|
Giustizia: abolire l’ergastolo; ragione è nei principi costituzionali
Liberazione, 12 ottobre 2006
Con il nuovo clima politico istauratosi con la vittoria politica del centro-sinistra alle ultime elezioni, e grazie ai lavori della commissione per la riforma del codice penale presieduta da Giuliano Pisapia è divenuto attuale un progetto perseguito in più legislature, ma mai portato a termine: l’abolizione dell’ergastolo. Questo progetto è stato più volte fermato dalle gravi emergenze che hanno funestato la nostra vita pubblica ed è stato persino bloccato attraverso un referendum, improvvidamente proposto e svoltosi nel 1981 in piena stagione terroristica. Per evitare che il dibattito su una scelta di ordinamento penale che ha un così grande valore simbolico (e quindi politico) si areni nelle secche della banalità occorre comprendere le ragioni profonde che sono alla radice dell’esigenza di cancellare dal nostro ordinamento la pena perpetua. Al riguardo occorre tenere presente che l’ergastolo non è una pena assimilabile alla reclusione, ma è una pena da essa qualitativamente diversa, assai più assimilabile alla pena di morte che non a quella della privazione temporanea della libertà personale. La ragione profonda per la sua abolizione risiede nei principi supremi della Costituzione. Se l’ergastolo verrà abolito ciò avverrà perché sarà messo a frutto uno dei doni più preziosi del nostro ordinamento costituzionale: il principio personalista. Si è molto dibattuto in dottrina e nella giurisprudenza ordinaria e costituzionale dei significati e del valore profondo di quel precetto costituzionale contenuto nel terzo comma dell’art. 27 della Costituzione, che recita: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Se la Corte costituzionale, con la sentenza n° 264 del 22 novembre 1974, con la quale ha respinto la questione di incostituzionalità dell’ergastolo, si è arrampicata sugli specchi di una tormentata concezione polifunzionale della pena, essa, tuttavia, non è sfuggita al paradosso (lucidamente segnalato da Luigi Ferrajoli) di una pena perpetua dichiarata costituzionalmente legittima nella misura in cui è, in realtà, non perpetua (poiché l’ergastolano può essere ammesso al beneficio delle libertà condizionale). Il dibattito sull’abolizione dell’ergastolo, tuttavia, non può fermarsi al principio rieducativo della pena, se non si comprende la ragione per cui quel principio è stato posto. In realtà esso rappresenta un mero corollario di un principio più alto, il principio personalista, che informa di sé tutto l’edificio costituzionale ed ha trovato compiuta espressione soprattutto negli articoli 2 e 3 della Costituzione. Alla radice di questo principio c’è il famoso ordine del giorno Dossetti (9 settembre 1946) presentato nei primi giorni di attività della prima Sottocommissione. "La Sottocommissione, esaminate le possibili impostazioni sistematiche di una dichiarazione dei diritti dell’uomo; esclusa quella che si ispiri a una visione soltanto individualistica; esclusa quella che si ispiri a una visione totalitaria, la quale faccia risalire allo Stato l’attribuzione dei diritti dei singoli e delle comunità fondamentali; ritiene che la sola impostazione veramente conforme alle esigenze storiche, cui il nuovo statuto dell’Italia democratica deve soddisfare, è quella che: a) riconosca la precedenza sostanziale della persona umana (intesa nella completezza dei suoi valori e dei suoi bisogni non solo materiali, ma anche spirituali) rispetto allo Stato e la destinazione di questo a servizio di quella; b) riconosca ad un tempo la necessaria socialità di tutte le persone, le quali sono destinate a completarsi e perfezionarsi a vicenda, mediante una reciproca solidarietà economica e spirituale: anzitutto in varie comunità intermedie disposte secondo una naturale gradualità (comunità familiari, territoriali, professionali, religiose, ecc.), e quindi per tutto ciò in cui quelle comunità non bastino, nello Stato; c) che perciò affermi l’esistenza sia dei diritti fondamentali delle persone, sia dei diritti delle comunità anteriormente ad ogni concessione da parte dello Stato". Sulla base di questo ordine del giorno è stato elaborato l’articolo 2 della Costituzione, la cui formula: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità" significa che la persona umana, nella sua concreta individualità sociale, è un valore storico-naturale, un valore originario, che l’ordinamento deve riconoscere e rispettare in ogni circostanza. Per questo i suoi diritti fondamentali sono "inviolabili", non possono essere cancellati o manomessi dall’ordinamento, neppure con il procedimento di revisione costituzionale, né possono essere sacrificati sull’altare della ragione di Stato o per fini generali di politica criminale. L’ergastolo, in quanto pena "eliminativa", è in contraddizione con l’idea stessa della persona come fine, e quindi con l’essenza del principio personalista, radice profonda, gloria e vanto del nostro ordinamento costituzionale. Giustizia: Mastella; metterò mano alla Cassa delle Ammende
Vita, 12 ottobre 2006
"Siamo qui da pochi mesi, ma speriamo di ottemperare alla Cassa delle ammende, una disciplina tanto importante per il sistema carcerario, il cui ammontare è di oltre 118 milioni di euro". Lo ha dichiarato durante il question time, il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che si è impegnato a dare attuazione all’istituto della Cassa delle ammende nato nel 1936 durante il Fascismo e rivisitato nel 2000. "Metterò mano alla questione - ha aggiunto il Guardasigilli - per l’importanza di questo utile strumento sia al sistema carcerario che all’attività del ministero". Durante il question time si è sottolineato come l’attuazione di questo istituto, da cui si sono originate varie battaglie politiche, arriverebbe in un momento significativo, dopo l’approvazione dell’indulto. Giustizia: Cassa Ammende; finanziati progetti per 13 milioni di €
Agenzia Radicale, 12 ottobre 2006
Durante la seduta pomeridiana della Camera dei Deputati, il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ha risposto ad un’interrogazione (n. 3-00315) dell’on. Bruno Mellano (Rosa nel Pugno) sull’istituto della Cassa delle Ammende (CdA), volto a finanziare i progetti di reinserimento dei detenuti; la CdA è un fondo di denaro, gestito dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della giustizia, dove confluiscono i proventi del pagamento delle ammende e delle multe oggetto delle sentenze penali di condanna; confluiscono nella cassa anche tutti i beni mobili ed immobili confiscati alla criminalità. Il ministro Mastella ha reso noto che, alla data del 31 luglio 2006: il fondo patrimoniale della CdA era pari a 118.293.000 euro; erano stati presentati 31 progetti da parte di soggetti privati (in fase di esame istruttorio) e 91 progetti da parte di soggetti pubblici (30 ormai superati, 16 non ancora approvati, 30 in corso di verifica e 16 già approvati e in corso di attuazione per un impegno complessivo di 9.995.000 euro). Nel mese di settembre, sono stati invece presentati 14 progetti, su base regionale, finalizzati al reinserimento socio-lavorativo dei detenuti che hanno usufruito dell’indulto; nove progetti sono stati approvati (riguardano 602 detenuti e ammontano a tre milioni di euro), cinque necessitano di ulteriori approfondimenti. Bruno Mellano ha dichiarato: "La Cassa delle Ammende è nata, nella sua attuale veste, nel 2000. Per cinque anni, grazie soprattutto al lavoro dell’esponente radicale Iolanda Casigliani e alla collaborazione di vari parlamentari, abbiamo cercato inutilmente di sapere dall’ex ministro Castelli quale era la sua consistenza, l’attività svolta, i bilanci. Oggi, finalmente, il ministro Mastella ha dato i numeri. Numeri che testimoniano un grande lavoro istruttorio su progetti che, comunque, hanno inciso solo per un decimo sulla dotazione patrimoniale della CdA, che rimane consistente. Ci sarà tempo e luogo per approfondire le questioni (le modalità per pubblicizzare sia i progetti presentati, quelli approvati e quelli respinti, sia i bilanci della CdA; la necessità di migliorarne il regolamento); per il momento mi corre l’obbligo di ringraziare il ministro per l’avvio dell’ "operazione trasparenza" rispetto a un istituto così importante, soprattutto in questo momento, per il miglioramento delle condizioni di vita di chi è ha varcato i cancelli ma anche di chi rimane dietro le sbarre". Giustizia: pdl per permesso di soggiorno a figli detenute
Agenzia Radicale, 12 ottobre 2006
Garantire il permesso di soggiorno, temporaneo, ai figli delle donne immigrate detenute nelle carceri italiane. È una delle misure contenute nella proposta di legge della Rosa nel pugno (primo firmatario Enrico Buemi, sostenuto anche da Daniele Capezzone, Lanfranco Turci, Donatella Poretti, Sergio D’Elia, Enrico Boselli e altri) pensata per "dare una risposta concreta alle problematiche legate alla condizione delle detenute madri con figli minori", e oggi all’esame della commissione Giustizia della Camera. La proposta vorrebbe anche lo stop al carcere per le madri di bambini sotto i dieci anni: invece della cella, sconteranno la loro pena in apposite "case-famiglia protette". E poi niente custodia cautelare in carcere per le donne incinte o le madri di bambini sotto i tre anni. La proposta (atto Camera 528), come ha spiegato la relatrice Paola Balducci (Verdi), modifica alcune disposizioni del codice penale e del Testo unico sull’immigrazione, con lo scopo di "assicurare piena tutela ai minori figli di detenute madri, garantendo, nei primi anni di vita del bambino, la convivenza in stato di libertà con la madre detenuta". Il testo prevede, come si diceva, la concessione del permesso di soggiorno "al figlio minore della madre straniera ovvero del padre, se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole e non vi è modo di affidare la prole ad altri che al padre". Il permesso avrà "durata pari a quella della misura cautelare o detentiva". Indulto: il Volontariato Giustizia risponde a Montezemolo
Comunicato stampa, 12 ottobre 2006
Risposta del Presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Claudio Messina, alle dichiarazioni di Montezemolo sull’indulto. Nomi eccellenti si scagliano contro l’indulto come fosse la peste del ventunesimo secolo! Luca di Montezemolo è sconcertato e scandalizzato per questo accordo - l’unico - bipartisan che la politica italiana è riuscita a partorire. Migliaia e migliaia di pericolosi delinquenti a giro, che minano la tranquillità della gente onesta! Ma che ne sa lui, Luca Cordero, del carcere, della gente che vi è rinchiusa, di come vi si arriva e di come se ne esce? Che ne sa di ordinamento penitenziario, di umanizzazione della pena, di programmi trattamentali, di recupero e reinserimento sociale, di prevenzione della devianza, di sostegno alle fasce deboli e inclusione sociale? Le sue dichiarazioni assomigliano a quelle di un qualsiasi forcaiolo per cui chi delinque è un "vuoto a perdere", che non merita neppure di essere preso in considerazione per un eventuale "riciclaggio". - Che ce ne può fregare a noi, uomini VIP o uomini della strada, se nelle patrie galere si fa una vita d’inferno e si sconfina nell’illegalità, nella vergogna di trattamenti disumani..? Tanto peggio, tanto meglio! Noi, uomini onesti, ragioniamo così..! - L’opinione di Montezemolo in questo caso vale zero, e non serve a qualificarla il risalto che gli viene accordato perché a parlare è il Presidente della Confindustria. È lui forse un insigne giurista, un criminologo, uno psicologo, un esperto del disagio sociale, o piuttosto non è uno che nel sociale si occupa di industrie, di motori e di capitali? Se sa fare bene il proprio mestiere, che lo faccia e non si avventuri in terreni che non sono i suoi. Eppure abbiamo visto quanta brava gente onesta, capitani d’industria, finanzieri veri e fasulli sono finiti (per poco tempo, in verità) in carcere. Quelli non avevano rubato autoradio, o svaligiato appartamenti, spacciato droga, o rapinato banche e supermercati. Loro erano dentro il sistema economico, nelle banche. Servivano ai loro clienti latte e bond, yogurt e imbrogli, pomodori dentro scatole cinesi di società fasulle, spuntate come atolli nei paradisi fiscali. Ma l’inferno lo hanno subìto decine e decine di migliaia di risparmiatori legati a quella "catena di Sant’Antonio" stimata cifre da capogiro e finita in pezzi. Abbiamo mai sentito qualcuno che si accollasse la responsabilità piena, totale dei propri crimini? Mai! Tutti innocenti e vittime di complotti o, in subordine, raggirati o costretti da altri. In ballo sempre i soliti nomi arcinoti del capitalismo e dell’alta finanza… Infine l’indulto è scattato per tutti. Ma oggi c’indigniamo se ne beneficia anche Previti, domani se tocca anche a Ricucci, dopodomani se è la Baraldini ad uscire, e se poi tra quindici anni e non diciotto uscirà anche Chiatti (che importa se sottoposto a vita alle misure di sicurezza)… E così ogni giorno, in un gioco stupido e perverso, assimilabile per demenzialità a quei reality show che piacciono tanto. Quel mondo sano e onesto dell’imprenditoria, rappresentato da Montezemolo, provi piuttosto ad aprire i cancelli delle proprie fabbriche anche a chi esce di galera e ha voglia di lavorare e di cambiare. Non lasci che questi "avanzi di galera" siano ingaggiati dalla criminalità o dagli altrettanto criminali imprenditori che, dal nord al sud, operano nell’illegalità - e che sono ancora tanti, anzi troppi - rispettati e indisturbati.
La Cnvg, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, riunisce le associazioni nazionali e locali di volontariato che operano nelle carceri, nella giustizia, per la tutela dei diritti di chi non ha i mezzi per tutelarsi da solo; ne fanno parte tra gli altri Antigone, Caritas Italiana, San Vincenzo de Paoli, Libera, SEAC, Arci, FIVOL, Telefono Azzurro e 18 CNVG Regionali.
Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia Via Nazionale, 39 - 00184 Roma - Tel. 06.483332 volont.giustizia@fastwebnet.it - www.volontariatogiustizia.it Indulto: Veneto; più che dimezzato il numero dei detenuti
Redattore Sociale, 12 ottobre 2006
Sono più che dimezzate le presenze negli istituti di pena del Veneto nei mesi successivi all’indulto. È questo il dato che emerge mettendo a confronto le stime relative alla popolazione carcerata a fine 2005 - pochi mesi prima dell’entrata in vigore della legge - con quelle più recenti fatte dopo l’apertura delle porte del carcere. Secondo l’Osservatorio regionale sulla popolazione detenuta e in Esecuzione penale esterna (nel Bollettino numero 3 "Carcere e immigrazione") nel mese di settembre 2005, esattamente un anno fa, la popolazione carceraria arrivava a 2.958 presenze. Un anno dopo sono diventati 1.243. I dati sul pre e post indulto consentono anche la formulazione di un confronto tra detenuti italiani e stranieri. L’equilibrio con l’approvazione della legge è variato, anche se non in maniera significativa: un anno fa infatti gli immigrati erano 1.581 contro 1.377 italiani. La percentuale era dunque di 54% contro 46%. Nel settembre 2006 si sono registrati invece 602 stranieri (48,4%) e 641 italiani (51,6%), segno che a beneficiare dell’indulto sono stati di più gli stranieri. Con l’uscita di oltre 1.700 detenuti gli spazi per chi è rimasto dentro sono diventati un po' meno angusti, tanto almeno da dare sollievo alle statistiche che volevano un tasso del sovraffollamento oscillante tra il 100% e il 205% (nella casa circondariale di Padova). Un altro distinguo da fare è tra popolazione carcerata maschile e femminile: al 20 settembre 2006 il rapporto tra uomo e donna è di 10 a 1: 1.140 contro 103. Quanto alla tendenza a rientrare in carcere subito dopo aver beneficiato dell’indulto, dati regionali ancora non sono disponibili, ma a livello nazionale si contano circa 700 casi, di cui un centinaio di ri-carcerati in funzione della Legge Bossi-Fini e non per atti di delinquenza. Per gestire la delicata situazione del dopo-indulto la Regione Veneto ha promosso alcune iniziative: i Dipartimenti per le Dipendenze delle Asl hanno continuato nella gestione di sportelli di sensibilizzazione e prevenzione, gli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna stanno tuttora programmando e organizzando gli interventi, il Comune di Padova ha messo a disposizione buoni pasto e posti per dormire e ha aperto lo sportello "SOS Indulto" con la collaborazione del gruppo di "Ristretti Orizzonti" e altre associazioni del territorio. Altri sportelli e numerose attività sono state attivate negli altri capoluoghi di provincia e dalle associazioni, in prima linea la Caritas. Tutte iniziative volte a rispondere alle richieste che più frequentemente le persone uscite dal carcere beneficiando dell’indulto hanno posto, tra cui emergono aiuti di tipo logistico (vitto e alloggio) ed economico (denaro per i biglietti di autobus, treno, schede telefoniche…), di inserimento lavorativo, di consulenze legali, regolarizzazione dei documenti, terapia farmacologica o sostitutiva (ai Dipartimenti per le Dipendenze). Veneto: 56 progetti di formazione per drogati e detenuti
Asca, 12 ottobre 2006
Riguardano un po’ tutti i settori lavorativi i progetti formativi approvato dalla Giunta regionale, per i quali è stato previsto un finanziamento di 4.638.000 euro. Gli interventi, che rientrano nel Programma operativo della Regione con il cofinanziamento del Fondo Sociale Europeo, sono finalizzati all’adeguamento delle competenze di fasce deboli del mercato del lavoro, in particolare tossicodipendenti e detenuti, al fine di fornire strumenti atti a garantire un’adeguata collocazione professionale. "Nel Veneto in questi anni - ricorda l’Assessore regionale all’Istruzione, Formazione e Lavoro, Elena Donazzan, che ha proposto il provvedimento - è stato fatto molto nell’inserimento delle persone svantaggiate in senso generale, tra cui gli ex detenuti e tossicodipendenti. Tanto - ha precisato - che la nostra regione risulta essere uno dei contesti nazionali dove migliori sono i risultati dell’inserimento lavorativo di queste persone, sia in termini di occupazione, sia di durata del rapporto di lavoro. E questo perché viene sostenuta la collaborazione tra i centri per l’impiego e i SIL e anche perché siamo state tra le prime Regioni ad applicare la legislazione nazionale. Il provvedimento che abbiamo approvato - conclude l’Assessore Donazzan - rientra nelle politiche di promozione e sostegno dell’inserimento lavorativo che rappresentano un elemento di efficienza, in quanto i benefici economici che ne derivano sono di gran lunga superiori ai costi". 56 i progetti approvati e finanziati, di cui 4 in provincia di Belluno (€ 240.857,40), 11 in provincia di Padova (€ 903.459,64), 2 in provincia di Rovigo (€ 89.750,00), 9 in provincia di Treviso (€ 781.944,79), 15 in provincia di Venezia (€ 1.504.338,32), 7 in provincia di Vicenza (€ 557.482,64), 7 in provincia di Verona (€ 500.867,50) e 1 tra Vicenza e Verona (€ 49.546,40). Giustizia: Corte Costituzionale rinvia decisione su ex-Cirielli
Apcom, 12 ottobre 2006
Slitta ancora la decisione della Corte costituzionale sulla legittimità della legge ‘ex-Ciriellì nella parte che prevede che la riduzione dei termini di prescrizione per gli incensurati non valga per tutti i procedimenti penali ma solo per quelli in cui è già stata dichiarata l’apertura del dibattimento. I giudici della Consulta, riuniti da ieri in camera di consiglio, hanno ripreso la discussione stamattina ma hanno deciso di aggiornare i lavori a lunedì 23 ottobre. Lo riferisce un comunicato stampa della Corte. La Consulta ha già bocciato una parte della ex-Cirielli, lo scorso giugno, stabilendo l’incostituzionalità della norma che non prevede che il permesso premio possa essere concesso ai detenuti recidivi che prima dell’entrata in vigore della legge abbiano già maturato i requisiti per ottenere i benefici penitenziari. Ora, invece, ai giudici costituzionali tocca il compito di pronunciarsi sulla legittimità della norma transitoria che lo scorso anno è stata introdotta con un emendamento proposto dall’Udc dopo le polemiche che avevano investito un provvedimento bollato come salva Previti dall’allora opposizione di centrosinistra. Una norma che ha impedito al deputato di Forza Italia di avvalersi in Cassazione, nell’ambito del processo Imi-Sir, della riduzione dei termini di prescrizione che gli avrebbe evitato la condanna definitiva a sei anni. Giustizia: Casini; test antidroga per tutti i parlamentari
La Repubblica, 12 ottobre 2006
Test obbligatorio antidroga per tutti i parlamentari. È questa la proposta dell’ex presidente delle Camera Pier Ferdinando Casini dopo la vicenda del servizio delle Iene che aveva svelato la positività di alcuni parlamentari a un test antidroga: "Gli italiani hanno il diritto di sapere se i parlamentari che hanno eletto sono oppure no tossicodipendenti". "Solo grazie a un test obbligatorio, a delle analisi scientificamente serie - dice Casini - potremo uscire da questo dibattito stucchevole, questa sorta di caccia al tesoro. Come un pubblico ufficiale, un pilota di aerei, deve sottoporsi a questo tipo di esami, anche i parlamentari perché questo palazzo deve essere una casa di vetro". Consensi e critiche. Il test obbligatorio viene bocciato a sinistra e trova consensi a destra, tra i fautori del pugno di ferro contro le droghe pesanti e leggere. A sorpresa, si dissocia il leader di An Gianfranco Fini, padre (insieme a Carlo Giovanardi) della legge che ha fatto diventare un reato il consumo di droga. "Personalmente - spiega Fini - non avrei problemi a dire: io aderisco. Un conto però è la volontarietà, altro è l’obbligatorietà, su cui ho qualche dubbio se sia compatibile con le leggi che riguardano la privacy". Maurizio Gasparri di Alleanza Nazionale vorrebbe invece un segnale della Camera. "Bisogna diradare il polverone che si è abbattuto - dice - e l’unico modo per farlo non è quello di attendere con una proposta di legge che una verifica di questo tipo diventi obbligatoria, ma favorire subito una decisione volontaria della Camera con una prova che offra all’opinione pubblica un quadro della situazione. Chi dovesse rifiutare il test se ne assumerebbe la responsabilità di fronte alla pubblica opinione. Altra strada non c’è per placare le polemiche". Di segno opposto la reazione di Alessandra Mussolini di Alternativa Sociale: "Ieri diceva che era una trovata pubblicitaria. Oggi di fronte alla indignazione popolare, si converte alla trasparenza. Una incoerenza tipica del soggetto, che è pronto a virare secondo le convenienze". Controlli spontanei. Di sicuro il tema della droga è stato di grande attualità in Parlamento e nel Transatlantico non si è parlato d’altro. Non pochi deputati, pensando di poter essere additati alla piazza come drogati, si sono affannati ad annunciare che si sottoporranno immediatamente ai test più svariati, per fugare ogni dubbio. Carlo Giovanardi nel pomeriggio è andato al policlinico di Tor Vergata per sottoporsi al controllo. Gabriella Carlucci, di Forza Italia, farà gli esami domani in un centro tossicologico. Antonio Mazzocchi, dell’esecutivo di An, porterà le urine all’ambulatorio della Camera. Proposte alternative. E c’è chi rincara la dose, come Italo Bocchino, sempre di An, che propone "il test tossicologico del capello", che farebbe scoprire il consumo di droga anche a un anno di distanza. Il senatore leghista Roberto Calderoli darebbe ai presidenti delle Camere la facoltà di imporre il test ai parlamentari che si comportano in modo sospetto. Giorgia Meloni, di An, immagina controlli antidoping "a sorpresa", un po’ come quelli che si svolgono nelle competizioni sportive. Di fronte a tante proposte prova a sdrammatizzare il segretario della Dc Gianfranco Rotondi: oltre al test antidroga, propone ironicamente, imponiamo ai parlamentari "il test dell’Hiv, le analisi per il colesterolo e un certificato di buona condotta rilasciato dalla parrocchia". Perplessità a sinistra. Nel centrosinistra la proposta di Casini non trova molti sponsor. A parte il Verde Paolo Cento, che dice di sì al test "per eliminare l’ipocrisia" e il radicale Daniele Capezzone, pronto a sottoporsi al test "anche tra mezz’ora", nella maggioranza è un coro di no. Secondo Renzo Lusetti, della Margherita, i controlli obbligatori violerebbero la Costituzione, perché non si può imporre a nessuno di sottoporsi ad analisi mediche senza consenso. Il capogruppo dei Verdi alla Camera Angelo Bonelli parla di "festival della demagogia" e chiede di abolire la legge Fini-Giovanardi sulla droga. Va più in là il deputato di Rifondazione Comunista Francesco Caruso: sua l’idea di creare un "gruppo interparlamentare amici della cannabis" (non per fumare spinelli in Transatlantico ma per battersi contro la legge Fini, precisa). Il diessino Franco Grillini bolla come "ridicola" la proposta di Casini. Dal ministro per la solidarietà Paolo Ferrero arriva l’annuncio che il governo sta studiando un testo per superare la legge Fini-Giovanardi. Canada: in aumento numero detenuti per piccoli reati
Ansa, 12 ottobre 2006
È mutata profondamente la composizione della popolazione carceraria in Canada. Lo sostiene l’Istituto nazionale di statistica in un rapporto presentato ieri nel quale viene messo in luce come il numero dei detenuti sia progressivamente aumentato negli ultimi anni. E muta - continua lo studio - anche la fisionomia dei carcerati: nel biennio 2004-2005 il numero dei detenuti in attesa della sentenza era pressoché uguale a quello dei già condannati. Dieci anni prima la proporzione era di quasi tre condannati per ogni detenuto in attesa di giudizio. Attualmente in Canada sarebbero incarcerate quasi 20mila persone, 9.800 delle quali stanno scontando una pena detentiva in seguito ad una condanna definitiva. È in aumento infine il numero dei detenuti in carcere per reati minori, mentre scende sensibilmente quello dei condannati per reati violenti.
|