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Giustizia: capo del Dap; no a Mancuso, ministro sceglie Ferrara
Il Mattino, 22 novembre 2006
Un napoletano alla guida del Dap, il dipartimento che coordina l’amministrazione penitenziaria in Italia e che coordina circa 45mila agenti. È la proposta del ministro della Giustizia Clemente Mastella, che ha indicato in Ettore Ferrara il possibile successore di Giovanni Tinebra, diventato nel frattempo procuratore aggiunto a Catania. Un’investitura autorevole che esclude, salvo clamorosi colpi di scena, la nomina di un altro magistrato napoletano, il procuratore aggiunto Paolo Mancuso, il cui nome era circolato con insistenza nel corso delle ultime settimane. Il capo del pool criminalità predatoria nell’ufficio napoletano di Giovandomenico Lepore, con un passato alla guida della Dda, era dato come possibile successore di Tinebra anche per la lunga esperienza conseguita ai vertici dello stesso Dap, come vice di Giancarlo Caselli, oggi procuratore generale a Torino. Per molto tempo il suo nome era nella ristretta rosa dei favoriti, accanto a quello del magistrato palermitano Giuseppe Ayala, con un passato in prima linea nel pool antimafia della Procura di Palermo. Due nomi che si sono virtualmente contrapposti almeno fino alla riunione di lunedì del Consiglio dei ministri, convocata per ufficializzare il rinnovo dei servizi segreti in Italia. È in questa occasione che la scelta del ministro è caduta sul nome di Ettore Ferrara, che non era stato annoverato nella lista dei papabili perché già responsabile dell’ufficio di gabinetto del ministero della Giustizia dallo scorso maggio. Un passaggio che, se venisse confermato domani dall’assemblea di Palazzo Chigi, comunque lascerebbe scoperto il ruolo di Capo di Gabinetto, ma per la prestigiosa poltrona di via Arenula è certa la nomina del casertano Carlo Fucci. Cinquantacinque anni, originario di Napoli, Ettore Ferrara è un esponente di spicco di Unità per la Costituzione, la corrente di centro e di maggioranza dei magistrati, da sempre attestata su posizioni moderate, ed ha ricoperto in passato il ruolo consigliere del Csm dal 1998 al 2002. In magistratura dal 1971, ha cominciato come pretore a Lagonegro, poi è stato giudice a Napoli e in seguito consigliere alla Corte d’appello del capoluogo campano. Come capo di Gabinetto, Ferrara ha coordinato a partire dallo scorso agosto la stagione delle migliaia di scarcerazioni dovute alla legge svuota carceri fortemente voluta da Mastella e votata in larghissima maggioranza dal Parlamento per far fronte all’emergenza del sovraffollamento nelle celle. Se domani mattina il consiglio dei ministri dovesse confermare la nomina di Ferrara a capo del Dap, il Guardasigilli dovrà decidere chi indicare come nuovo capo del Gabinetto. Sarà Carlo Fucci, casertano ma originario della provincia del Sannio, sostituto procuratore a Santa Maria Capua Vetere ed ex segretario dell’Anm. Anche in questo caso si tratta della candidatura di peso, visto lo spessore del magistrato e le battaglie condotte da Fucci nel campo della magistratura associata e in seno ad Unicost, corrente per la quale correva come possibile presidente dopo aver sfiorato l’elezione al Csm durante l’ultima tornata. Indulto: quasi il 10% di chi ne ha beneficiato è tornato in cella
Redattore Sociale, 22 novembre 2006
Al 15 novembre 2006 sono rientrate in carcere 1.715 persone scarcerate a seguito del provvedimento di indulto. Lo ha detto oggi il ministro della Giustizia Clemente Mastella nel corso della sua audizione in commissioni riunite Giustizia e Affari Costituzionali del Senato. Circa il 10% circa delle persone che hanno beneficiato del provvedimento di clemenza è rientrato nel circuito penale: 16.568 infatti le persone scarcerate in agosto, di cui 1.131 già in regime di semilibertà. "Mi sembra che si tratti di una percentuale non rilevante, - ha commentato il Ministro - ancor più se si pensa che il numero di coloro che risultano arrestati in flagranza di reato, in realtà, è pari a 1.421. Gli altri soggetti - ha aggiunto - sono rientrati in carcere per provvedimento dell’autorità giudiziaria, in molti casi sulla base di ordinanze cautelari, riguardanti fatti commessi prima della concessione dell’indulto, che non attestano dunque una recidiva rispetto alla data di concessione dell’atto di clemenza". Mastella ha poi ricordato che "il Parlamento ha individuato nell’indulto l’unico rimedio che potesse fungere da presupposto per il risanamento del sistema penitenziario. Tale scelta ha perciò costituito una coraggiosa iniziativa delle Camere a fronte dell’inerzia che aveva caratterizzato le scelte degli anni precedenti". Ha poi spiegato che "nel corso del tempo tutti i condannati dovranno uscire con tre anni di anticipo. Ma non quelli condannati per pedofilia e altri 21 tipi di reato". "Alcune tra le più importanti Procure della Repubblica, tra cui Palermo, Milano, Roma e Napoli, - ha riferito ancora il Ministro - ci hanno fornito dati sul numero dei reati commessi nel circondario del Tribunale, iscritti nel registro delle notizie di reato nel trimestre successivo all’approvazione della legge, cioè nei mesi di agosto, settembre ed ottobre 2006, che attestano un decremento dei reati iscritti sul registro notizie di reato rispetto alla media degli anni precedenti. Analogamente, sull’intero territorio nazionale, nel trimestre luglio-settembre 2006, all’atto dell’ingresso in carcere sono stati contestati il 20% di reati in meno rispetto allo stesso trimestre del 2005 (39.205 reati nel trimestre luglio-settembre 2005; 33.981 nello stesso trimestre del 2006)". Quando il Parlamento ha varato il provvedimento, ha ricordato Mastella, in carcere erano presenti 60.710 persone, ma "è ora di percorrere strade nuove, in una logica di sistema". Giustizia: Mastella; sì all’amnistia, però decide il Parlamento
Quotidiano Nazionale, 22 novembre 2006
"Ho accolto i rilievi del Csm e personalmente sono favorevole ad un provvedimento di amnistia. Ma ribadisco che sull’amnistia, proprio come sull’indulto, non sono io a decidere, ma Camera e Senato". Lo dice Clemente Mastella in un’intervista pubblicata sul free press mensile Pocket. "Non è stato il ministro Mastella a varare il provvedimento di indulto - ribadisce - ma l’80% dei parlamentari, di maggioranza e opposizione. Non prendo le distanze, anzi, confermo che si trattava di una misura necessaria viste le condizioni delle carceri. Ma a votare è stato tutto il Parlamento". Quanto alla possibilità che tra qualche mese le carceri si riempiano di nuovo, il ministro della Giustizia commenta: "Come faccio a rispondere? Dipende dalla quantità di reati che commetteranno i cittadini. Ci sono tante variabili da considerare, prendiamo i romeni, che rappresentano il 13% della popolazione carceraria. Tra poco la Romania entrerà in Europa, se questi detenuti escono dal carcere per tornare in patria, avremo già alleviato parte del peso che grava sul mondo carcerario". Mastella non risparmia critiche all’informazione: "Consideriamo anche che i crimini, soprattutto quelli commessi da chi è uscito grazie all’indulto, sono amplificati dai media. A Napoli, ad esempio, ci sono stati meno morti dello scorso anno. Andrebbe ricordato". Ad aver beneficiato dell’indulto, ricorda comunque Mastella, non sono 24mila detenuti: "A leggere bene le cifre, le stime sono state rispettate. Gli scarcerati sono 17.500". Sull’ipotesi di estradizione dei terroristi rifugiatisi in Francia, di cui ha discusso col ministro della Giustizia francese, Mastella dice: "Io ci ho provato a chiederglielo. Credo sia difficile. Staremo a vedere". Indulto: Antigone; carceri tornate alla legalità, ora le riforme
Ansa, 22 novembre 2006
"L’obiettivo dell’indulto era riportare le carceri alla legalità ed è stato raggiunto, ora bisogna mettere in piedi un pacchetto di riforme per sfruttare questa occasione storica". A dichiararlo è Patrizio Gonnella, il presidente di Antigone, l’associazione che si batte per i diritti nelle carceri. "Finalmente abbiamo meno detenuti rispetto ai posti letto regolamentari (circa 43.000) - aggiunge Gonnella - non si tratta adesso di discutere quanti sono usciti ma di pensare alle riforme". "Oggi è stato annunciato che il nuovo capo del Dap sarà Ettore Ferrara - prosegue il presidente di Antigone - nelle sue mani ora c’è questa grande occasione: applicare finalmente le leggi finora rimaste lettera morta. E in particolare la legge sulla sanità, sul lavoro e il regolamento penitenziario varato nel 2000 e mai applicato". Indulto: Mastella; carceri affollate per colpa leggi della Cdl
Ansa, 22 novembre 2006
Sulla legge Bossi-Fini, che ha introdotto l’arresto per gli extracomunitari che non ottemperano all’ordine di espulsione, Mastella riferisce che ha consentito nel 2005 l’arresto di 11.300 persone, "tutte poi scarcerate nell’arco di un periodo massimo di 90 giorni". "Occorre domandarsi a quale concetto di sicurezza si pensasse quando è stato deciso di impiegare così grossolanamente risorse di polizia, giudiziarie e penitenziarie, sottraendole al contrasto con la criminalità". Certo, ammette il Guardasigilli, il carcere è "una risorsa importante per garantire la sicurezza dei cittadini", ma va riservato "a soggetti che operano e agiscono allo scopo di aggredire i beni della collettività: in primo luogo alla criminalità organizzata, alla mafia, al terrorismo, ai criminali abituali o professionali". Sempre meno bisogna ricorrere invece al carcere "per coloro che delinquono in modo occasionale", utilizzando le misure alternative. Mentre la galera non andrebbe mai usata "solo per contrastare le espressioni del disagio sociale prodotte dalle condizioni di emarginazione e di povertà". "Non è il numero dei detenuti che garantisce la sicurezza della società", ha tenuto a sottolineare Mastella. Così come, "non è stato solo l’indulto a svuotare le carceri" che "si riempiono e si svuotano perché nessuno si è curato di intervenire su un sistema normativo che ha estenuato la realtà penitenziaria aumentando i rischi per la sicurezza dei cittadini". "Può apparire impopolare avere sostenuto un atto di clemenza, ma solo fino al momento in cui la gente non avrà capito realmente quale sia la situazione penitenziaria italiana. Finché - conclude - non sarà chiaro quanto i numeri alti della detenzione, sbandierati a vanvera, si riferiscano non a presenze reali e continuative, ma a flussi continui di detenuti, a carcerazioni brevi, che hanno solo incattivito e peggiorato chi è transitato da strutture indecentemente affollate e prive di risorse". Indulto: Donandi (Idv); balletto di cifre conferma il pasticcio
Ansa, 22 novembre 2006
"In materia di indulto assistiamo a un vero e proprio palleggio di cifre, con un sottosegretario che parla di 25.000 detenuti che ne hanno beneficiato e il ministro della Giustizia che oggi dichiara siano 17.000. In ogni caso, sono cifre nettamente superiori ai 12.000 detenuti previsti prima che l’indulto venisse approvato". Lo afferma Massimo Donadi capogruppo di Italia dei Valori alla Camera. "Ma quello che conta alla fine è il dato politico. L’indulto è e resta un grande pasticcio - prosegue - concesso in termini troppo estesi e sulla base di una valutazione politicamente frettolosa". "Non solo - osserva - i soggetti che ne hanno beneficiato sono comunque in numero altamente superiore a quello che il ministero aveva precedente comunicato, ma soprattutto, come ci ricorda il Csm l’indulto vanificherà l’80% dei processi attualmente pendenti. Ce n’è quindi abbastanza per riconfermare sotto ogni punto di vista il giudizio negativo dell’intera operazione indulto, nella speranza che, d’ora in poi, la politica dell’Unione in materia di giustizia, smetta di gestire, oltretutto male, le emergenze, e cominci a fare quelle grandi riforme di cui il sistema giustizia ha tanto bisogno". "In questo senso Italia dei Valori conclude Donadi - darà il proprio contributo con un progetto di riforma che depositerà nelle prossime settimane". Bologna; garante; lamentele sopratutto per i problemi sanitari
Redattore sociale, 22 novembre 2006
Il primo in Italia a essere autorizzato a entrare in un centro di permanenza temporanea. A un anno dall’inizio del proprio mandato, il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Bologna fa un bilancio dell’attività svolta negli ultimi sei mesi. Desi Bruno, la garante, in questo lasso di tempo è riuscita a ristabilire l’organico degli insegnanti in carcere, cinque, che era venuto meno per via dei tagli apportati dal Centro servizi amministrativi (ex Provveditorato agli studi), a creare un circuito tale per cui il detenuto che esce in permesso possa usufruire dei servizi della biblioteca Sala Borsa e a raccogliere fondi (circa 20.000 euro) per fare in modo che i carcerati realizzassero un video da utilizzare poi nello spettacolo teatrale che ogni anno l’istituto penale minorile mette in scena. Inoltre, grazie alla collaborazione di Desi Bruno, gli assessorati alle Politiche sociali di Comune, Provincia e Regione Emilia-Romagna, il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria regionale e la direzione della casa circondariale di Bologna hanno pubblicato un opuscolo informativo multilingue da distribuire quando una persona entra in carcere. E ancora: il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, insieme all’Ufficio contro l’esclusione sociale del Comune di Bologna, si è attivato per incrementare lo sportello informativo, già presente all’interno del carcere, che verrà potenziato con un nuovo volontario che dovrà integrare, in via sperimentale, l’attività delle mediatrici culturali che già ci sono, degli altri operatori e dello sportello Info-lavoro della Provincia. Inoltre, per evitare che i detenuti subiscano ritardi quando hanno bisogno di visite o esami diagnostici, l’Ufficio del garante ha spinto affinché Ausl di Bologna e Azienda ospedaliera Sant’Orsola-Malpighi individuassero un percorso ad accesso differenziato alle visite specialistiche per chi sta in carcere. Infine, il Garante ha accelerato la convenzione che Università di Bologna, Scuola di specializzazione in psichiatria e Amministrazione penitenziaria hanno stipulato tra loro per cercare di incidere sul disagio psichico delle persone ristrette. "Ma le problematiche restano. E quelle sanitarie sono i motivi di lamentela che più spesso arrivano all’Ufficio per i diritti delle persone private della libertà personale - dice Desi Bruno -, unitamente alla richiesta di colloqui, di lavoro, di aiuto nel percorso di reinserimento sociale. Inoltre i detenuti chiedono di trovare modalità di contatto con i familiari lontani, i figli che non vedono da tempo o la persona convivente quando non è possibile presentare uno stato di famiglia, come accade per i cittadini stranieri". Dai dati forniti a settembre dall’Amministrazione penitenziaria, dopo l’uscita dal carcere della "Dozza" di 352 persone per effetto dell’indulto, i ristretti ora sono 783 a fronte di una capienza regolamentare di 483 posti. "Il provvedimento di indulto ha migliorato le condizioni di vita all’interno del carcere, diminuendo il numero delle persone per cella a due ognuna - osserva Bruno -. Il clima che si respira è diverso, anche tra il personale addetto alla custodia, e questo ha consentito la ripresa o l’avvio di numerose attività come il riordino della biblioteca, gruppi di auto-aiuto e il laboratorio di teatro per le detenute nella sezione femminile. Anche se resta il bisogno, per le persone che escono dal carcere, di ricevere un kit di beni di prima necessità, come un biglietto per l’autobus, un cambio di vestiti e un indirizzario per l’ospitalità notturna e per i pasti, al fine di poter far fronte a un’emergenza cui non sono abituati: la libertà". Napoli: guardasigilli critica presidente tribunale sorveglianza
Il Mattino, 22 novembre 2006
Un nuovo capitolo della polemica sull’indulto investe un altro magistrato del distretto napoletano. Il caso vede ancora protagonista il ministro della Giustizia Clemente Mastella, che ha come interlocutrice il presidente del tribunale di Sorveglianza Angelica Di Giovanni. Il magistrato, pochi giorni fa, nel corso di un convegno a Salerno, aveva snocciolato dati sull’indulto a Napoli. Il ministro chiederà un intervento del Csm sul magistrato di cui non fa il nome, ma che viene definita "simpatica presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli che ha dato numeri a vanvera" sull’indulto quando ha riferito di undicimila persone uscite per effetto dell’indulto nel circondario di Napoli. "La signora - ha detto Mastella - il giorno dopo ha però chiesto al Dap di sapere i dati esatti. Mi sembra un po’ singolare tutto questo. Il Dap le ha risposto quello che ha riferito a me, e cioè che quei dati erano abnormi". Di qui, la richiesta di intervento del Guardasigilli al Csm, destinata inevitabilmente ad aprire un nuovo versante della querelle che da mesi ormai vede contrapposti giudici, esponenti politici e il ministero di via Arenula che ha proposto una legge votata a larghissima maggioranza dal Parlamento, lo scorso agosto. "Chiederò al Csm di intervenire perché un conto è che i politici si differenzino per motivi politici, un altro conto è che i magistrati diano numeri che non esistono. Questo crea incertezza nell’opinione pubblica che invece deve essere tranquilla perché il Parlamento è al lavoro per garantire sicurezza". Come è noto, i numeri dell’indulto napoletano, almeno nei mesi estivi, erano stati stimati intorno alle duemila unità. Una cifra che nel corso del tempo - ma anche dell’emergenza criminale a Napoli - è sembrata via via sempre più inattuale. Nel corso degli omicidi consumati in città e nel suo hinterland, ha assunto un profilo sinistro il fatto che diversi delitti hanno visto coinvolti - sia come killer che come vittime - personaggi recentemente scarcerati proprio grazie al provvedimento votato lo scorso agosto in Parlamento. Un episodio su tutti ha inoltre turbato non poco le coscienze dell’opinione pubblica napoletana, quello consumato agli inizi di settembre all’Arenella, dove è stato ucciso l’edicolante Salvatore Buglione, assalito da una gang capeggiata da un uomo scarcerato con l’indulto. Informazione: "Altrove"; telecamere, sorveglianti e sorvegliati di Giancarlo De Cataldo
Il Messaggero, 22 novembre 2006
Polemiche, interpellanze parlamentari fortemente critiche. Non si può certo dire che Altrove, il nuovo programma di Maurizio Costanzo incentrato sul carcere, non abbia fatto parlare di sé sin dalla primissima messa in onda. Trasmissione irrispettosa del "diritto all’oblio" che va riconosciuto ai condannati, si è detto. E si è detto che è ingiusto, e triste, spettacolarizzare la sofferenza dei detenuti. In realtà, se si considerano le modalità di realizzazione del programma, si vedrà come gran parte di queste critiche siano fuori bersaglio. In alcune celle e sezioni del penitenziario di Velletri sono state apprestate, dopo una lunga e complessa trattativa con le varie autorità preposte e coinvolte, postazioni di ripresa che, per un certo numero di ore al giorno, riprendono i dialoghi dei detenuti. I quali hanno, a loro volta, pieno diritto di oscurare audio e immagine ogni qual volta non desiderino essere né filmati né ascoltati. Una "striscia" quotidiana trasmette le situazioni che vengono giudicate più interessanti, e una volta a settimana, in studio, i detenuti, il Direttore del carcere, il personale della Polizia Penitenziaria, i volontari e alcuni invitati si confrontano, davanti a un piccolo pubblico, argomentando intorno al materiale audiovisivo selezionato. I detenuti, in altre parole, non sono oggetto della materia trattata, ma soggetti della stessa. L’adesione è rigorosamente volontaria e in qualunque momento chiunque può tirarsi indietro. Ai custoditi e ai custodi è garantito lo stesso spazio. E quanto alla spettacolarizzazione, non troverete, in Altrove, né la morbosità né l’occulta e subdola carica pornografica che pervade, nell’ignoranza generale, ovvero (il che è peggio) nel compiacimento generale, altri programmi considerati "innocui" o seguiti addirittura con simpatia da popolo e intellighentsija. Il fatto è che Costanzo ha avuto un’idea, a un tempo, semplice, coraggiosa e, purtroppo, impopolare. Parlare del carcere. Portare in carcere le telecamere e, attraverso di esse, portare il carcere nelle nostre case. Sta in questa scelta la radice delle polemiche e della diffidenza. Il carcere fa paura. I carcerati non fanno simpatia. I carcerati sono uomini che hanno sbagliato, quindi stanno bene dove stanno. Molti pensano che le carceri siano luoghi persino troppo lussuosi, per gente come loro. Occuparsi degli uomini carcerati, dar loro voce, significa individualizzarli, umanizzarli, sottrarli al regno della statistica e del luogo comune. Questo fa Costanzo, meritoriamente. Ci ricorda che dietro le sbarre ci sono uomini, con le loro storie, con i loro errori, con la loro volontà di riscatto. Certo, ci sono aspetti, in questo Altrove, che possono apparire sconcertanti. A volte detenuti e custodi danno la sensazione di essere prigionieri dei rispettivi ruoli, quasi congelati dalla consapevolezza dell’occhio che li sta osservando. Viene da chiedersi sino a che punto siano sinceri i propositi di emenda degli uni e la trasparente incredulità degli altri. Ma in questa finzione, comune e condivisa, sta in fondo la vera natura del carcere. Non tutti quelli che promettono di cambiare riusciranno a farlo, e non tutti quelli che affermano di non credere nel cambiamento ne sono veramente convinti. Ma, sorveglianti o sorvegliati che siano, tutti coloro che vivono nel carcere non cesseranno mai di credere che la vita, la vita vera, la vita più giusta, sia "altrove". Si può, insomma, simpatizzare o dissentire da questo anomalo esempio di televisione avanzata, ma non gli si può negare il massimo rispetto. Non fosse altro perché Altrove ci esorta a non dimenticare che, secondo la nostra Costituzione, il carcere non è solo segregazione, ma anche occasione di rieducazione e reinserimento; che la pena, persino l’ergastolo, non è eterna, ma lascia sempre aperta una porta alla speranza di un cambiamento. Nell’interesse di tutti, liberi e non. Giustizia: Mastella; nel 2006 a Milano più omicidi che a Napoli
La Repubblica, 22 novembre 2006
"A Milano ci sono più omicidi che a Napoli". Parole di Clemente Mastella pronunciate oggi alla riunione congiunta delle Commissioni Giustizia e Affari Costituzionali sugli effetti dell’indulto che si è tenuta al Senato. Il ministro ha mostrato quattro tabelle elaborate dalla Direzione generale di statistica del suo dicastero sulla base dei dati forniti dalle procure di Milano, Roma, Napoli e Palermo. Tra agosto e ottobre 2006 a Milano ci sono stati 27 omicidi, contro i 23 di Napoli, e così anche gli omicidi commessi tra gennaio e novembre di quest’anno sono superiori nel capoluogo lombardo (103) rispetto a quello campano (75). "Così è, come dice Pirandello, se vi pare...", ha aggiunto Mastella dopo i brusii che si erano levati in aula. Rispetto a questi dati, sul sito internet della prefettura di Milano ne appaiono altri, che riferiscono di 21 omicidi nei primi sei mesi del 2006. Una discrepanza, questa, che alcuni spiegano con il fatto che i dati del ministero si riferiscono al circondario, mentre quelle delle prefetture ai territori delle province. Ma uno ‘scartò così grande tra Milano e Napoli in sfavore della città partenopea colpita dall’emergenza criminalità forse è spiegabile, secondo altri, con la possibilità che per la prima siano stati presi in considerazione i dati del distretto della Corte di Appello (che comprende un territorio più esteso), mentre per la seconda i dati del circondario del Tribunale di Napoli. Sul tema più generale del provvedimento di clemenza Mastella ha chiosato dicendo che "il governo non deve chiedere scusa" per l’indulto perché è un’importante e coraggiosa legge votata da 705 parlamentari di maggioranza e opposizione". Il Guardasigilli arriva con quattro pagine di dati per dimostrare che dopo l’indulto i reati non sono aumentati ma anzi diminuiti del 2,7%; che le persone uscite dal carcere sono 17.455 (e non 29mila come è stato erroneamente detto dal sottosegretario Daniela Melchiorre alla quale ha deciso di togliere le deleghe) di cui solo il 7% tornati dietro le sbarre; che alcune leggi della Cdl come Bossi-Fini ed ex Cirielli sono la causa del "collasso" del sistema penitenziario arrivato, lo scorso luglio, a 60.710 detenuti contro una capienza massima di 43.233 posti. Poi Mastella passa la parola ad Amato. E il ministro dell’Interno premette che certe norme che consentono a chi commette un reato di tornare rapidamente in libertà sono "demotivanti per le forze dell’ordine" e scoraggiano i cittadini perché "chi denuncia può trovarsi il denunciato che bussa alla porta di casa". Ma - sottolinea Amato - più che la misura di clemenza approvata lo scorso luglio dal Parlamento c’è da preoccuparsi dell’"indulto permanente" e cioè di "talune caratteristiche della disciplina del processo e talune norme del codice penale, che permettono in realtà di far tornare rapidamente in libertà autori di reati che sono tra quelli che alzano molto le statistiche della criminalità e creano molto disagio". Per questo, senza cambiare le norme, il ministro dell’Interno auspica maggiore severità contro i reati commessi con l’uso delle armi o comunque, con violenza contro le persone. "Ho chiesto ai miei uffici - informa - come rafforzare le norme per la carcerazione preventiva, la recidiva, la sospensione condizionale della pena per delitti, a volte minori, che vengono commessi con l’uso delle armi o con violenza. Questo porta al diffondersi di una criminalità spregiudicata che può condurre a delitti più gravi". Dunque, prosegue il ministro, "se vogliamo fare qualcosa di più che recriminare o commentare numeri, ci dobbiamo preoccupare di garantire a noi stessi e ai nostri cittadini che commettere crimini ha delle conseguenze". Ma continua il battibecco maggioranza-opposizione sui dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap). La previsione di 15.470 persone fatta dal Dap il 29 luglio su quanti sarebbero usciti si riferiva - precisa Mastella - a coloro che avrebbero lascito il carcere "immediatamente dopo l’approvazione" e "in maniera diretta", vale a dire per effetto esclusivo dell’applicazione dell’indulto. Dunque, dalla stima erano esclusi coloro che erano in custodia cautelare (ad oggi 7.178 persone). Ebbene - ragiona Mastella - le stime sono state rispettate se è vero che in agosto gli scarcerati sono stati 16.568. Avellino: frati in carcere, ma per pregare con i detenuti
Il Mattino, 22 novembre 2006
Sono tornati i frati francescani per una nuova missione religiosa e sociale nel carcere di Ariano Irpino. A sollecitare il loro arrivo (saranno impegnati circa venti religiosi) sono stati direttamente i detenuti (attraverso la mediazione del direttore dell’istituto, Salvatore Iuliano), che non hanno di certo dimenticato l’esperienza maturata in occasione della precedente missione della primavera scorsa. Già ieri mattina sono cominciati tra i detenuti e i frati missionari i primi colloqui, le prime esperienze in comune, durante i pasti, le ore di studio, di intrattenimento e preghiera. Sarà così fino a sabato prossimo, in un atmosfera di grande collaborazione e "contaminazione" umana. Nel corso di questi giorni, poi, ci sarà spazio anche per un incontro dei reclusi del carcere arianese con il Vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia, Monsignor Giovanni D’Alise, da sempre sensibile ai problemi dei detenuti e all’universo delle sofferenze. Mentre venerdì prossimo, 24 novembre, nella mattinata, presso il Centro Pastorale San Francesco, i frati missionari incontreranno le autorità politiche e amministrative locali, a cominciare dal sindaco Domenico Gambacorta, esponenti delle associazioni di volontariato che sono impegnate sul Tricolle, operatori economici e i vertici della casa circondariale per dibattere i temi del reinserimento dei detenuti nella società civile. Non è un mistero che ad angosciare notevolmente i detenuti, e non solo di Ariano, sono anche le preoccupazioni per quello che accadrà dopo la loro permanenza in carcere. Per questo motivo la missione si propone di andare oltre, di offrire ai detenuti punti di riferimento anche dopo l’esperienza maturata tra le sbarre. Intanto, per chi non ha potuto usufruire dell’indulto, resta la possibilità di avvicinarsi al Natale in uno spirito di rinnovata solidarietà. Novara: nuove schiavitù e frontiere degli interventi sociali
Varese News, 22 novembre 2006
L’assessore alle politiche sociali della Provincia di Novara, Massimo Tosi presenterà venerdì 24 novembre a partire dalle ore 10.30 nella sala consiliare di Palazzo Natta, sede della Provincia, due importanti progetti "di frontiera". Il primo progetto riguarda un ambito del quale molto si è discusso in queste settimane in relazione al varo dell’indulto da parte del Governo. Spesso la polemica politica non ha consentito una vera disamina dei problemi del carcere e dei carcerati, compresi quelli ai quali sono applicate misure alternative come la semilibertà. A riflettere sull’argomento invita invece con molta intensità il progetto "La gazza ladra", un giornale ed uno spazio web nati dall’incontro di un gruppo di detenuti con il variegato mondo del volontariato novarese, all’interno di un gruppo di progetti coordinati dall’Associazione Abacashì e da altri soggetti - istituzionali e non -, che hanno condotto alla costituzione dell’Associazione di volontariato La luna dal pozzo e della Cooperativa Multidea, entrambe composte in gran parte da detenuti. L’avvio del progetto, sostenuto dalla Provincia, coincide con l’organizzazione di un convegno in programma per il 6 dicembre a Novara sul tema "Informazione e carcere". Tutte queste iniziative saranno presentate dall’assessore alle politiche sociali della Provincia Massimo Tosi, dalla direttrice dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Novara, Carmen Nappa, da Elisa Lo Prete coordinatrice del progetto carcere di Abacashì, da don Dino Campiotti, direttore della Caritas Diocesana Novarese e dai rappresentanti della cooperativa Multidea. Il secondo progetto, del quale si parlerà venerdì in un ulteriore incontro a seguire, si intitola "Azione comune contro le nuove forme di schiavitù" e costituisce un’assoluta novità nel campo della promozione dei diritti umani in provincia di Novara. Il progetto è stato approvato la settimana scorsa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità e prevede azioni concrete di sostegno e protezione per le vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù e di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo. L’attuazione del progetto, a cui collaborano diversi soggetti istituzionali e del mondo del volontariato, sarà affidata dalla Provincia all’associazione "Liberazione e speranza-onlus" che da sette anni attua programmi di protezione sociale a favore delle donne vittime della prostituzione coatta. Parteciperanno a questa seconda conferenza stampa, oltre all’assessore Tosi, l’assessore provinciale alle Pari Opportunità Silvana Ferrara, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, della Caritas Diocesana, dell’Istituzione Servizi alla Persona. di Arona e il presidente dell’associazione "Liberazione e speranza-onlus", Andrea Lebra. Indulto: in Sicilia sono tornati liberi oltre 4.500 detenuti
Redattore Sociale, 22 novembre 2006
Dei 24.543 detenuti scarcerati in tutta Italia dal 31 luglio scorso, 4.512 (circa il 20% del totale) sono siciliani. Degli ex detenuti siciliani il 70% abita nella città di Palermo. I dati giungono dalle due case circondariali del capoluogo siciliano rispettivamente: Ucciardone e Pagliarelli. 820 sono le persone che sono state scarcerate a Palermo inseguito all’Indulto: 562 dal carcere del Pagliarelli e 258 dall’Ucciardone. In particolare sono 2.572 i detenuti scarcerati dalle 26 case circondariali di tutta la Sicilia e 1.942 quelli usciti dai penitenziari del resto d’Italia con residenza in Sicilia. Secondo quanto riferisce il direttore dell’Ucciardone, Maurizio Veneziano, la maggior parte dei beneficiari erano stati arrestati per furti, rapine e spaccio di droga. "Soprattutto per quest’ultimi il bisogno di droga li porta spesso a commettere reati per procurarsi i soldi. In carcere il tossicodipendente almeno è seguito, ma fuori è una scelta volontaria quella di presentarsi al Ser.T.. E spesso bastano poche ore per ricadere nel tunnel della droga", ha detto il direttore della Casa Circondariale di Palermo. Nonostante questi dati siciliani siano andati oltre a quanto si prevedeva, "dell’Indulto ci sono aspetti positivi e negativi. Sul fronte dei benefici, prima dell’indulto le carceri italiane ospitavano 60mila detenuti. Quindi la riforma ha migliorato le condizioni di vita non solo dei reclusi, ma anche il lavoro del personale. Purtroppo però all’indulto dovevano seguire una serie di interventi concertati con le istituzioni per il reinserimento sociale", ha aggiunto M. Veneziano. Secondo il direttore del carcere palermitano, è sempre più urgente stimolare le associazioni di volontariato e di categoria a cercare di individuare dei piani di reinserimento sociale per tutti coloro che una volta usciti dal carcere non sanno dove andare e cosa fare. Intanto, solo nella città di Palermo in quattro giorni si sono registrati due omicidi, un atto di sciacallaggio a casa di un ristoratore deceduto, decine di colpi tra scippi e rapine e un numero notevole di furti.In particolare sono prese di mira dai banditi supermercati, farmacie e tabaccherie.Molte banche, invece, hanno dovuto ripristinare le guardie giurate. Sono in molti i cittadini palermitani che protestano e pensano che ci possa essere un collegamento tra la quantità di reati compiuti e il provvedimento di clemenza adottato dal Parlamento. Russia: Amnesty: nelle carceri torture e stanze per lo stupro
Associated Press, 22 novembre 2006
Torture, maltrattamenti e stupri, praticati dalla polizia per estorcere confessioni. Alla vigilia del summit Unione europea-Russia, Amnesty International mette sotto accusa Mosca per le violazioni dei diritti umani nel trattamento dei detenuti in carcere. È dura la denuncia dell’organizzazione umanitaria nel rapporto "Federazione russa: tortura e confessioni forzate in detenzione". I prigionieri, si legge nel documento, vengono colpiti con pugni, sfollagente, bottiglie di plastica piene d’acqua, libri. L’elettroshock è comunemente usato, come anche le sale attrezzate per stupri, con tanto di manette e tavoli in acciaio per bloccare braccia e gambe. I diritti fondamentali, come quello all’assistenza legale o a una visita medica da parte di un dottore di propria scelta, vengono negati. Le organizzazioni non governative russe hanno registrato nel 2005 oltre 100 casi di torture nelle 11 regioni prese in esame, sulle 89 del Paese. Ma il Caucaso settentrionale, "dove la pratica della tortura è ancora più elevata", e la Cecenia non sono stati considerati. Comportamenti che violano "gli obblighi nazionali e internazionali" della Russia, aggravati dalla "mancanza di sforzi convincenti" del Paese per eliminare il fenomeno. Alla vigilia del summit Unione Europea-Russia, in programma per il 24 novembre, Amnesty chiede all’Europa di rivolgere al presidente russo Vladimir Putin un messaggio chiaro. Sono tre le richieste dell’associazione. Bruxelles deve chiedere alla Russia di "firmare e ratificare il protocollo opzionale alla convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e favorire la visita, al più presto possibile, del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura". "Sviluppare standard per l’ufficio del procuratore generale, per assicurare che le indagini sulle denunce di tortura siano tempestive, indipendenti e in linea con gli obblighi internazionali del paese". In terzo luogo "garantire che i detenuti abbiano accesso all’assistenza legale e a un medico di propria scelta e che essi compaiano rapidamente di fronte a un giudice".
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