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Giustizia: sì del Senato al ddl Mastella, ora va ad esame Camera
Corriere della Sera, 5 ottobre 2006
L’Aula del Senato ha approvato il disegno di legge Mastella sulla giustizia e ora il provvedimento passa alla Camera dove, vista l’ampia maggioranza su cui può contare il governo, il passaggio della norma sarà probabilmente più agevole. Il via libera è arrivato mercoledì sera, con 159 sì e 148 no, dopo che già nel tardo pomeriggio era stato approvato il maxi-emendamento che ha sbloccato il ddl dopo lo stop decretato dal voto di astensione dell’Italia dei valori espresso martedì. Le modifiche - Nonostante molte modifiche siano state introdotte grazie alle intese raggiunte tra maggioranza e opposizione e inserite nel maxi emendamento, la Cdl ha votato contro il ddl nel suo complesso. In particolare, il testo approvato, rispetto a quello originariamente presentato dal Guardasigilli, prevede la sospensione fino al 31 luglio 2007 soltanto dell’entrata in vigore del decreto che disciplina la carriera dei magistrati e la separazione delle funzioni tra giudici e pm. Sono state invece direttamente modificate, e non soltanto sospese, le parti relative agli illeciti disciplinari e al riassetto delle procure. Toghe senza partito - Le nuove norme prevedono anche che i magistrati non possano iscriversi o partecipare sistematicamente e continuativamente a partiti politici. In particolare, rientrano tra gli illeciti "l’iscrizione e la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque compromettere l’immagine del magistrato". Le reazioni - Soddisfatto il ministro Clemente Mastella, secondo cui "ha vinto il Parlamento e questa è una bella giornata perché il Parlamento non doveva sconfiggere nessuno. Non c’erano legionari né crociati". Diverso l’umore del suo predecessore sulla poltrona di Guardasigilli, il leghista Roberto Castelli, che rimprovera alla maggioranza di non avere avuto "il coraggio di affrontare l’ultimo tabù, quello della separazione delle carriere dei magistrati e della meritocrazia. Una volta o l’altra bisognerà affrontarlo questo punto. Credo che abbiamo perso quest’ultimo treno e chissà quando potremo prenderne un altro". Castelli ha comunque espresso apprezzamento per il fatto che il "Parlamento ha dimostrato la sua autonomia e indipendenza dalla magistratura" per l’intesa Cdl-Unione sulla riorganizzazione delle procure e sugli illeciti disciplinari. Lieto della conclusione della vicenda è invece il presidente del Senato, Franco Marini: "Mi pare che il risultato di oggi sia una cosa buona per il Senato. Il mio auspicio è che possa venire fuori qualche punto di incontro importante anche nel dibattito sulla finanziaria". Le critiche di Di Pietro - Al leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, resta l’amaro in bocca. "Il voto al Senato dimostra che avevamo ragione noi: invece di cercare accordi sotto banco con l’opposizione si sarebbe fatto meglio a puntare tutto sulla maggioranza che aveva i numeri per superare le difficoltà. Spero che Mastella da questo tragga una lezione per il futuro". "Se Mastella ci avesse dato retta - aggiunge Di Pietro - sarebbe bastato fare un solo voto, una sola norma, con un testo semplice: "la riforma Castelli per l’ordinamento giudiziario è abrogata". Ma non ha voluto ascoltarci. E ora spero solo che abbia imparato la lezione". Giustizia: Mastella; sull'indulto mi sento solo contro tutti
Il Messaggero, 5 ottobre 2006
Povero indulto, orfano dei parlamentari bipartisan che, pochi mesi orsono, lo hanno fortemente voluto ed ora sembra un "figlio di nessuno": si sfoga così il ministro della Giustizia, Clemente Mastella (Udeur), mentre infuriano le polemiche sul provvedimento di clemenza che consentirà anche al "mostro di Foligno" di uscire tre anni prima. L’occasione per lo sfogo del Guardasigilli, grande paladino del provvedimento - che soltanto Idv, Lega e An non hanno votato - è stata la Festa della Polizia penitenziaria, alla presenza del Capo dello Stato, Napolitano. Dice Mastella: "L’indulto non è una resa da parte dello Stato di fronte all’emergenza creata dal sovraffollamento delle carceri né un gesto di finta solidarietà". E allora che cos’è l’indulto? Risposta di Mastella: "Questo atto deve essere inquadrato in una prospettiva più ampia, di ammodernamento del sistema delle pene, significando che con ciò dovranno seguire, a breve, misure di riorganizzazione ma anche e soprattutto riforme strutturali che dovranno investire il sistema penale e penitenziario". Di fatto, ricorda il Guardasigilli, per l’indulto sono usciti 23 mila 543 detenuti e ne sono rientrati il 3 per cento, cioè 742. Purtroppo uno dei 742 ha ucciso un uomo. È seccato Mastella che si è speso non poco per promuovere l’indulto che aveva, tra l’altro, uno sponsor d’eccezione nella persona di Giovanni Paolo II, che chiese un gesto di clemenza durante la sua visita al Parlamento. È seccato il Guardasigilli con quanti fanno finta, oggi, di non aver detto sì al provvedimento. Attacca, dunque, quanti hanno la memoria corta: "È stato un provvedimento voluto da una larghissima parte del Parlamento, con eccezioni a destra e a manca; anche se a volte, leggendo le cronache politiche, sembra che le eccezioni siano state superiori a una volontà parlamentare così estesa e che l’indulto sia quasi figlio di nessuno". E spiega che bisognava rispondere ad una emergenza, che le carceri scoppiavano, che non si poteva andare avanti così. Ecco Mastella: "La condizione delle carceri italiane, con la quale siamo stati costretti a confrontarci, era caratterizzata dalla presenza di oltre 60 mila detenuti e necessitava di un atto che si ponesse a presupposto per avviare un articolato e rilevante processo riformatore". Si attende la riforma che, per ora, è lettera morta. Secondo Mastella, l’indulto ha fatto bene al Paese. Come? Spiega: "Quest’anno, nel trimestre luglio-settembre, sono entrati in carcere 2.260 soggetti in meno rispetto allo stesso periodo del 2005. Con un paradosso, direi che all’indulto non è stato concesso l’indulto". E poi c’è la prospettiva futura: "Questo atto deve essere inquadrato in una prospettiva più ampia di ammodernamento del sistema delle pene. A breve, dovranno seguire misure di riorganizzazione, ma anche e soprattutto riforme strutturali che dovranno investire il sistema penale e penitenziario". Mastella indica a tal proposito "una linea di tendenza sempre più netta nei Paesi europei" seguendo la quale "la reclusione dovrà essere considerata come una misura punitiva estrema, riservata alla criminalità organizzata, ai delinquenti abituali e a coloro che commettono reati che destano grave allarme sociale, mentre più spazio dovrà essere conferito alle sanzioni diverse irrogate in alternativa alla detenzione ordinaria". Giustizia: Mastella; ora faremo riforme strutturali per le carceri
Il Campanile, 5 ottobre 2006
Indulto, tanto per cambiare. All’indomani delle polemiche che accompagnano la possibile semilibertà di Luigi Chiatti, il mostro di Foligno in carcere da tredici anni e nella possibilità di poter beneficiare dell’indulto (con una riduzione della pena di tre anni) il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, torna sul provvedimento. E lo fa in occasione della festa della Polizia penitenziaria, nella quale spiega che tale misura "consentirà di ripensare l’organizzazione degli istituti di pena, al fine di contemperare sempre di più e al meglio le esigenze di sicurezza e di risocializzazione dei condannati". Insomma, nessun allarmismo. Anche perché, con tanto di cifre alla mano, il Guardasigilli spiega che "ad oggi hanno beneficiato dell’indulto 23mila543 detenuti e sono rientrati in carcere, perché colti in flagranza di reato, in 742, con una percentuale del 3%". Per questo, "l’indulto non deve e non può essere considerato come un atto di resa da parte dello Stato rispetto ad una situazione divenuta ormai insostenibile". E ancora altri numeri: "Il provvedimento non è un gesto di finta solidarietà, una gratificazione anticipata a chi non la merita. Quante parole spese sull’indulto - rileva il ministro con una punta di rammarico - non sempre generose verso questo atto di clemenza, caricato di responsabilità assai spesso non sue. Basti pensare che quest’anno, nel trimestre luglio-settembre, sono entrati in carcere 2mila260 soggetti in meno rispetto allo stesso periodo del 2005" Quindi, piuttosto che preoccuparsi di quanti ipotetici delinquenti potranno ritornare a delinquere, sarebbe bene considerare questo atto "in una prospettiva più ampia di ammodernamento del sistema delle pene". Di qui, la necessità urgente di provvedere a misure di riorganizzazione, ma anche e soprattutto riforme strutturali che dovranno investire il sistema penale e penitenziario. Quindi la promessa del Guardasigilli di "trovare e razionalizzare mezzi e risorse per potenziare le offerte trattamentali ai detenuti, rendere effettiva la differenziazione delle condizioni di detenzione fra detenuti in attesa di giudizio e condannati in stato di esecuzione della pena, incrementare le stese misure alternative alla detenzione". Tutto questo, ovviamente, accompagnato ad una linea intransigente nel contrasto a tutte le forme di criminalità organizzata, per le quali sarà necessaria la reclusione, considerata dal ministro "misura punitiva estrema". Segue poi l’elogio di Mastella alla polizia penitenziaria, e al "suo ruolo fondamentale come gli altri Corpi di polizia". Un plauso, accompagnato da un po’ di aneddoti da rispolverare. Come "l’oneroso e coraggioso servizio dei nostri agenti - ha ricordato Mastella - presso le sezioni ove si attua lo strumento di prevenzione penitenziaria rappresentato dal regime speciale del 41 bis". Oppure, il lavoro intenso che "all’indomani delle stragi mafiose degli anni Novanta, ha consentito di disarticolare le organizzazioni, separando capi e gregari, impedendo che dal carcere imperversasse il governo della mafia". Giustizia: Mastella; la polizia penitenziaria ha un ruolo centrale
Il Campanile, 5 ottobre 2006
La polizia penitenziaria "non è una polizia cadetta, il suo ruolo è fondamentale come quello degli altri corpi di polizia". Il ministro della Giustizia Clemente Mastella omaggia così, nel suo intervento alla festa della polizia penitenziaria tenutasi ieri all’Arco di Costantino (a due passi dal Colosseo), gli uomini e le donne che si occupano della sicurezza delle carceri italiane. Un "esercito" costituito oggi da oltre quarantamila agenti, di cui 3.510 donne. Alla cerimonia nei pressi del Colosseo hanno partecipato le più alte cariche istituzionali civili e militari. A partire dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha conferito una medaglia d’oro al merito civile alla bandiera del corpo di polizia penitenziaria, nonché diverse onorificenze ad agenti del corpo che si sono distinti per il loro coraggio. Tra le autorità presenti anche il presidente del Senato Franco Marini, il primo presidente della Cassazione Nicola Marvulli, il sottosegretario alla Difesa Marco Verzaschi, il capo della polizia Gianni De Gennaro, il comandante generale dei carabinieri Gianfrancesco Siazzu, il comandante generale della Guardia di Finanza Roberto Speciale, il responsabile del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) Giovanni Tinebra. Dunque, per il Guardasigilli Mastella la penitenziaria ha "un ruolo centrale": basti ricordare, ha rilevato Mastella, "l’oneroso e coraggioso servizio dei nostri agenti presso le sezioni ove si attua lo strumento di prevenzione penitenziaria rappresentato dal regime speciale del 41 bis", e "che all’indomani delle stragi mafiose degli anni Novanta, esso ha consentito di disarticolare le organizzazioni, separando capi e gregari, impedendo che dal carcere imperversasse il governo della mafia". In sostanza, ha osservato il ministro di Giustizia, la polizia penitenziaria "ha mantenuto l’ordine negli istituti ma ha anche assecondato il percorso di rieducazione dei detenuti in tutte le condizioni". E quindi "il suo contributo alla sicurezza dello Stato non è mai stato inferiore a quello offerto dagli altri corpi di polizia". Alla luce di tutto ciò, ha sottolineato Mastella, "occorrerà rideterminare le piante organiche del Corpo", realizzando "immediatamente il riallineamento dei funzionari della polizia penitenziaria con quelli degli altri Corpi di polizia ad ordinamento civile, eliminando ogni sperequazione esistente". Inoltre, ha spiegato il Guardasigilli, a questo nuovo modello organizzativo "potrebbero aggiungersi le competenze relative alla difesa dei testimoni di giustizia e alla cattura dei latitanti", nonché quelle per "i servizi di scorta e di tutela" "Il saluto del ministro Mastella è totalmente condivisibile e in piena sintonia con le aspettative dei poliziotti penitenziari", ha commentato il segretario generale Uil-Penitenziari. E ha aggiunto: "Il Ministro Mastella è andato finanche oltre le nostre aspettative. Oggettivamente un discorso non rituale e non banale". Indulto: in Toscana liberi 1.576 detenuti, 18 tornati in carcere
Adnkronos, 5 ottobre 2006
Massimo De Pascalis, provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, intervenuto alla conferenza regionale sulla sicurezza che si è svolta questa mattina a Firenze, ha fatto il punto sull’indulto in Toscana: "sono usciti 1.576 detenuti, di cui un centinaio di donne, e le persone rientrate in carcere dopo aver beneficiato del provvedimento sono 18". Secondo i dati forniti da De Pascalis, dati aggiornati al 29 settembre scorso, gli extracomunitari che hanno beneficiato dell’indulto e sono usciti dal carcere sono oltre 600 mentre i tossicodipendenti sono 239. I rientri sono avvenuti in prevalenza a Pistoia (4), a Firenze e Massa (3 in ciascuna città) e a Grosseto e Livorno (2). Dal circuito dell’esecuzione penale esterna sono uscite 1.277 persone affidate, di cui circa 160 donne e 170 stranieri. "Prima dell’ indulto - ha aggiunto De Pascalis - i detenuti erano poco meno di 4100, fra cui 210 donne, a fronte di una capienza regolamentare di 2006 posti letto per uomini e 125 per donne. La presenza attuale, che si attesta sui quasi 2600 detenuti, vive comunque in condizioni di sovraffollamento". Grosseto: 60enne suicida ad agosto, notizia tenuta nascosta
Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, 5 ottobre 2006
Quel poveretto si è suicidato, non ricordo se di lunedì, ma certamente nei primi giorni di agosto, subito dopo l’entrata in vigore della legge sull’indulto, e non ora come pare di capire dal vostro articolo. La direzione e gli operatori della Casa Circondariale di Massa Marittima hanno tenuta ben nascosta la notizia, perché certo è assai imbarazzante spiegare come possa accadere una simile tragedia in un istituto a custodia attenuata - che mediamente ospita una ventina di detenuti prossimi al fine pena - dove si cerca di sviluppare progetti di reinserimento attraverso la ricerca di lavoro all’esterno. Nell’istituto di Massa Marittima, che è sotto la responsabilità di una direttrice presente una volta la settimana, operano un’educatrice a tempo pieno, un educatore esperto a tempo parziale, due psicologhe, oltre ad altri operatori istituzionali e molti agenti di polizia penitenziaria, un cappellano, e alcuni volontari. Nessuno conosce la causa che lo abbia indotto al tragico gesto. Sta di fatto che questa persona, dopo essere stata scarcerata nei primi giorni di agosto, a distanza di due giorni è stata nuovamente arrestata, pare a causa di un pasticcio combinato dagli uffici (un errore nell’applicazione dell’indulto, notificato dalla procura sbagliata). L’uomo era un esperto d’arte e pittore lui stesso, ed aveva una mostra di sue opere allestita proprio a Massa Marittima. Chi l’ha conosciuto lo descrive come un soggetto molto particolare ed incline a stati d’animo assai mutevoli. La sua nuova carcerazione, una volta rimesso ordine nelle carte giudiziarie, sarebbe probabilmente durata solo alcuni giorni, ma lui vi ha messo fine prima con il suo gesto estremo. Chi può sapere cosa gli sia passato per la testa? Fatto sta che i compagni che lo hanno visto nelle sue ultime ore di vita hanno notato in lui uno stato evidente di malessere, di abbattimento. Possibile che nessun’altro, tra tutti gli operatori, si sia accorto dello stato di disagio sofferto e non abbia ritenuto di dover intervenire in qualche modo per rassicurarlo e per accertarsi delle sue condizioni psichiche? Non è alcun modo tollerabile che un fatto del genere sia accaduto proprio in un istituto così piccolo (oggi ci sono rimasti solo 6 - 7 detenuti) che ha la pretesa di sperimentare progetti speciali di reinserimento socio-lavorativo collegati alle realtà territoriali pubbliche e private. Tutti ci attendiamo che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria adotti infine dei provvedimenti risolutivi delle molte problematiche - di cui questo assurdo suicidio è sintomatico - finora evidenziate dalla Casa circondariale di Massa Marittima.
Claudio Messina, Presidente Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia Paliano: la Regione Calabria in prima linea per il nuovo carcere
Il Messaggero, 5 ottobre 2006
Torna di attualità la costruzione del nuovo carcere di Paliano, grazie alla visita del presidente regionale della commissione sicurezza che ha denunciato la necessità di una nuova struttura. In realtà il problema, già sollevato da Antonello Ruffo di Calabria che aveva fatto una battaglia per togliere il carcere dalla fortezza Colonna e trasformare la struttura in un centro ricettivo-turistico o in un centro universitario, è vecchia. "La politica - ha detto Luisa Laurelli - deve dare indicazioni chiare: a Paliano occorre accelerare la costruzione del nuovo carcere, la cui area è stata già individuata all’interno della "Selva". Ma i tempi non possono essere biblici, perché la condizione abitativa dell’attuale carcere è insostenibile sia per i detenuti, sia per il personale. A Paliano non c’è, contrariamente ad altre strutture di detenzione, il problema del sovraffollamento. I detenuti sono una quarantina, alcuni dei quali malati di tubercolosi, provenienti da altri istituti. Il sopralluogo ha posto in evidenza le gravi carenze e la fatiscenza della struttura che invece, se sottoposta a lavori di ristrutturazione, potrebbe essere destinata ad altri usi, prevalentemente culturali e turistici. Il fatto è che diventa difficile intervenire nelle condizioni attuali nonostante gli sforzi che pure sono stati compiuti per garantire ai detenuti un minimo di formazione professionale. " anche positivo che si sia pensato di ristrutturare la palestra e di far svolgere attività di coltivazione su 3.500 metri di terreno. Tenere così una struttura del genere non ha senso, né sotto il profilo umano, né sotto il profilo economico. Ecco perché la soluzione va trovata nella costruzione del nuovo carcere che potrebbe far fronte anche ad altre esigenze di ospitalità per detenuti di altre carceri del Lazio, dove ci sono condizioni di maggiore criticità. La Regione farà la sua parte interessando direttamente lo Stato centrale perché metta in atto le procedure necessarie per la costruzione della nuova struttura. Di pari passo, interesserò il ministro dei beni culturali Rutelli perché si cominci a pensare da subito alla diversa utilizzazione dell’attuale struttura". Rovigo: tre piani per reinserimento carcerati e contro droga
Il Gazzettino, 5 ottobre 2006
Tre progetti per continuare a sostenere il sociale in alcune delle tante sfaccettature. Come la lotta alla droga, l’aiuto ai minori in difficoltà e il reinserimento lavorativo degli ex carcerati. L’assessore Giancarlo Moschin sta portando avanti, quale "continuità con ciò che era stato fatto in precedenza", degli interventi con altre parti sociali nei campi detti. "La lotta alla droga è una battaglia che non può essere smessa - riprende Moschin - allo stesso modo vogliamo continuare a dare attenzione al difficile passaggio all’età adolescenziale, per finire col dare altrettanta attenzione a un mondo difficile come quello carcerario. Pur con le difficoltà note del bilancio, abbiamo voluto salvaguardare questi progetti che seppure siano la prosecuzione di azioni avviate, non diventano mai routine". Partendo dal lato carcere, la giunta sosterrà il piano del Centro francescano di ascolto, come partner del Centro servizi al volontariato, che punta alla formazione al lavoro fatta per sei mesi fuori dalla casa circondariale, portando i detenuti o chi sta scontando misure alternative, a imparare un mestiere all’interno delle aziende. Il secondo intervento è nel settore della droga, che tocca sia il problema carcere che quello del disagio giovanile. la giunta ha deciso di continuare l’impegno a fianco degli altri Comuni e dell’Ulss 18 nel quadro di "È viva la strada", un programma triennale che tra gli obiettivi quello di promuovere la cultura del non consumo di stupefacenti nei gruppi giovanili, valorizzando invece le loro risorse, stimolarne l’iniziativa e migliorare la qualità della vita. Il tutto grazie all’attività degli operatori di strada. L’ultimo aspetto è costituito dalla convenzione che al giunta stipulerà con la cooperativa Peter Pan per l’inserimento di ragazzi in difficoltà al Centro socio educativo "Prima stella a destra", che si trova in Tassina. Il progetto è rivolto al recupero di bambini dai 6 ai 14 anni che abbiano lievi ritardi nell’apprendimento, o situazioni di disagio familiare e sociale. Il centro è attivo cinque giorni alla settimana, dalle 12.30 alle 18.30. Varese: teatro; un errore capitale… voci dal braccio della morte
Varese News, 5 ottobre 2006
Va in scena un tema scottante venerdì 13 ottobre al Melo (sala Dragoni) di Gallarate. Limen Teatro, di Torino, con la collaborazione del gruppo Amnesty International Italia 22 di Legnano, propone al pubblico gallaratese un’inedita pièce: i condannati a morte in attesa di esecuzione rinchiusi nei bracci della morte USA ci avvicinano, attraverso le lettere scritte dal carcere, a un dramma che non ha altra giustificazione alfine se non quella della vendetta perpetrata dallo Stato. La pena di morte è un argomento scarsamente dibattuto in Italia. Sarà perché il codice penale del nostro Paese non la prevede più da diverso tempo. Eppure nelle nostre case, al bar, in TV e nelle scuole si tende ancora talvolta ad invocarla. E allora parlare di questo argomento torna urgente, di tanto in tanto. Per esempio in occasione della Giornata Mondiale contro la Pena di Morte, indetta ogni anno il 10 ottobre da una coalizione internazionale che comprende importanti associazioni come Amnesty International e la Comunità di Sant’Egidio. Quest’anno il tema della Giornata sono le cinque forme di fallimento della giustizia racchiuse nella pena di morte: l’esecuzione di imputati minorenni, la discriminazione, la malattia mentale, i processi iniqui e l’innocenza, ognuna emblematicamente rappresentata da un Paese in cui ancora nel mondo si applica la pena di morte. Uno di questi sono gli Stati Uniti d’America, così vicini a noi dal punto di vista etico e giuridico, e per questo meno comprensibili, meno accettabili quando si tratta di sistemi punitivi. Ma lo spettacolo - intitolato "Un errore capitale. Voci dal braccio della morte", che riprende il titolo di un eloquente saggio pubblicato qualche anno fa da Amnesty International - non intende argomentare le ragioni di opposizione alla pena di morte, bensì stimolare il pubblico ad attraversare le sbarre fisiche e mentali dei condannati, astraendosi dai pregiudizi, per avvicinarsi emozionalmente alle persone e percepire, dalle loro storie, aspetti di vita che non traspaiono dalle fredde relazioni dei tribunali o dalle inquietanti fotografie diffuse dall’informazione pubblica. Gli attori compartecipano racconti, dichiarazioni di persone a contatto diretto con i condannati, stralci di articoli di giornale, romanzi e poesie al fine di elaborare interiormente, con gli spettatori, l’orrore nei confronti della pena di morte e di focalizzare il tutto non come una sequenza di parole, ma come un insieme di singoli volti, il cui sguardo ha diritto di continuare ad esistere. In scena, gli attori danno voce a questi volti con la collaborazione di cantanti che, attingendo dal repertorio di brani scritti sul tema, esaltano le atmosfere descritte nei testi riprodotti nella loro cruda autenticità. Tutto il materiale è stato raccolto grazie all’associazione Spring for Summer, che sostiene la causa di Greg Summer, detenuto, condannato a morte nel carcere di Lexington, in Texas, USA, la cui esecuzione è prevista il prossimo 25 ottobre. Per questo, la rappresentazione, a ingresso libero, prevedrà la raccolta di donazioni che contribuiranno all’ultimo accorato appello per fermare la mano del boia. Calabria: ancora storie di ordinaria malasanità carceraria...
Associazione Yairaiha Onlus, 5 ottobre 2006
Raramente l’attenzione dei media calabresi sul carcere è stata così alta come negli ultimi mesi. Nomi noti certo, quelli che fanno audience, che fanno aumentare la tiratura della carta stampata, non anonimi detenuti che dietro le sbarre stanno consumandosi tra mille tragedie, soprusi, abusi e violazioni sistematiche dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti. Che detenuto sei? Di serie A o di serie B? Il "numero di matricola 000", a Palmi, ha dovuto aspettare per circa due mesi, dai primi di luglio a metà settembre, prima di essere sottoposto a risonanza magnetica con un braccio quasi paralizzato. Fino alla settimana scorsa non sapeva ancora di preciso da che male fosse affetto e, nonostante il dirigente sanitario dell’istituto avesse già sollecitato ricerche mediche approfondite, Matricola 000, ha dovuto iniziare uno sciopero della fame, dopo un sollecito, prima che venisse condotto in ospedale per la risonanza magnetica. Questo è solo uno dei tanti detenuti che attendono mesi prima di ricevere cure adeguate. La violazione dei diritti nelle carceri italiane è quasi sistematica, soprattutto nelle carceri con una scarsa presenza di volontariato dove è ancora più difficile la comunicazione dei detenuti con l’esterno e la verifica delle reali condizioni di detenzione e del rispetto dei loro diritti. Riteniamo che sia assolutamente indispensabile l’istituzione del Garante dei Diritti delle persone sottoposte a limitazioni delle libertà personali che sia indipendente da qualsiasi organismo politico o amministrativo e che abbia libertà di ispezione in tutti i luoghi di detenzione (Istituti penitenziari (per adulti e minori) Centri di Permanenza Temporanea, Ospedali psichiatrici, Comunità, Caserme e Questura dove il confine tra i mezzi leciti e illeciti è, a volte, labile. Nel mese di luglio alla Regione Calabria è stata presentata una proposta di legge per l’istituzione dell’Ufficio del Garante che auspichiamo venga discussa al più presto così come quella che è stata depositata nei giorni scorsi alla Camera per l’istituzione del Garante nazionale che, in ogni caso, necessita di un confronto continuo e costante con il territorio. Solo in Calabria ci sono undici istituti tra Case Circondariali e Case di reclusione e un Istituto penale per Minori oltre che ben due Centri di Permanenza Temporanea e non sappiamo quante Case di Riposo. In Italia gli istituti di detenzione sono 207 oltre che 15 per minori e, se non ne hanno aperto un altro nelle ultime ore…, circa 16 Cpt oltre le innumerevoli "strutture a rischio" già citate e, con queste cifre, è impensabile che un Ufficio del Garante Nazionale possa svolgere un lavoro territoriale attento e costante senza il supporto di un analogo ufficio, quantomeno regionale. Reggio Emilia: un mese di iniziative contro la pena di morte
Modena 2000, 5 ottobre 2006
Un mese di iniziative per dire "no" alla pena di morte: incontri, dibattiti, mostre e proiezioni - Primi appuntamenti martedì 10 ottobre in occasione della "Giornata mondiale contro la pena di morte" - Il 30 novembre, in occasione della manifestazione "Città per la vita, città contro la pena di morte", un raggio di luce illuminerà, come è ormai tradizione, la statua del Crostolo, simbolo della città. Anche quest’anno la città di Reggio Emilia - che ha dichiarato la propria totale contrarietà alla pena di morte attraverso ripetuti pronunciamenti del Consiglio comunale e che da anni sostiene, tramite il Comune, la "Coalizione mondiale contro la pena di morte" e la "Coalizione texana per l’abolizione della pena di morte" - aderisce alle iniziative promosse a livello nazionale e internazionale per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sui temi della lotta alla pena capitale e della tutela dei diritti umani. Un impegno concreto confermato anche in questi giorni dalla visita negli Stati Uniti, nella città gemella texana di Fort Worth, di una delegazione comunale guidata dal sindaco Graziano Delrio, che, primo sindaco di una città italiana, ha fatto visita a due detenuti nel braccio della morte del carcere di Livingston. "I condannati ci hanno chiesto che si tenga un dialogo aperto sul tema della pena di morte e che si mettano in luce le ingiustizie che vengono compiute e quanto questa soluzione sia crudele", ha detto Delrio dopo aver incontrato Hector Garcia e Michael Toney. Quest’anno, dunque, accanto ad iniziative divenute ormai tradizione, come l’accensione di una luce che illumina la statua del Crostolo, simbolo della città, in programma nella serata di mercoledì 30 novembre (in occasione della giornata mondiale "Città per la vita - Città contro la pena di morte"), Reggio Emilia dedica alla lotta contro la pena capitale un intero mese di iniziative. Il programma - che prevede momenti di riflessione, dibattiti, esposizioni e proiezioni - è organizzato dagli assessorati Cultura e Rapporti internazionali del Comune, con il patrocinio di Provincia, Cities for peace and democracy in Europe e la collaborazione di Amnesty International, Attac, Carlo Bortolani onlus, Comunità di Sant’Egidio, cooperativa La Collina, Gruppo laico missionario, Incontrotempo, Laboratorio Nonviolento, Legambiente, Pax Christi, 20 di Pace. I primi due appuntamenti sono in programma per il pomeriggio di martedì 10 ottobre: alle 18.45, nella Sala delle Ghirlande del palazzo comunale di piazza Prampolini, sarà inaugurata la mostra fotografica (ad ingresso gratuito) "Vanitas vitae - Quattro artisti sulla pena di morte" a cura di Sara Montesello. Alle 19.30, in piazza Casotti, la Compagnia del Guindolo e il Laboratorio per la nonviolenza rappresenteranno lo spettacolo "Por algo sera. Le pazze di Plaza de Mayo". Droghe: Padova; Radicali condannati per disobbedienza civile
Notizia Radicali, 5 ottobre 2006
Il Tribunale di Padova ha condannato ieri Rita Bernardini e Nicolino Tosoni a due mesi e 20 giorni di reclusione e a 600 euro di multa per la disobbedienza civile del 11 marzo 2004 quando i due esponenti radicali avevano ceduto nel corso di una manifestazione pubblica alle forze dell’ordine circa 3 grammi fra marijuana e hashish. Gli interventi degli avvocati Flavia Urciuoli e Carlo Covi, uniti alle dichiarazioni spontanee degli imputati, hanno portato il pubblico Ministero a chiedere l’assoluzione "perché il fatto non sussiste", ma la condanna è arrivata lo stesso. Bernardini e Tosoni hanno deciso di ricorrere in appello non appena giungeranno le motivazioni della sentenza del giudice Mariella Fino. Sarà molto interessante leggere le motivazioni della sentenza del Tribunale di Padova incline a produrre sentenze di condanna a raffica per violazione dell’art. 73 del Dpr 309/90. Non posso fare a meno di collegare quanto avvenuto in un’aula di "giustizia" con quanto constatato l’altro ieri in occasione della visita al Carcere Due Palazzi effettuata con il Deputato della Rosa nel Pugno Sergio D’Elia e il Consigliere regionale Carlo Covi: una galera traboccante (nonostante l’indulto) di detenuti per l’80 per cento reclusi per violazione delle leggi sugli stupefacenti, ammassati in celle vomitevoli per essere "recuperati" alla società civile… secondo i dettami costituzionali! Quello che nessuno vuole comprendere e affrontare è che a causa delle leggi proibizioniste noi abbiamo in tutta Italia - e Padova, con il suo "muro" è l’emblema dello sfascio - le forze dell’ordine paralizzate nella repressione, la giustizia immobilizzata dalla montagna di processi conseguenti, e le carceri con il loro degrado a certificare il grado di inciviltà del nostro Paese. In questa drammatica situazione che mette in pericolo 3.800.000 consumatori di hashish e marijuana, persino piccole ma urgenti misure come quelle annunciate dalla Ministra Livia Turco di innalzare il limite di cannabis detenibile per uso personale prima di essere considerati criminali spacciatori, tardano a venire. C’è un’emergenza: qualcuno se ne vuole accorgere? O serve - come sempre - l’ennesima eclatante provocazione di Pannella e dei radicali?
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