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Indulto: gli scarcerati sono 24.729, rimasti dentro in 37.570
Ansa, 12 settembre 2006
È andato al di là di ogni previsione l’effetto svuota - carceri dell’indulto. Al momento, nei 205 istituti di pena italiani sono rimasti 37.570 detenuti, contro gli oltre 61 mila di due mesi fa. A beneficiare dell’atto di clemenza votato dal Parlamento e proposto dal ministro della Giustizia, Clemente Mastella, sono stati 24.729 detenuti, di cui 8.711 stranieri. A loro vanno aggiunte altre 13.956 persone che scontavano il resto della pena, definitiva o provvisoria, in casa. Finora sovraffollate (possono contenere in sicurezza 45 mila detenuti), le carceri italiane si sono così ritrovate addirittura sotto utilizzate. Con alcune conseguenze paradossali. In alcuni istituti non è rimasto neppure un detenuto, come in quello di Spinazzola a Bari, o nel carcere femminile di Empoli, dove una sola detenuta è custodita da 40 agenti della polizia penitenziaria. Decine di piccole carceri improvvisamente sono quasi vuote e per migliaia di agenti è arrivato, dopo molti anni, l’invito a godere integralmente delle ferie e a smaltire nei mesi estivi i permessi arretrati. Il maggiore sindacato della polizia penitenziaria, il Sappe, ha proposto di chiudere provvisoriamente gli istituti occupati per meno della metà dei posti disponibili e risparmiare (un detenuto costa almeno 150 euro al giorno) quei denari che potrebbero servire a ristrutturare gli edifici carcerari. Rebibbia a Roma, che ospitava 2 mila detenuti, oggi ne contiene 1.200. In testa alla classifica dei benefici la Lombardia con 3.400 detenuti usciti, davanti alla Campania con 2.931, la Sicilia con 2.685 e il Lazio con 2.400. Brindisi: ex detenuti e sorvegliati speciali puliscono le scuole
Brindisi Sera, 12 settembre 2006
Le scuole dell’infanzia e le primarie di Fasano (Brindisi) e frazioni si vestiranno a festa per accogliere dal 18 settembre i piccoli allievi cittadini. Tutte sono interessate in questi giorni da lavori di pulitura dei pertinenti cortili, oltre che dalla potatura di alberi e siepi presenti. L’operazione scuole-pulite è resa possibile dalla cooperativa "Alba Nuova", la coop. composta da ex detenuti e sorvegliati speciali cui l’Amministrazione comunale ha affidato l’appalto per la sistemazione di tutti gli spazi esterni pubblici, come un’occasione di riscatto e di reinserimento sociale per persone che hanno già pagato la propria pena. La coop., presieduta da Antonio Sarcinella, grazie proprio ai risultati ottenuti ha aumentato il numero di propri soci: "All’inizio le unità della coop. erano ventiquattro, adesso ne abbiamo inglobate altre sei raggiungendo il numero di 30 - afferma Sarcinella -. Sono soddisfatto del lavoro che stanno portando avanti i soci e credo che l’idea dell’Amministrazione comunale, e del sindaco Ammirabile in primo luogo, di affidare lavori pubblici ad una così particolare cooperativa, sia da esempio per la città ed anche per altri enti pubblici. Se davvero esiste una volontà precisa, persone che hanno sbagliato possono trovare occasioni di riscatto dando un contributo alla stessa città nella quale vivono". E soddisfazione esprime proprio il sindaco Ammirabile: "La mia intuizione, inserita peraltro nel mio programma col quale mi presentai agli elettori nel 2002, si è rivelata vincente e devo dire che il progetto, finanziato esclusivamente con fondi comunali, ha ricevuto gli elogi dal mondo carcerario nazionale, tanto che - rende noto Ammirabile - la rivista "Ristretti orizzonti", redatta dai detenuti del carcere maschile di Padova e dalle detenute del carcere femminile di Venezia, ha destinato al progetto, con un’intervista a me interamente dedicata, ben due pagine del giornale. Peraltro - continua Ammirabile - in questi giorni la coop. Alba Nuova ha subìto un riassetto organizzativo che sta dando eccellenti frutti. Per me è motivo d’orgoglio, giacché siamo stati i primi in Puglia a realizzare un’iniziativa concreta di solidarietà attiva nei confronti di chi ha pagato le sue responsabilità con la giustizia". La coop., infatti, ha istituito al suo interno la Rsa (Rappresentanza sindacale aziendale) formata da Natale Ancona, Crescenzo Pistoia e Domenico Vinci, che si occupa direttamente del controllo e della gestione dei lavori affidati alla coop. "Funziona alla grande - conferma il presidente Sarcinella - questa nuova trovata di responsabilizzare direttamente ex detenuti o sorvegliati speciali. Prima, infatti, ero io il direttore della coop. a prendere commesse ed a controllare che i lavori venissero eseguiti. Oggi non è più così, grazie anche al sì all’innovazione espresso dall’Amministrazione comunale". Ascoli: un carcere modello, dove rieducare è ancora possibile
Il Messaggero, 12 settembre 2006
Essere detenuti nel supercarcere di Marino del Tronto è meglio che stare in un altro istituto di pena. Un concetto necessariamente semplicistico per spiegare come la casa circondariale di Marino svolga meglio di altri istituti la funzione di struttura dove la pena tende davvero alla rieducazione e al reinserimento. È emerso chiaramente ieri a Palazzo dei Capitani durante la presentazione del libro "Il "Supercarcere" di Ascoli Piceno" (Lìbrati) scritto dalla psicologa Ismaela Evangelista e da Davide Alfredo Castelletti, laureando in psicologia, che hanno svolto il tirocinio post e pre-laurea presso la struttura di Marino. Un testo che ripercorre la storia del carcere succeduto nel 1980 a Forte Malatesta, ma che è anche un’attenta e appassionata analisi sul sistema carcerario italiano, sul fine della pena e sull’importanza di progetti rieducativi che proprio nel carcere ascolano trovano grande applicazione. "Il carcere di Ascoli riesce a rispettare ciò che la carta Costituzionale prevede, il fatto cioè che la pena deve anche tendere a rieducare il detenuto" ha detto il magistrato di sorveglianza Raffaele Agostini. "Non a caso - ha aggiunto - non si registrano casi importanti di criminalità successivi all’uscita di detenuti dal carcere di Marino. Merito degli operatori, della direzione, del personale della polizia penitenziaria. Essere detenuti ad Ascoli significa poter parlare con la direttrice, svolgere attività, fare lavori, leggere libri. Cosa che altrove non avviene. Si parla tanto della "certezza della colpa", ma è un falso problema. Quello vero sta nell’enorme differenza del come due persone condannate per lo stesso delitto scontano la pena in istituti diversi". Con l’indulto da Marino del Tronto sono usciti un terzo dei circa 130 detenuti. "La situazione è decisamente migliorata, perché ora non registriamo più problemi di sovraffollamento". La scelta di aver votato a favore dell’indulto è stata difesa dal senatore Amedeo Ciccanti. "Riceviamo proteste, ma è stato necessario perché la vita nelle carceri italiane era diventata disumana e lo Stato si è trovato in difficoltà per aver violato le regole umanitarie nella detenzione di chi ha commesso reati". D’accordo con l’indulto anche il vice presidente della Provincia Emidio Mandozzi, il quale però puntualizza che "bisognava pensare per tempo ai bisogni di chi usciva, creare opportunità di lavoro, di reinserimento reale. Invece vedo già ascolani che, usciti dal carcere, frequentano di nuovo luoghi e persone che in precedenza li hanno portati a delinquere". Il sindaco Celani e il giudice Gianfelice hanno ricordato le difficoltà che inizialmente la città e in particolare i residenti della frazione di Marino hanno avuto nell’accettare la struttura che negli "anni di piombo" ha ospitato Raffaele Cutolo, Renato Vallanzasca, Ali Agcà, Totò Riina. "Spesso i cittadini si sono sentiti blindati a Marino e non in senso figurato, ma reale" ha detto Celani sottolineando come la situazione sia nel tempo migliorata. Giustizia: lettera; ma perché non si fanno lavorare i detenuti?
La Provincia di Lecco, 12 settembre 2006
Parto dal titolo "Mastella boccia l’amnistia e chiede nuove carceri" apparso sul vostro quotidiano il 25/8. Con l’alibi del sovraffollamento hanno fatto l’indulto, salvo pochi, permettendo l’uscita di 23.000 carcerati e tra questi quei pochi che a loro interessavano, "gente d’alto bordo", contro il parere del 92% di cittadini intervistati. Ora che il patatrac è stato fatto, con delinquenti allo sbando, il sig. Ministro pensa di costruire altre carceri, magari con tutti i confort. Si inizieranno le aste per le costruzioni ed in seguito l’arredamento e così il gioco del "mangia tu che mangio anch’io" si riaprirà ancora una volta. Perché non si frutta il demanio, tipo caserme dismesse o altro? Invece di costruire carceri si creino dei centri di raccolta carcerati per il riassetto della natura. L’Italia è mare, montagne, laghi, fiumi, pianure boschi che hanno bisogno di cure; usiamo quelle braccia. Perché questi discorsi dei cittadini, opinioni terra terra, non vengono recepiti dai politici? Fausto Frigerio Como Caro Frigerio, cominciamo dall’ultimo quesito: perché non si fanno lavorare i detenuti? Il motivo è semplicissimo: perché ai nostri politici, maniaci del politically correct, la sola idea richiama il galeotto in divisa a strisce con la palla al piede e il piccone in mano, che istintivamente respingono. Tutti i nostri politici parlano della condizione carceraria, ma non la conoscono (tranne quelli che, per un motivo o per l’altro, ne hanno fatto diretta e personale esperienza). Se la conoscessero, saprebbero ad esempio che il primo desiderio e la più grande aspirazione dei detenuti sono proprio quelli di poter lavorare, invece che vegetare nello squallore avvilente del carcere, che non rieduca forse proprio anche perché non abitua, o riabitua, al lavoro. Quanto all’indulto, la questione è complessa e spinosa. In sintesi si può dire che il governo è stato quasi costretto a adottare questo provvedimento dall’intollerabile sovraffollamento delle carceri, fenomeno che peraltro si è prodotto non certo improvvisamente, ma anno dopo anno, senza che si prendessero i provvedimenti necessari ad affrontarlo diversamente. Un indulto nato da queste premesse non poteva produrre altri risultati che quelli che sta producendo, e che sono sotto gli occhi di tutti. Con l’aggravante di dare l’idea complessiva di uno Stato che agisce con l’acqua alla gola, non per libera scelta, ma per costrizione. Ma ormai la frittata è stata fatta. E, in assenza di qualunque altro provvedimento efficace, è facile prevedere che lo spazio che si è liberato nelle carceri sarà presto nuovamente riempito, magari per alloggiare gli stessi individui che l’indulto ha rimesso - per poco - in circolazione.
Lettera firmata Spoleto: "La maschera di ferro" va in scena dentro il carcere
Il Messaggero, 12 settembre 2006
Per un giorno la casa di reclusione di Maiano di Spoleto si apre al pubblico per uno spettacolo inserito nel cartellone del festival Segni Barocchi di Foligno. Domani pomeriggio alle 15, il regista Philippe Papapietro presenta la sua versione de "La maschera di ferro", liberamente interpretata dall’Officina Teatrale di Maiano. I detenuti che la compongono, dal 2005, hanno dato vita ad una compagnia teatrale nata da un laboratorio estivo. La versione elaborata all’interno del carcere di Spoleto per Segni Barocchi Festival è una rielaborazione che propone la nuova e affascinante ipotesi di uno studioso che ha scelto volontariamente di ritrovarsi incarcerato per scoprirvi la verità: dietro la Verità non c’è stato mai nessuno! Il primo spettacolo dell’Officina teatrale di Maiano è stata "Ingresso libero". Immigrazione: Bologna; risoluzione Lega su espulsione e Cpt
Sesto Potere, 12 settembre 2006
È stata presentata dal consigliere della Lega Nord Roberto Corradi una risoluzione in cui si impegna la Giunta regionale a favorire l’installazione di presidi delle forze dell’ordine all’interno dei CPT per tutelare l’incolumità degli operatori e per prevenire eventuali fughe dei soggetti irregolari lì ricoverati e ad intervenire presso il Governo affinché individui forme rapide ed efficaci per allontanare dal Paese i criminali irregolari scarcerati per effetto dell’indulto. Corradi evidenzia a questo proposito che fra i "21.000 detenuti scarcerati a seguito dell’indulto, votato dalla maggioranza delle forze politiche presenti in Parlamento ad eccezione della Lega Nord, il 40% sono stranieri, molti dei quali entrati clandestinamente nel Paese". Considerando inoltre che "la procedura di legge prevede due passaggi, l’identificazione dei criminali che al momento dell’arresto avevano fornito false generalità e la loro espulsione dal territorio italiano", Corradi ricorda che per garantire l’effettiva applicazione di queste procedure "in molti casi occorre trasferire questi criminali clandestini nei Centri di permanenza temporanea, i CPT, che attualmente sarebbero insufficienti ad assorbire gli ex carcerati irregolari" tanto che "molti di essi si sottrarrebbero alla procedura di allontanamento dal Paese, tornando ad alimentare la criminalità". Ma anche la gestione degli attuali CPT - scrive il consigliere - si rivelerebbe "ogni giorno più difficile perché le poche strutture esistenti sarebbero impreparate ad affrontare i nuovi ospiti", tanto da arrivare alla recente risoluzione dell’organizzazione incaricata di gestire i CPT di Modena e Bologna di "rinunciare alla gestione delle strutture, stanti le continue minacce e violenze dirette agli operatori" ed alla decisione della Questura di istituire un presidio di polizia al CPT di Modena. In questo scenario - conclude Corradi - c’è il dato dell’aumento dell’insicurezza dei cittadini a fronte dell’incremento dei fenomeni criminosi, connessi all’ondata di scarcerazioni conseguenti all’indulto e la "constatazione dell’inadeguatezza numerica e strutturale degli attuali CPT che impongono più urgenti ed efficaci procedure di espulsione" Cosenza: sit in del Movimento Diritti Civili per un detenuto
Asca, 12 settembre 2006
Il leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, ha dato vita ad un sit in per la vita davanti al carcere di Cosenza. Corbelli, per denunciare l’ingiustizia, il dramma e il silenzio - si legge in un comunicato - che accompagna questa drammatica e triste vicenda, che sta vivendo un ex povero emigrante calabrese, ha infatti effettuato oggi un sit-in davanti al carcere dove è detenuto (dopo l’estradizione dalla Germania), F.V., 54 anni, per scontare un residuo pena di 2 anni e 5 mesi, con una figlia, di 24 anni, gravemente malata, che può vedere per 3 ore ogni due mesi, al quale è stato negato l’indulto perché, per un assurdo della legge, approvata dal Parlamento, e della Convezione di Strasburgo, i cittadini italiani che commettono reati all’estero e vengono estradati (come nella fattispecie) possono beneficiare solo dell’amnistia e della grazia ma non dell’indulto. Il detenuto (che ha già scontato tre anni e 7 mesi di reclusione, di una pena complessiva di 6 anni, per piccoli reati) ha scritto al leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli, e gli ha chiesto di aiutarlo, di non abbandonarlo, di farlo soprattutto "per cercare di salvare quella sua povera e sfortunata figlia, bisognosa di affetto e di cure mediche all’estero". L’uomo per protesta, contro quella che definisce "una grande ingiustizia e una grave violazione dei diritti umani più elementari", ha fatto per 10 giorni, dal 31 agosto a domenica scorsa, lo sciopero della fame. Ha dovuto interrompere per non mettere a rischio la propria vita. Corbelli che, prima del sit-in, ha parlato con alcuni responsabili della struttura penitenziaria, chiede l’intervento del ministro della Giustizia, Mastella. Viterbo: no al reality show di Costanzo, che va a Civitavecchia
Il Tempo, 12 settembre 2006
"Altrove" di nome e di fatto. Il reality dal carcere, "Altrove", di Maurizio Costanzo non si farà più a Viterbo, come inizialmente previsto e come annunciato dal conduttore. Il giudice cautelare di Mammagialla, la struttura carceraria che si trova nel capoluogo della Tuscia e nella quale avrebbe dovuto svolgersi a partire dal 3 ottobre il nuovo programma, ha infatti negato l’autorizzazione. In tutta fretta, quindi, gli organizzatori del programma hanno dovuto cercare una nuova sistemazione: "Altrove" si svolgerà così nel carcere di Civitavecchia. Dopo il via libera del giudice, stanno iniziando in queste ore i primi sopralluoghi nella struttura per decidere dove montare le telecamere che riprenderanno la vita dei detenuti. Inevitabile lo spostamento della prima puntata, che andrà in onda martedì 17 ottobre, su Italia 1, in seconda serata. Il programma sarà articolato in quattro terze serate a settimana, di mezz’ora ciascuna, dove verrà raccontata la vita all’interno del carcere. Inoltre, una seconda serata, condotta dallo stesso Costanzo e ancora da fissare nel palinsesto, sarà dedicata agli incontri tra i detenuti e i parenti. Quello che al momento si sa è che i partecipanti sono tutte persone condannate per reati minori. Non ci saranno quindi pedofili, mafiosi o persone sottoposte al 41bis. Sanremo: il Sappe chiede di rimuovere l’attuale direttore
Comunicato stampa, 12 settembre 2006
"Il 4 settembre scorso la struttura di Sanremo del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, unitamente ad altre Organizzazioni sindacali in rappresentanza della maggioranza pressoché assoluta del Personale in servizio, hanno inviato al Provveditore Regionale della Liguria un documento molto dettagliato dal quale emergono evidenti le violazioni poste in essere dal Direttore del penitenziario sanremese Francesco Frontirrè in ordine al sistema delle relazioni sindacali ed alla gestione dell’Istituto stesso. È venuto davvero il momento di affidare la gestione della Direzione della Casa Circondariale NC di Sanremo ad un Dirigente che sappia far ritrovare al Personale (palesemente sfiduciato, non vedendo in concreto alcun intervento risolutivo alle problematiche esistenti) adeguate motivazioni e nuovi stimoli professionali." Lo scrive in una lettera inviata questa mattina al Ministro della Giustizia Clemente Mastella ed ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, il più rappresentativo della Categoria con oltre 12mila iscritti. Sotto accusa la gestione della Casa Circondariale di Sanremo da parte dell’attuale Direttore Francesco Frontirrè. "Questa Segreteria Generale" scrive il Sappe nella sua nota a Mastella "giudica davvero grave e intollerabile la metodologia che sembra contraddistinguere l’operato del Direttore dell’Istituto, non nuovo a situazioni conflittuali con le Organizzazioni sindacali, e chiede alla S.V. di assumere con urgenza i pertinenti provvedimenti di competenza, anche di natura ispettiva per il tramite del competente Ufficio del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, valutando nel contempo anche la possibilità di assegnare un nuovo Dirigente quale Direttore dell’Istituto. Nel documento unitario, il Sappe e le altre OO.SS hanno denunciato: 1) il mancato rispetto dell’Accordo Quadro nazionale sul rapporto di lavoro del Personale di Polizia Penitenziaria e del pertinente Protocollo d’intesa regionale ligure, in particolare per quanto attiene il sistema delle relazioni sindacali e l’assegnazioni di unità in posti di servizio; 2) il mancato rispetto della normativa che regolamenta la salubrità dei posti di servizio del Personale, con particolare riferimento a quanto disciplinato dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994; 3) la mancanza di interventi finalizzati al benessere del Personale. "A solo titolo esemplificativo di poca sensibilità istituzionale verso le problematiche del Personale" aggiunge il Sappe "è utile rammentare che lo scorso 23 luglio 2006 un’agente impiegata presso il "block house" del penitenziario sanremese è stata vittima di un grave malessere per l’insufficiente sistema di aerazione e refrigerazione del posto di servizio. Problematica, questa, segnalata per tempo dal Sappe al Direttore dell’Istituto Francesco Frontirrè (il 17 luglio con nota del Vice Segretario Regionale ligure e successivamente il 18 luglio con nota di questa Segreteria Generale) che invece non ha posto in essere adeguate iniziative correttive, con il risultato del grave episodio di malessere accaduto alla collega il 23 luglio scorso." Il Sappe conclude la nota auspicando un fermo intervento del ministro Mastella "stante l’immobilismo dimostrato dalle articolazioni periferiche e centrali sulle problematiche di Sanremo e Le rinnoviamo l’invito a valutare di affidare la gestione della Direzione della Casa Circondariale NC di Sanremo ad un Dirigente che sappia far ritrovare al Personale (palesemente sfiduciato, non vedendo in concreto alcun intervento risolutivo alle problematiche esistenti) adeguate motivazioni e nuovi stimoli professionali." Salute: dal 1960 i suicidi nel mondo sono aumentati del 45%
Redattore Sociale, 12 settembre 2006
Ogni anno quasi 900mila persone muoiono per suicidio; nel 2000 sono morte così circa un milione di persone, 16 per 100mila nel mondo, una morte ogni 40 secondi. Il dato è dell’Organizzazione mondiale della salute e dell’Associazione Internazionale per la prevenzione del suicidio in occasione della giornata mondiale della prevenzione che si è celebrata ieri, 10 settembre. Negli ultimi 45 anni la percentuale dei suicidi è aumenta del 60% nel mondo e, ad oggi, è tra le tre cause principali di morte tra i 15-44 anni. Infatti, anche se tradizionalmente il suicidio è più frequente tra i maschi anziani, secondo l’Oms, il fenomeno si sta allargando considerevolmente fra i giovani, tanto che ad oggi essi rappresentano il gruppo a rischio più alto in un terzo di paesi, sviluppati e non. L’ingestione di insetticida è uno dei metodi più frequenti, soprattutto nelle aree rurali dei paesi asiatici: negli ultimi 10 anni tra il 60% e il 90% di suicidi registrati in Cina, Malaysia, Sri Lanka e Trinidad erano dovute a questa causa. Al suicidio sono associati nel 90% dei casi disturbi mentali (in particolare depressione e abuso di droghe), ma secondo il rapporto sono legate a questo gesto molti fattori socio-culturali; inoltre è più probabile che il suicidio si verifichi durante periodi di difficoltà economica, di crisi in famiglia o individuale come la perdita di una persona cara o del lavoro. Il fenomeno secondo l’organizzazione ha bisogno di un approccio multi-settoriale per essere combattuto: i dati dimostrano che prevenire depressione, alcol e abuso di droghe può ridurre il rischio, così come interventi scolastici che lavorino sulla gestione di crisi, miglioramento dell’autostima e la capacità di prendere decisioni positive. Tuttavia secondo l’Oms manca la consapevolezza che il suicidio è un problema di grande impatto sociale, discuterne è ancora un tabù e solamente alcuni paesi hanno incluso la prevenzione di suicidio fra le loro priorità. Droghe: Ferrero a Villa Maraini per trentennale comunità
Redattore Sociale, 12 settembre 2006
In occasione del trentennale di Villa Maraini, la Comunità terapeutica per la cura e la riabilitazione delle tossicodipendenze fondata nel 1976 e divenuta una Fondazione, il Ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero ha visitato questa mattina la struttura, incontrando il presidente nazionale della Croce Rossa Italiana Massimo Barra, insieme a medici, operatori e giovani coinvolti nelle attività di riabilitazione. Durante l’incontro il Ministro Ferrero ha sottolineato: "Villa Maraini rappresenta un’esperienza molto importante perché affronta il tema delle droghe evitando di stigmatizzare e di colpevolizzare i tossicodipendenti. Questo in un momento in cui troppo spesso si approccia questo argomento non per cercare di risolvere i problemi ma per costruire la figura del diverso da cui il resto della società dovrebbe difendersi. Per questo l’esempio che viene da Villa Maraini indica invece qualche principio di realtà alla politica". "Così - ha concluso -, accanto alla modifica dell’attuale legislazione su questa materia, l’altro obiettivo che ci dobbiamo dare è quello di offrire risorse stabili a esperienze come questa". Libri: Vicenza; giovedì 14 presentazione di "Risvegliato dai lupi"
Ristretti Orizzonti, 12 settembre 2006
Giovedì 14 settembre, ore 20.30, al Centro Parrocchiale Giovanile Don Bosco di Breganze (Vicenza), presentazione del libro "Risvegliato dai lupi. Un francescano tra i carcerati", di Emanuela Zuccalà (Edizioni Paoline, 2004)
Discutono con l’autrice
Sandro Sperandio, giudice a Verona Alfredo Bonazzi, ex ergastolano e poeta Guariente Guarienti, avvocato Testimoni dal carcere
Partecipa
Frate Beppe Prioli, coordinatore del volontariato carcerario del Veneto e protagonista del libro
Un’occasione di incontro con fra Beppe Prioli, pioniere del volontariato in carcere in Italia, per discutere della drammatica situazione nei nostri penitenziari in tempi di indulto e polemiche. Un viaggio nelle galere d’Italia attraverso il libro che ripercorre l’esperienza quarantennale del frate veronese, e le storie degli uomini che ha incontrato dietro le sbarre.
È un viaggio, intenso e delicato insieme, attraverso storie di detenuti che, grazie a frate Prioli, hanno intrapreso un cammino di riscatto. Storie di redenzione che prendono forma attraverso le lettere scritte a fra Beppe. Uomini e donne che l’opinione pubblica stigmatizza come "mostri". Come Elia, trent’anni di galera per aver massacrato la famiglia. Come Lorenzo, un prete condannato per pedofilia.
Giulia Cerqueti, Famiglia Cristiana
È come viaggiare a fiato sospeso nella nostra cronaca più nera, dai Pietro Maso ai poliziotti della Uno Bianca, però scoprendo anche il dopo, il come va a finire quando le luci dei telegiornali si spengono sulle condanne più lunghe e pesanti.
Cristiano Gatti, Il Giornale
Raptus, omicidi atroci, delitti involontari. La testimonianze di un frate che aiuta i detenuti a ritrovare la loro umanità.
Giorgio Dell’Arti, Io Donna
Per informazioni: Beatrice Salvioni, Ufficio stampa Edizioni Paoline Tel. 06.54956527 Mail: ufficiostampa@paoline.it Fossano: i volontari; esplosione di gioia per l'indulto, ma poi...
www.lafedelta.it, 12 settembre 2006
Dopo le informazioni e le dichiarazioni dei vari politici pubblicate sullo scorso numero de La Fedeltà a proposito dell’indulto (pag. 10, n° del 30 agosto), abbiamo chiesto ai volontari del Santa Caterina di raccontarci com’è stata vissuta questa eccezionale situazione al Santa Caterina dove la popolazione carceraria è passata da 70 a 6 persone.
L’annuncio dell’indulto
Un’esplosione di gioia incontenibile con urla, abbracci, salti, canti e balli: non sono i tifosi italiani che festeggiano la quarta Coppa del Mondo di calcio ma la scena che due di noi hanno visto nel carcere Santa Caterina, sabato 27 luglio alle 18.08. Il Parlamento approvava in via definitiva l’indulto, a sedici anni dalla sua ultima concessione, dovendo in qualche modo risolvere il problema del sovraffollamento degli istituti di pena, ormai a livelli di vera emergenza. Eravamo nel locale della redazione del giornale interno "La Rondine" e con noi erano rimasti due soli detenuti; gli altri erano tutti nelle sezioni, sintonizzati su Radio Radicale che trasmetteva in diretta il voto della Camera. La tensione era palpabile e, alla diffusione della notizia tanto attesa, è esplosa in un grande boato liberatorio che, abbiamo poi saputo, ha spaventato non poco gli ignari passanti in piazza d’Armi.
I nostri dubbi
Abbiamo gioito anche noi coinvolti dal clima generale di euforia ma, appena giunti nel cortile deserto "dell’aria" (stavolta non c’era più nessuno alle finestre a gridarti un ultimo saluto) abbiamo provato una profonda tristezza nel pensare al "fuori" di questi uomini, alla grande illusione che stavano coltivando. Avevano ottenuto l’agognata libertà, ma con quali prospettive di vita? Quali possibilità di inserimento lavorativo, di trovare casa per chi è senza una famiglia ad accoglierlo? Le strutture di accoglienza e di volontariato, i servizi sociali come avrebbero potuto fronteggiare e gestire utilmente un numero così elevato e improvviso di persone con urgenti problemi di vitto, alloggio e lavoro? Questi erano i nostri dubbi mentre lasciavamo il carcere, consapevoli che la frase che già avevamo sentito pronunciare "questione di poche settimane e saranno di nuovo dentro" era purtroppo fondata. Ma c’era la speranza che, considerato il periodo di ferie, l’applicazione del provvedimento potesse avvenire a rilento, dando il tempo di organizzare un minimo di assistenza e di opportunità. E poi conoscevamo bene i tempi lunghi della burocrazia, in particolare di quella penitenziaria… Ci era pervenuta la voce di qualche bene informato da radio carcere che poteva essere questione di pochi giorni ma non ci avevamo dato peso. Invece, con una celerità mai vista prima che ci ha lasciato molto sorpresi e perplessi sulle lentezze del normale disbrigo, in tutta Italia e in pochi giorni le Procure hanno stilato i fogli di scarcerazione di tutti i detenuti interessati, li hanno trasmessi immediatamente all’Ufficio matricola dei carceri che, rinforzati da molti agenti, hanno altrettanto velocemente smistato le pratiche (documenti, foto, impronte digitali, ritiro dei beni personali) e reso operativo il provvedimento.
I giorni dell’esodo
A Fossano, l’esodo (il termine biblico non è esagerato se si pensa che in quattro giorni gli utenti del nostro istituto sono passati da 70 a 6), è iniziato nel pomeriggio di martedì primo agosto e la sorte ha voluto che il primo ad uscire fosse il più ‘vecchio’ e popolare del Santa Caterina, Maurizio F., portato a spalle per il cortile dai suoi compagni nel tripudio generale. Le scarcerazioni sono continuate ad un ritmo quasi frenetico fino alle due di notte. Quanto deve essere stato desolante uscire nel cuore della notte, soli e disorientati dopo anni di carcere, senza nessuno a cui chiedere informazioni, neanche un bar per rifocillarsi e festeggiare, tutto chiuso anche la stazione con l’impossibilità di prendere un treno, vagare così per una città sconosciuta e aspettare su una panchina il risveglio della vita, con mille pensieri che ti frullano nella testa, che ti confondono le idee, che rimettono in gioco la tua volontà di cercare un’alternativa e ti trascinano al disfattismo e alla sfiducia del "non ne vale la pena, tanto non ci riuscirò mai".
Quel ragazzo "ricaduto"
Deve essere successo questo ad un ragazzo che conosciamo bene da parecchio tempo, molto fragile e bisognoso di sostegno morale per non cadere in depressione ma volenteroso nel lavoro per il quale si era già preparato un percorso graduale di inserimento esterno presso una comunità. Ha preso il primo treno per Torino, ha rivisto persone che non voleva più incontrare e si è nuovamente perso. Probabilmente il ragazzo avrebbe preso un cammino diverso se la liberazione fosse stata posticipata e fosse avvenuta alla presenza di uno di noi. Non è un appunto che facciamo agli agenti che, come possiamo testimoniare, anche in questa occasione così particolare si sono comportati con molta umanità, tra scambi di saluti sinceri e cordiali e qualche nota di commozione. Per esempio, un ispettore ci ha telefonato a nome di un detenuto che, da molti anni ‘dentro’, gradiva la nostra presenza all’uscita. In altri casi sono stati gli stessi ex-detenuti che, appena usciti ci telefonavano per poterci incontrare e salutare in un bar (c’è l’usanza propiziatoria che la prima consumazione deve essere offerta da qualcuno libero).
Giorni "unici" anche per noi
Ha dato emozione anche a noi partecipare e condividere la loro riscoperta del mondo e della vita, delle persone e della natura, dei rumori e dei colori, delle macchine e dei cellulari, del gusto particolare e unico che ha la prima birra bevuta direttamente alla bottiglietta di vetro o di un caffè bevuto da una tazzina… è come la meraviglia di un bambino che scopre la bellezza delle cose: impariamo ad apprezzare di più la normale quotidianità di gesti che l’abitudine ci rende automatici e poco importanti. Sono stati giorni molto intensi anche per noi, unici nella nostra esperienza di volontari perché i sentimenti di gioia per la loro libertà come di malinconia per i saluti e di preoccupazione per il loro futuro li abbiamo vissuti ripetutamente e in poco tempo. Pochi hanno chiesto il nostro aiuto e per loro abbiamo trovato molta disponibilità presso le suore domenicane per i bagagli e per l’ospitalità data a due, il Centro per l’impiego per la ricerca di un lavoro, la "Città dei ragazzi" di Cuneo, il Cap e la Comunità Papa Giovanni per un letto provvisorio.
Qualcuno non voleva uscire
Abbiamo saputo che qualcuno non voleva proprio uscire, soprattutto straniero: fuori li aspettava solo la Questura per il foglio di via dell’espulsione, ma senza soldi come possono pagarsi il viaggio? E come sopravvivere qui? Anche per questi non rimane che il lavoro in nero oppure ricorrere nuovamente all’arte di arrangiarsi con qualsiasi mezzo, ma con il pericolo di essere scoperti in ogni momento e, secondo la legge Bossi-Fini, essere nuovamente arrestati. Pensiamo che ancora una volta si è creata solo una grande illusione per i tanti poveri cristi liberi sì, ma abbandonati a se stessi.
Un provvedimento ci voleva, ma...
Indubbiamente un provvedimento che sanasse l’emergenza del sovraffollamento carcerario doveva essere preso e già da tempo (oltre ai problemi igienico-sanitari e di trattamento rieducativo è ben noto quale carica di tensione e di violenza è generata da un’eccessiva concentrazione di esseri viventi in spazi limitati, aggravati ulteriormente, nel contesto carcerario, da una forzata convivenza di molte etnie diverse), ma il provvedimento è stato preso troppo in fretta e applicato ancor più rapidamente (si voleva chiudere la bocca a chi dissentiva da certi reati eccellenti inclusi nel provvedimento che hanno impoverito, direttamente o indirettamente, le tasche di molti italiani, molto più delle famigerate rapine nelle ville?). Si doveva dare il tempo agli enti pubblici e alle organizzazioni private di solidarietà di preparare il tessuto sociale ad accogliere la massiccia ondata dei liberati (i detenuti usciti sono più di 20 mila), per accompagnarli nel momento più critico: riorganizzare la propria vita dopo aver perso lavoro e casa. Diventa poi facile puntare il dito su chi sbaglia nuovamente. Si poteva pensare di stornare una parte dei soldi che lo Stato risparmia con lo sfollamento delle carceri (ogni detenuto costa in media 200 euro al giorno) per finanziare molti più progetti di inserimento lavorativo specifici per gli ex detenuti (per esempio, nel progetto Spirit di Fossano su otto borse lavoro approvate, due sole sono state destinate agli ex detenuti).
I processi inutili
Un altro aspetto che lascia perplessi ma che è insito nel tipo di provvedimento adottato riguarda i processi: per tutti i reati commessi prima del 2 maggio l’iter giudiziario dovrà proseguire fino alla sentenza definitiva dopo di che verrà applicato lo sconto di tre anni previsto dall’indulto (se applicabile). Se la pena è dunque uguale o inferiore ai tre anni, la sentenza praticamente è inapplicata con grave perdita di tempo per la macchina giudiziaria, già così intasata. Ecco perché si sente parlare di amnistia che, cancellando anche il reato, consentirebbe una riduzione del carico pendente presso gli Uffici giudiziari. Qui a Fossano sono rimasti in sei, spaesati in un’atmosfera un po’ desolante e decisamente irreale. Ma a settembre si preannunciano altri arrivi e l’effetto indulto terminerà… lasciando in noi un senso di amarezza per i molti che si perderanno di nuovo e di speranza per i pochi che stanno intraprendendo un inserimento positivo.
Il gruppo Caritas dei volontari del carcere
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