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Giustizia: nominato vice-capo del Dap, è Armando D’Alterio
Ansa, 18 dicembre 2006
Il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha firmato il decreto con il quale nomina il magistrato Armando D’Alterio a vice capo dipartimento del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Napoletano, dopo essere entrato in magistratura D’Alterio è stato a lungo impegnato presso l’ufficio inquirente della Procura della Repubblica. Qui ha seguito numerosissime inchieste, e nel periodo in cui ha prestato servizio alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli si è occupato in particolare dei clan di camorra della zona vesuviana. D’Alterio è stato il magistrato che dopo molti anni di ricerche cadute nel vuoto ha riaperto il fascicolo sull’omicidio del giornalista del "Mattino" Giancarlo Siani, individuando mandanti ed esecutori materiali che sono stati poi condannati con sentenza definitiva. Nel marzo 2003 D’Alterio ha ricoperto la carica di segretario generale l’assemblea generale della rete Europea di formazione giudiziaria, organismo composto dagli enti responsabili della formazione dei magistrati degli Stati dell’Unione Europea. Al termine di questo incarico D’Alterio è tornato a svolgere le funzioni di magistrato presso la Corte di Appello di Napoli. La nomina al Dap diventerà esecutiva ai primi di gennaio. Erba: su strage 3 piste; spacciatori, un conoscente, o un pazzo
La Repubblica, 18 dicembre 2006
È su tre diverse piste che si snoda la soluzione del giallo di Erba. A una settimana dal ritrovamento dei quattro cadaveri all’interno della palazzina di via Diaz, gli inquirenti continuano a privilegiare la tesi del raid punitivo compiuto da un gruppo di spacciatori che voleva punire il capofamiglia, il tunisino Azouz Marzouk. In secondo piano, vista la dinamica dell’agguato, la tesi che i killer conoscessero le vittime e che abbiano sfruttato la fiducia per entrare in quella casa. Infine, non ancora del tutto abbandonata, l’idea di un essere di fronte a un pazzo. Raffaella Castagna aveva anche lavorato in un centro per malati psichici. Questa mattina a Como è atteso un vertice tra gli investigatori per tracciare un primo bilancio sui risultati raccolti in questi quasi sette giorni di complicata indagine. Le condizioni di salute di Mario Frigerio, l’unico sopravvissuto alla strage, lentamente migliorano. Non è ancora certo se già oggi i carabinieri si recheranno all’ospedale Sant’Anna per tentare di ottenere più informazioni possibili, ma il faccia a faccia potrebbe essere una questione di ore. Per i primi giorni della settimana, infine, dovrebbe arrivare il definitivo via libera alla restituzione delle salme ai familiari. Poi i corpi di Raffaella Castagna e del figlioletto Youssuf partiranno per la Tunisia per il rito islamico e la sepoltura. Le cerimonie per Valeria Cherubini, la vicina di casa della famiglia Marzuok, e per Paola Galli Castagna, sono invece previste in Brianza. "La mia famiglia con questi omicidi non c’entra niente. E chi dice o scrive il contrario evidentemente non è informato". Pietro Castagna rompe il silenzio dopo aver terminato di pranzare con il padre e il fratello. In compagnia del bull dog bianco sta rientrando nel suo appartamento, a due passi dalla fabbrica di famiglia. La prima domenica senza la mamma Carla, i Castagna l’hanno trascorsa tutti insieme. "Non mi interessa sapere chi ha ucciso mia madre, nessuno potrà mai restituirmela", spiega diretto Pietro, con una voce mai rotta dall’emozione, decisa. Nelle ultime ore è stato ascoltato dai carabinieri e il suo nome risulta tra i possibili sospettati. "Semplice routine - tiene subito a precisare - . Sono stato convocato in caserma perché mi è stato chiesto di ricostruire i rapporti di amicizia di mia sorella. Ma io avevo interrotto ogni rapporto da ormai 3 anni e mezzo. Io e lei non ci salutavamo nemmeno più, era stata una sua scelta". Eppure, stando al racconto delle amiche, la sorella soffriva molto questa situazione. "Io e la mia famiglia non volevamo avere a che fare con Azouz ed eravamo contrari al suo matrimonio. Quella è stata una decisione presa da tutta la famiglia intorno a un tavolo. Non ci siamo mai opposti. Mia sorella era libera di scegliere e noi potevamo sbagliarci sul suo futuro". In questi giorni, però, la famiglia ha deciso di riavvicinarsi al marito di Raffaella. "Solo ora abbiamo capito che Azouz amava Raffaella e il bambino - Pietro Castagna, per la prima volta dall’inizio del colloquio, nomina il nome della sorella - . La decisione di seppellirli in Tunisia ci ha molto colpito". Subito dopo la tragedia, Pietro Castagna aveva usato parole molto dure contro il cognato. "Ma non intendo chiedergli scusa. In questo momento proprio non riuscirei a vederlo, e nemmeno a parlargli. Questa è una mia scelta personale". Oggi Pietro, però, non si sente sotto accusa. "No, perché dovrei...". Erba: tra i sospettati c’è anche il fratello di Raffaella Castagna
Ansa, 18 dicembre 2006
C’è anche Pietro Castagna tra i sospettati dell’ultima ora nell’ambito delle indagini sulla strage di Erba avvenuta una settimana fa. Il fratello di Raffaella, una delle quattro vittime, è stato ascoltato nelle ultime ore dai carabinieri per chiarire i suoi rapporti con la donna e con il cognato Azouz Marzouk. L’uomo sin dai primi giorni aveva usato parole molto dure nei confronti del cognato tunisino che non ha mai visto di buon grado tanto da arrivare a dire pubblicamente che ‘lui non è l’esecutore materiale, ma quello moralè dell’eccidio alludendo ai trascorsi giudiziari del 25enne. La sua posizione è al vaglio del pool di magistrati che sta cercando di dare una risposta al massacro, si valuta l’abili per quella sera. Castagna conferma di essere stato convocato in caserma "perché mi è stato chiesto di ricostruire i rapporti di amicizia di mia sorella. Ma io avevo interrotto ogni rapporto da ormai 3 anni e mezzo. Io e lei non ci salutavamo nemmeno più, era stata una sua scelta". Una rottura che, a detta delle amiche, pesava molto a Raffaella che cercava di riallacciare i rapporti. Pietro è stato uno dei famigliari che maggiormente si sono opposti ai funerali in Tunisia della congiunta e del piccolo Youssuf. Questa mattina a Como è atteso un vertice tra gli investigatori per tracciare un primo bilancio sui risultati raccolti, mente le condizioni di salute di Mario Frigerio, l’unico sopravvissuto alla strage, lentamente migliorano. Tre le piste privilegiate per arrivare a movente, mandante ed esecutore: gli inquirenti continuano a privilegiare la tesi del raid punitivo compiuto da un gruppo di spacciatori che voleva punire Marzouk. Poi, vista la dinamica della strage, la tesi che i killer conoscessero Raffaella e che abbiano sfruttato la sua fiducia per entrare nella vecchia cascina ristrutturata di via Diaz. Erba: l’incultura che ha portato i giornali a fare un linciaggio
Articolo 21, 18 dicembre 2006
Dead, morto. Scritto tre volte, dead, sul foglio rosso inviato a Mastella insieme a un bossolo calibro 5,56 e a tanti insulti. Mastella ministro della giustizia: dunque responsabile d’aver favorito l’atto di clemenza chiesto al parlamento italiano da Giovanni Paolo II, e che il parlamento ha deliberato quasi unanime, compresi i berlusconiani desiderosi di favorire i loro galeotti e i casiniani proni alla sacra pantofola. Così va l’Italia, drogata di cultura della paura, contro i comunisti, gli stranieri, i diversi. Cultura che a piazza San Giovanni ha riabilitato anche i simboli del nazismo, come a Teheran. Tutti e chiunque, purché non passino comunisti, stranieri e diversi. Abbiamo ingerito tutti questo polonio, anche i giornali della tradizione liberale. Erano l’antemurale al berlusconismo, al suo tsunami di odio. Invece, la notte tra lunedì e martedì, quand’è arrivata, con l’avventatezza degli inquirenti, la notizia della strage, tutte le redazioni hanno avuto una reazione pavloviana nel creare automaticamente il mostro, nell’additare automaticamente l’errore politico. Corriere della Sera (prima notizia): "Strage in famiglia: Era fuori per indulto". Un immigrato tunisino ha sgozzato la moglie ventinovenne, il figlio di 2 anni e altre due donne, ha dato fuoco all’abitazione ed è fuggito. Condannato per reati di droga, in seguito all’indulto aveva lasciato la cella ad agosto". La Repubblica (prima notizia): "Strage in famiglia, uccide e brucia 3 donne e un bimbo. L’assassino era libero per l’indulto. Notte di sangue in Brianza, caccia all’assassino tunisino". La Stampa (taglio centrale): "Uscito con l’indulto fa strage. Tunisino uccide la moglie italiana, il figlio, la suocera e una vicina". Il Messaggero (taglio centrale): "Tre donne e un bimbo uccisi e bruciati. Caccia a un tunisino, scarcerato con l’indulto". Il Giornale (taglio centrale): "Cinque sgozzati in casa: caccia a un tunisino. Era fuori con l’indulto". Tg del mattino: "Tunisino esce per l’indulto e compie una strage". Neanche il Minculpop di Mussolini raggiungeva la sincronia del pavlovismo di Berlusconi. Nel paese dove anche l’ultimo contadino del Sud aveva imparato a stramaledire il popolo dai cinque pasti, il ricorso storico comporta che l’ultimo ragazzotto del Motor Show di Bologna pensi di star pagando le tasse della Finanziaria 2007 imposta da Prodi. Lo strumento è sempre lo stesso, la parola. La radio, il giornale, la piazza nel ventennio fascista; la tv, la radio, il giornale, la piazza anche oggi. I Gayda e gli Appelius volontari di allora e gli involontari eredi di oggi, sanno che le parole sono pietre e, se scritte, sono piombo. "La notizia è sacra", dicevano una volta. Cioè provata, controllata, ricontrollata. Ma è stato sempre meno vero. Ai giornalisti, invece della laurea in Scienze della comunicazione, bisognerebbe regalare il libro di Vittorio Roidi "Coltelli di carta", dedicato al nostro nobile mestiere. Vi si trova la galleria dei mostri che abbiamo creato nei decenni, attribuendo loro, con l’aiuto di magistrati non seri, delitti non commessi, che altri magistrati seri hanno poi attribuito ai veri colpevoli; o dimostrato che non c’era stato alcun delitto, come quello del padre stupratore del figlioletto, da noi venduto alla folla feroce dei lettori come il nuovo Gerolimoni; finché un medico coscienzioso e non ignorante scoprì che non di violenza sessuale si trattava ma di cancro all’ano. Ed ora stiamo vedendo come i giornali rivoltano la frittata, dopo che gli inquirenti, correggendo il loro pavlovismo, durato fino a metà mattinata, hanno ammesso che il tunisino si trova nel suo paese d’origine. Dove magari è riparato prima della vendetta di qualche banda della droga, per uno sgarro o qualcos’altro. Tutta bella gente, si sa, ma che c’entra Mastella, che c’entra l’indulto? Chi va in carcere per droga esce, prima o poi. Il guaio maggiore è che escono anche i truffatori d’alto bordo, i mafiosi d’alto rango, quelli che con i loro mezzi e la loro infinita possibilità di corrompere le menti stanno precipitando il Paese nel 1922. Giustizia: libertà condizionata per l’ex Br Barbara Balzerani
Ansa, 18 dicembre 2006
Il tribunale di sorveglianza di Roma ha concesso la libertà condizionata per cinque anni a Barbara Balzerani, brigatista coinvolta nel sequestro e nell’omicidio di Aldo Moro. Lo ha reso noto il suo legale, l’avvocato Michele Leonardi. Finora l’ex terrorista, condannata a diversi ergastoli, godeva del regime di semilibertà: in pratica, un permesso per poter lasciare il carcere per diverse ore del giorno, con l’obbligo di rientrare la sera. Balzerani, 57 anni, braccio destro del leader delle Br Mario Moretti, è stata una delle prime militanti dell’organizzazione ad aderire alla lotta armata. E una delle ultime a essere arrestata, il 19 giugno del 1985. C’era anche lei, nel commando che a via Fani prese in ostaggio l’allora presidente della Dc, massacrando la scorta. Anche se, in quell’occasione, ebbe solo il ruolo di bloccare il traffico, non quello di sparare. La donna, oltre che per il suo coinvolgimento in tutte le fasi del sequestro Moro, è stata condannata - sempre per concorso morale - ad altri tre ergastoli, per l’uccisione di quattro carabinieri e ferimento di un maggiore dell’esercito. Finora è stata detenuta nel carcere di Rebibbia, a Roma. Nei giorni scorsi, la sua richiesta di libertà condizionata aveva provocato polemiche tra i parenti delle "sue" vittime: solo Maria Fida Moro si era espressa a favore di un provvedimento di clemenza. Adesso, secondo quanto riferito dal suo legale, Balzerani sarà sottoposta alla libertà vigilata, con l’obbligo di alcune prescrizioni. Tra queste, quella di non lasciare il Comune di residenza (Roma) e di pernottare nel proprio domicilio. Firenze: detenute diventano stiliste e presentano i loro modelli
Asca, 18 dicembre 2006
Le detenute diventano stiliste. È quanto accade nella Casa Circondariale di Sollicciano a Firenze dove le donne hanno avviato una attività produttiva nel settore della moda. Il loro lavoro sarà presentato pubblicamente il 18 dicembre con una sfilata (dal titolo Fashion Design Party) all’interno del carcere, alla quale interverranno il sottosegretario alla Giustizia Daniela Melchiorre, il vescovo ausiliario di Firenze Monsignor Claudio Maniaco ed altre autorità. Il progetto nasce da un’idea dell’assessore alla Moda della Provincia di Firenze Elisabetta Cianfanelli e ha visto il coinvolgimento dell0’imprenditoria fiorentina del settore. Hanno infatti collaborato alla sfilata e alla realizzazione delle collezioni che saranno indossate dalle detenute il 18 dicembre undici aziende del territorio fiorentino: Thes & Thes, Allegri, Tunnel, Gallotti, Mazzini, Taccetti, Gianna Meliani, Pakerson, Mazzuoli, Officina di Santa Maria Novella e Vito Del Re. In passerella andranno le sperimentazioni realizzate dalle detenute: hanno aderito una cinquantina sulle circa sessanta presenti a Sollicciano, che in alcuni casi le indosseranno personalmente. "La moda è creatività, e la creatività è libertà, una libertà che può esprimersi anche all’interno di un luogo di detenzione e aprire prospettive di vita e di lavoro - spiega l’assessore Cianfanelli -. Con il laboratorio vogliamo favorire condizioni di sviluppo e formazione professionale, strumenti e opportunità di reale e concreto riscatto. Un percorso che, spenti i riflettori della sfilata, resterà vivo, come vivo è il bisogno delle protagoniste di lavorare e di ricostruire la propria normalità, nel tessuto sociale ed economico del paese, per continuare ad avere fiducia nel futuro". Roma: 160 pacchi - dono per i detenuti di Regina Coeli
Asca, 18 dicembre 2006
Sono 160 i pacchi natalizi che verranno consegnati questo pomeriggio dall’Assessore alle Politiche Sociali Raffaela Milano ad una rappresentanza di persone detenute del carcere di Regina Coeli. All’iniziativa, realizzata in collaborazione con la Direzione del Carcere, parteciperà tra gli altri il cappellano Don Vittorio Trani. "Un’iniziativa - resa possibile grazie al Progetto comunale Roma non spreca. Piattaforma alimentare della solidarietà e alla collaborazione di Eurospin Lazio e del Gruppo Mercurio - che si rivolge in particolare alle persone più bisognose del carcere. - ha dichiarato l’Assessore alle Politiche Sociali e Promozione della Salute Raffaela Milano - Un dono che vuole essere un sostegno concreto per molte persone che spesso devono scontare in carcere, oltre alla pena, anche la solitudine e la lontananza dai propri cari". I pacchi dono contengono, su richiesta diretta dei detenuti, oltre a generi alimentari e dolci natalizi, carta da lettere e biancheria. Il progetto della "Piattaforma Alimentare della Solidarietà Roma non spreca" si propone di destinare prodotti alimentari o di altro genere - che aziende o enti hanno in esubero - alle persone più indigenti della nostra città. Nel solo 2006 il progetto ha permesso di recuperare oltre 44 tonnellate di alimenti. I prodotti sono stati tutti donati ad Associazioni del territorio cittadino da sempre impegnate nella lotta alla povertà e al disagio sociale, che hanno siglato con il Comune di Roma un protocollo d’intesa con il quale si impegnano a ridistribuire gli alimenti ai destinati (attraverso mense sociali, parrocchie, case famiglia, associazioni...). In particolare sono stati utilizzati per il circuito delle mense cittadine e per le case famiglia ed i centri di accoglienza, in collaborazione con gli organismi di volontariato e molte Parrocchie cittadine. Inoltre durante l’estate l’ufficio Roma non Spreca ha realizzato interventi di raccolta straordinaria di alimenti destinati ai minori libanesi vittime del conflitto ed alle famiglie di connazionali rimpatriati dalle zone di guerra ospitati dalle strutture comunali. Sulmona: grave un detenuto algerino in sciopero della fame
Il Messaggero, 18 dicembre 2006
Un detenuto algerino del carcere di Sulmona, Ahmed Nacer Yacine, è stato ricoverato in gravi condizioni all’ospedale de L’Aquila a causa di uno sciopero della fame contro la detenzione attuato da 50 giorni. Lo hanno denunciato il deputato Francesco Caruso (Prc) e il segretario provinciale de L’Aquila, Giulio Petrilli, che hanno fatto visita al detenuto. L’algerino, accusato di associazione sovversiva e favoreggiamento personale dalla procura di Napoli, aveva espiato la pena e quando stava uscendo dal carcere, il 4 ottobre scorso, ha avuto un nuovo mandato di cattura identico al primo emesso dalla procura di Milano. I reati contestati a Yacine sarebbero stati commessi in Algeria, dove l’uomo chiede di tornare, anche perché usufruirebbe dell’amnistia concessa dal governo algerino. Asti: centro recupero per donne sui terreni confiscati a mafia
Vita, 18 dicembre 2006
Una comunità per aiutare donne con patologie da dipendenze che all’utilità del servizio unisce un forte valore simbolico, quello di sorgere su un terreno sottratto alla mafia. Nascerà, infatti, in una cascina in frazione Santa Maria di Moncalvo confiscata dallo Stato alla criminalità organizzata e data in gestione al Comune, la nuova struttura del progetto "Rinascita donne" che sarà presentato il 20 dicembre nella cittadina dell’astigiano. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla collaborazione di numerose realtà come le Asl della zona, diverse amministrazioni locali, il Dipartimento di ricerca sociale dell’Università del Piemonte orientale, l’associazione Libera e il Gruppo Abele che hanno lavorato insieme per individuare nuovi percorsi di cura per donne tossicodipendenti attraverso la sinergia di risorse, esperienze e competenze diverse. La sede della comunità rappresenterà non solo un luogo di protezione e cura per persone svantaggiate ma anche uno spazio educativo di promozione della cultura della legalità. Napoli: carcere militare, continua progetto "sorgente educativa"
Napoli, 18 dicembre 2006
Domani 19 dicembre 2006, con inizio alle ore 17.00, nel Carcere Militare avrà luogo il presepe vivente, alla presenza delle massime autorità cittadine e provinciali. La manifestazione diventa ormai un classico per il penitenziario militare e s’inserisce nel progetto "sorgente educativa" nell’ambito delle attività di risocializzazione e rieducazione nonché di riscoperta della tradizione culturale, in generale e presepiale in particolare che in Campania ha radici molto profonde (basti pensare ai presepi del 700 vestiti con le sete di San Leucio). Il presepe vivente si dipanerà attraverso "gli stand classici": dal carpentiere, al laboratorio di fabbro, dalla sinagoga, al caldarrostaio, passando per la meraviglia di Benino all’annuncio della nascita del Salvatore da parte dell’Angelo, sino ad arrivare alla capanna di Betlemme, nelle aree verdi del comprensorio. La rappresentazione curata dagli operatori penitenziari del Nucleo di Osservazione scientifico della Personalità, vedrà in scena, come ormai consuetudine, reclusi e vigilatori. Altra importante iniziativa del personale recluso consiste nell’avere realizzato tanti presepi tradizionali, di particolare pregio, che sono stati anche esposti a Napoli a San Gregorio Armeno, quale "capitale" del presepe. Il presepe vivente sarà replicato il 5 gennaio 2007 arricchendosi dell’arrivo dei Re Magi con i doni per il Cristo nascente che manifesterà la sua "epifania" al mondo. A fare gli onori di casa il tenente colonnello Antonio Del Monaco, Direttore del Carcere Militare ed il generale di brigata Celeste Rossi, vertice dell’Organizzazione Penitenziaria Militare con sede a Sulmona. L’attività, come accennato, s’inserisce nell’ottica globale delle attività trattamentali e di reinserimento sociale che vengono svolte a favore dei detenuti ed al fine di concepire la restrizione come "iter di rieducazione e rivalutazione dei vissuti personali". Roma: stand a consorzio cooperative che operano in carcere
Comunicato stampa, 18 dicembre 2006
Mostra "Angeli e Pastori": stand espositivi concessi al "Copa", consorzio di cooperative che operano negli istituti di pena. Saranno esposti un campionario di prodotti alimentari e artigianali. Il ringraziamento agli Enti promotori del Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Roma. Il Garante dei diritti delle persone private della libertà del Comune di Roma Gianfranco Spadaccia ringrazia gli Enti promotori della mostra "Angeli e Pastori" in corso di svolgimento presso i Palazzi Caetani e Antici Mattei in via Caetani e la Associazione mercati di Roma per aver accettato di concedere uno spazio espositivo al Copa, un consorzio di cooperative che operano negli istituti di pena di Roma e di altre città. Saranno esposti prodotti alimentari e artigianali degli istituti di Roma (piante aromatiche e lavori in mosaico) più un campionario di prodotti provenienti da tutta Italia (olio, vino, miele, marmellate, zafferano, stelle di Natale, piante di vivaio). Si tratta di una manifestazione di sensibilità e di apertura, di cui hanno dato prova gli Enti promotori, rivolta a favorire rapporti positivi fra la società e il carcere, attraverso la conoscenza e la valorizzazione del lavoro dei detenuti e l’azione delle loro cooperative che concretamente lo organizzano in forma imprenditoriale, assicurando sul mercato ai loro prodotti sbocchi commerciali. Minori: gli "artisti" del wrestling; noi non produciamo bullismo
Il Corriere della Sera, 18 dicembre 2006
"Il wrestling non produce bullismo". I campioni di questo sport-spettacolo, che da qualche anno dilaga in Italia, non ci stanno a recitare la parte dei cattivi. Così respingono le critiche del ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, che ha individuato tra le cause della recrudescenza del bullismo nelle scuole il wrestling, i reality show e i video games, e ha chiesto di "smetterla con l’ipocrisia del bollino" in tv. Sono molto giovani questi atleti- attori che fingono sull’arena di darsele di santa ragione. Si travestono ma si allenano anche, hanno fisici d’acciaio e altezze vertiginose. Federico Di Stefano, 25 anni, quattro volte campione italiano, è da oltre sei che pratica e promuove il wrestling in Italia. Spiega: "È estremamente facile mettere la croce addosso a qualcuno senza approfondire. Il nostro è uno spettacolo sportivo, lo diciamo sempre durante lo show. Le botte sono finte. Se la cosa è ben spiegata non c’è rischio di emulazione. Se invece, e questo è il punto, si mette un bimbo solo davanti alla tv, senza filtri, qualche rischio si corre". Marcello Crescenti, 22 anni, quando si maschera è Fire Angel, angelo di fuoco. Fa parte della New Wrestling Evolution, la nuova federazione sportiva che riunisce i campioni europei che si battono con le stelle americane. Lui non nega che "i bambini siano portati all’emulazione. Quello che affermo con certezza è che siamo impegnati, anche nelle scuole, a dire sempre che si tratta di uno spettacolo e a spiegare che nessuna mossa va mai imitata. I bambini lo sanno e ci seguono. Noi siamo come i supereroi, ma in carne ed ossa. Solo che le nostre storie non sono vere e i ragazzi lo sanno". Forse all’inizio qualche rischio in più c’era, aggiunge Salvatore Turchi, 21 anni, che nel wrestling è Thunder Storm, tempesta di tuono "ma da un paio di anni la cultura di questo sport-spettacolo si è fatta anche in Italia. Che dire di omicidi in prima serata, serial killer, trasmissioni violente a ogni ora? E siamo noi i colpevoli?". Allo stesso modo pensa il commentatore di Italia 1 Giacomo Valenti, che segue e racconta gli incontri in onda la domenica alle 11. "Noi proponiamo questo show sempre in modo divertente, ironico, dissacrante - dice -.. È assurdo demonizzare uno spettacolo che non ha molto di diverso dai cazzotti di Bud Spencer e Terence Hill. Io li vedevo da bambino e ridevo. Non sono mai andato in giro a dare botte". Tutte queste belle parole però non bastano a tranquillizzare le mamme. E i dubbi degli esperti restano. "Sono d’accordo con Fioroni", dice la presidente dell’associazione dei genitori Moige, Maria Rita Munizzi. Che però è disposta a fare autocritica. "È anche colpa nostra. Vogliamo bambini violenti? Ci stiamo riuscendo. Vogliamo ragazzi che non distinguono finzione e realtà? Ce la stiamo mettendo tutta. Dobbiamo controllare di più e smetterla di comprare gadget che arrivano dal mercato americano senza nessuno spirito critico". Quello che lo psicologo dell’età evolutiva Federico Bianchi di Castelbianco teme di più è la "spettacolarizzazione" del bullismo. Il vantarsi, il mostrare agli altri le proprie "prodezze". Ecco in che cosa "il wrestling per i più piccoli e i reality show per gli adolescenti fanno male ai nostri figli - spiega -. Soprattutto il reality, perché almeno nel wrestling si sa che è tutto finto. Nel reality invece le emozioni vengono prodotte e spettacolarizzate facendole passare per vere. È invece è tutto finto, anche lì". Enna: 17enne si suicida dopo incidente con l'auto del padre
La Sicilia, 18 dicembre 2006
Un suicidio che ha sconvolto tutta la città. Un ragazzo bello, simpatico, pieno di amici e di interessi che a 17 anni impugna una pistola e preme il grilletto. Uno sparo che sabato sera nessuno ha sentito, ma la cui irrimediabile conseguenza, ieri ha squassato le coscienze di tutti. Sabato sera pioveva e c’era nebbia e il ragazzo pur non avendo ancora la patente di guida ha preso di nascosto le chiavi della macchina dal padre, che era uscito con la mamma ed il fratellino minore. Con lo scooter non si poteva andare in giro e il diciassettenne ha pensato di fare "il grande" e portare in giro gli amici con la macchina del papà. Imboccata la provinciale per Agira, ad un paio di chilometri dal centro abitato l’auto ha slittato sull’asfalto viscido di pioggia urtando e con una fiancata il muro che costeggia l’arteria. Nulla di grave solo un po’ di vernice saltata via e i ragazzi sono tornati a bordo e sono rientrati in paese. Ha accompagnato gli amici a casa e prima di separarsi hanno discusso su come trascorrere la domenica sera, decidendo di riunirsi in casa di uno di loro e giocare a carte come si fa nel periodo natalizio. Cosa abbia fatto scattare la molla non lo saprà mai nessuno. Il diciassettenne rientrato a casa scrive un biglietto di scusa al papà, alla mamma e al fratellino di 11 anni, quindi prende la pistola di ordinanza del padre, agente della polizia penitenziaria e si spara. Sono stati i genitori rientrando a fare la terribile scoperta. In casa arrivano gli agenti del commissariato e il medico legale al quale non rimane che constatare il decesso per suicidio. Nessuno comprende perché a 17 anni ci si possa uccidere per una bravata senza conseguenze, per un danno da poche centinaia di euro. La famiglia è conosciuta e stimata e il ragazzo aveva tantissimi amici, Un ragazzo normale, certamente non un introverso, che era corteggiato dalle ragazzine, amava la vita e che non aveva problemi apparenti né in seno alla famiglia né fuori. Gli amici che erano con lui in auto, ieri mattina sono stati sentiti dagli agenti del commissariato, e hanno affermato che si era un po’ preoccupato per l’incidente ma che la sua era stata la reazione normale di un ragazzo che prende di nascosto la macchina del papà e la danneggia leggermente. Una reazione tanto normale che pochi minuti dopo l’accaduto aveva organizzato con gli stessi amici la serata di domenica, con le carte, la tombola, il panettone e qualche ragazza. Perché una volta a casa abbia deciso di farla finita è un mistero anche perché chi conosce il padre lo descrive come un uomo legatissimo ai figli che aveva assecondato la scelta del maggiore di lasciare la scuola e cominciare a lavorare come apprendista meccanico. Questa mattina dovrebbe svolgersi l’autopsia. Per tutta la giornata di ieri in casa del ragazzo, un pellegrinaggio di amici, parenti, colleghi del papà. Usa: retate in fabbrica contro immigrazione illegale, 1.300 arresti
Melting Pot, 18 dicembre 2006
"Regali, non lacrime, per Natale" si legge su uno striscione di fronte alla fabbrica di inscatolamento di carne, dove i familiari piangevano durante una retata di lavoratori migranti lo scorso martedì a Greeley, Colorado. In quella che le autorità migratorie hanno chiamato oggi "retata sui luoghi di lavoro" contro l’immigrazione illegale, quasi 1.300 lavoratori sono stati arrestati in fabbriche di inscatolamento di carne in sei stati in un’azione coordinata dal Dipartimento per la Sicurezza Interna. Le fabbriche, tutte della Swift & Co, la seconda impresa produttrice di carne in scatola al mondo, sono state oggetto di questa operazione dopo un’indagine sull’utilizzo di documenti d’identità rubati. L’impresa ha calcolato che il 40% dei propri 14.000 lavoratori potrebbe essere coinvolto in questo tipo di operazioni. Il sindacato nazionale dei lavoratori del ramo degli alimentari, il Ufcw, ha protestato contro l’azione ed intraprenderà iniziative legali per ottenere la liberazione dei detenuti, mentre rappresentanti di chiese e comunità hanno espresso il loro allarme per i figli e i familiari dei 1.282 lavoratori detenuti. La retata è stata realizzata nelle fabbriche in Utah, Colorado, Texas, Nebraska, Iowa e Minnesota- Tra i detenuti migranti messicani, guatemaltechi, honduregni, salvadoregni e peruviani oltre a sudanesi, etiopi e dal Laos tra gli altri. Michael Chertoff, segretario della Sicurezza interna, ha dichiarato che le azioni dimostrano come "la violazione delle nostre leggi sull’immigrazione va legata ai diritti alla privacy", visto che sono state realizzate con la giustificazione di agire contro il furto d’identità. Le retate sono solo una delle azioni della guerra contro i migranti negli Stati Uniti, che continua senza tregua con leggi locali, intimidazioni lavorative, crimini razzisti, messaggi xenofobi, dichiarazioni di politici di entrambi i partiti e l’utilizzo di libri per bambini. Con l’assenza di una politica nazionale (e binazionale) per arginare il fenomeno delle migrazioni, con le dichiarazioni dei politici di entrambi i lati della frontiera per "la difesa dei migranti" senza alcuna azione per concretizzarla, i migranti restano vulnerabili ai capricci, agli interessi politici, e al razzismo di autorità e gruppi in tutto il paese. Anche se la leadership politica nazionale anti migrante ha sofferto una sconfitta alle recenti elezioni legislative federali e i repubblicani ora non hanno lo stesso potere per promuovere questa agenda (inoltre vari deputati che avevano centrato la loro campagna sulla minaccia migrante sono stati sconfitti), il clima a livello locale e nazionale non è migliorato. I democratici che prenderanno il controllo di entrambe le camere del Congresso a gennaio sono titubanti su come iniziare con una riforma migratoria limitata, e alcuni vorrebbero evitare completamente l’argomento per alcuni mesi. A sua volta i governi municipali, regionali e statali hanno cominciato una lotta contro i migranti e spesso gruppi anti migranti non hanno cessato di generare un clima xenofobo nel paese. E su scala federale, le nuove leggi antiterrorismo hanno un aspetto aberrante per i migranti, tanto che il Dipartimento di Giustizia ha annunciato qualunque persona senza documenti può essere detenuta per sospette attività "terroristiche" ed essere incarcerato indefinitamente senza giudizio o la possibilità di presentare appello. Il governatore Mitt Romney, del Massachussets, ha in programma per oggi la firma di un accordo con il governo federale per concedere alla polizia statale l’autorità per detenere le persone senza documenti. In varie città sono state promosse iniziative di questo tipo contro i migranti. A Hazleton, Pennsylvania, si trovano alcune delle più severe, che tentano di penalizzare qualsiasi tipo di aiuto ai migranti senza documenti. A Escondido, California, è stata promulgata una legge che multa le persone che danno cibo ai migranti senza documenti. Farmers Ranch, città alle porte di Dallas, è stata la prima in Texas a promulgare una legge conto i migranti che multa i proprietari che affittano case ai migranti senza documenti; proclama l’inglese come lingua ufficiale e inoltre autorizza i suoi poliziotti ad agire come agenti dell’immigrazione. Però ci sono anche misure contro i migranti che arrivano quasi alla comicità. Nella città di Pahrump, Nevada, il governo municipale nega diritti agli "illegali" nonostante non ne siano presenti sul territorio. Inoltre è stato dichiarato l’inglese come lingua ufficiale e si è proibita l’esibizione di qualunque bandiera straniera. Un abitante, in un atto di disobbedienza civile, ha innalzato una bandiera italiana di fronte a casa sua, che è stata attaccata con nuova poco dopo, per colpa si statunitensi che pensavano fosse un lavoratore messicano. Queste sono solo alcune delle più di 60 municipalità nei 21 stati che hanno dato vita a misure contro i migranti (solo in 15 sono state approvate).
Razzismo ordinario
Anche se organizzazioni come il Fondo di Difesa legale e Educazione Messicano-Americano combatte questa iniziativa nei tribunali in quanto anticostituzionale e discriminatoria, le autorità locali si dicono frustrate dalla mancanza di azione da parte del governo federale per fronteggiare i costi dell’immigrazione nelle sue comunità. A volte, continuano le attività degli auto proclamati "vigilantes di frontiera", come i Minuteman e altri, che intimidiscono anche con armi i migranti. Si riportano anche numerosi atti di razzismo in varie località del paese, che molti considerano la conseguenza del clima anti migranti promosso dai partiti e dai gruppi dell’estrema destra. Ci sono esempi: un nuovo libro illustrato per bambini Hot House Flowers, avverte degli effetti dell’immigrazione "non regolata" in un racconto su come i fiori belli vengano infettati quando l’erba cattiva invade il suo terreno. "Ha l’intenzione di descrivere la difesa territorio e del paese, e le ragioni di questa difesa", ha dichiarato recentemente al New York Daily News, l’autore, il giudice del tribunale criminale di Brooklyn, John Wilson. Anche se organizzazioni di difesa dei migranti, dei diritti e delle libertà civili, sindacati e altri stanno realizzando azioni legali, di educazione e mobilitazione, e vincono in un caso di contro iniziativa, citando in maniera vincente i "vigilantes", la onda anti migrante minaccia milioni di persone a tutti i livelli, la parte più vulnerabile per mancanza di diritti, in tutto il paese. Si avranno più retate, più notizie di migranti attaccati, intimiditi, espulsi e che muoiono attraversando i confini di questo paese, mentre i politici valutano se ci sono le condizioni per rispondere a questo. Nel frattempo, non pochi si preoccupano se i propri regali di Natale saranno lacrime e se potranno passere i giorni delle feste coi propri figli, o se invece saranno in carcere per il crimine di lavorare dove c’è lavoro, lontano dalla propria terra in Messico e America Latina, Asia e Africa, alcuni dei luoghi da dove venivano i Re Magi.
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