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Giustizia: ruspe nei campi rom, in migliaia saranno espulsi
Ansa, 3 novembre 2007
Espulsioni sul tavolo e ruspe all’opera per smantellare almeno 200 baracche a Roma, pratiche di rimpatrio già eseguite a Milano, "monitoraggi" a Napoli, controlli a Firenze, perquisizioni nelle altre città. Con l’entrata in vigore del provvedimento che dà ai prefetti il potere di espellere anche i cittadini europei ritenuti pericolosi per la pubblica sicurezza, è scattato il piano. Al Viminale già parlano di migliaia di espulsioni di comunitari con aerei e pullman, non solo romeni ma anche russi, ucraini e ungheresi. I casi più urgenti saranno eseguiti dai questori, gli altri passeranno per i centri di permanenza temporanea. I "soggetti da espellere" sono stati divisi in tre gruppi: chi ha una condanna ed è fuori dal carcere; chi è indagato a piede libero; persone pericolose per la sicurezza anche se contro di loro non c’è alcun procedimento giudiziario. A Roma, dov’è stato avviato lo sgombero nei campi rom a Tor di Quinto e lungo l’argine adiacente Porta Portese (dove già sono apparse le ruspe), la velocità è stata sollecitata dal prefetto Mosca anche per il timore delle "vendette" di ronde notturne. Entro oggi molti campi verranno rasi al suolo. Ieri 12 arresti. Resterà ancora in piedi quello di Tor di Quinto, nel quale viveva il giovane che ha ucciso Giovanna Reggiani. Verrà smantellato dopo che la scientifica effettuerà gli ultimi rilievi. La prefettura ha chiesto al Vaticano aiuti per assistere donne e bambini, e il Comune offre ospitalità. Per timori di ritorsioni, decine di romeni sono rientrati in patria. A Roma i carabinieri hanno già proposto l’allontanamento di un romeno (arrestandone altri 12) A Milano è stato convalidato dal giudice l’allontanamento di 4 romeni firmato dal prefetto. Tra le ipotesi allo studio dal ministero della Giustizia c’è anche quella di trasferire nelle carceri romene un centinaio di detenuti che stanno scontando la pena in Italia. Giustizia: decreto anti-rom, Rifondazione contro il Governo di Gianna Fregonara
Corriere della Sera, 3 novembre 2007
Erano "arrabbiati", come il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore, per la tendenza del centrosinistra ad "assecondare politiche di destra". C’era, ieri pomeriggio, Giovanni Russo Spena, che guida il gruppo al Senato, che pensava di proporre "la libertà di coscienza" quando si parla (e si vota) su temi come la sicurezza. Ma a sera, quando arrivano le notizie sulle ronde contro i romeni, i due capigruppo si fanno portatori di un’insofferenza che dentro Rifondazione diventa ogni ora che passa più insostenibile: "Le misure del governo sulle espulsioni sono sbagliate e dannose, pericolose e controproducenti". Il loro giudizio è durissimo. Parlano di "un’aggressione razzista, che dimostra in maniera drammatica quali istinti barbari sta suscitando una dissennata campagna di odio e criminalizzazione di interi popoli". E ancora: "Queste campagne non hanno nulla a che vedere con la giusta esigenza di sicurezza dei cittadini, ma attengono alla ricerca del capro espiatorio e alla più cinica propaganda politica". E dire che solo quarantotto ore prima quel "pericoloso" decreto sulla sicurezza aveva avuto l’ok del ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero. L’aveva fatto, spiegavano ieri i suoi, con molti dubbi ma cosciente che c’era uno "stato di necessità", la necessità appunto di dare una risposta forte dopo l’epilogo della tragedia di Tor di Quinto, senza porre distinguo. E proprio ieri mattina sul manifesto, il governatore della Puglia Nichi Vendola faceva grandi aperture anche sul pacchetto sicurezza: "Cercherei di migliorarlo ma alla fine voterei a favore perché ha alcune cose buone", ponendo al suo partito proprio il tema centrale: la responsabilità di farsi carico di problemi spinosi. L’emergenza romeni scompiglia Rifondazione. E rischia di concentrare il dibattito, che ha aperto proprio in questi giorni il quotidiano di partito Liberazione, sulla utilità politica di restare al governo, sul tema della sicurezza. "Non avrei mai fatto un provvedimento d’urgenza, bisogna vedere se passerà quando verrà convertito in legge in Parlamento", spiega Gennaro Migliore. "Il decreto lo leggeremo e vedremo. Ma nelle misure sulla sicurezza vedo diversi provvedimenti che mutilano lo stato di diritto", rincara Russo Spena. Il fatto che ci siano tanti dubbi e tanti schieramenti in un solo partito? "È segno che non siamo una caserma". E se il capogruppo del partito al Senato ritiene che comunque sulla sicurezza si troverà una quadra nella maggioranza perché "questo governo non è razzista", il malessere dentro Rifondazione è più diffuso: "In che cosa differisce la sinistra dalla destra se invece di fare una politica lungimirante su problemi gravi e inevitabili come questi sceglie la strada dell’emergenza inseguendo gli umori e le paure, pur sacrosante?", si chiede la deputata Elettra Deiana. E si risponde: "Se la diversità è soltanto lo stato d’animo con cui si fanno le cose, è un prezzo troppo alto quello che stiamo pagando per stare al governo, nel Paese e nelle giunte delle città". E a Vendola che pone il problema che la sinistra "deve anche affrontare certi problemi" oltre alle sue bandiere, replica: "Avevamo l’idea di rafforzare la qualità democratica dell’Unione, non so se ci stiamo riuscendo". Conclusione della Deiana: "Io voterò contro questi provvedimenti". Un’insofferenza che mette un’ipoteca sulla conversione del decreto e sull’approvazione del pacchetto sicurezza. Il presidente della Camera si tiene per ora prudentemente fuori dal dibattito. La "grana" passa nelle mani del Segretario e dei Capigruppo, che dovranno gestire questa nuova emergenza trasformandola in una posizione politica in Parlamento. Giustizia: Rutelli; rigore e severità, sì a norme più stringenti di Giovanni Bianconi
Corriere della Sera, 3 novembre 2007
"Quello che non funziona in Italia", dice Francesco Rutelli, vice-presidente del Consiglio e tra i padri fondatori del Partito democratico, "è la mancanza di autorità della legge, che non è mai stata in basso come negli ultimi anni. Questo dà una percezione di crescente insicurezza che, unita alla sensazione che le vittime dei reati rischiano di pagare conseguenze più gravi di chi i reati li commette, dà vita a una miscela esplosiva. Abbiamo il dovere di disinnescarla".
È la miscela che ha già provocato il raid contro i romeni presi a bastonate nel quartiere di Tor Bella Monaca a Roma? "Certo. Si rischia una spirale che si può fermare solo con la forza della legge".
Vi accusano di esservi mossi sull’onda dell’emozione suscitata dall’omicidio di Giovanna Reggiani. "Non è così. Ci muoviamo perché la sfida per la sicurezza va vinta, sennò la Repubblica si sfalda".
Avete convocato un Consiglio dei ministri straordinario per votare un decreto-legge... "Che anticipa gli effetti di uno dei disegni di legge varati prima di quel fatto terribile. Sull’insieme di norme aspetto di vedere se l’opposizione di centro-destra avrà la stessa sensibilità che avemmo noi votando le norme antiterrorismo proposte dalla loro maggioranza. Diamo una corsia veloce al "pacchetto sicurezza", con l’accordo di tutti ".
Per adesso Fini, spalleggiato da Berlusconi, dice che lei e Veltroni dovreste vergognarvi. "Vergognose, oltre che immature e scomposte, sono le reazioni di uno come Berlusconi che ha governato, male, l’Italia per cinque anni. E da quindici governa aree del Nord dove si registrano purtroppo delitti orrendi, come il duplice omicidio di quest’estate a Treviso. Ci vorrebbe più decoro e meno faccia di bronzo. Quanto a Fini, ho qui una serie di sue interviste degli anni in cui era vice-premier e ministro degli Esteri, nelle quali si congratula per l’ingresso della Romania nell’Unione Europea, senza una riga sui problemi di sicurezza che potevano venirne. Evidentemente allora aveva l’esigenza di risciacquare i panni del suo recente passato fascista davanti agli altri Paesi, mentre ora rispolvera l’aggressività di Bossi e della Lega che all’epoca criticava".
L’ha attaccata anche come ex sindaco di Roma... "Ricordi bene, la destra, che da sindaco ho chiuso il campo nomadi più grande d’Europa oltre a una cinquantina di insediamenti abusivi, ridotto a 5.000 unità i rom autorizzati, con un minimo servizi e l’obbligo di portare i bambini a scuola. Poi l’invasione dalla Romania negli ultimi due anni ha sconvolto le cose. Ristabilita la verità però, ora siamo noi al governo e a noi tocca fronteggiare la situazione".
Appunto. Come? "Il punto più critico della legislazione è forse la legge Simeone sulle "scarcerazioni facili". Ma il pacchetto sicurezza contiene anche altre misure, come quella per istituire la banca dati del Dna, o per togliere la patria potestà a chi riduce i propri bambini in schiavitù, costringendoli a mendicare. Sono strumenti per i quali mi sono speso personalmente. Con la banca del Dna, nel Regno Unito, i responsabili per le violenze sessuali identificati sono passati dal 20 all’80 per cento".
La "legge Simeone" che voi volete escludere per i colpevoli di scippi, furti e rapine, si chiama anche "Saraceni", dal nome di un deputato del centro-sinistra, e fu votata pure da voi. "Portava la firma di Simeone, deputato di Alleanza nazionale, a dimostrazione che in quella parte politica certi atteggiamenti di rigore vanno bene per le dichiarazioni ai telegiornali, mentre gli atteggiamenti concreti sono altri. Anche per questo, chi era al governo fino all’anno scorso farebbe bene a non speculare su certe tragedie. Si uniscano a noi per dare risposte efficaci ed immediate".
Fini dice che voteranno il decreto se introdurrete la possibilità di espellere chi non ha mezzi di sostentamento sufficienti. Lei è d’accordo? "Intanto cominciamo a mandare via i fuorilegge. Su norme ancora più stringenti io non sono contrario, se ne può discutere, ma c’è un ordine di priorità. Ora occupiamoci di liberarci di chi ha già dimostrato di mettere a repentaglio la sicurezza altrui".
Il carcere per chi disobbedisce all’espulsione del prefetto richiama le norme della Bossi-Fini sui clandestini, e tanto rigore sta già creando problemi con alcuni alleati di governo. Come li risolverete? E accettereste i voti della destra senza quelli dell’estrema sinistra? "Io credo che forze politiche che si ritengono popolari non possono che tutelare gli interessi popolari. È la gente semplice del popolo che invoca garanzie per condizioni di vita tranquilla nelle nostre città. In Consiglio dei ministri ho riferito che appena pochi giorni fa nei quartieri spagnoli di Napoli e in quello di Tor Pignattara a Roma ho incontrato persone del nostro elettorato, gente allarmata che chiedeva più sicurezza. Penso che la maggioranza sarà coesa, perché siamo a un punto di svolta, e il governo ha approvato il decreto- legge all’unanimità. Dal centro-destra, invece, mi aspetterei che votasse le misure; in quale Paese del mondo la destra sarebbe contro norme che affrontano una situazione in cui si rischia la disparità di trattamento che penalizza gli italiani e le persone perbene?"
Qual è questa situazione? "Quella in cui al proprietario di un bar beccato a non consegnare per due volte lo scontrino viene chiuso l’esercizio, mentre sul marciapiede opposto continua a vedere immigrati che vendono ogni tipo di merce, senza controlli e senza che gli succeda nulla. Sono il terminale di un orrendo racket, di fronte al quale non ci si può limitare ad esprimere sentimenti umanitari verso l’ultimo anello della catena".
Tolleranza zero contro gli evasori fiscali, ma anche contro i "vù cumprà", dunque? "Piuttosto che "tolleranza zero" direi "rigore e severità". Voglio ricordare l’esempio del mio amico Damiano Zoffoli, ex sindaco di Cesenatico, che ha risolto l’invasione dei venditori ambulanti sulle spiagge senza istituire squadracce, ma regolando degli appositi spazi per i mercati etnici. Si tratta di far rispettare le regole, altrimenti la disparità di cui dicevo e che si vede a tutti i semafori delle città, farà aumentare l’intolleranza".
Onorevole, rigore e severità rischiano di far aumentare una popolazione carceraria che a solo un anno dal tanto contestato indulto è già nuovamente ai livelli di guardia. Che farete? "Se crescono i reati deve crescere anche il numero dei detenuti: la certezza della pena significa che chi è stato giudicato responsabile di reati gravi deve stare in carcere. Ci vorranno nuove prigioni? Le stiamo già facendo. L’indulto è stata un’obbligazione saldata, con l’avallo dell’opposizione, per risolvere una situazione molto critica. Ma è certo: non ci saranno altri provvedimenti del genere ". Altri provvedimenti per scongiurare la miscela di insicurezza e impunità, invece? "Penso che i magistrati non dovrebbero più concedere gli arresti domiciliari a chi un domicilio non ce l’ha, soprattutto per gli accusati dei reati più pericolosi. E che per i crimini più efferati si debba abolire il ricorso al rito abbreviato, che accorcia la pena fino a rendere possibile l’uscita di galera troppo anticipata per responsabili, ad esempio, di stupri con omicidio. Dopo dieci anni sono fuori. Non esiste". Giustizia: Amato; ma nessuno cavalchi la tigre del razzismo di Massimo Giannini
La Repubblica, 3 novembre 2007
"Ecco qui. Leggo i giornali, e come sempre viene alla ribalta questo ceto politico che si arrotola su polemiche interne e si rimpalla le colpe reciproche, mentre gli italiani hanno paura di scendere dall’autobus. Sa come la considero io, questa bufera sulla sicurezza sollevata dal centrodestra? È pura irresponsabilità etica". Giuliano Amato è appena rientrato al Viminale, dopo una due giorni di impegni europei, tra Lisbona e la Scozia. È ancora colpito dal barbaro assassinio di Giovanna Reggiani. È turbato dalle notizie sui primi "raid punitivi" che cominciano ad arrivare dalla capitale: "Purtroppo è quello che temevamo. Ed è per questo che siamo intervenuti con il decreto: dobbiamo impedire che questa tigre terribile, che è la rabbia xenofoba, la bestia razzista, esca dalla gabbia...". Ma ora è anche amareggiato per gli attacchi che arrivano da destra. Berlusconi che attacca il governo di aver messo una "pecetta" inutile alla drammatica escalation di criminalità in arrivo dall’Est europeo, Fini che gli grida "vergogna", Frattini che accusa l’Italia di non aver recepito la direttiva Ue del 2004. Il ministro degli Interni non ci sta. E passa al contrattacco: "Questa è la politica che fa del male a se stessa, e fa danno al Paese. Ci accusano di fatti che stanno colpendo drammaticamente i nostri cittadini. Io mi chiedo cosa ne pensano loro, i cittadini, di un ceto politico che si sbrana in una lite reciproca dalla quale non può venire nulla che possa rassicurarli nella loro vita quotidiana. Se ne pensano tutto il male possibile, come io credo, hanno doppiamente ragione. In primo luogo, perché di fronte a certe tragedie litigare non serve". E questa osservazione Amato la "dedica" essenzialmente al Cavaliere. "Ma in secondo luogo - aggiunge il Dottor Sottile - gli italiani hanno ragione a pensar male di questa classe politica soprattutto perché il problema che abbiamo di fronte va al di là di ciò che ho fatto io, di ciò che ha fatto Fini, di ciò che hanno fatto quelli che ci hanno preceduto". E qui la riflessione è indirizzata soprattutto al commissario europeo Frattini. "È inutile continuare a ripetere che l’Italia non ha recepito la direttiva 38. Noi l’abbiamo attuata pienamente, invece. Il guaio è che anche quella direttiva è insufficiente". Il ministro degli Interni ha appena sentito Prodi al telefono, e il premier è più indignato di lui per certe bordate strumentali del Polo. "Vede, qui c’è un’onda di trasferimenti massicci da un Paese all’altro, che va molto oltre le previsioni e le aspettative di tutti i Paesi d’Europa. Veri e propri esodi, di fronte ai quali non solo noi singoli governi, ma anche l’Unione europea come istituzione non ha predisposto strumenti adeguati, perché non era preparata. Con il decreto legislativo del gennaio 2006 noi abbiamo recepito la direttiva. Il problema è che proprio quella direttiva, che regola la libera circolazione dei cittadini comunitari nell’Unione e disciplina le espulsioni, si è rivelata insufficiente". Amato indica due limiti, in quel provvedimento: "Tutti sanno che l’allontanamento per chi non ha i mezzi sufficienti per mantenersi, previsto dalla direttiva, pone due problemi. Il primo: l’accertamento sulla sussistenza di quei mezzi riguarda solo chi è in Italia da almeno tre mesi, e questo crea già un ginepraio giuridico. Se il cittadino è arrivato da un Paese dell’area Schengen mi può dire che è arrivato in Italia da tre giorni, e io non ho strumenti per verificare se dice la verità o mente. Il secondo problema: l’istituto dell’allontanamento è debolissimo, perché non è accompagnato dal divieto di rientro". Il ministro contesta anche la controdeduzione di Frattini, che obietta: gli altri Paesi, Francia in testa, hanno attuato l’allontanamento, l’Italia non l’ha fatto. "È vero che la Francia ha introdotto l’allontanamento, ma io ricordo che quando lo varò la tv francese intervistò alcuni rumeni che dicevano: ci hanno cacciato dandoci 500 euro, ne abbiamo spesi 150 di treno per tornare a Parigi, alla fine ci abbiamo guadagnato 350 euro!". Il decreto legge varato dal governo tre giorni fa, secondo Amato, serve proprio per evitare questo paradosso: "Fermo restando l’allontanamento per inesistenza dei mezzi di sostentamento, noi abbiamo introdotto l’espulsione per motivi di sicurezza che è molto, molto più forte dell’allontanamento previsto dalla direttiva, proprio perché è assistito dal divieto di rientro". Ma questo non è l’unico fronte, sul quale il governo di centrosinistra è esposto alle critiche dell’opposizione e ai dubbi della popolazione. L’altro è la moratoria, che l’Italia non avrebbe applicato nei confronti dei rumeni. Amato non ci sta: "Questo è solo un altro equivoco montato dalla destra. Le regole predisposte in sede europea consentono la moratoria solo per chi si muove da un paese all’altro per ragioni di lavoro. Se accampa altre ragioni, un cittadino comunitario (come è a tutti gli effetti un rumeno) si può comunque trattenere nel Paese in cui è arrivato. La verità è che la moratoria fu pensata solo per i lavoratori, sul presupposto che gli ingressi per turismo e per studio fossero davvero tali. Ma nessuno, né a Roma né a Bruxelles e in tutte le altre capitali europee, aveva immaginato che questo sarebbe diventato un "by-pass" per migliaia e migliaia di persone, che l’hanno usato a prescindere, per trasferirsi da un Paese all’altro". Questo è l’aspetto che sta più a cuore al responsabile del Viminale, e sul quale lui stesso vorrebbe più senso di responsabilità da parte di tutti: "Il fatto vero, che tutti devono capire, è che qui siamo in presenza di un fenomeno epocale, che ci coglie tutti impreparati. La direttiva europea, come del resto la moratoria, partivano dal presupposto che fosse necessario disciplinare l’immigrazione di singole persone, o tutt’al più di singole categorie: il medico rumeno, l’infermiera polacca, l’operaio albanese, e così via. Ma nessuno immaginava di dover fronteggiare 500 mila poveracci, che in un anno hanno lasciato la Romania per trasferirsi in Italia. Ha voglia il buon Frattini, ad accusarci per una direttiva, che tra l’altro lui stesso ha contribuito a elaborare! Io e lui, insieme, le abbiamo studiate tutte, in questi mesi, per capire e fronteggiare il fenomeno. Ma di fronte a questa miseria umana, e che come è accaduto a Roma diventa anche cattiveria umana, tutti i meccanismi saltano, e nessuno strumento di quelli che avevamo messo in campo riesce a "mordere" davvero...". Il ministro degli Interni lo riconosce, con chiarezza politica e onestà intellettuale: nemmeno il "suo" decreto risolve alla radice il problema: "Io posso garantire agli italiani che con il provvedimento che abbiamo varato tagliamo le "punte" più alte, ma deve essere chiaro a tutti che il fenomeno gigantesco che abbiamo di fronte è di un’altra dimensione...". La domanda è: quale dimensione, oltre a quella già esponenziale che ci sta davanti? Amato non si ritrae: "In Romania c’è almeno un milione di rom trattati in modo così poco solidale in quel Paese, che la maggior parte di loro nei prossimi mesi tenderà quasi sicuramente ad andarsene. E noi che facciamo? Ce la caviamo con la direttiva 38? Siamo seri. La stessa Commissione Ue, come del resto noi stessi, anziché sederci tutti sullo scranno dei giudici per condannarci gli uni con gli altri, faremmo meglio a sederci a un tavolo, per stabilire insieme un quadro esatto dei flussi migratori da e verso ciascun Paese, e non più per movimenti di individui, ma di masse". Dunque, più che gettare altra benzina sul fuoco delle polemiche, il Dottor Sottile ci tiene a lanciare un appello, accorato, al centrosinistra e al centrodestra: "Sarebbe davvero straordinario, sarebbe davvero il miracolo di San Gennaro in questo paese martoriato, se l’Italia tutta unita e coesa si presentasse all’Unione europea per chiedere una soluzione concordata a un problema drammatico che rischia di farci cadere un pezzo di mondo addosso. Qui ci sono flussi immensi da regolare, in Italia e in Europa. Dobbiamo farlo insieme, perché un singolo paese, da solo, non può fare niente". Bisognerebbe archiviare i veleni, rinunciare alle strumentalizzazioni, non cedere alle demagogie: "Dire che abbiamo agito sull’onda dell’emozione per il delitto di Roma è una critica falsa, ingiusta e stereotipata, che esce da uno stampone vecchio di decenni. Chi mi conosce sa bene da quanti mesi segnalo l’emergenza dei rumeni, e la necessità di una svolta sul tema della sicurezza. Noi non dobbiamo inseguire le emozioni, non dobbiamo fare operazioni di facciata: dobbiamo varare misure adeguate all’emergenza, e attuare norme in modo certo ed efficace. Non c’è nessun bisogno di fare la faccia feroce...". Eppure, in questa miscela esplosiva di paure, di miserie e di violenze, la ferocia purtroppo è sempre in agguato. Amato è il primo a saperlo. E per questo lo preoccupa e lo angoscia la barbara vendetta che ieri sera, nella borgata romana di Tor Bella Monaca, è scattata contro quattro rumeni. Se l’odio xenofobo incendia la giungla metropolitana, se scatta la giustizia fai da te, è davvero finita: "Una delle ragioni che ci ha spinto a intervenire con urgenza, e che ha spinto gli stessi partiti della sinistra radicale che sostengono la maggioranza ad assicurarci il suo consenso nonostante l’astensione di due giorni prima al pacchetto-sicurezza, è stata proprio questa: la percezione che nel cuore delle persone, indifese e spaventate, esiste una tigre che rischia di uscire dalla gabbia. Ci pensavo l’altra sera, rivedendo in tv un film di tanti anni fa: "Furia", di Fritz Lang. Per punire il giovane Spencer Tracy, accusato di un delitto, la folla dà fuoco all’intero carcere in cui il prigioniero è recluso. Ecco, se noi politici abbiamo ancora un senso e una responsabilità, proprio questo dobbiamo fare: prevenire ed evitare che esploda anche qui quella "Furia", con misure severe, ma che rispettino i valori in cui crediamo e le garanzie costituzionali che hanno fatto grandi le nostre democrazie". Impedire che la tigre esca dalla gabbia. Un dovere morale, una sfida obbligata. Speriamo solo che non sia troppo tardi. Giustizia: Castelli (Lega); la sinistra è razzista e colpevole di Alessandro Montanari
La Padania, 3 novembre 2007
Senatore Castelli, la tragedia di Roma ha convertito il Governo alla tolleranza zero? "La sinistra smentisce se stessa. Quando queste cose accadevano al Nord ci dicevano che dovevamo essere tolleranti e ci insegnavano la cultura dell’integrazione, adesso che succedono a casa di Veltroni, invece, parlano di "tolleranza zero". Si sono dimostrati incoerenti, razzisti nei confronti dei cittadini padani e, soprattutto, colpevoli. Alla sicurezza dovevano pensare prima, non dopo gli omicidi. E poi, se vogliono tentare di essere credibili, devono risolvere una contraddizione: non possono votare l’indulto e presentare una legge criminale come l’Amato - Ferrero e poi fare gli sceriffi".
La conversione è stata veramente repentina. Solo 24 ore prima della violenza, il Governo non aveva giudicato urgente il pacchetto sicurezza e il Capo dello Stato aveva detto che "senza immigrati il Paese si bloccherebbe"… "Di cosa si stupisce. Si sa che la sinistra vede la realtà con le lenti dell’ideologia. Almeno fino a quando la realtà non va a toccarla direttamente".
Ormai Veltroni dispone e Prodi agisce. Che ne pensa di questo Governo diretto dal Campidoglio anziché da Palazzo Chigi: è una novità assoluta? "Una novità che dovevamo aspettarci. Prodi ha un consenso ai minimi storici e la sinistra doveva per forza puntare su un altro cavallo. Ha puntato su Veltroni che, essendo pompatissimo dai media, pare essere l’unico in grado di dare qualche speranza di rimonta. Quindi era prevedibile che Veltroni si mettesse a fare il premier-ombra e a dettare la linea politica".
Per il Paese però è una cosa piuttosto imbarazzante… "Non direi, in fondo non è la prima volta che un segretario politico comanda il presidente del Consiglio. Semmai la cosa è imbarazzante per Prodi, che ha fallito ed è stato messo sotto tutela".
Crede che in Senato la sinistra riuscirà ad avere una maggioranza autonoma sul pacchetto sicurezza? "Secondo me questo pacchetto sicurezza è una grida manzoniana e sono convinto che, per farlo passare al Senato, dovrà essere un decreto fintamente severo".
Voi come vi comporterete? "A scatola chiusa non lo voteremo di certo. Se qualcuno pensa di avere il voto della Lega gratis, si sbaglia di grosso. Innanzitutto porremo la condizione che venga archiviata la Amato - Ferrero, perché non si può fare una legge che va nel senso della sicurezza se poi se ne fa un’altra che va nel senso opposto. E poi valuteremo con attenzione quel che sarà scritto nella legge. Se sarà veramente severa, la approveremo. Ma comunque penso che il problema non si porrà: il Governo cadrà molto prima".
Da ex-ministro della Giustizia che effetto le fa sapere che il Guardasigilli starebbe valutando di trasferire in Romania i detenuti romeni? "Questo è un accordo che ho stipulato io, con la Romania, nel 2002. Beh, devo dire che la cosa un po’ mi fa piacere: la sinistra ha sempre cercato di fare l’esatto contrario di quello che ho fatto io, ora porta avanti una mia iniziativa".
Pensa che le riconosceranno questo merito? "Ma figuriamoci! Fino all’altro ieri questa, per loro, era l’ennesima norma razzista e forcaiola di Castelli. Adesso che gli fa comodo, però, la usano, ma sottovoce".
Adesso i prefetti avranno la possibilità di espellere anche i comunitari. Alla Lega tuttavia la figura del Prefetto continua a non piacere. "Beh, se i prefetti sono come Ferrante, che prima faceva il buonista e poi si è candidato con la sinistra, c’è poco da stare allegri. Speriamo che i prefetti non ragionino in termini politici, si ricordino di essere servitori dello Stato e usino con pugno di ferro queste norme".
La Lega però preferirebbe che questi poteri venissero conferiti ai sindaci… "Noi abbiamo avanzato una proposta di legge che chiede di abolire i prefetti in quanto simboli oppressivi dello Stato centralista e di trasferire i loro poteri ai sindaci. Certo, visti certi sindaci dell’Ulivo, e mi riferisco ad esempio ai primi cittadini di Brescia e di Oggiono, mi fiderei di più del Prefetto. Ma il sindaco, almeno, prima o poi dovrà rendere conto del proprio operato ai cittadini-elettori". Giustizia: Prefetto di Milano; norme più severe e pene certe
Il Giornale, 3 novembre 2007
Il serbatoio della sua stilografica è già mezzo pieno. Il prefetto di Milano Gian Valerio Lombardi ha appena firmato quattro "allontanamenti", questo il termine tecnico, di rom. Rispediti a casa, a Bucarest, perché "con il proprio comportamento hanno minacciato la convivenza civile, compromesso la pubblica sicurezza e danneggiato tutti coloro che sono giunti in questo Paese per migliorare col proprio lavoro le condizioni di vita".
Applicazione concreta del decreto legge sull’allontanamento per pubblica sicurezza. Che, immaginiamo, signor Prefetto, proseguirà nei prossimi giorni… "Sono un centinaio o poco più le posizioni ancora sotto esame, tutte persone che hanno subito condanne. Condizione resa possibile dal lavoro di controllo che questura e prefettura avevano già avviato fa tempo. Verifica sul territorio che permette di distinguere tra immigrazione virtuosa e quella che crea problemi. Lavoro che, naturalmente, sarà integrato nei prossimi giorni da nuovi controlli".
Dunque, mettiamo sull’aereo i delinquenti. Che potrebbero però rientrare e, in questo caso, quale sarebbe la risposta dello Stato? "Sarebbero arrestati. L’allontanamento non è l’espulsione che è atto unilaterale. Noi mettiamo in pratica l’applicazione del decreto legge che è strumento davvero efficace".
Strumento a lungo atteso. Ma, senza forse, quello che manca ancora è la certezza della pena. "Sì, certezza della pena e pure un ripensamento, chiamiamolo così, delle sanzioni".
Che tradotto? "Il codice penale è vecchio e va adattato alla realtà, con pragmatismo. È un fatto, tanto per essere chiari, che il maggior numero di reati, quelli che creano allarme sociale, è commesso da cittadini neocomunitari e soprattutto da romeni. Ma quel che conta, attenzione, è governare il fenomeno migratorio".
Che significa integrazione e declinazione della legalità con la solidarietà, come il Comune di Milano sta tentando di fare. "La sicurezza parte dal cittadino. Il rispetto delle regole e del vivere civile bisogna portarlo dentro di sé. Questo si chiede anche ai neocomunitari".
Che, signor Prefetto, sopravvivono in qualcosa come cento e passa insediamenti rom. Ghetti che i milanesi sperano siano sgomberati al più presto... "Sgomberi ci sono stati e continueranno ad esserci, quando ci sono le condizioni. Tra l’altro, a Milano, in questi ultimi due anni ce ne sono stati molti più che nel passato".
Resta però la protesta contro la favela di via Triboniano, dove qualche cittadino disperato si dice pronto a imbracciare il fucile. "Quello è un problema che dura da tempo, da trenta e più anni. Palazzo Marino ha messo a punto un patto di legalità che viene applicato rigorosamente. Si rispettano le regole e si migliora la qualità delle relazioni. Ci vuole però tempo e impegno".
Emergenza vecchia in una città che si sente insicura. Come giudica questa percezione dell’insicurezza? "Milano è una realtà dinamica e ricca di interessi economici, quindi un bacino per la criminalità. Ma la risposta alle rapine in villa è stata rapida e sicura, così come per gli assalti alle farmacie, rapinatori figli dell’indulto, che avevano già commesso lo stesso reato. E si ritorna, dunque, alla certezza della pena".
Ma i cittadini reclamano più agenti, più poliziotti all’angolo delle strade e delle piazze. "Non può esserci un poliziotto in ogni palazzo della città. Quei 130 nuovi carabinieri arrivati da Roma hanno migliorato la situazione". Giustizia: "Gazeta Romaneasca"; per noi ora ritorna l’incubo di Enrico Marro
Il Sole 24 Ore, 3 novembre 2007
"Nella comunità rumena in Italia è tornato il panico. Con l’ingresso del nostro Paese nell’Unione europea pensavamo che la cosiddetta "emergenza rumeni" fosse finita, e invece l’incubo è ricominciato". Non pesa le parole Sorin Cehan, 41 anni, direttore del settimanale "Gazeta Romaneasca", che con le sue 10mila copie è uno dei più diffusi giornali per immigrati del nostro Paese. Cehan, nato in un paesino della Moldova, è arrivato in Italia per la prima volta nel 1992. Ora dirige una decina di redattori, alcuni distaccati nella sede rumena del giornale.
Lei avverte davvero un clima da caccia alle streghe nei confronti dei suoi connazionali? La crociata contro i rumeni poteva cominciare prima del crimine di Tor di Quinto. Quando Lamberto Sposini è stato aggredito, una decina di giorni fa, i giornali avevano già scritto che erano stati i rumeni. Peccato che alla fine i colpevoli, in quel caso, siano stati dei napoletani. Già prima dell’orrendo crimine di Tor di Quinto, il prefetto di Roma, Carlo Mosca, aveva dichiarato ai giornali, commentando l’approvazione del disegno di legge sulle espulsioni, che era pronto un elenco di 20mila comunitari - quasi tutti rumeni - da espellere. Mancava solo il via.
Come vive questi giorni la comunità rumena? Nella paura. Sembra di essere tornati a dicembre, a meno di un mese dall’ingresso nell’Unione europea, quando le retate contro i miei connazionali privi di permesso di soggiorno si erano moltiplicate. Allora chi lavorava in nero dormendo nei seminterrati, per paura della polizia si guardava bene dall’accendere la luce di notte. Tutti temono che si torni a quei giorni.
In molti percepiscono il rumeno come un rom e viceversa... A parte il fatto che si tratta di etnie diverse e che i nomadi sono diffusi in tutta Europa, non vedo perché demonizzare i rom per un caso isolato. Non capisco poi perché in Italia le autorità permettano l’installazione di baraccopoli giganti, con migliaia di rom. In Romania non succede.
Quanti sono i suoi connazionali che lavorano in nero? Circa la metà di quelli presenti in Italia. Tanti. Ma riguardo il sommerso di cui l’Italia è campione europeo, la mia paura sono le norme del ddl sicurezza urbana: prevedono che l’immigrato comunitario senza mezzi legali di sostentamento possa essere allontanato. Bene: chi lavora in nero come può dimostrare di avere un impiego? Questa norma significa restituire ai "caporali" quel potere di ricatto che speravamo avessero perso dal 1° gennaio.
Perché, secondo lei, cresce l’intolleranza verso i rumeni? In Italia il tenore di vita si sta abbassando, la gente cerca spiegazioni e capri espiatori. Almeno una volta si diceva "piove, governo ladro". Adesso, se piove, è colpa del rumeno. Giustizia: il 10 novembre tutti in piazza per Aldo Bianzino
Comunicato stampa, 3 novembre 2007
Sabato 10 novembre, ore 14.00, a Perugia, in Piazza del Bacio (di fronte Stazione Fontivegge) un appuntamento nazionale contro tutte le intolleranze, perché un paese intollerante è tutto tranne che un paese sicuro! Perché per una pianta d’erba in cella non si deve finire! Perché di carcere non si deve morire! Aldo Bianzino e la sua compagna Roberta il 12 ottobre sono stati arrestai con l’accusa di possedere e coltivare alcune piante di marijuana. Le forze dell’ordine si sono presentate in casa di prima mattina Aldo e Roberta sono stati portati via lasciando il figlio di 14 anni solo. Il giorno dopo vengono portati al carcere di Capanne e qui separati, da questo momento Roberta non vedrà più il suo compagno che fino al quel momento era in buone condizioni di salute. Mentre Roberta viene condotta in cella con altre donne Aldo viene messo inspiegabilmente in isolamento. La mattina seguente, domenica 14 ottobre alle 8.15, la polizia penitenziaria entra nella cella, lo trova agonizzante e poco dopo muore. Da quel momento, la compagna, il figlio e gli amici si sono mossi per fare chiarezza su questa ingiusta morte chiedendo verità e giustizia perché di carcere non si può morire! Dopo un goffo tentativo di insabbiamento da parte delle autorità carcerarie (le prime indiscrezioni sulle cause della sulla morte si riferivano ad un’improbabile infarto) famiglia e amici vengono a sapere che dall’autopsia risulta che Aldo e stata vittima di un vero e proprio pestaggio, il corpo infatti presentava una frattura alle costole, gravi lesioni al fegato, alla milza e al cervello. Nei giorni successivi al diffondersi di questa scioccante notizia sempre in Umbria esce fuori una strana ma alquanto "puntuale" vicenda giudiziaria che sembrerebbe essere stata creata ad hoc per distogliere l’attenzione dalla morte di Aldo, il 15 ottobre, infatti, a Spoleto vengono arrestati 5 ventenni accusati di terrorismo. Tutti i mass-media esaltano l’operazione di sicurezza che ancora una volta sembra aver salvato il nostro paese e la morte in cella passa momentaneamente in secondo piano. Ma la vicenda di Aldo è troppo simile quella di altri, come Giuseppe Ales, Federico Aldrovandi, Alberto Mercuriali tutti vittime di una sorta di "spontaneismo intollerante" che agisce violentemente, psicologicamente e fisicamente contro la diversità generalmente intesa. Storie d’innocenti che avevano la sola colpa di avere uno stile di vita alternativo, di essere sospettati di utilizzare sostanze o di fumarsi una canna, di girare senza documenti o di coltivare marijuana per uso personale in un paese che invece dei trafficanti persegue i consumatori. Sembra che queste notizie comincino a diventare normalità in un paese che fra giri di vite e pacchetti sicurezza sta lentamente scivolando verso una forma di autoritarismo di cui non si conosce la fine. La sempre più diffusa paranoia securitaria non riesce però a fermare chi chiede chiarezza e non si accontenta dell’apertura di un inchiesta che si perderà negli archivi di qualche procura o che finirà con una sentenza scandalo, così come già successo per altri. Vogliamo Verità e Giustizia e continueremo a contrastare e opporci ad una società che sempre meno tollera qualsiasi tipo di espressione fuori dalla norma e nella quale chi esce dalle righe viene punito in nome della sicurezza. Per questo motivo invitiamo tutti quanti a partecipare alla manifestazione di sabato 10 novembre a Perugia per chiedere verità e giustizia sulla morte di Aldo e di tutti quelli che come lui credevano nel rispetto delle diversità e nella libertà di espressione e che proprio per questo sono stati uccisi. Uepe: il servizio sociale del settore penitenziario oggi
Comunicato stampa, 3 novembre 2007
Tra bisogno di sicurezza e carceri sempre più piene gli assistenti sociali fanno il punto della situazione e rilanciano le misure alternative. Roma, 7 novembre 2007 - Centro Congressi Cavour, via Cavour 50 - ore 9.30 - 17.30 Roma, 30 ottobre. Il grido che giunge dagli istituti penitenziari italiani su un probabile nuovo collasso rilancia il tema di un possibile incremento dell’utilizzo delle misure alternative per reati minori, e quindi della funzione rieducativa della pena, piuttosto che di quella repressiva, affidata al servizio sociali degli Uffici giudiziari territoriali Uepe. L’Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali, raccogliendo il disagio dei professionisti rispetto a progetti di riforma che mettono a rischio il senso etico e valoriale del loro lavoro, mercoledì 7 novembre incontra a Roma i dipendenti degli Uffici di esecuzione penale esterna del ministero della Giustizia, i massimi rappresentanti del ministero stesso, i sindacati e le associazioni di volontariato del settore penitenziario. Scopo dell’incontro è ascoltare le varie voci e trovare soluzioni condivise a un progetto di riforma che contempli le diverse esigenze: quella nobile del servizio sociale di una ricostruzione dei legami sociali e personali di chi ha una pena non superiore a tre anni e quella altrettanto importante del cittadino che chiede maggiore sicurezza. Punto chiave del confronto di questi mesi rimane, in un’ipotesi di riorganizzazione degli ambiti operativi, la possibilità di inserire negli Uepe la polizia penitenziaria a fronte di un potenziamento di questi uffici (in termini logistici, di maggior risorse umane professionali e finanziarie e strumentali) con funzioni di controllo delle persone sottoposte a tali misure. L’Ordine paventa che tali cambiamenti possano incidere profondamente, e in senso negativo, sul mandato professionale del servizio sociale del settore penitenziario. Il confronto partirà da un’analisi puntuale del beneficio che l’applicazione di tali misure ha prodotto in questi anni. L’affidamento al servizio sociale è, fra le misure alternative, la forma di esecuzione penale più "aperta" in quanto scontata completamente all’esterno della struttura carceraria, nella comunità, e ha come titolare dell’esecuzione della misura il servizio sociale stesso proprio per le sue finalità di reintegrazione sociale
Annalisa Scalco, responsabile Comunicazione Ufficio Stampa, 329.6148860 Sappe: immigrazione, in Liguria è "emergenza carceri"
Comunicato stampa, 3 novembre 2007
"Quella dell’immigrazione è una emergenza anche penitenziaria, rispetto alla quale auspichiamo decisi interventi da parte del Governo come, ad esempio, l’espulsione obbligatoria di tutti i cittadini stranieri detenuti. Alla data del 30 settembre scorso i detenuti stranieri nelle carceri liguri erano infatti complessivamente circa 700, a fronte di una popolazione carceraria complessiva allora di circa 1.150 detenuti". A dichiararlo è, per conto della Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe (l’Organizzazione più rappresentativa della Categoria con oltre 12mila iscritti), il segretario generale aggiunto Roberto Martinelli. "Al 30 settembre 2007 avevamo, nelle carceri liguri, 191 detenuti comunitari, 375 provenienti da Paesi africani, 27 da Paesi asiatici e 62 dal continente americano. Dati che incidono notevolmente sulle presenze complessive, basti pensare che la percentuale di detenuti stranieri tra quelli presenti era attesta al 32% a Chiavari, al 57% a Marassi, al 64% a Pontedecimo, al 65% a Imperia, al 62% a La Spezia, al 55% a Sanremo ed al 61% a Savona. E queste presenze determinano problemi con i detenuti italiani poiché questi soggetti provengono da Paesi con culture e tradizioni diverse dalle nostre. Basti pensare al periodo del ramadan, in cui spesso si verificano frizioni tra detenuti musulmani e non. I detenuti stranieri, allora, potrebbero benissimo scontare la pena nei penitenziari dei loro Paesi, considerato che il loro numero complessivo incide notevolmente sulla popolazione detenuta. Sia benvenuta l’immigrazione onesta e lavoratrice, ma i delinquenti comunitari ed extracomunitari siano immediatamente espulsi e scontino la pena a casa loro! E spesso scontare la pena nel loro Paese non è come scontarla in Italia, dove abbiamo una legge penitenziaria all’avanguardia per quanto concerne il rispetto dei diritti umani." Il Sappe, Sindacato più rappresentativo della Polizia Penitenziaria auspica, quindi, "che Governo e Parlamento adottino con urgenza provvedimenti legislativi che impongano l’espulsione di tutti i detenuti stranieri e la previsione che la pena sia scontata nei Paesi d’origine". Belluno: cure ormonali gratuite per i detenuti transessuali
Ansa, 3 novembre 2007
Cure ormonali gratuite ai transessuali detenuti nel carcere Baldenich di Belluno. L’istituto penitenziario del capoluogo dolomitico sarebbe diventato meta ambita per i trans ospitati nelle carceri italiane per aver dato la possibilità ai detenuti che già assumono i farmaci per il cambio di sesso di continuare la cura anche in cella senza alcuna spesa. A farsene carico - come riporta il Gazzettino - è lo stesso istituto di pena, per una spesa complessiva che si aggirerebbe sui mille euro al mese. All’interno del carcere bellunese, i transessuali - attualmente 12 su un totale di 105 ospiti - sono reclusi in una zona protetta con celle nuove a due posti, con doccia e acqua calda, mentre gli altri detenuti sono raggruppati in stanze fino a sette letti con un solo lavandino e acqua fredda. "Togliere ad un detenuto gli ormoni presi fino al momento dell’ingresso in cella, potrebbe provocare gravi scompensi dal punto di vista fisico, con pericolose alterazioni nella risposta cardiovascolare" spiega al Gazzettino la direttrice del carcere Immacolata Mannarella, sottolineando che i prodotti ormonali vengono concessi senza spese ai detenuti sulla base di un principio di natura costituzionale: "Quello che attiene alla tutela della salute viene fornito gratuitamente". Piacenza: agente condannato per molestie a due detenute
Libertà, 3 novembre 2007
Un anno e otto mesi. L’agente della polizia penitenziaria accusato di avere molestato sessualmente due detenute nel carcere piacentino delle Novate è stato condannato dal giudice per l’udienza preliminare Gianandrea Bussi. Ma il magistrato gli ha concesso l’attenuante della lieve entità del fatto (si sarebbe trattato di palpeggiamenti). I due anni e otto mesi chiesti dal pubblico ministero Gilberto Casari a conclusione della requisitoria sono dunque stati ridotti di dodici mesi. L’imputato ha potuto usufruire della sospensione condizionale della pena, ma a conclusione dell’udienza l’agente della polizia penitenziaria ha di nuovo ribadito la sua estraneità ai fatti che gli sono stati contestati. L’avvocato Marusca Muselli che lo assiste ha annunciato appello contro la sentenza. L’imputato è un quarantenne, assistente della polizia penitenziaria delle Novate che secondo quanto si è appreso nella casa circondariale è attualmente destinato a compiti amministrativi. Ha ottenuto la sospensione condizionale della sentenza in quanto incensurato. Secondo quanto si è appreso, il giudice avrebbe disposto una provvisionale (parziale risarcimento in attesa della sentenza definitiva), nei confronti delle due detenute pari a 4.500 euro. I fatti di cui doveva rispondere erano avvenuti due anni fa. Secondo l’ipotesi accusatoria, la guardia penitenziaria aveva avvicinato una giovane detenuta olandese mentre lei usciva dalla sala dei colloqui. La guardia avrebbe affrontato la giovane nel corridoio che dalla sala colloqui porta al carcere. Qui sarebbero avvenute le molestie. La giovane ha denunciato l’agente alla direzione del carcere. Ne è seguita un’inchiesta interna e la vicenda è arrivata sul tavolo del sostituto procuratore della Repubblica Gilberto Casari. Era dunque partita la seconda denuncia da parte di una detenuta romena che aveva riferito di aver subito abusi sessuali da parte dello stesso agente della polizia penitenziaria. L’avvocato Muselli nella sua arringa aveva sottolineato che l’agente ha negato ogni accusa e nel corso dell’inchiesta e mantenuto un atteggiamento collaborativo nei confronti sia della polizia penitenziaria che ha svolto la prima parte delle indagini sia della squadra mobile che ha eseguito i successivi accertamenti. Secondo l’ipotesi accusatoria invece l’assistente della polizia penitenziaria avrebbe palpeggiato le parti intime delle donne, una si trovava alle Novate per non aver ottemperato alla legge Bossi-Fini e una per vicende legate al mondo dello spaccio di sostanze stupefacenti. Milano: nasce a Buccinasco l'Associazione "Legal-Mente"
Comunicato stampa, 3 novembre 2007
L’associazione nasce per la promozione della cultura e della coscienza civile e dedica particolare impegno nell’azione di promozione della legalità. L’attività dell’associazione è volta al contrasto di ogni logica, cultura ed atteggiamento di sfruttamento, arroganza, violenza e prevaricazione; Legal-Mente rinnega, altresì, la criminalità in ogni sua forma. Legal-Mente è un’associazione aperta a tutti coloro i quali intendono confrontarsi in maniera pacifica e costruttiva sulle questioni della legalità, della sicurezza e della coscienza civile. l’Associazione si riserva di rivolgere una particolare attenzione alle giovani generazioni; per questa ragione Legal-Mente promuoverà, inoltre, interventi volti al contrasto del disagio e della devianza minorile. Avendo sede a Buccinasco, Legal-Mente non può prescindere dall’affrontare le problematiche inerenti la legalità presenti sul proprio territorio. In questo senso Legal-Mente intende sviluppare progetti, in rete con altre realtà locali o nazionali, per la gestione a fini sociali e senza fini di lucro dei beni confiscati alle mafie (legge 109/96). Per comunicare e informare, Legal-Mente, oltre ad organizzare incontri sulla legalità, pubblica interventi sul proprio spazio web www.buccinasco.net/legal-mente ed invita chiunque sia interessato a lasciare i propri commenti.
Il Presidente, Rosa Palone Cell. 349 84 33 870 Rimini: morto don Oreste Benzi, un "Apostolo degli indifesi"
Ansa, 3 novembre 2007
Giovedì notte, nella sua casa di Rimini stroncato da infarto, si è spento l’82enne sacerdote romagnolo presidente e fondatore della nota Comunità Papa Giovanni XXII. Si è spento giovedì notte, colpito da un attacco cardiaco, l’82enne sacerdote romagnolo fondatore della Comunità Papa Giovanni XXII. Don Oreste Benzi, ha dedicato la sua vita ai giovani, ai più deboli, agli emarginati, ma, soprattutto, ai tossicodipendenti, ai detenuti, ai malati ed alle prostitute. A lui si deve, nel lontano 1972, l’apertura a Coriano della prima casa-famiglia, (oggi circa 200), 6 case-preghiera, 7 case di fraternità, 14 cooperative sociali per l’inserimento di persone svantaggiate, 32 comunità terapeutiche per assistere i poveri, oltre all’impegno che dall’Italia si è ramificato in una quindicina di Paesi. Si è spento giovedì notte, dopo essersi sentito male qualche giorno prima mentre era a Roma per partecipare ai lavori dell’Osservatorio sull’infanzia, nel suo alloggio della parrocchia della Resurrezione alla periferia di Rimini. Moltissime le persone che ieri, all’apertura della camera ardente, hanno deciso porgerle un ultimo caloroso e sentito saluto. "Un’infaticabile apostolo della carità a favore degli ultimi e degli indifesi", così lo ha voluto ricordare anche il Papa Benedetto XVI. Olanda: nave-prigione utilizzata per gli immigrati irregolari
Ansa, 3 novembre 2007
Lo spazio scarseggia così come la disponibilità dei comuni ad accogliere nuovi centri di detenzione per i migranti che superano le frontiere in modo illegale, e allora le autorità olandesi stanno puntando sulle navi-prigione, veri e propri penitenziari galleggianti, dai quali i detenuti possono scendere a terra solo in alcune ben definite circostanze. L’ultima ad essere predisposta è a Zaandam, alla periferia di Amsterdam. È già stata presentata alla stampa e aprirà a giorni. Potrà ospitare fino a 576 cittadini stranieri immigrati illegalmente in attesa di essere rimpatriati e già le polemiche montano. Gli attivisti di organizzazioni per i diritti umani si mobilitano, protestando contro la politica della "fortezza Europa" e contro l’atteggiamento sempre più restrittivo nei confronti dell’immigrazione clandestina. Sono in media 20.000 le persone rimpatriate ogni anno dall’Olanda. Il centro di detenzione di Zaandam è costruito su una piattaforma galleggiante ed è composto di moduli esattamente come se fosse stato costruito sulla terra ferma, fanno notare al ministero della giustizia olandese, segnalando che il costo rimane lo stesso, ma col vantaggio che la prigione galleggiante può essere spostata e ormeggiata in un altro porto. I detenuti saranno ospitati in celle di 15 metri quadrati che possono ospitare due persone, nelle quali avranno una Tv. Potranno circolare liberamente a bordo.
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