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Giustizia: Prc; non voteremo questo "pacchetto sicurezza" di Davide Varì
Liberazione, 27 novembre 2007
Una boccata d’ossigeno, una dose di semplice, ma a quanto pare sempre più raro buon senso in questo clima emergenziale che divampa nella politica e nell’informazione italiana. Si parla di sicurezza - di che altro? È questa l’emergenza del momento - e l’occasione l’ha data il convegno organizzato da Rifondazione che si è tenuto ieri alla Camera dei Deputati e dal titolo emblematico: "La sinistra, i diritti, la giustizia e la sicurezza". Emblematico perché è proprio dal centrosinistra, dai vertici del piddì per la precisione, che è partita la nuova campagna securitaria. Una campagna che, come è noto, ha prodotto l’ormai famigerato "pacchetto sicurezza", approvato nel giro di 48 ore sotto l’effetto emotivo della morte di Giovanna Reggiani - la donna aggredita e uccisa a Tor di Quinto da un giovane rumeno - e grazie a un pressing senza precedenti del leader del piddì Walter Veltroni che in quei giorni pretendeva, e otteneva, risposte forti e immediate. E tra gli interventi più sorprendenti di ieri c’è stato quello di una collega di partito di Veltroni: Anna Finocchiaro. La capogruppo del piddì ha infatti spiazzato la platea parlando di "deriva securitaria", di "clima emergenziale", di "percezione di insicurezza più alta di quanto non sia nella realtà", di "semplici lavavetri, spesso dei bambini, trattati come criminali" e così via. Insomma, un intervento che è suonato come una critica radicale e senza appelli al suo partito e ai "suoi" sindaci: su tutti quello di Firenze, Leonardo Domenici e quello di Bologna, Sergio Cofferati, i due che più di ogni altro si sono impegnati nella battaglia contro lavavetri, writer e così via. Tanto radicale e critico l’intervento di Finocchiaro che qualcuno tra la platea ha iniziato a chiedersi se la senatrice non stesse pensando al grande salto tra le fila della cosiddetta sinistra radicale. Del resto, è noto, Finocchiaro ha gradito molto poco l’entrata a gamba tesa di Veltroni su quel pacchetto e ieri non ha fatto nulla per nascondere il suo malumore. Ma al di là delle schermaglie tra piddini, il convegno ha rappresentato una nuova occasione per riorganizzare un fronte comune della sinistra contro questa deriva: "Non voteremo mai un pacchetto del genere", ha dichiarato il capogruppo di rifondazione al Senato, Giovanni Russo Spena; "Senza modifiche non si vota", ha fatto eco Cesare Salvi, capogruppo al Senato di Sd. "Bisognerebbe vietare la discussione di provvedimenti del genere nelle ore successive un fatto di cronaca", ha poi sottolineato lo stesso Salvi, in riferimento alla strana dinamica di quel pacchetto. Gennaro Migliore, capogruppo alla Camera di Rifondazione, ha poi sottolineato la deriva della politica che si riduce a semplice amministrazione che, "portata alle estreme conseguenze non può far altro che diventare amministrazione basata solo sulla paura". Grosso modo gli stessi toni e le stesse preoccupazioni denunciate da Giuliano Pisapia il quale ha esordito niente meno che con un motto di Gustavo Zagrebelsky, non propriamente un giacobino: "Non si è mai abbastanza attenti alla necessaria difesa delle garanzie costituzionali". E secondo Pisapia il problema è proprio questo: "Non possiamo assistere alla negazione delle garanzie fondamentali, né accettare questo clima emergenziale che fa apparire come non troppo gravi scelte politiche, nella realtà, così discriminatorie". Un’idea di come si sia arrivati a questo punto ce l’ha Roberta Fantozzi della segreteria nazionale del Prc: "Mi limito a riportare la cronaca dei fatti - ha detto Fantozzi: il 31 aprile sul Corriere esce un sondaggio che parla di due italiani su tre favorevoli alla nuova legge sull’immigrazione Amato-Ferrero. Poi su Repubblica esce la lettera del famoso elettore di sinistra che parla di invasione dei rom e migranti, il tutto mentre Sarkozy inveisce contro la teppaglia delle Banlieue parigine in rivolta. Da lì una campagna stampa a favore del pugno duro e un nuovo sondaggio che, come per miracolo, illustra le nuove paure degli italiani: il 50% di loro pensa infatti che i migranti siano solo un problema". Le conclusioni spettano Paolo Ferrero. Il ministro della Solidarietà è tornato sulla dinamica di quel decreto rivendicando l’importanza di aver bloccato la convergenza tra piddì e centrodestra. Poi un accenno ai fatti di Cittadella, il paese della famosa ordinanza che vieta la residenza ai migranti senza contratto di lavoro: "L’ordinanza di Cittadella non passerà mai perché le badanti che vi soggiornano sono lì in nero e continueranno a stare lì e in nero". Come dire, al di là dei proclami c’è un dato di fondo: abbiamo bisogno dei migranti. Giustizia: il braccialetto elettronico, "l'alternativa al carcere"
Comunicato Sappe, 27 novembre 2007
L’alternativa al carcere? Il braccialetto elettronico. Ne è fermamente convinto il Sindacato autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, l’Organizzazione più rappresentativa della Categoria con 12mila iscritti, che nel numero di novembre della propria Rivista "Polizia Penitenziaria - Società, Giustizia & Sicurezza" dedica all’argomento uno speciale di 8 pagine curate dal direttore editoriale Giovanni Battista De Blasis. La Rivista, in corso di distribuzione agli iscritti, agli Istituti e servizi penitenziari ed alle Autorità istituzionali e politiche del Paese, è consultabile anche sul sito internet del Sindacato, all’indirizzo www.sappe.it. Scrive De Blasis, citando un recente convegno dell’Istituto superiore di studi penitenziari di Roma sul tema di una nuova politica della pena: "Più o meno tutti hanno condiviso il sostanziale positivo bilancio dell’applicazione delle misure alternative alla detenzione ed hanno rilanciato la necessità di una maggiore estensione di tali misure. Grazie ai dati forniti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sono emersi diversi elementi degni di riflessione. Serve anche un ripensamento sul ruolo delle forze di polizia che hanno troppi compiti per poter assolvere al meglio anche all’impegno di sorveglianza dei condannati che beneficiano delle misure alternative. Va da sé che qui si allaccia il ragionamento sull’impiego della Polizia Penitenziaria negli Uepe e sull’affidamento al Corpo del controllo delle misure alternative con le stesse funzioni demandate oggi alla Polizia di Stato ed ai Carabinieri, che così potrebbero essere restituiti ai propri compiti istituzionali (come il controllo del territorio e la prevenzione e la repressione dei reati), a tutto vantaggio dell’intera popolazione. E allo stesso tempo, a mio avviso, va rilanciata la questione del braccialetto elettronico come strumento di ausilio al controllo. Ricordiamo, infatti, che con la legge 19 gennaio 2001, n. 4, fu introdotta, per la prima volta in Italia, la possibilità di far ricorso all’uso del braccialetto elettronico per i detenuti ammessi alle misure alternative alla detenzione. Purtroppo, però, dopo un breve periodo di sperimentazione su un limitato numero di soggetti, si è persa ogni traccia del dispositivo e, dal novembre del 2006, non vi sono più persone in Italia che utilizzano il braccialetto elettronico. Eppure lo stesso strumento è stato adottato con successo in molti altri Paesi come gli Stati Uniti, l’Australia, il Canada, la Svezia, la Svizzera, la Germania, l’Inghilterra, la Francia e la Spagna. In Inghilterra, in particolare, il braccialetto elettronico è stato sperimentato nel 1995 e dal 1997 in poi oltre centotrentamila persone hanno usufruito della detenzione domiciliare monitorata elettronicamente. Il dispositivo di controllo è stato poi adottato anche nei confronti degli hooligans sottoposti a diffida e, dal 2002 è stata estesa l’applicazione ai minorenni. Dal 2004 è stata avviata una sperimentazione per i casi di pedofilia e violenza domestica. Sempre in Inghilterra è stata di recente annunciata la volontà politica di ricorrere ad un provvedimento di clemenza (indulto o amnistia) previa applicazione della sorveglianza domiciliare mediante braccialetto elettronico. La percentuale di successo della misura si è attestata intorno al novantasette per cento e, attualmente, c’è una media di tredicimila detenuti al giorno sottoposti al controllo. Questi dati dovrebbero essere più che sufficienti per indurre il nostro Governo a rilanciare, fin da subito, l’applicazione di questo dispositivo di controllo. Ovviamente, visto il fallimento dell’iniziativa condotta dal Ministero dell’Interno, appare conditio sine qua non che anche la gestione del braccialetto elettronico passi tout cort al Ministero della Giustizia e al Corpo di Polizia Penitenziaria. A beneficio di tutti ho voluto approfondire l’argomento nelle pagine a seguire, dove viene pubblicato uno speciale dossier sul braccialetto elettronico. Uepe: nuovo DM, diktat dell’Amministrazione Penitenziaria
Comunicato Confsal-Unsa, 27 novembre 2007
Il diktat dell’Amministrazione è giunto: archiviate le elezioni delle Rsu, ora si scoprono le carte. Nelle assemblee tenute negli Uepe nelle scorse settimane, di cui sono testimoni i numerosi colleghi intervenuti, avevamo facilmente previsto ciò che venerdì 23 novembre si è puntualmente materializzato. Che tempistica! Ad urne ancora "calde", durante la conta dei voti delle Rsu, la tregua è scaduta: ora che la posta in gioco è al riparo dalle "turbative elettorali" , si gioca a carte scoperte. Il Dap ha inoltrato l’ennesimo DM sull’impiego negli Uepe della Polizia Penitenziaria. Il peggio è arrivato? Purtroppo no. I tempi di azione sono sicuramente inappropriati e dimostrano che il freno (temporale) finora malcelato era, soprattutto, mal sopportato ed il risultato di strategie politiche. Si rileva la perentoria modalità di condurre le relazioni sindacali che si evince nel diktat finale imposto dall’Amministrazione che conclude la nota di trasmissione con: "tanto premesso, in assenza di osservazioni, da far pervenire entro 7 giorni dalla ricezione presente, si darà avvio al perfezionamento del decreto". Ricordiamo che l’ultimo incontro si era concluso con le parole del Presidente Ferrara, che riassumendo le posizioni dei vari sindacati, etichettava gli schieramenti in Organizzazioni sicuramente a favore, contrarie e alcune indecise. Ed aveva aggiunto che senza un ampio consenso avrebbe potuto accantonare il progetto ma tale conseguenza non avrebbe consentito la richiesta di organico di altro personale di Polizia Penitenziaria. Ci viene da pensare che gli indecisi o non erano tali o hanno dato il loro consenso in sede non ufficiali, tant’è. La Confsal-Unsa, sindacato coerentemente autonomo, ribadisce la propria contrarietà ad un progetto non utile per motivi del tutto evidenti: impropria spesa di risorse a favore di "un’esigenza di controllo" (oggi svolto da altre forze di polizie) rispetto ad un servizio, l’Ufficio di Servizio Sociale, da anni depauperato di risorse e personale; il cedimento ideologico e storico (la legge Gozzini è un esempio ancora oggi per altri paesi europei) dell’Amministrazione verso l’aumento di controllo, esigenza che viene scollegata dalla funzione trattamentale proprio da un dipartimento che ha tecnici di valore che possono rimodulare e novellare in senso ampio, e sullo sfondo di un progetto di rinnovo, l’intervento rieducativo - risocializzante perno dell’esecuzione penale; l’inopportuno investimento su un progetto che non appare prioritario in quanto ad oggi l’apporto, che dovrebbe essere svolto dalla Polizia Penitenziaria, è già espletato da forze di polizia locali che conoscono e agiscono sul territorio con una profonda conoscenza dei fenomeni e delle dinamiche locali; storno di personale di polizia dall’interno delle carceri, ove l’aumento di ristretti a breve raggiungerà il numero pre-indulto, per un loro improprio inserimento negli Uepe senza un’obiettiva necessità; aumento delle dinamiche di contrapposizioni tra personale civile e personale di polizia penitenziaria (non sarà sufficiente l’inserimento di un esperto, peraltro non definito, ex articolo 80 della legge 354/1975; dubbia legittimità dello strumento adottato, il DM, rispetto alla normativa vigente di rango superiore. Ci fermiamo solo per brevità di esposizione. La Confsal-Unsa ritiene che le ipotesi di partenza del progetto appaiono deboli ed infondate, tale variabile inesorabilmente dovrebbe far recedere dal porre in essere il progetto conseguente. Il buon senso non sembra tuttavia prevalere ma le verifiche, se obiettive, non potranno che pesare come un macigno in termini di responsabilità. La recidiva e l’aumentata sicurezza non ci sembrano si possano ridurre con un siffatto impianto. Non si può imporre una riforma forzata e di parte a tutto il personale senza aver neppure il consenso della maggioranza delle OO.SS. che rappresentano il personale civile: si lasciano scorie sul terreno prime di incominciare qualsiasi processo costruttivo. Sul merito del DM, ove siamo invitati ad esprimerci, rileviamo che abbiamo sollevato diverse eccezioni che non sono state recepite, infatti: ritroviamo il nucleo negli Uepe e non nei provveditorati; all’articolo 1 del DM vengono estese le competenze della polizia penitenziaria in merito a tutte le misure alternative in virtù della legge 395/90 articolo 5, ma da un’attenta rilettura dell’articolo in parola non si ravvisa esplicitamente tale previsione; al punto 2, quindi soltanto nella fase di sperimentazione il nucleo ha competenza solo sulla detenzione domiciliare; al punto 3 il DM detta addirittura le condizioni in merito alle prerogative del tribunale di Sorveglianza (definite per legge) il quale "può, inoltre, disporre che le attività di verifica indicate al punto 2, sia svolta nei confronti di persone affidate in prova al servizio sociale. Non ci troviamo di fronte ad un ulteriore conflitto di fonti normative; all’articolo 1 vengono richiamate le funzioni in termini di esecuzione penale esterna della polizia penitenziaria; la premesse ed i compiti del Magistrato di Sorveglianza appaiono delimitate da coloro che ad oggi adempiono all’esecuzione penale, invertendo la prassi ma soprattutto la ratio della norma generale. Per quanto sopra la Confsal-Unsa ha chiesto al Dap la convocazione delle OO.SS. per sanare un operato improprio e inopportuno e per rivedere nella portata complessiva, se non accantonare, un progetto allo stato inefficace ed inutile. Infine, fatto non secondario, l’impianto parziale dell’intervento circoscritto su alcuni sedi pone una discrasia evidente: una disparità di trattamento verso le persone che sono nelle medesime condizioni. Infatti le persone che sono soggette alle misure alternative alla detenzione nelle sedi del progetto saranno oggetto di controlli diversi e maggiori rispetto all’utenza di altri luoghi: non viene vanificato il dettame centrale del nostro sistema giuridico, e non solo, che "la legge è uguale per tutti? In assenza di un positivo riscontro e, soprattutto, di una maggiore sensibilità dell’Amministrazione verso l’area penale esterna, la Confsal-Unsa preannuncia l’indizione di un prossimo stato di agitazione di tutto il personale.
Il Segretario Nazionale, Roberto Martinelli Minori: Daniela Melchiorre presenta progetto telemedicina
Comunicato Stampa, 27 novembre 2007
Alle ore 12, presso la Sala del Parlamentino del ministero, conferenza stampa del sottosegretario alla Giustizia Daniela Melchiorre per il lancio del progetto di telemedicina Shuttle 18, dedicato agli altrettanti istituti penali per minorenni sul territorio. Alla presentazione partecipa Leopoldo Genovesi, amministratore delegato della società Telbios, partner dell’iniziativa, una delle più importanti aziende italiane che si occupa di telemedicina e che metterà a disposizione del progetto le sue moderne tecnologie. Il progetto di telemedicina Shuttle 18, fortemente voluto dal sottosegretario Melchiorre che ha promosso l’iniziativa, ha l’obiettivo di contribuire a migliorare la qualità dell’assistenza medica all’interno degli istituti penali per minorenni, così da ottenere un servizio sanitario efficiente ed innovativo. "Ci stiamo impegnando per attuare un programma di prevenzione e cura più moderno - afferma Daniela Melchiorre - in un’ottica di crescita civile, mirato a tutelare la salute dei minori ristretti non solo modernizzando la gestione sanitaria degli istituti penitenziari, ma nello stesso tempo ottimizzando le risorse economiche a disposizione". Padova: casa circondariale, interrogazione On. Valpiana
Il Gazzettino, 27 novembre 2007
Sindacati e parlamentari si mobilitano per cercare una soluzione alla difficile situazione della casa circondariale di via Due Palazzi dove sono reclusi 192 detenuti (fonte Cgil) in attesa di giudizio, a fronte di un livello ottimale che sarebbe di 80 e di uno "tollerabile" di 160. Per contro, sempre secondo la Cgil, che nei giorni scorsi ha compiuto una visita nel carcere su sollecitazione degli operatori sociali, l’organico della polizia penitenziaria sarebbe carente di almeno 40 unità. Sulla base di queste considerazioni, la segreteria cittadina della Cgil ha inviato una lettera allarmata al ministro della Giustizia, Clemente Mastella, e al capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Sulla casa circondariale di Padova è intervenuta con un’interrogazione al Guardasigilli anche la parlamentare Tiziana Valpiana (Rc-Se), che ha chiesto al ministro se sia a conoscenza delle "gravi condizioni di disagio che caratterizzano la vita penitenziaria nel carcere di Padova". Napoli: un appello dal carcere, più dialogo tra le religioni
Il Mattino, 27 novembre 2007
Ci sono 220 detenuti nella cappella del carcere di Poggioreale per parlare di pace e di dialogo. Arriva improvvisa la notizia della libertà per un detenuto spagnolo che torna a casa dalla sua bambina. È festa per tutti. "Il carcere - dice Stefania Tallei, coordinatrice della campagna internazionale per la moratoria della pena di morte promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, che ha ottenuto fino ad ora più di 5 milioni di adesioni - è lo specchio della vita, è il luogo dove convivono culture e religioni, dove sogni e speranze aspettano di realizzarsi, dove si vive la gioia e il dolore degli altri". Ecco il motivo dell’incontro promosso da Sant’Egidio, su "Cristiani, ebrei e musulmani: come vivere insieme?": un’occasione per sperimentare una convivenza possibile. Al tavolo dei relatori, con la Tallei, Rachid Amaida, Imam di Salerno e membro della Consulta per l’Islam italiano presso il ministero dell’Interno e Alberta Levi Temin, scampata a Roma il 16 ottobre del ‘43 alla deportazione degli ebrei. "In carcere si può imparare a rispettare il diverso da sé - aggiunge la Temin-. Si può pensare ad una piramide con facce diverse ma che hanno la stessa distanza dalla punta: ecco le diverse religioni che devono credere nel dialogo". I detenuti sottoscrivono l’appello conclusivo del meeting interreligioso e si danno appuntamento - ebrei, musulmani, cristiani - per il pranzo di Natale. Agrigento: ministro Mastella inaugura nuovo carcere Gela
Ansa, 27 novembre 2007
Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, è giunto in visita ufficiale a Gela, per ricevere le chiavi del nuovo carcere realizzato in contrada Balate. Prima di recarsi in municipio, il Guardasigilli è andato in Tribunale per incontrare i magistrati che da tempo chiedono la copertura della pianta organica delle cancellerie, ancor prima di quella del personale giudiziario. La casa circondariale è composta da 48 celle, dotate di bagno e predisposte per ospitare due detenuti ciascuna. Dunque, una prigione alquanto piccola, capace di contenere meno di un centinaio di reclusi. Il nuovo carcere è costato cinque milioni di euro. Televisione: ministro Mastella contro "fiction" su Totò Riina
Corriere della Sera, 27 novembre 2007
Mastella contro "Il capo dei capi". Il ministro: "Andrebbe fermata. Si inneggia a Riina, mi spaventa". Dopo aver rinviato la fiction il ministro della Giustizia Clemente Mastella prende di mira un altro prodotto della tv. Ad essere criticata dal Guardasigilli questa volta è la seguitissima miniserie per la tv Il capo dei capi, dedicata alla storia del boss mafioso Totò Riina. "Andrebbe sospesa" ha detto il Guardasigilli a Gela, Caltanissetta, dove ha incontrato i vertici della Magistratura. "Manca - ha aggiunto - quell’aspetto educativo che rimanda ai valori di una società sana". Per la conclusione della fiction (in onda su Canale 5 da cinque settimane) manca una puntata: l’ultima della miniserie è in programma giovedì prossimo. "Il capo dei capi è un farabutto. Non credo si possa battere la mafia se non crescono i valori nella società. Quando si inneggia a un camorrista, a un mafioso, questo mi spaventa" ha detto Mastella. Tornando a parlare dello stop alla fiction La vita rubata, sulla vita di Graziella Campagna uccisa dopo aver identificato un boss latitante. il ministro ha spiegato: "Io ho fatto da postino rispetto ad una richiesta che veniva dal presidente della Corte d’Appello di Messina. L’ho girato al direttore generale della Rai, al presidente della commissione di Vigilanza e il direttore generale ha preso le sue buone misure". Piccola manifestazione contro il Guardasigilli nel paesino nisseno. Uno striscione con la scritta "Imbavagliati come De Magistris" ha atteso il ministro della Giustizia Clemente Mastella all’uscita del Tribunale di Gela. Lo striscione era tenuto dagli "Amici di Beppe Grillo" di Caltanissetta che erano imbavagliati. "Il ministro Mastella dovrebbe occuparsi di fare funzionare i processi o degli effetti dell’indulto, piuttosto che pensare alle fiction". Così il sindaco di Corleone, Antonino Iannazzo, ha risposto al Guardasigilli che, giudicandola "diseducativa", ha sollecitato la sospensione della fiction sul boss Totò Riina. "A me non sembra che il programma sia diseducativo - ha aggiunto - anche se l’effetto emulativo è sempre possibile: al mondo ci sono anche quelli che inneggiano a Satana, ma sicuramente si tratta di una minoranza. Resta il fatto che uno Stato in cui c’è la libertà di stampa non dovrebbe censurare". Iannazzo, anche accogliendo le richieste di alcuni giovani corleonesi, ha organizzato per martedì una marcia "che testimoni - dice - come in tanti a Corleone non solo non si riconoscono in Riina, ma lo ritengono un personaggio assolutamente negativo". Alla manifestazione parteciperà anche l’attore Daniele Liotti, che, nella fiction, è l’unico personaggio inventato: Biagio Schirò, giovane corleonese che diventa poliziotto e sceglie lo Stato. Teatro: quando i detenuti mettono in scena la Resistenza
Redattore Sociale, 27 novembre 2007
L’istituto penitenziario di Castelfranco Emilia diventa il palcoscenico, dal 5 al 9 dicembre, di uno spettacolo gratuito ispirato alla lotta antifascista e alle figure femminili di Teresa Monari e Irma Marchiani. Il teatro "dietro le sbarre". Dal 5 al 9 dicembre, alle 21 nel carcere di Castelfranco Emilia, andrà in scena lo spettacolo "Donne e Resistenza. Creature d’azione". Si alza il sipario su un progetto di integrazione sociale che vede coinvolti l’istituto penitenziario modenese, il Teatro dei Venti (un centro di ricerca teatrale che collabora anche con il Centro servizi per il volontariato di Modena tenendo alcuni laboratori per anziani, bambini e stranieri) e il Comune di Castelfranco Emilia, che hanno deciso di invitare il pubblico in un luogo "fuori" dai percorsi istituzionali. Il carcere di Castelfranco Emilia diventa così il palcoscenico per un esperimento che vuole avvicinare la gente alla casa di reclusione modenese e al suo significato sul territorio. Ma la collaborazione tra il Teatro dei Venti e l’istituto penitenziario non è nuova: da più di un anno, infatti, sono stati attivati alcuni laboratori all’interno della casa di reclusione e a giugno il progetto "Frammenti", che ha coinvolto alcuni detenuti, è arrivato in finale al Premio Ustica per il teatro. Lo spettacolo, realizzato con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, è ispirato alle vicende della lotta antifascista e alle figure femminili di Teresa Monari e Irma Marchiani, due staffette partigiane dell’Appennino modenese che hanno preso parte, seppure in modi diversi, alla seconda guerra mondiale. Ma "Donne e Resistenza. Creature d’azione", oltre a raccontare due modi differenti di vivere un preciso momento storico, vuole essere uno spunto anche per affrontare altri argomenti come ad esempio la persecuzione degli uomini liberi, la lotta per non estinguere i propri sogni e per non far morire le proprie ideologie, la resistenza all’immobilità dell’anima. Il testo è frutto di una ricerca, durata quasi 3 anni, e che si è avvalsa della collaborazione del Centro documentazione donna e dell’Istituto storico di Modena. Lo spettacolo (gratuito) si ispira infatti ad alcuni documenti storici, come le "Lettere di Irma Marchiani (Anty), partigiana combattente, Medaglia d’oro al valor militare" (tratte a sua volta dalle "Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana"), o ad alcuni brani letterari come "La passion de Jeanne d’Arc" di Carl Theodor Dreyer, "Un uomo" di Oriana Fallaci, "Prometeo incatenato" di Eschilo e l’opera di Anton Cechov "Il reparto n° 6". E parte fondamentale dello spettacolo (interpretato da Alessandra Amerio, Francesca Figini, Antonia Massimini e Antonio Santangelo per la regia di Stefano Tè) saranno le musiche di Pino Dieni, eseguite dal vivo, insieme ad alcuni canti degli anni ‘40. Per informazioni e prenotazioni (obbligatoria): tel. 059 3091011, e-mail: info@teatrodeiventi.it; l’istituto penitenziario di Castelfranco Emilia è in via Forte Urbano 1. Immigrazione: Cittadella cerca il via-libera dalla Regione di Claudio Pasqualetto
Il Sole 24 Ore, 27 novembre 2007
Il "caso" Cittadella arriva oggi sul tavolo della Giunta regionale del Veneto. Lo porta Massimo Giorgetti, An, assessore alla sicurezza dei cittadini, con l’intento di incassare un via libera tecnico-politico alle ordinanze dei sindaci in materia di immigrazione. Giorgetti fa sapere che non ci potrà essere un diktat su come si devono comportare tutti i Comuni; si lavorerà piuttosto su una serie di indicazioni che permettano di superare alcuni dubbi normativi che tuttora aleggiano sui provvedimenti presi, fornendo così assistenza anche ai Comuni più piccoli che non si possono permettere una consulenza legale. Una sorta di atto di indirizzo, quindi, che chi vuole potrà utilizzare, ma che ha l’obiettivo dì armonizzare il più possibile il comportamento dei primi cittadini del Veneto. La proposta non dovrebbe trovare troppi ostacoli U governatore Giancarlo Galan ieri ha ribadito che, pur respingendo ogni forma di intolleranza e di razzismo, bisogna "saper essere duri e fermi nel più determinato rifiuto della criminalità, osservando la stessa durezza e fermezza anche contro coloro che sfruttano il lavoro dei cittadini comunitari o extracomunitari". Per una linea dura verso chi mette in discussione l’azione dei sindaci è il suo vice, il leghista Luca Zaia, che parla di una "situazione assurda in cui, al posto di perseguire i veri criminali, si impiegano energie per occuparsi dell’ordinanza di un sindaco fatta nel rispetto della legge". La mediazione della Regione punterà a superare i punti di debolezza dell’ordinanza del sindaco di Cittadella che, secondo vari esperti, risiedono nel progetto di creazione di una commissione cui affidare il compito di vagliare le richieste di nuova residenza. Il sindaco di Verona, Flavio Tosi, nel suo provvedimento, ha aggirato il rischioso passaggio e ha scelto di rinviarlo allo Stato: verrà chiesto a Questura e Prefettura un via libera su ogni singola domanda di residenza "a rischio". Su questa linea anche una proposta di direttiva approvata ieri dall’Udc e che sicuramente arriverà oggi sul tavolo della Giunta regionale: nessuna commissione ma l’invito ad applicare le disposizioni legislative generali esistenti. E se il Governo già domenica aveva ammesso ufficialmente che il problema esiste e che per risolverlo serve un adeguamento della normativa europea, a gettare benzina sul fuoco delle polemiche ieri è arrivata da Bruxelles la notizia di un’interrogazione presentata da un gruppo di euro-parlamentari di Prc, Pdci, Verdi e Sinistra democratica, in cui si chiede alla Commissione europea se l’ordinanza di Cittadella "non sia in palese contrasto con lo spirito e la lettera della legislazione europea". Secca la replica di Galan. "Questi eurodeputati - dice - non solo operano contro il movimento dei sindaci, contro ogni buon senso, contro ogni minima forma di controllo sociale, ma operano anche contro tutti coloro che cercano di fronteggiare, in nome della civile convivenza e del diritto alla sicurezza, l’incontrollabile fenomeno dell’arrivo in Italia di decine di migliaia di cittadini comunitari ed extracomunitari". Droghe: Ferrero; governo disattende programma elettorale
Notiziario Aduc, 27 novembre 2007
Dura autocritica del ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, sulla politica del Governo sui problemi della droga e dell’alcol. "Né sull’alcol né sulla droga non si è mai arrivati neppure ad una discussione all’interno del consiglio dei Ministri", ha affermato Ferrero, sottolineando come nell’Unione esista "un problema politico". "Non siamo ancora riusciti a discutere della modifica della legge Fini-Giovanardi - ha osservato Ferrero a margine della presentazione della Relazione annuale 2007 sull’evoluzione del fenomeno droga in Europa -, nonostante ci siano due proposte di legge, una mia e del ministro della Salute Livia Turco". Per Ferrero il problema è che questo tema "fa parte del programma dell’Unione"; quindi, per il ministro, non si tratta soltanto di un rapporto fra le forze politiche ma "il Governo faccia le cose dette in campagna elettorale". Droghe: Milano; poliziotti in congedo controllano le scuole
Notiziario Aduc, 27 novembre 2007
A partire dalla settimana prossima, le associazioni poliziotti in congedo effettueranno un servizio di monitoraggio e controllo all’esterno di altri due istituiti superiori milanesi, i licei Giosuè Carducci e Albert Einstein. Lo comunica il vice Sindaco e assessore alla sicurezza Riccardo De Corato. A seguito di episodi di bullismo avvenuti in queste due scuole milanesi nei confronti di altri studenti, si è reso necessario il supporto degli ex poliziotti in pensione. La loro azione che contribuisce alla prevenzione di spaccio di droga e comportamenti illegali durante l’orario scolastico, sarà utile anche nel contrasto di questi fenomeni sempre più frequenti tra i giovani. Queste due scuole si aggiungono alle 46 già monitorate dagli ex poliziotti in un mese. Ricordo che la loro attività, iniziata il 15 ottobre dopo il nullaosta del Provveditorato e di Prefettura e Questura, ha già portato dei buoni risultati. Sono infatti già stati segnalati ai relativi commissariati della Polizia di Stato della zona e al reparto radio Mobile della Polizia Locale, sospette attività di spaccio e assunzione di sostanze stupefacenti rilevate all’esterno di tre istituti milanesi. Mentre in un quarto, sono state accertate presenze anomale di estranei. Droghe: Torino; PD e AN… insieme contro le narco-sale
Notiziario Aduc, 27 novembre 2007
Ancora un rinvio per la discussione della delibera favorevole alla creazione di narco-sale a Torino. Anche ieri sera, come era già avvenuto in altre cinque precedenti occasioni, in consiglio comunale è mancato il numero legale. Prima che iniziasse il dibattito il capogruppo del Pd, Andrea Giorgis, ne ha proposto il rinvio, imitato dal capogruppo di An, Agostino Ghiglia. Ma la sinistra ha insistito perché si iniziasse la discussione sulla delibera. Quando il presidente del consiglio comunale ha messo la voto la questione in sala non c’era un numero sufficiente di consiglieri. Sinistra democratica in una nota afferma che ciò è avvenuto per "l’uscita dall’aula dell’ala cattolica del Pd torinese". "Come sinistra esprimiamo il nostro disappunto di fronte ad un atteggiamento che continua a non permettere al consiglio comunale di esercitare la propria prerogativa democratica di voto". Ghiglia da parte sua chiede al sindaco Chiamparino di mettere "fine a questa vergogna che sta mettendo in ridicolo più la tragedia del dramma tossicodipendenza che una maggioranza sempre più a brandelli".
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