Rassegna stampa 31 agosto

 

Indulto: liberati in 23.426, 5.000 tra i semiliberi e non "definitivi"

 

Ansa, 31 agosto 2006

 

Sono 23.426 i detenuti (compresi i minori) scarcerati per effetto dell'indulto dall'1 al 29 agosto: 18.500 erano in carcere con una pena "definitiva", gli altri 5.000 erano invece soggetti in semilibertà o in custodia cautelare. Gli stranieri sono 8.252, circa 6.050 i tossicodipendenti e 7.200 i malati affetti da patologie croniche. Il maggior numero di dimissioni si è registrato in Lombardia (3.261), Campania (2.754) e Sicilia (2.574).

Sono alcuni dei dati resi noti ieri sera durante l’incontro che si è svolto al Ministero della Salute, convocato alcune settime fa dallo stesso dicastero per rispondere ad alcune questioni cruciali: quale sarà la sorte dei detenuti tossicodipendenti dimessi per indulto? Sarà possibile assicurare loro una continuità di cura e di assistenza? Alla riunione, cui erano invitati i responsabili delle tossicodipendenze di tutte le Regioni, erano presenti Beppe Vaccari, consulente del Ministero della Salute per le tossicodipendenze, e i rappresentanti di sei regioni: Lazio, Marche, Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna e Liguria.

Entrando nel merito delle questioni relative ai detenuti tossicodipendenti, risulta che su un totale di 6.050 detenuti tossicodipendenti scarcerati per indulto, 3.245 siano in carico presso un Ser.T.: un dato che desta preoccupazione, dal momento che se corrispondesse al vero oltre 2.800 resterebbero fuori da questa rete fondamentale di assistenza. A questo proposito, però, la rappresentante dell’Emilia-Romagna ha assicurato che in base alla sua esperienza territoriale la realtà sarebbe molto diversa da quella descritta dalle cifre del ministero della Giustizia, raccolte dai provveditorati regionali dell’amministrazione penitenziaria. Di fatto, la maggior parte dei detenuti tossicodipendenti dimessi sarebbero inseriti in una rete di cura e di assistenza sanitaria, garantendo così la continuità terapeutica.

Questo sempre se si prende come campione rilevante la situazione descritta dalle sei regioni presenti. Resta comunque il fatto che il quadro abbastanza tranquillo emerso dalla riunione è ancora molto parziale, soprattutto per la totale assenza delle regioni dei sud.

Per quanto riguarda i dati territoriali, è Milano la città in cui è stato dimesso il maggior numero di detenuti tossicodipendenti (895 su 2.477), seguita da Torino (712 su 2.128) e Padova (621 su 1.974). Il 24 agosto risultavano ancora in Istituto 7.132 tossicodipendenti, circa la metà del totale.

Riguardo invece ai 7.200 detenuti dimessi affetti da patologie croniche, la maggior parte di questi soffre di malattie infettiva (2.723) e disturbi psichiatrici (2.399): anche a tutti questi dovrà essere assicurata, in qualche modo, una continuità di cura e di assistenza al di fuori del carcere.

Ma al di là delle questioni sanitarie, è stato sottolineato più volte, ben più spinose risultano essere le problematiche sociali degli ex-detenuti, prime fra tutte casa e lavoro, che richiedono un intervento ad ampio raggio e la costruzione di una rete di supporto: sarà questo il tema all’ordine del giorno per la riunione con le associazioni, in programma per il 5 settembre prossimo presso il Ministero della solidarietà sociale, dopo il primo incontro svoltosi poco prima di Ferragosto. In tale sede saranno esaminate e valutate le risorse disponibili e discussi gli interventi possibili e necessari.

Giustizia: Sappe; governo non faccia tagli a comparto sicurezza

 

Ansa, 31 agosto 2006

 

Dopo il provvedimento di indulto che ha parzialmente alleggerimento le drammatiche condizioni di lavoro del Personale di Polizia Penitenziaria, il Sappe (il Sindacato Autonomo che raccoglie oltre 12mila iscritti tra i Baschi Azzurri) ha inviato una lettera al premier Romano Prodi, al Ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa ed al Ministro della Giustizia Clemente Mastella per chiedere che la Finanziaria 2007 presti particolare attenzione al Comparto Sicurezza e al "sistema carcere nazionale". "Non possono prevedersi tagli in un settore così importante per la funzionalità di uno Stato democratico" afferma il Sappe, che ha aggiunto: "Molteplici sono le problematiche che riguardano la Polizia penitenziaria che meritano senza dubbio una attenzione particolare, proprio nell’ambito della discussione delle linee guida della Finanziaria 2007 che si terrà oggi 31 agosto 2006 nella riunione del Consiglio dei Ministri.

"Le nostre priorità - continua la nota - sono l’assunzione definitiva degli Agenti ausiliari di Polizia Penitenziaria, congedati nell’anno 2005, per colmare carenze di organico sempre più vistose e consentire una minima integrazione numerica, corrispondente almeno al contingente annuale che fisiologicamente viene collocato in congedo. Prevedere adeguati stanziamenti per realizzare il riordino delle carriere dei vari ruoli del personale delle Forze di polizia, atteso che il relativo disegno di Legge è stato approvato nella decorsa legislatura dalla Camera dei Deputati, per una adeguata attribuzione di compiti e per il rispetto di sistemi di omogeneità e di coerente equità di trattamento. Correggere la precedente Finanziaria del 2006 e prevedere il rimborso delle spese per cure termali, idroponiche e salsoiodiche, per ricoveri in istituti sanitari e per le protesi al personale delle Forze di Polizia che abbia subito una infermità durante l’espletamento del servizio o a causa di esso. La soppressione di tale fattispecie, che è prettamente consequenziale a situazioni operative connesse con il servizio istituzionale degli appartenenti alle Forze Armate e ai Corpi di polizia, stabilita dalla Legge finanziaria 2006, ha mortificato non poco tutte le Forze dell’Ordine".

Il Sappe confida molto nella sensibilità del premier Prodi, del ministro dell’Economia Padoa Schioppa e in particolare del Ministro della Giustizia Clemente Mastella "che ha dato un chiaro segnale di attenzione verso il Personale di Polizia Penitenziaria, in controtendenza rispetto al precedente Guardasigilli riservando, grazie al cui personale impegno la Polizia Penitenziaria è di nuovo inserita tra i destinatari dei fondi per il potenziamento e l’ammodernamento tecnologico dei servizi per la tutela dell’ordine e la sicurezza pubblica."

Roma: ex detenuti inventano "risciò" con motorini elettrici

 

Il Tempo, 31 agosto 2006

 

È un servizio gestito da ex detenuti, per dare lavoro a coloro che sono usciti dal carcere grazie all’indulto e che - in questa maniera - riusciranno a contenere sia il traffico capitolino che l’inquinamento romano. È questo il senso del progetto della cooperativa sociale "Blow up", che è stato già approvato da due anni dal Comune di Roma ed è stato finanziato dal ministero della Giustizia eppure - ha spiegato la cooperativa - ancora fermo per lungaggini burocratiche".

Per questo alcuni membri dell’associazione in questo momento stanno presidiando un locale comunale che attualmente è dismesso, al giardino di San Gregorio al Celio. L’associazione quindi ha chiesto al Comune di Roma di accelerare le procedure di concessione dell’edificio, che sia adatto a ospitare la sede operativa del servizio al fine di dare attuazione alla memoria di indirizzo approvata dalla Giunta comunale il 20 aprile 2006, secondo il quale l’assessorato alla Mobilità avrebbe dovuto perfezionare entro novanta giorni tutte le autorizzazioni amministrative ritenute necessarie. Intanto non si placano le reazioni politiche seguite alla trattativa tra il Comune di Roma e i tassisti. "Purtroppo tra l’intuito politico che promuove un’iniziativa e la sua concreta attuazione - spiega il capogruppo comunale dei Verdi Nando Bonessio - passa sempre troppo tempo.

Chiedo quindi all’assessorato per la Mobilità di trovare una formula al più presto - magari in forma sperimentale e gratuita - affinché questo progetto riesca a partire: tutto ciò potrebbe indicare le strade utili che potrebbero anche risolvere la questione del traffico e dell’inquinamento romani".

Il progetto quindi prevede la messa in circolazione di una ventina di risciò, ovvero tricicli con tre posti coperti e dotati di un motorino elettrico che entra in funzione nelle fasi di sforzo, al fine di favorire i piccoli spostamenti sia di anziani che di disabili e turisti, all’interno delle zone a traffico limitato. C’è stata quindi già una prima fase di sperimentazione durante il mese di agosto quando, una decina di risciò spuntarono all’interno delle strade e dei vicoletti nel quartiere della Ztl a Trastevere e nel centro storico capitolino. In origine il progetto era stato finanziato dal ministero della Giustizia per il reinserimento dei detenuti sottoposti a pene alternative ma, dopo l’entrata in vigore dell’indulto però, "Blow up" chiede al ministro Mastella di destinare quelle risorse alla creazione di occupazione in favore di chi è già uscito dal carcere".

Firenze: Garante detenuti; tavolo per discutere gestione futuro

 

Ansa, 31 agosto 2006

 

Franco Corleone, garante dei detenuti del Comune di Firenze chiede un tavolo di discussione per non tornare alla situazione carceraria preesistente all’ indulto. Corleone ipotizza una sessione di discussione con la magistratura di sorveglianza, il provveditorato regionale dell’ amministrazione penitenziaria, l’ ufficio esecuzione penale esterna, Comune, Provincia e Regione Toscana. Cifre alla mano, secondo Corleone, gli effetti dell’ indulto hanno sostanzialmente portato fuori dai carceri della Toscana oltre 1300 persone, e pochi sono stati i detenuti rientrati.

Adesso è necessario ragionare sul ridimensionamento delle strutture e costruire una rete sul territorio che affronti tutti i problemi possibili, non ultimo l’ utilizzo di strutture che, come quella di Empoli, sono praticamente vuote. Occorre ripensare alla gestione del carcere di Empoli che, ad oggi e per l’effetto dell’indulto, vede 3 detenute per un totale di circa 20 agenti di polizia penitenziaria. Secondo Corleone, Empoli non è il solo istituto che, dopo l’ indulto, è praticamente svuotato ma ci sono anche l" istituto Gozzini, che ad oggi ospita 18 detenuti e ha una capienza di 50 posti, o Massa Marittima con 9 detenuti su 28 posti disponibili e Pontremoli dove i detenuti sono 2 a fronte di 20 celle.

Giustizia: la punibilità dei minori scenda da 14 a 13 anni

 

Ansa, 31 agosto 2006

 

Se l’aspettativa dell’età media è cambiata, anche i giovani crescono oggi più rapidamente dei loro coetanei di 50-100 anni fa, e dunque anche la soglia della punibilità può essere abbassata. È la tesi di Luigi Preti, ex ministro e presidente di Rinascita Socialdemocratica, che interviene con una nota sul tema della criminalità minorile. Secondo Preti, dunque, l’età per la punibilità potrebbe essere fatta scendere per legge dai 14 ai 13 anni. Questo anche perché, aggiunge, "un tempo i delitti giovanili erano assai rari, mentre oggi sono numerosissimi. Non tenerne conto significa nascondere la testa sotto la sabbia".

Caserta: aperto un Centro d’ascolto per gli ex detenuti

 

Il Mattino, 31 agosto 2006

 

Nuova riunione ieri in Prefettura, dopo quella tenutasi lo scorso 24 agosto, per coordinare le diverse iniziative di tipo assistenziale e socio-sanitario destinate a favorire il reinserimento sociale degli ex detenuti beneficiari dell’indulto. All’incontro hanno partecipato tutti i rappresentanti dei Comuni capofila degli ambienti territoriali previsti dalla legge 328/2000. Nel corso dell’incontro, si legge in una nota della Prefettura, è stato assicurato che tutti i Segretariati sociali dei Comuni capofila sono stati allertati per far fronte alle eventuali richieste concernenti situazioni di disagio sociale, assistenza socio-sanitaria etc. In particolare il Comune di Caserta ha segnalato che presso il Segretariato Sociale di piazza Ruggiero, al palazzo Abete, è attivo un "centro di ascolto" e che l’Amministrazione ha preso contatti con il "Centro di Accoglienza per senza fissa dimora" di via Santagata, per l’eventuale ricezione ed ausilio di ex detenuti in difficoltà. Va ricordato che finora sono stati pochi i casi di ex detenuti che si sono rivolti alle strutture dei comuni di riferimento.

Rieti: Giorgio, ex detenuto, spera in una casa e un lavoro

 

Il Messaggero, 31 agosto 2006

 

Pochi spiccioli in tasca, l’ossessione di trovare un lavoro - qualunque esso sia -, il muro della diffidenza. È la vita che ricomincia fuori dal carcere. Ad un mese dall’indulto, i problemi restano gli stessi e, se i tempi d’intervento non s’accorciano, rischiano di aggravarsi. Sabato scorso, da Santa Scolastica, sono stati scarcerati altri cinque detenuti che portano il numero di quanti hanno beneficiato della clemenza a quota 27.

Nonostante il tavolo coordinato dalla Prefettura di Rieti e la rete d’assistenza che enti ed associazioni hanno cercato di stendere nel più breve tempo possibile, è solo in questi giorni che alcuni degli ex detenuti cominciano ad intravedere una schiarita all’orizzonte, grazie alle quattro borse lavoro messe a disposizione dall’amministrazione comunale. Tra questi c’è anche Giorgio Giovannelli, tra i primi ad uscire da Santa Scolastica.

Giorgio, 40 anni, reatino, ha conosciuto per la prima volta i muri del carcere circa un anno fa ed ha goduto di uno sconto di pena di sei mesi. La sua è una storia di solitudine, ai limiti dell’emarginazione sociale. Dopo aver rotto ogni rapporto con la famiglia d’origine, tre anni fa, ha camminato lungo una strada costellata da lavori saltuari (dal manovale, al boscaiolo, al muratore), notti passate a dormire alla stazione e furti "per campare".

A Santa Scolastica ha sempre lavorato e quando è uscito, con i pochi soldi messi da parte, è riuscito a pagare qualche vestito ed una scheda telefonica ma non il costo per il ritiro della cartella clinica delle analisi a cui è stato sottoposto in carcere. "Dove li prendo settanta euro? Da una parte - racconta - sono contento dell’indulto, dall’altra, sembrerà assurdo, ma dentro avevo un piccolo lavoro e, tutto sommato, vitto e alloggio erano garantiti".

Giorgio è senza fissa dimora e quando è stato liberato si è ritrovato sulla strada, senza un posto dove andare. Così, del suo caso si è fatto carico il Comune pagando la pensione in uno dei pochi alberghi che hanno accettato di ospitarlo. Ora, però, c’è la borsa lavoro: 750 euro al mese ed un’occasione concreta per ricominciare. "Il primo passo sarà quello di trovare una casa in affitto, anche se non è facile e non solo per l’aspetto economico. Da parte dei proprietari degli appartamenti c’è sempre una certa diffidenza a dare alloggio ad un ex carcerato.

La mia speranza? Ricostruire un’esistenza dignitosa, tutto qua". Con un’occupazione, sarà più facile. "È stato richiesto un impegno al Comune - spiega Nazzareno Figorilli, presidente dell’Mcl - affinché le borse durino almeno un anno, così da garantire una certa continuità". Più di così, oggettivamente, non si poteva fare. Con quei cinquemila euro promessi dalla Regione - ma non ancora pervenuti in cassa - che avrebbero dovuto coprire le esigenze di tutti i detenuti rimessi in libertà dall’Istituto penitenziario reatino. E con un sistema di reinserimento sociale e lavorativo che, già all’indomani dall’indulto, ha mostrato pesanti limiti sul piano della concretezza.

Empoli: dopo l’indulto nel carcere ci sono 40 agenti e 1 detenuta

 

Asca, 31 agosto 2006

 

"Il carcere femminile di Empoli dopo gli effetti dell’indulto si trova ad ospitare una sola detenuta e ad avere ben 40 persone come personale di guardia". A dirlo è il consigliere provinciale fiorentino di An Nicola Nascosti che, in una nota, segnala "un altro disastroso risultato di questo indulto". "Come è possibile - domanda Nascosti - che in un carcere come quello di Empoli siano presenti ben 40 agenti di sicurezza a fronte di una sola detenuta, mentre a poca distanza il carcere di Sollicciano soffre di un deficit di personale.

Credo sia opportuno a questo punto segnalare al Ministro di Grazia e Giustizia la situazione paradossale che si è venuta a creare. Considerando inoltre che, a questo punto, i fondi destinati al carcere di Empoli diventano superflui se non inutili, riteniamo che sarebbe senza dubbio più proficuo dirottare queste risorse al vicinissimo carcere di Sollicciano". Sottolineando che "uno degli obiettivi di questo indulto è stato diminuire il sovraffollamento carcerario". Nascosti chiede ancora "a chi conviene tenere aperto un carcere che ospita una sola detenuta e 40 agenti di sicurezza mentre poco distante, abbiamo un sovraffollamento carcerario ed un’ insufficiente presenza di personale di guardia. A queste domande - conclude - attendiamo una risposta".

Emilia Romagna: 9 milioni di euro per i "soggetti svantaggiati"

 

Agi, 31 agosto 2006

 

La Giunta regionale dell’Emilia Romagna ha approvato il piano delle attività di formazione professionale da realizzare con il contributo della Regione e del Fondo sociale Europeo per il periodo 2006: 283 progetti finanziati per circa 30 milioni di euro. Tra le voci più rilevanti, con un impegno finanziario di quasi 9 milioni di euro, i 97 progetti per l’inserimento lavorativo e il reinserimento di gruppi svantaggiati, come persone con handicap fisici e mentali, detenuti, tossicodipendenti in fase di recupero ed immigrati.

Significativo l’impegno per la promozione della partecipazione femminile al mercato del lavoro: nei prossimi mesi si avvieranno 59 attività rivolte alle donne con un impegno finanziario di quasi 6 milioni di euro. Dieci progetti sosterranno l’integrazione sociale e lavorativa delle donne che hanno subito violenza fisica, sessuale, psicologica e la formazione per operatrici e volontarie dei centri antiviolenza. Tra i più rilevanti ambiti di attività (94 progetti per un costo complessivo di quasi 11 milioni di euro) si registra lo sviluppo della formazione continua, della flessibilità del mercato del lavoro e della competitività delle imprese, con priorità alle piccole e medie aziende e ai distretti industriali. Da segnalare, infine, i 18 progetti per circa 2,3 milioni di euro relativi alla formazione permanente che anche quest’anno punta al rafforzamento delle politiche di sicurezza nelle strade, nei luoghi di lavoro oltre alla sicurezza alimentare e all’educazione alla salute.

Lettere: Milano; cari giornalisti, adesso chi mi cambia la faccia?

 

Osservatorio Calamandrana, 31 agosto 2006

 

Ai signori Giornalisti di Cronaca Nera, parlerò senza aggressività, il mio è l’atteggiamento di chi sa bene d’aver sbagliato. Ma, vendendo, o tentando di vendere più copie, qualcuno di voi ha fatto anche il suo interesse; ora vi invito a guardare anche al mio. E poi il fenomeno è molto vasto, riguarda altri come me, e funziona da decenni: sbatti il mostro in prima pagina!

Quanto a me, il sistema dura identico, immutato: dai due grandi quotidiani nazionali, ai settimanali, ai giornali gratuiti di strada. In dieci mesi, sono dodici i ritagli arrivati fino a me. I ritagli arrivati a me sono forse un terzo - un quarto di quelli pubblicati. In carcere molte volte preferisco una sigaretta all’acquisto della stampa, che non è per niente gratuita.

Succede con il pretesto che si tratta della stessa zona o paese. Succede perché si tratta della stessa ora del giorno; o per dettagli o particolari analoghi. La mia foto è diventata un riempitivo immancabile. Capisco al momento del mio arresto o dopo la condanna definitiva (non ancora avvenuta!). Non mentre si riferiscono reati altrui.

Spiegatemi. Se uno sbaglia, perde ogni diritto? Non esiste più la privacy per lui? Anche voi dite che il carcere è fatto per rieducare e reinserire nella società? Io, con che faccia mi presenterò in pubblico, io? Come reagiranno i miei figli, quando il compagno gli mostrerà la mia foto? Dove andrò con questa faccia quando uscirò? Chi mi pagherà la plastica facciale o meglio il trasferimento all’estero? Signori cronisti di nera: perché vi accanite, inseguendo connessioni romanzesche tra circostanze e accostamenti inverosimili, e comunque non dimostrati?

Non avete riflettuto abbastanza sulla calunnia verso le suore torinesi, che in sette avrebbero sposato sette detenuti: falso recentissimo ma rilanciato da tutte le tv. Mi chiedo. Il supplizio di vedere il mio volto riprodotto a sproposito sarà calcolato dal giudice come sconto pena? O risulterà come aggravante, per la reazione della indignazione popolare? O ci sarà qualcuno di voi che arriverà a chiedere scusa per iscritto? Non vi dico: pagatemi un nuovo volto! Ma vi prego, vi scongiuro: smettetela con me e con chiunque. Grazie.

 

Lettera firmata da San Vittore

Imperia: evasione; Sappe chiede la sostituzione del Provveditore

 

Secolo XIX, 31 agosto 2006

 

Continua ad essere un argomento di tensione il carcere di Imperia e l’inchiesta della magistratura dopo l’evasione di Ferragosto. La segreteria generale del Sappe. il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, ha inviato ieri al ministro della Giustizia, Clemente Mastella, un suo invito: affidare il provveditorato regionale dei penitenziari ad un altro dirigente. Per ora solo un agente risulta raggiunto da un avviso di garanzia in merito al reato di omessa custodia. Un agente al quale erano state affidate tre mansioni.

"Come è certamente noto, nel giorno di Ferragosto tre detenuti hanno posto in essere un’evasione dalla casa circondariale - dicono nel comunicato inviato al Guardasigilli - Un’evasione annunciata, a parere di questa organizzazione sindacale, poiché da tempo questa segreteria generale aveva segnalato al provveditore regionale della Liguria e agli uffici competenti del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria le gravi carenze di personale di polizia nell’istituto imperiese".

"Si palesano gravi carenze organizzative e gestionali del sistema penitenziario - fanno presente i sindacalisti - Perciò ad avviso di questa segreteria è probabilmente venuto il momento di affidare la gestione del provveditorato regionale ad un dirigente generale che sappia far ritrovare al personale adeguate motivazioni e nuovi stimoli professionali" Intanto ieri mattina si è svolto un nuovo sopralluogo dei carabinieri insieme al Pm, Esilio Capone, all’interno del carcere di Imperia. Dovrebbe trattarsi dell’ultima ispezione prima della chiusura delle indagini preliminari.

Nigeria: troppi detenuti rimangono senza processo per 10 anni

 

Peace Reporter, 31 agosto 2006

 

In Nigeria ci sono quasi 40.500 persone in carcere, su una popolazione di circa 131,8 milioni. In Italia i detenuti sono di più, in percentuale: quasi 61.300 persone su una popolazione di 56,3 milioni. Il governo nigeriano, all’inizio del 2006, ha annunciato l’ennesimo avvio di un Programma di Decongestionamento delle Prigioni: entro la fine dell’anno, saranno rilasciati 10.000 detenuti. Il progetto è diventato attivo in questi giorni, ma il vero problema delle carceri della Nigeria non è il sovraffollamento.

Reverendo Williams. Le prigioni nigeriane sono tristemente famose in tutto il mondo, e il numero dei detenuti è forse il male minore, nonostante si possa arrivare, soprattutto in passato, a incastrare anche 59 persone in una cella predisposta a ospitarne 15, come è successo al reverendo Solomon Olumuyiwa Kayode Williams. Williams oggi ha 52 anni e da 18 è direttore generale di una Ong, la Prison Rehabilitation Mission International (Premi), in passato, però, in prigione c’è stato davvero, per 10 anni, dai 16 ai 26. Si era da poco avvicinato a un gruppo di giovani che lo avevano colpito per l’aspetto curato e distinto, diverso da quello dei suoi coetanei, ma che in realtà erano banditi. Quando la madre l’aveva saputo aveva avvisato la polizia, forse non sapendo che in Nigeria si rischia la pena capitale per una rapina a mano armata. La famiglia di Williams gli è stata vicina e alla fine lui se l’è cavata con 10 anni, in cui ha imparato a conoscere bene le prigioni del suo paese. Quando è uscito, ha vissuto su di sé le difficoltà del reinserimento nella società, la diffidenza, il distacco. Per questo ha fondato la sua Ong, che ha giocato un ruolo importante nel progetto di riforma del sistema carcerario avviato quest’anno, in collaborazione con il Nigeria Prison Service, il ministero degli Interni nigeriano e l’Ufficio delle Nazioni unite contro la droga e il crimine (Unodc).

Vita carceraria. Prima di tutto, è stata formata una commissione che ha visitato tutte le prigioni federali, una ad una, documentando anche l’esperienza di alcuni detenuti. Il presidente Olusegun Obasanjo non ha bisogno di leggere i rapporti della commissione per sapere come stanno le cose: ha trascorso lui stesso tre anni in prigione. Durante la dittatura del leader Sani Abacha (1993-1998) Obasanjo aveva criticato il regime di violare i diritti umani dei nigeriani, ed era finito in carcere accusato di voler organizzare un golpe. È stato liberato solo dopo la morte di Abacha, nel 1998. Obasanjo sa dello sporco, dei servizi igienici introvabili, della mancanza di letti e materassi, della scarsità del cibo (in quantità e qualità); sa quanto è alto il rischio di ammalarsi, e morire, in carcere, soprattutto di tubercolosi.

Sa della violenza e della corruzione dei poliziotti e dei "provocatori", il cui nome è un ossimoro perché il loro compito è evitare disordini: in cambio le guardie li dotano di pistole e possono abusare a piacimento degli altri prigionieri. L’aspetto più sconcertante, però, è un altro: almeno 25.000 detenuti, circa il 65 percento della popolazione carceraria, è in attesa di giudizio, con tempi che oscillano in media tra i cinque e i dieci anni. Su di loro non grava nessuna condanna e, spesso, nessuna accusa: sono centinaia coloro che potrebbero non subire mai nessun processo, perché la polizia ha perso i loro dossier. L’Italia, da parte sua, detiene il record europeo in materia di custodia cautelare, sia per numero di detenuti (20.442, secondo i dati più recenti) sia in percentuale, pari al 36 percento del totale.

La riforma. In gennaio il governo nigeriano ha annunciato l’avvio di un Progetto di decongestione delle prigioni che prevede il rilascio, entro la fine dell’anno, di 10.000 detenuti, in carcere per reati minori e in attesa di processo da un periodo compreso tra i tre e i dieci anni. Ora il progetto è diventato operativo e i primi carcerati sono stati liberati. Per altri 15.000, invece, la faccenda è più complicata perché, come spiega Bayo Ojo, ministro della Giustizia, molti di loro sono accusati di rapina a mano armata, un reato molto grave in Nigeria.

Il progetto prevede che chi viene rilasciato venga ospitato per due anni in una delle sei "case di transizione" che verranno costruite, dove dovrà seguire un percorso di riabilitazione e imparare un mestiere, prima di potersi considerare libero a tutti gli effetti. Il reverendo Williams è soddisfatto, ma non nasconde che non basta per risolvere il problema: uno dei fattori fondamentali, secondo la sua opinione, è formare in modo diverso il personale carcerario, insegnando a trattare i detenuti come essere umani. E insiste sull’assistenza dopo il rilascio, perché un ex carcerato non ha un posto dove andare, la società e anche la sua famiglia spesso lo rifiutano, e se non gli si offre una possibilità di cambiare, finisce per commettere un nuovo reato e tornare in prigione. Occorre dunque pianificare bene l’operazione e predisporre le diverse strutture: per poter gestire al meglio la situazione il rilascio sarà scaglionato.

Il progetto è ambizioso e i fondi sono stati raccolti tra diversi partner: l’8 agosto è stato organizzato nella sede locale delle Nazioni unite di Abuja, la capitale, un evento di sensibilizzazione verso l’iniziativa, e il 24 agosto i fondi raccolti sono confluiti nell’International Conference Centre della capitale, una società statale che si occupa di finanziare progetti: si parla di almeno 50 milioni di dollari. In Nigeria, però, serve soprattutto una riforma del sistema giudiziario, occorre renderlo più veloce e attivo, evitando le investigazioni senza fine, usate come motivo per trattenere in carcere presunti colpevoli, ma anche possibili innocenti. I magistrati dovrebbero essere competenti e onesti, ma la corruzione è radicata. Il 26 agosto a Port Harcourt, nel sud del paese, si è svolta la Conferenza annuale dell’ordine degli avvocati nigeriani, i quali hanno chiesto al governo delle riforme, in particolare riguardo ai magistrati, perché ritengono che rimandare troppo a lungo un processo sia anticostituzionale, così come far tornare in carcere l’accusato perché non si conosce la giurisdizione relativa al reato in causa. Alcuni carcerati vengono tenuti in prigione per estorcere denaro a loro o alla propria famiglia, e altri finiscono dimenticati in una cella troppo affollata, ad aspettare.

Brasile: niente più carcere per i consumatori di droga

 

Apcom, 31 agosto 2006

 

Da oggi niente più carcere per i consumatori di droga in Brasile. La nuova legge, che depenalizza il consumo, è entrata ufficialmente in vigore: per il possesso di "piccole quantità" (la cui determinazione è lasciata alla discrezionalità della polizia e dell’autorità giudiziaria) di sostanze stupefacenti la pena detentiva è espressamente vietata, sostituita da sanzioni alternative come il servizio sociale o l’affidamento a comunità di recupero. I consumatori "non saranno più perseguitati dalla società", ha commentato il responsabile nazionale antidroga Paulo Roberto Uchoa.

 

 

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