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Giustizia: ergastolani di Spoleto, sciopero fame ad oltranza
Liberazione, 15 dicembre 2007
Spoleto, quarantuno "ergastolani" porteranno ad oltranza la loro protesta, preferiscono morire piuttosto che continuare a subire la vendetta di Stato. Dieci dicembre. Raggiungiamo la cittadina umbra di Spoleto in treno. Appena fuori dalla stazione la prima cosa che notiamo, assieme ad Haidi Giuliani, è il vecchio carcere sito sulla collina di fronte. Non eravamo mai stati a Spoleto, chiediamo se per caso è quello il super carcere e ci rispondono che quello ormai è diventato un museo. Bene. Sotto la pioggia battente raggiungiamo la nuova Casa di Reclusione. Veniamo cordialmente accolti dal comandante che ci illustra le "meraviglie" di Spoleto. Non manca quasi niente, c’è persino il citofono nelle celle per i casi di emergenza. Per chi come noi ha avuto modo di visitare le carceri del profondo Sud (ma anche alcune del profondo Nord), la prima reazione entrando nel carcere di Spoleto è di autentico stupore. Innanzitutto per l’igiene, che è "palpabile" in ogni angolo dell’istituto, sezioni comprese. Poi per la qualità delle attività trattamentali, la scuola, i laboratori. Attività lavorative assicurate all’80% dei prigionieri. La socialità è possibile fino alle 19, anche in Alta Sicurezza e nella sez. di Elevato Indice di Vigilanza. Sembrerebbe che qui l’Ordinamento Penitenziario funzioni davvero. Le impressioni iniziali vengono confermate dalla quasi totalità dei detenuti che incontriamo. Ma il motivo della nostra visita è soprattutto un altro: Spoleto è la "culla" dello sciopero della fame degli ergastolani. Sembra paradossale, perché a Spoleto le condizioni trattamentali e rieducative ci sono tutte ma non sono sufficienti per chi non ha un "fine pena"; non basta la possibilità di conseguire la laurea o il diploma se poi non si ha la possibilità di "spendere" i titoli e le abilità acquisite perché, da quelle mura, gli ergastolani non hanno nessuna speranza di uscire. I loro ergastoli sono ostativi. Incontriamo Carmelo e gli altri: ci accolgono con sorpresa, sono deboli, provati da dieci giorni di sciopero totale, amareggiati dai media che li hanno già dimenticati dopo il primo giorno. Uomini adulti oggi, poco più che ragazzi quando sono stati arrestati e cancellati dalla società per sempre. Hanno molto in comune, compreso il "marchio regionale", infatti sono tutti figli del Sud. Non chiedono la libertà, non si professano innocenti, sono consapevoli di aver fatto del male e stanno pagando con coscienza ma sono stanchi di subire la vendetta dello Stato e della società. Chiedono di avere un fine pena certo, fosse anche alla fine della loro vita! Nutrono da troppo tempo l’illusione di vedere applicato il principio costituzionale della rieducazione e del recupero del condannato. Proposte di legge per l’abolizione della pena perpetua nel corso degli anni ne sono state presentate tante, tutte insabbiate. L’ultima è di alcuni mesi fa, prima firmataria Maria Luisa Boccia, senatrice di Rifondazione comunista: gli ergastolani chiedono che venga calendarizzata la discussione in Parlamento. Quarantuno di loro porteranno ad oltranza la loro pacifica ma terribile protesta: preferiscono morire piuttosto che continuare a subire la vendetta di uno Stato e di una società che non riesce a far valere i diritti costituzionali, trascinata dall’onda mediatica del giustizialismo che ormai aleggia ovunque. Salutiamo Carmelo e gli altri della sez. Eiv, Sebastiano ci fa dono di due suoi memoriali e raggiungiamo la sez. 41 bis. Anche qui quasi tutti gli ergastolani hanno aderito allo sciopero della fame. Haidi ascolta le loro storie: Salvatore è dentro da oltre un quarto di secolo, un colloquio con i familiari ogni due anni, considera la sua vita ormai priva di prospettive future. Un altro detenuto non effettua colloqui con la moglie, detenuta in altro carcere, da cinque anni perché non ci sono abbastanza fondi per poter organizzare la traduzione. Antonio non ha figli piccoli ma è nonno e non può abbracciare i nipotini, li può solo vedere crescere di quando in quando attraverso un vetro. La visita sta per finire, succede però qualcosa di imprevisto anche se abbastanza usuale nelle carceri italiane. Urla e concitazione accompagnano l’ennesimo gesto di autolesionismo di un giovane uomo con il quale abbiamo da poco finito di parlare. Padre da sei mesi, non ha potuto riconoscere la figlia e perciò non può neanche tenerla in braccio per quei dieci minuti concessi dal regime del 41 ai figli minori di dieci anni. Ci avviciniamo alla cella: gli agenti sono stati tempestivi ad evitare il peggio, il personale sanitario arriva nella sezione con una rapidità svizzera. Per fortuna che è successo a Spoleto, pensiamo; in un altro carcere, il detenuto sarebbe stato soccorso in tempo? Un senso di impotenza ci accompagnerà nelle ore a seguire. Non esiste solo la tortura fisica, sono varie le forme che può assumere, e impedire a un padre di abbracciare la propria figlia è una di queste. Ci chiediamo e vi chiediamo: è giusto estendere le pene inflitte a chi delinque anche ai familiari? Siamo sicuri che l’Italia sia uno stato di diritto? Riteniamo di no, almeno fino a quando non adegueremo le nostre leggi alla nostra Carta Costituzionale e alla Carta Universale dei Diritti dell’Uomo, che troppo spesso dimentichiamo di aver sottoscritto.
Associazione Yairaiha Onlus - Cosenza Giustizia: decreto sicurezza; a rischio processi per razzismo
La Repubblica, 15 dicembre 2007
Un decreto per correggere il decreto espulsioni, "reo" di contenere un grave errore, e soprattutto per salvare un centinaio di processi a rischio cancellazione. Tutti quelli che, in base alla legge Mancino del 1975 rivista nel 2005 dal governo Berlusconi, puniscono con la reclusione fino a tre anni (o in alternativa con una pesante multa) chiunque tiene comportamenti o diffonde idee razziste o xenofobe. Sul pasticcio del di approvato al Senato con un riferimento sbagliato al trattato di Amsterdam è al lavoro la maggioranza alla Camera tallonata dall’opposizione che, da ieri, ha cominciato a soffiare sul rischio della cancellazione dei processi. In effetti, secondo le prime stime del ministero della Giustizia, potrebbero decadere sette processi a Milano, quattro a Verona, due rispettivamente a Firenze e Cagliari, uno a Bologna. Ma, in commissione Affari Costituzionali, anche su suggerimento del presidente democratico Luciano Violante, già dall’inizio dell’esame del provvedimento, si sta studiando una soluzione articolata in tre passaggi. Il primo: approvare il decreto espulsioni così com’è per evitare un ulteriore passaggio al Senato, per il quale non ci sono né i tempi tecnici, né i numeri politici. Secondo: poiché il testo contiene un rimando sbagliato al trattato di Amsterdam, anziché quello corretto al trattato costitutivo della Ue, è necessario abrogare l’intero riferimento, soprattutto perché i teodem e il ministro della Giustizia Clemente Mastella hanno posto un veto che, se non rispettato, farebbe saltare la maggioranza. Ma, a questo punto, resterebbe un vulnus giuridico perché la legge Mancino, di fatto, verrebbe abrogata. E quindi salterebbero i processi già in corso. Per evitarlo, e siamo al terzo passaggio, ecco il decreto legge che ripristina la stessa Mancino oggi esistente. Il problema è la contestualità dell’operazione perché una scopertura, anche solo di poche ore, farebbe cadere i processi. Se la Camera approva il decreto espulsioni la prossima settimana, tra mercoledì e giovedì quando è prevista la sua calendarizzazione in aula, il decreto correttivo dovrà essere varato contemporaneamente dal consiglio dei ministri proprio per evitare la pericolosa vacatio. Un gioco ad incastro complesso che, ancora una volta, fa gridare l’opposizione alla crisi della maggioranza e che, in aula, porterà sicuramente a uno scontro frontale tra i due poli.
La svista che costa cara. Con la norma sbagliata si estingue il reato
Italia Oggi, 15 dicembre 2007
Sul decreto legge sicurezza governo e maggioranza si sono incartati. Con l’effetto pratico che, nell’impossibilità politica di reggere a una modifica del decreto, se entrasse in vigore la norma, sbagliata, sull’odio razziale e l’omofobia andrebbero a ramengo tutti i processi in corso (si parla di almeno cento procedimenti). Senza considerare il venir meno delle eventuali conseguenze ancora in atto delle sentenze già passate in giudicato. La questione è piuttosto intricata e in parte già nota: l’articolo 1 bis della legge di conversione del dl 181, introdotto come si sa al Senato per sollecitazione di Rifondazione Comunista e causa di tensione nella maggioranza visto che i teo-dem non volevano votarla (Paola Binetti ha votato no mettendo a rischio la conversione del decreto), ha innalzato le sanzioni previste per chiunque istighi a discriminare o discrimini in base al sesso, alle tendenze sessuali, all’origine etnica o alla religione e commetta atti di violenza o di provocazione alla violenza per gli stessi motivi, sanzioni originariamente previste dalla legge di ratifica della convenzione di New York contro ogni forma di discriminazione razziale. Ma nel definire gli atti di discriminazione contiene un richiamo errato al trattato di Amsterdam, facendo riferimento non alla norma sulle discriminazioni ma a quella sull’entrata in vigore del trattato. Un fatto altamente increscioso, visto che il dl è ad alto rischio di mancata conversione proprio per il precario accordo tra i vari partiti della maggioranza, mentre il ministro proponente Giuliano Amato ha anche minacciato le dimissioni in caso di mancata conversione. Il riferimento sbagliato rende inapplicabile la norma che, nel contempo, per il fatto di aver modificato la fattispecie penale originaria innalzando le sanzioni, l’ha anche abrogato. L’effetto è quello che i giuristi chiamano abolitio criminis. Viene meno il reato, la fattispecie penale e così, per il principio del favor rei, vengono meno le incriminazioni in atto e le conseguenze derivanti da una sentenza passata in giudicato. Giustizia: sì all'emendamento sulla medicina penitenziaria
Adnkronos, 15 dicembre 2007
L’assistenza ai detenuti passa al Servizio Sanitario Nazionale. La misura, che completa il riordino della medicina penitenziaria avviato con la legge 230 del 1999, è contenuto in uno dei maxi emendamenti al ddl Finanziaria 2008 approvato la notte scorsa dalla Camera dei deputati. (vedi emendamento approvato - in pdf) Giustizia: quasi 3.000 i detenuti romeni nelle carceri italiane
Apcom, 15 dicembre 2007
Sono poco meno di 3.000, per la precisione 2.725 secondo i dati aggiornati alla fine di ottobre, i romeni detenuti nelle carceri italiane. Nella maggior parte dei casi per furti (32%) e rapine (9,8%). Solo negli istituti penitenziari del Lazio sono reclusi 634 cittadini della Romania, in quelli della Lombardia ce ne sono 360, 236 nelle carceri del Piemonte, 160 in Veneto. "Cifre veramente preoccupanti", ha ammesso il presidente del Csm romeno Anton Pandrea, che oggi a Palazzo dei Marescialli ha incontrato i rappresentanti dell’organo di autogoverno della magistratura italiano per rinsaldare la cooperazione tra gli organismi dei due Paesi. Ma attenzione a criminalizzare l’intera comunità romena che vive in Italia, ha avvertito Pandrea, lamentando la "reazione emotiva" con cui l’Italia ha reagito al recente omicidio di Giovanna Reggiani, avvenuto a Roma. All’indomani di quel delitto i rappresentanti del Csm romeno hanno scritto al vicepresidente del Csm italiano Nicola Mancino, esprimendo il loro "estremo dispiacere" per quanto accaduto. "Di fronte a questo delitto lo Stato italiano ha reagito emotivamente - ha detto il presidente del Csm romeno durante una conferenza stampa al termine dell’incontro con i colleghi italiani -. Ma è un’idea pericolosa pensare che un’intera comunità sia colpevole. Bisogna guardare con oggettività e analizzare i singoli casi, non colpevolizzare un’intera comunità". In Romania ci sono processi a carico di cittadini italiani, "anche per omicidio e furto", ma "mai i romeni hanno accusato l’intera comunità del vostro Paese": "I reati commessi dagli italiani in Romania non hanno lo stesso clamore che hanno in Italia". Un invito a "non generalizzare" raccolto dai rappresentanti del Csm italiano. "È sbagliato - ha detto il consigliere laico di centrosinistra Mauro Volpi, presidente della Commissione sulle riforme - che, a livello normativo, si reagisca sotto l’impulso dell’emotività. Serve razionalità". Volpi ha richiamato l’esempio del dl sulle espulsioni, approvato dal governo proprio sull’onda della reazione suscitata dall’omicidio Reggiani, ma al quale poi "fortunatamente sono state apportate correzioni opportune". Servono interventi ora, ha aggiunto, per "favorire l’integrazione di quelle migliaia di cittadini romeni che lavorano in Italia, con fatica: li voglio ringraziare, perchè contribuiscono al nostro sviluppo economico". A ridimensionare l’allarme sulla presenza criminale romena in Italia è stato, poi, il sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia Giovanni Melillo: "Non c’è nessun allarme in materia di criminalità organizzata riferibile alla Romania", ha detto, sottolineando anche la "storica collaborazione" tra le magistrature dei due Paesi. Un rapporto destinato a rinsaldarsi ulteriormente dopo l’accordo firmato il 17 novembre scorso dai ministri della Giustizia per la nomina di magistrati di collegamento. La Romania ne ha già nominati due, "il Csm - ha anticipato il consigliere togato Fabio Roia - solleciterà il Guardasigilli Mastella perché attivi la procedura per la nomina di almeno un magistrato italiano da destinare al ministero della Giustizia romeno". Lombardia: comunicato di Fp-Cgil sulle "aree pedagogiche"
Blog di Solidarietà, 15 dicembre 2007
Si rilevano sempre più frequentemente a livello regionale episodi riguardanti le aree pedagogiche, ed in particolare la professionalità dell’educatore, in cui si evidenzia l’attuale maggiore difficoltà di intervento nel contesto penitenziario. Oltre all’annoso problema della carenza degli organici, mai risolto da interventi timidi e parziali, si registra uno svuotamento dei contenuti operativi delle aree pedagogiche in virtù di non meglio precisate "esigenze" di sicurezza spesso lasciate alla sola interpretazione del Dirigente o del nuovo Comandante di Reparto. In questo quadro le aree pedagogiche si sono posizionate a differenti livelli di operatività a secondo della loro capacità di integrarsi in contesti divenuti sempre più antitetici col mandato educativo, ma oggi è preoccupante l’ulteriore restringimento degli spazi operativi (contingentamento degli orari per i colloqui coi detenuti di tutti gli operatori del trattamento magari con l’eccezione di quelli religiosi, delega ad altre figure professionali con estemporaneità di interventi presumibilmente educativi, forte compressione delle attività trattamentali), e l’estensione di rischio per gli operatori, sempre più pretesi come dispensatori di benefici. Dunque, l’episodio di Volterra, con l’aggressione dell’unica operatrice presente, va oltre l’indispensabile esigenza di tutela della lavoratrice per sottolineare che gli attacchi sferrati, continui ed esplosivi, sono anche verso l’identità professionale e non solo fisica degli educatori. In considerazione di quanto rilevato si ritiene indispensabile programmare a brevissimo tempo un incontro con gli educatori aperto a tutti gli operatori delle aree trattamentali in previsione delle necessarie azioni sindacali a sostegno della categoria professionale.
La Coordinatrice Regionale B. Campagna Il Segretario Fp Cgil Antimo De Col Lombardia: stanziati 4 milioni € per reinserimento dei detenuti
Vita, 15 dicembre 2007
È di quasi 4 milioni di euro la somma che la Giunta regionale della Lombardia ha deciso di assegnare a enti locali, associazioni, cooperative e organizzazioni del privato sociale, perché possano realizzare progetti finalizzati alla prevenzione, al recupero e al reinserimento sociale delle persone carcerate, quali per esempio programmi per l’orientamento e la formazione professionale. Il provvedimento è stato approvato su proposta dall’assessore alla Famiglia e Solidarietà sociale, Gian Carlo Abelli. Con i fondi messi a disposizione si potranno finanziare 48 progetti. A ciascuno di questi sarà destinato un contributo che potrà essere pari al massimo al 47% del costo complessivo, a eccezione dei progetti di housing sociale in fase di avvio, per i quali il contributo è elevato al 70%. Per housing sociale si intendono quelle soluzioni abitative destinate ad ospitare temporaneamente soggetti svantaggiati e in affidamento sociale, fino al raggiungimento dell’autonomia. Sicilia: il Garante Salvo Fleres; meno carceri, più servizi sociali
La Sicilia, 15 dicembre 2007
"La Sicilia è la regione italiana con il maggior numero di carceri. Trenta istituti di pena sono troppi, quindici sarebbero più che sufficienti, purché siano dimensioni maggiori e soprattutto con una concezione degli spazi adeguata alle esigenze dei detenuti". È quanto auspica Salvo Fleres, Garante regionale per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti, che ha denunciato ancora il sovraffollamento di alcuni istituti penitenziari dell’Isola (gli ultimi dati parlano di 5 mila reclusi a fronte di una capienza di 3 mila posti) e rilanciato azioni in favore di un reale reinserimento sociale di chi deve scontare una pena. "Tra i carcerati che godono di misure alternative - sottolinea Lino Buscemi, direttore dell’ufficio del Garante - il tasso di rientro in carcere è, media nazionale, inferiore al 20%, mentre chi non gode di nessun percorso di reinserimento nell’80% dei casi torna a delinquere". Ecco dunque che per vigilare sulla tutela dei diritti dei reclusi il Garante ha chiamato a raccolta i difensori civici provinciali e comunali. "Da ora in poi - conclude Fleres - non ci deve essere soluzione di continuità tra amministrazione penitenziaria, difensori civici, associazioni di volontariato e Garante, ma una sinergia sui problemi che riguardano il mondo carcerario". Un appello che ha già trovato l’adesione di buona parte dei soggetti chiamati in causa. Roma: il Garante Gianfranco Spadaccia incontra gli ergastolani
Comunicato stampa, 15 dicembre 2007
Il Garante dei Diritti dei Detenuti del Comune di Roma, Gianfranco Spadaccia, ha incontrato nei Reparti G8 e nel Reparto di alta sicurezza di Rebibbia Nuovo Complesso una rappresentanza di detenuti condannati all’ergastolo che stanno effettuando uno sciopero della fame per chiedere che i progetti di legge sull’abolizione dell’ergastolo vengano almeno incardinati nelle Commissioni Giustizia di Camera e Senato con la nomina dei relatori e l’iscrizione nell’ordine dei lavori. Presso il Reparto G8 partecipa alla manifestazione nonviolenta un ergastolano che ha ingerito, da quando ha iniziato lo sciopero, solo acqua. Nel reparto di alta sicurezza i detenuti invece partecipano allo sciopero della fame alternandosi di tre giorni in tre giorni. Nel carcere di Reclusione di Rebibbia il Garante Comunale ha invece incontrato un detenuto che sta scontando 16 anni di carcere e che sta effettuando uno sciopero della fame per ottenere una risposta alla sua richiesta di trasferimento presso uno degli istituti di reclusione della Campania al fine di avere rapporti continuativi con la figlia. Spadaccia ha espresso agli ergastolani la propria solidarietà e la propria condivisione degli obiettivi che si propongono di raggiungere ed ha particolarmente apprezzato il rigore nel rispetto del metodo nonviolento. I detenuti infatti non pretendono di condizionare le decisioni delle forze politiche e del Parlamento o quelle dell’Amministrazione Penitenziaria ma si limitano a chiedere, per quanto riguarda gli ergastolani, che il Parlamento affronti il problema e per quanto riguarda il detenuto campano che l’Amministrazione prenda una decisione e fornisca una risposta. Ha assicurato ai primi che la settimana prossima, insieme al Garante di Firenze, Franco Corleone, chiederà un colloquio ai Presidenti delle Commissioni Giustizia per sostenere questa richiesta, e, al secondo, di essere intervenuto presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per sollecitare una risposta. Ha inoltre fatto pervenire agli ergastolani per il tramite della direzione del Carcere il testo dell’associazione Pantagruel che oltre a programmare iniziative per il futuro si conclude con un appello ai detenuti a sospendere lo sciopero della fame. "Ho trovato i detenuti particolarmente decisi a portare avanti nel futuro con altre iniziative la loro lotta. Non è possibile, non è accettabile- mi è stato detto - che il paese, che con tanta energia sta sostenendo la moratoria della pena di morte, condanni poi a vivere senza speranza i detenuti condannati all’ergastolo. In effetti l’esistenza stessa della pena dell’ergastolo sembra contrastare con l’articolo 27 della Costituzione che stabilisce il principio della rieducazione e del recupero del detenuto alla vita sociale. Questa inconciliabilità è tanto più grave da quando, nella giurisprudenza della esecuzione della pena, molte categorie di ergastolani sono state escluse anche dopo 25, 30 anni di carcere dalla possibilità di accedere a qualsiasi beneficio di legge. È giunta l’ora che una questione di legittimità venga proposta davanti alla Corte Costituzionale contro questa applicazione della legge. Pescara: progetto Salis, dalla detenzione alla "occupabilità"
Ansa, 15 dicembre 2007
Si è svolto nei giorni scorsi a Pescara un convegno dal titolo Nuovi percorsi per il reinserimento lavorativo degli ex detenuti, promosso dalla Provincia di Pescara e dal Salis (Servizi per l’autonomia, il lavoro e l’inclusione sociale). Con il progetto Salis, sia aprono nuovi orizzonti con percorsi operativi per il reinserimento lavorativo di detenuti e soggetti in esecuzione penale esterna nel carcere cittadino di San Donato, attraverso l’accompagnamento sia per il lavoro dipendente che autonomo. Ed è per questo che è prevista l’attivazione di un modello di accompagnamento specialistico con funzioni di tutoring psico-socio-lavorativo che servirà ai beneficiari, dando così risposte concrete ai fabbisogni al momento dell’uscita dal carcere, come un centro dedicato all’informazione, consulenze e assistenza per l’avvio del lavoro autonomo. Inoltre è previsto lo sviluppo di un’azione in sinergia con i servizi territoriali, che a diverso titolo si occupano del target di riferimento, come associazioni operanti sul territorio allo scopo di attivare, integrare e di stipulare accordi di cooperazione per l’inserimento nel mondo produttivo. Il progetto Salis intende promuovere insieme alla provincia di Pescara, al Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della regione Molise e ad altri enti l’accesso del recluso al mondo del Lavoro, con l’obiettivo di incrementare il livello di occupabilità, di far evolvere e migliorare la qualità dei servizi e la validazione del sistema proposto attraverso il successo di reali attivazioni di borsa-lavoro. Buoni sono i risultati che il progetto sta raggiungendo, le cui azioni adottate sono anche oggetto di attenzione da parte della Commissione Europea che ha Salis come Best Practice tra i progetti operanti nell’area penitenziaria, con la realizzazione di una Rete Telematica Europea finalizzato ai progetti operanti verso i detenuti ed ex. Inoltre tramite il Ministero del Lavoro verrà realizzata una cordata di nove progetti nazionali denominata Open Offenders Pathways Employment National Network. Torino: studenti detenuti, più facile il tirocinio nelle aziende
Apcom, 15 dicembre 2007
Un protocollo di intesa tra Comune, Casa circondariale di Torino, Università di Torino e Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo per facilitare il reinserimento lavorativo di detenuti che stanno seguendo un corso di studio: è stato firmato oggi a Torino e si tratta di un progetto sperimentale che intende offrire opportunità di reinserimento sociale ai detenuti iscritti all’università per il conseguimento delle lauree specialistiche e che hanno i requisiti richiesti dalla legge per accedere alle misure alternative al carcere o per essere avviati al lavoro all’esterno. Il protocollo prevede che la direzione della casa circondariale individui tra gli studenti detenuti iscritti all’Università quelli che hanno i requisiti per richiedere misure alternative e segua le pratiche per ottenerle, che Divisione Lavoro del Comune individui le situazioni aziendali nelle quali effettuare i tirocini, che l’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo avvii i tirocini, provveda al pagamento degli incentivi economici ed al monitoraggio dei percorsi effettuati nelle aziende, che l’università realizzi un tutoraggio per gli esami all’interno del carcere ed indichi un referente esterno per i partecipanti al progetto. Il tema del diritto allo studio dei detenuti è stato da tempo affrontato nella città di Torino. Nello stesso ambito d’azione l’università ha costituito già nel 1998, con un’intesa con il Tribunale di Sorveglianza ed il Provveditorato Regionale dell’amministrazione penitenziaria, il polo universitario per studenti detenuti: iniziativa pionieristica in Italia e all’estero che si propone di consentire a questi studenti di esercitare il diritto allo studio anche universitario fino alla laurea. L’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo opera da anni a favore dei detenuti per sostenere percorsi di inclusione sociale ed economica in collegamento con la Compagnia di San Paolo, che da anni segue e sostiene il Polo Universitario in quanto progetto coerente con le linee programmatiche che prevedono azioni per il recupero dell’autonomia di persone in difficoltà. Roma: Ufficio Anagrafe apre uno Sportello dentro il carcere
Roma One, 15 dicembre 2007
Dal 05 dicembre 2007 l’Ufficio di Stato Civile dell’Anagrafe del Comune di Roma -Dipartimento XIII - assicura il servizio per il riconoscimento dei figli dei detenuti, presso la Casa Circondariale di Rebibbia Nuovo Complesso. Dopo una serie di incontri tra la Direzione del Carcere, l’Ufficio dello Stato Civile e l’Ufficio del Garante, è stato possibile superare alcune difficoltà e trovare un accordo. In base a questa intesa, periodicamente, un funzionario dello Stato Civile si recherà presso l’Istituto Penitenziario portando con sé i registri per le pratiche riguardanti il riconoscimento dei figli naturali dei detenuti. Dunque, un importante successo della volontà di rendere concreto il diritto di paternità anche alle persone private della libertà. L’Ufficio del Garante esprime la propria soddisfazione per avere contribuito ad assicurare una più efficace e certa collaborazione fra l’Amministrazione Penitenziaria e l’Amministrazione Comunale nell’attuazione di questo diritto. Firenze: in vendita "Lagabbia Dolls", le bambole dei detenuti
Apcom, 15 dicembre 2007
Bambole di pezza per aiutare il recupero dei detenuti: saranno vendute domani a Firenze, presso la libreria Martelli, le "Lagabbia Dolls", ultima incarnazione del progetto Lagabbia, marchio di prodotti per il tempo libero realizzato dall’assessorato alla Moda della Provincia di Firenze in collaborazione con i laboratori didattici della casa circondariale di Sollicciano. Il laboratorio "La Poesia delle Bambole" di Pantagruel ha prodotto il concept delle Lagabbia Dolls, una serie di bambole di varie dimensioni e colori realizzate secondo i metodi di realizzazione steineriani in occasione del Natale 2007. "Intento del progetto - spiega l’assessore Elisabetta Cianfanelli - è trasmettere sul mercato i valori positivi di libertà, speranza, voglia di ricominciare e responsabilità. Il progetto, infatti, segna un percorso di crescita e di reinserimento dei detenuti e delle detenute all’interno del sistema manifatturiero toscano". Genova: premi ai detenuti-scrittori; fiabe per i loro bambini
Ansa, 15 dicembre 2007
Fiabe scritte dai detenuti per promuovere anche in carcere l’educazione alla genitorialità. Il 18 dicembre 2007, alle 11 nell’Auditorium del Galata Museo del Mare, si terrà la premiazione del I Concorso Nazionale "Fiabe da dentro il mare" riservato ai detenuti degli Istituti Penitenziari Italiani. Il concorso è stato ideato dalla Sezione Trattamento dell’Ufficio Detenuti del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria di concerto con il Provveditorato Regionale della Liguria e il sostegno della Provincia di Genova, per rispondere all’esigenza di favorire anche l’educazione alla genitorialità nelle persone ristrette entro le mura penitenziarie. Il progetto nasce infatti dal presupposto che la pena scontata in carcere, limitando la libertà, incida fortemente sugli affetti e sui rapporti familiari delle persone detenute: i loro figli, nipoti, parenti si trovano costretti a una separazione, a contatti limitati a brevi visite oppure alla corrispondenza e la relazione genitoriale ne risulta, quindi molto modificata, carente e frazionata. Il proposito del concorso é stato perciò di offrire alle persone detenute, di ogni età e sesso, la possibilità di riappropriarsi del proprio ruolo familiare di padre o di madre (ma anche di zio o di nonno) di un minore e, anche per chi non è genitore, della propria fantasia, creatività e di quella tenerezza che in carcere è quasi sempre celata, dissimulata o frenata e che, libera di esprimersi, può invece dar più forza alla speranza in un riscatto personale. Sono quasi un centinaio gli ottimi scrittori reclusi che hanno presentato le proprie fiabe, sorprendendo la giuria - di cui insieme al Provveditore regionale Giovanni Salamone e all’Assessora Provinciale alle Carceri Milò Bertolotto hanno fatto parte autorevoli esperti di fiabe e letteratura per l’infanzia - per la notevole qualità della scrittura, considerando anche la massiccia partecipazione di detenuti stranieri. La Provincia di Genova ha messo a disposizione un piccolo premio in denaro (complessivamente mille euro) che consegnerà ai primi tre classificati, mentre le 12 migliori fiabe scelte dalla giuria sono state pubblicate in un volume pubblicato, gratuitamente, da Ennepi libri - editore dell’Imperiese - che sarà distribuito alle biblioteche degli Istituti Penitenziari, alle biblioteche italiane specializzate in letteratura per l’infanzia, alle testate giornalistiche e a tutti i partecipanti. Hanno partecipato al progetto la biblioteca comunale per l’infanzia De Amicis che ha offerto autorevoli esperti per la giuria, il Museo del mare e della navigazione di Genova che ha messo a disposizione i suoi prestigiosi spazi per la premiazione, la fondazione Casa America che donerà alle biblioteche degli Istituti penitenziari e a tutti i partecipanti il proprio libro a fumetti, edito recentemente, sulla storia di Cristoforo Colombo, la rivista Andersen che metterà a disposizione delle biblioteche degli Istituti penitenziari nei quali sono detenuti gli autori delle opere vincitrici una dotazione di libri di narrativa e la compagnia teatrale del Banco Volante che offrirà la lettura di alcune fiabe. Alla premiazioni, compatibilmente con le rispettive posizioni giuridico-penitenziarie, parteciperanno anche i tre vincitori del concorso, accompagnati da operatori dell’Area trattamentale. In tal senso il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione penitenziaria di Genova ha già interessato gli Istituti di pena in cui sono ristretti i detenuti scrittori. Roma: l’immobiliarista Danilo Coppola torna in carcere
Ansa, 15 dicembre 2007
L’immobiliarista romano Danilo Coppola è stato nuovamente arrestato e tornerà in carcere. È stato prelevato nella sua abitazione di Grottaferrata dove era agli arresti domiciliari dal 28 giugno perché accusato della bancarotta della società Micop. Il processo si è aperto il primo dicembre scorso. Secondo la Procura romana ci sono "esigenze cautelari di eccezionale rilievo" in quanto ci sono "reiterazioni di attività criminose". Inoltre gli è contestata l’evasione il 6 dicembre scorso dall’ospedale di Frascati per rilasciare un’intervista a Sky e l’aver invitato a casa un’amica, trasgredendo così le regole dei "domiciliari". Dopo l’arresto è stato visitato dai medici del carcere di Rebibbia dov’è rimasto alcune ore: destinazione il reparto detentivo di un ospedale della capitale a causa delle sue condizioni di salute. I periti del Tribunale che dovevano valutare la sua compatibilità con il carcere hanno valutato che la misura restrittiva in carcere non consente di soddisfare l’adeguatezza terapeutica per il trattamento d’urgenza in quanto le carceri romane non dispongono di rianimazione. Diritti: sull'abolizione della pena di morte nel New Jersey
Redattore Sociale, 15 dicembre 2007
La soddisfazione della Comunità di Sant’Egidio: "Voto storico che riflette la crescita del movimento contro la pena capitale negli Usa". Amnesty: "Ottimismo in vista del voto sulla moratoria". L’altro ieri il Parlamento del New Jersey ha votato, con 44 voti a favore e 36 contro, l’abolizione della pena di morte e la commutazione della pena in carcere a vita. In precedenza il Senato aveva votato in favore dell’abolizione. Il governatore Jon Corzine deve firmare e ratificare la legge nei prossimi giorni. Non c’era mai stato un voto simile dal 1965, quando Iowa e West Virginia votarono per l’abolizione della pena capitale. "Lo storico voto del New Jersey - si legge in una nota della Comunità di Sant’Egidio - rappresenta un chiaro segno del fatto che la pubblica opinione negli Stati Uniti si sta indirizzando verso l’abolizione della pena capitale". "La pena di morte - prosegue la nota - è stata dichiarata incostituzionale nello stato di New York nel 2004. Da allora le ultime persone detenute sono state tolte dal braccio della morte e il Parlamento dello Stato ha ripetutamente respinto i tentativi di ristabilire la pena capitale. In Illinois siamo ormai all’ottavo anno della moratoria della pena capitale, introdotta nel 2000 in seguito alla preoccupazione per gli errori giudiziari. Le esecuzioni capitali negli Usa sono calate del 60% dal 1999. Anche nel Texas, in cui avvengono ancora la metà delle esecuzioni degli interi Stati Uniti, c’è stato un calo significativo negli ultimi 10 anni". "Le esecuzioni in tutti gli Stati Uniti sono state sospese ed esiste una Moratoria de facto, in attesa che la Corte Suprema risponda alla eccezione di costituzionalità della pena capitale suscitata dal Kentuky a proposito dell’iniezione letale. In California, North Carolina e Tennessee si sta studiando a livello legislativo il problema della pena capitale. I sondaggi effettuati in molti Stati Usa dimostrano che il carcere a vita sta sostituendo la pena capitale come punizione da assegnare per gli omicidi. Secondo Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio: "È un passaggio cruciale che coincide con un momento in cui il mondo intero sta chiedendo che venga dichiarata una moratoria universale della pena di morte dall’Assemblea generale dell’Onu. Si tratta di affermare un nuovo standard di giustizia, una giustizia che deve proteggere e rispettare la vita in tutte le circostanze". "Questo sta avvenendo nel mondo e la decisione del New Jersey rappresenta un segnale importante di come anche all’interno degli Stati Uniti questa cultura si stia affermando e trasformando in legge. A Roma il Colosseo si illuminerà di una luce speciale quando il Governatore Corzine ratificherà la storica decisione per sottolineare quanto siano importanti i legami di amicizia e collaborazione nel far crescere il livello del rispetto per i diritti umani". "La decisione del Parlamento del New Jersey di abolire la pena capitale è davvero lodevole. Rappresenta la crescente comprensione che l’esperimento della pena capitale in questo paese è fallito. La pena di morte è uno spreco di risorse pubbliche per la sicurezza; risorse che potrebbero essere spese in efficaci programmi di prevenzione del crimine e in servizi per le vittime. Spero che questa decisione possa ispirare altri Stati ad abbandonare la pena capitale". In occasione del voto di ratifica in Assemblea Generale, si terrà una conferenza stampa a New York alle 14 presso The Lovells Co., 590 Madison Ave. Soddisfazione per l’abolizione della pena di morte nel New Jersey viene espressa anche da Amnesty International. "Finalmente - dichiara Paolo Pobbiati, presidente della sezione italiana - dopo le tre impiccagioni in Giappone e quella di un minorenne all’epoca del reato in Iran degli ultimi giorni, dal New Jersey arriva una bella notizia che infonde ottimismo in vista del voto, previsto la prossima settimana, all’Assemblea generale dell’Onu sulla moratoria". Argentina: detenuto avvelenato, arrestati la moglie e 2 figli
Ansa, 15 dicembre 2007
L’ex repressore argentino Hector Febres, trovato morto lunedì in carcere, aveva una "alta concentrazione di cianuro nel sangue". Lo ha reso noto ieri sera la giustizia argentina. Sono anche arrestati 2 membri della Prefettura responsabili della custodia del detenuto. Febres era sotto processo per torture a 4 detenuti. La magistratura argentina ha ordinato l’arresto della moglie e di due figli di Hector Febres che avevano cenato con lui la notte prima del decesso.
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