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Amnistia e indulto: una necessità immediata per ridare dignità e diritti alla popolazione detenuta per paralizzare la criminalizzazione delle lotte sociali
Il ciclo di lotte che affonda le sue radici nelle strade e nelle piazze di Genova 2001 quasi quotidianamente deve confrontarsi con azioni repressive che aggiungono alla funzione poliziesca quella ordinativa delle linee del pensiero unico della modernità. Nell’ordine imperiale non è più possibile distinguere un "fuori" in grado di caratterizzare gli scontri tra stati-nazione e un "dentro" in cui vengono riprodotti scenari di guerra interna, dove lo scontro si dà tra polizie/esercito e moltitudini in conflitto. Abbiamo sedimentato la determinazione ad intendere come gesti di "legittima resistenza" i comportamenti praticati per le strade di Genova e sullo stesso piano sono state poste le azioni di lotta sviluppate durante l’aggressione armata anglo-americana in territorio iracheno. Abbiamo definitivamente in chiaro come il subire le manganellate di poliziotti e carabinieri si tramuti nei reati di violenza e resistenza; come la privazione in tutto o in parte della libertà personale possa essere decisione che viene assunta per via amministrativa; come un movimento di lotta per il diritto alla casa possa essere imputato di associazione per delinquere; come l’occupazione di uno spazio che sia strumento di accesso ai saperi negati possa essere sanzionata con l’aggravante dell’eversione; come il sabotaggio di un Centro di Permanenza Temporanea, luogo di segregazione di migranti assolutamente illegittimo a detta di insigni giuristi, configuri il reato di devastazione; come questo reato nei processi genovesi sia supportato da nuove fattispecie giuridiche come la compartecipazione psichica; come in ordine agli stessi avvenimenti si possa essere contestualmente testimoni a Genova e imputati a Cosenza per cospirazione politica mediante associazione; come si possa entrare in un supermercato per chiedere sconti sulle merci ed uscirne accusati di rapina aggravata. Il legislatore in questi ultimi anni ha lavorato a senso unico per sottrarre gli uomini politici di potere agli accadimenti giudiziari che competono loro: depenalizzando i reati finanziari, vanificando le rogatorie internazionali, ripristinando l’immunità parlamentare, riformando i tempi di prescrizione. Evidente è l’azione criminalizzante nei confronti dei due macrosistemi che fungono da principali veicoli di ingresso in carcere: le contraddizioni legate ai flussi migratori e quelle legate alla circolazione delle droghe. Con il tentativo sistematico di ricondurre a reato l’essere in posizione irregolare rispetto al permesso di soggiorno e la determinazione ad equiparare ad un’unica fattispecie, sul piano sia della nocività che della sanzione penale, tutte indifferentemente le sostanze psicotrope (legge Fini-Giovanardi). Un arretramento culturale prima ancora che politico e normativo che punta a porre sempre di più il carcere come orizzonte di riferimento per i soggetti protagonisti di queste contraddizioni come per i soggetti che in questi ultimi anni hanno dato vita ad una stagione di lotte sociali in decisa ripresa. Per i quali il "Pacchetto Pisanu", camuffato da normativa che mira a contrastare il terrorismo internazionale, prevede pesanti sanzioni penali: dall'uso di caschi e passamontagna per proteggersi dalla violenza poliziesca durante le manifestazioni all’estensione delle fattispecie dell’associazione sovversiva, passando attraverso l’incentivazione delle possibilità di intercettazione e ascolto, la schedatura delle utenze telefoniche, fino all’uso di esercito e milizie private in funzioni di ordine pubblico. L’analisi e il confronto attorno a queste tematiche hanno da tempo assunto il carattere dell’orizzontalità, trovando nei movimenti una sede naturale di discussione e sedimentando nuove eterogenee aggregazioni. In questo senso un’esperienza significativa concerne la costituzione del Forum Libertà di Movimento, composto da attivisti dei movimenti, avvocati, giuristi, magistrati, reti associative democratiche, rappresentanze della popolazione detenuta, studiosi del diritto: realtà che ha dato vita a convegni-dibattiti molto partecipati a Roma, Bologna e Napoli, in cui si è spaziato dalle restrizioni al diritto di sciopero all’urgenza di un provvedimento di amnistia e indulto. Guardando a queste iniziative e a questa composizione si è formalizzata la costituzione del Forum Libertà di Movimento del Veneto. E' auspicabile perciò la ripresa di iniziativa in ordine allo stato del pianeta carcere, mai così in sofferenza con i suoi 60.000 soggetti detenuti a fronte di una capienza di 41.000 posti, con l’altissima incidenza di suicidi e patologie. Per il quale va invocato un provvedimento che sia non di clemenza, ma di riequilibrio di una situazione resa ingovernabile in ragione di politiche di carcerizzazione che solo in parte sono imputabili al governo appena dimessosi. Provvedimento che deve essere associato a una rivisitazione drastica del quadro normativo generale, puntando a ridare dignità e diritti alla popolazione detenuta. Ripresa di iniziativa perché un provvedimento relativo alle lotte sociali di questi ultimi anni non resti un orizzonte utopico, ma si ponga come traguardo concreto e sostanziale da raggiungersi attraverso il supporto fattivo di tutte le anime che oggi danno vita alla moltitudine in movimento.
Poniamo pertanto all’attenzione di tutti la necessità di confrontarsi con i seguenti obiettivi.
L’adozione di un provvedimento di modifica dell’articolo 79 della Costituzione in materia di amnistia e indulto laddove prevede che gli stessi siano concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. L’unica proposta di legge in questo senso è la cosiddetta Legge Boato, presentata nel maggio 2002 e mai discussa.
L’adozione di un provvedimento di amnistia e indulto generalizzato che riporti a capienza lo stato dell’affollamento del circuito penitenziario e sia associato alla riformulazione dei diritti e dei percorsi di reinserimento.
L’adozione di un provvedimento di amnistia e indulto riferito ai reati connessi alle lotte sociali e segnatamente: violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale; interruzione di ufficio e pubblico servizio; danneggiamento, devastazione e saccheggio; lesioni personali e violenza privata; deturpamento e imbrattamento; radunata sediziosa (l'elenco è necessariamente incompleto).
L’adozione di un provvedimento di amnistia e indulto riferito ai reati motivati dalla volontà di esercitare i diritti di riunione e di associazione nel perseguimento dei valori contemplati dall’art. 11 della Costituzione (l’Italia ripudia la guerra…) e dalla volontà di reagire o resistere alle violenze arbitrarie attuate dalla pubblica autorità nei confronti dei soggetti che esercitano questi diritti.
L’adozione di un provvedimento di abrogazione delle aggravanti per finalità eversiva, dei reati associativi e di opinione: lungo elenco capeggiato dall’art. 270 c.p. (associazioni sovversive) diversificato in ben sei determinazioni.
L’adozione di un provvedimento di sottrazione della conflittualità sociale alla responsabilità penale attraverso la definizione di specifiche scriminanti procedurali che si traducano in altrettanti dispositivi di non punibilità, sostanzialmente riferiti ai principi della legittima resistenza, dell’abuso di ordine pubblico, del diritto di ingerenza umanitaria, dell'accesso ai diritti e bisogni elementari.
Una traccia di lavoro probabilmente rozza nella sua organizzazione, che in quanto tale necessita di un intervento di riformulazione "scientifica": è necessario sia tradotta in una piattaforma propositiva, che in quanto tale sappia porsi immediatamente e con forza all’attenzione collettiva. È necessario attuare ogni iniziativa utile a che il nuovo Governo ponga urgentemente all’ordine del giorno della propria agenda politica queste tematiche.
Liberitutti
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