Rassegna stampa 19 settembre

 

Genova: detenuto di 40 anni s’impicca nel carcere di Marassi

 

Secolo XIX, 19 settembre 2005

 

Un detenuto di quarant’anni, P. M., si è impiccato sabato mattina nel carcere di Marassi. Gli agenti della polizia penitenziaria lo hanno trovato morto e a nulla è servito l’intervento di un medico. In base ai primi rilievi effettuati dalle forze dell’ordine, P. M. risultava affetto da Aids, era un malato terminale. Sull’episodio sono comunque in corso accertamenti, essendo la situazione delle case Rosse sempre piuttosto critica. Solo un mese fa un detenuto era stato picchiato selvaggiamente - e ricoverato in rianimazione al San Martino - dopo la lite con alcuni compagni, che lo avevano aggredito per far posto nella cella sovraffollata.

Verona: detenuta marocchina muore per un arresto cardiaco

 

L’Arena di Verona, 19 settembre 2005

 

Morta in carcere per un arresto cardiocircolatorio. È avvenuto, poco dopo le 15, nella casa circondariale di Montorio. La vittima è una donna di 36 di origini marocchine. E ancora una volta si torna a parlare di sanità e carcere. Sono passati pochi mesi infatti da quando le segreterie nazionali di Cgil, Cisl, Uil e Sag-Unsa penitenziari, avevano inviato all’attenzione del ministro della giustizia Roberto Castelli e al capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tinebra un documento che li informava sullo stato di agitazione nazionale di tutto il personale impiegato negli istituti e nei servizi dell’amministrazione penitenziaria. La protesta riguardava il "grave stato di decadimento del sistema penitenziario italiano". Sempre dal documento si legge che "sono oltre 60 mila detenuti ospitati nelle carceri italiane di questi il 30 per cento è extracomunitario; 20 mila sono tossicodipendenti, 8.600 sono gli affetti da epatite virale cronica, circa ottomila i sieropositivi e 6500 i disturbati mentali". A questi dati si aggiungono quelli dei suicidi: 29 dall’inizio dell’anno e 1.100 i tentativi sventati. Una situazione grave e drammatica quella a livello nazionale che non è meno sentita nella casa circondariale di Montorio dove attualmente nel reparto femminile sono detenute circa ottanta donne su trenta celle realizzate per detenerne al massimo una sessantina. Denunce circa lo stato di sovraffollamento è stato fatto da molte associazioni che vi operano all’interno. Nel reparto maschile i detenuti sono attorno ai settecento: il reparto dovrebbe al massimo ospitarne 450.

Giustizia: quando le carceri italiane scoppiano, di Valerio Pieroni

 

E-Margherita, 19 settembre 2005

 

Le carceri italiane stanno scoppiando. Quindi per migliaia di detenuti, extracomunitari e non, alla pena della detenzione si aggiunge quella di passare la reclusione in condizioni al limite della decenza, in celle sovraffollate e in condizioni igieniche a dir poco inadeguate.

In passato infatti gli istituti carcerari non sono mai stati così sovraffollati: un comunicato Ansa di qualche ora fa parla di un record di presenze degli ultimi dieci anni di 59.649 detenuti in 207 istituti, mentre invece il massimo regolamentare di detenuti a livello nazionale è di 42.959 detenuti.

Questi dati sono stati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e, aggiornati al 31 agosto 2005, mostrano una situazione a dir poco imbarazzante per il nostro paese: in molte regioni - come la Campania, il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, la Toscana, il Trentino Alto Adige e il Veneto - è stato superato addirittura il limite massimo consentito.

Quindi, in media, per ogni stanza con 3 posti disponibili vi sono 4 detenuti; solo questo dato, inserito nel contesto della maggior parte delle strutture, è già di per se esauriente di questo grande problema, che comporta - lo ripeto ancora una volta - gravi conseguenze sia per le condizioni dei detenuti che per le condizioni delle persone che lavorano all’interno degli istituti di pena.

Il nostro partito, su questa tematica, si è sempre trovato in prima linea per sensibilizzare l’opinione pubblica. Il 20 aprile 2005, presso i locali della Camera, si era svolta una iniziativa bipartisan promossa dall’on. Roberto Giachetti in cui erano stati proiettati un film documentario di Ivano De Matteo, "Codice a Sbarre", e 90 foto diapositive di Stefano Montesi scattate negli istituti carcerari romani di Rebibbia e Regina Coeli. Speriamo che il dibattito sull’amnistia o sull’indulto venga ripreso al più presto nella prossima legislatura e che possa almeno essere utile ad affrontare e a riformare radicalmente la situazione carceraria italiana. Tutto questo anche per migliorare la sicurezza dei cittadini, perché se è vero che il carcere ha effettivamente una funzione di rieducazione e di reinserimento sociale al termine della pena - cosa che del resto oggi sicuramente non ha - vi saranno di sicuro meno delinquenti nella società.

Giustizia: mille pasti all’islamica nei penitenziari milanesi

 

Il Giornale, 19 settembre 2005

 

Dentro il carcere. Oltre le guardiole dei secondini. Oltre le sbarre che dividono i reparti. Fino ai vapori delle cucine. È qui che si può avere un riscontro concreto del dilagare del fenomeno Islam all’interno delle case circondariali. A chiedere il pasto musulmano, tra San Vittore, Opera e Bollate sono quasi un migliaio su circa 3.800 detenuti. E negli ultimi anni spunta persino una decina di nomi nostrani, italiani che apprezzano la carne macellata all’islamica. Una moda? Semplice voglia di cambiare menù? Può darsi. Certo è che i numeri danno il segno di una popolazione carceraria radicalmente cambiata, "di fronte alla quale - dicono all’unisono i poliziotti penitenziari - siamo completamente impreparati". Il timore del Sappe, sindacato autonomo della polizia penitenziaria, è che il carcere possa diventare terreno di coltura del terrorismo islamico, come lo è stato per quello "rosso" degli anni Settanta. "Con un organico ridotto all’osso - spiega Francesco Di Dio, segretario regionale del sindacato - è impossibile rispettare le norme di sicurezza". Dietro l’allarme, c’è la perenne piaga del sovraffollamento, oggi nella nuova versione dell’emergenza terrorismo.

Al momento sono cinque a Opera i condannati per reati legati al terrorismo, alloggiati nel braccio "As" (Alta Sicurezza), il più grande d’Italia. Un’altra manciata si trova a San Vittore, in attesa di giudizio. Gente come Mohamed Daki, il marocchino accusato di organizzare spedizioni di guerriglieri in Irak, reso famoso dal giudizio di assoluzione formulato dal gip Clementina Forleo, e ora di nuovo in manette, ora di nuovo in attesa del processo del 15 novembre. Il programma di stretta vigilanza è gestito direttamente da Roma. Ma chi lo realizza concretamente, sono poi i secondini milanesi. "Per ognuno di questi detenuti - continua Di Dio - ci dovrebbero essere tre agenti durante gli spostamenti. Invece siamo arrivati al punto che ce n’è uno per più carcerati". Oppure: "Durante le festività, dobbiamo concedere ai musulmani le palestre sottraendole all’uso normale da parte degli altri detenuti. E non è facile trovare il personale da piazzare attorno".

Per non parlare del problema della lingua. Niente corsi di arabo, niente mediatori culturali. O meglio: "A San Vittore ce ne sono un paio - dice Rocco Cilurzo del Uil-pa -. Ma si occupano per lo più dei galeotti al loro ingresso". Poi i poliziotti se la vedono da soli. "Per comunicare - continua Cilurzo - ce la caviamo a gesti. Ma certamente quello che si dicono tra di loro nessuno lo capisce". Approfondendo il discorso però, il mirino si sposta dai carcerati ai carcerieri: una popolazione di stipendiati afflitta da assenteismo cronico. Sembra che tra malattie e ferie il personale sia sempre ridotto a un terzo. Un fenomeno che nemmeno i rappresentanti sindacali nascondono. "Il 90 per cento di noi - dicono ancora da Uil e Sappe - viene dal Sud. E c’è sempre una fetta fisiologica di chi va periodicamente in trasferta al paese d’origine, più o meno coperto da certificati medici".

Mondo carcere, città nella città. Cinquemila anime a Opera tra "guardie" e "ladri", altrettante a San Vittore. Più il migliaio e mezzo della struttura di Bollate a custodia attenuata. Edifici pensati per accogliere la metà degli "ospiti" che vi si trovano accalcati. Intanto la società cambia, la schiera dei galeotti si islamizza. Tra un mese si celebra il Ramadan, e il pensiero va ancora alle cucine. Chiudono alle 18 di sera, ma garantiranno un pasto freddo ai musulmani ai quali il Corano prescrive di mangiare solo dopo il crepuscolo.

Sta scritto nero su bianco anche su una circolare timbrata dal ministero di Grazia e giustizia. È l’unica novità dalle istituzioni che riguarda le carceri, mentre tutt’attorno si fa a gara per aumentare la sicurezza. E un commento sorge spontaneo: "Si prendono misure antiterrorismo ovunque - dicono i poliziotti penitenziari -. Ma noi come al solito, siamo dimenticati".

Usa: a Guanatanamo 200 detenuti continuano sciopero della fame

 

Reuters, 19 settembre 2005

 

Continua lo sciopero della fame dei detenuti del carcere militare statunitense di Guantanamo, iniziato ormai da più di un mese. Secondo quanto riportato dal New York Times, è salito a 200 - più di un terzo dei prigionieri della base - il numero dei detenuti che hanno rifiutato il cibo nelle ultime settimane, protestando contro gli abusi del carcere e contro la mancanza di processi in cui far valere i propri diritti. Per i militari che gestiscono la base, la situazione sta diventando sempre più difficile da controllare. Gli effettivi partecipanti allo sciopero della fame sarebbero 105, di cui 20, la cui sopravvivenza è in serio pericolo, sarebbero stati trasferiti nell’ospedale del campo per essere nutriti con tubi nasali o in via endovena, anche contro la propria volontà.

"Non permetteremo loro di rinunciare al cibo fino al punto di farsi del male", ha commentato il maggiore Jeffrey J. Weir, portavoce di Guantanamo, che preferisce chiamare l’alimentazione forzata dei detenuti "alimentazione assistita". Weir ha poi dichiarato che i detenuti non sono legati a letto, sebbene rimangano comunque ammanettati e con le gambe bloccate.

"Sto morendo di una morte lenta in questo posto, e non ho alcuna speranza di ricevere un giusto trattamento. Cosa ho da perdere?", ha detto il prigioniero Omar Deghayes. Secondo quanto riportato al New York Times da Clive Stafford Smith, avvocato inglese che rappresenta molti dei detenuti presso Guantanamo, il precedente sciopero della fame si sarebbe concluso lo scorso 28 luglio, dopo la decisione del colonnello Michael Bumgarner di accogliere alcune proteste dei detenuti. In quell’occasione, si decise di istituire anche una commissione interna di sei membri per rappresentare i prigionieri.

La commissione interna sarebbe stata però smantellata dalle stesse autorità militari. Le condizioni di disordine in cui versa ormai da giorni Guantanamo sono state descritte anche da Kristine Huskey, avvocato presso Shearman & Sterling, a Washington che, tornando da una visita nella base la scorsa settimana, ha dichiarato che tre dei prigionieri kuwaitiani che rappresenta stanno partecipando allo sciopero della fame. "La situazione nel campo è molto negativa", ha dichiarato Huskey.

Roma: in carcere, con il desiderio di una visita dermatologica

 

Il Messaggero, 19 settembre 2005

 

Mi chiamo Pietro, sono detenuto presso la casa circondariale di Roma, Rebibbia, al G9 1º piano. Vi scrivo per far presente un grosso problema che noi detenuti del G9 1º piano abbiamo. I problemi qui dentro sono molti, dal sovraffollamento alla sanità, per non parlare della roba che ci danno da mangiare, una vera e propria schifezza! Per quanto riguarda la sanità, vi dico che in una cella di 15 metri quadrati ci siamo in sei persone, un bagno di 5 metri quadrati con una turca, un piccolissimo lavabo. Ma il problema più grosso è quello sanitario! Vi menziono alcuni casi. Nella cella 11 della sezione A, c’è un ragazzo con la scabbia, io stesso sono affetto da allergia. Dal 25 aprile 2005, ho sempre fatto richiesta di una visita medica dermatologica. Dalla prima volta che si sono presentate le prime bolle, mai avuto l’onore di una visita specialistica. A tutt’oggi, dopo circa quattro mesi, la situazione è rimasta immutata, le bolle sono ancora presenti sulla mia pelle con una reazione pruriginosa che peggiora di giorno in giorno, senza che il personale sanitario specializzato si sia interessato al mio e alle altre problematiche presenti qui a Rebibbia di Roma.

Alle nostre rimostranze fatte al personale preposto alla vigilanza appartenente alla polizia penitenziaria riceviamo a volte risposte evasive e altre volte, come oggi, più esplicite: "Va in cella e sta zitto!". Allo stato attuale delle problematiche che vi ho appena menzionato vi pongo una semplice domanda, "è chiedere troppo una semplice visita dermatologica per alleviare la già pesante situazione in cui versa la popolazione dei detenuti di questo penitenziario"? Prima di chiudere voglio aggiungere queste domande: si può fare il carcere in 15 metri quadrati in sei persone? si può essere minacciati da altri detenuti con un altro reato? si potrebbe avere un’assistenza sanitaria su eventuali problematiche? si può sopportare il nonnismo nelle celle? Spero di aver mosso qualche coscienza e vi ringrazio molto. Prego non pubblicare il cognome per evitare eventuali problemi a me medesimo.

 

Le lettere di chi soffre hanno in questa rubrica una corsia preferenziale, caro signor Pietro, e non credo che la sua sofferenza sia nelle bolle che vorrebbe farsi curare da un dermatologo, bensì dal male massimo della detenzione, che lei l’abbia meritata o no, e che la priva dei molti diritti di cui gode l’uomo libero. Bolle, scabbia, angustia di spazi, cibo disgustoso, violenze e minacce da parte di compagni di pena - cani in gabbia che s’azzannano - ecco che comporta la privazione della libertà, dove uno sfogo cutaneo sembra francamente una minuzia. Ho pubblicato la sua lunga lettera chiedendomi come fosse possibile che qualche bolla sulla pelle e l’inutile attesa di una visita specialistica potessero essere il suo vero problema. Non so quante coscienze potrà aver mosso, come dice lei, ma diciamo inquietato. Se sta in carcere e non è soddisfatto dell’assistenza medica, si vede che se l’è meritato, diranno in molti. Io, no, io mi sento un poco sperduto in questo tempo senza pietà e pubblico la sua lettera su quelle stupide bolle che nella sua condizione sono il meno.

Pesaro: una mostra - mercato dei lavori dei detenuti

 

Il Messaggero, 19 settembre 2005

 

Mostra mercato oggi dalle 8.30 alle 19.30, nel cortile di Palazzo Gradari, di manufatti in legno realizzati dai detenuti di Villa Fastiggi che hanno partecipato al corso di formazione Addetto lavorazione del legno e restauro finanziato dalla Provincia di Pesaro - Urbino. Il corso, della durata di 650 ore, frequentato da dieci detenuti, aveva la finalità di far acquisire abilità e competenze nella lavorazione artistica del legno e di accompagnare ed incentivare l’acquisizione di capacità relazionali, indispensabili a ricostruire la propria identità sociale. In esposizione anche oggetti in ceramica e in carta realizzati nei laboratori di ceramica e tipografia. Il ricavato della vendita andrà a favore dei detenuti.

Ferrara: informatici formati in carcere alla fiera Expo E-Learning

 

Sesto Potere, 19 settembre 2005

 

"E-Learning Experience Area" di Expo E-Learning 2005 presenta esperienze reali e risultati concreti riportati direttamente dalle testimonianze degli "utilizzatori" della formazione on-line creando momenti di confronto. L’e-Learning Experience Area è orgogliosa di ospitare la case history della Casa di Reclusione di Milano Bollate che dimostra come sia possibile favorire la diffusione dei momenti di educazione e formazione specialmente per le popolazioni ed i gruppi sociali più marginali del pianeta. Il docente Lorenzo Lento racconterà l’esperienza dei detenuti Gianluca e Giuseppe che hanno completato l’intero percorso formativo della Cisco Networking Academy Ccna diventando i primi istruttori in Europa all’interno di una casa di reclusione.

Oggi, sono coinvolti in un progetto con alcune scuole dell’hinterland milanese che prevede attività di installazione e manutenzione dell’infrastruttura di rete. Un risultato che può sembrare sorprendente e che dimostra l’eccezionale valore dell’e-learning per superare gravi situazioni di esclusione e marginalità, come nel caso dei carcerati, in una prospettiva di reale reinserimento.

La Direzione della Casa di Reclusione di Milano Bollate ha individuato nella formazione sulle nuove tecnologie un’importante opportunità di qualificazione professionale per i detenuti e, in collaborazione con Cisco Systems e Siam, Società d’Incoraggiamento d’Arti e Mestieri, ha creato una Cisco Networking Academy interna al penitenziario che permette ai detenuti di conseguire la certificazione Ccna (Cisco Certified Network Associate), riconosciuta in tutto il mondo da qualsiasi azienda che operi nel settore informatico e delle telecomunicazioni.

La Casa di Reclusione è un istituto sperimentale in cui vengono realizzati progetti di reinserimento professionale e i detenuti scelgono di scontare la propria pena a Bollate nella prospettiva del reinserimento sociale e lavorativo. Tra i progetti in itinere, Cisco Networking Academy è uno tra i più interessanti e di indubbia la valenza pedagogica. Il corso offre, infatti, al detenuto la possibilità di diventare formatore e di aiutare i propri compagni di detenzione a formarsi a loro volta. Col contributo della Fondazione Adecco, congiuntamente alla Direzione della Casa di Reclusione, i partecipanti sono stati selezionati al fine di individuare una classe di studenti il più possibile omogenea e con buone potenzialità per arrivare con successo al termine del percorso formativo.

I corsi sono partiti nel Gennaio 2003 e vedono coinvolto un gruppo di detenuti individuati in base alle competenze, alla motivazione e al periodo di fine pena. Il corso impegna gli studenti in uno stile di acquisizione delle informazioni innovativo ed efficace basato, oltre che sulle lezioni in aula, sull’apprendimento on-line grazie alla trasmissione di conoscenza attraverso la rete. In questo modo, gli studenti hanno potuto accedere ai contenuti educativi anche via Internet, mantenendo i propri ritmi di apprendimento e approfondendo le tecnologie studiate. Gli studenti hanno avuto modo di applicare le nozioni appena apprese in aula direttamente nel laboratorio, allestito con il contributo di Cisco Systems e grazie alla costante e motivante supervisione di Lorenzo Lento, che in occasione dell’Academy Conference di Johannesburg è stato premiato come migliore istruttore Cisco Networking Academy dell’anno 2003.

Catanzaro: l'Osapp denuncia mancanza di sicurezza in Istituto

 

Ansa, 19 settembre 2005

 

Nel carcere di Catanzaro, dove il mese scorso la Dda di Messina ha scoperto che il boss Santi Timpani impartiva ordini dalla cella grazie a un telefono cellulare fornitogli da un agente di polizia penitenziaria, "il livello di sicurezza è peggiorato: appena qualche giorno fa sono stati trovati tre coltelli, due nelle docce e uno nella cella di un detenuto appena uscito dall’isolamento". La denuncia è dell’Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria (Osapp), che lamenta la mancanza di personale per i necessari controlli. "Innanzitutto c’è da dire che Santi Timpani non è stato trasferito a Sassari, come si pensava in un primo momento, ma è rimasto a Catanzaro, seppure in un altro reparto. Quello che più ci allarma - afferma Leo Beneduci, segretario generale del’Osapp - è che nel carcere continuano a fare ingresso volontari e religiosi che però non vengono perquisiti perchè ci sono pochi agenti". Sulla carta - spiega l’Osapp - il personale è di circa 400 unità, ma solo 160 agenti sono nei servizi a turno, vale a dire a diretto contatto con i detenuti e in portineria. Gli altri sono impiegati negli uffici oppure distaccati al provveditorato. Secondo il sindacato , invece, i controlli a Catanzaro dovrebbero essere "molto più serrati, se si considera che ci sono 435 detenuti i regime di alta sicurezza e altri 200 circa in media sicurezza". L’Osapp lamenta inoltre la non costante presenza del direttore del carcere e quella del comandante degli agenti: "Il primo, Agazio Mellace, è anche provveditore regionale vicario ed è stato anche nominato direttore della scuola di Catanzaro; il comandante Iannello - conclude Beneduci - è anche lui part-time, visto che ha avuto un mandato elettorale in un comune della Calabria".

Cosenza: in consiglio provinciale arriva il dramma delle carceri

 

Asca, 19 settembre 2005

 

Fra i tanti argomenti, trattati nel corso del primo Consiglio Provinciale post-agostano, uno ha indiscutibilmente monopolizzato l’attenzione dei presenti (consiglieri, assessori e partecipanti a vario titolo) per il forte impatto emotivo che la materia genera e per l’appassionata dissertazione con cui gli oratori, e firmatari dell’ordine del giorno, hanno voluto presentare al Consiglio la controversa questione. I Consiglieri Franco Corbelli, leader del gruppo Diritti Civili, Gianfranco Ponzio e Marino Reda (rispettivamente di Forza Italia e Rifondazione Comunista) hanno dato vita ad una "intesa" trasversale per portare all’attenzione di governanti e cittadini un problema troppo spesso trascurato: le drammatiche condizioni e il sovraffollamento delle carceri italiane. I tre rappresentanti hanno trovato un punto d’incontro sulla necessità di fare richiesta al Governo e al Parlamento di un atto di clemenza nei confronti dei detenuti, condannati per pene lievi: un indulto o un’amnistia affinchè le carceri possano divenire quanto meno "vivibili" e smettano di somigliare a gironi dell’inferno in cui la pena consiste non nella detenzione in sé, né nella restrizione delle libertà personali, bensì nella imposizione a vivere in luoghi inumani e fatiscenti. Il documento, presentato dai tre consiglieri è stato approvato all’unanimità dal Consiglio.

Venezia: il problema delle carceri alla "Festa in Isola" di San Servolo

 

Il Gazzettino, 19 settembre 2005

 

"Negli ultimi venti anni il numero dei detenuti in Italia è passato da 36mila a 60mila ed è difficile immaginare un’inversione di tendenza, ci si può attendere, invece, un assestamento, in linea con la media europea. Occorre quindi pensare a misure diverse dalla detenzione tradizionale, non premi o semplici benefici, ma formule che agevolino il percorso di reinserimento socio-lavorativo di quei detenuti in grado di "guadagnarsi" un’alternativa al carcere".Così il presidente del tribunale di sorveglianza di Venezia, Giovanni Tamburino si è espresso al convegno, coordinato da Andrea Cereser, "Liberi e adesso? - Aspettative e problemi tra carcere e dopo carcere", momento focale della "Festa in isola" organizzata a San Servolo dall’associazione di volontariato penitenziario "Il Granello di senape" e da San Servolo Servizi.

Assente al convegno il sindaco Massimo Cacciari, la parola è passata a Gianni Trevisan, presidente della cooperativa "Il Cerchio," che ha rilevato come il sovraffollamento carcerario non sia dovuto alla crescita della criminalità, bensì all’aumento della fascia di devianza sociale e che solo la collaborazione tra istituzioni, servizi sociali e cooperative ("Il Cerchio", grazie alle commesse degli enti pubblici fattura ben 4 miliardi delle vecchie lire all’anno), si può creare un percorso di recupero per i detenuti. Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento di Lucia Castellano, direttrice della casa circondariale di Bollate (Mi). "Occorre pensare a carceri "dinamici", dove l’esecuzione penale sia più sensata e il detenuto mantenga viva la sua autodeterminazione, non regredendo come persona"."L’uscita dal carcere va preparata in modo graduale, anche tramite il lavoro esterno, al fine di evitare episodi di recidiva", ha aggiunto Barbara Bovelacci, dell’ente formazione Technè di Cesena. "In Veneto manca purtroppo un tassello - ha concluso l’assessore alle Politiche Sociali, Delia Murer - la Provincia non ha la delega per la formazione professionale e risulta così più difficile coordinarsi con imprenditori locali e sindacati".

Giustizia: sciopero dei penalisti, alta l'adesione a Roma e Milano

 

Ansa, 19 settembre 2005

 

Alta adesione a Roma, attività ridotte a Milano. Sono i primi dati dello sciopero dei penalisti contro la legge cosiddetta ex Cirielli. Secondo un monitoraggio fatto dalla Camera penale di Roma in mattinata già tutte le aule dei Tribunali collegiale e monocratico avevano rinviato in blocco i processi per l’adesione massiccia degli avvocati, unica eccezione, come solito, le udienze con imputati detenuti e quelle del Tribunale della Liberta".

Augusta: il Dap nazionale esamina il "caso" del carcere

 

La Sicilia, 19 settembre 2005

 

È necessario in via d’emergenza attuare un "piano di risanamento" della casa di reclusione. A sollecitare i vertici nazionali, regionali e provinciali ad intervenire con urgenza è il segretario provinciale del coordinamento nazionale Polizia penitenziaria Massimiliano Di Carlo, in vista della riunione che questo pomeriggio avrà luogo a Roma presso il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria discutere delle problematiche penitenziarie inerenti la regione Sicilia.

"È chiaro che - dice Di Carlo - parlando di problematiche connesse alla Sicilia, l’emergenza che al momento regna nel carcere di Augusta assurga a questione prioritaria. I rapporti e le segnalazioni effettuate da questa organizzazione sindacale sono stati in merito puntuali, specifiche e numerose. Ora occorre assumere, da parte degli organi competenti, decisioni chiare ed immediate, viceversa gli stessi dovranno gravarsi della responsabilità di una probabile degenerazione della situazione in corso". Di Carlo a nome del Cnpp esorta le parti pubbliche a valutare, tra le varie iniziative da intraprendere, il possibile intervento del Gruppo Opertativo Mobile di Augusta, per fronteggiare e prevenire eventuali nuove problematiche a danno degli operatori di polizia penitenziaria "fatti oggetto - sottolinea il segretario provinciale del Cnpp - di reiterate aggressioni e anche di sequestri di persona. Ciò garantirebbe anche una maggiore sicurezza e serenità ai colleghi che potrebbero, pur sempre nella quotidiana emergenza, lavorare con un po’ più di tranquillità. È indispensabile - conclude Di Carlo - che gli organi competenti valutino e fronteggino urgentemente anche il grave problema legato alla diminuzione di organico".

Giustizia: Anastasia (Conferenza Volontariato) digiuna con Corleone

 

Comunicato stampa, 19 settembre 2005

 

La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, - che riunisce la maggior parte delle associazioni di volontariato operanti sul territorio nazionale - aderisce all’iniziativa di sensibilizzazione delle forze politiche sul tema delle carceri promossa da Franco Corleone.

Il Presidente della Conferenza, Stefano Anastasia, ha dichiarato: "Le carceri italiane vivono in una condizione di degrado direttamente proporzionale al sempre maggiore sovraffollamento penitenziario. Domani scade il termine quinquennale per l’adeguamento strutturale degli istituti penitenziari alle norme del nuovo regolamento penitenziario e quasi nulla è stato fatto per dare loro attuazione. Come può pretendersi la "rieducazione" dei condannati se per prime le amministrazioni dello Stato, e quella della giustizia in particolare, nulla fanno per rispettare le norme e i regolamenti che ne dovrebbero disciplinare l’attività? Siamo in un momento particolarmente grave del nostro sistema penitenziario. Urge un segno di cambiamento. Per questo, a nome della Conferenza e in rappresentanza delle migliaia di volontari impegnati nelle carceri italiane, parteciperò al digiuno volto a sollecitare il Parlamento alla approvazione di minimi provvedimenti che possono dare il segno di una attenzione nuova al mondo penitenziario".

Proprio per portare all’attenzione dell’opinione pubblica e del mondo politico i gravi problemi e le inadempienze nel settore della giustizia e delle carceri, la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia - in vista delle prossime elezioni politiche - terrà il 20 e il 21 di gennaio 2006 una Assemblea Straordinaria dei volontari e delle associazioni operanti in questo campo.

Guantanamo: detenuto in fin di vita, il padre chiede di vederlo

 

Adnkronos, 19 settembre 2005

 

Il padre di un detenuto rinchiuso nel carcere militare americano di Guantanamo a Cuba, in fin di vita per un tumore, ha chiesto di poter vedere suo figlio prima di morire. A riferirne è il quotidiano "Gulf Daily", precisando che Mohammed al Dossary ha chiesto alle autorità del suo paese, il Bahrein, e a gruppi che si battono per il rispetto dei diritti umani di aiutarlo ad ottenere la liberazione del figlio Yuma, che non vede da circa quattro anni. Il figlio di al Dossary, divorziato e padre di una bambina di otto anni, si è sempre proclamato innocente.

Giustizia: anche Don Ciotti digiuna per carceri più umane

 

Ansa, 19 settembre 2005

 

Anche don Luigi Ciotti partecipa al digiuno promosso dall’ex sottosegretario alla Giustizia, Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti per il Comune di Firenze, per sollecitare il Parlamento ad approvare alcune leggi bipartisan che potrebbero in qualche modo migliorare le condizioni di vita all’interno dei carceri. Tra queste la proposta Pisapia di istituire il difensore civico dei detenuti che ha come relatore Nitto Palma; la proposta Boato sull’affettività e quella Realacci-Tangheroni per la visita ai penitenziari di sindaci e presidenti di Provincia.

Ad annunciare l’adesione di don Ciotti è stato lo stesso Corleone che ieri è stato ricevuto dal presidente della Camera Pier Ferdinando Casini dopo che questi aveva ricevuto una sua lettera in cui lo sollecitava a dedicare una giornata dei lavori della Camera al problema carcere. "Don Ciotti comincerà lunedì - ha detto Corleone - ed io, arrivato al sesto giorno, continuerò se le condizioni fisiche lo permetteranno. Sempre da lunedì partirà una staffetta in tutta Italia. Hanno aderito anche Sergio Segio e Patrizio Gonnella. La Camera penale di Firenze ha inserito l’argomento all’ordine del giorno della prossima riunione". Riferendo dell’incontro con Casini, Corleone ha sottolineato che "è stato lungo ed approfondito. Il presidente mi è sembrato interessato e sensibile, insomma è stato un incontro significativo. Casini ha investito del problema i capigruppo. Aspettiamo gli eventi, ma il digiuno va avanti". Anche l’Anci, l’associazione dei comuni italiani, è stata investita del problema. Corleone ha incontrato il presidente Leonardo Domenici, sindaco di Firenze, ed ha avuto assicurazioni su un suo intervento. "Domenici - ha riferito l’ex sottosegretario alla Giustizia - scriverà a Casini e al ministro Lunardi. Al primo solleciterà l’esame delle leggi trasversali già presentate, al secondo il completamento del Giardino degli incontri a Sollicciano, struttura per favorire i rapporti tra detenuti e familiari". Intanto l’appello di Corleone sta riscuotendo consensi nel mondo politico fiorentino. Digiunerà anche il presidente del Consiglio comunale di Palazzo Vecchio, Eros Cruccolini, che assieme ad altri consiglieri sta cercando anche di preparare un luogo dove digiunare. "Stiamo pensando di allestire un gazebo davanti al carcere di Sollicciano", ha detto Cruccolini, ricordando che sarà sollecitato anche il presidente della Regione, Claudio Martini, che "in campagna elettorale aveva annunciato l’istituzione del garante regionale dei diritti dei detenuti".

Giustizia: Pecoraro Scanio; amnistia in programma governo Unione

 

Ansa, 19 settembre 2005

 

I Verdi chiederanno che nel programma di governo dell’Unione sulla giustizia sia inserita l’applicazione di una amnistia-indulto per i reati sociali e meno gravi, l’aumento del sostegno al reinserimento degli ex detenuti nel mondo del lavoro e l’accesso facilitato alle misure alternative alla detenzione. Lo ha annunciato questa mattina il presidente dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio nel corso di una visita al carcere di Rebibbia, insieme con il deputato Paolo Cento e il consigliere della Regione Lazio Peppe Mariani. "L’emergenza carceraria - ha detto Pecoraro Scanio incontrando detenuti e direzione del carcere - è una priorità che deve essere fatta propria dal programma che l’Unione presenterà per il governo del Paese".

 

 

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