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Giustizia: il Papa oggi in visita all’Ipm di Casal del Marmo
Apcom, 18 marzo 2007
"Sono venuto volentieri a far visita al carcere minorile": con queste parole Benedetto XVI ha iniziato l’omelia nell’istituto penitenziale di Casal del Marmo, dove è giunto questa mattina in visita pastorale. Il Papa, dopo aver ringraziato il ministro della Giustizia Clemente Mastella, ha analizzato la figura del Figliol Prodigo. Benedetto XVI mette da parte i fogli, e presiede l’omelia a braccio per 15 minuti. "È l’amore di Dio che ci consola e ci dà pace specialmente nei momenti difficili della vita", scandisce il Pontefice. Parla del Figliol Prodigo e del suo cammino di conversione. "Voleva una vita libera da queste discipline, diceva di voler essere solo e avere la vita tutta e totalmente per sé, con tutte le sue bellezze". Questa "era la sua idea di libertà - prosegue il Papa - di fare ciò che voglio, di non essere nel carcere delle discipline e delle regole, di fare tutto ciò che mi piace, avere la vita con tutta la sua pienezza". La vita senza Dio non funziona, perché manca la luce, manca il senso di cosa significa essere uomo", ha poi detto Papa Ratzinger, incontrando questa mattina i 53 baby-detenuti del Carcere Minorile di Casal del Marmo. "I comandamenti di Dio - ha scandito Benedetto XVI - non sono un ostacolo alla libertà e alla bella vita, ma indicatori per capire quale è la strada dove andare e per trovare una vita piena. Occorre impegnarsi non per sé, ma per gli altri. Questo allarga la vita affinché il mondo cresca". Il Papa ricorda ai giovani detenuti che "gli errori che commettiamo, anche se grandi, non intaccano l’amore che Dio prova per gli uomini". È la prima volta che il Pontefice tedesco si reca in visita pastorale ad un carcere, tra i baby-detenuti. Benedetto XVI è stato accolto dal ministro della Giustizia Clemente Mastella, con il quale ha scambiato qualche battuta. Ad accogliere il Papa anche il cardinale Camillo Ruini, suo Vicario per la Diocesi di Roma. Nel carcere di Casal del Marmo sono reclusi 53 ragazzi, soprattutto stranieri che hanno accolto il Papa con un lungo e caloroso applauso. "Caro Papa, ci ha fatto tanto piacere la tua visita. Siamo rimasti di stucco quando ci hanno detto che tu saresti venuto. Non immaginavamo che una persona così importante come te potesse venire da noi": è iniziato così il commosso saluto di un giovane detenuto nel carcere minorile di Casal del Marmo, in rappresentanza di tutti i 53 baby-detenuti. Ci dispiace di aver commesso tanti sbagli - ha detto il giovane - anche se spesso non eravamo noi, ma c’era qualcun altro che ci spingeva a fare qualcosa di sbagliato. Sappiamo di dover pagare - ha aggiunto il ragazzo - ma il prezzo è elevato, qua dentro soffriamo molto. Speriamo che tu ci capisci e speriamo che quando usciremo da qui potremo dare una svolta alla nostra vita. Ci farebbe tanto piacere se tu tornassi - ha concluso il giovane - e speriamo di poter venire anche noi da te". Il Papa, commosso, si è voluto alzare per andare incontro al ragazzo. Benedetto XVI ha inviato in dono ai 53 giovani due grandi cesti ricolmi di cioccolata, biscotti e frutta candita. Giustizia: la visita del Papa all’Ipm momento per momento
www.korazym.org, 18 marzo 2007
Benedetto XVI all’istituto penale per minorenni di Roma: una messa e l’incontro con i 50 giovani detenuti. Il programma della visita e l’attesa della vigilia. Il cappellano: "A pagare in carcere sono sempre i più poveri e sprovveduti". È il principale istituto penale per minorenni della capitale: il carcere di Casal del Marmo sale alla ribalta per la visita di Benedetto XVI, che dopo la mensa della Caritas diocesana di Roma (il 4 gennaio scorso) arriva in un altro luogo simbolo della difficoltà. Cinquanta ragazzi e ragazze in tre palazzine, la gran parte stranieri, soprattutto rumeni, ma anche serbi, bosniaci, croati e macedoni. Si trovano "dentro" dopo aver commesso reati, per lo più contro il patrimonio: furto, furto aggravato e rapina le fattispecie più diffuse, ma ci sono anche un caso di violenza sessuale e uno di omicidio. Sono praticamente tutti in custodia cautelare: solo un paio di loro scontano una pena. Il tempo di permanenza in carcere è brevissimo, arriva al massimo a qualche mese. E infatti, a fronte di 50 presenze giornaliere, in un anno transitano a Casal del Marmo almeno trecento giovani. Storie difficili di chi certamente ha sbagliato, ma - ricorda alla vigilia il cappellano dell’istituto, padre Gaetano - "non dimentichiamo che a pagare in carcere sono sempre i più poveri e sprovveduti: colpevoli soprattutto di essere soli, senza famiglia, stranieri". Il programma della visita prevede l’arrivo del papa, in automobile, alle 9.20. Ad accoglierlo vi saranno il cardinal Camillo Ruini, vicario generale per Roma, il vescovo di zona mons. Benedetto Tuzia e il ministro della Giustizia Clemente Mastella, insieme alle autorità dell’amministrazione penitenziaria (Melita Cavallo, capo dipartimento giustizia minorile; Donatella Caponetti, direttore del centro giustizia minorile; Laura Grifoni, direttore a Casal del Marmo; l’ispettore Francesco D’Ortenzi, comandante del reparto di Polizia penitenziaria). Presenti anche l’ispettore generale dei cappellani, Giorgio Caniato, e il cappellano di Casal del Marmo, padre Gaetano Greco. Alle nove e trenta il papa celebrerà la messa nella cappella del Padre Misericordioso, alla presenza dei ragazzi del carcere, degli agenti di polizia penitenziaria, delle autorità civili e dei dipendenti dell’istituto. Una messa trasmessa in diretta televisiva su RaiUno e che sarà seguita nel Salone-teatro e in Palestra da quanti non avranno trovato posto nella piccola Cappella. È previsto in apertura di celebrazione il saluto di mons. Giorgio Caniato e di padre Gaetano Greco. Il papa pronuncerà l’omelia e al termine della celebrazione - prima della benedizione finale, riceverà il ringraziamento del ministro della Giustizia Mastella e del capo dipartimento per la giustizia minorile Melita Cavallo. Alle undici il papa si sposterà nella Palazzina Uffici dove saluterà un gruppo di autorità, fra cui il sottosegretario alla giustizia Daniela Melchiorre, la presidente del Tribunale per i minorenni di Roma Magda Brienza, il procuratore della repubblica presso il Tribunale dei minorenni Cefalo Ausili. Subito dopo il papa arriverà nella palestra, dove ad attenderlo ci saranno i ragazzi, gli agenti di polizia penitenziaria e i familiari. Al saluto della direttrice dell’istituto Maria Laura Grifoni e del comandante del reparto di Polizia penitenziaria ispettore Francesco D’Ortenzi seguiranno il saluto di un giovane e il discorso del papa. Al termine del quale Benedetto XVI saluterà personalmente tutti i ragazzi e una rappresentanza degli agenti di polizia e dei volontari. Il programma sarà serrato e prevede il congedo alle 11.35: in tempo per poter tornare in Vaticano per l’Angelus, come sempre previsto per mezzogiorno. Quella del papa è la prima sua visita ad un carcere: ha scelto quello di Casal del Marmo, che Giovanni Paolo II visitò nel giorno dell’Epifania del 1980: allora i ragazzi erano quasi tutti italiani, oggi le proporzioni si sono capovolte. Ma come allora resta lo sfondo di difficoltà, povertà, scarsa istruzione. "La visita di papa Ratzinger - ha spiegato alla vigilia il cappellano Gaetano Greco - significa un’attenzione particolare al tema dei giovani e degli adolescenti e in modo particolare di giovani che vivono situazioni di difficoltà e di disagio. E questo mi sembra di particolare importanza: mettere all’attenzione del mondo intero questa problematica". Sarà il cappellano ad illustrare a Benedetto XVI la storia, la vita e i ritmi di questa piccola comunità: un istituto nato 50 anni fa come casa di rieducazione, nel 1970 fu trasformato in istituto penale con la costruzione della cinta muraria. Tre palazzine, una femminile e due maschili, con attività scolastiche e formative, corsi di lingua, laboratori artigianali come tappezzeria, falegnameria, sartoria, ceramica. "C’è un’attesa frenetica da parte dei ragazzi - ha racconta padre Greco - sono curiosi ed entusiasti. Al papa i ragazzi chiederebbero la libertà, ma poi riflettendo con loro, si rendono conto che per loro è già importante sentirsi al centro dell’attenzione. Si aspettano cose buone in funzione della loro detenzione ma anche della loro libertà, possibilmente. E anche i ragazzi ortodossi e musulmani (molto pochi in questo momento) attendono con la stessa ansia". Un ringraziamento per l’attenzione che il papa presta alla condizione minorile e alla condizione carceraria è stato espresso anche dal ministro della Giustizia Mastella in un’intervista alla Radio Vaticana: "Gli siamo molto grati. Spero che verranno parole confortanti da parte del pontefice rispetto alla condizione dei giovani d’oggi, su come creare elementi di prevenzione perché non ci sia questo disimpegno morale che vediamo all’interno della realtà complessa del nostro Paese". Nessuna presa di posizione sulla proposta di abolire le carceri minorili: "Su questo ci sono orientamenti un po’ differenziati, scuole di pensiero le più varie e disparate: c’è anche chi vorrebbe invece abbassare la soglia per quanto riguarda la punibilità del minore. Questa strada non è la mia: questa è una scorciatoia che non porta frutti". "I giovani reclusi riceveranno da questa visita - ha invece affermato il sottosegretario con deleghe alla giustizia minorile Daniela Melchiorre - un messaggio forte e coinvolto, quello del cominciare da lì, dal carcere minorile, per riprendere la strada verso un futuro più giusto, messaggio che non riguarderà solo loro, ma tutta la società che deve dare fiducia a quei giovani che hanno le potenzialità per fare bene un domani con il loro reinserimento nella comunità. A questo proposito, desidero esprimere - ha anche detto Merchiorre - il mio più vivo compiacimento a tutti coloro che, in particolare nell’Istituto di Casal di Marmo, con dedizione circondano di cure e di attenzioni i ragazzi detenuti, che quotidianamente vengono preparati ad affrontare la vita, con onestà e maturità, una volta fuori dal carcere". Giustizia: il Papa all’Ipm; intervista al Cappellano e a Mastella
www.korazym.org, 18 marzo 2007
Fervono i preparativi al carcere minorile di Casal del Marmo di Roma per la visita di Benedetto XVI. Il Papa si recherà, domani mattina, all’istituto penitenziario, dove alle 9.30 celebrerà la Santa Messa. Poi, avrà un incontro con i ragazzi detenuti, circa una cinquantina, che gli offriranno oggetti artistici fabbricati con le loro mani nei laboratori di pittura, falegnameria e tappezzeria. Infine, leggeranno una lettera al Papa.
Per una testimonianza della gioia con la quale i detenuti vivono questo momento, Emanuela Campanile ha intervistato il cappellano del carcere minorile, padre Gaetano Greco: La vivono con molto entusiasmo: sono felicissimi di poter incontrare il Papa tante volte immaginato, visto da lontano, e invece ora sono in attesa di poterlo incontrare personalmente. Sono quindi felicissimi e si stanno preparando nel modo migliore.
Penso che essere cappellano di un carcere minorile aggiunga forse una responsabilità in più o una consapevolezza diversa ... Certamente sì. Anzitutto, proprio per il fatto che sono minori, quindi ragazzi in crescita per cui degni di tutte le attenzioni possibili. Quindi un cappellano si pone lì come colui che ascolta, colui che cerca di presentare, dopo averli ascoltati, anche agli altri operatori, gli aspetti positivi di ognuno di loro, in modo da poter formare un progetto adeguato alle loro necessità.
Si parla spesso delle difficili condizioni delle prigioni, della difficoltà anche di alimentare e far crescere l’aspetto spirituale, umano di queste persone. Per i ragazzi del carcere minorile, che cosa si fa o cosa si potrebbe anche fare di più? Anzitutto, le difficoltà che normalmente si sentono attraverso i media sulla realtà del carcere non hanno questa incidenza sulla realtà dei minori, anzitutto per un numero esiguo di ragazzi presenti all’interno delle istituzioni carcerarie minorili. E quindi, questo è già un grosso vantaggio! E quindi cosa si fa, nel carcere minorile? Il carcere è un luogo essenzialmente di attesa, perché i ragazzi vengono portati lì perché ci sono delle situazioni o con reati abbastanza pesanti o perché i ragazzi sono recidivi. All’interno del carcere ci si è organizzati per rendere possibilmente il meno pesante questa loro presenza, offrendo una gamma di servizi. Anzitutto l’accoglienza individuale di ogni ragazzo, con l’attenzione alle sue necessità primarie, in modo particolare l’attenzione alla persona. Si cerca di riempire la loro giornata indirizzandoli verso una serie di attività che l’Istituto propone: attività formative con il recupero scolastico per coloro che debbono recuperare la scuola; per alcuni di loro, l’alfabetizzazione, per altri l’inserimento in laboratori vari: dal laboratorio di falegnameria, alla pittura, la musica, il teatro... tutta una gamma di servizi che possono offrire ai ragazzi degli stimoli positivi.
Quella di domani è la prima visita di Benedetto XVI ad un carcere. Anche i suoi predecessori, Giovanni Paolo II, Paolo VI e Giovanni XXIII hanno mostrato grande attenzione ai carcerati recandosi in visita agli istituti penitenziari.
Ma con quale spirito vivere questo evento? Davide Dionisi lo ha chiesto al ministro della Giustizia italiano, Clemente Mastella, che domani sarà presente all’incontro: Innanzitutto di ringraziamento per l’attenzione che il Santo Padre presta alla condizione minorile e alla condizione carceraria. Quindi, gli siamo molto grati. Poi io spero che di là verranno parole confortanti da parte del Pontefice, rispetto alla condizione dei giovani d’oggi, su come creare elementi di prevenzione perché non ci sia questo disimpegno morale che vediamo all’interno della realtà complessa del nostro Paese.
L’introduzione del nuovo Codice di Procedura penale per minori ha sensibilmente ridotto il numero di minorenni negli istituti penali. Potremmo arrivare, secondo lei, al superamento dell’istituzione del carcere minorile? Lei sa che su questo ci sono orientamenti un po’ differenziati, scuole di pensiero le più varie, le più disparate. C’è anche chi vorrebbe invece abbassare la soglia per quanto riguarda la punibilità del minore. Questa strada non è la mia: questa è una scorciatoia che non porta frutti, laddove si è verificata non è che abbia determinato condizioni di un abbassamento. Quindi, io sono contro questa svolta che qualcuno ritiene si dovrebbe attuare, invece, nel nostro Paese.
Quante sono le denunce di ragazzi che commettono reati in Italia, oggi? Non sono in grado di definire la quantità, però - insomma - è più che discreta.
I reati più frequenti? C’è, oramai, questa idea di un bullismo prevalente che finisce per essere a volte reato, a volte magari sfiora il reato. L’utilizzazione dei minori o dei ragazzi-killer, soldati della camorra per ammazzare i concorrenti nella spietata lotta della camorra. Ci sono spacciatori frequenti, e l’utilizzazione di questi ragazzi in modo particolare davanti alle scuole, nelle più variegate possibilità di riuscire a recuperare denaro in una logica soltanto del profitto, senza alcuna sensibilità morale. Ci sono minori che vivono una situazione di piccoli furti nella quotidianità, e c’è una bella gamma - purtroppo, una triste gamma - di queste situazioni.
Quale dovrebbe essere, secondo lei, il ruolo in questo caso degli istituti di pena? Beh, sa, l’istituto di pena dal punto di vista della sua qualificazione si impone, anche secondo il dettato costituzionale, per un’opera di qualificazione umana, nel senso di determinare le condizioni per smaltire le tossine venefiche che sono state accumulate e che hanno determinato questa forma di contiguità con la illegalità quasi permanente. Una forma rieducativa molto forte: a quello è consegnato l’istituto detentivo minorile.
Gli istituti minorili oggi in Italia sono realtà diverse: come è cambiato lo scenario? Il fatto stesso che i ragazzi possano usufruire di condizioni dignitose rispetto a prima: non c’è l’idea per la quale a male corrisponde il male. Rispetto al male che è stato fatto, si cerca di rieducare al bene.
In mancanza della famiglia di appartenenza, chi è il riferimento primo del minore detenuto? Ma, dipende. Ci sono comunità in cui i ragazzi hanno la possibilità di essere rieducati dalla stessa comunità. Ci sono dei sacerdoti straordinari che danno una mano. Cioè, il volontariato cattolico da questo punto di vista assolve ad un compito precipuo. Questo è molto bello e dà l’idea di una Chiesa che non è distante da quelli che sono i problemi e le realtà del Paese. Giustizia: Mastella; l’indulto è stato un atto di grande coraggio
Apcom, 18 marzo 2007
Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, durante il discorso che ha tenuto al termine della messa celebrata dal Santo Padre al carcere minorile romano di Casal del Marmo, ha scelto di difendere ancora una volta l’indulto. "Si è trattato - ha detto il Guardasigilli - di un atto di grande coraggio e di lungimiranza che ha comportato dei costi, ma che ha rappresentato una scelta di civiltà, di perdono e di giustizia". Il Guardasigilli, alla presenza di Papa Benedetto XVI, ha ricordato l’appello di Giovanni Paolo II alle forze politiche a "correre il rischio del bene. Ispirato anche da quella nobilissima istanza - ha detto Mastella - il nostro Parlamento ha proceduto all’approvazione di una legge che ha riportato maggiore umanità nella condizione carceraria italiana". Giustizia: Mastella; carceri educative, come la famiglia e la scuola
Apcom, 18 marzo 2007
Il "modo migliore" per fare del carcere un luogo di rieducazione è "quello di rendere il carcere stesso alla stregua di una di quelle formazioni sociali ove si riconosce e si svolge la personalità dell’uomo, in modo non diverso da quanto accade per la famiglia, la scuola e il luogo di lavoro". Lo dice il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, al termine della santa messa celebrata oggi dal Papa nel carcere minorile di Casal del Marmo. "Vogliamo - ha aggiunto il Guardasigilli - che anche il carcere riesca a favorire la libera e positiva evoluzione di ogni coscienza e la prospettiva di un apporto fattivo alla società civile, così come la famiglia e la scuola educano ad essere adulti e cittadini. Prendiamo queste istituzioni - ha concluso il Guardasigilli - come pietre di paragone perché le riteniamo espressioni naturali di convivenza e di sviluppo, niente affatto superate, è il caso della famiglia da una malintesa modernità". Brescia: bando; incentivi alle imprese che assumono gli indultati
Giornale di Brescia, 18 marzo 2007
Sono aperti i termini per la presentazione delle domande finalizzate alla concessione di contributi alle imprese attraverso incentivi all’assunzione di soggetti beneficiari dell’indulto o di persone per le quali è in corso l’esecuzione della pena o il periodo sia terminato da non più di sei mesi. Il bando e la modulistica sono in distribuzione nell’Ufficio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Brescia - funzione ricoperta da Mario Fappani - che ha sede in via Fratelli Lombardi 2 (tel. 030.2977885) ed è aperto al pubblico dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12. Gli incentivi economici previsti dal bando sono rivolti alle imprese individuali, società, consorzi, cooperative o enti no profit che procedano all’assunzione, con contratto a tempo indeterminato o determinato (per almeno 6 mesi), full time o part-time (per un minimo di 20 ore), di soggetti beneficiari dell’indulto ex lege 241/06 e/o persone in esecuzione penale o per le quali sia terminato da non più di sei mesi il periodo di esecuzione penale. In ogni caso, l’assunzione dev’essere effettuata in data successiva all’entrata in vigore della legge 241 (1° agosto 2006). L’assegnazione degli incentivi alle assunzioni avverrà solo nel caso in cui il soggetto abbia superato il periodo di prova e successivamente all’inoltro della dichiarazione di buon esito dello stesso. Le imprese richiedenti devono disporre di una sede operativa nel territorio della provincia di Brescia. Allo stesso modo i soggetti assunti beneficiare dei contributi devono essere residenti in provincia. Le risorse disponibili ammontano a 40 mila euro. Gli incentivi saranno erogati nelle seguenti misure: alle imprese che assumono con contratto a tempo indeterminato full time sarà corrisposta la cifra di 1.000 euro per ogni assunto; alle imprese che assumono con contratto a tempo indeterminato part-time (per un minimo di 20 ore) 500 euro per ogni assunto; alle imprese che assumono con contratto a tempo determinato (minimo 6 mesi) full time, sarà corrisposta la cifra di 300 euro per ogni lavoratore; alle imprese che assumono con contratto a tempo determinato (minimo 6 mesi) part-time (minimo 20 ore) sarà corrisposta la cifra di 200 euro per ogni assunto. Inoltre, alle assunzioni rivolte a soggetti beneficiari dell’indulto sarà riconosciuto un incremento di importo fisso pari a 200 euro per ogni assunto; alle imprese che assumeranno soggetti residenti nel Comune di Brescia verrà riconosciuto un incremento di importo fisso pari a 100 euro per ogni addetto. Gli incentivi saranno erogati per l’assunzione di un massimo di tre dipendenti da parte della medesima impresa. Le domande dovranno essere presentate in busta chiusa, riportante la dicitura "Bando per la concessione di incentivi alle imprese che assumono soggetti beneficiari dell’indulto ex lege n. 241/06 e/o persone in esecuzione penale o per i quali sia terminato da non più di sei mesi il periodo di esecuzione penale". La consegna può essere effettuata a mano, per corriere o per posta all’indirizzo "Ufficio del Garante, via Fratelli Lombardi 2, 25121 Brescia"; le domande dovranno pervenire entro il 27 aprile. Gli incentivi saranno assegnati - secondo l’ordine cronologico di arrivo delle domande - ai soggetti aventi titolo, secondo quanto disposto dal bando; l’assegnazione sarà effettuata da un’apposita commissione. Scarica il bando (zip) Vicenza: la direttrice; i detenuti prima sono persone da rispettare
Giornale di Vicenza, 18 marzo 2007
Il sorriso è accattivante, gli occhi svegli anche se nascosti da un paio di occhiali. Parla con disinvoltura di un lavoro che in pochi vorrebbero fare: la direttrice di un carcere. "Stare chiusi a S. Pio X per molte ore al giorno non è il massimo, ma amo la mia professione". Una precisazione forse inutile vista la passione con cui ne parla, intuito lo spirito di una "missione" che sa trasmettere con stile e umiltà, ma nello stesso tempo con fermezza e determinazione. Irene Iannucci si è laureata in giurisprudenza a Trieste, è nata nel 1965, vive a Udine anche se la sua famiglia risiede a Gorizia. "Una città bastarda, così la definiscono in molti perché rappresenta l’incrocio di molte culture, rimane un posto di confine. Però per me rimane sempre affascinante, splendida e ricca di storie". Nel 1994 prende servizio ad Udine come vicedirettore, nel novembre del 2002 viene destinata a Trieste per 4 giorni la settimana e nel 1999, per qualche mese, si occupa anche della casa circondariale di Tolmezzo. Il 24 gennaio del 2005 arriva in città nel carcere di S. Pio X con la qualifica di direttore reggente. "In sostanza sono un direttore a tutti gli effetti che si divide ancora con Udine. A Vicenza trascorro quattro giorni la settimana. Sto solo aspettando dal ministero l’incarico definitivo". È arrivata in via Della Scola in un momento particolare, è il terzo direttore donna che regge le sorti del carcere cittadino, peraltro in piena fase di ristrutturazione dopo anni di proteste sindacali, di controlli parlamentari per il sovraffollamento, interrogazioni ministeriali e denunce varie anche da parte degli agenti di custodia. Ma dal 2008 S. Pio X dovrebbe cambiare: docce in ogni stanza, ristrutturazioni di ogni genere. "Siamo all’inizio - confessa la direttrice - molto resta da fare, ma la strada è finalmente segnata per riorganizzare una struttura nata negli Anni Ottanta e che ha avuto in tutto questo tempo parecchi inconvenienti". Caserta: progetto "Para-Cadute" per reinserimento indultati
Il Mattino, 18 marzo 2007
Si chiama Para-Cadute, e il nome di certo non è stato scelto a caso. Stiamo parlando di un interessante progetto promosso dal Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria Campania che si pone l’obiettivo di offrire opportunità di lavoro e soprattutto di salvare dalle ricadute i giovani detenuti che sono fuori dal carcere dopo la legge sull’indulto. Il Comune di Sant’Arpino, con il sindaco Giuseppe Savoia ha aderito con celerità all’ambiziosa idea e fra qualche settimana darà il via ai laboratori di recupero e di riabilitazione. Il piano Para-Cadute intende offrire una concreta possibilità di sostegno a persone che hanno usufruito dell’indulto in Campania, attraverso l’erogazione di 80 borse lavoro, pari a 550 euro mensili per 6 mesi, con un breve iter di orientamento iniziale, da svolgersi all’interno delle attività produttive promosse da imprese sociali presenti su tutto il territorio regionale, coinvolgendo nel percorso le famiglie, le istituzioni, l’intera comunità. I destinatari del progetto, almeno nella provincia di Caserta, sono circa 20, una decina solo nell’intera area dell’agro aversano, gli interessati possono compilare una domanda e fare richiesta di accoglienza. "Il nostro comune è stato uno dei primi ad aderire al progetto - ha spiegato Giovanni D’Errico, assessore alle politiche sociali - lo scopo è quello di promuovere una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione sociale da estendere a tutti gli attori pubblici e privati presenti nel territorio regionale, al fine di generalizzare l’offerta ed ampliare, anche numericamente, la presa in carico delle persone beneficiarie dell’indulto". Accanto alle attività vere e proprie, il progetto mira a fornire un sostegno psicologico e umano ai giovani che devono riprendere in mano le loro vite: "l’idea - continua D’Errico - è quella di riportare alla normalità questi individui senza grossi traumi, cercando di guidarli e nello stesso tempo vigilarli con la massima attenzione. Fare in modo che abbiano una seconda opportunità e che non restino emarginati dalla società con il rischio, purtroppo assai frequente, di ricadere in errori". Alcuni giorni della settimana saranno dedicati ai laboratori e agli incontri con psicologi e assistenti sociali, in altri, i giovani beneficiari, potranno avviare la pratica per le loro attività. I ragazzi potranno scegliere fra le diverse attività da svolgere: giardinaggio, agricoltura biologica realizzata in una fattoria didattica, orticoltura, arte presepiale e oggettistica, oppure potranno dedicarsi alla vendita di indumenti usati, alla produzione di vino e miele in azienda agricola, lavorare in falegnameria e ancora occuparsi di restauro e lavori di pulizia. Castelfranco Emilia: senatore Grassi (Rc) visita Casa di lavoro
Comunicato stampa, 18 marzo 2007
Lunedì il senatore del PRC Claudio Grassi entra nella casa di lavoro di Castelfranco Emilia. La struttura detentiva ospita circa 60 internati: persone che hanno già scontato la pena detentiva carceraria e condannate alla pena accessoria della casa di lavoro per un tempo relativamente indefinito perché dichiarati in sentenza delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Si parla di "ergastolo bianco", perché tale misura ha una durata minima della pena ma non c’è una fine certa. Quando scade il periodo della durata minima (anche di quattro anni) l’autorità giudiziaria valuta se hai dato dei segni di reinserimento, altrimenti viene applicata una nuova misura di sicurezza. Catelfranco, una delle quattro Case di lavoro presenti in Italia, è passata all’onore delle cronache anche per altre ragioni. Era il marzo 2005. La privatizzazione della pena prova a fare ingresso in Italia. Presso la casa di lavoro del Forte Urbano di Caselfranco, che nel Ventennio ha accolto detenuti politici antifascisti condannati dal tribunale speciale, entra in scena Muccioli. La gestione tout court della Casa di lavoro verrà affidata alla comunità di San Patrignano. Da allora ad oggi, nessuna notizia, istituzionale e non, riguardo al destino della struttura. Una sola certezza: nel frattempo il disegno di legge Fini-Giovanardi diventa legge, i privati possono certificare lo stato di tossicodipendenza e possono così alimentare il proprio mercato terapeutico. Con il concreto rischio di un palese conflitto di interesse con il diritto alla salute (e alla libertà) dell’interessato. La certificazione da parte di privati sta avvenendo un po’ in quasi tutte le carceri italiane. Nel frattempo l’attuale governo si trova a ratificare decisioni discutibili della precedente maggioranza (leggi, appalti per nuove strutture detentive, ad Avellino come a Savona, e non per ristrutturare le strutture preesistenti). Succede addirittura l’assurdo che a Milano il Ser.T. non certifichi lo stato di dipendenza da droghe leggere (quindi il tribunale non concede la misura alternativa) anche perché non dispongono di programmi terapeutici per la dipendenza da tali sostanze. Il privato, che ha interesse a prendersi in carico anche il dipendente da marijuana, può invece essere indotto a certificare tale stato dell’arte perché gli fa percepire un introito (statuale o del singolo cittadino). Non sappiamo se ciò avviene a Castelfranco. Sappiamo solo che tale struttura era il fiore all’occhiello della precedente gestione Fini-Giovanardi-Castelli dove il business penitenziario rappresentava un rischio concreto. E vogliamo solo fare chiarezza sull’affare tossicodipendenze. Napoli: polemiche su presenza di Renato Curcio a un dibattito
Il Mattino, 18 marzo 2007
"Fino a quando si abuserà della nostra pazienza, del nostro riserbo, del nostro dolore?". È un passaggio della lettera inviata agli organi di informazione, da Grazia Ammaturo, figlia di Antonio Ammaturo, il dirigente della squadra mobile di Napoli ucciso dalle Brigate Rosse nel 1982. Grazia Ammaturo protesta contro la decisione di invitare il leader storico delle Br, Renato Curcio - che lei non nomina mai nella lettera - a un dibattito ieri sulle carceri speciali nell’ambito di Galassia Gutenberg, rassegna di libri in corso a Napoli. Grazia ricorda anche un precedente, risalente a otto anni fa, sempre a Galassia Gutenberg. "Era il 1999 - scrive - e con sgomento mi accorsi che in uno stand c’era il famoso ideologo delle Br, il quale stringeva mani e firmava autografi". "Apprendo che la persona in questione interverrà a Napoli ad un dibattito sulle carceri speciali, dal titolo quanto mai stridente: "viaggio nella memoria". Io mi chiedo: perché? Perché invitare proprio lui, con tante degnissime persone presenti a Napoli, che potrebbero discutere sull’argomento? Mi chiedo se ci sia una precisa volontà di tastare in questo modo il polso dell’opinione pubblica, per verificare se i tempi siano maturi e la memoria delle persone abbastanza corta per far sì che questi ex brigatisti tornino alla ribalta, salgano in cattedra e si riciclino travestiti da opinionisti e pseudo intellettuali. Vi assicuro che i nostri polsi tremano al solo pensiero". Per la Ammaturo "è ancor più triste, vergognoso e sconcertante che questa iniziativa, come si evince dagli organi di informazione, sia finanziata dalla Regione Campania, dall’amministrazione provinciale e dal Comune di Napoli e sia rivolta agli studenti". "Vorrei invitare i giovani senza memoria e nessuna cognizione storica - conclude Grazia Ammaturo - che andranno a stringere quelle mani "idealmente" sporche di sangue, a riflettere davvero su chi siano i rivoluzionari: coloro che parlano di rivoluzione, o coloro che combattono davvero, a viso aperto, e che sono stati uccisi perché realmente avrebbero potuto cambiare questo Paese, come nel caso di mio padre, Antonio Ammaturo, capo della squadra mobile napoletana". Una ventina di militanti di Alleanza Nazionale di Napoli, fra i quali un consigliere regionale della Campania e un consigliere comunale, hanno duramente contestato il fondatore delle Brigate rosse, Renato Curcio, oggi editore, alla Fiera del libro "Galassia Gutenberg", dove Curcio presentava il nuovo libro della sua casa editrice. La contestazione è avvenuta ieri sera nella sala "Diaz" della Stazione marittima dove si tiene la mostra. Non appena Curcio è entrato, i militanti di An in fondo alla sala hanno srotolato un grande striscione con il simbolo del Partito e la scritta "Il carcere speciale? A vita, per i terroristi". Un militante ha mostrato un cartello con scritto "Vergogna governo Prodi, no a terroristi con ruoli nelle istituzioni". Ci sono stati insulti, qualche spintone, e solo la presenza della polizia ha evitato una rissa. Napoli: Renato Curcio contro An; io rifiuto la logica del silenzio
Il Mattino, 18 marzo 2007
"Il peggior destino che possa capitare a un uomo è il silenzio sociale". Renato Curcio difende il diritto ad esprimersi di coloro che sono stati dall’altra parte della barricata nelle lotte armate tra il ‘69 e l’89 e risponde così alle vivaci polemiche sulla sua presenza a Galassia Gutenberg. "Non ho nulla da dire su questo", è il commento dell’ex ideologo delle Brigate Rosse - oggi direttore editoriale di "Sensibili alle foglie" - alle dure critiche manifestate dall’esponente di An, Maurizio Gasparri, sulla sua partecipazione. Oggi alcuni esponenti del partito hanno annunciato l’intenzione di manifestare negli spazio della fiera. Curcio presenterà alle 18.30 "Il carcere speciale" (a cura di Maria Rita Prette, edizioni Sensibili alle foglie). Una risposta indiretta, la sua, perché non accetta di replicare alla provocazione politica di Gasparri: dallo stand della sua casa editrice si muove solo per parlare del libro. Un libro che parla di esperienze carcerarie. Nessuna rivisitazione della storia? "La nostra metodologia è di fornire fonti documentarie e non interpretazioni o analisi, perché di questi anni si è molto parlato anche per non parlarne, si sono usati linguaggi emozionali, della politica, o legati alle esigenze giornalistiche, ma non se ne è ancora parlato come del grande fenomeno sociale, complesso che occorre anche capire, oltre a condannarlo". Esiste un filo conduttore delle testimonianze? "Emerge che si è sviluppato, unico in Europa, un movimento di detenuti, un soggetto sociale lucido e indipendente dalle organizzazioni armate, che è iniziato con le grandi lotte del 1969 e che ha portato a un radicale cambiamento dell’istituzione carcere, nonostante fosse stato considerato negativamente sino ad allora anche dalla sinistra italiana". Droghe: pene triplicate per chi guida sotto effetto di sostanze
Notiziario Aduc, 18 marzo 2007
Carcere e supermulte per chi guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Sono alcune delle misure contenute nel ddl Bianchi sulla sicurezza stradale approvato ieri dal Cdm che modifica gli articoli 186 e 187 del Codice della strada in materia di guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. La guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, spiega il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi "determina almeno il 30% degli incidenti gravi che si verificano nel nostro paese". Le sanzioni riguardano, aggiunge il ministro, "fasce di tasso alcolemico compreso tra 0,5 e 1,5 grammi al litro per le quali è previsto il fermo amministrativo del veicolo. Se si supera 1,5 grammi al litro è prevista la confisca dell’auto". In particolare, per chiunque guida in stato di ebbrezza o in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con la detenzione "fino a tre mesi" (era fino a un mese) e con "l’ammenda da 1.000 a 4.000 euro" (era da 258 a 1.032 euro). Se il conducente provoca un incidente stradale, la pena è da due a sei mesi e l’ammenda da 3.000 a 12.000 euro. All’accertamento del reato conseguono, sottolinea il ministro, "la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente" da sei mesi a due anni (era da quindici giorni a tre mesi) e, limitatamente alla guida in stato di ebbrezza, del "fermo amministrativo del veicolo per 90 giorni". Inoltre, con la sentenza di condanna, anche a pena condizionalmente sospesa, il giudice dispone la "confisca del veicolo". In caso di guida sotto l’effetto di stupefacenti, aggiunge Bianchi "è previsto anche il ritiro cautelare della patente in attesa dell’esito degli accertamenti sanitari". Con le nuove norme è stato "depenalizzato" il reato di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti sanitari. In caso di incidenti stradali è stata prevista la sanzione pecuniaria da 5.000 a 20.000 euro, che diventa da 6.000 a 24.000 euro, e la sanzione accessoria della sospensione della patente da sei mesi a due anni e fermo del veicolo per 180 giorni. In caso di più violazioni nel biennio è disposta la revoca della patente. Precedentemente era previsto arresto fino a un mese e ammenda, più le sanzione accessoria di sospensione della patente da 15 giorni a tre mesi. Prevista la possibilità di mutare, la pena detentiva nel caso di reato per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti nella "misura alternativa dell’affidamento ai servizi sociali, con indicazione di preferenza per quelli che prestino la loro attività in sostegno di vittime di sinistri stradali o delle loro famiglie". Ancora più dure le sanzioni per i neopatentati nel nuovo articolo 218-bis del codice della strada. Nei primi tre anni successivi al conseguimento della patente se per una violazione delle norme è prevista la sospensione della patente, "la durata della sospensione è aumentata di un terzo alla prima violazione e raddoppiata per le violazioni successive".
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"Oggi propongono l’arresto fino a tre mesi per chi guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, solo ieri il Tar ha bocciato la decisione del ministro Turco di raddoppiare la quantità di cannabis per uso personale: con queste contraddizioni il governo manda solo messaggi sbagliati ai nostri giovani": Paolo Grimoldi, deputato della Lega Nord e coordinatore federale del Movimento Giovani Padani, commenta il disegno di legge sulla sicurezza stradale varato oggi dal Consiglio dei Ministri. "La maggioranza di centrosinistra, come Giano bifronte, manda messaggi contraddittori ai nostri giovani: - afferma il deputato leghista - un giorno dicono drogatevi pure, quello successivo propongono l’arresto. Come è possibile per una maggioranza che ha al suo interno coltivatori di cannabis e seminatori di marijuana a Montecitorio essere credibili su questo argomento? Come può un governo che raddoppia le quantità di droghe detenibili per uso personale pensare di intraprendere una seria azione antidroga?". "Occorre mandare messaggi coerenti ai nostri giovani sulle conseguenze dell’uso della droga e occorre una seria politica culturale su questo tema, un’azione efficace e una guerra di trincea contro le sostanze stupefacenti e chi le spaccia. Una battaglia che - conclude Grimoldi - un governo guidato da gente come la Turco non può certo portare avanti". "Davvero curiosa la visione della sicurezza e dell’ordine pubblico della sinistra italiana. Se un ragazzo viene sorpreso a guidare in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe, finisce all’inferno: 24mila euro di multa, ritiro della patente, forse gli arresti. Se lo stesso, nelle medesime condizioni, se ne va in giro per strada e, potenzialmente, è dunque in grado di rapinare, aggredire, rubare, molestare ? niente". Lo afferma, in una nota, Osvaldo Napoli, componente il direttivo di Forza Italia alla Camera, che conclude: "Ma il governo pensa di vivere nel paese dei campanelli?".
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