizioni più giuste per i minori privati della libertà ha acquisito sempre più vigore, arrivando finalmente a livello europeo. Argentina: passaggio chiave per riforma legge sulle droghe di Rosa La Marca
Notiziario Aduc, 9 aprile 2008
Da questa settimana, i rilevatori di Indec conducono un’indagine sul profilo del consumo di stupefacenti, alcol e tabacco in tutte le città di oltre cinquemila abitanti. È un passo chiave e necessario per la riforma della cosiddetta "Ley de Drogas". L’avvio del lavoro è stato confermato dal procuratore Monica Cunarro, che presiede un comitato di esperti convocati dal Ministero della Giustizia per la modifica della normativa, proprio quando si riaccende il dibattito sulla penalizzazione del possesso di stupefacenti per uso personale. "La settimana che viene parte il lavoro sul campo dei rilevatori dell’Indec, che analizzeranno il profilo di consumo di sostanze tossiche illegali e legali, come le droghe, l’alcol e il tabacco", ha precisato il magistrato. Ha poi aggiunto che le rilevazioni si svolgeranno nelle città di cinquemila abitanti e rappresenteranno il 96% dell’Argentina, giacché il campione consiste nella raccolta di questionari distribuiti a oltre cinquantamila persone in tutto il Paese. L’operazione è un passo necessario per elaborare la mappa del consumo di droghe, ma anche per conoscere alcune condizioni socio-economiche delle persone colpite dal dramma della tossicodipendenza, come il tipo di casa in cui abita il drogato, se è disoccupato, l’entità del reddito e altro ancora. La signora Cunarro ha precisato che l’inchiesta sarà elaborata nel corso del 2008, e servirà da base per individuare le politiche pubbliche di prevenzione e assistenza, di cui si discute nella commissione creata per redigere un progetto di legge che non si focalizzi più sulla punibilità del drogato, ma persegua il narcotraffico. Ad ogni modo, il dibattito e il lavoro appena avviati nella commissione avvengono nel bel mezzo della polemica dovuta all’intenzione del Governo nazionale di eliminare dalla legge attuale le clausole che criminalizzano il tossicodipendente. Cunarro ha assicurato che "nel comitato non esiste l’intenzione di liberalizzare il consumo di droghe, ma solo di non penalizzarlo, poiché questo schema non ha dato risultati, non è servito a nulla, e fa sì che il 70% delle cause nei tribunali federali abbia per oggetto il possesso per uso personale". La riforma, stimolata dal ministro della Giustizia, Anibal Fernandez, ha provocato dubbi e resistenze nella Segreteria della Programmazione per la Prevenzione della Tossicodipendenza e la Lotta Ail Narcotraffico (Sedronar). Il coordinatore del Comitato Scientifico di quest’organismo, Eugenio Nadra, ha avvertito che "non è il momento per un dibattito sulla depenalizzazione, poiché ogni giorno cresce il dramma dei ragazzi che consumano paco e cocaina, cresce l’abuso di alcol e tabacco in quanto sostanze che colpiscono la salute pubblica, cui si dovrebbero dedicare maggiori investimenti". "L’elaborazione di un progetto di riforma va affrontato in modo serio e trasversale, che tenga conto, in primo luogo, che si tratta di un problema sanitario, sociale e in ultima istanza legale", ha spiegato la procuratrice Cunaro. Ha poi precisato che si sono tenute riunioni ufficiali con i funzionari dei ministeri dello Sviluppo Sociale, Sanità, Lavoro ed Educazione per fare passi avanti nei programmi di prevenzione, assistenza e contenziosi riguardanti i drogati, e nel contempo discutere di depenalizzazione. "È un errore credere che la depenalizzazione sia l’ultimo passo di un processo. Bisogna prendere misure aggiuntive affinché il tossicodipendente abbia un’uscita e perché lo Stato focalizzi la sua politica criminale alla lotta al narcotraffico e non contro colui che ne è vittima, in generale persone con scarse risorse economiche, il cui unico contatto con lo Stato è la Polizia", ha concluso. Francia: associazione musicisti di Milano suona per i detenuti
www.amadeusonline.net, 9 aprile 2008
Dalla secolare tradizione di solidarietà della Lombardia nasce il progetto dei quattro concerti conferenza che l’associazione milanese no profit Ab Harmoniae Onlus - fondata e presieduta dal soprano Denia Mazzola Gavazzeni - ha deciso di offrire ai detenuti della Maison d’Arrêt de Nice a partire da lunedì 28 aprile 2008, alle ore 14.00. Con l’intento di divulgare la cultura musicale, come momento ludico e catartico per gli ascoltatori e per gli esecutori, Denia Mazzola Gavazzeni ha fondato Ab Harmoniae Onlus e condivide direttamente con le comunità che soffrono la propria esperienza di cantante, sensibile all’essere umano in cammino verso la ricerca dell’armonia e dell’Assoluto. Il progetto dell’associazione lombarda è perfettamente sintonizzato con le linee del Ministero della Giustizia Francese che da anni ha istituito un Servizio Penitenziario per il Reinserimento e la Prova, guidato - nel caso della prigione di Nizza - da Anne Gourrier. Questo servizio ha per sua finalità un dispositivo di preparazione per i detenuti all’uscita dal carcere. La cultura fa parte di questo programma pensato per evitare gli effetti desocializzanti della detenzione. I concerti conferenza offerti da Ab Harmoniae Onlus e dalla sua fondatrice Denia Mazzola proporranno scene liriche tratte dalle più famose opere italiane comprese fra i secoli XVIII e XX (particolare attenzione a Donizetti, Verdi e Puccini) e le più significative vicende drammaturgiche dei rispettivi personaggi. Gli appuntamenti sono previsti per il 28 aprile, il 2 giugno, il 15 settembre e 6 ottobre 2008, nella sala degli spettacoli, già Cappella della prigione (l’Edificio penitenziario è stato costruito nel 1870), che è stata restaurata dagli stessi detenuti nel corso del cantiere-scuola tenutosi nel 1998. Insieme a Denia Mazzola Gavazzeni si esibiranno gli artisti aderenti all’Associazione Caterina Borruso e Rossella Redoglia (soprano), Giuseppe Veneziano e Emanuele Servidio (tenore), Michele Govi (baritono). Ad accompagnarli al pianoforte Giovanni Brollo. L’ascolto musicale sarà guidato dal giornalista e avvocato Christian Jarniat e dal direttore del Conservatorio di Nizza, André Peyregne. Se da una parte questo progetto è parte integrante dell’obiettivo 2008 nella programmazione culturale penitenziaria francese, l’iniziativa di Denia Mazzola Gavazzeni conferma il grande lavoro di solidarietà che, attraverso la musica, l’associazione Ab Harmoniae Onlus svolge da ormai tre anni, legando con la propria attività popoli e culture d’Europa e d’Oltreoceano.
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