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Bologna: una vita da semiliberi, inchiesta sulle misure alternative
Redattore Sociale, 31 marzo 2006
Del suo passato preferisce non parlare, se non per vaghe allusioni. Del passato remoto almeno, perché guardando l’uomo sorridente che passa i giorni lavorativi a catalogare i volumi dell’università di Bologna non diresti mai che sul suo capo pende una condanna a 25 anni di carcere, per omicidio. Marco (ma non è il suo vero nome), preferisce parlare degli ultimi anni, quelli passati in stato di semilibertà, del tentativo di ricostruirsi una vita e di ritrovare un posto nella società, del lavoro nella cooperativa Altercoop, della sua famiglia e non delle notti che passa dietro le sbarre, chiuso in una cella con altre sei persone. A dispetto delle facili ricette e delle formule politiche Marco ci tiene a precisare che non si può ridurre la questione della semilibertà alla semplice alternativa favorevole-contrario. "Certe persone la sprecano questa possibilità", dice scuotendo la testa, riferendosi a recenti fatti di cronaca. Come l’episodio di Michele Trotta che circa un mese fa, poco prima che scoccasse l’ora del rientro in carcere, provò a rapinare un supermercato in provincia di Milano. Ma la lista è lunga e costellata di episodi ben più estremi, come quello di Angelo Izzo, il massacratore del Circeo, che in semilibertà uccise due donne, oppure quello del serial killer Maurizio Minghella, che approfittò delle sue escursioni esterne per uccidere tre delle sue sette vittime. E così, per quanto sembri paradossale, Marco non condanna le forze politiche che chiedono l’inasprimento delle pene e la restrizione delle misure alternative al carcere ma non può fare a meno di notare che "il problema è tutto nel giudicare i singoli casi. A volte basta un’espressione triste, basta piangere un po’, basta fare un po’ di scena per farsi dare un permesso, oppure una minima collaborazione coi giudici permette di ottenere privilegi, e due anni dopo queste persone solitamente sono di nuovo in carcere". Mancherebbe quindi una valutazione psicologica più attenta e precisa e per questo lui che, pur consapevole dei suoi errori, ha preferito evitare atteggiamenti contriti e ha deciso di non collaborare con la giustizia ha dovuto aspettare due anni in più dei termini previsti dalla legge per avere i primi permessi. E spesso gli è capitato di essere scavalcato da chi aveva scelto di intraprendere la via più agevole (e meno sincera) per tornare a respirare aria fresca. Lui, però, non ci pensa più. Quello che conta adesso è il suo percorso riabilitativo, che è passato attraverso un corso di formazione in carcere e poi un’attività lavorativa che lui ha scelto di svolgere liberamente, senza obblighi né costrizioni di sorta. Grazie anche alle possibilità messe a disposizione dalla Altercoop, la cooperativa impegnata nel sociale che lo ha assunto e che probabilmente, quando avrà saldato il suo debito con la società, continuerà a farlo lavorare. E grazie, poi, alla possibilità di rivedere la sua famiglia, di intrecciare relazioni umane che non siano "i soliti lamenti che si sentono in cella", relazioni che hanno permesso a Marco di avere una compagna che sta per renderlo padre. Ma libertà e semilibertà sono due cose ben diverse e se per chi sconta una condanna breve spesso le giornate all’esterno sono come "una vacanza" lo stesso non si può dire per chi in semilibertà ci passa gli anni. "Sembrano cose piccole. Magari non ci si pensa ma sono sempre lì. Se conosco della gente nuova e mi chiedono di uscire a prendere una pizza è difficile spiegare perché devo andarmene prima delle dieci. E forse un giorno sarò anche costretto a dire a mio figlio che il suo papà la notte non sta a casa perché va a lavorare". "Per migliorare il sistema - suggerisce - si potrebbe irrigidire il regime dei permessi per i recidivi e allo stesso tempo dare qualche concessione in più a chi riga dritto", ma Marco scrolla le spalle. "Non è libertà ma in fondo è sempre meglio che stare dentro". Bologna: in Emilia Romagna sono 266 le persone in semilibertà
Redattore Sociale, 31 marzo 2006
Pulizie, inserimento dati, portierato, florovivaistica, tipografia e lavori in magazzino. Sono questi i mestieri svolti principalmente dai detenuti che godono della semilibertà. Secondo i dati del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria sono 266 nella sola Emilia Romagna, con alle spalle le condanne più varie, dai 3 ai 25 anni e che cercano di riconquistarsi un posto nella società, usando il lavoro per tornare alla vita. A dare una mano e più propriamente una possibilità a queste persone sono in primo luogo le cooperative impegnate nel sociale, in particolare quelle specializzate nel sostegno ai carcerati. L’Altercoop, per esempio, fondata nel 1985 da un gruppo di ex detenuti per reati di natura politica, che decisero di impegnarsi in prima persona per permettere un più facile accesso alle misure alternative al carcere previste dalla legge Gozzini, allora appena varata. "Ma il nostro impegno non si è limitato ai soli detenuti, ci siamo espansi cercando di attivarci contro varie forme di emarginazione. Oggi lavoriamo anche con ex-tossicodipendenti e disabili". A parlare è Elisabetta Calari, presidente di Altercoop e consigliere comunale dei Democratici di Sinistra. "Noi svolgiamo un’attività commerciale, vendendo materiale di cancelleria a professionisti e uffici, ma gestiamo anche attività di portierato sociale, di pulizie e di inserimento dati. In questo ultimo campo abbiamo un contratto con l’università di Bologna per la catalogazione di tutti i volumi delle librerie". "Noi facciamo il nostro, quindi ma in una situazione in cui le carceri sono al limite del sovraffollamento abbiamo anche un contesto legislativo che non agevola in alcun modo l’inserimento al lavoro e l’inclusione sociale degli emarginati". Ma oltre all’inserimento c’è anche la questione della stabilità economica che tanto è importante per ricostruirsi una vita. "Ai detenuti che lavorano da noi - continua la Calari - di solito chiediamo di restare, con contratti a progetto ma anche a tempo indeterminato". "Una cosa è certa - conferma l’avvocato Desi Bruno, che il Comune di Bologna ha eletto garante delle persone private della libertà personale - i detenuti vogliono lavorare. Il problema è che mancano le possibilità". Il mercato del lavoro, infatti, non è particolarmente vivo e la situazione è ancora più grave per chi ha alle spalle una condanna penale. "Sono ancora molte le reticenze del settore privato ad assumere detenuti ed in tal senso la legge Smuraglia, che prevede agevolazioni fiscali per chi li assume, non ha ancora invertito la tendenza". Se a questo poi si aggiunge il sottodimensionamento del personale carcerario diventa sempre più difficile per chi sta dietro le sbarre riuscire ad ottenere la concessione di una misura alternativa. "Basti pensare – continua l’avvocato Bruno – che gli educatori della Dozza che dovrebbero valutare i comportamenti di chi fa richiesta della semilibertà sono solo quattro per 1067 detenuti. E di questi una sta per andare in pensione, quindi ne resteranno tre". Non resta altro, conclude l’avvocato, che avviare una campagna di sensibilizzazione e cercare di aumentare le agevolazioni "facendo sì che sia possibile assumere senza oneri". (Marcello Lembo) (in collaborazione con la Scuola Superiore di Giornalismo Università di Bologna) Roma: l’handicap in carcere in una lettera a "Il detenuto ignoto"
Left Avvenimenti, 31 marzo 2006
"Cari amici del Detenuto Ignoto, in questi giorni in cui la recrudescenza di atti criminosi pone alla classe politica la necessità di contrastarne il fenomeno e le forze più oscurantiste invocano, sull’onda della campagna elettorale, misure restrittive delle norme miranti al recupero e alla risocializzazione dei rei, noi, oltretutto immersi in questo mare tempestoso, chiediamo al contrario che si applichino le leggi vigenti e ci si rinforzi ancora di più intorno ai cardini del diritto a ai principi di umanità e buon senso che li sostengono. Chiediamo l’istituzione di un Garante delle carceri, una autorità che sia presente in ogni carcere e funga da raccordo, da trasmettitore di tutte le irregolarità, inadempienze, manchevolezze arbitrii e abusi che ogni giorno si soffrono negli stabilimenti penitenziari. Chiediamo che la figura degli educatori penitenziari faccia finalmente onore al proprio nome e che quindi si esplichi in una effettiva capillare opera di rieducazione, svolta da operatori motivati che non risultino introvabili e assolutamente insufficienti nel numero. Chiediamo l’applicazione degli arresti domiciliari e degli arresti domiciliari ospedalieri per chi, portatore di handicap, si trova a dover scontare non la pena, ma la tortura, per la mancanza di logistiche atte a eliminare le innumerevoli barriere architettoniche, quando non sia possibile concedere misure più favorevoli all’ammalato. Nel particolare i sottoscritti portatori di handicap, denunciano l’inammissibile violazione dei propri diritti e lo sfregio continuo portato alla propria dignità. Non possiamo svolgere le nostre cure igieniche senza sottoporci quotidianamente a pesanti disagi e rischi incombenti. Non ci è prestata alcuna cura fisioterapica. Ci è impedito di godere delle ore d’aria a meno che non vogliamo sottoporci ogni giorno alla roulette russa del trasporto della sedia a rotelle su e giù per le scale con una ventina di ripidi gradini. I medicinali sono sempre carenti…"
A.M.
Risponde Irene Testa, Ass. Radicale "Il detenuto Ignoto"
Richieste che sembrano particolarmente giuste, queste che ci giungono da A.M. da Roma, due detenuti che ci scrivono per raccontarci il dramma del loro quotidiano vivere una condizione mai contemplata in nessuna sentenza, né in alcun regolamento carcerario: l’handicap. Ma oltre a questo pongono il problema che sta probabilmente alla base di tutta una serie di comportamenti illegali da parte dello Stato nei confronti del reo, e che determina spesso e volentieri il mutamento dell’essenza della pena da atto di civiltà a barbarie: la mancanza di un controllo autonomo dell’esecuzione della pena. La figura del Garante delle persone private delle libertà gia esiste in alcune regioni e comuni della Repubblica, anche se i suoi poteri sono molto limitati. Siamo ormai in prossimità delle elezioni politiche e nel programma dell’Unione è prevista la figura del Garante Nazionale al quale, non solo saranno attribuiti poteri di persuasione nei confronti dell’amministrazione penitenziaria, ma poteri ispettivi, di controllo e vigilanza. Diciamo che il problema della trasparenza del carcere a questo punto diventa centrale. Dovrebbe essere reso possibile, per diritto di studio, per il privato cittadino, accedere a tutta una serie di informazioni che sono oggi esclusiva proprietà del Dap. Occorrerà ad esempio mettere in piedi un istituto di monitoraggio, studio e controllo autonomi sotto l’autorità del Garante Nazionale. Ma occorrerà anche, senza dubbio, sensibilizzare il privato cittadino, l’opinione pubblica, sui problemi della giustizia e della carcerazione nel proprio paese, perché il controllo e l’interesse da parte della società sulla cosa pubblica, sono l’essenza della democrazia stessa. Lazio: arrivano le odonto-ambulanze per curare i denti dei reclusi
Agi, 31 marzo 2006
L’iniziativa, la prima del genere in Europa, si attuerà grazie a un Protocollo d’Intesa siglato fra Garante regionale dei detenuti, Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e Società italiana Maxillo Odontostomatologica (S.I.M.O.). Nelle carceri del Lazio tre odontoambulanze (ambulanze attrezzate per curare i problemi dentari) gestite dalla Società Italiana Maxillo Odontostomatologica (S.I.M.O.) effettueranno interventi clinici e terapeutici sui detenuti per rilevare e curare malattie della bocca e dei denti. L’iniziativa, la prima del genere in Europa, nasce da un Protocollo d’Intesa firmato dal Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni, dal Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria Ettore Ziccone, e dal professor Mauro Orefici, presidente della S.I.M.O.. Il servizio, che servirà a migliorare le condizioni di igiene orale, è volto a sensibilizzare, informare e formare alla buona salute e a debellare le patologie del cavo orale della popolazione detenuta nel Lazio. Per svolgere questo lavoro la S.I.M.O. (società senza fine di lucro nata nell’Ospedale Odontoiatrico "George Eastman" di Roma), con un finanziamento della Regione Lazio, utilizzerà medici, odontoiatri, infermieri odontoiatrici che già da tempo svolgono attività di prevenzione delle malattie del cavo orale fra i ceti deboli. Il servizio sarà svolto da tre odontoambulanze, gestite dalla S.I.M.O. su progetto della Regione Lazio. Si tratta di unità mobili che ospitano uno studio odontoiatrico con poltrona, turbine, impianti idrici, kit per interventi chirurgici, sterilizzatrici e un apparecchio radiografico digitale. In uno dei mezzi è montato un ortopantomografo di ultima generazione per eseguire ortopanoramiche digitali per la diagnosi clinica. Nelle carceri opererà, oltre alla Odontoambulanza, una equipe composta da medico, infermiere e autista. Lo screening valuterà l’idoneità del recluso a ricevere un trattamento di igiene dentale o cure odontoiatriche. "Fra le priorità del Garante c’è la tutela del Diritto alla salute dei reclusi - ha detto il Garante Angiolo Marroni - fra i più acrificati in carcere. Le patologie del cavo orale sono al terzo posto per numero di incidenza in carcere. Una incidenza che ora, grazie al Protocollo e al contributo della Regione Lazio, speriamo di abbattere. Siamo sempre alla ricerca di collaborazioni che possano migliorare la qualità della vita dei detenuti, un aspetto fondamentale della vita in carcere che passa anche da queste misure di cura e prevenzione". "Abbiamo accolto con piacere una iniziativa che riguarda tutti gli Istituti del Lazio - ha detto il Provveditore Ettore Ziccone - e che è in stretta continuità a quella dello scorso febbraio che prevede la possibilità di avere protesi dentarie gratuite per i detenuti di Rebibbia". "Il diritto alla salute è un obbligo che la società deve esprimere per tutti i cittadini - ha detto il presidente S.I.M.O. Mauro Orefici - Il livello di civiltà di una società si misura dall’impegno che questa mette nel difendere i diritti di tutti. L’attività che presentiamo, che ci auguriamo venga presto istituzionalizzata, è un passo importante verso la clinica applicata al territorio e l’ospedale odontoiatrico a domicilio". Genova: iniziativa anticarceraria della biblioteca "Francisco Ferrer"
Comunicato stampa, 31 marzo 2006
Biblioteca Libertaria Francisco Ferrer
Proponiamo a Genova quattro giornate di incontri per rilanciare la solidarietà ai compagni e alle compagne colpiti dalla repressione e in supporto alle mobilitazioni contro il carcere speciale (41 bis, EIV) e i reati associativi (art. 270 bis) che si stanno svolgendo in Italia. Un’iniziativa perché tutto questo non rimanga circoscritto ai soli che già sanno come si vive in carcere, per fornire alle persone informazioni e strumenti critici, non viziati dai giochi di potere che muovono la stampa autorizzata.
Giovedì 6 aprile
Ore 15.00 apertura della mostra Ore 18.00 musica acustica e aperitivo a sostegno dei detenuti Ore 20.30 proiezione de "La muerte silenziosa"
Venerdì 7 aprile
Ore 15.00 apertura della mostra presso la biblioteca Ore 17.30 intervento sull’art. 41 bis e ex art. 90
Sabato 8 aprile
Ore 10.30 presidio sotto il carcere di Ponte X Ore 15.00 apertura della mostra Ore 18.00 intervento di una sulle condizioni dei militanti di Action Directe Ore 20.30 cena benefit
Domenica 9 aprile
Ore 15.00 apertura della mostra e presentazione del foglio anticarcerario "Aria"
A seguire aperitivo e musica Grecia: incendio in un carcere di massima sicurezza, tre morti
Associated Press, 31 marzo 2006
Un incendio divampato stanotte in un carcere di massima sicurezza ad Atene ha causato la morte di tre detenuti. Un altro detenuto è rimasto gravemente ferito. Lo riferisce la polizia locale. I detenuti morti sono, secondo la polizia, due romeni e un greco. Il ferito è un altro cittadino romeno. È stato portato in ospedale in condizioni critiche. L’incendio è scoppiato alle 0.15 locali (23.15 in Italia) nella cella che i quattro condividevano nel carcere di massima sicurezza di Korydallos. L’incendio è stato domato prima che si propagasse ad altre celle. Al momento la causa dell’incendio non è accertata. Germania: ora anche il carcere per chi scarica musica da internet
PC Word, 31 marzo 2006
A partire dal prossimo anno in Germania scaricare un film o una canzone da Internet sarà veramente rischioso. Entrerà ufficialmente in vigore una legge che prevede anche il carcere per chi compie simili attività e che arriva ad attribuire cinque anni di reclusione a chi tragga profitto dai file scaricati sul proprio pc. Questa decisione giunge proprio in un momento in cui il numero di navigatori tedeschi ha raggiunto il suo culmine, e che si traduce in una ricca disponibilità in Rete di opere protette da diritto d’autore. A tale proposito va detto che anche la pressione delle major dell’industria cinematografica e musicale si è fatta più stringente. Ad ogni modo, la legge tedesca presenta molte differenze con quella recentemente approvata in Francia e relativa al controllo dei contenuti on-line. In questo caso infatti l’applicazione di pene pecuniarie, anche piuttosto ingenti, è stata preferita all’attribuzione di sanzioni penali per i navigatori appassionati di download.
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