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Genova: detenuto tossicodipendente si suicida a Marassi
www.telecitta.it, 18 maggio 2007
Un detenuto nella sezione "a rischio" del carcere di Marassi, tossicodipendente, 43 anni, si è impiccato ieri con delle lenzuola di carta. L’uomo, in attesa di giudizio, si trovava in carcere per la ricettazione di un assegno di 2.500 euro. "Si trattava di un soggetto psichiatrico - spiega Salvatore Mazzeo, direttore del carcere - che veniva perciò controllato ogni 15 minuti. Aveva vestiti monouso e lenzuola di carta, ma è riuscito comunque a togliersi la vita". "Un dramma che si poteva evitare", hanno commentato i sindacati di Polizia Penitenziaria Giustizia: a Rignano Flaminio lo Stato ha sbagliato due volte
L’indipendente, 18 maggio 2007
Con le maestre di Rignano lo Stato ha sbagliato due volte: quando non le ha sospese dall’insegnamento e quando le ha arrestate. E ora che si fa? Il paese è spaccato in due. Torno sulla vicenda di Rignano Flaminio che tanto interesse ha suscitato e perché prende un po’ la "pancia" dei nostri sentimenti e ragionamento. Ne parlo anche in prima persona, essendo stato quasi una giornata intera a casa di una delle tre maestre, subito dopo la sua scarcerazione, per organizzare la prima e unica intervista di Marisa Pucci, venerdì scorso, a "Matrix". Ebbene penso proprio che la maestra Marisa sia innocente. So che è sbagliato andare dietro al proprio istinto e alla propria impressione personale. C’è una percentuale di rischio a ragionare così, ma la certezza morale conta. Eccome. La riflessione che mi sento di fare su tutta questa vicenda è questa: lo Stato ha sbagliato due volte nei confronti di queste maestre. La prima volta quando il 12 ottobre dello scorso anno, indagandole per un reato così grave come la pedofilia di gruppo ai danni dei loro allievi, non le ha sospese dalle funzioni di maestre. Se i carabinieri indagano un docente, la preside nel dubbio deve intanto allontanarlo da quella funzione. Ne sono assolutamente convinto. Capisco che gli insegnanti possano temere le denunce di chiunque, se passa questo principio. Ma io lo trovo sacrosanto. Invece la sospensione non è mai arrivata. Il risultato è stato che gli animi si sono esasperati e interpretando in modo burocratico la presunzione d’innocenza, non si sono favorite neanche le indagate. Con la nefasta conseguenza di svuotare le classi, aumentare il disagio, spaccare in due il paese. Secondo errore: l’arresto del 24 aprile. Che necessità c’era? L’inchiesta, hanno spiegato gli inquirenti, aveva bisogno di uno "scossone". A quel punto il dubbio, che doveva allontanare comunque le maestre dalla scuola, doveva volgersi a favore delle imputate e invece niente, dopo sono scattate le manette con un intervento violento. Lo stesso Stato prima indaga, nel frattempo fa insegnare, poi arresta. Non è forse questa già una catena di errori? Il dubbio è pro reo, ma disciplinarmente non è possibile che nella scuola italiana ci voglia l’arresto per sospendere dalla mansione dell’insegnamento. Il sospetto non va alimentato ma neanche sottovalutato, prima che sia troppo tardi. Non potevano essere assegnate ad una biblioteca fino alla fine delle indagini? Fra l’altro io sono convinto che la scelta sbagliata abbia in qualche modo generato la conseguenza drammatica e violenta della misura cautelare. Mentre una preventiva decisione avrebbe forse svelenito il clima. Mentre è accaduto come se il pm, i carabinieri, la preside agissero per compartimenti stagni, come se fossero di Stati alleati, non tutti servitori della Repubblica italiana.
Lorenzo Grossini Polizia Penitenziaria negli Uepe: interrogazione parlamentare
Blog di Solidarietà, 18 maggio 2007
Presentata interrogazione parlamentare al ministro Mastella dall’On. Crapolicchio (vicepresidente Comitato problemi penitenziari Commissione Giustizia della Camera) e dall’On Farina (vicepresidente Commissione Giustizia della Camera) contro la proposta di Decreto che prevede l’inserimento della Polizia Penitenziaria negli Uepe.
Al Ministro della giustizia, per sapere - premesso che: il Ministro per la Giustizia ha presentato alle parti e ai sindacati una bozza di Decreto riguardante l’inserimento e l’utilizzo del personale del corpo di Polizia Penitenziaria negli Uepe, Uffici dell’esecuzione penale esterna, attraverso l’istituzione e la sperimentazione, in alcuni di detti Uffici, dei nuclei di verifica e controllo composti da tale personale, per un preventivo parere in vista di un tavolo di confronto già convocato dall’Amministrazione per il prossimo 14 maggio 2007; l’introduzione della Polizia Penitenziaria negli Uepe a integrazione del personale di servizio sociale, appare, anche alla luce dei compiti e delle funzioni attribuite dalla sperimentazione enunciata nella bozza del decreto, debole sotto il profilo normativo e giuridico. Infatti le funzioni attribuite, benché sul solo piano di controllo, risulterebbero estranee alle vigenti previsioni normative previste dall’articolo 72 dell’Ordinamento penitenziario e dall’articolo 118 del regolamento di esecuzione (decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000) che descrivono, sinteticamente il primo e analiticamente il secondo, l’attività degli Uffici. Inoltre il controllo della Polizia Penitenziaria andrebbe a sommarsi ed a sovrapporsi a quello delle forze dell’ordine già operanti in modo efficiente sul territorio del quale hanno conoscenza capillare; la bozza di decreto Ministeriale interviene su una attività che nei prossimi mesi sarà oggetto di riorganizzazione considerando le modifiche in atto del codice penale e del codice di procedura penale anche sull’esecuzione penale e in particolare sull’esecuzione penale esterna; la bozza di decreto Ministeriale aggrava pesantemente le condizioni di vita e di lavoro degli operatori della Polizia Penitenziaria negli Istituti e Servizi Penitenziari, rese peraltro già estremamente difficoltose dalla forte carenza di personale e dalla scarsità delle risorse finanziarie a disposizione. Infatti dal progetto di sperimentazione non si desume nessun aumento di organico né operazioni di razionalizzazione dell’impiego del personale della Polizia Penitenziaria preposto nei servizi non istituzionali, pertanto i costi di questo nuovo servizio graverebbero sui lavoratori; una eventuale dislocazione all’esterno del personale di Polizia Penitenziaria creerebbe ulteriori disagi a coloro che resterebbero a lavorare negli Istituti, dunque più turni di lavoro, più posti di servizio, meno sicurezza, meno ferie e riposi; nonostante l’esiguo numero di assistenti sociali, ai quali è demandata l’attività di recupero, il settore dell’esecuzione penale è stato caratterizzato positivamente da tale efficiente intervento professionale rilevabile anche dalla riduzione della recidiva; è funzionale al sistema penitenziario e previsto normativamente, dall’articolo 47 commi 9 e 10, che le attività di controllo e recupero siano svolte in modo integrato da un unico operatore, in quanto esse stesse inscindibili e pertanto non gestibili da portatori di professionalità eterogenee -: quali iniziative si intendano adottare al fine di non aggravare la già difficile condizione di lavoro del personale di Polizia Penitenziaria prevedendone l’utilizzazione esterna; se non si ritenga che le attività di controllo e di aiuto debbano essere svolte da un unico operatore al fine di effettuare al meglio l’azione di reinserimento dell’individuo nel contesto sociale, anche nel pieno rispetto del 3o comma dell’articolo 27 della Costituzione. Livorno: detenuto si impicca, soccorso in tempo dagli agenti
Toscana In, 18 maggio 2007
Un detenuto di 30 anni, di origine campana, ha tentato di impiccarsi nella sua cella del carcere livornese delle Sughere, ma è stato salvato dagli agenti di polizia penitenziaria e poi trasferito all’ ospedale cittadino. Le sue condizioni non sono preoccupanti. Il giovane si è stretto al collo la cintura dell’ accappatoio, dopo averla fissata alle sbarre della finestra. Stando a quanto si è appreso, quello del giovane potrebbe però essere stato, seppure estremo, un atto dimostrativo per protestare contro la sua detenzione preventiva visto che da mesi si proclama innocente. L’ uomo, che occupa una cella singola, è a Livorno da un paio di mesi dopo essere stato trasferito da Grosseto ed è accusato di furto e altri reati contro il patrimonio. Sarebbero comunque le modalità con le quali si ha messo in pratica il suo gesto a far propendere verso l’ atto dimostrativo, dato che nel momento in cui si è appeso alla finestra nella sezione vi erano molte persone perché era in atto il controllo da parte della polizia penitenziaria e una distribuzione di dolciumi appena portati in carcere dai volontari della Caritas. Genova: a Marassi iniziano le "lezioni di cuore" per i detenuti
Il Giornale, 18 maggio 2007
Lezioni di cuore in carcere. Perché in cella non si muore solo di suicidi, come è avvenuto ancora ieri con un detenuto tossicodipendente che si è impiccato con le lenzuola di carta. È questa l’idea che stanno portando avanti i cardiologi dell’Anmco, associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri che, insieme alla fondazione "Hearth Care Foundation", promuovono in tutta Italia e anche in Liguria la prima campagna nazionale di prevenzione ed educazione cardiovascolare dentro le case circondariali. Le iniziative che riguardano la Liguria partono oggi a Marassi. "In Liguria i circa 900 detenuti nelle carceri hanno bisogno di prevenzione cardiovascolare - racconta Stefano Domenicucci, presidente regionale Anmco e direttore del dipartimento cardiologico della Asl 3 genovese -. La popolazione carceraria è peculiare per il suo rapido mutamento, e negli ultimi dieci anni ha visto accrescersi la percentuale di migranti rispetto alla popolazione italiana generale. In carcere convivono diverse etnie e culture e per questo risulta difficile stimare il rischio cardiovascolare dei detenuti. Negli istituti di pena è anche arduo correggere lo stile di vita: l’attività fisica non viene incoraggiata, la dieta può non essere adeguata e il fumo è diffusissimo. Se a questo aggiungiamo il diabete, il grasso corporeo eccessivo e il carico di stress che i detenuti sostengono si comprende come sia opportuno intervenire con un progetto educativo". La preoccupazione dei cardiologi deriva anche dai dati: ogni anno numerosi detenuti muoiono in carcere per arresto cardiaco. "Avere stime precise non è facile, ma tutte le Unità di terapia intensiva coronarica possono raccontare di aver assistito un detenuto colpito da infarto", prosegue Domenicucci. La giornata di oggi è divisa in due momenti. "Al mattino dalle 10 alle 13 i cardiologi tratteranno i temi relativi ai fattori di rischio cardiocircolatorio e illustreranno come attivare il sistema di emergenza in modo corretto - spiega Marco Falcidieno, coordinatore regionale dell’iniziativa e dirigente cardiologo al Galliera -, nel pomeriggio si terranno lezioni pratiche per il personale di polizia penitenziaria anche sull’uso dei defibrillatori". Roma: in dono 16mila piante, per un mega-orto a Rebibbia
Comunicato stampa, 18 maggio 2007
La Confederazione Italiana Agricoltura (Cia) dona oltre 16mila piante di ortaggi per realizzare un mega-orto di un ettaro e mezzo nel carcere di Rebibbia. La donazione fa parte di un progetto di formazione professionale, che vede coinvolti decine di detenuti, avviato in collaborazione con il Garante regionale dei diritti dei detenuti, Angiolo Marroni. Oltre sedicimila piantine di pomodori, melanzane, peperoni ed ogni altro genere di ortaggi primaverili sono state donate questa mattina dalla Confederazione Italiana Agricoltura (Cia) di Roma ai detenuti del carcere romano di Rebibbia. La donazione servirà a realizzare un mega orto all’interno del carcere di oltre un ettaro e mezzo. La donazione è un altro passo della collaborazione fra Cia, Garante Regionale dei detenuti Angiolo Marroni e direzione del carcere, che ha già portato ad altre donazioni nei mesi scorsi e allo svolgimento di corsi di formazione professionale in orticoltura seguiti da decine di detenuti. Le piantine saranno messe a dimora da una quarantina di detenuti: quelli che hanno seguito il primo corso di formazione professionale della Cia, chiuso ad aprile, e quelli che stanno partecipando al secondo corso, iniziato la scorsa settimana. I prodotti dell’orto serviranno per l’autoconsumo e per la vendita allo spaccio interno del carcere. La Cia sta anche organizzando la vendita degli ortaggi in un banco ortofrutticolo di un mercato rionale di Roma. "In carcere abbiamo scoperto un mondo a noi sconosciuto - ha detto il presidente provinciale Cia Massimo Biagetti - Gli allievi che hanno frequentato i corsi hanno dimostrato di voler superare la cultura del crimine e di fare propria la cultura del lavoro. Abbiamo trovato gente che ci ha dato un valido esempio di come si lavora duramente, e l’attività agricola può aiutare il recupero dei detenuti". Il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni e Biagetti hanno annunciato che a breve sarà creata una Cooperativa sociale integrata che darà possibilità di lavoro ai detenuti con l’articolo 21 (che consente loro di uscire la mattina per lavorare e di tornare la sera in carcere). In tal senso è stato individuato un terreno agricolo di circa 20 ettari di proprietà del comune di Roma alla Giustiniana, e nelle prossime settimane Ufficio del Garante e CIA predisporranno un progetto di fattibilità per chiedere al Comune la disponibilità del terreno. "La formazione agricola dei detenuti di Rebibbia è una grande realtà che comincia a far vedere i suoi frutti - ha detto il Garante dei Detenuti Angiolo Marroni - Questa donazione dimostra che la Cia crede, come noi, fermamente in questo progetto. È l’idea di realizzare una Cooperativa sociale su un terreno del comune di Roma vuol dire creare una prospettiva nuova per tante persone che hanno voglia di lavorare onestamente. La formazione che i detenuti ricevono è un concreto investimento in un settore lavorativo di cui la società ha bisogno". Verona: continuano incontri di "comunicare, anche in carcere"
Comunicato stampa, 18 maggio 2007
Prosegue il ciclo di incontri sulla comunicazione, organizzato dall’associazione La Fraternità per i detenuti di Montorio. Dopo la recente proiezione del cofanetto multimediale Raccontamela Giusta, che ha inaugurato il progetto facendo riflettere sulla realtà della pena, questa settimana spetta al giornalista dell’Arena Giampaolo Chavan il compito di trasmettere ai detenuti l’importanza della comunicazione all’interno del carcere e anche fuori dalle celle. Appropriarsi di una modalità di espressione efficace e cosciente è un traguardo prezioso per tutti. Per chi vive uno stato di reclusione può persino rappresentare un passo determinante per il reinserimento nella società. L’ultimo appuntamento, che concluderà il breve ciclo di incontri, vedrà protagonista a giugno Ornella Favero, direttore di Ristretti Orizzonti, periodico di informazione del carcere di Padova. Non si terrà invece, come anticipato, l’incontro con Candido Cannavò.
Associazione la Fraternità Onlus Udine: teatro-carcere in scena con "tutti dentro/tutti fuori"
Il Gazzettino, 18 maggio 2007
La straordinaria esperienza di Sandro Carpini, da dieci anni impegnato a "fare teatro" in carcere, è dirottata in scena nello spettacolo "Tutti dentro/Tutti fuori", in programma domani, alle 21, nel Teatro S. Giorgio di Udine. L’iniziativa si inserisce nel più ampio Progetto pilota in tema di disadattamento, devianza e criminalità, che il CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia coordina da vent’anni all’interno delle Case Circondariali di Udine, Pordenone e Tolmezzo, grazie al sostegno della Regione, con l’obiettivo di sviluppare e promuovere attività culturali e di socializzazione fra i detenuti. "Tutti dentro/Tutti fuori", ideato e interpretato dallo stesso Carpini, è scritto con il contributo e le testimonianze dei detenuti della sezione di alta sorveglianza della Casa Circondariale di Tolmezzo. Dopo il primo debutto nel maggio 2006 per il pubblico dei detenuti e degli operatori sociali di Tolmezzo, il regista e attore toscano, ormai da anni residente nella nostra regione, ha continuato a sviluppare il testo grazie a un lavoro "in progress" dedicato all’approfondimento e alla sensibilizzazione delle problematiche relative all’esecuzione penale esterna e all’uscita dal carcere. Prodotto dalla sua Compagnia teatrale Gallistriones, il monologo "è la storia di un ex detenuto, delle sue difficoltà e dei tentativi di riprendere in mano la propria vita dopo la scarcerazione", afferma Carpini. Nella seconda parte della serata è in programma il saggio con protagonisti gli ex utenti dell’Uepe, Ufficio esecuzione penale esterna, che hanno frequentato il laboratorio di teatro "Spazio Aperto" curato da Sandro Carpini. Il corso, organizzato dal Css e dall’Uepe nell’ambito del Progetto pilota, nasce dall’impegno degli operatori sociali, che da agosto, grazie al teatro, si incontrano con i ragazzi soggetti a misure penali alternative negli spazi della palestra della Scuola media "Pacifico Valussi" di Udine. Sandro Carpini ha iniziato il suo particolare percorso di lavoro nelle Case Circondariali come operatore volontario. Enna: in visita Ispettore generale Cappellani, Giorgio Caniato
La Sicilia, 18 maggio 2007
Riconoscere ai detenuti la possibilità di manifestare la propria fede religiosa. È quanto detto, tra l’altro, dall’ispettore generale dei cappellani delle carceri monsignor Giorgio Caniato, che ieri pomeriggio è stato nella Casa circondariale di Enna per impartire il sacramento della cresima a otto detenuti della media sicurezza. Una presenza, la sua, che porta continuità in quel progetto avviato dentro le mura carcerarie ennesi che prevede il recupero dei detenuti. Monsignor Giorgio Caniato, 79 anni, è stato cappellano del carcere San Vittore dal 1955 al 1996 e dal 1997 ricopre il ruolo di ispettore generale che in questi anni lo ha portato ad avere un filo diretto con il ministero della Giustizia.
Monsignor Caniato, qual è il ruolo del cappellano di un carcere? "La legge riconosce ai detenuti la professione della vita religiosa. Il cappellano è un operatore all’interno delle carceri, quindi anche degli agenti e di tutti quelli che lavorano qui dentro; però deve stare attento a non farsi usare e ricordare che non fa parte dell’équipe di trattamento".
Quali sono invece i problemi? "Con i detenuti non ci sono problemi, le difficoltà forse sono con le strutture: il cappellano deve attenersi alle disposizioni della legge, rispettare gli orari dati, il problema è se non è capace di parlare con i detenuti".
Come avete visto l’indulto? "Si è voluto tirare in ballo il Papa che invece non ha mai chiesto l’indulto o l’amnistia che sarebbero palliativi, lui aveva chiesto un segno di bontà, un segno per tutti i detenuti. Per il giubileo solo venti Stati hanno risposto, uno in Europa, la Spagna, semmai il Papa quando andò in Parlamento si riagganciò al problema delle carceri affollate". Presente anche il direttore del carcere Letizia Bellelli, che ha definito la presenza dell’ispettore generale come un "percorso pastorale curato dal nostro cappellano, un’occasione che ci permette di avere monsignor Caniato, ma non dimentichiamo che la sua presenza qui è per le cresime dei detenuti che non devono sentirsi esclusi". Di poche parole ma piene si significato il commento di padre Giacomo Zangara: "Esprimo una soddisfazione spirituale, io lavoro sempre per la promozione umana del detenuto all’interno del suo cammino di fede". Durante la messa, e dopo le cresime, infine, sono state inaugurate delle vetrate fatte dai detenuti e poste sull’altare della cappella, lavori molto apprezzati da monsignor Giorgio Caniato che si è complimentato con gli autori così come con la comunità esterna che fa sentire la propria vicinanza ai reclusi. Brescia: un convegno sui ruoli nella Polizia penitenziaria
Giornale di Brescia, 18 maggio 2007
"La polizia penitenziaria negli istituti di pena e il ruolo del comandante di reparto nella rieducazione e risocializzazione dei condannati". È il titolo dell’inconsueto convegno che si terrà oggi, a partire dalle 15, nella sala congressi dell’hotel San Martino di Boario. Un incontro al quale dovrebbe intervenire anche il ministro di Grazia e giustizia Clemente Mastella. E che prevede le testimonianze di alcuni ufficiali del corpo. Ci saranno anche il capo del dipartimento, Ettore Ferrara, il direttore generale Massimo De Pascalis, il provveditore regionale della Lombardia, Luigi Pagano, il procuratore della Repubblica di Sondrio Gianfranco Avella e l’ex presidente del Tribunale di Sorveglianza di Brescia, Luigi Trematerra. Come si intuisce dal titolo, lo scopo di questa iniziativa è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, e soprattutto le forze politiche, affinché venga varato un provvedimento di legge destinato a riconoscere una funzione non adeguatamente riconosciuta. "I comandanti di reparto - spiegano gli organizzatori - sono appena stati sostituiti senza preservare le capacità e le professionalità acquisite in questi anni, nonostante abbiano dimostrato ampiamente di essere all’altezza di svolgere funzioni superiori. A sostituirli sono stati i vicecommissari della polizia penitenziaria: vinti i concorsi organizzati al termine di un corso di formazione, sono stati assegnati a tutte le carceri. E ai loro predecessori non è stata garantita la possibilità di transitare al ruolo direttivo speciale". Ancona: rischiava il parto in carcere, ottiene i "domiciliari"
Corriere Adriatico, 18 maggio 2007
Esce dal carcere la 17enne Alice (il nome è di fantasia), e torna dalla nonna. La prima immagine che si spalancherà allo sguardo innocente della piccola creatura che tiene in grembo non sarà il mondo dietro le sbarre. Sembrava essere destinata a partorire in cella la baby spacciatrice arrestata due volte nel giro di pochi giorni dai carabinieri. "In comunità non torno, meglio il carcere", aveva supplicato al giudice che le aveva confermato la custodia cautelare. Poi è arrivata la decisione del Gip del Tribunale dei minori di rimetterla in libertà, accogliendo un’altra istanza dell’avvocato Ennio Tomassoni. "Non c’è nulla di ostativo agli arresti domiciliari dalla nonna", aveva sottolineato il legale, lamentando che il provvedimento restrittivo fosse "lesivo della dignità della nascitura e della madre". D’altronde, aveva continuato spingendo per la scarcerazione della sedicenne, e sull’incompatibilità tra gravidanza e detenzione, il timore della fuga non c’era più. "Il tunisino con cui la ragazza si è accompagnata è detenuto e aspetta il processo fissato per luglio. Fino ad allora non uscirà dal carcere". Il 17 gennaio scorso i carabinieri hanno sorpreso Alice a lanciare dalla finestra avvolto in un asciugamani un involucro che conteneva venti grammi di eroina. La droga era destinata al suo fidanzato tunisino che la aspettava sotto l’edificio. Era quel che rimaneva della partita che la giovanissima spacciatrice teneva nascosta nelle parti intime quando, una manciata di giorni prima, era stata fermata dai militari dell’Arma alla stazione con 80 grammi di eroina. "I mille euro che avrei guadagnato mi sarebbero serviti a crescere mia figlia", si era difesa. Da gennaio Alice è chiusa in cella, che divide con i mille dubbi e le insidie psico-fisiche di una gravidanza da portare avanti in minore età. E, fino a ieri l’altro, con la prospettiva di restarci. "Voglio tornare da mia nonna", aveva implorato al giudice, che a qualche settimana di distanza, e con il parto ormai alle porte, ha risposto al suo grido disperato. Sicurezza: Roma e Milano firmano "Patto" col ministro Amato
La Stampa, 18 maggio 2007
Roma e Milano. Sono le prime due città metropolitane che stamani taglieranno il traguardo, firmando i Patti per la sicurezza con il ministero degli Interni. Martedì prossimo toccherà a Torino, e poi via via firmeranno tutte le altre metropoli. Arriveranno uomini (100 i "rinforzi" per Roma, 325 per Milano) e risorse per rendere le città più sicure, per garantire maggiore controllo del territorio e per prevenire e reprimere la criminalità diffusa. Regioni, Province e Comuni finanzieranno i progetti mirati che daranno corpo ai Patti stessi. Per Roma, per esempio, la Regione Lazio stanzierà 11 milioni di euro in tre anni, il Campidoglio 4 milioni. Finanziamenti che alimenteranno fondi speciali gestiti dai prefetti delle aree metropolitane. I sindaci chiedevano soldi e uomini per fronteggiare una criminalità diffusa e il disagio delle città. Il Viminale ha risposto proponendo una "rivoluzione" nella stessa filosofia della sicurezza, non più gestita a livello centrale con l’invio sul campo di uomini per tamponare le emergenze, ma definita insieme alle comunità locali, per affrontare insieme le esigenze dei singoli territori. Naturalmente, con gli attuali organici e le scarse risorse finanziarie del Viminale, i Patti "soffriranno". Del resto, nei giorni scorsi, il ministro Amato aveva lanciato un appello al Parlamento e al governo perché, appunto, presti maggiore attenzione ai problemi della sicurezza. Per il sindaco di Roma, Walter Veltroni, che stamani firmerà il Patto con il ministro dell’Interno Giuliano Amato, tra le priorità ci sono la prostituzione, e Roma chiede al Parlamento una legge per vietare di praticarla in strada, l’abusivismo commerciale (sono previste maggiori sanzioni e pene più severe), la contraffazione delle merci (sarà istituito un nucleo speciale della Guardia di Finanza). La decisione più importante del Patto di Roma è quella di costruire, al di là del raccordo anulare, "quattro villaggi della solidarietà" per mille nomadi ciascuno e, contemporaneamente, di abbattere i loro insediamenti abusivi esistenti in città. Al prefetto verranno concessi poteri speciali per velocizzare le procedure di espropri dei terreni, individuati dal Comune, per costruire i nuovi insediamenti dei nomadi, per procedere agli sgomberi dei vecchi e per riqualificare quelle aree liberate. Naturalmente, saranno rafforzati i controlli di polizia - con ulteriori cento uomini - su tutti gli insediamenti nomadi. L’intesa che il sindaco di Milano Letizia Moratti siglerà con il viceministro Marco Minniti affronta le specifiche problematiche di Milano per quanto riguarda droga, contraffazione, abusivismo, sfruttamento della prostituzione e dei minori, comunità nomadi. Il progetto è ambizioso: "Per evitare l’eccessiva concentrazione mono etnica nella città, d’intesa con i rappresentanti della comunità interessata, si procederà alla delocalizzazione delle attività incompatibili con la vocazione residenziale della zona". È Chinatown, via Sarpi, il problema. Più in generale, sulla presenza dei campi nomadi, l’accordo di Milano prevede che entro tre mesi si elaborerà una proposta al governo per concedere poteri straordinari al prefetto che istituirà un gruppo di lavoro con gli enti locali, per gestire il problema, per individuare le aree per i nuovi insediamenti dei nomadi. Milano chiede (e ottiene) un progetto di controllo degli accessi alla città: un reparto speciale della polizia stradale e una rete di videosorveglianza sulle strade di accesso dovrebbero risolvere il problema. Lotta allo spaccio di droga: maggiori controlli nella zona di Figino, di viale Monza, dei Navigli. E ancora: programmi organici sul fenomeno della prostituzione e della violenza contro donne e minori. Valgono per tutti e due i Patti, il rafforzamento dei poliziotti e dei carabinieri di quartiere, che saranno attivi anche nei quartieri border-li-ne. E più in generale, Roma e Milano come le altre città metropolitane potranno contare sull’utilizzazione della "Forza intervento rapido" (Fir) pei progetti mirati sul territorio. Droghe: Casini (Udc); facciamo test obbligatori nelle scuole
Ansa, 18 maggio 2007
"Mettiamo un test obbligatorio anti droga nelle scuole italiane, per i figli dai 14 ai 18 anni, perché la famiglia e i ragazzi devono sapere che drogarsi fa male ed è necessario su questo problema evitare ogni ipocrisia": Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, ai microfoni di Radio Anch’io torna sul tema della droga, ricordando di aver proposto un test anti droga anche per i parlamentari. Casini chiede "a Berlusconi e Prodi di esprimersi con chiarezza" su questo argomento e rivolto al ministro dell’Interno Amato, ricorda la sua proposta per l’introduzione di un test nelle scuole, del quale non si sente più parlare.
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