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Giustizia: sull’amnistia i garantisti sono comparsi di Pietro Sansonetti
Liberazione, 13 novembre 2006
Quest’estate il Parlamento ha approvato l’indulto - cioè lo sconto di pena per i detenuti e per i condannati al carcere - con una maggioranza molto larga, di oltre i due terzi (la legge chiede questa maggioranza, cioè un accordo che vada oltre gli schieramenti di destra e sinistra, per approvare provvedimenti di clemenza). È stato difficile ottenere i due terzi dei voti alla Camera e al Senato. Ci si è riusciti perché si sono incontrate spinte diverse. Quella delle correnti politico-culturali più garantiste - sia nel campo liberale che in quello della sinistra - quella dei settori cattolici condizionati dalle pressioni che erano state esercitate da Giovanni Paolo II, e quella di pezzi - meno limpidi - del partito, diciamo così, di Tangentopoli, cioè degli amici di uomini politici o di "potenti" nei guai con la giustizia che cercavano una via personale d’uscita. Questa alleanza ha prodotto un provvedimento che io ritengo sacrosanto, che questo giornale (quasi da solo) ha appoggiato con molto impegno, sulla base di considerazioni politiche, di principio e umanitarie, pur sapendo bene che settori vastissimi - largamente maggioritari - di opinione pubblica, e anche di nostri lettori, erano assolutamente contrari. Mi è capitato nei mesi scorsi, spesso, di discutere animatamente con questi lettori, coi nostri compagni, con il risultato - di solito - di restare ciascuno sulle proprie posizioni. Ma oggi il problema non è questo, cioè non riguarda i nostri dissensi (sull’idea di giustizia, di pena, di perdono, di vendetta, di risarcimento, eccetera), riguarda invece l’ineguagliabile spettacolo di cinismo offerto dalla maggior parte del mondo politico di fronte amnistia. Cosa è successo? Semplicemente questo: in tutta la storia repubblicana, indulto e amnistia sono stati provvedimenti legati uno all’altro; si concede l’indulto e si concede l’amnistia. Qual è la differenza tra queste due misure? La prima estingue la pena, la seconda estingue il reato. Non cambiano molto le cose per quel che riguarda le condanne già passate in giudicato (processi chiusi, pena ridotta o cassata e stop). Cambiano le cose, invece, per i processi in corso e quelli ancora da cominciare. I processi che riguardano reati che saranno puniti con pene lievi, coperte dall’indulto, in assenza di amnistia dovranno comunque svolgersi, e avranno due possibili conclusioni: o l’assoluzione dell’imputato o la condanna a una pena non applicabile. Il Consiglio superiore della Magistratura ha fatto notare questa incongruenza e su questa base ha sollecitato l’amnistia. Dicono i giudici: "Il 90 per cento dei processi che svolgeremo nei prossimi anni saranno inutili perché non possono erogare pene. Cancelliamo questi processi, alleggeriamo il nostro lavoro e le cose funzioneranno meglio". Ora, è chiaro che si possono avanzare varie obiezioni alle argomentazioni dei giudici. Prima obiezione: i processi non servono solo ad erogare pene ma anche assoluzioni. Seconda obiezione: i processi, in caso di colpevolezza, non producono solo anni di carcere ma anche risarcimenti alle vittime. Terza obiezione: i giudici non dovrebbero chiedere leggi, ma applicarle. Quando i giudici si impicciano nel potere legislativo non è mai un bene, come non è un bene quando il potere politico cerca di condizionare i giudici. Detto tutto questo, il problema esiste ed è chiarissimo. L’amnistia va varata perché il buonsenso dice che è utile. Chi si oppone all’amnistia lo fa esclusivamente per una ragione: ritiene che possa scalfire i consensi del proprio partito. E allora se ne frega della ragionevolezza, se ne frega dei principi, se ne frega anche dei proclami di garantismo dei quali era stato autore negli anni passati. Di fronte all’amnistia, a parte la sinistra radicale e i centristi dell’Udc, i garantisti sono scomparsi. Come è possibile? E sono scomparsi - sembrerebbe - anche i programmi di governo. L’Unione aveva sottoscritto l’impegno all’amnistia: perché ora il governo non se ne fa carico? Naturalmente non è che sia tutto così semplice. Non si scrive un provvedimento di amnistia in cinque minuti, bisognerà calibrarlo bene e risolvere, ad esempio, il problema dei risarcimenti e altre questioni giuridiche complicate. Ma l’esistenza di questi problemi non è una buona ragione per infischiarsene dei propri principi e degli impegni assunti prima delle elezioni. Antigone: meno affollamento, ma i problemi restano immutati
Redattore Sociale, 13 novembre 2006
Nelle carceri italiane la pressione si abbassa. L’indulto ha quasi dimezzato il numero dei detenuti, anche se in alcuni istituti continua a persistere il problema del sovraffollamento e continua a essere emergenza per i continui nuovi ingressi, anche se in minima parte dovuta ai rientri. La percentuale delle persone che ha beneficiato dell’indulto e che è poi stata di nuovo arrestata è infatti molto bassa: solo 1336 persone sono rientrate in carcere in questi mesi per aver commesso nuovi reati dopo la scarcerazione. Ma molti di questi sono immigrati irregolari che avendo avuto il foglio di via appena usciti dal carcere, hanno cercato di salvarsi dai controlli, ma poi sono stati arrestati perché appunto senza regolare permesso. Sono queste le tendenze principali individuate dal rapporto Antigone di quest’anno, pubblicato da Carocci e presentato oggi a Roma. Titolo del rapporto 2006: "Dentro ogni carcere". La novità di quest’anno, dal punto di vista editoriale, è la pubblicazione di 208 schede relative alle altrettante carceri italiane in tutte le regioni, isole comprese ovviamente. Le schede - curate da Laura Astarita, Paola Bonatelli e Susanna Marietti - sono organizzate appunto per regioni e propongono una prima vera mappatura del sistema penitenziario italiano. E danno anche la cifra concreta degli effetti dell’indulto perché registrano sia la capienza delle carceri, sia il numero delle persone scarcerate con l’indulto e sia anche il numero di presenze a cui si era giunti prima del provvedimento di quest’estate. Finora, sia il rapporto annuale di Antigone, sia i dati statistici del ministero ci davano un quadro generale aggiornato della situazione nelle carceri nel loro complesso. Con la mappatura, che si ripeterà anche nei rapporti futuri, potremo avere un monitoraggio continuo anche sui singoli istituti. Per quanto riguarda le tendenze generali che possiamo ritrovare nel rapporto di Antigone, si riscontra una continua crescita della popolazione detenuta negli ultimi anni. Dal 1991 al giugno 2006 quando erano 31.053, i detenuti in Italia sono praticamente raddoppiati, superando le 61 mila unità. Nel giugno del 1992 le persone in carcere erano già diventate 44.424, nel giugno 1999 erano 51.814, nel giugno del 2006 61.264, una crescita continua che si è arrestata solo nella scorsa estate con l’applicazione delle norme sull’indulto. Da agosto 2006 alla fine di ottobre sono uscite dal carcere circa 25 mila persone. Risulta ancora complesso quantificare il dato preciso dei rientri. L’unico dato certo, secondo Antigone, è che al 31 agosto 2006 risultavano presenti in carcere 38.847 detenuti. Da quel momento hanno continuato a uscire dal carcere una media di 1500 detenuti ogni mese. I rientri registrati ufficialmente sono stati 1336. Si tratta di persone che hanno commesso nuovi reati subito dopo l’uscita dal carcere per il beneficio dell’indulto. Tra questi - che sono comunque come si vede una piccola minoranza in confronto alla cifra totale dei beneficiari - ci sono molti immigrati che non hanno commesso reati appena usciti dal carcere, ma che sono stati trovati senza permesso di soggiorno. Molti immigrati che erano in carcere risultavano infatti irregolari e al momento dell’uscita hanno visto consegnarsi il documento del foglio di via. A quel punto hanno cercato di cavarsela, ma molti senza fortuna. Sono stati fermati magari solo poche ore dall’uscita dal penitenziario e rimessi in carcere perché irregolari. Tra i tanti dati colpisce infatti quello relativo alla composizione dei reati commessi dagli immigrati riarrestati dopo l’indulto. Secondo le informazioni in possesso di Antigone, dei 271 immigrati rientrati in carcere in questi mesi dopo aver beneficiato dell’indulto, 118 sono stati arrestati perché trovati sprovvisti di permessi regolari di soggiorno. Al 25 ottobre risultava che erano rientrati in carcere 537 immigrati. Di questi circa 200 non avevano commesso alcun reato, ma erano ancora irregolari e quindi fuori legge. Anche il problema del sovraffollamento è stato tamponato con l’indulto, ma non definitivamente risolto. E ora servono nuove politiche sia in campo penitenziario, sia soprattutto in campo penale. È anche illusoria - si legge infatti nel rapporto di Antigone - la strategia di chi vorrebbe risolvere il problema del sovraffollamento attraverso la costruzione di nuove carceri. Quello che manca, sostengono i curatori del rapporto Antigone, è una vera politica nazionale delle carceri. Troppe sono ancora le differenze che si riscontrano da regione a regione e perfino nella stessa città. È facile trovare a Padova un carcere modello e magari a pochi chilometri un penitenziario dove i detenuti sono chiusi in cella senza poter fare nulla per 20 ore al giorno. Sempre per rimanere ai dati generali, si coglie un aumento dell’età media dei detenuti, mentre si conferma il fatto che circa un terzo dei detenuti sta scontando (o stava scontando prima dell’indulto) una pena inferiore ai 3 anni. "Considerando la ripartizione dei detenuti per l’entità della pena inflitta - scrive Giuseppe Mosconi nel rapporto - vediamo confermato un aspetto decisamente problematico che già avevamo rilevato negli anni precedenti: circa un terzo dei detenuti (30,74 per cento) avendo subito una condanna inferiore ai tre anni, potrebbe fruire, ai sensi della legislazione vigente, dell’affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare o della semilibertà....Ciò sta a dimostrare, da un lato, la già rilevata inefficacia, almeno parziale, della legge Simeone-Saraceni del 1998 nell’evitare il carcere per peni brevi; dall’altro la difficoltà di fruire delle misure alternative per una buona parte di detenuti, dovuta a non conoscenza dei propri diritti e delle necessarie procedure per farli valere, mancanza di un’adeguata difesa, di opportunità esterne idonee al reinserimento, particolare severità dell’amministrazione o dei giudici, problemi disciplinari o altro ancora". L’altro dato generale riguarda la conferma della provenienza sociale dei detenuti. Sono ancora gli immigrati e le fasce più deboli della popolazione a dover subire i provvedimenti restrittivi. Risulta infatti molto alta la percentuale dei detenuti che proviene da quattro regioni meridionali. E risulta sopratutto molto diversificata la condizione del detenuto a seconda appunto dell’istituto. Antigone: manca una linea di politica penitenziaria omogenea
Redattore Sociale, 13 novembre 2006
Le carceri italiane sono un mosaico frastagliato dove non si rintraccia ancora una linea di politica penitenziaria omogenea e dove le condizioni variano a seconda delle capacità dei direttori. Nel rapporto Antigone del 2006 ("Dentro ogni carcere", Carocci editore), questo carattere frammentario del sistema penitenziario italiano emerge con tutta evidenza nella lettura delle 208 schede sui singoli istituti. Ne proponiamo qui solo alcuni esempi, soprattutto per evidenziare che almeno il grave problema del sovraffollamento è stato molto ridimensionato dall’indulto. Le carceri sarde sono definite dagli stessi operatori "di sfollamento" in quanto vengono usate per ridurre la popolazione degli istituti del nord e della Campania. Si tratta quindi di una situazione che porta spesso queste carceri sull’orlo del collasso. Con l’indulto si è ridotta però anche in Sardegna la forte pressione che si riscontrava prima dell’estate di quest’anno. Ci sono 12 istituti che risultavano, prima dell’indulto, quasi tutti sovraffollati o sull’orlo della massima capienza raggiunta. Ad Alghero, per esempio, la capienza regolamentare del carcere è di 145 detenuti, con una presenza effettiva di 194 persone detenute, che si sono poi ridotte di 52 unità con l’indulto. Ad Is Arenas le cose vanno anche meglio, con 176 di capienza e 124 presenze che sono state ridotte di 103 con l’indulto. Il carcere di Iglesias ha una capienza regolamentare di 59 persone con un affollamento che sfiora le 100 presenze. A Nuoro Badu ‘e Carros, 273 di capienza, 297 di presenze. Le carceri siciliane sono 26, di cui 4 case di reclusione e un Opg. Qui il problema è che la gran parte degli istituti presenta gravi problemi strutturali, edifici vecchi o ex conventi che necessitano di continua manutenzione. Anche qui il sovraffollamento era la norma, ma ora le cose sono parzialmente migliorate con l’indulto. Ad Agrigento-Petrusa su una capienza di 253 detenuti si registrano 380 presenze a cui bisogna però sottrarre le 120 persone (tra cui 12 donne) che hanno beneficiato dell’indulto. Stesso discorso a Caltanissetta, 180 posti per 253 presenze. Era ancora più grave la situazione ad Augusta dove per l’indulto sono uscite dal carcere 190 persone, ma dove la capienza era di 329 posti anche se si era arrivati a una presenza di 636 detenuti. Anche a Messina grande affollamento del carcere, con una capienza di 278 posti e una presenza effettiva di 408 detenuti, con un alleggerimento lieve di 10 persone uscite per l’indulto. Indicativo anche il dato relativo al carcere di Caltagirone dove sono uscite 113 persone per l’indulto su 244 presenti prima del provvedimento. Da tenere presente però che la capienza regolamentare di quel carcere era di 75 posti. La carceri calabresi sono 12. Anche qui si era a livelli di sovraffollamento prima dell’indulto. A Cosenza-Sergio Cosmai, per esempio, la capienza regolamentare è di 191 detenuti. Con l’indulto sono uscite 85 persone, ma le presenze erano arrivate a 150. Dal carcere di Crotone sono uscite 67 persone, la presenza era arrivata a 108, con una capienza regolamentare di 117. A Lamezia Terme la capienza è di 30 posti. Prima dell’indulto le presenze erano arrivate a 58, con l’indulto sono uscire 23 persone. Nel carcere di Reggio Calabria, prima dell’indulto c’erano 265 detenuti per una capienza di 160 posti. L’indulto ha permesso l’uscita di 71 persone. In Basilicata le carceri sono 3. Melfi e Potenza erano, prima dell’indulto, sopra il livello di sopportazione perché nel primo carcere c’erano 220 persone per una capienza di 126 posti e con l’indulto sono uscite 44 persone. A Potenza la capienza è di 171 posti, ma i presenti erano arrivati a 225 detenuti, che con l’indulto sono diventati 126. Le carceri pugliesi sono state sempre caratterizzate dal sovraffollamento. Il carcere di Bari è stato preso sempre come cartina al tornasole della situazione disperata di molti istituti del sud. Con l’indulto si è avuto un minimo di sollievo per quanto riguarda il sovraffollamento, ma non certo la soluzione definitiva. Il carcere di Bari, infatti ha una capienza regolamentare di 311 posti. Prima dell’indulto si era arrivati però a una presenza di 561 persone che si sono ridotte a 402 con l’indulto. A Brindisi con l’indulto sono uscite 25 persone su 46 presenti. Anche a Taranto l’indulto ha ridotto, anche se parzialmente la pressione visto che su una capienza regolamentare di 315 posti, i presenti erano arrivati a 622 che sono poi stati ridotti a 458 con l’applicazione dell’indulto. In Campania ci sono attualmente 17 istituti di pena per adulti, tra i quali due CR, uno femminile e due Opg, con una popolazione di oltre 7 mila persone per una capienza che si aggira sui 5 mila posti. Anche in Campania si sono sentiti gli effetti dell’indulto. Ad Avellino la capienza regolamentare era di 347 persone, la presenza era arrivata a 364 che però si è ridotta di 169 unità con l’indulto. Tre le carceri di Napoli, Poggioreale, Sant’Eframo e Secondigliano. Dai tre istituti sono uscite complessivamente circa 1300 persone. (vedi lancio successivo per le carceri del centro e del nord d’Italia). Antigone: indulto svuota carceri più piccole, le grandi già piene
Redattore Sociale, 13 novembre 2006
"Chiuse per indulto": è questo il cartello che si può trovare affisso nelle piccole carceri italiane, svuotate dopo il provvedimento varato dal Parlamento oltre tre mesi fa. I dati dello spopolamento, scomposti secondo i flussi di uscita dei 208 istituti di pena italiani, sono stati pubblicati nel Rapporto Antigone 2006. Dal quale emerge anche, però, che nelle grandi città le celle sono di nuovo piene. La scena che si presenta in alcune carceri è paradossale; gli agenti penitenziari sono in servizio, ma fanno la guardia a celle vuote. Il primato spetta alla Puglia, dove due istituti sono stati chiusi per effetto dell’indulto: quello di San Severo, in provincia di Foggia, e quello di Spinazzoli, nel Barese. In Sardegna la situazione non è molto diversa. Nell’alta valle del Tirso, c’è la colonia di Lodè-Mamone con 19 detenuti; ad Is Arenas sono rimasti in 26, mentre a fine luglio erano in 124. Gli effetti dell’indulto sono evidenti, come sottolinea Dino Martirano sul Corriere della Sera. Lo svuotamento ha permesso alle carceri di tornare a una situazione di normalità e ha fornito un’occasione unica per effettuare i lavori di manutenzione straordinaria necessari da tempo. D’altra parte, però ha messo in rilievo un problema di gestione delle case circondariali più piccole. In base a quanto riferisce il Rapporto Antigone, al 31 agosto 2006 i detenuti erano circa 40mila, mentre tre mesi prima erano oltre 60mila. Ma alcune carceri, come il Regina Coeli di Roma, sono già a livelli di guardia. Per questo l’osservatorio ha lanciato all’amministrazione un ultimatum: tre anni di tempo per fare le riforme necessarie, altrimenti tutto tornerà come prima e si ripeterà il sovraffollamento. Giustizia: Russo Spena (Prc); amnistia selettiva e con risarcimento
Apcom, 13 novembre 2006
"Non siamo affatto pentiti dell’indulto. Si è trattato di un elementare atto di civiltà che l’Unione, di fronte a una campagna mediatica basata sulla pura disinformazione, farebbe bene a difendere con più coraggio. Lo stato delle carceri è uno dei principali indicatori del livello di civiltà di un paese, e la situazione invivibili in cui versano le prigioni italiane imponeva una misura di questo tipo". Lo sostiene il capogruppo del Prc al Senato Giovanni Russo Spena in occasione dell’uscita del rapporto di Antigone sulla situazione delle carceri. "È ovvio - prosegue Russo Spena - che l’indulto, per non essere vanificato in pochi mesi, deve essere seguito da una serie di provvedimenti come un’amnistia, selettiva e tale di prevedere il risarcimento per le parti lese, e la riforma complessiva del sistema penitenziario, che oggi, con la popolazione carceraria ridotta a 38mila unità, è praticabile". "È ipocrita - osserva il senatore di Rifondazione comunista - lamentarsi perché le carceri si stanno di nuovo riempiendo se non si modificano le leggi che determinano questa situazione come la ex Cirielli sulla recidiva, la Bossi-Fini sull’immigrazione e la Fini-Giovanardi sulle droghe". "L’Unione deve saper invertire la direzione rispetto a una politica della sicurezza fondata solo sulla carcerazione. Deve essere approvato un nuovo codice penale che depenalizzi alcune fattispecie di reato e introduca misure alternative alla detenzione - conclude Russo Spena -. È anche urgente, eliminare alcuni metodi inaccettabili come l’uso in vari penitenziari delle squadrette e lo spionaggio interno alle prigioni affidato ai Gom, che andrebbero sciolti". Giustizia: Pecorella (Fi); no all'amnistia, l’emergenza non c’è
Sesto Potere, 13 novembre 2006
"Sono contrario all’amnistia anche perché a mio avviso l’emergenza che denuncia il Consiglio Superiore della Magistratura oggi non c’è". Lo ha affermato il deputato di Forza Italia, Gaetano Pecorella, ospite questa mattina ad Omnibus, LA7, dice no al documento votato ieri dal CSM e difende il provvedimento dell’indulto. Pecorella ha sottolineato che "l’indulto non cancella il reato, ma permette di applicare anche le pene accessorie di vedere quindi riconosciuti i diritti delle persone danneggiate". Milano: Telefono Azzurro cerca volontari per il carcere
Ansa, 13 novembre 2006
Il Comitato Nazionale per il Telefono Azzurro cerca volontari per il Progetto Carcere presente negli Istituti Penitenziari di Milano, Bollate e Monza. In alcune città italiane il Comitato per il Telefono Azzurro ha elaborato due progetti di sostegno per i figli dei detenuti, il "Nido" e la "Ludoteca". Il progetto "Nido" si propone di accudire i bambini, che fino ai tre anni possono vivere con la mamma detenuta, giocando con loro e facilitandone l’accesso alle risorse del territorio (nido esterno, parchi, ecc.). Ha lo scopo inoltre di dare supporto alle madri. Per i bambini che entrano nelle carceri per far visita ad un genitore, invece, il progetto "Ludoteca" prevede l’allestimento di uno spazio idoneo alle loro esigenze, in cui creare un clima il più possibile familiare, allentando eventuali tensioni nell’incontro con il parente recluso. Gli Istituti di Pena nei quali è presente il Progetto "Bambini e Carcere" sono: San Vittore a Milano e II Casa di Reclusione di Milano Bollate, Sanquirico a Monza, Le Vallette a Torino, Sollicciano a Firenze, Le Dogaie a Prato, Dozza a Bologna, Rebibbia Nuovo Complesso a Roma, Casa di Reclusione e Casa Circondariale a Padova, San Donato a Pescara, C.R. di Massa Carrara, C.C. Reggio Emilia, Casa Circondariale di Verona; il progetto è in via di attivazione a Modena, Napoli, Palermo, Opera (Mi) e Trento. La formazione dei volontari si terrà a Milano il 25 e 26 novembre, presso la sede di viale Monte Nero 6. Se siete interessati contattate con urgenza il Comitato al seguente indirizzo di posta elettronica: comitato.nazionale@azzurro.it, oppure potete chiamare il numero 02.54116182, dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 17.00. Lucca: si concludono le iniziative del Gruppo volontari carcere
Ansa, 13 novembre 2006
Si concluderanno questa settimana le manifestazioni organizzate dal Gruppo Volontari Carcere e promosse da molti enti pubblici e privati tra i quali la Provincia di Lucca, in occasione del 15 anni di apertura della struttura di accoglienza per detenuti ed ex-detenuti Casa San Francesco. Martedì 14 novembre, alle ore 15.30, in Provincia nella sala ex - Corte d’Assise, si terrà il convegno dal titolo "Il coordinamento permanente sui problemi del carcere e dell’area penale. Storia e valutazione del percorso effettuato. In quale direzione proseguire?". L’incontro, aperto anche alla partecipazione e ai contributi dei cittadini lucchesi, ha lo scopo di valutare quanto è stato fatto fino ad oggi e soprattutto di progettare, con modalità maggiormente efficaci, tutte le azioni delle varie agenzie pubbliche e private del territorio operanti all’interno del carcere e dell’area penale esterna. L’incontro sarà aperto dal saluto del presidente della Provincia Stefano Baccelli e coordinato dell’assessore alle Politiche Sociali Mario Regoli. Parteciperanno i rappresentanti di amministrazioni pubbliche locali, di associazioni no-profit locali ed anche di una realtà consortile torinese. Un incontro che giunge al termine di un percorso costituito da una serie di eventi che il Gruppo Volontari Carcere ha organizzato, a partire dal mese di giugno, con il coinvolgimento complessivo circa 500 cittadini. Roma: il personale penitenziario in piazza contro i tagli
Apcom, 13 novembre 2006
Anche il personale penitenziario ha deciso di scendere in piazza contro i tagli della Legge Finanziaria 2007. Cgil Cisl Uil Osapp Siappe Usspp in rappresentanza del 60% del Personale di Polizia Penitenziaria e l’85% del Personale del Comparto Ministeri, hanno convocato unitariamente un incontro di protesta in Piazza Colonna a Roma per giovedì 16 Novembre alle ore 10, davanti alle sedi di Parlamento e Governo. "L’assenza nell’ambito della recente manovra economica-finanziaria 2007 promossa dal Governo, delle necessarie e, più volte invocate misure strutturali di sostegno al recente provvedimento dell’indulto e l’irrinunciabile esigenza di riconoscere al personale penitenziario gli strumenti organici, normativi ed economici per garantire la sicurezza dei cittadini e il rispetto delle prerogative costituzionali ci inducono - si legge nel documento congiunto delle diverse sigle sindacali - ci inducono a protestare insieme e manifestare giovedì per rivendicare: a) per la Polizia Penitenziaria: rinnovo del Contratto per il Comparto Sicurezza - assunzione dei 530 agenti ausiliari, di Polizia Penitenziaria licenziati nel 2005; - deroga al blocco delle assunzioni di personale nelle Forze di Polizia - inserimento della Polizia Penitenziaria negli interventi per l’emergenza criminalità nelle aree metropolitane e nel "pacchetto" Napoli - riordino delle carriere, superamento delle sperequazioni; b) per il comparto ministeri: rinnovo del Contratto per il Pubblico Impiego - deroga al blocco delle assunzioni del personale - completamento dei percorsi di riqualificazione professionale - inquadramento del personale riqualificato - stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari. Varese: i detenuti extracomunitari superano quelli italiani
Varese News, 13 novembre 2006
Il carcere è zeppo di clandestini e i detenuti extracomunitari hanno ormai superato gli italiani. Effetto delle leggi sull’immigrazione, tanto che i vertici del penitenziario varesino spiegano che l’integrazione con gli stranieri, dietro le sbarre, è diventato il primo problema degli operatori carcerari. "Oggi la nostra maggiore preoccupazione è creare le condizione per l’integrazione dei numerosi detenuti extracomunitari - ha detto il direttore dei Miogni Gianfranco Mongello durante la festa delle guardie carcerarie - sono molteplici i corsi per l’avvio al lavoro che sono stati portati a termine ma è la lingua uno dei maggiori problemi e il mediatore culturale è una figura alla quale si fa sempre più riferimento". Il codice penale, ha aggiunto, non aiuta lo svuotamento delle carceri dagli extra-comunitari: "La trasformazione da reato pecuniario a reato penale della non ottemperanza al decreto di rimpatrio - ha fatto notare il direttore del carcere varesino - sta davvero aprendo le porte alle carceri per centinaia di persone immigrate e non in regola". Temi emersi durante la festa Polizia penitenziaria di Varese che ha radunato ai Miogni autorità e stampa per tracciare un bilancio del lavoro svolto in un anno particolare che ha visto sia il sovraffollamento del carcere varesino che l’indulto approvato dal parlamento. Problemi molteplici anche per il carcere Miogni che se da un lato dovrebbe chiudere per mancanza dei requisiti minimi di sicurezza e qualità ambientale, dall’altro deve tenere fronte a situazioni legislative che non permettono di migliorare, nemmeno temporaneamente, la situazione. Si prova a guardare avanti nella speranza di un miglioramento delle condizioni dei carcerati varesini ma anche di chi dentro il carcere ci lavora ed è costretto ogni giorno a fare i conti con trasferimenti dallo Stato sempre più esigui. Di questo tenore sono state le relazioni lette da Giuseppe Scisci, a capo della Polizia penitenziaria varesina, e di Gianfranco Mongello. "La polizia penitenziaria di Varese conta 81 unità - ha detto Scisci nella sua relazione - e quest’anno ha gestito all’interno del carcere 33 eventi critici (scioperi della fame, proteste di vario genere) e ha notificato 11 reati all’interno del carcere individuando 9 persone come responsabili". Questi alcuni dei numeri snocciolati dal capo della Polizia penitenziaria, frutto di un anno di lavoro e di pazienza in un carcere in cui ormai, come si diceva, gli stranieri hanno superato il 50% del totale dei carcerati. Poco meno di mille, infine, i trasporti di detenuti. L’effetto indulto, comunque, fino ad ora ha alleviato di poco la situazione di sovraffollamento del carcere in quanto quelli usciti fino ad ora in seguito al provvedimento con 52 persone liberate sul totale dei 273 rimessi in libertà in un anno. Droghe: aumenta quantitativo cannabis "per uso personale"
Asca, 13 novembre 2006
Sale da 500 a 1.000 milligrammi il quantitativo massimo di cannabis espresso in principio attivo, che può essere detenuto per uso esclusivamente personale. Lo stabilisce il decreto ministeriale emanato oggi dal ministro della Salute Livia Turco, di concerto col ministro della Giustizia e sentito il ministro della Solidarietà sociale.
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