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Giustizia: procuratore antimafia; il "41bis" si sta svuotando
Ansa, 13 febbraio 2007
Nel 2003 si è registrato un calo di 60 detenuti, di 35 nel 2004, di 45 nel 2005, di 93 nel 2006 e di 12 nel solo mese di gennaio 2007. E nei tribunali di sorveglianza le cose non sono andate meglio: nel 2006 quello di Torino ha respinto 27 proroghe, quelli di Roma e L’Aquila 14 e quello di Perugia 24. Le maglie del carcere duro si stanno allargando. È l’allarme che ha lanciato il Procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, durante la sesta giornata di audizione di fronte alla Commissione antimafia. Secondo Grasso, infatti, dal 2003 sono usciti dal regime previsto dall’articolo 41bis circa 200 condannati e attualmente sono solo 521 i detenuti che scontano il carcere duro. La causa, ad avviso del "superprocuratore", sarebbe da ricercare in una sentenza della Corte Costituzionale che, per la proroga del regime differenziato, richiede la prova dell’attualità dei legami tra il mafioso in prigione e i suoi complici all’esterno. Per questo motivo, si sta assistendo a un "sostanziale svuotamento dell’istituto". Dati statistici alla mano, il procuratore nazionale ha voluto confermare la "fuoriuscita" dei detenuti dal 41bis: nel 2003 si è registrato un calo di 60 detenuti, 35 nel 2004, 45 nel 2005, 93 nel 2006 e 12 nel solo mese di gennaio 2007. E nei tribunali di sorveglianza le cose non sono andate meglio: nel 2006 quello di Torino ha respinto 27 proroghe, quelli di Roma e L’Aquila 14 e quello di Perugia 24. Una soluzione per evitare l’allentamento delle misure di sicurezza la suggerisce lo stesso Grasso: o "si cambia l’istituto del 41bis alla base, facendone una sorta di misura accessoria della pena non soggetta a revoche" o "o si istituisce una sorta di indagine sui detenuti in regime di carcere duro per poter dimostrare, laddove questo si verifica, che continuano a comunicare con l’esterno mantenendo il loro potere direttivo e intimidatorio". Altra soluzione potrebbe essere lo spostamento della competenza a decidere sulla cessazione del regime speciale dal Tribunale di sorveglianza al giudice dell’esecuzione della pena, "più sensibile nel valutare la pericolosità, perché conosce ed esercita nel territorio dove opera il clan del boss catturato". L’articolo 41bis, venne introdotto nel giugno 1992, all’indomani della strage di Capaci. In realtà, l’istituto è stato rinnovato di anno in anno, e solo nel 2003 il Parlamento ha approvato il testo definitivo. Il regime straordinario può essere applicato per i reati di associazione mafiosa, sequestro di persona, terrorismo e omicidio. I detenuti sottoposti al 41bis non possono avere contatti con l’esterno; è permesso un solo colloquio al mese con i familiari per non più un’ora; non possono ricevere pacchi né somme di denaro. Ma l’istituto ha dimostrato di avere delle falle. Nel 1997, le mogli di Giuseppe e Filippo Graviano, i due fratelli boss di Brancaccio condannati per l’omicidio di padre Pino Puglisi e per le stragi di Firenze e di Milano, partorirono a distanza di un mese l’una dall’altra, nonostante i mariti fossero detenuti in regime di carcere duro da oltre due anni. La procura aprì un’indagine, ipotizzando una fecondazione in provetta realizzata illegalmente. Altri detenuti vennero scoperti a comunicare con l’esterno, dando anche ordine di uccidere, attraverso scritte sulle etichette delle bottiglie d’acqua o tramite telefoni cellulari, introdotti di nascosto dai parenti durante i colloqui. Giustizia: Napoli; Mastella incontra avvocati e magistrati
Apcom, 13 febbraio 2007
Gli avvocati ed i magistrati partenopei hanno giudicato positivo l’incontro che hanno avuto questa mattina con il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, a Napoli. Il guardasigilli, dal canto suo, ha definito "una buona giornata" quella trascorsa in compagnia di magistrati e avvocati presso Castel Capuano a Napoli. "Una buona giornata. Abbiamo lavorato ascoltando, ricevendo suggerimenti e indicazioni", ha detto Mastella al termine dell’incontro con i vertici della Magistratura e con gli esponenti della Anm. Molti i punti su cui si è trovato un accordo come la realizzazione del Tribunale di Giuliano e l’avvio a Napoli, in forma sperimentale, del processo telematico previdenziale, nel settore civile. Mastella ha assicurato che il processo telematico sarà avviato "già a giugno" e ha chiesto al sindaco di Giugliano la reale disponibilità a costruire sul proprio territorio il Palazzo di Giustizia. "Il sindaco e l’Amministrazione diano la disponibilità vera, reale - ha detto il guardasigilli - se però Giugliano dimostra qualche reticenza, oppure se emergessero difficoltà anche non ascrivibili alla volontà dell’Amministrazione, ci spostiamo nelle zone limitrofe". Per i magistrati, d’altro canto, la costruzione del Tribunale a Giugliano, rappresenterebbe un grande passo in avanti per la velocizzazione dei processi e per decongestionare il Tribunale di Napoli. "Abbiamo avuto una serie di rassicurazioni - ha detto Francesco Cananzi, presidente dell’Anm napoletana - si spera che si passi dalle parole ai fatti". Durante gli incontri, che si sono protratti per diverse ore, i magistrati hanno anche evidenziato i problemi di organico del personale amministrativo e della carenza di risorse, oltre alla richiesta di utilizzare personale della Polizia penitenziaria all’interno degli uffici giudiziari. I consiglieri dell’Ordine forense di Napoli, con il presidente Franco Tortorano, hanno ricevuto, invece, rassicurazioni dal ministro in merito all’elargizione agli avvocati dei compensi relativi alla difesa d’ufficio e al patrocinio a spese dello Stato da tempo sospesi. Il ministro ha, inoltre, manifestato la propria disponibilità per un incontro con i rappresentanti dell’avvocatura distrettuale delle associazioni forensi per discutere del disegno di legge di riforma dell’ordinamento professionale. Mastella, parlando con i giornalisti, ha poi compiuto un passaggio sul problema criminalità a Napoli: "I problemi si conoscono. C’è una sorta di faida costante. Per questo bisogna mettere gli operatori di giustizia in grado di operare velocemente e bene per debellare la criminalità. Per quanto mi riguarda - ha concluso Mastella - c’è tutto il mio impegno". Giustizia: archiviare procedimenti se c’è irrilevanza del fatto
L’Opinione, 13 febbraio 2007
La lentezza esasperante del sistema Giustizia: questo il tema centrale che il ministro Clemente Mastella ha posto al centro del suo intervento, offerto alle autorità presenti all’inaugurazione dell’anno giudiziario celebrato in Cassazione. Una questione da molti dibattuta nel corso degli anni, che ha assunto toni polemici infuocati, e che ha portato anche alla messa a punto, nella scorsa legislatura, di soluzioni controverse: la riduzione dei termini della prescrizione, l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento per l’imputato. La normativa sulla prescrizione è in discussione e la legge Pecorella è stata dichiarata illegittima dal massimo organo di conformità costituzionale. Per ora il problema rimane, e restano in piedi le questioni legate a molti aspetti organizzativi del processo penale. Le cifre che il Guardasigilli ha avuto modo di elencare nella sua illustrazione di venerdì scorso, per le quali è stata lanciata l’idea di una normalizzazione dei tempi del processo, rappresentano l’elevato indice dei problemi, ormai cronici, del pianeta giustizia. È per questo motivo che le soluzioni prospettate, magari troppo generali, non appaiono fuori luogo. Al momento l’occasione di una verifica totale del sistema è dettata dall’emergenza. La stessa che ha imposto al procuratore capo di Torino Maddalena, di diffondere una nota sulla spaventosa mole di inchieste pendenti e che, si sa già, moriranno per effetto del provvedimento d’indulto varato dal Parlamento l’estate scorsa "Archiviate i processi a rischio indulto, perché andare avanti è contro la logica". Questo il messaggio di Maddalena ai cinquantotto sostituti del suo ufficio. E le polemiche già affiorate nel corso delle celebrazioni dell’anno giudiziario da parte degli esponenti dell’ordine forense riprendono vigore. Il carico di processi pendenti alla procura di Torino è notevole, con duemila richieste di emissione di decreto penale di condanna non ancora esaminate e cinquemila decreti di condanna emessi e non ancora notificati; la maggior parte dei quali si conosce già la destinazione finale. Un lavoro inutile che si vuole evitare, e che secondo la procedura vigente appare necessario. "Si combinano due effetti perversi: il condono e la sicura prescrizione", si legge nella nota diramata dalla procura, che guarda più a quelle 4300 notizie di reato post-indulto: procedimenti importanti da salvare, "per evitare di celebrarne i relativi processi nel 2012". "Una scelta legittima ma pericolosa" la definisce il consigliere Roia, utile al dibattito dell’obbligatorietà dell’azione penale, a detta del componente del Csm, che proprio per questo rilancia la proposta di "introdurre il principio del non procedere per l’irrilevanza del fatto" come elemento nuovo della richiesta di archiviazione. Una scelta legittima per la semplice logica di considerare ed affrontare di petto la situazione contingente, ma che inserisce un elemento di disarmonia con il principio costituzionale dell’art. 112. Sulla stessa lunghezza d’onda gli avvocati, che anche in tempi passati hanno attivato il confronto proprio al fine di scongiurare il rischio di far entrare, surrettiziamente, il principio della discrezionalità dell’azione penale. Per intenderci, l’iniziativa di Torino, che può preludere ad altre iniziative di pari ordine, si è venuta a generare per l’inerzia del Csm che, chiamato nella scorsa estate ad esprimersi sui criteri di priorità nella trattazione dei fascicoli, ha dichiarato la propria incompetenza proprio in assenza di una legge ad hoc. Sul fronte del diritto quotidiano, quello applicato giorno dopo giorno nelle aule di tribunale, ci si domanda in molti se si debba misurare lo spirito dell’art. 112, legandolo però alle esigenze organizzative e alle priorità dell’azione penale stessa. Davanti al giudice di pace o al tribunale per i minori già lo si attua. Che lo si debba fare attraverso disposizioni di organizzazione pare controverso con lo spirito stesso della Costituzione. Se non si mantiene fermo il principio dell’obbligatorietà si corre il rischio che lo stesso dettato costituzionale si possa adattare con segni contrastanti ufficio per ufficio: questo può portare alla creazione di corsie di sorpasso per i procedimenti che ogni procura vorrà stabilire. A questo punto la proposta di Roia accennata in precedenza, e che si condivide in pieno, viene ad assumere rilevanza nodale. L’introduzione, cioè, del principio per cui "davanti ad un fatto occasionale, di scarso allarme sociale, commesso da un incensurato, magari prevedendo la riparazione del danno, il pm non eserciti l’azione penale chiedendo al gip l’archiviazione del procedimento". Giustizia: Sappe; finanziaria taglia ulteriori fondi ai poliziotti
Comunicato stampa, 13 febbraio 2007
"La scure del Governo Prodi che ha tagliato fondi e risorse da destinare alle Forze di Polizia sta davvero raggiungendo limiti inaccettabili ed impensabili. È il caso, questo volta, della ulteriore decurtazione prevista dalla Legge Finanziaria 2007, contro la quale 70mila poliziotti aderenti ai Sindacati della Consulta Sicurezza (Sappe, Sap, Sapaf) sono scesi in piazza a Roma lo scorso 5 dicembre 2006, dei fondi stanziati sul capitolo di bilancio destinato al rimborso delle spese sostenute dai poliziotti penitenziari per le rette degli asili nido. Questo conferma ciò che noi avevamo previsto: che quella del Governo Prodi è una Finanziaria ingiusta proprio verso quelli che quotidianamente rischiano la vita per il Paese". Giudizio durissimo della Segreteria Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, Organizzazione più rappresentativa della Categoria con oltre 11mila iscritti, alla nota trasmessa dalla Direzione Generale del personale dell’Amministrazione Penitenziaria con cui si da notizia che la legge di bilancio 2007 ha ulteriormente ridotto lo stanziamento del capitolo di spesa previsto proprio per il rimborso delle rette degli asili nido al Personale di Polizia Penitenziaria. "Il Dipartimento ha invitato tutte le Direzioni dei penitenziari a non effettuare alcun rimborso o pagamento per ciò che invece è espressamente previsto da una norma contrattuale. E ciò è veramente inaccettabile ed ha il sapore di una beffa per i figli di quelle donne e quegli uomini in divisa che ogni giorno rischiano (e talvolta purtroppo la perdono…) la vita contro la criminalità. È il contratto di lavoro dei poliziotti siglato nel 2002 che prevede che nell’ambito delle attività assistenziali nei confronti del personale e nei limiti degli stanziamenti relativi ai capitoli ad esse inerenti l’amministrazione, in luogo della istituzione di asili nido, si può concedere il rimborso, anche parziale, delle rette relative alle spese sostenute dai poliziotti per i figli a carico. Tutto ciò prima che colpisse la scure di Prodi e Padoa Schioppa, una scure che ha già tagliato abbondantemente le risorse per le Forze di Polizia e contro la quale il Sappe, insieme a Sap per la Polizia e Sapaf per il Corpo Forestale, hanno dato vita a Roma alla storica manifestazione del 5 dicembre 2006 con 70mila poliziotti in piazza. E che questo ulteriore taglio ai fondi dei poliziotti avvenga il giorno dopo la brillante operazione che ha sgominato le nuove Brigate Rosse e a 10 giorni dall’assassinio dell’Ispettore Capo Filippo Raciti allo stadio di Catania aggiunge molta amarezza e delusione negli 11mila poliziotti penitenziari del Sappe!". Veneto: Ass. Valdegamberi; il reinserimento, non le "ronde"
Comunicato stampa, 13 febbraio 2007
"Le ronde non sono una risposta sufficiente alle richieste di sicurezza che giustamente provengono dai cittadini. Dobbiamo investire sulla prevenzione e aiutare il carcere a svolgere effettivamente una funzione rieducativa e permettere il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti. Questo è il vero interesse della Regione come istituzione e del Veneto come società". Lo ha affermato l’Assessore regionale alle politiche sociali Stefano Valdegamberi che ha presenziato all’incontro - tenutosi nella sede della Giunta veneta - della Commissione interistituzionale sull’area penitenziaria prevista dal Protocollo d’intesa specifico, a suo tempo sottoscritto tra Regione Veneto e Ministero della Giustizia. Della Commissione fanno parte le direzioni delle carceri venete, i rappresentanti delle Ullss, gli assessori comunali e provinciale alle politiche sociali, le aziende Ullss, le scuole, le associazioni di volontariato e del privato sociale. "Uno strumento come il protocollo d’intesa tra Regione e Ministero - spiega Valdegamberi - realizza sinergie indispensabili a fare progetti concreti di inserimento post carcere ed è statisticamente provato che così si abbassa la possibilità di ritornare a delinquere e anche di ritornare in carcere in breve tempo". Il protocollo regola i programmi d’intervento rivolti: alla territorializzazione della pena, all’edilizia penitenziaria, alla salute dei detenuti, all’assistenza dei detenuti tossicodipendenti e alcol dipendenti, dei detenuti nelle carceri minorili, dei detenuti stranieri. Inoltre interventi nei settori dell’istruzione, della formazione professionale e del reinserimento lavorativo e sociale, delle iniziative culturali, sportive e ricreative, dell’area penale esterna, della formazione del personale del Ministero, della Regione, degli enti locali, del volontariato e del terzo settore. Valdegamberi ha reso noto l’aggiornamento della situazione nelle carceri nel Veneto. Al 31 dicembre 2006 nei 10 Istituti di Prevenzione e Pena, aventi complessivamente una capienza di 1782 posti, erano presenti 1665 detenuti. Di questi il 15,6% erano veneti (n. 261 soggetti), l’11,4% avevano meno di 25 anni (n. 190 soggetti), il 94,3% di sesso maschile (n. 1570 soggetti) e il 42,8% con una sentenza definitiva (n. 713 soggetti). 508 (pari al 30,51%) risultavano essere tossicodipendenti (66 con meno di 25 anni). Negli ultimi sette anni, la Giunta Regionale, per la realizzazione di iniziative educative, culturali, sportive e ricreative ha stanziato 3 milioni di euro, coinvolgendo la totalità degli istituti penitenziari con 215 progetti che hanno riguardato complessivamente 40.400 detenuti. Il totale di soggetti in misura alternativa (affidamento in prova ai servizi sociali, semilibertà, detenzione domiciliare, semidetenzione) nel Veneto, alla data del 30 giugno 2006, è di 1.888. Per quanto riguarda invece le misure di sicurezza (applicabili ai minorenni con meno di 14 anni: libertà vigilata, collocamento in comunità), in Veneto sono state concesse a 137 soggetti. Il 31 luglio 2006 è entrata in vigore la legge n. 241 sull’indulto. Alla data del 30 giugno 2006, nel Veneto, il tasso medio di sovraffollamento era del 162,7%, un 62,7% in più rispetto alla capienza regolamentare, con la presenza di 2.842 persone ristrette negli Istituti di Pena a fronte di una capienza regolamentare di 1.782 posti. Nel Veneto, alla data del 31.08.2006, le persone scarcerate dagli Istituti Penitenziari sono state 1.209 e questo ha portato la situazione a livelli fisiologici. Roma: dalle nuove Br minacce al Garante dei detenuti Marroni
Ansa, 13 febbraio 2007
Una lettera intimidatoria - firmata con la stella a cinque punte e la sigla Brigata Rossa. Partito Comunista Combattente Nucleo Galesi - è stata recapitata al Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio, avvocato Angiolo Marroni. Il testo della missiva scritta al computer (spedita nei giorni scorsi ed arrivata in sede ieri, proprio in coincidenza con gli arresti effettuati dalle forze dell’ordine a Milano), è di poco meno di cinque righe. La firma (con la stella a cinque punte cerchiata) è del Partito Comunista Combattente Nucleo Galesi, il terrorista ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia su un treno in Toscana. Al garante per i diritti dei detenuti conviene informarsi presso i digossini se deve stare molto attento a come si muove. Questo è l’ammonimento! Onore a tutti i compagni morti! Brigata Rossa! Partito comunista combattente. Nucleo Galesi. Dell’accaduto sono state informate le forze dell’ordine, che hanno immediatamente provveduto ad effettuare i primi rilievi sulla lettera e ad acquisire il documento. "Non è mia intenzione lasciarmi intimorire da atti di questo genere - ha commentato il Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio Angiolo Marroni - Ormai sono anni, e gli ultimi due come Garante, che mi occupo delle problematiche dei diritti dei detenuti. Il mio impegno in questa direzione continuerà come prima". Verona: fra Beppe e Pietro Maso; ma la strada è ancora lunga
L’Arena di Verona, 13 febbraio 2007
"Le lettere delle sue ammiratrici le ho tutte io. Ma non sono mica solo ragazzine. Ci sono tante mamme che pregano per lui, religiosi che hanno capito il momento che sta attraversando e gli mandano un incoraggiamento. Le tengo tutte io, in questo cassetto. Pietro Maso le ha date a me". Frà Beppe Prioli è cauto. Molto cauto. Il frate conosciutissimo nel Vicentino per aver vissuto 16 anni nella comunità francescana di Breganze e aver fondato al convento San Pancrazio di Barbarano un’associazione per i famigliari dei detenuti, non canta certo vittoria per un’intervista. Pietro Maso ha raccontato il suo cammino di redenzione al consigliere regionale della Lombardia Marcello Saponara che è andato a trovarlo nel carcere milanese di Opera, riportato nei giorni scorsi da Repubblica. E ha rilasciato parole bellissime per quel frate che gli ha fatto vedere la luce: "Il mio tutor. Ci siamo scelti l’un l’altro. Quando ci vediamo ce lo diciamo sempre". E poi via, il racconto uscito dal cuore: il passato, il futuro, la fede, la preghiera, il rosario: "Lo recito spesso. Pregare è come dire "ti amo" alla tua donna". Il desiderio di gridare al mondo che l’odio non serve, che la fede lo ha cambiato. La volontà di "tendere una mano ai giovani prima che commettano cose orrende". Fra Beppe, da parte sua, non gioisce per il quadretto uscito dall’intervista e per i buoni propositi. Lui Pietro Maso lo ha preso per mano subito. All’indomani del massacro. Padre e madre - era il 17 aprile del 1991 - erano rientrati da un incontro di preghiera al convento San Daniele di Lonigo. Il figlio minore, Pietro Maso, li attendeva nella villetta di Montecchia di Crosara. Un agguato con padella e bloccasterzo insieme a tre amici per impadronirsi dell’eredità e fare la bella vita. Salì agli onori della cronaca nera come il massacro del Nordest e mosse le interpretazioni di fior di psichiatri e sociologi. Maso fu condannato a 30 anni e due mesi. Finirà di scontare la galera nel 2015 (anziché nel 2018 per i benefici dell’indulto). Gli mancano 8 anni. Fra Beppe parla malvolentieri del caso Maso e spiega anche perché: "Più ne parliamo e più si rischia di mettere a repentaglio il suo inserimento, i suoi permessi. E poi non è mica finita qui. C’è ancora tanto da lavorare, c’è tutto il reinserimento e non è una cosa facile, bisogna avere molta prudenza, cautela". Fra Beppe è così. Lui si è avvicinato a Maso e a tanti altri condannati eccellenti. A Maso, come agli altri, per tanti anni nessuna domanda sull’omicidio commesso. "Mi sono accostato a Pietro, ho dimenticato chi era, cosa aveva commesso. Per anni abbiamo parlato di tutto, della vita e dei valori. L’ho aiutato a vivere il carcere. Gli ho dato il tau. Ho dato tempo al tempo. E solo dopo tanto tempo abbiamo parlato del delitto, della madre e del padre, non prima". "Ci siamo scelti l’un l’altro - dice Maso - è fra Beppe il mio tutor". A lui ha dato anche le lettere delle ammiratrici: "Ne ricevo ancora tante - dice - ma non rispondo più. Meglio dare una mano a chi rischia di perdersi". Fra Beppe taglia corto su Maso. Preferisce guardare oltre. Alla giornata di Barbarano per esempio: appuntamento domenica 25 febbraio con i famigliari di tanti carcerati, i volontari dell’associazione e anche qualche detenuto in permesso. Non Pietro Maso. Firenze: cartella clinica informatizzata per i reclusi toscani
InToscana, 13 febbraio 2007
Sarà estesa a tutti gli istituti penali della Toscana il modello di cartella clinica informatizzata realizzato con il progetto "Ulisse". Il progetto Ulisse ha concluso la sua prima fase, presentando, il 29 gennaio, a Sollicciano, la Casa Circondariale di Firenze, il prototipo della cartella clinica informatizzata messo a punto dopo un periodo di sperimentazione in cinque Istituti della Toscana (Massa, Firenze, Pisa, Livorno e San Gimignano). Dopo la presentazione la cartella clinica informatizzata sarà introdotta in tutti gli Istituti penitenziari della Toscana. "Ulisse" dà seguito e concretezza alla Legge Regionale n. 64 che prevede un’integrazione tra Sistema sanitario Regionale e Sanità Penitenziaria. Tale integrazione è alla base dell’intesa tra l’Assessorato regionale alla Salute, nella persona dell’Assessore Enrico Rossi, e il Dr. Massimo De Pascalis, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, che nell’ambito della leale collaborazione tra Enti Pubblici ha dato il via al progetto. "Ulisse", infatti, prende le mosse nel 2005, quando si costituisce un gruppo di lavoro composto di esperti della Unità Operativa di Sanità Penitenziaria, che fa capo all’Ufficio detenuti del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, e da tecnici della ASL 5 di Pisa, incaricati della Regione Toscana di seguire il progetto. Il gruppo elabora un prototipo di cartella clinica informatizzata, sulla tipologia della cartella in uso nei Servizi per le tossicodipendenze della Regione, adattata però alle peculiari esigenze e forme di organizzazione del Sistema di Assistenza Sanitaria in carcere. Obiettivo prioritario e qualificante dell’intero progetto è quello di garantire l’indispensabile processo di integrazione e di continuità tra i due diversi momenti di assistenza e cura (fuori e dentro il carcere), restituendo appieno alle persone detenute la loro dignità di cittadini. Grazie al server che agisce da "nodo" di raccolta dei dati, ospitato presso la CC di Firenze Sollicciano, sarà infatti possibile reperire dati epidemiologici e di studio relativi alla popolazione detenuta. Le informazioni potranno essere condivise con il Sistema Sanitario Regionale esterno. Tutti gli esami di laboratorio e strumentali praticati all’esterno, le prenotazioni ambulatoriali, i trattamenti in telemedicina saranno accessibili al personale medico penitenziario, e viceversa, abbattendo anche in questo delicatissimo settore il "muro" della diversità. "Ulisse" è una tappa per avvicinarsi ad un servizio sanitario penitenziario ideale che metta tutti gli operatori sanitari che a vario titolo intervengono o interverranno sul detenuto- paziente in grado di operare in sinergia. Il progetto agisce per superare le lentezze e le difficoltà dovute agli spostamenti o trasferimenti che caratterizzano la vita della persona in detenzione abbattendo i rischi per la salute dei cittadini detenuti. Garantire pienamente il diritto alla salute anche delle persone recluse è l’obiettivo comune del lavoro della Regione Toscana e del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria. Pesaro: a teatro negli istituti penitenziari delle Marche
Go Marche, 13 febbraio 2007
Il teatro come forma di comunicazione sociale con valenza riabilitativa; dal 13 al 15 febbraio attori professionisti e attori detenuti saranno insieme in tournèe negli istituti penitenziari marchigiani. Replica conclusiva venerdì 16 al Teatro Battelli di Macerata Feltria. Da stasera fino a giovedì 15 febbraio , una Compagnia integrata, composta da attori del Teatro Aenigma di Urbino e attori della Compagnia de Lo Spacco della Casa Circondariale di Villa Fastiggi di Pesaro, presenterà negli istituti penitenziari di Ancona Montacuto, Fossombrone e Pesaro uno spettacolo di Teatro-Forum. L’esperienza si concluderà, con una replica aperta al pubblico, con ingresso libero, venerdì 16 febbraio alle ore 20.15 presso il Teatro Battelli di Macerata Feltria, con il coinvolgimento Casa Mandamentale presente in quel territorio. La rappresentazione ruota intorno alla vicenda di Danilo, il protagonista, appena scarcerato grazie all’indulto, che al suo rientro a casa troverà grosse difficoltà di reinserimento. Lo aiuteranno sua moglie o sua figlia, l’assistente sociale del Comune o il suo ex datore di lavoro? Come lo accolgono i suoi vecchi amici? E lui stesso cosa può fare? La vicenda si presenta al pubblico in tutta la sua problematicità. A stimolare una interazione tra scena e platea interviene Roberto Mazzini (presidente dell’Associazione Giolli per la promozione del Teatro dell’Oppresso in Italia) invitando gli osservatori a trasformarsi in "spett-attori" alla ricerca di suggerimenti concreti quali ‘agenti di cambiamentò. Il Teatro Forum permette di sondare quel confine labile esistente tra Teatro e Vita, ponendosi alcuni importanti obiettivi quali la riduzione del disagio psico-sociale delle persone coinvolte, la sperimentazione di rapporti interpersonali e l’inserimento sociale in condizioni di disagio. Questa particolare modalità di lavoro teatrale, formulata dal regista brasiliano Augusto Boal ideatore del "Teatro dell’Oppresso", nasce in Perù, casualmente, per l’insoddisfazione di una spettatrice che non riusciva a veder realizzati dagli attori i propri suggerimenti. Il conduttore del Forum, chiamato Jolly, non giudica i diversi interventi ma interpella il pubblico sulla realtà ed efficacia delle soluzioni proposte. Si tratta quindi di un dibattito, però svolto con i mezzi e il linguaggio teatrali. L’iniziativa è Patrocinata dal Ministero della Giustizia (Dipartimento Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e Direzioni degli Istituti coinvolti), dalla Regione Marche nonché dal Comune di Macerata Feltria e dalla Comunità Montana del Montefeltro - zona B per la replica di venerdì sera al Teatro Battelli. Bologna: convegno "Salute e pena. Il carcere fa Male"
Comunicato stampa, 13 febbraio 2007
"Salute e pena. Il carcere fa Male" Bologna, 23 febbraio 2007 Sala Cappella Farnese di Palazzo D’Accursio Piazza Maggiore 6
Venerdì 23 febbraio alle ore 17 nella sala Cappella Farnese di palazzo D’Accursio, in Piazza Maggiore 6 a Bologna, si terrà un convegno dal titolo "Salute e Pena. Il carcere fa male" Nel corso del convegno, promosso dall’associazione "A Buon Diritto" e dall’associazione "Nuovamente" con il patrocinio del Comune di Bologna e realizzato con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna; sarà illustrata la ricerca "L’assistenza psichiatrica nel carcere di Bologna", indagine sulla salute nella casa circondariale "Dozza" a cura di Laura Astarita, coordinatrice dell’osservatorio dell’associazione Antigone. Interverranno: Desi Bruno Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Bologna, Libero Mancuso assessore agli Affari generali e istituzionali del Comune di Bologna, Giovanni Bissono assessore alle Politiche per la salute della Regione Emilia Romagna, Maria Longo magistrato di Sorveglianza; concluderà: Luigi Manconi sottosegretario al ministero della Giustizia; coordina: Diego Benecchi associazione Nuovamente. Confermare la partecipazione a: ass.nuovamente@libero.it; 051.6493767; abuondiritto@abuondiritto.it; 06.85356796 Roma: spettacolo teatrale dei ragazzi dell’Ipm Casal del Marmo
Comunicato stampa, 13 febbraio 2007
"Che sia l’amore tutto ciò che esiste" Teatro Antares di Ceccano (FR) - P.zza Barbieri Sabato 17 febbraio ore 11.00
Organizzato dall’A.C. Adynaton di Roma in collaborazione con l’Ass. Wellness di Ceccano. Finanziato dal Consiglio Regionale del Lazio. Patrocinato dal Comune di Ceccano e dal Centro Servizi Volontariato del Lazio. Un viaggio scanzonato, danzato e divertente alla ricerca del positivo e del buono che c’è nella realtà. I protagonisti, curiosi e fiduciosi, parlano d’amore attraverso drammaturgie d’autore, musica, poesie, azioni e drammaturgie originali. In scena le voci e le emozioni di adolescenti che hanno molto vissuto e poco sognato. Lo Spettacolo vede protagonista la Compagnia Multietnica "Casal del Marmo in Libertà" formata da ragazzi in misure penali alternative alla custodia detentiva o ospiti di comunità di recupero, affiancati da attori professionisti e studenti dell’Università La Sapienza. È inserito all’interno del convegno "Prevenire con amore" dedicato alla prevenzione sui temi legati alla salute e all’ambiente (ambiente, nutrizione, prevenzione primaria e secondaria, prevenzione e cura del dolore cronico) Regia: Emanuela Giovannini e Giorgio Spaziani. Cast: Mouad dal Marocco, Marco e Giuseppe - Sinti, Veronica da Capoverde, Hanna dalla Somalia, Mohssine dal Marocco, Andrea da Roma, Roberto Saura, Valentina Mignogna, Sara Vecchietti, Vittoria Zolfini. E gli attori Valerio Di Filippo, Paolino Blandano, Emanuela Giovannini La compagnia è nata nel 2005 quale naturale prosecuzione all’esterno dell’attività teatrale che l’Associazione Adynaton conduce, dal 1998, presso l’Istituto Penale per Minorenni "Casal del Marmo" di Roma. Con i ragazzi che escono dall’Istituto, con gli altri provenienti dal Centro Giustizia Minorile o dalle comunità di recupero e con gli attori, si porta avanti una ricerca teatrale che ha per oggetto l’indagine della società attuale, delle varie realtà che la compongono e delle sue contraddizioni e dei suoi rischi. Tutto questo, però nello stile del Varietà e della Satira italiani, dando vita a spettacoli composti di esuberanti sketches, non-sense, pantomime, monologhi, dialoghi e performance che stemperano la serietà delle tematiche affrontate e raccontano la straordinaria energia positiva che i ragazzi sanno porre anche nelle difficoltà e nel disagio. "Che sia l’amore tutto ciò che esiste" propone, quindi, l’amore, nel suo senso più alto di comunione con il prossimo, quale strumento per affrontare qualunque percorso riabilititativo e rieducativo e quale alternativa contro tutto quanto sia lesivo della persona e della libertà di scelta e di pensiero. Catania: mostra di pittura, i maestri sono 2 detenuti
La Sicilia, 13 febbraio 2007
Sono stati più di 80, fra tele e disegni, i lavori esposti ieri nell’oratorio della chiesa di San Pio X di Nesima, realizzati dai ragazzi appartenenti all’omonimo quartiere, nell’ambito del progetto "Tra il Nero e il Bianco c’è… il Sole", un’iniziativa della cooperativa sociale "Eco Tourist" finanziata dall’assessorato alle Politiche sociali del Comune. Un’esperienza che, riconfermata per il secondo anno consecutivo, ha voluto, ancora una volta, dare ai ragazzi partecipanti un’opportunità di crescita, di educazione e di comunicazione, attraverso un corso di pittura tenuto dal maestro Alessandro Bronzini, un detenuto della casa circondariale di Augusta, e dal codocente, il detenuto Stefano Andrasek. I due insegnanti hanno seguito passo passo gli "allievi" non solo nell’arte del dipingere ma sono stati molto vicini a quest’ultimi raccontando la loro personale esperienza affinché questi ragazzi, che vivono spesso situazioni particolari di disagio, possano farne tesoro e allontanarsi da cattive compagnie. Grande entusiasmo da parte del presidente della cooperativa, Lucia Di Mauro, soddisfatta dei risultati raggiunti quest’anno grazie anche ai numerosi incontri con le famiglie dei trenta ragazzi partecipanti al progetto che si sono tenuti con il supporto di psicologi ed educatori. Un progetto che ha affascinato non solo i ragazzi, di età compresa tra i 10 e i 18 anni, ma i bambini e i genitori che frequentano la parrocchia, che hanno voluto aderire all’iniziativa esprimendo, attraverso i dipinti, la loro gioia, la loro tristezza, i loro sogni, la voglia di vincere. Presente anche l’arcivescovo di Catania Salvatore Gristina. Arezzo: overdose in comunità "Betania", parla il direttore
La Nazione, 13 febbraio 2007
"Un fulmine a ciel sereno". Chiuso nel refettorio, attorniato da alcuni dei suoi ragazzi, il fedele cane ‘Bossolò accovacciato ai suoi piedi, padre Antonio Nardi va avanti e indietro, brandendo il bastone cui ha dovuto affidarsi suo malgrado, quando gli acciacchi dell’età lo hanno reso meno agile nel camminare. Intorno a lui, guida spirituale e direttore della comunità Betania a Salutio di Talla, sguardi bassi e silenzio. La doppia overdose che, con un’iniezione endovena, ha ucciso nella notte Maurizio Bozano, quarantenne ex tossicodipendente arrivato da Jesi un anno fa, e ha spedito in rianimazione a Bibbiena il compagno di stanza Massimiliano Sgatti, fiorentino di 39 anni - nella cameretta al primo piano della villa liberty immersa nel verde in cui ha sede la casa famiglia - , riapre la bocca di quel tunnel senza fondo che molti dei ragazzi di padre Antonio vedevano ormai come un nemico lontano. Un nemico che pensavano sconfitto e che invece è tornato a minacciarli da vicino, nella cameretta accanto, mentre tutti erano immersi nel sonno. Ma padre Antonio, vecchio leone, non ha nessuna intenzione di arrendersi. Non si è arreso ieri mattina, poco dopo le 9, quando, non vedendo scendere a colazione Maurizio e Massimiliano, ha mandato un altro dei ragazzi a svegliarli. E qualche attimo dopo l’ha visto tornare giù di volata, il viso rigato di lacrime. No, padre Antonio non si è arreso. Ha impugnato il suo bastone di bambù ed è salito nella cameretta. Ha visto Maurizio inginocchiato a terra, la faccia in giù, le braccia spalancate come nell’estremo tentativo di rialzarsi. "L’ho toccato - racconta il sacerdote - ed era già freddo. Massimiliano era poco più in là. Riverso a terra accanto al suo letto. Ancora tiepido. Mi sono inginocchiato anch’io e ho tentato più volte il massaggio cardiaco. Non sono un infermiere, ma ho fatto come fanno quei medici in televisione. Continuavo a chiamarlo. E alla fine mi ha sentito. Ha avuto un primo rigurgito, poi il secondo, poi ha ripreso debolmente a respirare. Proprio in quel momento è arrivata l’ambulanza e loro, con i macchinari, hanno fatto il resto. Il medico del 118 ha detto che l’ho salvato io, ma io sono stato soltanto un mezzo. A salvare Massimiliano è stato Nostro Signore". "Ci voleva anche questa - commenta sospirando - eppure quei due non mi avevano mai dato pensiero. Maurizio poi era la mia ombra. Mi fidavo di lui e gli assegnavo molti compiti qui nella casa. Era arrivato un anno fa, da Jesi. Una brutta storia alle spalle, la moglie morta di overdose, un bambino piccolo che è stato affidato ad un’altra famiglia. I servizi sociali avevano consigliato di mandarlo lontano, fuori regione e lui era arrivato qua e pareva proprio aver chiuso con la droga. Era un ragazzo posato, serio, maturo. Uno che mai aveva creato problemi. Tanto che l’altro giorno, quando è partito per le Marche, per l’appuntamento mensile con il Ser.T. di Jesi, gli abbiamo prestato la nostra Punto in modo che non avesse i soliti problemi con i treni. L’altro Massimiliano, invece, era più vivace, sempre agitato. E suo padre, ogni volta che doveva andare al Ser.T., veniva a prenderlo e lo riportava, così da impedirgli di rientrare in brutti giri. Invece". Invece, secondo padre Antonio, è stato proprio Maurizio, il più posato dei due, ad acquistare la droga. A portarla a Betania, dov’è rientrato mercoledì sera, per l’ora di cena. E probabilmente è stato proprio lui a convincere anche il compagno di stanza a provarla. Un tuffo nel tunnel. Una doppia endovena e un viaggio che per Maurizio è stato senza ritorno. Massimiliano è tornato, strappato alla morte dalla tenacia di padre Antonio, il vecchio leone che non si è arreso. Immigrazione: Padova, progetto per reinserimento disoccupati
Comunicato stampa, 13 febbraio 2007
Il progetto REI - Reinserimento lavorativo per immigrati disoccupati - gestito da Italia Lavoro, Agenzia Tecnica del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, offre l’opportunità a quanti siano interessati ad assumere un cittadino straniero non comunitario e disoccupato con il permesso di soggiorno prossimo alla scadenza, di accedere ad un contributo una tantum del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale quantificabile in euro 5.000,00 per un contratto a tempo indeterminato e di euro 1.500,00 per contratto a tempo determinato. I contratti potranno contemplare anche il tempo parziale, ma il compenso non dovrà comunque essere inferiore al compenso minimo richiesto attualmente per il rinnovo del permesso di soggiorno. Le aziende interessate dovranno compilare la manifestazione di interesse ed inviarla seguendo le istruzioni allegate per entrare in graduatoria. I contributi infatti sono predeterminati in 35 posti a tempo indeterminato e 25 a tempo determinato con durata non inferiore ai 12 mesi. Concorrerà alla selezione, a parità di punteggio, la data di arrivo della raccomandata. L’adesione alla manifestazione di interesse non comporta per le aziende l’obbligo di assunzione. Per le aziende presenti sul territorio della Provincia di Padova le domande di adesione alla selezione dovranno essere inviate al recapito di seguito indicato: Provincia di Padova - Settore Lavoro e Formazione - Piazza Antenore, 3 - 35121 Padova. Le domande, in busta chiusa, recanti sulla busta la dicitura "Avviso Rei", dovranno essere spedite con raccomandata con ricevuta di ritorno entro e non oltre sessanta giorni dal 22.01.07 (23 marzo) a pena di inammissibilità. Sull’offerta il progetto, gestito da Italia Lavoro SpA, ha istituito uno sportello presso il CPI di Padova, referente la dott.ssa Katia Galeazzo operatrice di Italia Lavoro - tel. 049.8201505 - e-mail: kgaleazzo@italialavoro.it; lo sportello raccoglie le richieste dei lavoratori immigrati nei giorni: lunedì dalle ore 09.00 alle ore 12.30; mercoledì dalle ore 15.00 alle ore 17.00; venerdì dalle ore 9.00 alle ore 12.30. Immigrazione: Bologna; giunta divisa sulla chiusura del Cpt
L’Espresso, 13 febbraio 2007
Nel giorno in cui Sergio Cofferati, annuncia la sua prima visita al Cpt di via Mattei, l’Unione si divide in consiglio comunale proprio sul centro di permanenza temporanea. E s’incrina anche la compattezza del gruppo Ds: infatti due consiglieri della Quercia, il neo portavoce dell’area Mussi Gian Guido Naldi e Camilla Giunti votano l’ordine del giorno presentato dall’Altrasinistra per chiedere "la cessazione di tutte le attività del centro di permanenza temporanea di via Mattei". Questo, del resto, non è bastato per fare passare il testo firmato per primo da Valerio Monteventi (Prc), sconfitto alla conta dei voti. Approvato invece il documento proposto da Ds e Dl, piuttosto simile nella formulazione. Anche qui, anche se in un modo più soft, si invita la giunta comunale a "impegnarsi affinché gli obiettivi prefigurati dal programma di mandato in merito al Cpt possano essere raggiunti in tempi brevi": cioè il "superamento" della struttura. Ma non c’è, invece, l’appello alla "cessazione di tutte le attività" richiesto dal Prc, Verdi e Cantiere. E ancora una volta la maggioranza si divide in due. Ds e Dl da una parte (pensando al Partito democratico) e dall’altra l’ala più radicale sotto le insegne dell’Altrasinistra. "La verità è che il centrosinistra a Palazzo d’Accursio non c’è più e il sindaco dovrebbe agire di conseguenza, ovvero rimettersi al giudizio degli elettori" dice per la Cdl il consigliere di FI Lorenzo Tomassini. La bagarre in aula arriva dopo l’intenzione annunciata dal sindaco di effettuare a breve un sopralluogo al centro che ospita 75 persone (ieri mattina l’ennesima fuga di sette extracomunitari tre dei quali subito bloccati dai Carabineri). "Ho parlato a lungo con la Garante dei diritti delle persone private della libertà personale (l’avvocato Desi Bruno-ndr) della situazione presente nel Centro di permanenza temporanea - spiega Cofferati - e ho deciso di chiedere l’autorizzazione per visitarlo nei prossimi giorni insieme a lei". Una decisione maturata, secondo il sindaco, dopo l’ultimo incontro avuto con il Garante per fare il punto sulla situazione nel carcere della Dozza e nel Cpt. "Anche alla luce delle cose che mi sono state descritte e della situazione che c’è nel Cpt, tema del quale abbiamo a lungo discusso con l’ambasciatore De Mistura (rappresentante della commissione ministeriale che nei mesi scorsi ha visitato tutti i Cpt in Italia-ndr) durante la sua visita, credo che sia utile andare a verificare la situazione esistente". I centri sociali bolognesi invocano la chiusura del Cpt e il 3 marzo scenderanno in piazza con un corteo nazionale che partirà da piazza Maggiore. Finora Cofferati ha visitato i detenuti della Dozza, ma mai il centro di permanenza per gli immigrati clandestini. "Il problema più grande in via Mattei - dice Desi Bruno - non è il sovraffollamento ma la composizione delle presenze. Il 50% degli ospiti arriva dal carcere, sono persone che non dovrebbero essere mischiate con i clandestini che lavorano in nero o con le donne spesso vittima della tratta. Anche per questo abbiamo deciso di attivare uno sportello di informazioni all’interno del Cpt per dare una risposta ai richiedenti asilo o a coloro che chiedono la protezione sociale denunciando la loro condizione di sfruttamento". Immigrazione: se i CPT non si chiudono adesso, quando?
Melting Pot, 13 febbraio 2007
Dopo sei mesi in cui la Commissione De Mistura, incaricata dal Ministero degli Interni Amato di elaborare una strategia di "superamento" dei C.P.T., ha svolto la sua inchiesta visitando 14 centri di permanenza temporanea, ieri ha esposto la sua relazione finale. La relazione riporta i dati - già conosciuti - delle irregolarità, sottolineando come i canali di ingresso dell’attuale legislazione risultino "irrazionali" rispetto alla pressione migratoria. I rilievi sono stati fatti in 14 cpta, 4 cid, 4 cpa. Viene stimato che in Italia ci siano all’incirca 300.000 cittadini irregolari. Dalla relazione si evince, quindi, come il sistema attuale di trattenimento non risponda alle complesse problematiche del fenomeno. La strategia di "superamento" dei C.P.T. si baserebbe in prima battuta su un parziale svuotamento dei centri, escludendo dalla detenzione alcune "categorie" di migranti, e mantenendo come unica funzione quella dell’identificazione propedeutica all’espulsione. È questo il massimo che ci potevamo aspettare? Probabilmente si! È allarmante che il massimo che ci si potesse aspettare da questo governo è da un lato il riconoscimento dell’inutilità e dell’illeggittimità dei C.P.T. e dall’altro, contemporaneamente, il loro mantenimento. Iniziamo col riconoscere che alcune proposte porteranno effettivamente al miglioramento della vita di alcune "categorie di persone". Si prevede infatti l’impossibilità di incarcerare nei C.P.T. le vittime di tratta, malati, tossicodipendenti, richiedenti asilo e minori (categorie che peraltro in molti considerano già trattenute illegalmente). Altro elemento importante è che chi ha già avuto un permesso di soggiorno e non ne è più in possesso non potrà essere trattenuto all’interno dei C.P.T. Avvertiamo comunque il rischio che anche questi cambiamenti restino soltanto sulla carta. L’esempio dell’"ex" C.P.T. di Lampedusa è a questo proposito lampante. Nonostante sia stato trasformato in un centro di primo soccorso e prima accoglienza il suo funzionamento risulta invariato. I tempi di detenzione superano i 5 giorni, al suo interno transitano minori, vengono trattenuti richiedenti asilo o potenziali tali. Ci sembra molto pericolosa, nonché paradossale, la proposta dell’"espulsione volontaria", che introdurrebbe una distinzione nel trattamento dei migranti, considerati "buoni" o "cattivi" sulla base della loro collaborazione alla propria espulsione. Tutto ciò non equivale naturalmente alla chiusura dei C.P.T. Il dato politicamente sconcertante è che viene mantenuta a tutti gli effetti la detenzione amministrativa. Un C.P.T. senza ex detenuti, vittime di tratta, malati, tossicodipendenti e minori, resta comunque un C.P.T. Un luogo che continua a trattenere e privare della libertà persone che non hanno commesso alcun reato. L’impostazione della proposta governativa è insomma quella di un "miglioramento" della legge Bossi-Fini, e non quella di un ripensamento radicale della politica sull’immigrazione. Se i C.P.T. sono inutili perché vengono mantenuti? Se i C.P.T. sono illegittimi perché vengono mantenuti? E soprattutto, se dopo dieci anni di mobilitazione, controinformazione e denunce di ogni tipo i C.P.T vengono mantenuti, quando si arriverà alla loro chiusura? Se non ora quando? È evidente come manchi il coraggio di scegliere da che parte stare. A noi sembra che, come in tutte le altre scelte di questo governo, anche sui C.P.T. è stata seguita una logica totalmente autoreferenziale, volta al raggiungimento di compromessi tra le forze del governo, "un rigor di metodo",che come si suol dire, non accontenta nessuno. Non accontenta neanche i partiti dello stesso governo, non accontenta le associazioni che facevano parte della commissione De Mistura le quali aggiungono al documento finale una postilla in cui dichiarano che avrebbero preferito la chiusura dei C.P.T. Non accontentano ovviamente neanche noi e tutti i movimenti che in questi anni si sono battuti per la chiusura dei C.P.T. Con questa scelta aumenta la distanza tra il governo e chi si batte per i diritti e per la libertà di circolazione. Ma del resto, perché aspettarsi di più da chi i C.P.T. li ha istituiti?
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