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Giustizia: decreto legge per l’espulsione dei comunitari
Ansa, 2 novembre 2007
Il Consiglio dei Ministri si è riunito l’altro ieri sera alle ore 19.45, appositamente convocato in via straordinaria, e ha approvato, su proposta del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, del Ministro dell’interno, Giuliano Amato, e del Ministro della giustizia, Clemente Mastella, un decreto-legge che anticipa alcune disposizioni del disegno di legge in materia di sicurezza urbana varato ieri dal Governo, al fine di contrastare episodi di particolare violenza e di criminalità efferata. L’urgenza del provvedimento muove dalla drammatica aggressione avvenuta a Roma, ma le misure approvate dal Consiglio questa sera non riguardano tale crimine, per il quale si è già provveduto all’arresto dei responsabili ed è in corso il relativo procedimento penale; il Governo intende rendere immediatamente possibile l’esecuzione dell’allontanamento di cittadini comunitari per motivi di pubblica sicurezza nei termini che già erano stati definiti dal disegno di legge in materia di sicurezza urbana. Su questo decreto legge il ministro dell’Interno ha affermato di essere "convinto che ci sarà un atteggiamento collaborativo da parte dell’opposizione". "Il potere di espulsione è stato ritenuto urgente - ha sottolineato Amato - per evitare che cose del genere possano ripetersi in città come Roma e non solo Roma in cui si sono formati dei sottoboschi di persone che vivono di delinquenza e che potrebbero fare domani quello che è accaduto oggi. Noi vogliamo essere in condizione di espellere i soggetti pericolosi prima che questi fatti avvengano. Non è caccia ai romeni, ma ai delinquenti romeni: è bene che questo si sappia". Il prefetto di Roma, Carlo Mosca, ha confermato che sono già in arrivo i primi provvedimenti di espulsione di cittadini comunitari nella capitale. Mosca ha spiegato che, dopo il decreto di ieri, che da appunto ai prefetti il potere di espellere i cittadini comunitari, "si accelerano gli interventi e non sarà più possibile il ricorso che blocca i provvedimenti". Giustizia: già pronto un piano per migliaia di espulsioni di Fiorenza Sarzanini
Corriere della Sera, 2 novembre 2007
Il dispositivo è attivato già da ieri: questa mattina cominceranno le procedure di espulsione. Il decreto legge del governo sarà reso operativo subito, come ha stabilito il capo della polizia Antonio Manganelli che ha allertato questure e prefetture sul monitoraggio dei romeni e dei rom presenti nel nostro Paese. Sono migliaia quelli che rischiano di dover lasciare l’Italia entro qualche giorno. Perché, come sottolinea lo stesso prefetto, "l’elemento determinante sarà la pericolosità sociale degli individui che verrà stabilita non solo esaminando i precedenti penali di ognuno, ma anche il tenore di vita e dunque la capacità di sostentamento che fornisce la percentuale di rischio per la commissione di eventuali reati". L’Italia si muove, ma una critica forte arriva dall’Unione europea perché "da mesi era stato chiesto di recepire la direttiva del gennaio 2006 che estende la libera circolazione a tutti i cittadini della Ue, però prevede la possibilità per ogni Stato membro di espellere i comunitari se esistono problemi legati alla salute pubblica, alla sicurezza e all’ordine pubblico" e dunque il decreto viene ritenuto "efficace ma tardivo". La polemica è aperta. Con una nota il ministero dell’Interno afferma che "l’attuazione di quella direttiva era già pienamente avvenuta con il decreto legislativo numero 30 del 6 febbraio 2007, tanto è vero che il potere di allontanamento per mancanza di mezzi di sussistenza, sul quale ha molto insistito il commissario Franco Frattini nei mesi scorsi, è stato ripetutamente utilizzato". Ma è lo stesso Frattini a ribattere: "Tra i grandi Paesi, l’Italia è l’unica a non essersi adeguata, infatti adesso c’è stato bisogno del decreto. La direttiva parla esplicitamente di allontanamento per chi non ha i mezzi di sostentamento: è questo il valore aggiunto che doveva essere subito recepito. Francia, Germania, Gran Bretagna l’hanno fatto. Noi ci siamo adeguati soltanto adesso". Sinora era il ministro a firmare i provvedimenti. Ora questo potere passa ai prefetti. Sono le forze di polizia a dover predisporre le richieste e individuare chi non ha i requisiti per rimanere in Italia. Si procederà con azioni preventive, ma anche repressive. Ieri mattina il campo nomadi dove aveva trovato rifugio Nicolae Romulus Mailat, presunto assassino di Giovanna Reggiani, è stato passato al setaccio, così come altri quattro insediamenti che si trovano a ridosso del Tevere e dell’Aniene. Oltre venti persone trovate senza documenti sono state portate in questura. Entro due giorni si provvederà a radere al suolo tutte le baracche. Analoghi controlli sono scattati in altre città. Il coordinamento dell’operazione destinata a durare settimane è affidato al vicecapo Nicola Cavaliere. Un intervento complesso, svolto in cooperazione con le autorità di Bucarest che hanno già fatto sapere di essere pronte ad accettare i rimpatri. "Non siamo a zero - assicura Manganelli - perché i controlli sono stati attivati già da mesi, come dimostrano i dati sui detenuti che evidenziano la forte presenza degli stranieri. Adesso abbiamo uno strumento in più, anche se nessuno deve mai dimenticare che bisogna distinguere tra chi ha la capacità di integrarsi e i delinquenti. Solo nei loro confronti eserciteremo fermezza". La procedura è complessa. A chi sarà ritenuto "pericoloso per la sicurezza" verrà consegnato il provvedimento di espulsione che dovrà poi essere convalidato dal giudice di pace entro 48 ore. Se si tratta di persone in attesa di giudizio, sarà necessario il "nulla osta" del magistrato entro 15 giorni. Subito dopo saranno organizzati i trasferimenti a bordo di aerei e pullman che, nelle intenzioni del Viminale, dovranno avvenire quotidianamente. In attesa del rimpatrio i comunitari saranno mandati nei centri di permanenza temporanea, lì dove già ci sono i clandestini. A Roma si sta valutando la possibilità di "svuotare" la struttura di Ponte Galeria proprio per garantire l’accoglienza e anche nelle altre città ci si sta attrezzando per trovare posti liberi. Tra le ipotesi esplorate in queste ore dal ministro della Giustizia c’è pure quella di trasferire nelle carceri romene un centinaio di detenuti che stanno scontando la pena in Italia.
Polizia
predispone monitoraggio in comunità romene
A
quanto si apprende dall’Adnkronos, le forze di polizia stanno predisponendo
operazioni di controllo e monitoraggio in campi nomadi e agglomerati abusivi di
numerose città italiane, e in particolare verso le comunità romene, al fine di
rendere operativo il decreto legge sulle espulsioni approvato mercoledì dal
Consiglio dei Ministri straordinario in seguito alla brutale aggressione subita
da Giovanna Reggiani, a Roma, deceduta ieri notte all’ospedale Sant’Andrea
per le gravi ferite riportate. Giustizia: Veltroni; sulle espulsioni il governo deve agire
Ansa, 2 novembre 2007
Walter Veltroni, sull’onda dell’orrore per la violenza contro la donna uccisa a Roma, chiede il pugno duro e reclama, prima al premier Romano Prodi e poi al ministro dell’Interno Giuliano Amato, "interventi straordinari" a partire dalle espulsioni. Un allarme che scuote i massimi vertici istituzionali, a partire dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e che mobilita Palazzo Chigi che, condividendo l’emergenza, convoca un Consiglio dei ministri straordinario per trasformare in decreto legge il disegno di legge sui rimpatri. Non è la prima volta che il sindaco di Roma tuona contro l’immigrazione di origine rumena senza aver paura di passare per uno sceriffo. Ma l’ultima aggressione, "un vero e autentico orrore", è per Veltroni la prova che "tutti questi episodi sono purtroppo riconducibili ad una unica matrice". E che è giunto il momento di passare dalle denunce ai provvedimenti immediati che il governo deve adottare. Veltroni si muove da sindaco, parla trasversalmente a nome di "Moratti, Chiamparino, Domenici", ma sta attento, in quanto segretario del Pd, a non creare l’incidente diplomatico con Palazzo Chigi. Giustizia: Mastella; accordo con Romania per certezza pene
Apcom, 2 novembre 2007
Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, e il suo collega romeno, Tudor Chiuariu, esprimono "ferma condanna per la barbara aggressione a Roma di Giovanna Reggiani e insieme dicono basta a questo tipo di orrori". Lo si legge in una nota diffusa dall’Udeur. "Il colpevole dell’aggressione - viene assicurato dai due ministri - sarà processato e dovrà scontare fino in fondo la pena in Italia". I due ministri concordano quindi sulla "necessità di pene severe e certe per tutti gli autori di reati e assumono l’impegno di adoperarsi per una loro effettiva applicazione. Inoltre, hanno stabilito di incontrarsi a breve a Roma al ministero della Giustizia per concordare ulteriori misure che rafforzino la cooperazione bilaterale nella lotta alla criminalità". Il ministro Mastella e il ministro Chiuariu hanno realizzato un accordo che consentirà all’Italia di richiedere nominativamente il trasferimento nelle carceri della Romania di detenuti romeni, condannati con sentenza definitiva in Italia e raggiunti da un provvedimento di espulsione, affinché lì scontino l’intera pena residua. Entro l’anno saranno trasferiti su richiesta dell’Italia i primi cento detenuti. Giustizia: Fini; espellere tutti gli stranieri che non lavorano
Apcom, 2 novembre 2007
Espulsione immediata per quanti, stranieri, non hanno un mezzo di sostentamento, un lavoro che gli consenta di vivere. È questa la proposta del presidente di An, Gianfranco Fini, che oggi ha portato la propria solidarietà alla famiglia di Giovanna Reggiani. Proprio davanti alla stazione si è radunata una piccola folla di militanti di An per manifestare lo sdegno per quanto è accaduto. Oltre a Fini, c’è il portavoce di An Andrea Ronchi e l’ex ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno. Fini ha denunciato "l’ipocrisia di Veltroni", perché la stazione nei pressi della quale è avvenuta l’aggressione è in condizioni spaventose. E qui ha rilanciato l’idea di un decreto legge, che Alleanza Nazionale è pronta a votare in Parlamento insieme alla maggioranza, che permetta l’espulsione di quanti non hanno una fonte certa di sostentamento. "Se non lavorano - ha detto Fini - non possono stare in Italia e noi voteremmo questo provvedimento". Il presidente di An ha sottolineato che non è giusto criminalizzare tutto il mondo degli immigrati, anche perché l’aggressione alla donna è stato denunciato proprio da una connazionale dell’aggressore, ma anche sottolineato che in tutti i Paesi europei chi delinque o non ha un lavoro viene espulso. "Chiedo - ha insistito - che venga rispettata la legge. Gli insediamenti in questa zona vanno smantellati, sono mesi che lo diciamo e ora si doveva arrivare a questa tragedia per vedere delle iniziative. Basta con l’ipocrisia". Giustizia: Borghesi (Idv); la proposta di Fini è positiva...
Adnkronos, 2 novembre 2007 Nota
di Antonio Borghesi, deputato dell’Italia dei valori: “Giudico positivamente
la proposta del leader di An, Gianfranco Fini, di estendere il provvedimento di
espulsione ai comunitari ed extracomunitari che non dimostrano di beneficiare di
una fonte di sostentamento legale e adeguata. Per questo, intendo proporre al
gruppo Italia dei Valori di presentare un emendamento in sede di conversione in
legge del decreto legge sulla sicurezza. Ritengo,
inoltre - prosegue il deputato -, che la firma di una convenzione con i paesi
esteri in tal senso potrebbe aiutare ad affrontare l’annosa questione del
sovraffollamento dei penitenziari che, secondo dati ufficiali, vedrebbe in gran
parte detenuti di provenienza estera. Questi accordi internazionali - spiega
Borghesi - dovrebbero prevedere l’espulsione dei criminali stranieri sin dalla
fase di detenzione preventiva fino a quella di condanna, così da ridurre
concretamente ed efficacemente il numero di detenuti in Italia pur garantendo lo
svolgimento di un adeguato processo e l’opportuna detenzione cautelare dei
soggetti incriminati”. Giustizia: Sappe; espulsione per tutti i detenuti stranieri
Apcom, 2 novembre 2007
"Quella dell’immigrazione è una emergenza anche penitenziaria, rispetto alla quale auspichiamo decisi interventi da parte del Governo come, ad esempio, l’espulsione obbligatoria di tutti i cittadini stranieri detenuti. Alla data del 30 settembre scorso i detenuti stranieri in carceri italiane erano infatti complessivamente oltre 17mila, a fronte di una popolazione carceraria complessiva allora di circa 45mila detenuti". A dichiararlo è, per conto della Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe (l’Organizzazione più rappresentativa della Categoria con oltre 12mila iscritti), il segretario generale Donato Capece. "Al 30 settembre 2007 avevamo, nelle nostre carceri, 7.000 detenuti comunitari, 8.300 provenienti da Paesi africani, 860 da Paesi asiatici, più di mille del continente americano e una cinquantina da quello oceanico. Questi detenuti potrebbero benissimo scontare la pena nei penitenziari dei loro Paesi, considerato che il loro numero complessivo incide notevolmente sulla popolazione detenuta. Sia benvenuta l’immigrazione onesta e lavoratrice, ma i delinquenti comunitari ed extracomunitari siano immediatamente espulsi e scontino la pena a casa loro! E spesso scontare la pena nel loro Paese non è come scontarla in Italia, dove abbiamo una legge penitenziaria all’avanguardia per quanto concerne il rispetto dei diritti umani". Il Sappe sottolinea, infine, che tra i detenuti comunitari, quelli rumeni ammontano a circa 2.700 presenze. Il Sindacato più rappresentativo della Polizia Penitenziaria auspica, quindi, "che Governo e Parlamento adottino con urgenza provvedimenti legislativi che impongano l’espulsione di tutti i detenuti stranieri e la previsione che la pena sia scontata nei Paesi d’origine". Giustizia: An; proposta di legge modificare la legge Gozzini
www.romagnaoggi.it, 2 novembre 2007
"La sicurezza è il problema più avvertito dagli italiani, perché l’attuale ordinamento giuridico, da un lato non garantisce la certezza della pena e, dall’altro, non assicura nessuna tutela alle persone offese dai reati". È quanto affermano in un ordine del giorno i consiglieri provinciali di Alleanza Nazionale Leopoldo Barbieri Manodori e Giuseppe Pagliani in un ordine del giorno, ricordando anche che "i parlamentari di An eletti in Emilia Romagna hanno presentato sia alla Camera che al Senato un disegno di legge volto a modificare la Legge Gozzini ed il cosiddetto patteggiamento". Tale disegno di legge in particolare contiene i seguenti i punti, richiamati nell’ordine del giorno di An: "Agli ergastolani i permessi premio potranno essere concessi dopo aver scontato 20 anni di carcere e non 10 come avviene ora; l’affidamento in prova al servizio sociale - che diviene in pratica una rimessione in libertà - dovrà essere concessa quando la pena da scontare non superi l’anno anziché i tre anni attualmente previsti; la detenzione domiciliare verrà prevista per gli ultra settantacinquenni e non per gli ultra settantenni; agli ergastolani non potrà essere concessa la semilibertà oggi prevista dopo vent’anni di carcere; viene abrogato l’istituto della liberazione anticipata che attualmente prevede per i carcerati e per quanti si trovano agli arresti domiciliari uno sconto di pena di 45 giorni ogni 6 mesi; per il patteggiamento si prevede inoltre che le persone offese debbano essere sentite dal giudice e che a loro possa essere concessa un’adeguata provvisionale e cioè un acconto sull’effettivo danno sofferto". Infine, l’impegno chiesto da Barbieri Manodori e Pagliani è di "attivarsi nei confronti dei presidenti delle commissioni Giustizia del Senato della Camera affinché questo disegno di legge venga calendarizzato ed esaminato con la massima urgenza". Giustizia: noi romeni sappiamo che in Italia non si va in galera di Anna Maria Greco
Il Giornale, 2 dicembre 2007
"In Romania si ha l’immagine dell’Italia come di un Paese dove si può infrangere impunemente la legge, senza finire in galera, senza pagare in alcun modo. Da noi non è così. Ecco perché tanti delinquenti vengono qui".
Signor Dumitru Ilinca, lei è responsabile per la comunità romena del Partito immigrati, ci spiega come si è formata quest’immagine? "Nel mondo criminale c’è un passaparola e il vostro Paese viene considerato quello dove tutto è permesso. Si sa che, anche se la polizia ti prende, poi in un modo o nell’altra riesci a uscire dal carcere. Pure l’indulto ha dato un messaggio sbagliato ai delinquenti. Come dire: "Venite, venite, tanto la farete franca"".
Invece, in Romania, è tutto diverso? "Certo. La legge viene rispettata. Se qualcuno la calpesta i poliziotti lo mettono in galera e non c’è nessun giudice che ha fretta di farlo uscire. Così, si ha paura di sbagliare. Qui da voi, questa paura non c’è".
Insomma, le nostre leggi non sono abbastanza severe e non c’è certezza della pena. Ma adesso c’è il nuovo decreto sulle espulsioni. "Non basta, l’importante è punire chi sbaglia. Nella vostra classe politica c’è un buonismo, un permissivismo esagerati. Vedo questo signore, il segretario del Pd, che si lamenta come un bambino debole. Ma come? Non è nella maggioranza nel governo e nel Parlamento? Perché questa maggioranza di centrosinistra non fa una legge diversa, perché non fa il suo dovere?".
Veltroni accusa il governo romeno di favorire l’esodo di migliaia di delinquenti. E chiede all’Europa di intervenire. "Sbaglia. Sposta le responsabilità. La verità è che in altri Paesi, come la Germania, l’Austria, l’Ungheria, i delinquenti romeni non ci vanno perché sanno che lì ci sono pene severe. Se qualcuno tra di loro chiede: "Dove conviene andare?", tanti gli rispondono: "In Italia, là si può rubare"".
Per lei che bisognerebbe fare? "Si dovrebbe guardare all’Europa come a un Paese grande e uniformarsi di più ad una normativa comune".
Cioè? "Per esempio: se si viene in Italia e non si dimostra dopo 3 mesi, per dire, di avere un lavoro, un reddito per mantenersi onestamente, si dovrebbe essere rispediti a casa. Io sono qui da 5 anni, lavoro, pago il mutuo per la casa e sto male quando sento che si fa di tutta l’erba un fascio. Non mi posso sentire in colpa perché ci sono dei criminali cui mi accomuna solo la stessa cittadinanza. Anche perché molti delinquenti sono dell’etnia rom, che è cosa diversa dall’insieme dei cittadini rumeni. Sono quelli che hanno più difficoltà ad integrarsi. Soprattutto qui, perché si permette troppo".
Insomma, è l’Italia che deve ispirarsi al modello Romania? "Dico che da noi la legge è più severa e i risultati si vedono. Quando si va in carcere, si sa che non si esce finché non si è scontata la pena e si lavora anche, non si sta mica sulle spalle della comunità. Così, quando si esce si ha anche un piccolo gruzzolo per potersi reinserire nella società. Non mi pare sbagliato". Perugia: Manconi; su morte Bianzino nessun insabbiamento
Ansa, 2 novembre 2007
Intervenendo alla trasmissione odierna di "Radio 3 Mondo", condotta da Edoardo Cimurri su Radio 3, il sottosegretario alla giustizia Luigi Manconi, parlando del caso di Aldo Bianzino, il cittadino trovato morto nel carcere Capanne di Perugia domenica 14 ottobre, ha detto di considerare che non esista "nessun pericolo di insabbiamento" e di considerare l’accertamento della verità un "punto d’onore irrinunciabile". Manconi ha aggiunto che la magistratura perugina che si sta occupando del caso "deve essere sostenuta nella sua opera di accertamento della verità " sulle cause e la dinamica della morte di Bianzino. La garante civile per i detenuti della provincia di Milano Patrizia Giardiello, intervenendo in trasmissione, ha detto essere imminente la nomina di un garante civile anche per la città umbra ma che comunque queste figure "hanno poteri limitati". Patrizio Gonnella presidente di Antigone ha ricordato che sull’istituzione di un difensore civico nazionale per i detenuti c’è invece un progetto di legge arenato al senato e che pure il progetto di legge sulla tortura è fermo al senato dopo l’approvazione alla camera. È intervenuto inoltre Sebastiano Ardita, direttore dell’Ufficio centrale detenuti e trattamento del Dap. Perugia: il 10 novembre manifestazione per Aldo Bianzino
Il Manifesto, 2 novembre 2007
La voce corrente è che tutto sia cominciato con una mail a www.perugialife.it, sito perugino di intrattenimento e non solo. Era il 20 ottobre ed erano passati sei giorni dalla morte nel carcere di Capanne di Aldo Bianzino, ucciso nella notte tra sabato e domenica nella cella dove era stato rinchiuso dopo l’arresto e dalla quale è poi uscito senza vita. La mail l’aveva spedita Tommaso Ciacca, un antiproibizionista storico della città umbra, dopo aver letto le cronache dei giornali. In men che non si dica sul suo messaggio "postato" erano arrivati un migliaio di contatti. È nata così, sotto traccia, la mobilitazione della gente che ha sentito, nella storia di Aldo, gli echi di una cultura del carcere che a Capanne si è declinata con la morte. E ne è uscito il "Comitato verità per Aldo Bianzino" dove c’è un po’ di tutto: Arci, radicali, amici di Aldo, associazioni e circoli. "Il comitato - spiega Luca Boccardini, uno dei promotori - è aperto a tutti senza distinzione". Ci sono forse anche quelli che intanto si sono indignati per il caso dei cinque "terroristi" spoletini arrestati con una mobilitazione di forze spropositata a quella che appare come un’operazione con gambe indiziarie molto fragili. Si moltiplicano le azioni di solidarietà: piccole e grandi iniziative nate in modo spontaneo ma sempre più organizzato. Tra le piccole c’è quella di Carla Fiacchi, ad esempio, un’insegnante di Perugia che si è portata a scuola tutti i giorni il giornale per far conoscere la vicenda di Capanne e raccogliere denari da mettere sul conto corrente intestato alla compagna e al figlio di Aldo. Tra le grandi c’è invece la manifestazione indetta per sabato 10 novembre a Perugia dal comitato. Una manifestazione che, nelle intenzioni degli organizzatori, vuol andar oltre le mura di Capanne e oltre quelle dell’Umbria. Nella testa dei promotori il 10 novembre sarà infatti un "appuntamento nazionale contro tutte le intolleranze, perché un paese intollerante - hanno detto ieri alle agenzie di stampa - tutto è tranne che un paese sicuro". Secondo il comitato "la vicenda di Aldo Bianzino sembra simile a quella di altri, vittime del proibizionismo e di una generale paranoia securitaria che agisce violentemente, psicologicamente e fisicamente. Dal G8 di Genova in poi - dicono - i comportamenti fuori dagli schemi vengono criminalizzati in nome di una sicurezza vista come maggiore controllo e non intesa come rispetto e garanzia di quei diritti che permettono una vita meno precaria, casa, reddito e salute". La manifestazione si svolgerà a partire dal primo pomeriggio di sabato e si articolerà in un corteo per le vie del centro storico. Appuntamento dunque tra una decina di giorni. Intanto, proprio mentre si decideva della manifestazione, nel carcere di Capanne si svolgeva la festa provinciale della polizia penitenziaria dedicata al patrono del Corpo, S. Basilide. Festa con cerimonia e presenza di poliziotti, funzionari e prelati come monsignor Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia che nella sua omelia ha invitato gli agenti di polizia penitenziaria a "non dimenticare mai di trovarsi in ogni caso davanti a delle persone umane, non dinanzi a degli individui. La persona - ha detto - è una realtà che pensa, che ama, che desidera la libertà, che desidera lo sviluppo". Parole sante. Ma nel carcere di Capanne qualcuno non ha fatto tesoro di questi insegnamenti. Sta ora alla procura, che sta indagando per omicidio, capire chi ha ucciso ma anche accertare le eventuali responsabilità di chi ha coperto una verità che stenta a venire a galla in una vicenda dai contorni ancora molto oscuri. Anche il direttore del carcere, Giacobbe Pantaleone vuole dire la sua. È la sua prima uscita pubblica: "Capanne non è un Hotel Ruanda". Assioma per ora difficile da dimostrare Roma: il convegno degli assistenti sociali della giustizia
Vita, 2 novembre 2007
Mercoledì 7 novembre, al Centro Congressi Cavour, via Cavour 50, a Roma, dalle ore 9.30 alle 17.30. Il grido che giunge dagli istituti penitenziari italiani su un probabile nuovo collasso rilancia il tema di un possibile incremento dell’utilizzo delle misure alternative per reati minori, e quindi della funzione rieducativa della pena, piuttosto che di quella repressiva, affidata al servizio sociali degli Uffici giudiziari territoriali Uepe. L’ordine nazionale degli assistenti sociali ha organizzato una giornata di confronto sugli scenari aperti dalle proposte di riforma che riguardano le misure alternative e, in particolare, l’affidamento in prova al servizio sociale, la misura alternativa al carcere, più conosciuta. Alla giornata partecipano i vertici dell’amministrazione della giustizia e i rappresentanti della professione, insieme a esponenti del mondo del volontariato e della magistratura di sorveglianza. L’affidamento in prova è la forma di esecuzione penale più "aperta" prevista dalla legge italiana, da ormai più di trent’anni; viene scontata completamente all’esterno della struttura carceraria, nella comunità, e ha come titolare del trattamento il servizio sociale, inserito nel sistema penitenziario dal 1975. Oggi gli Uepe - gli Uffici di servizio sociale per l’esecuzione penale esterna che dipendono dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria o Dap, che a sua volte risponde al ministero della Giustizia - sono ampiamente diffusi sul territorio, siedono ai tavoli in cui vengono elaborati i piani di zona insieme agli enti locali e ai soggetti del terzo settore, sono chiamati a collaborare dalle prefetture per le questioni della sicurezza, hanno rapporti costanti con le agenzie della società civile (volontariato, cooperazione sociale, privato no profit). Una galassia del controllo e del recupero ampia e collaudata che negli anni ha dato ottimi risultati, molto più della pena scontata in carcere, come dimostrato dai dati della stessa amministrazione penitenziaria. Secondo tali statistiche, infatti, i risultati sono positivi sia per quanto riguarda la percentuale di revoche dell’affidamento che si attesta, nell’ultimo anno, sul 4%, sia per il totale di revoche di tutte le misure alternative che raggiunge poco più del 6%. Tutto questo nonostante la crescita delle misure alternative sia stata costante ed esponenziale; dal 1991, quando i casi erano meno di 5mila, si è giunti nel 2005 a quota 45mila. Ma il dato più significativo è quello relativo alla recidiva: secondo una ricerca condotta dalla stessa amministrazione penitenziaria, per i sette anni che vanno dal 1998 al 2005, solo nel 19% dei casi vi era stata recidiva tra i soggetti affidati in prova al servizio sociale, contro la recidiva del 68,45% riscontrata per coloro che avevano scontato la condanna in detenzione e che erano stati scarcerati, a fine pena, nel ‘98. Proprio perché la domanda di sicurezza dei cittadini è diventata più forte e a questa domanda va data risposta da parte di tutti soggetti istituzionalmente coinvolti, l’Ordine degli assistenti sociali lancia attraverso le parole della presidente, Fiorella Cava, un messaggio chiaro e forte: "Vogliamo contribuire in ogni modo all’ammodernamento e alla riorganizzazione del sistema giustizia e appoggiamo l’intento di rafforzare la legalità sul territorio, ma non va dimenticato che tutto questo passa anche, e oggi forse soprattutto (vedi la questione del sovraffollamento carcerario) attraverso le sanzioni e le misure non detentive. Anzi esse vanno potenziate attraverso maggiori risorse finanziarie e un aumento dell’organico degli assistenti sociali che debbono rimanere le figure centrali e titolari del trattamento". Padova: lavoro; accordo tra Uepe e le cooperative sociali
www.padovanews.it, 2 novembre 2007
Il 31 ottobre, a Palazzo Moroni è stata posta la sigla sul protocollo d’intesa tra l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Padova e Rovigo (Uepe) e Confcooperative - Federsolidarietà Padova finalizzato a favorire l’inserimento lavorativo di persone in esecuzione penale esterna presso cooperative sociali. L’accordo nasce dalla convinzione che "il recupero e il reinserimento sociale di persone coinvolte in attività criminose possano essere raggiunti impegnando gli interessati in attività produttive e facendogli conseguire disponibilità economiche idonee a soddisfare i bisogni propri". Spiega Fabrizio Panozzo, Presidente Confcooperative - Federsolidarietà Padova: "Quello di oggi è un importante risultato, frutto di un lavoro iniziato un anno fa finalizzato a creare opportunità d’inserimento lavorativo in cooperative di tipo B per detenuti. L’idea di fondo era creare una sinergia per offrire possibilità lavorative/riabilitative fuori dal carcere e allo stesso tempo compiere la mission delle cooperative di tipo B, la cui finalità è l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. A Padova le cooperative di tipo B aderenti a Confcooperative sono 38, il 43% delle cooperative sociali." Per Ugo Campagnaro, Presidente Confcooperative Unione Interprovinciale di Padova e Rovigo: "Questo protocollo costituisce un progetto pilota che ora coinvolge le cooperative sociali ma che desideriamo venga allargato a tutte le cooperative. Il dato impressionante è che la recidiva dei reati cade dal 70% al 18% se i detenuti sono accompagnati in un progetto di recupero. Questo ci stimola ad attivarci, sia come cittadini che come cooperatori, per dare il nostro contributo alla comunità in termini di sicurezza sociale. È questo il concetto chiave che sta alla base di questo protocollo e che guiderà le nostre azioni future." Il nesso tra reinserimento sociale dei detenuti e pubblica sicurezza viene ripreso da Daria Morara dell’Uepe, Ufficio Esecuzione Penitenziaria Esterna: "Il lavoro rappresenta un aspetto fondamentale nella riabilitazione dei detenuti: le persone messe a misure alternative hanno una recidiva molto minore rispetto a quelle che non lo fanno. Prima dell’indulto nel giugno del 2007 l’Uepe si occupava di 250 persone detenute nella provincia di Padova, di cui 50 svolgevano un lavoro esterno, quasi esclusivamente in cooperative. Oggi i casi di nostra competenza sono circa 30, ma prevediamo un progressivo incremento. Vista l’esperienza positiva del passato l’Uepe ha agito per aumentare il numero delle cooperative di riferimento in vista degli inserimenti lavorativi, progetto che si avvia ufficialmente oggi con questo protocollo." A più riprese viene espressa l’importanza della qualità del lavoro ai fini dell’inclusione sociale. L’idea condivisa è che la vera riabilitazione avvenga quando si è gratificati dalla propria attività lavorativa e che le cooperative siano realtà in grado di rispondere a questa esigenza. L’esecuzione penale esterna tenta di superare quindi gli effetti deleteri della carcerazione, che spesso radicalizzano le scelte delinquenziali. Le misure alternative alla detenzione, forniscono opportunità di percorsi esistenziali affrancati dal crimine, offrendo maggiori possibilità di recupero delle persone, in un’ottica di prevenzione rispetto ai rischi di recidiva e pertanto di maggior sicurezza sociale. Bologna: un progetto sul basket nella Casa Circondariale
Comunicato stampa, 2 novembre 2007
"Pensare Basket", Associazione di appassionati bolognesi di pallacanestro, ha pensato di portare la pallacanestro all’interno della Casa Circondariale della Dozza per favorire, attraverso questo sport di squadra, la capacità dei detenuti d interagire e di relazionare con gli altri. Questo progetto viene realizzato in stretta collaborazione con la Direzione della Casa Circondariale di Bologna, nello specifico con la Direttrice Dott.ssa Ceresani, con l’A.Vo.C. (Associazione Volontari Carcere) e con il Patrocinio della Provincia di Bologna e del Comitato Regionale Pallacanestro (F.I.P.). Al progetto ha aderito con entusiasmo la Soc. Virtus Pallacanestro la quale, il prossimo 12 novembre, nella palestra della Dozza sarà presente con i suoi atleti e con gli allenatori per la promozione dell’iniziativa. Nei giorni successivi inizierà il corso per i detenuti sotto la guida di istruttori qualificati che si presteranno a ciò gratuitamente.
La segreteria A.Vo.C
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