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Amnistia: i numeri ci sono, lettera di Clemente Mastella
La Repubblica, 6 giugno 2006
Caro direttore, ringrazio innanzitutto Giuseppe D’Avanzo per l’attenzione che ha voluto dedicare alla mia persona e ai miei propositi in materia di amnistia e di indulto e vorrei utilizzare questo spazio per chiarire alcuni punti e dissipare taluni equivoci. D’Avanzo parte da un’affermazione netta, che più netta non si può, e dalla quale discendono tutte le altre sue considerazioni. Secondo il giornalista, un’amnistia "non ha alcuna possibilità di essere approvata dal Parlamento nelle condizioni attuali". Ecco il punto vero di dissenso. Io non la penso così e così non la pensano per la verità in tanti altri. Ricordo ancora che una misura di amnistia e indulto è esplicitamente prevista nel programma dell’Unione. E che, due settimane fa, presentando il suo programma alle Camere, il presidente del Consiglio ha testualmente affermato: "Il governo intende proporre al Parlamento di studiare un provvedimento diretto ad alleggerire l’attuale insostenibile situazione delle carceri. Oggi, all’inizio di una nuova legislatura, è nostro obbligo offrire una risposta. Già da anni, anche dalle sedi più elevate, questo tema è proposto alla nostra attenzione". Come si vede, mi sono mosso e intendo continuare a farlo esattamente nella direzione indicata dalla nostra coalizione, dal suo programma e dal suo leader. Aggiungo che sono confortato in questo proposito anche da alcune importanti novità politiche, che D’Avanzo sembra sottovalutare. La prima è rappresentata dalla recente dichiarazione di Silvio Berlusconi, che si è detto favorevole a un provvedimento di clemenza (e altrettanto hanno fatto i due coordinatori nazionali di Forza Italia, Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto). La seconda, e assai significativa, novità è costituita dalle notevoli aperture che si manifestano anche all’interno di Alleanza Nazionale e da parte di alcuni suoi autorevoli dirigenti; e, infine, dalle parole dello stesso Umberto Bossi (riportate proprio da Repubblica): "Non sono contrario (all’amnistia). È giusto dare speranze a chi sta dietro le sbarre". A ciò si aggiunge il consenso, da tempo manifestato, dell’Udc. Non è poco: ed è persino più di quanto ci si potesse aspettare in questa prima fase di discussione pubblica. Dunque, da dove nasce la marmorea certezza di D’Avanzo sul fatto che un simile provvedimento non abbia "alcuna possibilità di essere approvato"? Questo significa forse che, approvarlo, sia automatico o, comunque, facile? Assolutamente no. Ed è proprio quanto ho detto ai detenuti di Regina Coeli, e prima e dopo quell’incontro, senza alcuna reticenza riguardo ai rischi ed ad eventuali annunci improvvidi sulla possibilità di un esito favorevole da tempo atteso. Ho ribadito con chiarezza che questo è il nostro intento politico, ma che per raggiungerlo è necessario un consenso molto ampio e tutt’altro che scontato. E per evitare meriti non miei, o idee narcisiste che per lo meno in questo caso non mi sfiorano data l’infernale drammaticità della situazione carceraria, ho insistito sul fatto che è il Parlamento, e solo il Parlamento, l’unica fonte di questa sorta di "grazia eccezionale". Ancora alcune brevi precisazioni. Ho sempre parlato di un provvedimento congiunto di amnistia e indulto, perché solo la contestualità e l’integrazione tra le due misure possono produrre i risultati sperati. È del tutto ovvio, poi, che un atto di clemenza non possa "risolvere i problemi delle carceri", ma è altrettanto ovvio che, senza quell’atto, non è nemmeno pensabile di porre mano a quegli stessi problemi. E, infatti, non va dimenticato - ed è solo un esempio tra i molti possibili - che il sovraffollamento non è solo problema dei detenuti: in forme appena meno afflittive, è questione che riguarda gli agenti di polizia penitenziaria, il cui lavoro è reso improbo, se non addirittura ingestibile, dalla promiscuità, dagli spazi esigui, dalla fatica di turni interminabili e di straordinari irrinunciabili. Ed ancora: chi mai può pensare che "basti l’amnistia"? Per quanto D’Avanzo possa dubitare della mia competenza, non può davvero immaginarmi tanto sprovveduto. È, dunque, necessario - oltre che elaborare nuove norme - intervenire sulla legislazione vigente. Mi limito a pochi esempi. In carcere, nel corso del 2005, sono entrati ben 9619 stranieri, responsabili solo ed esclusivamente (ripeto: solo ed esclusivamente) di infrazioni alle norme sull’ingresso in Italia. Secondo esempio: il superamento dell’aggravamento di pena e della preclusione a pene alternative in caso di recidiva, secondo quanto previsto dalla ex-Cirielli. Ed è anche per questa ragione che ho voluto dar conto all’opinione pubblica e ai diretti interessati (i detenuti, in primo luogo) delle nostre intenzioni politiche, che vanno oltre il semplice provvedimento di clemenza. Scrive, infine, D’Avanzo: si dovrebbe, invece, "abbassare il quorum per deliberare i provvedimenti di clemenza". Ma per abbassarlo, quel quorum, è necessaria ancora la maggioranza qualificata dei 2/3 del Parlamento; e posso sbagliarmi, ma ritengo che - nelle condizioni attuali - è più agevole (meno arduo) ottenere quella maggioranza qualificata su un provvedimento "d’eccezione" che su una modifica della norma. Questa è la mia convinzione e sono persuaso che, superate le iniziali diffidenze, Repubblica, sempre in prima fila nelle battaglie per i diritti e le garanzie, vorrà sostenere il nostro difficilissimo impegno. Amnistia: dal governo niente ddl; in An ci sono spiragli
La Repubblica, 6 giugno 2006
Sull’amnistia il governo non presenterà alcun disegno di legge. Il provvedimento nascerà in Parlamento, con l’obiettivo di realizzare su di esso una convergenza bipartisan. L’idea del ministro della Giustizia Clemente Mastella è di attivare una moral suasion dopo che saranno state costituite le commissioni parlamentari. Mastella ha spiegato la sua filosofia al vertice di San Martino in Campo: "E le mie considerazioni sono state considerate ragionevoli". Il guardasigilli ritiene che ci siano i numeri per giungere ad un’approvazione, in particolare dopo l’apertura del leader della Lega Umberto Bossi (vedi Repubblica di ieri) e la disponibilità di Forza Italia, anche se quest’ultima in realtà è subordinata al mantenimento delle leggi ad personam votate dal Polo nella scorsa legislatura. Dentro An i no di Gasparri, La Russa, Bocchino al momento prevalgono sul sì del solo Alemanno ("un provvedimento di clemenza va fatto"). Domani se ne parlerà nell’esecutivo del partito. Obiettivo: redigere una mozione da presentare in parlamento. Il senatore Alfredo Mantovano sembra ritagliare per sé il ruolo di pontiere: "Condivido l’opportunità che la posizione in tema di amnistia e indulto sia discussa approfonditamente, anche perché posizioni apparentemente distanti potrebbero trovare composizione nell’esame della situazione delle carceri". Il capogruppo alla Camera Ignazio La Russa, ad esempio, si dice disposto a votare a favore ("nessuno è concettualmente contrario"), a condizione di varare contestualmente nuove norme per garantire più sicurezza ai cittadini: "No a una logica da svuotamento delle carceri". Fuori dal palazzo va registrata la voce di Don Oreste Benzi, presidente della Comunità Giovanni XXIII, che invita il mondo politico a non illudere i detenuti. Anche il segretario dei Ds Piero Fassino predica "prudenza, coerenza, sincerità" per evitare di suscitare false aspettative nella popolazione carceraria. Intanto resta aspro lo scontro sul deputato della Rosa nel Pugno Sergio D’Elia, l’ex terrorista di Prima Linea eletto segretario della Camera. L’Unione difende compatta D’Elia (ieri dichiarazioni solidali di Boato, Pisapia, Bandoli, Capezzone, Cento, Giachetti). Il presidente della Camera Fausto Bertinotti ha ricordato che "dal punto di vista istituzionale non ci sono obiezioni, la discussione riguarda invece la politica e il costume". Forza Italia e Vietti dell’Udc invece hanno l’esponente della Rosa a dimettersi. Stessa richiesta da parte dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna, da quella di via dei Georgofili a Firenze, dal Silp-Cgil (Sindacato italiano lavoratori polizia) e dalla figlia dell’ingegnere Montedison Sergio Gori, ucciso nel 1980 dalle Br a Mestre. Sono vicini a D’Elia Oliviero Toscani e lo scrittore Erri de Luca. Il presidente delle Camere penali Ettore Randazzo ricorda che l’ex di Prima Linea al pari di Sofri "è tra i pochi rieducati". Il legale di D’Elia, Giuseppe Rossodivita, annuncia poi denuncia per calunnia contro l’ex terrorista pentito Roberto Sandalo che ieri sul Giornale ha attribuito al neodeputato un assalto del 1978 a un istituto di credito, che provocò la morte di una guardia giurata: "D’Elia è del tutto estraneo a questo delitto, né ha intenzioni di dimettersi da deputato. Sta vivendo questi giorni con molta amarezza". Già il 27 gennaio 1988 - ricorda l’avvocato - una sentenza della Corte d’appello di Firenze decretò che D’Elia "s’era definitivamente dissociato dal terrorismo, ripudiando la violenza come metodo della lotta politica". Amnistia: Aiga; bene, ma servono anche interventi di sistema
Adnkronos, 6 giugno 2006
Per fronteggiare l’emergenza carcere, si impone un provvedimento di clemenza ma occorre puntare sulle misure alternative alla detenzione. È questa la posizione dell’Aiga, l’Associazione Italiana dei Giovani Avvocati, guidata da Valter Militi, all’indomani dell’annuncio del guardasigilli Clemente Mastella, di voler adottare al più presto un provvedimento di clemenza in favore dei detenuti. "Accogliamo con favore - afferma Militi - la decisione del ministro Mastella di avviare, all’inizio della legislatura, un dibattito parlamentare su un provvedimento di clemenza. L’attuale situazione di sovraffollamento delle carceri italiane impone il ricorso a strumenti eccezionali; senza un intervento sul sistema sanzionatorio, tuttavia, si tratterebbe soltanto di un rimedio temporaneo". "Per decongestionare le carceri - osserva Militi - bisogna favorire l’espiazione extramuraria estendendo l’ambito di applicazione delle misure alternative alla pena detentiva, valorizzando la finalità rieducativa della sanzione; gli stessi dati dell’amministrazione giudiziaria indicano, peraltro, una percentuale di recidiva minore per coloro che sono stati ammessi ai benefici". "Sotto altro profilo -conclude Militi- va evidenziato come i detenuti in attesa di giudizio costituiscono, in maniera inaccettabile, il 35% della popolazione carceraria". Secondo l’Aiga il sovraffollamento nelle carceri italiane "ha ormai raggiunto un livello preoccupante". "A fronte di solo 207 strutture di detenzione, gli ‘ospitì sono ben 59.523 in luogo dei 43mila previsti in base alla capienza delle strutture. Di questi: 19.836 (il 33,3%) sono extracomunitari, 16.185 (il 27%) tossicodipendenti e 11.800 (il 19,83%) affetti da patologie del sistema nervoso e da disturbi mentali", sottolinea l’associazione. Napoli: orti di città come riabilitazione dei minori detenuti
Vita, 6 giugno 2006
Il 5 giugno u.s. è stato rinnovato il protocollo d’intesa tra il Direttore del Centro Giustizia Minorile Campania dr. Sandro Forlani ed il Presidente di Legambiente Campania Michele Buonuomo per lo svolgimento delle attività di volontariato da parte dei minori sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria Minorile in carico ai Servizi minorili di Salerno (C.P.A., U.S.S.M. e Comunità pubblica Giovanile). L’impegno dei ragazzi, insieme a quello di gruppi giovanili e di altre associazioni di volontariato, sarà mirato alla cura ed alla manutenzione di un grande spazio verde attrezzato della città di Pontecagnano Faiano (Sa), con la finalità anche, d’intesa con la Soprintendenza Archeologica di Salerno, di fare dell’area un grande Parco Eco-Archeologico Urbano, con spazi verdi ad uso pubblico che andranno ad aggregarsi ai nuclei di evidenza archeologica. Si prevede inoltre la realizzazione di aree di museo botanico all’aperto, in cui ricostruire esempi di vegetazione autoctona e/o coltivare specie vegetali in via di estinzione. Il progetto Orti di città si connota quindi come un momento importante di aggregazione e di esperienza di partecipazione attiva nella valorizzazione delle realtà locali, in cui il protagonismo giovanile - come quello dei ragazzi dell’area penale- diventi una componente essenziale dell’intera iniziativa. Napoli: condizioni disumane per i detenuti sofferenti psichici
Redattore Sociale, 6 giugno 2006
Carcere disumano per i sofferenti psichici a Secondigliano: la denuncia parte dal neodeputato di Rifondazione Francesco Caruso, già leader dei no global napoletani e da sempre in prima linea per i diritti dei detenuti. "Ho fatto visita a una ventina di carceri nel primo mese di attività parlamentare - spiega Caruso - e si può dire che finora sia stato più in carcere che in Parlamento. Sono abituato alle condizioni dei detenuti ma lo spettacolo di Secondigliano è raccapricciante: celle lisce, prive di mobili e solo con un materasso senza lenzuola, finestre senza vetri, quando piove piove dentro, bagni in condizioni indecenti". Caruso si riferisce ai detenuti della Terza sezione dell’infermeria e a quelli del reparto di Osservazione psichiatrica, in cui si è concentrata la sua ultima visita a Secondigliano, il 13 maggio scorso. "Non ci sono tavoli, sedie, i detenuti sono costretti a mangiare in piedi o a terra, i bagni non hanno carta igienica né porte e nelle celle in cui vi sono due detenuti ognuno deve effettuare i suoi bisogni fisiologici alla vista dell"altro". Diciotto i detenuti nel reparto di Osservazione psichiatrica che, nato circa tre anni fa da un progetto sperimentale, dovrebbe trattenere, per non oltre 30 giorni, persone per le quali è necessario approfondire il quadro medico e per decidere se il proseguimento della loro detenzione debba avvenire in un istituto di pena o in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario. "Questa struttura di fatto ha determinato lo spostamento di una sezione di un Opg in una struttura penitenziaria ordinaria", afferma Caruso. "Ma i detenuti con problemi psichici devono andare in strutture che abbiano personale competente e garantiscano loro livelli dignitosi di assistenza". Nessun medico psichiatra era presente al momento della visita del parlamentare, anche se - si legge nell’interrogazione da lui presentata al Ministro della Giustizia - gli agenti hanno dichiarato che vi è un presidio medico 24 ore su 24. "Gli agenti non hanno alcuna preparazione specifica, e in ogni caso nessuna esigenza medica o di sicurezza giustifica la presenza di detenuti in celle prive di vetri alle finestre o privi di carta igienica. Ora intendo verificare la presenza in altri istituti di questi reparti. Il mio timore è che ci sia l’idea di trasferire gli Osservatori dalle cliniche specializzate e dagli Opg agli scantinati dei grandi istituti di pena, dove difficilmente sono controllabili". Eppure - osserviamo - Secondigliano per alcuni aspetti è considerato un carcere modello, soprattutto per l’Area Verde (quella per i detenuti tossicodipendenti), per i progetti di accoglienza delle famiglie e dei bambini in carcere, per quelli di reinserimento… "Sì, tant’è vero che da Poggioreale i detenuti vogliono passare a Secondigliano. Ma quella del reparto di Osservazione psichiatrica è un’altra storia. Sembra un vero e proprio lager, un luogo anche con una funzione punitiva, dove c’è gente che ci finisce solo per un semplice diverbio, per il quale è etichettato come pazzo. Io non ne ho visti di pazzi, mi sembravano tutte persone normali, persone che non hanno avuto più di un colloquio con lo psichiatra e sono state mandate lì, restandoci anche oltre i trenta giorni previsti". Nel reparto Osservazione psichiatrica, denuncia Caruso, c’è anche una cella fatiscente con su scritto "Sala di Coercizione Fisica" e al suo interno un letto di contenzione. "Ci si trova di fronte a palesi violazioni dei principi costituzionali che garantiscono che la detenzione non deve essere contraria al senso di umanità. Nessuna delle norme del nuovo regolamento penitenziario appaiono applicate in questi reparti, che sono contrari alla dignità delle persone. Forse c’è dietro una vera e propria strategia: si cerca di disincentivare le richieste per la seminfermità mentale creando dei gironi infernali, scoraggiando le istanze di misure alternative. Il carcere è tragico di per sé, tutti i reparti sono sovraffollati ma non c’è nulla al confronto". Assistenti sociali: una riforma organica del sistema penale
Redattore Sociale, 6 giugno 2006
È necessaria e urgente una riforma organica del sistema penale e dell'ordinamento penitenziario. È l’appello del Consiglio Nazionale Coordinamento Assistenti Sociali Giustizia (Casg) alle forze politiche, sindacali e professionali e alle associazioni che lavorano per il rispetto dei diritti umani in carcere. Il sistema giudiziario italiano è in profonda crisi. - sostiene il Casg in una lettera indirizzata a tutte le organizzazioni e istituzioni competenti - Negli ultimi anni, la precedente legislatura invece di privilegiare interventi sociali di prevenzione e riduzione dei fenomeni di devianza e criminalità, ha sostenuto politiche di "penalizzazione" di comportamenti e fenomeni sociali sempre più estesi anche nel settore minorile. La disastrosa situazione della giustizia in Italia deve essere affrontata al più presto.- avverte il Coordinamento Assistenti Sociali - Sono necessari provvedimenti urgenti e tempestivi che mirino nell’immediato ad evitare l’implosione dell’intero sistema penitenziario e a ridurre a monte l’ingresso nel sistema penale di tutti quei soggetti "penalizzati" solo perché vivono un disagio sociale; attraverso quindi la trasformazione delle "politiche penali" in "politiche sociali". Leggi come la "ex Cirielli" e la "Fini - Giovanardi" sulle droghe, se non vengono immediatamente e profondamente modificate rischiano di rendere irreversibile il disastro del sistema penitenziario interno ed esterno." Nell’attesa di una riforma organica del sistema penale e dell’ordinamento penitenziario, per il Casg è indispensabile e urgente un provvedimento di indulto e amnistia. In tal senso alla nuova maggioranza parlamentare viene richiesto l’impegno di "riformare il sistema sanzionatorio e il codice penale, in un’ottica realmente garantista; di ribadire nel settore minorile la centralità del minore rispetto all’iter penale nella sua completezza e di revisionare l’ordinamento penitenziario in modo che in cui il carcere divenga l’extrema ratio" e a tutte le organizzazioni competenti "di intervenire all’interno del dibattito, che necessariamente si aprirà sui processi di riforma, affinchè questi siano coerenti con il dettato costituzionale, con l’ordinamento penitenziario e il nuovo regolamento di esecuzione (legge 230/2000) nonché con le raccomandazioni europee in materia di esecuzione penale e misure alternative alla detenzione." Amnistia: don Benzi a Mastella; ma non illudiamo i detenuti
Redattore Sociale, 6 giugno 2006
Dalla Comunità papa Giovanni XXIII un ringraziamento rivolto al ministro della Giustizia, Clemente Mastella, per aver riaperto il dibattito sulle condizioni delle carceri italiane. Don Oreste Benzi, presidente dell’associazione, ha però aggiunto al ringraziamento l’auspicio che con la riapertura del dibattito non si illudano i detenuti: "Come ha affermato monsignor Giorgio Caniato, capo dei Cappellani delle carceri, non illudiamo i detenuti. Lavoriamo insieme, Istituzioni e strutture private, a proposte concrete. La politica si adoperi affinché si sperimentino nuovi percorsi concretamente realizzabili, vengano evitate discussioni e strumentalizzazioni perché chi ha commesso un errore sta comunque soffrendo nello scontare la sua pena. La pena prima o poi finisce - prosegue Don Benzi - queste persone devono poter contare su percorsi reali di reintegrazione, per trovare la loro strada all’interno della società. Il problema non è solo fare uscire i detenuti, ma creare le condizioni per non far reiterare l’errore. Di fronte a un sovraffollamento stimato di circa 18.000 persone credo sia difficile parlare di percorsi riabilitativi veramente efficaci: gli stessi operatori che lavorano all’interno della strutture carcerarie molte volte denunciano pubblicamente disagio, insofferenza, sofferenza e frustrazione". L’associazione coglie pertanto l’occasione non solo per ringraziare il ministro Mastella ma anche per rivolgergli un pubblico invito a partecipare il 17 di Giugno a Mulazzo, in provincia di Massa Carrara, all’inaugurazione di un centro che ha coagulato finanziamenti pubblici dell’Unione europea, della regione Toscana e di altri Enti e servizi locali con la partecipazione di fondazioni bancarie private, del valore di circa 3 milioni di euro: "Abbiamo creato un sito per l’accoglienza e la riabilitazione attraverso un percorso professionalizzante di detenuti ed ex detenuti", spiega Don Benzi che conclude ricordando: "attraverso lo sforzo integrato del Ministero di Giustizia e del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, della Magistratura ordinaria e di sorveglianza, di diverse Case di reclusione e Uffici di esecuzione penale esterna di tutta Italia, nonché delle Forze dell’ordine, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha creato da diversi anni un percorso educativo profondo per il reintegro di persone provenienti dal carcere, in misura alternativa e a fine pena, accolte in strutture della Comunità esistenti in diverse zone in Italia, accolte in Case famiglia e impegnate in cooperative. Non possiamo illudere e deludere chi faticosamente chiamiamo al cambiamento e alla revisione della propria vita." Brescia: adesso i cani aprono anche le porte del carcere...
Brescia Oggi, 6 giugno 2006
Tra maratone, dimostrazioni acrobatiche e percorsi rieducativi, la Brescia cinofila si stringe attorno ai propri amici a quattro zampe. Una realtà complessa e sfaccettata che, al fianco degli amati "super cani" acrobati e saltimbanchi, vede anche situazioni disperate sopratutto in occasione delle vacanze estive. La recente "Maratona a sei zampe" (organizzata dall’associazione Brescia In) ha visto cani e padroni impegnati in una sfilata benefica per le vie della città in favore dell’Atar, l’Associazione tutela animali randagi che, dal 1990, ha ospitato all’interno di un grande parco nella zona dell’ortomercato oltre 2.100 cani e 1.900 gatti senza fissa dimora. Eppure i cani assumono sempre più un valore educativo e terapeutico: dalla pet therapy per la riabilitazione dei portatori di handicap alle sperimentazioni con i malati di epilessia (con crisi che, grazie all’olfatto sviluppato, gli amici a quattro zampe riescono a prevenire anche a distanza di molte ore). Tra le scuole di addestramento più richieste c’è la "Madonna della strada" di Pontevico (diretta dall’ex comandante dei carabinieri Aldo Taglietti) che da anni collabora con le forze dell’ordine e la protezione civile ed esibisce in tutta Italia la destrezza dei propri animali. Non solo spettacoli, però. La scuola di Pontevico entra anche in carcere per iniziative di recupero dei detenuti in collaborazione con la direzione penitenziaria di Brescia e la Protezione civile. Dallo scorso mese di gennaio è partito un progetto pilota (il primo in Italia) chiamato gruppo "Argo" che coinvolge otto detenuti del carcere di Verziano e altrettanti cani provenienti dai canili della provincia per insegnare ai detenuti le tecniche di addestramento e soccorso della protezione civile. "Nel corso di un anno, contiamo di portare a termine l’addestramento trasformando i detenuti in volontari disponibili 24 ore su 24" racconta Patrizia Gritti della scuola "Madonna della strada". Un’esperienza che, in previsione del ritorno all’attività lavorativa, potrà essere utile anche al di fuori delle mura penitenziarie ai detenuti scelti che, al termine del corso, riceveranno un brevetto da istruttori cinofili. Dopo la kermesse di venerdì sera a Palazzolo, i cani Dago, Pino, Morgana, Merlino e Rex, gli istruttori di Pontevico, gli agenti di polizia carceraria e i detenuti scelti del progetto "Argo", si esibiranno venerdì prossimo (a partire dalle 20.30) nel corso della festa finale della scuola Audiofonetica di Mompiano. Ancona: il Sappe protesta; carceri delle Marche invivibili
Il Messaggero, 6 giugno 2006
Il Sappe delle Marche ha organizzato per il 5 luglio prossimo una manifestazione di protesta davanti alla sede del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, contro la "gravissima situazione in cui versano i tre principali istituti penitenziari delle Marche: Ancona, Pesaro e Fossombrone". Istituti - scrive il segretario del Sappe, Aldo Di Giacomo, che ha allertato tutte le istituzioni locali - resi "invivibili" da "sovraffollamento e carenza organica del personale del corpo di polizia penitenziaria". Secondo Di Giacomo "l’apertura del nuovo istituto di Ancona Barcaglione ha contribuito in modo pesante ad aggravare la situazione: doveva ospitare oltre cento detenuti provenienti dagli istituti della regione, ma al momento ne sono presenti una ventina che impegnano 22 poliziotti penitenziari sottratti all’ istituto di Ancona Montacuto". L’esponente del Sappe è convinto che il carcere di Barcaglione "resterà l’ennesima opera incompiuta del ministro Castelli", con "venti detenuti e venti agenti ancora per molti anni, apertura inutile e dannosa per il sistema carcerario marchigiano". "Pensare ad una apertura completa di quell’ istituto - aggiunge Di Giacomo - è impossibile, considerata l’attuale situazione nazionale sia per carenze sia per la contemporanea necessità di apertura di altre strutture come quella di Sant’ Angelo dei Lombardi ed in centro clinico di Viterbo". I tre istituti di pena di Ancona, Pesaro e Fossombrone per l’ anno in corso - è stato sottolineato - consumeranno oltre 90. Il 13 giugno in programma un incontro col presidente della Regione, Spacca. Udine: friulano in carcere, e il detenuto si scopre traduttore
Il Gazzettino, 6 giugno 2006
La marilenghe dietro le sbarre, per aiutare i detenuti ad "evadere" dall’emarginazione. Si chiama "Friuli" il progetto per la tutela delle minoranze storico-linguistiche dentro le carceri (il "format" è stato sperimentato con successo già in Sardegna), messo in campo dall’Amministrazione penitenziaria-Dipartimento regionale del Triveneto in collaborazione con la Società filologica friulana. I risultati e le prospettive saranno presentati giovedì prossimo a Palazzo Mantica in via Manin 18 a Udine, assieme ai testi tradotti dai detenuti e alla Guida alle principali norme penali in friulano. Molte le attività realizzate negli scorsi mesi, rivolte sia ai detenuti sia al personale penitenziario. Negli istituti di pena di Udine, Tolmezzo e Gorizia sono stati istituiti gli sportelli linguistici per assicurare un servizio di interpretariato sui servizi e i regolamenti delle carceri, oltre che per i detenuti, anche per i loro familiari e per tutti quelli che a vario titolo accedono alle strutture detentive. La traduzione delle principali norme penali-penitenziarie ha portato alla realizzazione di una Guide pai detignts. Sempre per il progetto "Friuli" sono stati realizzati degli stage formativi sperimentali per gli operatori penitenziari con lo scopo di fornire le competenze per la promozione e realizzazione degli interventi per la tutela della minoranza linguistica in ambito penitenziario e in collaborazione con gli enti territoriali. Nella casa circondariale di Tolmezzo i detenuti hanno frequentato un corso di mosaico e hanno potuto mettersi alla prova come traduttori delle Favole di Esopo di cui è stata realizzata la pubblicazione. Alla presentazione dei risultati del progetto parteciperanno Lorenzo Pelizzo, presidente della Filologica, Giovanni Tinebra, capo dipartimento amministrazione Penitenziaria e l’assessore regionale Roberto Antonaz. Giustizia: Sergio D’Elia lavorerà anche per parenti delle vittime
Corriere della Sera, 6 giugno 2006
Di condanne per omicidio ne ha più d’una. E non solo per "concorso morale" come Sergio D’Elia, ma per partecipazione diretta ai delitti firmati dai Nuclei armati rivoluzionari, formazione neofascista guidata da lei, Francesca Mambro, e dal marito Valerio Fioravanti. Terroristi "neri" che hanno incontrato il "rosso" D’Elia nella vita successiva, quando la coppia era ancora in carcere e lui offrì loro di lavorare per "Nessuno tocchi Caino", l’associazione contro la pena di morte legata al partito radicale. Ora D’Elia è diventato deputato, e Francesca Mambro commenta sommessamente le polemiche che ne sono derivate: "Con tutto il rispetto e la comprensione verso chi ha il pieno diritto di non ascoltarmi, mi sento di dire una sola cosa alla vedova dell’agente per il cui omicidio è stato condannato: credo che Sergio, come parlamentare, potrà rappresentare anche lei meglio di tanti altri, perché conosco il suo impegno e anche il carico di dolore che si porta dentro; pure per i danni e i guasti che ha provocato in passato, che ovviamente non è paragonabile a quello di chi è stato colpito personalmente e ha tutto il diritto di non sentirsi rappresentato". Perfino in questi giorni che si ricominciava a parlare di amnistia, racconta la Mambro, stavano studiando insieme qualche provvedimento che non si fermasse alla riduzione del numero di detenuti: "Bisognerebbe trovare una soluzione affinché accanto all’interruzione dei processi ci si preoccupi anche di chi ha subito il reato e da quei processi attendeva giustizia; qualche forma di tutela delle vittime, insomma". Le stesse di cui parla chi si scandalizza dell’elezione di un ex dirigente di Prima linea a Montecitorio: "Mi pare che ci sia una certa tendenza a cavalcare "a orologeria" il dolore delle vittime. Come se ne sono occupati prima, quelli che ora protestano? I politici, dico: perché si ricordano di chi è stato ucciso solo quando prende la parola o entra nelle cronache un ex terrorista? Come mai la destra ha lasciato alla sinistra il compito di candidare al Parlamento i familiari delle persone colpite?". In questi anni Mambro e Fioravanti hanno incontrato qualche parente di alcune persone che loro hanno ucciso. "Qualcuno ci ha perdonato cristianamente, e noi abbiamo accettato solo in quei termini. Non c’entrano le ideologie né la politica, sono percorsi individuali e riservati, che tali devono rimanere". Ecco perché su questo argomento il racconto della ex combattente dei Nar si ferma qui, con una sola aggiunta: "Noi non abbiamo cercato nessuno, per rispetto, anche perché domandare significherebbe caricare altri della responsabilità di risponderti, magari con un "no", e ci mancherebbe che poi uno fa pure la vittima. Ma a chi ci pone domande abbiamo il dovere di rispondere. Essere dimenticati per noi sarebbe meglio, ma non possiamo". Certo non chiede di essere dimenticato chi si candida alla Camera dei deputati, come D’Elia. Una scelta che la Mambro spiega così: "Lui ha chiesto allo Stato che l’aveva condannato di poter riacquistare i diritti civili, e lo Stato glieli ha concessi. A quel punto Sergio è stato messo in lista, ma non come reduce di una stagione. Lui non era scappato, né s’è sottratto alla pena, ha chiuso i conti con lo Stato e ne ha accettato le leggi. Non è uno di quelli che sostiene che il progetto rivoluzionario è fallito, dice che era semplicemente sbagliato. Non ha scritto libri toccanti né proposto discorsi commoventi. E soprattutto non s’è presentato per il suo passato remoto ma per quello più recente e per il presente; per l’attività che ha svolto e che svolge contro la pena di morte nel mondo". È stato quello che ha fatto incontrare il "rosso" e i "neri", i quali di carcere e di politica fatta con le armi hanno parlato e parlano molto poco tra loro. Si conobbero quando D’Elia aderì, insieme a tanti altri di destra e di sinistra, al comitato "E se fossero innocenti?" che metteva in dubbio la colpevolezza di Mambro e Fioravanti nella strage di Bologna, unica condanna all’ergastolo contestata dai due. Poi arrivò la proposta di collaborare (dalla prigione) alla rivista di "Nessuno tocchi Caino", infine direttamente con l’associazione quando ci fu la possibilità di uscire dal carcere. Lavorare contro la pena capitale nel mondo sembra una sorta di contrappasso per chi una volta pensava di avere il diritto di dare la morte: "È un altro modo di provare a risarcire", commenta la Mambro. L’altro giorno in Iran è stata annullata la condanna a morte di Nazanin, una ragazza diciassettenne accusata di aver ucciso l’uomo che voleva violentarla; l’ex terrorista e gli altri s’erano spesi molto a diffondere appelli e raccogliere firme: "È stata una vittoria". Subito dopo sono arrivate le polemiche per la nomina di D’Elia a deputato-segretario della Camera: "Il vespaio era prevedibile, e questo significa che la ferita è ancora aperta. L’errore, forse, è stato anche quello di non averla sanata prima, e di ricondurre tutto al dolore delle vittime o alla mancanza di sensibilità dei carnefici". Invece? "Invece la questione è più ampia. Già molto tempo fa provammo a dire che era sbagliato ridurre tutto a uno scontro generazionale tra destra e sinistra. Perché è vero che destra e sinistra si sparavano addosso, ma tutti e due sparavano su poliziotti e carabinieri. Allora la pacificazione non può avvenire solo tra "rossi" e "neri", ma deve passare anche attraverso il dialogo con la terza parte chiamata in gioco e che subiva il nostro attacco". Forse nasce anche da lì lo smarrimento della vedova dell’agente ucciso dai terroristi di Prima linea di fronte all’elezione di D’Elia, alla quale Francesca Mambro prova ancora a ripetere, sottovoce: "Sergio non strumentalizzerà il suo ruolo, lui è uno che davvero si occupa di quelli che stanno peggio". Verona: "Raccontamela giusta" sul carcere, la pena, la legalità
Comunicato stampa, 6 giugno 2006
Il 4 giugno alla Festa dei popoli a Villa Buri è stato presentato un sussidio multimediale per combattere i pregiudizi e sensibilizzare scuole, parrocchie e opinione pubblica. È in distribuzione il primo prodotto del progetto "Raccontamela giusta" realizzato dall’associazione La Fraternità con l’adesione di Caritas Diocesana, Centro Missionario Diocesano, Comunità dei Giovani, Tante tinte e delle associazioni Don Tonino Bello, Ripresa responsabile e Arca 93, col finanziamento del Centro Servizio per il Volontariato e la partecipazione degli Assessorati all’Istruzione di Comune e Provincia di Verona. Si tratta di un sussidio multimediale in cofanetto, che comprende: un DVD con filmati di storie e interviste, ripresi in parte nel carcere di Montorio e riguardanti persone detenute, semiliberi, in permesso, scarcerati, familiari di tossicodipendenti, con commenti del Procuratore capo dott. Papalia, del Direttore del carcere dott. Erminio e di Fra Beppe Prioli, fondatore della Fraternità, oltre a testi poetici e brani musicali composti ed eseguiti dai detenuti stessi. un CD Rom con una fitta documentazione sui temi della pena e di molti suoi aspetti (norme, statistiche, contesto sociale, condizione degli stranieri, dei tossicodipendenti, vita quotidiana in carcere, affettività, minori, storie ed emozioni, commenti allo stesso DVD, attività e progetti del volontariato, intercultura, formazione dei volontari, sensibilizzazione del territorio, coerenza dei cristiani, rilettura delle cronache d’attualità spesso distorte e infine notizie e riferimenti sulle associazioni partecipanti al progetto). I testi sono scelti in modo da consentire sia un approccio di impatto immediato, per scuotere pregiudizi e aprire discussioni, sia l’approfondimento dei temi. I filmati del DVD e l’intero confezionamento sono opera del gruppo Luci nel mondo, mentre i testi del CD Rom sono stati raccolti, e alcuni appositamente scritti, dai volontari della Fraternità. Il cofanetto sarà presentato la prossima domenica 4 giugno alla Festa dei popoli di Villa Buri e successivamente sarà inviato a tutte le Scuole medie superiori della provincia di Verona e a tutte le parrocchie che ne faranno richiesta, restando ovviamente disponibile per ogni altra persona o iniziativa interessate. Il progetto, che prevede ancora l’allestimento di percorsi didattici, di un sito internet e di un ufficio stampa, nasce dalla constatazione che spesso le opinioni correnti in materia sono basate su informazioni scorrette. Si propone quindi di partire da dati e fatti di realtà per suscitare domande e avviare una diversa assunzione di responsabilità personale e collettiva per stimolare una diversa politica. Davanti al drammatico sovraffollamento delle carceri, ci si chiede: da quali povertà proviene la maggior parte dei detenuti? è più efficace una risposta repressiva o educativa e accogliente? una pena vendicativa o un percorso di recupero e riparazione? "L’aumento della criminalità" sostiene il dott. Papalia nell’intervista filmata "può essere eliminato non tanto ricorrendo esclusivamente al carcere, ma contrastando i fattori di emarginazione e tentando un’accoglienza in attuazione del principio di solidarietà espresso nella nostra Carta costituzionale". Gli insegnanti e gli animatori troveranno nel sussidio multimediale la possibilità di sviluppare attività e laboratori didattici, anche con l’aiuto dei volontari delle associazioni aderenti.
Per informazioni: Arrigo Cavallina, tel. 045.591520, e-mail arrigocavallina@alice.it Associazione "La Fraternità" Via A. Provolo n. 28 - 37123 Verona Tel./Fax 045-800.49.60 Torino: "un Pallone di Speranza" per atleti e detenuti
Comunicato stampa, 6 giugno 2006
Presso il teatro della Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno" di Torino mercoledì 7 giugno 2006 a partire dalle 8.45 si terrà la manifestazione "un Pallone di Speranza". L’iniziativa, ormai alla sua sesta edizione, promossa in collaborazione con il Comitato Regionale del Settore giovanile scolastico della FIGC e con la Direzione Scolastica Regionale del Piemonte, coinvolge centinaia di atleti, compresi tra la popolazione studentesca ristretta nella casa circondariale torinese, quella di alcuni istituti scolastici superiori di Torino e Provincia, e personale della Polizia Penitenziaria. Diretta dagli arbitri di Nichelino, Torino e Collegno l’iniziativa calcistica intende assumere una valenza significativa di continuità trattamentale e si struttura da anni su una serie di gare che iniziano nel mese di ottobre e terminano a fine maggio dell’anno successivo. Durante la cerimonia sarà proiettato un video realizzato da una troupe di Rai Educational in occasione della manifestazione dello scorso anno. Inoltre è prevista una visita al campo sportivo dell’Istituto e nei locai in cui si svolge l’attività di torrefazione di caffè. Napoli: protocollo d’intesa C.G.M. e Legambiente Campania
Comunicato stampa, 6 giugno 2006
Il 5 giugno u.s. è stato rinnovato il protocollo d’intesa tra il Direttore del Centro Giustizia Minorile Campania dr.Sandro Forlani ed il Presidente di Legambiente Campania Michele Buonuomo per lo svolgimento delle attività di volontariato da parte dei minori sottoposti a provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria Minorile in carico ai Servizi minorili di Salerno (C.P.A., U.S.S.M. e Comunità pubblica Giovanile). L’impegno dei ragazzi, insieme a quello di gruppi giovanili e di altre associazioni di volontariato, sarà mirato alla cura ed alla manutenzione di un grande spazio verde attrezzato della città di Pontecagnano Faiano (Sa), con la finalità anche, d’intesa con la Soprintendenza Archeologica di Salerno, di fare dell’area un grande Parco Eco-Archeologico Urbano, con spazi verdi ad uso pubblico che andranno ad aggregarsi ai nuclei di evidenza archeologica. Si prevede inoltre la realizzazione di aree di museo botanico all’aperto, in cui ricostruire esempi di vegetazione autoctona e/o coltivare specie vegetali in via di estinzione. Il progetto Orti di città si connota quindi come un momento importante di aggregazione e di esperienza di partecipazione attiva nella valorizzazione delle realtà locali, in cui il protagonismo giovanile -come quello dei ragazzi dell’area penale- diventi una componente essenziale dell’intera iniziativa. Roma: dal Garante macchinari per diagnosi malattie cardiache
Comunicato stampa, 6 giugno 2006
Siamo lieti di invitarti alla cerimonia con cui il Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni consegnerà, al provveditore regionale del Lazio del DAP Ettore Ziccone, quattro triage meter, apparecchi medici prodotti dalla Biosite Dignostics Inc., per diagnosticare le malattie del cuore. Gli apparecchi, acquistati dall’Ufficio del Garante dei Detenuti, saranno quindi consegnati ai centri clinici delle carceri di Civitavecchia, Viterbo, Velletri e Frosinone. La cerimonia avverrà presso l’Ufficio del Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti Angiolo Marroni, in via Pio Emanuelli, 1 (Centro Direzionale Ibiscus - zona Laurentina) giovedì 8 giugno 2006 alle ore 11. Parteciperanno: Angiolo Marroni (Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti); Ettore Ziccone (Provveditore regionale del DAP); I direttori delle carceri di Civitavecchia, Viterbo, Velletri, Frosinone e Regina Coeli. Per ogni ulteriore informazione sono a vostra disposizione al numero 335.6949151. Latina: "Con gli occhi di Pandora", cinque detenute raccontano
Comunicato stampa, 6 giugno 2006
Il volume presentato oggi alla presenza fra gli altri degli assessori provinciali alle Politiche Sociali, alle Pari Opportunità e alla Cultura, del direttore del Carcere e del Magistrato di Sorveglianza del capoluogo Pontino. Racconti di prosa, poesie e racconti tutti con un unico denominatore comune: il carcere di Latina. Si intitola "Con gli occhi di Pandora" il volume, patrocinato dal Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni, che raccoglie gli scritti di cinque fra detenute ed ex detenute del carcere del capoluogo pontino. Il volume - finanziato dalla provincia di Latina e realizzato in collaborazione con la direzione del carcere - è stato presentato questa mattina alla presenza, fra gli altri, del coadiutore del Garante Regionale dei Diritti dei Detenuti (prof. Candido D’Urso), del consigliere provinciale di Latina delegato alle Pari Opportunità Paola Bernoni, dell’assessore alla cultura del comune di Latina Patrizia Fanti, del direttore del carcere Claudio Piccari e della dottoressa Crobu, direttrice dell’Ufficio degli Assistenti sociali del Dap. "Con gli occhi di Pandora", edito dalla collana "Quaderni dal Carcere" diretta da Roberto Boiardi, sarà distribuito gratuitamente negli istituti di pena di tutta Italia oltre che in diverse librerie di Latina. È allo studio la possibilità di distribuire il volume anche in alcune librerie di Roma. "Nonostante il carcere di Latina non sia il massimo dal punto di vista infrastrutturale e nonostante le difficili condizioni di detenzione - ha detto il Garante dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni - queste cinque detenute hanno saputo ribellarsi a quelli che sono i mali tipici di tante loro compagne: sono depresse e soffrono a livello psicologico. Il risultato di questo sforzo non è un prodotto elitario, ma un libro che è espressione di ciò che queste detenute vivono, delle loro gioie e dei loro dolori, delle loro speranze e delle loro delusioni e della loro nostalgia per mariti, compagni e figli che aspettano fuori".
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