Rassegna stampa 28 gennaio

 

Milano: detenuto di 63 anni si uccide nel carcere di San Vittore

 

Corriere della Sera, 28 gennaio 2006

 

Sarebbe tornato libero tra pochi giorni. Ma ieri un pensionato di 63 anni, L.C., si è tolto la vita nel carcere di San Vittore, nel quale era recluso per aver aggredito la moglie. Secondo il suo legale, l’uomo era affetto da turbe psichiche.

Giustizia: anno giudiziario, apertura tra le proteste dell’Anm

 

Adnkronos, 28 gennaio 2006

 

Si celebra oggi l’inaugurazione dell’anno giudiziario nelle Corti d’Appello di tutta Italia. Mentre i presidenti (e non più i procuratori generali, come stabilito dalla legge delega di riforma dell’ordinamento giudiziario) presentano le relazioni sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2005 relative al proprio distretto i magistrati disertano le cerimonie d’inaugurazione ed organizzano contromanifestazioni in segno di protesta contro la politica del governo sulla giustizia.

Ma nell’aula magna della Corte capitolina qualche toga tra il pubblico c’è. Oltre a quelle che istituzionalmente rappresentano la Corte al solenne appuntamento. A cominciare dal presidente del Tribunale capitolino Luigi Scotti, presente "per motivi istituzionali e per rispetto verso il presidente della Corte", ma anche delegato dai colleghi dell’Anm a spiegare le ragioni della protesta del sindacato delle toghe. "Spiegherò - anticipa Scotti - gli effetti che alcune delle leggi approvate durante la legislatura avranno sull’andamento dei processi, se faranno bene alla macchina giudiziaria e risponderanno alle esigenze dei cittadini o se daranno effetti opposti". Effetti negativi, a giudizio di Scotti: "Come la riforma dell’ordinamento giudiziario che ritarderà notevolmente i tempi della giustizia".

Milano - "L’ingestibile riforma dell’ordinamento giudiziario, che è stata voluta contro le opinioni della Curia, del Foro e della Accademia, mai così unanimi, non solo sembra negarci ogni prospettiva di modernità, ma rischia di riportarci indietro nel tempo". È quanto afferma Giuseppe Grechi, presidente della Corte d’Appello di Milano. Grechi si è detto "rammaricato per l’assenza dell’Associazione Nazionale Magistrati, ma comprendo e condivido le ragioni di questa protesta".

Sulla tendenza di progressivo affollamento delle carceri "si innesteranno gli effetti della legge nota come ex Cirielli che, rendendo tra l’altro di fatto impossibile l’applicazione dei benefici nei confronti di larga parte dei detenuti, secondo le stesse previsioni ministeriali, farà aumentare drasticamente la popolazione carceraria".

Torino - È un giudizio amaro quello che il presidente della Corte d’Appello di Torino, Francesco Novità dà della riforma dell’ordinamento giudiziario nella sua relazione. Novità ripercorre brevemente le innovazioni introdotte dalla riforma, rispetto alle quali "resta l’amarezza per gli intenti con cui sono state elaborate: intenti spesso dichiaratamente punitivi e ‘normalizzatori’ nei confronti della magistratura nel suo complesso oltre che di singoli magistrati, ai quali si può solo rimproverare di aver svolto i propri compiti con grande dedizione, nel rispetto delle leggi vigenti e secondo coscienza".

Da parte sua il procuratore generale di Torino, Giancarlo Caselli, denuncia una giustizia "al collasso" per gravi insufficienze di organizzazione a cui si intreccia "il tentativo di governare i giudici". Precisando di essere presente alla cerimonia "per dovere istituzionale, poiché condivido le posizioni espresse dall’Anm", Caselli sottolinea che al sistema giudiziario italiano "mancano risorse, manca un progetto organizzativo in cui inserirle, manca un’attenzione alla loro qualità e adeguatezza", tanto che "solo con enorme fatica gli uffici riescono a far fronte all’ordinaria amministrazione".

Bologna - "A due anni circa dal clamoroso crac Parmalat tutte le criticità tecnico-giuridiche sono state sostanzialmente risolte", rileva il presidente della Corte d’appello di Bologna Manlio Esposito.

Roma - "In un periodo, come quello in cui stiamo vivendo, caratterizzato da vicende che coinvolgono importanti settori economici, finanziari ed istituzionali del Paese, con ricadute che investono l’intero corpo sociale, voglio segnalare che la magistratura sta compiendo ancora una volta e fino in fondo il proprio dovere di difensore della legalità. Questo d’altra parte il suo compito istituzionale", è quanto sottolinea il presidente della Corte d’Appello di Roma Giovanni Francesco Lo Turco davanti ad un parterre d’eccezione. "Per raggiungere concretamente l’obiettivo della ricostruzione del sistema giustizia - osserva - non è peraltro sufficiente che i magistrati siano autonomi ed indipendenti è necessario infatti che essi vengano anche dotati di adeguati mezzi e risorse e siano chiamati ad applicare leggi chiaramente formulate, potendo disporre di procedure snelle e razionali. Risultato arduo ma che può essere raggiunto con un impegno comune di Parlamento, governo e magistratura".

Nel corso della relazione, Lo Turco dice di non poter evitare di "mettere in rilievo lo stato purtroppo ancora intollerabile dell’amministrazione della giustizia, i danni prodotti da alcune innovazioni legislative, l’inadeguatezza delle risorse umane e dei mezzi a disposizione per rispondere ad una domanda di giustizia sempre più crescente".

Lo Turco sottolinea come "le frequenti modifiche normative soprattutto in materia processuale, spesso frammentarie e prive di organicità, contribuiscono, al di là delle intenzioni del legislatore a rendere lenta e complicata l’amministrazione della giustizia penale". Una parte del suo intervento è dedicato alla cosiddetta legge ex Cirielli. Secondo Lo Turco, "è ispirata ad una logica di inasprimento del regime sanzionatorio e di quello penitenziario per i recidivi". L’alto magistrato osserva poi che per quanto riguarda la parte più nota della legge, cioè quella riguardante il regime della prescrizione con riduzione dei termini (in molti casi fino alla metà), "la ratio appare poco coerente con la logica rigorista evidenziata e non sembra compatibile con i tempi di concreta durata dei processi che tendono anzi ad allungarsi".

Per il governo, interviene a Roma il sottosegretario alla Giustizia Jole Santelli. La riforma dell’ordinamento giudiziario "non è contro la magistratura", ma ha l’obiettivo di offrire ai cittadini "un servizio giustizia efficiente, responsabile e professionale". La Santelli difende il "coraggio" delle scelte legislative compiute dal governo in 5 anni, attraverso la scelta di "soluzioni profonde e radicali" che incidono sulla "complessa struttura del sistema". Con la riforma è stata scelta una soluzione "equilibrata": "La riforma - sottolinea il sottosegretario Santelli - si situa nel solco dei principi fondamentali che la Costituzione prevede a presidio dell’indipendenza della magistratura e che sono improntati ad aumentare il grado di indipendenza ed efficienza della stessa". Santelli rispedisce al mittente alcune delle critiche al provvedimento. Santelli rivendica poi le "sostanziali modifiche" introdotte al Codice di procedura civile e le riforme importanti del Diritto societario e di quello fallimentare. Poi, difende anche la legge ex Cirielli, che "ha avuto il merito di evitare sacrifici per i cittadini, spreco di risorse pubbliche e lavoro inutile per i magistrati", e quella sull’inappellabilità delle sentenze di assoluzione, rinviata alle Camere dal Capo dello Stato: "Tutti gli operatori di giustizia e gli studiosi - evidenzia Santelli - sono concordi nel ritenere che era assolutamente necessario intervenire. Purtroppo si è eluso il dibattito sereno sul merito preferendo astratte accuse di strumentalità".

Il sottosegretario alla Giustizia rilancia poi l’allarme sull’uso eccessivo delle intercettazioni telefoniche: dalle 32 mila del 2001 si è passati alle 106 mila del 2005. "Nessuna esigenza investigativa particolare - sostiene - può giustificare la triplicazione dei numeri in 5 anni. Occorre un richiamo al forte senso di responsabilità e professionalità dei pm e dei procuratori".

Santelli si dice dispiaciuta per la protesta dell’Anm: "Mi spiace che anche quest’anno la magistratura associata abbia deciso di protestare". "Se pur nel confronto o nello scontro di diverse posizioni - dice l’esponente di governo - nessuno di noi può perdere di vista il fatto che i nostri ruoli sono esclusivamente svolti in funzione e nell’interesse dei cittadini. Probabilmente il tempo sanerà queste ferite - conclude - me lo auguro di cuore".

Palermo - "Cosa nostra attraverso le estorsioni, le intimidazioni, gli attentati incendiari e l’inserimento nel mondo degli appalti, non ha affatto allentato il suo pesante, violento, ed esteso controllo sulle attività economiche sociali e politiche nel territorio". A tracciare un quadro a tinte molto fosche è il presidente della Corte d’Appello di Palermo, Carlo Rotolo. Secondo la relazione del magistrato sono aumentati i delitti di estorsioni (+28,98%); l’usura (+53,70%); il riciclaggio (+20,55%); la corruzione (+50%). Al vertice della mafia resta sempre l’imprendibile Bernardo Provenzano. La conferma arriva "da indagini e dal tenore di intercettazioni captate". E "una delle maggiori fonti di arricchimento e di potere - aggiunge - è quella degli appalti pubblici". Rotolo punta poi il dito contro "la zona grigia che rappresenta la vera forza della mafia", "il patto fra mafiosi e personaggi operanti all’interno dei gangli amministrativi e burocratici" che "costituisce il primo e forse più pernicioso livello di infiltrazione mafiosa". Poi la denuncia di problemi nell’organico dei magistrati ma anche della "cronica carenza del personale amministrativo". Un altro punto della relazione riguarda la "netta recrudescenza del fenomeno della criminalità extracomunitaria a causa dell’incessante flusso migratorio proveniente dai Paesi del Nord Africa".

Catania - "Mi limito a prendere in esame i primi riflessi pratici della riforma per evidenziare come si sia già ampiamente manifestata la tendenza dei magistrati ad emigrare dagli uffici requirenti e accedere ai giudicanti". È quanto afferma il presidente della Corte d’Appello di Catania, Guido Marletta.

Roma: si è riunito il Forum Nazionale Sanità Penitenziaria

 

Redattore Sociale, 28 gennaio 2006

 

I detenuti hanno diritto alla cura nella stessa misura dei cittadini liberi. Lo stabilisce la legge 230 del 1999. Nella realtà ad oggi la salute dei detenuti è competenza di comparti diversi, e a volte non comunicanti, a seconda della patologia e la legge 230 non è ancora applicata nella sua interezza. A Roma questa mattina ne ha discusso il "Forum Nazionale Sanità Penitenziaria", facendo il punto sul diritto alla salute dei detenuti e degli internati, con riferimento alle tossicodipendenze.

L’articolo 8 della legge 230 prevedeva che il trattamento sanitario di detenuti e internati tossicodipendenti fosse trasferito al Servizio Sanitario Nazionale, a partire dal 1/1/2000. La stessa norma disponeva contestualmente che fosse trasferito il personale medico dell’Amministrazione penitenziaria. In altre parole 172 medici, 142 infermieri e 298 psicologi che dal 1992 lavoravano nei Presidi per tossicodipendenti (Ptd) degli istituti di pena, come liberi professionisti.

Tuttavia il Ministero di Giustizia ha emanato solo il 10/4/02 il decreto ministeriale di individuazione e passaggio del personale. E soltanto il 10/7/03 sono state trasferite le risorse, sempre con decreto ministeriale. Tre anni e mezzo dopo l’entrata in vigore della legge 230, tutto è pronto per l’attuazione, ma i tempi variano da Regione a Regione.

Ad oggi, secondo il rapporto del Forum, tutte le Regioni hanno avviato il trasferimento, ma ad eccezione di Lazio, Campania, Umbria e Toscana, permangono i problemi della precarietà e dell’insufficienza del monte orario del personale medico trasferito nei Sert penitenziari, mantenuto nella maggior parte dei casi ancora come parcellista. D’altronde organico e monte ore si erano dimostrati insufficienti già anni prima, in misura del fatto che il personale pensato per 9.623 detenuti tossicodipendenti nel 1991, si trova, a giugno 2005, a lavorare con 16.179 persone.

"Ma non è soltanto il problema del personale a determinare la situazione attuale - commenta Vincenzo Saulino, coordinatore Tossicodipendenze del Forum -. I Sert attivati nel penitenziario incontrano difficoltà anche nel rapporto con l’Amministrazione penitenziaria e con il resto della medicina penitenziaria non ancora transitata". Nella fase di transizione le competenze mediche dell’Amministrazione penitenziaria e della Regione si sono sovrapposte. L’Amministrazione penitenziaria ha vissuto il cambiamento come uno "scippo", spiega Saulino, mentre invece le Regioni come un ulteriore aggravio di lavoro per le aziende sanitarie. Il risultato spesso si è tradotto in un blocco della comunicazione i cui effetti - conclude Saulino - ricadono sui detenuti.

Accade qualcosa di simile in alcuni Istituti del Lazio. Peppe Mariani, presidente della "Commissione lavoro, pari opportunità e politiche giovanili" della Regione Lazio descrive la situazione delle carceri laziali come "offensiva della dignità umana", dichiarando di aver visto dormire 4-5 persone in celle per un detenuto a Velletri, su materassi buttati per terra e lamentando la mancanza di personale. Sovraffollamento e scarsità di organico che provocano - continua Mariani - "uno stato di illegalità diffuso". Dopotutto, si domanda Stefano Regio (Gruppo Carcere, Cnca): "Qual è il direttore buono quando c’è una doppia legalità? Quello che rispetta i diritti dei detenuti o quello che ottempera alle normative in vigore all’interno del carcere?". Per porre fine a una situazione di "negazione del diritto" Saulino propone di "considerare il carcere come parte integrante del territorio e garantire ad esso gli stessi diritti. E per far questo - conclude - è necessario applicare la legge 230/99 nella sua interezza."

Roma: un pugile a Rebibbia, racconti di vita dietro le sbarre

 

Roma One, 28 gennaio 2006

 

Vincenzo Cantatore, campione di pugilato dei pesi massimi leggeri, fa volontariato come allenatore nel carcere romano di Rebibbia. Il prossimo impegno: un corso per i figli dei detenuti, contribuendo così a far percorrere loro una strada diversa da quella dei padri. A partire dal 2004 Cantatore ha iniziato l’esperienza con 33 detenuti del carcere romano. Il percorso compiuto ha fatto capire ai protagonisti come la pratica del pugilato possa diventare anche una singolare occasione per il rispetto delle regole e per l’osservanza delle responsabilità che ogni detenuto si è assunto nel corso dei due anni. In una parola: lo sport anche come autodisciplina.

Droghe: leggere uguali a pesanti? don Pierino contro don Vinicio

 

Il Messaggero, 28 gennaio 2006

 

Don Vinicio Albanesi della comunità Capodarco paragona la nuova legge sulla droga alle "grida manzoniane". Don Pierino Gelmini è "felice" per la sua approvazione al Senato mentre lo psichiatra Luigi Cancrini, che più di 30 anni fa segnò il confine tra droghe pesanti e droghe leggere - che il nuovo provvedimento ha praticamente eliminato - si dice "dispiaciuto" e definisce "ridicole" le nuove norme. Il tossicologo Gaetano Di Chiara gli si rivolta contro: "Quella distinzione è una mistificazione...".

Don Vinicio il maxi-emendamento approvato in Senato non l’ha digerito e attacca: "Il messaggio che il governo e soprattutto l’onorevole Fini hanno voluto lanciare è che bisogna punire, perché tutte le droghe sono eguali. Ha sicuramente un valore simbolico, ma non entra nel dettaglio delle situazioni. Prevede che anche al consumatore sia comminata una pena da uno a sei anni; allo spacciatore invece da 6 a 20 anni. Naturalmente senza distinzione, perché loro si affidano alla quantità di principio attivo (per i cannabinoidi 200 milligrammi, per la cocaina, 500 milligrammi). Ciò significa che noi, a rigore di logica, dovremo arrestare qualche milione di ragazzi. Perché questa è la situazione reale. È vero che molti sono consumatori occasionali, ma la dimensione del fenomeno è quella. La statistica dice che solo il 5% dei consumatori di cannabinoidi passa alle droghe più pesanti. Questa equiparazione non sta né in cielo né in terra".

Don Gelmini dalla comunità Incontro di Amelia replica: "La cosa che per me è più positiva è l’aver stabilito che la droga esiste. Non droghe leggere e droghe pesanti, droghe che fanno male o che non fanno male, non c’è la droga buona e la droga cattiva, di destra o di sinistra".

Nunzio Santalucia, tossicologo e medico di sert in carcere, la pensa in modo diametralmente opposto: "È un dramma. Accomunare con altre, sostanze che sono tra le più sicure, anche se non innocue, come la cannabis, che non ha una dose letale come tutte le altre sostanze, è sbagliato. Si prevede un ulteriore affollamento delle carceri: si stimano 20-30 mila detenuti in più".

Gaetano Di Chiara, docente di tossicologia a Cagliari, distingue: "La cocaina, a seconda della forma farmaceutica, può essere pesante, come quella base chiamata anche crak, o più leggera, come quella tagliata che si sniffa. La marijuana, ad esempio, che nell’immaginario collettivo dei giovani è considerata "leggera" è una jattura peggiore della stessa diffusione dell’eroina, che sta calando notevolmente. La marjiuana crea dipendenza. Condivido la legge nella parte in cui considera con lo stesso metro tutto le droghe".

Anno giudiziario: Milano; l’ex Cirielli affollerà le carceri

 

Asca, 28 gennaio 2006

 

Un dratico aumento della popolazione carceraria: per Giuseppe Grechi, presidente della Corte d’Appello di Milano, è questo l’effetto più tangibile della legge ex Cirielli, approvata di recente dalla maggioranza di governo. Nella sua relazione letta stamattina in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, Grechi ha citato a titolo esemplificativo il caso dei penitenziari lombardi, che contengono attualmente 6.857 persone, "ben un terzo in più della loro capienza regolamentare". Ed è proprio "su questa tendenza" che secondo il presidente della Corte d’Appello di Milano "si innescheranno gli effetti della legge nota come ex Cirielli che, rendendo tra l’altro di fatto, impossibile l’applicazione dei benefici nei confronti di larga parte dei detenuti, secondo le stesse previsioni ministeriali farà aumentare drasticamente la popolazione carceraria senza che nulla salvo l’astratta previsione di nuove carceri sia stato predisposto per fronteggiare la nuova situazione". In questa prospettiva, ha aggiunto Grechi, non è casuale la protesta contro la Cirielli degli avvocati delle Camere penali, che hanno "appena messo in atto tre giorni di astensione dal lavoro denunciandone l’impianto regressivo e autoritario, fondato su una concezione della pericolosità sociale per tipo di autore, che inibisce al giudice una concreta personalizzazione della pena e ne mortifica la funzione rieducativa; che esalta ancor più quel doppio binario che rende il nostro processo penale - ha concluso Grechi - inesorabile con la piccola criminalità comune e inefficace verso la criminalità economica".

Forum Sanità Penitenziaria: il cambiamento parta dalle regioni

 

Asca, 28 gennaio 2006

 

Partire dalle Regioni per mettere in atto strategie di cambiamento e miglioramento del sistema sanitario negli istituti di reclusione è la proposta avanzata dal presidente del Forum nazionale sulla sanità penitenziaria Leda Colombini. Aprendo il convegno "Tossicodipendenti e carcere, diritti, competenze regionali e verifica dell’applicazione della legge 230/1999" Colombini ha spiegato che "in questi mesi di campagna elettorale sono le Regioni che potranno operare concretamente per riformare il sistema della salute nelle carceri avvalendosi delle competenze assegnate loro per legge in materia di tossicodipendenza e prevenzione".

Con l’obiettivo di assicurare uguali diritti ai tossicodipendenti, siano essi cittadini liberi o detenuti, il coordinatore della commissione Tossicodipendenze del Forum Vincenzo Saullino ha denunciato i ritardi nell’attuazione della legge 230/1999 relativamente al "decreto di trasferimento del personale che - ha detto - è del 2002 e il mancato invio, lamentato da alcune Regioni, dei fondi del Ministero della Giustizia, per la cura dei tossicodipendenti".

Se a far discutere è anche la presenza dei detenuti che per il Garante dei detenuti della Regione Lazio Angiolo Marroni "dovrebbero stare in comunità di recupero", per garantire il diritto alla salute dei cittadini in carcere "bisogna porre fine - ha aggiunto Marroni - alla sanità penitenziaria e renderla di esclusiva competenza delle Asl regionali". Per tale motivo il Forum chiede che le Regioni si dotino, come già avvenuto in Toscana, di leggi di programmazione e di organizzazione del servizio sanitario regionale in tutti gli istituti penitenziari del territorio.

Lazio: Battaglia; elaboreremo legge regionale per le carceri

 

Asca, 28 gennaio 2006

 

Dotare la Regione Lazio, dove vivono circa 6 mila detenuti, di una legge sulla sanità nelle carceri è uno degli obiettivi dell’assessore regionale alla sanità Augusto Battaglia. Partecipando al convegno organizzato dal Forum nazionale sanità penitenziaria Battaglia ha spiegato che "il compito della commissione salute e carcere che si insedierà nei prossimi giorni sarà quello di aiutarci ad elaborare un piano programmatico, sulla base di una fotografia della situazione attuale, e di collaborare con noi per arrivare a dotarci di una legge regionale sulla sanità nelle carceri". Riferendosi alla situazione sanitaria negli istituti di pena e al rapporto stilato dal commissario per i diritti umani Alvaro Gil-Robles a seguito della visita nelle carceri italiane del giugno 2005 (in cui si segnalava inadeguatezza delle farmacie nelle carceri, difficoltà nel reperire medici generici e specialisti) Battaglia ha espresso la necessità di "spostare l’attenzione sulle cure ordinarie, di cui necessita il 90% dei cittadini detenuti". "Dobbiamo semplificare - ha concluso l’assessore regionale - le procedure amministrative mettendo risorse, per garantire il diritto alla salute dei detenuti, a disposizione delle Asl di competenza".

Droghe: anche il Dap contro il decreto Fini - Giovanardi

 

Redattore Sociale, 28 gennaio 2006

 

Continuano a piovere critiche sul decreto Fini-Giovanardi sulle droghe, stavolta è il carcere ad alzare la voce. Il giorno dopo l’approvazione delle norme inserite nel decreto legge per il finanziamento delle Olimpiadi invernali e passato a Palazzo Madama con voto di fiducia, esprimono il loro dissenso il "Forum nazionale sanità penitenziaria" e l’Ufficio detenuti e trattamento del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap).

L’occasione è il convegno del Forum sanità penitenziaria tenutosi questa mattina a Roma, per verificare l’applicazione della legge 230/99 sul trattamento sanitario dei detenuti. Il Forum chiede a Governo, deputati, ministri degli Interni, Giustizia, Sanità e Lavoro di "stralciare dal decreto sulle Olimpiadi il provvedimento sulle tossicodipendenze per aprire un nuovo confronto". Le critiche del Forum si concentrano sull’equiparazione delle droghe leggere e pesanti col conseguente aggravamento penale e rischio sovraffollamento per le carceri. Pericoloso, così è emerso nel corso del Forum, non distinguere tra uso, abuso, uso problematico e dipendenza, limitandosi alla distinzione tra spaccio e uso personale.

Critiche arrivano anche dal Dap, per voce del direttore dell’Ufficio detenuti e trattamento, Sebastiano Ardita, che dichiara: "Punire il consumo di droga è un autogol spaziale". Per Ardita reintrodurre criteri quantitativi è "inaccettabile", sulla base del referendum che abrogò la norma nel 1993. "Drogarsi non è giusto - ha spiegato il dirigente del Dap - ma drogarsi non è un reato". La reintroduzione della quantità soglia - continua Ardita - "fa sfumare il contrasto al commercio e finisce per vietare la detenzione, sebbene oltre certe quantità, come pericolo del commercio". Ardita solleva anche dubbi su certe norme pensate a tutela dei tossicodipendenti e che potrebbero finire per punire gli stessi e conclude: "La legge tuteli i tossicodipendenti autori di reati commessi per cause legate alla propria condizione".

Ma è l’aggravio ulteriore del sovraffollamento delle carceri a preoccupare il Forum. Dei 59.125 detenuti al 30 giugno 2005, più della metà, ovvero 33.167, ha commesso un reato contro la legge sulla droga. I detenuti tossicodipendenti erano 15.558 al 31 dicembre 2004, più di uno su 4, a cui vanno aggiunti 1.334 alcolisti e 1.687 in trattamento metadonico. Equiparando droghe leggere e pesanti, oggi sottoposte a due diversi regimi di pena, si rischia con la nuova legge un ulteriore aumento della carcerazione di cittadini tossicodipendenti. È quello che sostiene Stefano Regio, "Gruppo carcere" del Comitato Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) che intervenendo ai lavori del Forum dichiara: "Secondo l’osservatorio di Lisbona in Europa 50milioni di persone fanno uso di droghe, di cui 4-5 milioni solo in Italia. Applicare sanzioni penali a un così alto numero di persone significa riempire all’estremo le prigioni"

Droghe: decreto Fini-Giovanardi, critiche dalla Giunta Toscana

 

Redattore Sociale, 28 gennaio 2006

 

Il via libera in Senato della nuova legge sulle droghe, che prevede una sostanziale equiparazione tra droghe pesanti e leggere senza però stabilire in modo chiaro quale sia il confine tra consumo e spaccio (i limiti verranno fissati dal Ministero della Salute) ha provocato reazioni anche da parte di alcuni componenti della Giunta regionale toscana. "Non si può affrontare un tema così delicato facendo ricorso alla repressione - ha commentato l’assessore regionale alle Politiche Sociali, Gianni Salvadori. Occorrono altri strumenti che permettano l’inclusione sociale delle persone che usano tali sostanze, non è con la guerra che si otterranno dei risultati. Anzi, si rischia di provocare un effetto contrario. Noi stiamo con tutte le comunità che hanno deciso di disertare la Conferenza Nazionale sulla droga di Palermo dello scorso dicembre e siamo anche abbastanza perplessi per il modo, anomalo, con cui un tale provvedimento ha ricevuto l’avallo dal Senato. Dopo l’ex Cirielli ecco un’altra legge che finirà per appesantire ulteriormente la già critica situazione delle carceri nel nostro paese".

"Informazione, prevenzione, cura e reinserimento: questi sono da sempre i pilastri su cui si fondano l’intervento della Regione Toscana in tema di consumo di sostanze e tossicodipendenza e l’attività dei servizi e di tante comunità che fanno parte integrante della nostra rete - aggiunge l’assessore regionale per il Diritto alla Salute, Enrico Rossi -. Questa legge sposta invece drasticamente il baricentro nel senso della repressione e della penalizzazione. Di tutto hanno bisogno di giovani tranne che di una fin troppo facile etichetta di drogato. E inoltre con questa legge si entra di nuovo nella materia sanitaria e sociale che il titolo V della costituzione affida alle Regioni".

Lazio: in carceri regionali tossicodipendente un detenuto su tre

 

Roma One, 28 gennaio 2006

 

Su 6.344 reclusi presenti negli istituti penitenziari della regione, 2.061 fanno uso di droghe, 259 sono affetti da Hiv e 157 risultano alcooldipendenti. Angiolo Marroni, garante per i diritti dei detenuti: "Basta con la sanità penitenziaria, bisogna affidare tutto alle Asl".

Scoppiano le carceri nel Lazio, ma il dato più allarmante riguarda la massiccia presenza negli istituti di pena di tossicodipendenti. Su 6.344 detenuti, 2.061 fanno uso di sostanze stupefacenti, 259 sono affetti da Hiv e 157 sono alcoldipendenti. Cifre preoccupanti, emerse dal convegno odierno del Forum nazionale per la tutela della salute dei detenuti e delle detenute a Roma.

"Il tossicodipendente - ha detto Angiolo Marroni, garante per i diritti dei detenuti nel Lazio - non deve stare in carcere ma in una comunità terapeutica. Bisogna poi farla finita con la sanità penitenziaria e affidare tutto alle Asl". Queste le priorità da affrontare nelle carceri secondo Marroni: il ritorno di malattie che si ritenevano scomparse come la Tbc, i figli di madri detenuti, il sovraffollamento, il degrado in cui versano molte strutture.

"Nel Lazio - ha precisato il garante - le maggiori criticità sono rappresentate dagli istituti penitenziari di Latina, Cassino e Rieti. Anche Regina Coeli è iperaffollata, i detenuti non hanno neanche un capo sportivo ma un piccolissimo cortile". Secondo i dati diffusi, nel 2005 sono morti 108 reclusi nelle case circondariali italiane: 58 per suicidio, 23 per malattia, quattro per overdose e 23 da accertare. "I suicidi - ha spiegato il garante - avvengono soprattutto nella fase di prima entrata in un istituto di pena. A breve presenteremo un’iniziativa in collaborazione con il carcere di Rebibbia e la Società Autostrade".

La richiesta "a non procedere" sulla strada dell’approvazione definitiva del provvedimento sulla droga varato ieri da Palazzo Madama, emendamento al decreto sulle Olimpiadi di Torino 2006 perché le carceri "non reggerebbero l’ingresso di nuovi soggetti che non riguardano la criminalità in senso stretto", è giunto dai partecipanti al workshop che hanno approvato un ordine del giorno con la richiesta del blocco dell’iter parlamentare del provvedimento e lo stralcio della parte riguardante le tossicodipendenze. Introducendo i lavori, il vice presidente del forum, Lillo Di Mauro, ha affermato che il carcere per i tossicodipendenti "è una risposta più dannosa che utile". Di Mauro ha chiesto l’applicazione omogenea sul territorio nazionale della legge 230/99 sulla prevenzione e assistenza ai detenuti, con il trasferimento alle regioni delle risorse oggi nella disponibilità del ministero della giustizia per la sanità penitenziaria.

Infine, nel suo intervento, l’assessore alla Sanità della regione Lazio, Augusto Battaglia, ha annunciato l’inserimento nel piano sanitario regionale di obiettivi legati alla sanità penitenziaria; ma ha anche affermato che il problema della salute in prigione non è solamente legato alla tossicodipendenza. Esiste infatti secondo Battaglia "un problema di cure ordinarie negli istituti carcerari, dovuto anche al fatto le farmacie interne non sono adeguate".

Giustizia: il 42 % dei minori denunciati ha meno di 14 anni

 

Il Messaggero, 28 gennaio 2006

 

Emergenza criminalità minorile, sempre troppo alto il numero di ragazzi implicati. Le misure restano inadeguate. Il 42 per cento dei denunciati ha meno di 14 anni ed è impunibile. Un ritratto in nero quello del rapporto tra i più giovani e la legge, nella relazione di Nicola Marvulli.

Cresce il numero degli stranieri. "Sono aumentati - spiega - gli arresti di nomadi extracomunitari e dei minori di sesso femminile, dediti quasi esclusivamente al borseggio". Marvulli parla di un "inconveniente" che persiste nonostante le modifiche legislative: non è consentito "né l’arresto in flagranza né l’applicazione della custodia cautelare in carcere per i minori autori di furti nelle abitazioni, reato al quale sono particolarmente dediti nomadi e extracomunitari".

Ma il presidente esprime anche qualche apprezzamento per le misure cautelari previste: perché, comunque, per i ragazzi, è da prediligere la rieducazione alla repressione. Il collocamento in comunità e la messa in prova funzionano. Il primo "costituisce spesso la premessa di una successiva sospensione del processo", la seconda: "è un ottimo esercizio". Uno strumento "duttile, che si armonizza con l’esigenza di rieducazione". Il disadattamento e la devianza, spiega il presidente, si combattono con le armi del recupero e non della repressione.

Dubai: sconti di pena ai detenuti che sanno Corano a memoria

 

Secolo XIX, 28 gennaio 2006

 

I detenuti nelle carceri di Dubai che riescono a imparare a memoria una parte del Corano possono usufruire di uno sconto della pena fino a vent’anni. È quanto stabilito dal programma avviato, già da qualche tempo, dall’ente religioso "Dubai International Holy Quran Award" in collaborazione con la magistratura dell’emirato, secondo quanto riporta il giornale arabo "Khaleej Times". La religione, insomma, viene considerata uno strumento educativo e riabilitativo e attraverso le pagine del Corano un detenuto può recuperare la retta via .

Il condono di venti anni della pena inflitta è il beneficio massimo di cui un detenuto delle carceri del Dubai può godere. Lo sconto di pena, infatti, varia in base alle pagine che si riescono a memorizzare. È stata proprio compilata una tabella, di netta base meritocratica: chi più impara a memoria, più viene premiato.

Per venti capitoli del Corano mandati a memoria è prevista una riduzione della condanna di quindici anni, con quindici capitoli si ottengono dieci anni di sconto, con dieci capitoli la pena viene decurtata di cinque anni, mentre un capitolo la riduce di un anno. Non è precisato se imparare a memoria tutti i 114 capitali comporti l’annullamento della pena. "Siamo molto soddisfatti di questa iniziativa che sta riscuotendo un grande successo all’interno delle nostre carceri. Infatti il numero dei detenuti che si è iscritto al nostro programma è arrivato a 1.865 unità, e contiamo di superare le duemila entro breve tempo", ha detto Ibrahim Bu Melha, consulente dell’emiro Shaikh Mohammed bin Rashid Al Makoum, governatore di Dubai, vice-presidente e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti. "Finora - ha aggiunto Bu Melha - nove di loro sono riusciti a memorizzare tutte le pagine del testo sacro all’Islam, mentre altri 19 detenuti sono riusciti a completare venti capitoli". Il Corano è suddiviso in 114 capitoli, chiamati "sure", ciascuno recante un titolo diverso, suddivisi a loro volta in versetti, chiamati "ayat"; le suddivisioni in versetti e in capitoli dipendono dalle diverse edizioni del testo. Il Corano, che ha quasi la stessa lunghezza del Nuovo Testamento della Bibbia cristiana, non è strutturato nel modo in cui sarebbe stato rivelato a Maometto, ma secondo la lunghezza dei capitoli. Generalmente viene studiato, imparato a memoria e recitato in alcune scuole, le scuole coraniche appunto, tipiche della comunità musulmana.

 

 

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