Rassegna stampa 6 settembre

 

Bologna: Garante; bisogna migliorare condizioni dei detenuti

 

Redattore Sociale, 6 settembre 2006

 

Appello in occasione del bando promosso dal Comune. Alla Dozza, secondo quanto sottolineato dal Garante, mancano perfino saponette, shampoo, dentifricio, spazzolini da denti, carta igienica, oltre a materiale per la pulizia delle celle.

Progetti specifici per il miglioramento delle condizioni di vita all’interno della Casa circondariale di Bologna. A chiederlo alle associazioni cittadine che si occupano di carcere è il Garante dei diritti della libertà personale di Bologna, in occasione del bando pubblicato dal Comune (Settore Salute) dedicato alle libere forme associative. "Si avvertono le Associazioni interessate - questo l’appello del Garante - che sul sito del Comune di Bologna è pubblicato un bando per le libere forme associative che scade il 9 settembre 2006. E dal momento che la Direzione della Casa Circondariale ha segnalato tempo fa alcune necessità di materiale e prodotti per l’igiene personale, si può pensare che una o più associazioni possano presentare un progetto mirato a migliorare le condizioni di vita all’interno del carcere e ricomprendere tali necessità nel progetto stesso". Alla Dozza infatti, secondo quanto sottolineato dal Garante, mancano perfino saponette, shampoo, dentifricio, spazzolini da denti, carta igienica, oltre a materiale per la pulizia delle celle come detergente liquido per pavimenti, sanitari, piatti, spugnette, stracci lava pavimenti.

Con questo bando, il Comune di Bologna vuole sostenere progetti di volontariato, proposti da Associazioni iscritte all’Albo comunale delle Libere forme associative (Lfa), con l’obiettivo di promuovere e diffondere la salute e i corretti stili di vita tra i cittadini. Possono presentare domanda sia Associazioni singole sia Associazioni riunite. I progetti - riporta il bando - possono riguardare anche la promozione di stili di vita orientati alla salute (come prevenzione rischi cardiocircolatori/alimentazione, prevenzione del disagio fisico e psicologico/salute mentale, Hiv, riduzione del danno e malattie sessualmente trasmissibili). Complessivamente il Settore Salute del Comune destinerà al progetto o ai progetti vincitori 7.000 euro. Il bando è scaricabile all’indirizzo internet www.comune.bologna.it.

Perugia: Arci Ora d’Aria; c'era chi preferiva restare in carcere

 

Il Messaggero, 6 settembre 2006

 

"Delirava, continuava a dire che voleva a tutti i costi tornare in Marocco dai genitori. Ma per lui, ironia della sorte, il foglio di via obbligatorio non è arrivato. Dal carcere ci hanno chiesto aiuto: siamo andati a prendere quel ragazzo straniero, che usciva dalla cella grazie all’indulto. Siamo riusciti a tranquillizzarlo e quindi lo abbiamo accompagnato alla stazione ferroviaria visto che voleva andare a Roma, presso alcuni amici".

Federica Porfidi, Presidente dell’Associazione Ora d’Aria dell’Arci, racconta una delle storie di ordinaria difficoltà che stanno vivendo molti tra i detenuti che lasciano le celle di Sabbione. Tutti casi seguiti e segnalati ai volontari dal direttore del carcere, Francesco Dell’Aira, che sottolinea come "Dopo lo sfollamento del penitenziario le situazioni più a rischio vengono valutate con maggiore attenzione". Siamo a più di un mese di distanza dalle prime scarcerazioni avvenute per l’applicazione dell’indulto. Sono ben centosessanta i detenuti che hanno lasciato la cella di vocabolo Sabbioni. L’emergenza, a Terni, sembra superata.

Sembra. Perché in realtà ogni giorno, la direzione del carcere e i volontari che operano all’interno del penitenziario si trovano di fronte a casi a volte davvero disperati. Gente che si trova all’improvviso senza punti di riferimento, persone che si portano appresso seri problemi psichiatrici e che avrebbero bisogno di un’assistenza mirata, ex tossicodipendenti senza una casa né un lavoro.

"La sede della nostra associazione - dice Federica Porfidi - è diventata il luogo del ritrovo quotidiano dei nove detenuti che sono rimasti a Terni dopo la scarcerazione. Due sono gli stranieri, entrambi senza permesso di soggiorno, mentre gli altri sono tutti ternani. Provvisoriamente dormono negli alloggi della Caritas, a Casa Parrabbi e Collestatte, e per due mesi il Comune di Terni fornisce loro un sussidio di 129 euro. La prima accoglienza è stata garantita, ma tra poco non sapranno dove alloggiare e come vivere. Sono persone che non si riesce a collocare neppure grazie alle borse lavoro dell’Amministrazione provinciale. L’unica soluzione per loro è un programma di reinserimento che sia non soltanto lavorativo".

Tra questi nove ex detenuti, c’è un uomo di oltre 50 anni, gli ultimi dodici dei quali li ha passati in carcere. Ha seri problemi di salute. Degli altri molti sono quasi dei ragazzi con una lunga sequela di storie di droga alle spalle. Per tutti loro la cella era un rifugio che consideravano talmente sicuro da indurli a rimpiangere i tempi della detenzione.

Avrebbero bisogno di un progetto di reinserimento mirato e di questo le Istituzioni locali sono ben consapevoli. Tanto che c’è già stato un incontro tra l’assessore alle politiche sociali della Regione dell’Umbria, Damiano Stufara, e il direttore del carcere Francesco Dell’Aira per prendere di petto la situazione e cercare di affrontare e risolvere almeno i casi più delicati.

I finanziamenti da parte del Governo e della Regione saranno dunque utilizzati per realizzare a breve un programma di reinserimento socio-lavorativo. Per il 14 settembre è in programma un nuovo incontro tra Istituzioni locali, direzione del carcere e associazioni di volontariato, che mira all’operatività. Per il direttore Dell’Aira "Il tavolo congiunto è uno strumento che può dare risultati in tempi piuttosto brevi, perché non si parte da zero". "I rapporti tra l’istituzione carceraria e le amministrazioni locali aggiunge il direttore del carcere di vocabolo Sabbioni sono da sempre piuttosto stretti e cordiali. Il tavolo congiunto sfrutta quindi una situazione molto favorevole a Terni, dove la rete fra penitenziario, enti locali e volontariato è operativa da tempo e sta dando ottimi risultati".

Roma: indulto; accoglienza per 109 persone uscite dal carcere

 

Asca, 6 settembre 2006

 

Sono state 109 le persone uscite dai carceri romani in seguito all’indulto alle quali il Comune di Roma ha dato accoglienza nei propri Centri, a seguito del "Piano Indulto" attivato lo scorso 1° agosto dagli Assessorati capitolini alle Politiche sociali ed alle Politiche per il Lavoro e dall’ufficio del Garante per i detenuti del comune.

Il Piano prevede una serie di misure volte a sostenere le persone più fragili al momento dell’uscita dal carcere, offrendo loro - oltre alla accoglienza per coloro che si trovassero senza l’immediata possibilità di un alloggio - sostegno concreto, e attività di orientamento.

Inoltre alle persone in difficoltà è stato distribuito il "Kit delle 48 ore", una raccolta di strumenti utili ad affrontare i primi giorni fuori dal carcere. Il "kit" contenuto in uno zainetto, contiene infatti fra l’altro buoni pasto, biglietti dell’autobus, kit igienico, mappa della città, indicazione sui numeri telefonici per l’assistenza, sui centri di accoglienza e sulle mense.

I kit delle 48 ore distribuiti nel primo mese (1-31 agosto) sono stati 604. Molto intensa è stata l’attività di assistenza ed orientamento da parte del P.I.D., il Pronto intervento detenuti del Comune di Roma. Al 31 agosto, infatti, le persone "prese in carico" nell’ambito del "Piano Indulto" erano 822 (su un totale di 1.374 persone uscite dagli istituti di pena della città dall’avvio dell’indulto).

Brescia: la direttrice nel mirino della polizia penitenziaria

 

Brescia Oggi, 6 settembre 2006

 

"La direttrice del carcere se ne deve andare". Lo chiedono gli agenti di polizia penitenziaria iscritti all’Osapp, organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria, che ieri mattina hanno protestato all’ingresso del carcere di Canton Mombello incatenandosi tra loro. Una protesta non in sordina, ma ben visibile. E ad accompagnare l’insolita immagine degli agenti penitenziari incatenati anche un coretto diretto alla direttrice "te ne vai o no, te ne vai sì o no?". La protesta è andata avanti per un paio d’ore: una decina di agenti è rimasta incatenata all’esterno del carcere, tra le bandiere del sindacato e sotto la guida del segretario generale Leo Beneduci. "Nulla di personale con la direttrice - ha voluto precisare il segretario dell’Osapp -, ma si è creato un rapporto tale che la sua presenza crea solo problemi".

Gli agenti iscritti all’Osapp (una sessantina su un totale di circa 200 agenti in servizio tra Canton Mombello e Verziano) sono scesi in strada per manifestare il loro malcontento per una situazione che ormai si trascina da anni. Per gli agenti con la direzione del carcere si è creata una situazione che non è più tollerabile. Le ragioni della protesta erano già state ribadite a febbraio in una manifestazione: la direttrice, in quel caso, aveva denunciato i manifestanti per diffamazione. Incuranti dei rischi ieri, poco dopo mezzogiorno, una decina di rappresentanti del corpo di polizia penitenziaria iscritti all’Osapp si sono radunati davanti all’ingresso del carcere. A sorvegliare ogni loro mossa le telecamere che vigilano sull’ingresso del carcere. Ma oltre agli occhi elettronici, ai piani alti del carcere, dove c’è pure l’ufficio della direttrice Maria Grazia Bregoli, si è affacciato più di un volto. Controlli e interferenze che gli agenti non hanno preso in considerazione, dando spazio alle rivendicazioni, urlate dentro un megafono.

A far scendere "in piazza" gli agenti iscritti all’Osapp è la conduzione "aziendale" del carcere. "Il manager e capo indiscusso, il direttore Maria Grazia Bregoli - si legge nella nota diffusa dal sindacato - gestisce il carcere di Brescia come fosse un’azienda: vede nel personale operai non sindacalizzati, con il dovere di lavorare, di non lamentarsi troppo e ai quali non concedere troppi diritti se non il minimo indispensabile".

A Brescia, rincara la dose il segretario generale Beneduci, pure lui incatenato con i colleghi, "il direttore compie scelte dubbie e poco trasparenti". Per gli agenti nel carcere si è creato un clima invivibile che va ad aggiungersi a turni di lavoro già abbastanza pesanti per la carenza cronica di personale e il continuo aumentare dei detenuti, anche se grazie all’indulto i carcerati di Canton Mombello sono scesi a 290, dai quasi cinquecento che erano prima di agosto.

"Non bisogna lamentarsi - dicono a denti stretti -, mai rivendicare i propri diritti e tantomeno mostrare dissenso, altrimenti si rischia di essere schiaffeggiati (gli agenti sostengono che il riferimento è a un fatto realmente accaduto e che non si tratta di invenzione)".

I richiami e le sollecitazioni al provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Luigi Pagano non hanno risolto la difficile vertenza, per cui gli agenti sono arrivati alla protesta di ieri per dire basta a quello che è diventato "un vero e proprio regime con turni massacranti e eccessivi carichi di lavoro, immotivati rigetti di richieste di congedo e di riposo settimanale, missioni pagate in ritardo".

E l’elenco delle cose che funzionano da parte degli agenti è ancora molto lungo: mancato rimborso delle spese sostenute dal personale per i pasti durante i servizi di missione, con le relative richieste rigettate con motivazioni pretestuose. E ancora l’insufficenza delle unità addette alla vigilanza delle sezioni detentive, spesso una sola persona addetta a vigilare su più sezioni; i servizi di traduzione effettuati sotto scorta e con mezzi, armamenti ed equipaggiamenti non sufficienti, nonostante la dotazione di reparto. "I mezzi dell’amministrazione - si legge ancora nel comunicato dell’Osapp - per il trasporto persone e i mezzi speciali per il trasporto detenuti non si presentano in condizioni dignitose e spesso i detenuti viaggiano sui furgoni in numero superiore alla capienza".

Per gli agenti anche l’ordine e la sicurezza sono compromessi: "é capitato - dicono gli agenti - di dover portare quattro detenuti con una scorta di tre agenti, autista compreso".

Tra le accuse mosse dal sindacato alla direttrice anche quella di aver usato mezzi dell’amministrazione per motivi privati: un autista - sono gli agenti a rivelarlo - ha dovuto accompagnare la direttrice a prendere il figlioletto all’asilo. Comportamenti che gli agenti non sono più disposti ad accettare e chiedono che la direttrice Bregoli se ne vada.

Vicenza: Ds; gli extracomunitari vanno integrati, non respinti

 

Giornale di Vicenza, 6 settembre 2006

 

Non sono piaciute ai Ds di Vicenza le dichiarazioni del sindaco Hüllweck sulla presenza dei cittadini extracomunitari in città. "Troppi, bisogna bloccare l’arrivo in città degli immigrati", aveva dichiarato il sindaco alla vigilia del vertice in prefettura.

E puntuali sono giunte le reazioni da parte della segreteria cittadina Ds e dei Comunisti italiani che attaccano il primo cittadino sulle posizioni relative agli extracomunitari e alla questione sicurezza.

"I Ds e L’Ulivo rinnovano la stima e la fiducia al lavoro del prefetto, del questore, del comandante dei carabinieri e della guardia di finanza, per il lavoro straordinario per il controllo del territorio. Respingiamo con fermezza - si legge in una nota - le parole rozze e propagandistiche del sindaco e del vice sindaco sulle conseguenze dell’indulto che prefigurano una totale non conoscenza della situazione nelle carceri". E sulla presenza degli immigrati in città, i Ds attaccano: "Gli extracomunitari nella stragrande maggioranza dei casi rappresentano una forza lavoro che paga le tasse, manda i propri figli a scuola e spera di realizzare una vera integrazione.

Di recente anche Assoindustria ha ribadito l’importanza per l’economia nel nostro paese, di manodopera straniera, visto che certi lavori usuranti non vengono più svolti dai vicentini".

La sicurezza è una questione centrale, per gli ulivisti della città, ma senza ghetti e nemmeno zone franche come via Napoli o viale Milano. Dura la replica anche da parte di Marco Palma, segretario cittadino dei Comunisti italiani, che attacca il sindaco: "Le sue dichiarazioni sono semplice demagogia. Il sindaco incapace di dare risposte politiche ad un problema come quello della microcriminalità, usa ancora una volta un capro espiatorio per lavarsene le mani. Del resto gli interventi sull’accattonaggio e i bivacchi nei parchi, dimostrano quanta discriminazione esista da parte di questa amministrazione". E poi, da parte di Palma un ironico invito: "Piuttosto del cenone sotto le stelle, il sindaco di Vicenza, farebbe meglio passare una giornata all’albergo cittadino dove sempre più persone vivono in condizione di disagio". "Respingiamo - insistono ancora i Ds in una nota - le dichiarazioni di Hüllweck e Sorrentino, che sentono di aver perso il consenso dei vicentini dopo il fallimento sulle questioni dell’Aim, Piruea e stadio Menti. Noi sull’immigrazione la pensiamo diversamente, crediamo piuttosto che al rispetto delle leggi, vada affiancato il diritto alla cittadinanza e al voto amministrativo da parte degli immigrati".

Napoli: continuano le manifestazioni contro la criminalità

 

Il Denaro, 6 settembre 2006

 

Una fiaccolata per ricordare Salvatore Buglione, l’uomo ucciso lunedì sera nell’edicola gestita dalla moglie, e per esprimere "preoccupazione di fronte ai rischi cui sono esposti i giornalai". Ad annunciare per venerdì sera la manifestazione i sindacati Cisl Giornalai, Sinagi Slc-Cgil e Uiltucs Giornalai. Intanto il centrodestra attacca Palazzo San Giacomo e chiede l’intervento dell’Esercito. Il sindacato dei poliziotti Uilps, in una lettera al ministro dell’Interno Giuliano Amato, denuncia l’insufficienza di organici e mezzi.

Partirà dall’edicola dove è stato ucciso Salvatore Buglione, venerdì sera, la fiaccolata promossa dai sindacati Cisl Giornalai, Sinagi Slc-Cgil e Uiltucs. Il corteo attraverserà le vie del Vomero per esprimere "preoccupazione di fronte ai rischi crescenti cui sono esposti i giornalai". Buglione era un dipendente comunale che, nel tempo libero, aiutava la moglie nella gestione dell’edicola. Sconvolto dalla notizia Giuseppe Gambale, assessore comunale alla Legalità: "Buglione era nei miei uffici solo poche ore prima. È una violenza assurda, forse - ammonisce Gambale - l’indulto andava approvato con più cautela".

Il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino invoca l’intervento del governo: "Lo Stato intensifichi la lotta contro la criminalità per evitare il ripetersi di tragedie simili".Ma l’opposizione attacca Palazzo San Giacomo. "L’amministrazione di centrosinistra non riesce ad affrontare l’escalation di violenza di questi giorni - esordisce Antonio Martusciello, parlamentare di Forza Italia -. È ora che il sindaco istituisca una task force per sorvegliare capillarmente il territorio".

Il collega di partito e senatore Franco Malvano, chiede al ministro dell’Interno Giuliano Amato l’invio dell’Esercito: "I napoletani avvertono un fortissimo bisogno di sicurezza, altro che grandi eventi - polemizza l’ex questore -. È il momento che Amato attivi una nuova operazione "Alto Impatto".

A favore dell’arrivo dei militari anche Tommaso Pellegrino, presidente regionale dei Verdi. Al Guardasigilli si rivolge pure Michelangelo Starita, segretario nazionale della Uilps (Unione italiana lavoratori polizia di stato), per denunciare "l’insufficienza di organici e mezzi".

Giuseppe Gargiulo, segretario generale Cisl di Napoli, ricorda che "la legalità è la premessa per rilanciare sviluppo e occupazione". È stata inoltre annunciata per la ripresa dell’anno scolastico una manifestazione organizzata dell’associazione studenti napoletani contro la camorra. Amaro, infine, il commento di Marcello D’Orta, scrittore di successo e amico di Buglione: "Si parla tanto di legge speciale, ma l’unica legge che serve a Napoli, dopo l’omicidio di Salvatore, è quella che imponga a tutti i napoletani di lasciare la città".

Palermo: "briciole" i 17 milioni stanziati per il reinserimento

 

Redattore Sociale, 6 settembre 2006

 

L’assessore regionale chiede che "la metà delle risorse liberate dal non accudimento in carcere" sia affidato alla Regioni per le associazioni di volontariato e le istituzioni locali. "Sono briciole che non bastano, questi fondi vanno integrati. Basta pensare che non tenendo più in carcere queste persone lo Stato risparmia miliardi di euro": lo ha detto l’assessore regionale alla famiglia della Sicilia Paolo Colanni, dopo l’incontro tenutosi ieri pomeriggio a Roma del "tavolo per il reinserimento sociale degli ex-detenuti", tra il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, le Regioni, gli enti locali e le associazioni per discutere delle diverse emergenze createsi con l’indulto.

La decisione del governo nazionale è stata criticata dai vertici dell’esecutivo regionale che stanno già pensando a come reperire le somme necessarie ad integrare la cifra proveniente da Roma. L’esigenza della Sicilia è cresciuta dopo l’indulto che ha visto uscire, nell’ultimo mese, dalle carceri dell’Isola 2.456 ex detenuti. L’assessore Colanni, che ha manifestato tutta la sua delusione, si è presentato al vertice con una serie di proposte fra queste: quella di istituire un reddito minimo sociale da inserire in Finanziaria e "l’impegno della metà delle risorse liberate dal non accudimento in carcere in favore delle Regioni, somme da affidare a volontariato e istituzioni locali per il reinserimento degli ex detenuti", ha detto. Inoltre, l’assessore ha sottolineato come i sindaci considerati "terminali ultimi di questo disagio" sono completamente a corto di risorse per fronteggiare questo problema. Secondo quanto però afferma in una nota il ministro Ferrero, i 17 milioni di euro dovrebbero essere solo "l’inizio di un percorso che dovrà proseguire con la Finanziaria".

Anche se la trattativa tra Stato e Regioni è ancora aperta, intanto, l’assessore Colanni fa sapere che è già stato istituito un tavolo tra gli assessori alla Famiglia, Lavoro e Sanità, per verificare con maggiore precisione la somma necessaria a fronteggiare la situazione. Verrà coinvolto pure l’assessorato regionale alla Sanità perché, sempre secondo quanto riferisce Colanni, "una percentuale significativa della popolazione carceraria è composta da persone con problemi di tossicodipendenza".

Fra le strade che la Regione vorrebbe seguire ci sarebbero gli sgravi fiscali per le aziende che assumono ex detenuti, la destinazione di quest’ultimi a cantieri di servizio nelle aree agricole e il possibile inserimento in cooperative sociali. Tutto dipenderà dalla quantità di risorse che la Sicilia avrà a disposizione. Intanto, nei giorni scorsi si sono verificate diverse proteste di gruppi di ex detenuti e non si esclude che potrebbero ripetersi. Non sono mancate le proteste, pure di molti cittadini siciliani che si ritengono contrari all’idea di privilegiare gli ex carcerati nell’accesso al lavoro precludendolo a tantissimi giovani e meno giovani incensurati.

Chiavari: finiti i soldi, ferma la ristrutturazione del carcere

 

Secolo XIX, 6 settembre 2006

 

Come troppe volte accade in Italia, i soldi sono finiti prima che siano finiti i lavori. E l’intervento di ristrutturazione del carcere di Chiavari resta al palo perché il suo completamento sta ancora dietro un bel po’ di angoli. A meno che un’interrogazione al guardasigilli Mastella non ci metta una pezza. A presentare l’interrogazione, appena lunedì ricominceranno i lavori a Montecitorio, sarà l’onorevole Sergio Olivieri, spezzino eletto in quota a Rifondazione comunista.

Olivieri, con una sorta di blitz assieme a Giorgio Barisone e Ursula Cicciarelli, ha visitato - ma sarebbe meglio dire ispezionato - la casa circondariale di Chiavari, quarta tappa dopo La Spezia, Pontedecimo e Marassi di un tour di verifica della stato dei detenuti.

E la struttura di via al Gasometro - il cui organico risulta il più sottodimensionato di Liguria - è uscita a testa alta dall’esame. Attualmente vi sono reclusi 42 detenuti su 60 posti a disposizione, una parte dei quali ergastolani. Il 90 per cento sono italiani, quasi tutti si sono dichiarati soddisfatti del trattamento e della possibilità di collaborare - dietro compenso - alla manutenzione ordinaria del carcere. "Con i 400 euro che mi guadagno qua dentro posso pagare l’affitto alla mia famiglia", ha detto uno dei reclusi.

"Fatta eccezione per la ridotta dimensione delle celle da tre posti, con letti a castello, e fatta eccezione per le anguste finestre a bocca di lupo, la situazione mi è sembrata accettabile - è stato il commento di Olivieri che ha parlato a lungo con la direttrice Maria Milano, con le guardie carcerarie ma soprattutto con i carcerati - C’è un clima disteso, un buon rapporto tra custodi e custoditi, una continua assistenza medica e anche odontoiatrica".

"Struttura, colori, spazi: considerato che è una galera mi ha ricordato di più il liceo", ha sottolineato Ursula Cicciarelli. In sostanza il problema maggiore, al di là del finanziamento dei lavori, è quello del numero di guardie perché la carenza di organico crea tensione per i turni forzati, e la tensione tende a scaricarsi sui detenuti. "Ma, anche per questo aspetto, presenterò un’interrogazione al ministro Mastella", ha concluso l’onorevole Olivieri. E fra quattro o cinque mesi torneremo con Barisone e Ursula Cicciarelli a verificare la situazione".

Gran Bretagna: gli ergastolani dovrebbero potersi suicidare

 

Ansa, 6 settembre 2006

 

I carcerati devono poter scegliere di togliersi la vita. Lo ha affermato ieri un noto sostenitore dei diritti dei carcerati. Mark Leech, direttore della rivista Prisons Handbook, ha detto che l’opzione dell’eutanasia volontaria dovrebbe essere offerta a coloro che sono condannati a passare il resto dei loro giorni dietro le sbarre. Leech, un ex-detenuto, ha espresso questa sua opinione dopo il tentato suicidio del serial killer Ian Huntley, ora ricoverato all’ospedale di Wakefield.

"Si pone la domanda se alle persone che devono affrontare il resto della loro vita in carcere debba essere offerta una via d’uscita alternativa. È qualcosa che certamente vorrei approfondire". Leech ha aggiunto: "Prima di tutto la mia preoccupazione è per le vittime. I genitori di Holly e Jessica si sono svegliati questa mattina e hanno pensato "Oh, mio Dio, eccoci di nuovo dopo tanti anni in cui abbiamo cercato di dimenticare".

Non sanno ancora cosa è avvenuto in quel carcere. Sono sicuro che vorrebbero saperlo. Qui abbiamo - se possiamo essere sufficientemente maturi - un modo per lui di spiegarsi, chiedere scusa e terminare la propria esistenza. Sto parlando di eutanasia. Non sto parlando di non resuscitare coloro che provano ad uccidersi".

Leech ha detto anche che vorrebbe vedere messa in pratica una procedura simile a quella seguita dalla clinica svizzera di assistenza al suicidio "Dignitas".

"Ci dovranno essere controlli severi. Mi piacerebbe vedere un giudice di un’alta corte coinvolto. Il tribunale dovrebbe essere convinto del fatto che il carcerato è in grado di comprendere i suoi propositi, che è sano di mente, che la decisione è irreversibile, che questa è la sua vita e che questo è veramente ciò che vuole. "Abbiamo una sola vita, è la nostra vita ed i detenuti dovrebbero poterla terminare con dignità se è questo che vogliono. Non dico che una confessione piena e sincera di ciò che hanno commesso debba essere una condizione. Sarebbe importante dare un senso di chiusura a tutte le persone coinvolte, ma non deve essere parte obbligatoria della procedura. L’eutanasia potrebbe dare certamente al detenuto ciò che vuole, ma se porta un senso di chiusura o una qualsiasi soddisfazione alle sue vittime, sono favorevole".

 

 

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