Rassegna stampa 24 aprile

 

Giustizia: emergenza sicurezza, lotta dura… contro la paura

 

Panorama, 24 aprile 2008

 

"Ma quali statistiche, i cittadini si basano su quello che vedono e che sentono". Il sociologo Marzio Barbagli dà poco peso ai dati diffusi il 21 aprile dal Viminale mentre infuriano le polemiche sulla sicurezza: secondo la Direzione centrale polizia criminale, nel secondo semestre 2007 tutti i reati sono calati rispetto al semestre precedente, tranne i furti in abitazione. Ma, oltre al fatto che molti reati non vengono denunciati, i dati delle principali città segnano invece un aumento della cosiddetta microcriminalità.

Barbagli, docente all’Università di Bologna, l’anno scorso ha coordinato il gruppo di lavoro che ha redatto il Rapporto sulla sicurezza voluto dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato, e relativo al 2006. "Il senso di insicurezza non cambia se c’è una variazione minima da un anno all’altro. Non è vero che i cittadini esagerano" taglia corto Barbagli.

Silvio Berlusconi ha confermato che la sicurezza sarà oggetto di uno dei primi provvedimenti del prossimo governo. Alfredo Mantovano, senatore uscente di An ed eletto alla Camera con il Pdl, elenca i tre temi centrali, oltre a maggiori poteri alle polizie municipali: "Fondi adeguati al Viminale, immigrazione e certezza della pena". Sono dibattuti da tempo, con inevitabili polemiche, e la loro soluzione sembra l’ultima spiaggia per evitare degrado e rivolte di piazza. Vediamo nel dettaglio.

Il governo Prodi, attacca Mantovano, ha tagliato le risorse al ministero dell’Interno: "Lo stesso Amato, in un’audizione alla Camera, disse il 30 maggio 2007 che solo per benzina e manutenzione delle vetture i 67 milioni della Finanziaria 2006 erano scesi a 27 milioni. E che circa il 40 per cento delle macchine della polizia era fermo per mancanza di benzina e di pezzi di ricambio". In quell’audizione Amato e il viceministro Marco Minniti spiegarono che i mezzi con un’età superiore ai sette anni variano dal 26 al 54 per cento. Amato aggiunse, con amara ironia: "Ho suggerito ai vigili del fuoco di non pagare gli affitti e di pagare la benzina. Il benzinaio li manda a quel paese se si presentano senza pagare, mentre è possibile che il padrone di casa non li cacci". A questo si aggiunge una carenza di organico di circa 25 mila unità tra Ps, Carabinieri e Finanza, che Mantovano addebita alla mancanza di concorsi dall’insediamento di Prodi.

L’immigrazione è ormai un’emergenza quotidiana. Sono clandestini gli autori delle violenze sessuali degli ultimi giorni a Milano, Roma e Torino. Il Viminale attribuisce il 35 per cento dei reati agli stranieri, con i romeni al primo posto. Dati analoghi a quelli del Dipartimento amministrazione penitenziaria: il 37,62 per cento dei detenuti è composto da stranieri (19.821 al 21 aprile).

Mantovano (e d’accordo con lui è il leghista Roberto Maroni) annuncia una rinegoziazione della direttiva europea del 2004 sulla circolazione dei comunitari. "Con l’entrata nell’Ue di nuovi paesi come la Romania la situazione è cambiata" spiega l’ex sottosegretario all’Interno. "Chi arriva per delinquere non affitta una stanza, ma dorme in riva al Tevere. E poi va applicata correttamente la legge Bossi-Fini, in particolare per le espulsioni".

Anche qui i dati parlano chiaro. Premesso che il Viminale non ha diffuso quelli del 2007, i clandestini effettivamente espulsi nel 2006 sono stati 22.770, contro i 30.428 del 2005, i 32.874 del 2004 e via salendo. Anche se si aggiungono quelli respinti alle frontiere e dai questori, nel 2006 la cifra sale a 45.449, appena il 36,5 per cento dei clandestini individuati dalle forze dell’ordine (oltre 124 mila), la maggior parte dei quali è rimasta in Italia senza curarsi del foglio di via.

L’espulsione è legata ai centri di permanenza temporanea. "Prodi ne ha chiusi 3 su 15 (Brindisi, Ragusa e Crotone) e gli altri funzionano a velocità ridotta. Sarà necessario un Cpt in ogni regione" continua l’esponente del Pdl. "Vuole un esempio? La Toscana, dove lo hanno sempre rifiutato, ha un alto tasso di clandestini. Se un poliziotto trova un cinese irregolare a Prato, è costretto a cercare posto fuori regione, con aggravi di tempo e di denaro. Finisce che gli si dà il foglio di via e il cinese resta dov’è".

Anche sulla certezza della pena ci sarà da lavorare. Mantovano crede che, per cominciare, basti un pò di buon senso. Come? "Con una legge in base alla quale più si commettono reati, meno benefici si hanno. La questione non è abolire la legge Gozzini, quanto che i vari benefici vengono concessi ai detenuti contemporaneamente, anche ai plurirecidivi".

L’insicurezza è avvertita soprattutto nelle grandi aree urbane. E che il calo dei reati non sia vero per la cosiddetta microcriminalità è confermato dal Rapporto del Viminale: vengono denunciati la metà dei borseggi e appena un terzo degli scippi. È necessaria più collaborazione tra governo e comuni. "Migliorerà con due leggi" prevede Mantovano. "La prima per modificare le norme sulla polizia municipale; l’altra sugli istituti di vigilanza privati, regolati da norme del 1931?.

I vigili dovrebbero avere più poteri e una diversa copertura giuridica, oltre a risorse e corsi di formazione: "Attribuendo loro aree di competenza come l’abusivismo commerciale e la contraffazione, le polizie recupererebbero molto personale".

Giustizia: Antigone; non "mettete mano" al Sistema Penale...

 

Agi, 24 aprile 2008

 

Introdurre il crimine di tortura per chi maltratta i detenuti, istituire un organismo - quale il difensore civico - per la tutela delle persone private della libertà, esecuzione della pena fuori dal carcere per le madri detenute che tengono con sé bambini sotto i 3 anni, migliorare i meccanismi per la difesa d’ufficio e il gratuito patrocinio per i meno abbienti, rivedere la legge sulle droghe "che oggi produce il massimo numero di carcerazioni".

Lo chiede al nuovo Governo Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione Antigone, che si batte per i diritti dei detenuti. "Auspico che non si metta mano al sistema penale - aggiunge Gonnella - perché temo che possano esserci interventi peggiorativi e chiedo che non si tratti il tema della sicurezza per recuperare consensi. Non sia sull’onda dell’emotività che si affrontino questioni così delicate".

Giustizia: Ferrara (Dap); nuove carceri? non sono la soluzione

 

Ansa, 24 aprile 2008

 

È "velleitario" pensare di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri soltanto con la costruzione di nuovi istituti di pena; piuttosto, servono "interventi strutturali" come l’accelerazione del processo penale e l’abbattimento dell’elevato numero dei detenuti stranieri che sono arrivati a circa il 37% del totale. Il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Ettore Ferrara, spiega così all’Ansa, la necessità di agire tempestivamente per evitare che, al ritmo di mille detenuti al mese, le carceri tornino a riempirsi come prima dell’indulto.

Dai 38.874 detenuti dell’agosto 2006 (vale a dire subito dopo il varo dell’atto di clemenza), dopo 19 mesi si è arrivati a 52.686 e si sta inesorabilmente marciando verso i 63mila, record storico raggiunto nel luglio di due anni fa. "Bisogna innanzitutto intervenire sull’accelerazione del processo penale, visto l’elevato numero dei detenuti in custodia cautelare: se si riduce il tempo del processo, si riduce anche il tempo della misura cautelare", è la prima osservazione di Ferrara.

I detenuti definitivi sono infatti appena 21.645, mentre 16.185 sono in attesa di giudizio, 9.570 gli appellanti, 3.719 i ricorrenti. Il secondo problema resta quello dei detenuti stranieri. "Il nostro sistema penitenziario - fa notare Ferrara - è per il recupero e il reinserimento sociale. Ma che senso ha parlare di reinserimento per persone lontane dal paese di origine? Servirebbe intervenire con accordi internazionali per garantire, in maniera più fattiva, l’espulsione dei detenuti stranieri nelle carceri italiane". Ma non solo.

"Se gli extracomunitari o gli stranieri in genere entrano in carcere per aver commesso reati non gravi, forse sarebbero più efficaci misure alternative alla detenzione". In altri termini, il capo del Dap ipotizza un doppio binario per i detenuti stranieri: da un lato la "depenalizzazione per coloro che violano le leggi sull’immigrazione o hanno commesso reati non gravi come ad esempio la contraffazione di cd o dvd"; dall’altro "tentare di rimpatriare nei paesi di origine, con accordi bilaterali, i detenuti stranieri che hanno commessi violenze o delitti efferati.

Se vogliamo più sicurezza, allora è necessario che in carceri ci siano solo coloro che hanno commesso reati di grave allarme sociale". Ferrara non condivide l’idea di risolvere il problema del sovraffollamento solo con la costruzione di nuove carceri: "Ci vogliono anni e decine milioni di euro. L’ultima finanziaria ha stanziato 70milioni di euro per l’edilizia penitenziaria. Con questi soldi potremmo costruire solo tre carceri per un totale di circa duemila persone. È velleitario pensare a questa come unica soluzione".

Giustizia: Osapp; detenuti aumentano con ritmo insostenibile

 

Agi, 24 aprile 2008

 

Oltre 52 mila detenuti - 52.587 per l’esattezza - con una capienza regolamentare delle carceri superata in quasi tutte le regioni, tranne Abruzzo, Molise, Sardegna, Umbria e Valle d’Aosta. A lanciare nuovamente l’allarme sovraffollamento nei penitenziari, con dati aggiornati a ieri, è il segretario generale dell’Osapp, Leo Beneduci, il quale rileva anche che "in regioni come Puglia (3.125 detenuti), Marche (918), Trentino Alto Adige (314), la quota sta pian piano raggiungendo quella fatidica della tollerabilità.

In Emilia, invece, questa è già stata superata da tempo: a fronte di una detenzione tollerabile di 3.773 unità, riscontriamo una presenza di 3.806 detenuti nelle strutture emiliane". Il dato più allarmante, sottolinea il leader del sindacato di Polizia Penitenziaria, "oltre alla velocità con cui le sezioni si riempiono ogni giorno (un flusso medio di 1.000 detenuti calcolati ogni mese), è che una parte consistente di coloro che sono ospitati nelle sezioni è in attesa di giudizio". Questo stato di cose, secondo Beneduci, "non può che facilitare la promiscuità negli istituti, e un trattamento penitenziario meno in linea con le finalità a cui deve tendere la pena". Se per la costruzione di un carcere "sono necessari dai 5 ai 10 anni, e se questi sono i ritmi di crescita della popolazione carceraria, il Governo che sarà designato - si spiega nella nota dell’Osapp - dovrà necessariamente provvedere con altre soluzioni in campo per alleviare non solo le condizioni di chi è detenuto, ma soprattutto per attenuare problematiche legate al personale di Polizia Penitenziaria, che in queste condizioni non è più in grado di rispondere a livelli minimi di sicurezza".

Giustizia: in calo le rapine in banca nel primo trimestre 2008 

 

Asca, 24 aprile 2008

 

Rapine in banca in calo del 24% nel primo trimestre 2008: si sono infatti verificati 606 colpi in banca contro i 796 dello stesso periodo del 2007. Diminuiscono anche il bottino complessivo (-24,1%) che si è ridotto da 15,7 milioni a 12 milioni di euro ed il cosiddetto "indice di rischio" (-23,7%), vale a dire il numero di rapine ogni 100 sportelli che è passato dal 9,7% al 7,4%. È la fotografia dell’Ossif, il Centro di ricerca dell’Associazione bancaria italiana in materia di sicurezza. Sempre magro, inoltre, il bottino medio per rapina che, con circa 19 mila euro, si mantiene in linea con i valori del primo trimestre 2007 e tra più bassi registrati negli ultimi dieci anni. In particolare, l’Abi segnala - in un comunicato - che le rapine aumentano in Veneto, Puglia, Umbria e Campania.

In particolare, in Abruzzo le rapine sono diminuite del 15,8%, passando da 19 a 16 se si confronta il primo trimestre 2008 con quello del 2007. Stabili Basilicata, Friuli Venezia Giulia, rispettivamente a 4 e 3 rapine, mentre in Calabria diminuiscono del 54,5%, da 11 a 5 colpi, in Campania del 6,3% da 34 a 32.In Emilia Romagna addirittura diminuiscono del 58,1% passando da 105 a 44 colpi, mentre nel Lazio il calo è del 30,6% da 85 a 59.

La Valle d’Aosta segnala la diminuzione più ampia del 100% da 1 a zero, segue la Sardegna (-77,8%) da 9 colpi a 2, e la Liguria del 68,8% da 32 a 10. La Lombardia registra un calo del 10,2% da 196 rapine a 176, le Marche del 4,2% da 24 a 23 rapine. Il Molise evidenzia invece due rapine, contro nessuna del primo trimestre 2007. Il Piemonte vede diminuire i colpi del 35,7% da 56 a 36, mentre la Puglia passa da 39 a 40 (+2,6%). La Sicilia registra 66 colpi conro i 79 del primo trimestre 2007 (-16,5%), la Toscana passa da 50 rapine a 29 (-42%), il trentino Alto Adige da 5 a 4 (-20%), e l’Umbria da 9 a 13 con un aumento del 44,4%). In crescita anche le rapine in veneto dell’8,1% da 37 a 40.

 

Negli ultimi 3 anni a quota 8.240

 

Negli ultimi 3 anni, dal 2005 al 2007 si sono attestate a 8.240, passando dalle 2.588 del 2005 alle 2.758 del 2006, alle 2.894 del 2007. I dati sono stati forniti dalla Fabi, che nel corso di una conferenza ha sottolineato che il problema delle rapine in banca, è un problema di ordine pubblico, ma è necessaria "una legge più forte, e il coinvolgimento del sindacato", come ha sottolineato il segretario generale dell’organizzazione sindacale che esprime la maggioranza dei lavoratori bancari, Enrico Gavarini.

I dati rivelano che la Lombardia è la regione in cui si sono manifestate maggiori rapine pari a 2007 nel triennio, e a 606 nel 2005, 646 nel 2006 e 755 nel 2007. Segue l’Emilia Romagna con un totale di 1.181 rapine dal 2005 al 2007, rispettivamente 393 nel 2005, 427 nel 2006 e 361 nel 2007. È chiaro però che si tratta evidentemente di regioni che hanno un numero maggiore anche di sportelli. La Sicilia si colloca al terzo posto con 858 rapine complessive nei tre anni, di cui 210 nel 2005, 310 nel 2006 e 338 nel 2007, mentre il Veneto registra 575 rapine complessive dal 2005 al 2007, di cui il numero più elevato nel 2005 con 246 rapine, che diventano 183 nel 2006 e 146 nel 2007. Segue il Lazio con 703 rapine nei tre anni, pari a 151 nel 2005, 245 nel 2006 e 307 nel 2007. Le regioni che segnano il minor numero di rapine sono la Valle d’Aosta (complessivamente 6 nel triennio), e il Molise con 12 rapine. La Basilicata registra 23 rapine in tutto mentre in Calabria assommano a 125 e in Umbria a 100. Anche il Trentino Alto Adige si pone tra le regioni che evidenzia minore numero di rapine pari a 51, mentre il Friuli Venezia Giulia ne registra 85.

La Fabi ha sottolineato che il sindacato non è in grado di contrattare con l’Abi nessuna forma di sicurezza interna, perché la posizione dei banchieri è che si tratta di un fenomeno di ordine pubblico e non di un problema che ha discusso con il sindacato. Mantenere un vigilantes davanti uno sportello bancario costa mediamente 42.000 euro. Al nord costa di più, meno al centro e al sud, mentre costa moltissimo a Napoli perché circola molto contante. Il costo del vigilantes - sostiene il segretario generale della Fabi - è quindi un costo importante, ma oggi, in presenza di una criminalità differente dal passato e meno professionale, noi siamo convinti che il piccolo criminale effettua la rapina col taglierino proprio laddove non è presente il vigilantes.

Negli ultimi tempi le rapine importanti si sono trasferite dalle banche, ai tabaccai, ai supermercati e alle gioiellerie - ha proseguito - e ormai uno dei gruppi bancari più importanti d’Italia consente al cassiere della banca la giacenza di soli pochi migliaia di euro. "Manca una legge dello Stato che obblighi le banche ad adottare misure standard di sicurezza e soprattutto che applichi le sanzioni", ha affermato il Segretario generale aggiunto della Fabi, Lando Simeoni, sottolineando che il 50% delle rapine in Europa vengono realizzate nel nostro paese.

Per la Fabi occorrono risposte da parte delle forze politiche. Ci vuole una corretta valutazione dei rischi - spiegano i vertici del sindacato - nel nostro paese continua a circolare troppo contate. Negli Usa nessuno si sognerebbe di andare a fare il pieno di benzina con il contante". Ad aumentare i rischi di rapine anche alcune tipologie di flussi migratori e i riflessi dell’indulto - dice Gavarini - per fortuna la diffusione dei grandi gruppi a carattere nazionale determina misure di sicurezza uguali per le diverse regioni.

Tuttavia, "manca la certezza della pena - aggiunge - ed è molto difficile che i malavitosi poi paghino effettivamente per quello che hanno fatto". D’altro canto le banche sono coperte da assicurazioni, anche se c’è una franchigia e rapine in genere ammontano a due o tre mila euro. La banca in sostanza è assicurata per la grande rapina. Sono quasi tre mila casi all’anno le rapine consumate e quelle tentate.

L’Abi ha sottoscritto 81 protocolli sul territorio con altrettante prefetture - come ha ricordato il responsabile del settore sicurezza di palazzo Altieri Marco Iaconis - "ma nel 90% del casi - ha lamentato la Fabi - il sindacato non viene nemmeno consultato". Intanto però, secondo i dati più recenti, nel primo trimestre del 2008 le rapine sono diminuite del 23,9%, 606 in tutto contro le 796 del 2007. A Roma sono state 37, rispetto alle 61 del 2008. Il sistema bancario - ricorda Iaconis - spende in media ogni anno tra i 700 e gli 800 milioni di euro per la sicurezza. lo scorso anno, il 18% delle rapine è avvenuto con la minaccia verbale.

L’Abi ha sempre sostenuto che il rischio rapina non è direttamente riconducibile al rischio d’impresa ma soggetto a cause esogene e quindi di competenza dell’autorità di pubblica sicurezza. "Questa tesi - insiste la Fabi - ha portato ad una rarefazione delle misure di sicurezza, soprattutto di quelle più costose". Secondo il sindacato "si deve tenere conto anche del rischio fisico e psichico del dipendente". Per fortuna - conclude la Fabi - il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi - ha fatto proprie le preoccupazioni espresse dal nostro sindacato a proposito del trasporto servizio valori, ed ha raccomandato all’Abi di ‘invitare le banche associate ad adottare ogni cautela idonea a salvaguardare la sicurezza pubblica evitando l’esposizione degli stessi intermediari a rischi operativi e reputazionali". Per Draghi - sottolinea il sindacato - "è necessario il ricorso a società specializzate per il trasporto dei valori".

Toscana: custodia attenuata favorisce trattamento detenuti

 

Adnkronos, 24 aprile 2008

 

Una mozione con cui si chiede di sostenere le esperienze di "custodia attenuata" in atto nelle carceri toscane è stata approvata, all’unanimità, dal Consiglio regionale della Toscana. La custodia attenuata è quel trattamento socio-riabititativo che ormai da quasi venti anni si svolge a favore dei detenuti tossici e alcoldipendenti nel carcere Gozzini di Firenze e presso il femminile di Empoli.

La mozione chiede di attivare "la necessaria concertazione tra le Istituzioni coinvolte per dare piena attuazione al trasferimento delle funzioni sanitarie così come disposto da un decreto del presidente del Consiglio dei ministri". La richiesta contenuta nella mozione è da considerare "nell’ottica di un efficace coordinamento con l’area del Trattamento e della sicurezza, rimasta di competenza delle Amministrazioni penitenziarie".

Secondo quanto spiegato da Alessia Petraglia della Sinistra democratica, che ha illustrato in Aula consiliare il testo, la mozione intende "salvaguardare l’esperienza di strutture destinate al trattamento socio-riabilitativo, come quelle di Firenze e di Empoli, riconoscendo altresì il rapporto positivo da queste instaurato con il territorio, in un’ottica trattamentale riabilitativa e di reinserimento sociale".

Piemonte: 1,3 milioni per reinserimento persone svantaggiate

 

Ansa, 24 aprile 2008

 

La Regione Piemonte ha stanziato un milione e 300 mila euro per sostenere l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Fino al 31 ottobre 2008 le imprese e gli enti pubblici economici che intendono assumere a tempo indeterminato lavoratori e lavoratrici, residenti in Piemonte e rientranti in queste categorie, possono richiedere gli incentivi all’Agenzia Piemonte Lavoro.

Sono stati riaperti infatti i termini del bando per la legge regionale 28/93. Nello specifico le azioni finanziate riguardano: lavoratori e lavoratrici che abbiano superato i 50 anni di età e siano disoccupati da almeno 12 mesi, detenuti ed ex detenuti, tossicodipendenti ed ex tossicodipendenti, alcooldipendenti e ex alcooldipendenti.

"Con lo stanziamento di queste risorse - dichiara l’assessore regionale al Welfare e Lavoro, Teresa Angela Migliasso - la Regione intende incentivare la creazione di nuove opportunità occupazionali per le categorie considerate particolarmente deboli e svantaggiate rispetto al mercato del lavoro locale. Per accedere al contributo l’impresa e l’ente pubblico economico dovranno realizzare un progetto di inserimento lavorativo, in cui siano specificati i processi di professionalizzazione e riqualificazione del lavoratore e della lavoratrice che intendono assumere". Aziende ed enti possono presentare la richiesta di finanziamento all’Agenzia Piemonte Lavoro, in via Belfiore 23/C a Torino. La modulistica e ulteriori informazioni si possono scaricare e consultare all’indirizzo www.agenziapiemontelavoro.net.

Milano: accordo Comune - Amsa per reinserimento detenuti

 

Adnkronos, 24 aprile 2008

 

Oggi alle ore 15.30 in Sala dell’Orologio a Palazzo Marino, il Sindaco Letizia Moratti ha firmato il Protocollo d’intesa tra Comune, Amsa e Amministrazione Penitenziaria per il reinserimento lavorativo di alcuni detenuti. Saranno presenti l’assessore alla Famiglia, Scuola e Politiche Sociali, Mariolina Moioli, l’assessore all’Arredo, Decoro Urbano e Verde Maurizio Cadeo, il presidente di Amsa Sergio Galimberti e il Provveditore Regionale dell’Amministrazione penitenziaria di Milano Luigi Pagano.

Cosenza: Presidente Napolitano interviene per detenuto cieco

 

Agi, 24 aprile 2008

 

"Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha subito risposto all’appello del leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, ed è immediatamente intervenuto per il caso del detenuto calabrese, A.G., 47 anni, cieco, gravemente malato, che rischia di morire nel carcere della Calabria dove si trova recluso, per scontare un residuo pena di due anni e due mesi, di una condanna complessiva di quattro anni".

Questo quanto si legge in un comunicato del movimento presieduto da Franco Corbelli. "Corbelli - è scritto nella nota - , che da oltre un mese porta avanti ininterrottamente, e come sempre da solo, la sua battaglia per salvare questo detenuto cieco e morente, dopo aver più volte denunciato "il silenzio e il disinteresse di tutti su questo dramma e su questa grande ingiustizia" aveva rivolto, martedì 15 aprile, un appello al capo dello Stato e Presidente del Csm, Napolitano".

"Immediato, come al solito, è stato l’intervento di Napolitano - dichiara Corbelli - Oggi è infatti arrivata dal Quirinale al leader di Diritti Civili la missiva con la risposta del capo dello Stato. Il Direttore dell’Ufficio per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia del Quirinale, Loris D’Ambrosio, ha informato Corbelli dell’intervento della Presidenza della Repubblica presso il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria". Il leader di Diritti Civili ringrazia il presidente Napolitano "che, afferma, dimostra ancora una volta la sua grande sensibilità e particolare attenzione nei confronti delle persone più deboli ed emarginate.

Napolitano è un presidente realmente e concretamente accanto agli ultimi, a quelli che, gravemente malati, soffrono, spesso dimenticati nelle carceri del nostro Paese. È grazie a lui, e al suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, che Diritti Civili da anni riesce a portare all’attenzione, a risolvere tanti casi umani e a cancellare molte ingiustizie. Purtroppo i tanti (pseudo) garantisti di questo Paese, pronti a scendere in piazza e promuovere petizioni per i personaggi eccellenti indagati e arrestati, continuano a tacere su questo grave caso di giustizia negata nei confronti di un povero cristo, uno dei tanti senza volto e senza diritti delle prigioni.

Un uomo, cieco, gravemente malato, sta morendo in un carcere calabrese, e nessuno pensa di intervenire, di spendere una sola parola. Nonostante gli appelli di Diritti Civili dei giorni scorsi, hanno taciuto e chiuso gli occhi tutti i partiti e tutti i candidati-nominati alle passate Elezioni Politiche. È questo il trattamento e il destino che tocca ai poveri cristi, ai dannati e sepolti vivi delle carceri. Condannati all’oblio, all’emarginazione, alla morte. È gente che non fa notizia neanche quando decide, commettendo un errore grave e imperdonabile, di suicidarsi. A questi detenuti - conclude - di fatto viene negato il diritto alla assistenza sanitaria e calpestata la dignità".

Roma: Prefetto Serra; stop ad allarmismi per motivi elettorali

 

Dire, 24 aprile 2008

 

"Mentre si tenta di accreditare l’idea di una capitale del terrore solo per motivi elettorali, chi poi viene a Roma da turista e visita questa splendida realtà ne dà una rappresentazione completamente diversa". Citando il recente articolo del New York Times, Achille Serra mette "in ridicolo" l’immagine di una città "impaurita e pericolosa". L’auspicio del deputato del Pd, dunque, è che vi sia "continuità dell’amministrazione perché possa proseguire l’azione forte che in questi anni le istituzioni tutte hanno portato avanti". A giudizio di Serra, "la sicurezza è una cosa estremamente seria, non può essere mai sottovalutata, non è mai di parte e non può essere mai coinvolta in ragioni elettorali. Massimo impegno quindi su questo fronte, massima decisione in tema di espulsioni, ma anche una rappresentazione corretta della realtà".

Roma: Alemanno; polizia penitenziaria per controllo quartieri

 

Asca, 24 aprile 2008

 

Continuano in queste ore che precedono il ballottaggio per la poltrona di sindaco a Roma, gli incontri con la società civile e rappresentanze di lavoratori di Gianni Alemanno. Il candidato a sindaco di Roma del Popolo della Libertà, ha incontrato oggi Leo Beneduci, Segretario Generale dell’Osapp, Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria. Durante l’incontro Alemanno ha espresso la propria vicinanza al corpo della Polizia Penitenziaria, che svolge un lavoro gravoso e delicato in luoghi difficili come gli Istituti penitenziari. Il candidato a Sindaco del Pdl ha accolto favorevolmente la proposta dell’Osapp di inserire nel team del poliziotto di quartiere anche un agente di polizia penitenziaria, visto il notevole contributo che può dare per la sicurezza dei romani.

La riunione si è conclusa con l’impegno di Alemanno, se diventerà Sindaco, ad incontrare nuovamente le organizzazioni sindacali di settore per studiare insieme le adeguate soluzioni alle problematiche che interessano la Polizia Penitenziaria, come quella dell’edilizia agevolata per il personale militare e civile fuori sede.

Bologna: i ragazzi "dentro" e i coetanei "liberi" si incontrano

 

Dire, 24 aprile 2008

 

"Non sono una persona. Sono io". Ragazzi che stanno "dentro" e coetanei "liberi" si incontrano, si scrivono, si mescolano e poi si leggono. A voce alta. Ma anche gli adulti si cimentano con gli scritti dei giovani: un tentativo per scambiarsi di identità e per aiutare chi ha perso la propria, o non l’ha mai avuta, a recuperarla.

Dove? Il prossimo 3 maggio all’Aula magna Santa Lucia a Bologna (dalle 9.30) con gli studenti e i giovani carcerati del Pratello, con i ragazzi delle Comunità di accoglienza e quelli dell’Enap e del Cefal che stanno frequentando corsi per l’immissione nel mondo del lavoro. Ma anche le scuole: Aldini Valeriani e Laura Bassi di Bologna, Salvemini di Casalecchio di Reno, Venturi di Modena.

In totale, fa un gruppo di più di 100 giovani che hanno lavorato insieme, chi dal carcere, chi dai banchi di scuola, e che leggeranno i loro racconti e le loro poesie e poi dialogheranno con gli adulti. Tutti, in un modo o nell’altro, tra felicità, incertezze e disperazione, sono alla ricerca della propria identità.

Per il mondo dei "grandi" ci saranno: Libero Mancuso, assessore comunale alla Sicurezza, Maria Longo che è magistrato, Luca Alessandrini (direttore dell’Istituto storico Parri), Cristina Pezzoli (regista). A leggere, oltre i giovani, anche i direttori dei centri di accoglienza e i presidi delle scuole. Il 3 maggio è infatti la giornata conclusiva di due progetti, "Dialoghi" e "Memorie", che da qualche anno porta il teatro dentro il carcere minorile del Pratello di Bologna con le rappresentazioni (sempre gettonatissime) che vedono i giovani detenuti protagonisti. Come attori, scrittori, sceneggiatori, costumisti. Stavolta però, niente teatro. Ma reading, letture di brani che i ragazzi talvolta stranieri (il 50%) hanno scritto.

I ragazzi, sono stati aiutati dal regista che mette in scena gli spettacoli realizzati dai giovani detenuti, Paolo Belli. Un ponte, come hanno spiegato oggi in una conferenza stampa al carcere, tra i giovani uomini che stanno fuori e quelli che stanno "dentro". Ogni anno, infatti con il teatro al Pratello, si cerca di esaminare, studiare, sviscerare una parola che riguarda tutti. È toccato a "ospitalità", "straniero", "scandalo", "oblio". Stavolta è "identità", l’anno prossimo sarà probabilmente "pregiudizio". L’ingresso è gratuito.

E il teatro del Pratello, che da anni aspetta di essere restaurato, dovrebbe raggiungere il risultato nel 2009. L’idea è di creare un luogo che abbia due ingressi. Uno dal carcere e uno dalla strada: quando si apre l’uno, si chiude l’altro. In questo modo il teatro sarà a disposizione anche del quartiere, spiega il dirigente del Centro di Giustizia Minorile dell’Emilia-Romagna, Giuseppe Centomani. Il che significa che potrà accedere anche a fondi degli enti locali e non solo a quelli del ministero della Giustizia.

Rovigo: lunedì apre lo "Sportello a colori" per i transessuali

 

Comunicato stampa, 24 aprile 2008

 

L’Associazione di Volontariato "Centro Francescano di Ascolto", in collaborazione con la Caritas diocesana, da lunedì apre lo "Sportello a colori", un servizio che si occupa della difesa dei diritti delle persone transessuali, travestiti e transgender, con propri operatori volontari specializzati, psicologi e sessuologi, attraverso un’attività di ascolto, informazioni, counseling, sostegno e orientamento.

Lo sportello si interesserà della difesa dei diritti in campo lavorativo e assistenza per coloro che per pregiudizio sono esclusi dai servizi riservati a tutti gli altri cittadini e lavoratori, sostegno ai familiari e agli eventuali soggetti reclusi presenti nella Casa Circondariale di Rovigo. Opererà in collaborazione e in rete con agenzie pubbliche e organizzazioni private presenti sul territorio locale e nazionale, per dare risposta alle richieste che servano a migliorare ed elevare la qualità della vita delle persone transessuali. Lo sportello opererà in collaborazione con il MIT (Movimento Identità Transessuale) di Bologna e il Gruppo Abele di Torino. Lo sportello sarà aperto, presso la sede di Via Mure Soccorso n. 5 a Rovigo, il lunedì dalle ore 09,00 alle ore 12,00 e il venerdì dalle ore 15,00 alle ore 18,00.

Il tutto è partito dalle richieste di aiuto pervenute negli ultimi tempi all’associazione che ha portato all’organizzazione del seminario "Transessualità, oltre lo specchio: parliamone", tenutosi giovedì scorso alla Gran Guardia. Tante volte sentiamo parlare di omosessualità, transessualità spesso però si ignora il significato di questi termini e l’incontro in questione è stato l’occasione per approfondire l’argomento. Il titolo è stato ripreso dal volume di Mirta Da Pra Pocchiesa, giornalista e appartenente al Gruppo Abele di Torino, che ha fatto da moderatrice al convegno, dove sono intervenuti Livio Ferrari, direttore del Centro Francescano di Ascolto di Rovigo, Porpora Marcasciano, presidente del MIT di Bologna e Laura Scati, psicologa e psicoterapeuta del Cedig Cattinara di Trieste.

"Il Mit è un consultorio per la salute delle persone transessuali - ha informato Porpora - ed è l’unico gestito direttamente da un’associazione, che in questo momento ha in carico 450 persone e molte arrivano proprio da queste parti. Quindi pensare che la transessualità sia qualcosa di lontano è sbagliato, in quanto le nostre vite sono invece intrecciate l’una all’altra, quindi escludere dei pezzi del mondo, dei colori del mondo è qualcosa che fa male non solo a chi è escludo ma a tutta la comunità". Porpora ha poi spiegato il significato di alcuni termini quali: omosessuale, travestito, trasgender.

"Nell’omosessualità la componente sono i gusti, mentre nella transessualità a prevalere è l’identità di genere, il come ci si sente. La transessualità rimanda al termine sessuale che nella nostra cultura è sempre associato a qualcosa di morboso, perverso, visto tutto il moralismo costruito sulla sessualità. Il transessuale è una persona che nasce con gli attributi maschili ma si sente donna, o viceversa, nasce con la struttura di una femmina ma si sente uomo. Il travestito è una persona che cambia l’abito, cambia i propri vestiti e lo può fare per mille ragioni. Se vogliamo è l’inizio di un’armonizzazione per cercare una situazione in cui si sta meglio e che può sfociare nel cambiamento del sesso". Come ha specificato Laura Scati, ci sono persone che fin da bambini danno dei segnali di identità sessuale diversa, per esempio bambini che giocano con le bambine e sono accolte da queste come una di loro. "C’è una base biologica alla base dell’identità - ha detto Laura Scati - questo è bene dirlo, perché fino a poco tempo fa si faceva dipendere la transessualità solo dall’ambiente circostante. Questo è provato da alcuni test di osservazione dei flussi cerebrali, secondo i quali a certi stimoli, come per esempio i profumi, i maschi che si sentivano femmine, rispondevano attivando le stesse aree di cervello che attivano le femmine".

I genitori come devono comportarsi nel caso vedessero dei comportamenti transessuali nei propri figli? "I genitori - ha risposto la psicologa - devono capire, accogliere la propensione dei figli, non devono mortificarli ma neanche incoraggiarli ad oltranza". Porpora ha spostato poi l’attenzione dall’individuo al contesto in cui vive ed agisce: "Non mi pongo la questione se si nasce o si diventa gay o eterosessuali. Da un po’ di anni le associazioni si pongono un’altra domanda? Siamo nati in un corpo sbagliato o in un mondo sbagliato? È una domanda che ci aiuta a capire meglio la questione e a ribilanciarla. Molti problemi nascono dal rapporto con l’esterno.

Un contesto accogliente fa vivere meglio la situazione. Non c’è solo una malattia dell’individuo, perché ancora oggi è ritenuta tale, ma c’è anche una malattia della nostra società". Porpora ha poi elencato una serie di problemi legati ai rapporti con la società che vivono le persone che decidono di cambiare sesso o che non decidono di farlo. Per esempio quando si prende coraggio e si affronta il problema, vi è sempre la perdita del posto di lavoro, quindi cambia la base di progettazione della propria vita, cambiano i rapporti con i genitori, i famigliari, vi è quasi sempre la necessità di cambiare la propria residenza, nella maggior parte dei casi che ha cambiato sesso si sposta in città più grandi dove vi sono meno pregiudizi. Insomma il seminario ha evidenziato quanto crei dolore ed emarginazione la condizione transessuale, e a queste richieste di aiuto lo "Sportello a colori" di Rovigo cercherà di dare risposta.

 

Centro Francescano di Ascolto

Droghe: Cassazione; coltivazione di cannabis in casa è reato

 

Notiziario Aduc, 24 aprile 2008

 

Rimane illecito penale coltivare qualche pianta di cannabis per uso personale. Lo hanno deciso le sezioni unite della Cassazione sposando la linea "dura" nel perseguire chi pianta qualche piantina di marijuana sul balcone o nel giardino di casa.

Con questa decisione, presa dalle sezioni unite della Suprema Corte presieduta dal Primo presidente Vincenzo Carbone, i giudice del "Palazzaccio" sposano la linea proibizionista e più intransigente nella repressione della coltivazione di piccoli quantitativi di marijuana, in contrasto con decisioni precedenti - prese dalle sezioni semplici della stessa Cassazione - che avevano depenalizzato il comportamento di chi coltiva qualche piantina.

Nella sua requisitoria, il rappresentante della Procura della suprema corte, Vitaliano Esposito, aveva invece chiesto di non considerare penalmente perseguibile la coltivazione domestica. Ma il suo parere non è stato ascoltato. "Costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività di coltivazione non autorizzata" di cannabis. È questa la "soluzione" giuridica adottata oggi dalle Sezioni unite penali della Suprema Corte in tema di liceità, o meno, delle coltivazioni domestiche di marijuana per uso personale. La massima di diritto è contenuta in una nota diffusa dalle Sezioni unite penali della Cassazione in una sintetica "informazione provvisoria" sulla Camera di consiglio che si è da poco conclusa sotto la presidenza del Primo presidente Vincenzo Carbone.

La questione esaminata dal massimo consesso di "ermellini" era la seguente: "Se la condotta di coltivazione di piante, dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, sia penalmente rilevante anche quando sia realizzata per destinazione del prodotto a uso personale". La risposta data dai magistrati di legittimità è stata nel senso della rilevanza penale di ogni tipo di coltivazione di sostanze stupefacenti che non sia "autorizzata".

"Con questa decisione la Cassazione ha mantenuto una giurisprudenza molto negativa: la nostra risposta di Radicali, non da soli speriamo, è quella che daremo a Chianciano all’Assemblea dei Mille quando rilanceremo una forte associazione antiproibizionista che continui a praticare l’informazione e la ricerca in particolare sulla cannabis. Poi continueremo la pratica della non violenza e della disobbedienza civile contro la criminalità politica e degli spacciatori". Questo il commento della Radicale antiproibizionista Rita Bernardini - appena eletta nelle liste del Partito Democratico.

Droghe: Ferrero; riforma impedita da opposizione Mastella

 

Notiziario Aduc, 24 aprile 2008

 

I reati in tema di tossicodipendenza registrano minore recidività se si ricorre alle pene alternative invece che al carcere. Lo ha affermato il ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero, intervenuto al seminario. Sottolineando che in Italia c’è un eccessivo ricorso alla repressione che però non è garanzia di efficacia, Ferrero ha spiegato che la recidiva fra chi sta in carcere è pari ai 4/5 ma scende ai 2/5, quindi si dimezza, nel caso delle pene alternative. "La tesi che la sicurezza si affronta con la repressione, e che l’inclusione sociale è una pia idea buonista, è falsa.

È l’inclusione sociale la vera strategia perché lavora sulla prevenzione. E poi i costi sono inferiori. La repressione e il carcere, per i reati molto pesanti, ci deve essere come anche la certezza della pena, ma non deve rubare spazio alle politiche di inclusione sociale". Ferrero ha poi evidenziato il carattere ideologizzato del dibattito che nulla a ha che vedere con le spiegazioni scientifiche della questione: "è usata come simbolo delle paure sociali per la sicurezza che servono ad allargare consenso politico" e che per questo rende più difficili le soluzioni. Ha infine aggiunto che, se il Governo Prodi non ha portato avanti la modifica della legge Fini-Giovanardi è per l’opposizione dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella.

Droghe: Unione Europea; il ruolo fondamentale informazione

 

Notiziario Aduc, 24 aprile 2008

 

Riconoscere il ruolo fondamentale svolto dalla società civile a sostegno dello sviluppo, della definizione, dell’attuazione, della valutazione e del monitoraggio delle politiche in materia di droga. È questo, in sostanza, il contenuto di una relazione presentata dall’europarlamentare italiano Giusto Catania (Gue/Ngl), che il Parlamento ha adottato con 600 voti favorevoli, 35 contrari e 32 astensioni.

I deputati invitano, inoltre, i governi di tutti gli Stati membri, le associazioni non governative, la società civile e le associazioni di genitori e di professionisti a condurre campagne d’informazione esaustive, soprattutto nelle scuole, sui rischi e i danni alla salute fisica e mentale causati dall’uso di droga. Tali campagne dovrebbero anche vertere sulla salute delle madri e la trasmissione materno fetale delle sostanze stupefacenti, sul trattamento disponibile per i minori e i delinquenti tossicodipendenti e sul sostegno ai genitori con figli tossicodipendenti. In tale contesto, insistono "sul fondamentale partenariato con i media" nella diffusione di informazioni scientifiche circa i rischi che l’uso di droghe implica sulla salute mentale e fisica.

Il Parlamento sottolinea poi l’importante ruolo che deve essere svolto da Internet nel garantire "un modo trasparente e coerente" di scambio di informazioni sull’attuazione e sullo sviluppo della strategia 2005-2012 dell’Ue in materia di droga. Per gli eurodeputati è, inoltre, importante la costituzione del Forum della società civile sulla droga come primo passo verso il coinvolgimento più concreto e costruttivo delle associazioni Ue nelle dinamiche comunitarie sulla politica di prevenzione e lotta contro la droga.

Droghe: Argentina; Tribunale Federale depenalizza il consumo

 

Notiziario Aduc, 24 aprile 2008

 

Un Tribunale Federale di Buenos Aires ha depenalizzato il consumo personale di droghe nella capitale argentina, ciò che consente d’annullare migliaia di cause riguardanti persone accusate di possedere piccole quantità di marijuana, secondo quanto pubblica la stampa di Buenos Aires. La prima sezione della Camara Federal de Apelaciones ha infatti dichiarato incostituzionale gli articoli della legge che sanzionano i consumatori di droghe, legge promulgata nel 1989. La norma in questione punisce i consumatori poiché li considera il primo anello di una catena che termina con il narcotrafficante. Ma, afferma il tribunale, questa presunzione ha provocato solo "una valanga di procedimenti contro i consumatori senza che si sia riusciti a salire i gradini della catena del traffico" di droghe. La sentenza ha riguardato il caso di due giovani, detenuti dalla polizia per possesso di sigarette di marijuana e pasticche di ecstasy a una festa di musica elettronica a Buenos Aires nel maggio del 2007. Sebbene la questione debba essere discussa dalla Corte Suprema de Justicia, la sentenza del tribunale di Buenos Aires è in sintonia con la politica del Governo di Cristina Fernandez de Kirchner, favorevole a riformare le leggi al fine di depenalizzare il consumo di droghe.

Nella 51esima Sessione Straordinaria del Consiglio Economico e Sociale dell’Onu, tenutasi a Vienna il mese scorso, il ministro argentino di Giustizia e Sicurezza, Anibal Fernandez, ha lamentato il "fallimento assoluto" della politica punizionista verso i consumatori di droga. In questo modo, e per la prima volta in trent’anni, l’Argentina ha abbandonato l’adesione all’impostazione statunitense di punire sia il trafficante di droga sia il consumatore.

Usa: record di detenuti nel mondo, un "modello" sotto accusa

 

Associated Press, 24 aprile 2008

 

Se si tiene conto solo della popolazione adulta, un americano su cento è in carcere. Il dato è sorprendente e rivela come quella che passa per essere la più grande democrazia del mondo ha anche la più grande popolazione carceraria che esista sul pianeta: 2.3 milioni di persone, grosso modo un quarto di tutti i detenuti a livello mondiale. Quasi una nazione nella nazione.

Lo denuncia il New York Times che - partendo dai dati ufficiali dell’International Center for Prison Studies del King’s College di Londra - analizza la situazione carceraria statunitense mettendola a confronto con quella degli altri Paesi più sviluppati.

Per giungere appunto a questa conclusione: in nessun Paese al mondo esiste un rapporto tanto "sproporzionato" tra numero di abitanti e numero di detenuti. In Italia, per esempio, i dati sulla popolazione carceraria prima dell’indulto concesso nel 2006 indicavano una presenza di circa 62.000 detenuti, che in rapporto alla popolazione fa circa un carcerato su mille. Negli Usa, su una popolazione di 290 milioni di persone, 2,3 milioni (ovvero l’1,26%), sono in carcere, il che significa un indice quasi otto volte superiore.

Se poi dal conto degli americani si tolgono gli anziani e i bambini, si arriva all’1% pieno di carcerati, forse qualcosa in più. Perché? Perché - scrive il quotidiano di New York - se da un lato gli americani possono senza ombra di dubbio essere considerati una popolazione violenta, dall’altro il sistema legislativo Usa porta oggi alla detenzione anche per reati come falsificazione di assegni bancari e consumo di droghe leggere, che in altri Paesi non sono puniti col carcere.

Il risultato di questo sistema giudiziario è che - come peraltro in molti altri Paesi - le carceri americane scoppiano. Neppure la Cina, che pure ha una popolazione di un miliardo e 300mila abitanti, ha tante persone in carcere. Secondo i dati ufficiali, i detenuti cinesi sono grosso modo 1,6 milioni. I detenuti americani sono - in rapporto alla popolazione - dieci volte di più: 751 persone in carcere ogni 100mila abitanti.

Tra le cause - sostiene il quotidiano citando esperti di diritto, criminologi e sociologi - oltre a quelle giudiziarie se ne possono annoverare due che lo stesso quotidiano definisce "anomalie mondiali": "l’american temperament", che porta le persone a reagire spesso in modo violento, e l’eleggibilità dei giudici. Questa "anomalia democratica" porta molti giudici a prendere sotto elezioni posizioni populiste e severe pur di farsi eleggere, e la percentuale di condannati finisce per crescere in modo "sproporzionato".

Cina: denunciò compagnia di commercio, in carcere da 2 anni

 

Corriere Canadese, 24 aprile 2008

 

Brenda Martin non sarebbe l’unico cittadino canadese detenuto per oltre due anni in una prigione straniera. Dopo l’attenzione mediatica suscitata dal caso della 51enne di Trenton, ieri si è fatta avanti Jian Ping Yang, moglie di Jimmy Chen, da due anni detenuto in un carcere cinese. Da tempo la famiglia non ha sue notizie, l’ultima informazione risale ad una nota ricevuta dalla moglie in cui si Chen annunciava che avrebbe iniziato uno sciopero della fame. Arrivato con la famiglia in Canada nel 1994, Jimmy Chen aveva avviato una piccola impresa di importazioni in collaborazione con il cinese Walinda Group of Companies. Quando gli affari hanno iniziato ad andare male nel 2004 Chen ha fatto causa alla grande compagnia cinese, che due anni dopo lo ha invitato in Cina per risolvere la questione. L’uomo è stato invece arrestato, secondo la moglie su indicazione del gruppo cinese che ha così messo fine alla disputa legale.

 

 

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