Rassegna stampa 10 settembre

 

Firenze: detenuto di 73 anni si uccide impiccandosi in cella

 

La Repubblica, 10 settembre 2005

 

Si è impiccato in una cella di Sollicciano. Aveva settantatre anni e si chiamava Dario B. Ha preparato tutto con cura per il suo congedo, ieri mattina: ha scritto un biglietto alla famiglia per dire che non ce la faceva più, ha lasciato che i suoi compagni di cella se ne andassero impegnati nelle solite attività quotidiane in cucina o in qualche laboratorio. Lui è rimasto in cella, ha preso la cintura dell’accappatoio, l’ha appesa alle sbarre della finestra del carcere e si è lasciato ciondolare di sotto. Quando le guardie sono intervenute era già inutile ogni soccorso. Era rinchiuso lì per un omicidio, una lite degenerata con un vicino di casa, il suo conto con la giustizia sarebbe scaduto nel 2015. "Dario B. aveva chiesto la detenzione domiciliare: a più di settant’anni è una strada percorribile - spiega Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze - ma i tempi della burocrazia sono lunghi e lui si era stancato di aspettare e forse soffriva anche per i sensi di colpa, in passato aveva già tentato un’altra volta di suicidarsi. So che il suo caso veniva seguito dagli operatori con una certa attenzione, tuttavia la situazione di Sollicciano è ben nota a tutti".

Il sovraffollamento del carcere fiorentino è stato più volte denunciato: c’è una popolazione doppia rispetto alle possibilità abitative della struttura. Corleone ha annunciato di voler iniziare un digiuno come forma di protesta per la situazione in cui versano gli istituti di pena italiani: "La situazione del carcere fiorentino è catastrofica, il sovraffollamento non consente più l’opera di reinserimento sociale e il blocco dei lavori per il Giardino degli Incontri, spazio essenziale per i detenuti è inspiegabile". Nei giorni scorsi, la direzione del penitenziario ha presentato a Palazzo Vecchio un piano di intervento dopo l’ultimatum dell’assessore alla sanità Graziano Cioni che aveva letto la relazione della Asl in cui emergevano macroscopiche carenze igieniche e nella sicurezza.

Il sovraffollamento di Sollicciano (mille detenuti invece dei programmati 450) è un problema anche per chi, dentro la struttura lavora: all’interno dell’istituto, spiega in un comunicato la Cisl, "operano circa 650 poliziotti penitenziari e 50 persone del comparto ministeriale". Tutti lavorano in condizioni difficili, "garantendo con professionalità e umanità un sistema di convivenza civile". La Cisl, nell’apprezzare gli sforzi della direzione e delle istituzioni per realizzare un nuovo piano di interventi a Sollicciano, torna a chiedere per il personale penitenziario interventi mirati "quali l’edilizia popolare, l’assegnazione di alloggi e la possibilità di favorire finanziamenti agevolati per l’acquisto di immobili".

Roma: detenuto modello, ma non darà l’addio alla figlia

 

Roma One, 10 settembre 2005

 

Roberto Alfonsi, "ospite" presso il carcere Santa Scolastica a Rieti, si è visto negare il permesso per assistere ai funerali della figlia Emanuela e del nipote, deceduti a Roma in seguito ad un incidente stradale. Deve scontare ancora 7 mesi dei due anni inflittigli per rapina aggravata, chiede un permesso per assistere ai funerali della figlia e del nipote ma il magistrato di sorveglianza dice no.

La vicenda, portata alla luce dal Garante regionale del Lazio dei diritti dei detenuti, Angiolo Marroni, ha per protagonista involontario un romano di 49 anni, Roberto Alfonsi, detenuto presso il carcere Santa Scolastica a Rieti. L’episodio fa venire in mente il film "Figli di un dio minore", con la ferrea applicazione del codice che non si allenta davanti ad un dramma del genere, quel codice che spesso consente a carcerati illustri comizi piuttosto che permessi per malattie mai manifestatesi prima. Alfonsi ha perso in un sol colpo la figlia Emanuela di 27 anni, incinta di sei mesi e, ieri notte, il nipotino che i sanitari avevano fatto nascere con parto cesareo prima che la donna morisse. Martedì sera la donna, impiegata in una fabbrica nella periferia di Roma, tornando a casa aveva perso il controllo della macchina che, dopo aver invaso la corsia opposta, si era scontrata frontalmente con un’altra vettura. Trasportata al Policlinico Gemelli in condizioni gravissime, Emanuela era riuscita a dare alla luce con un parto cesareo, prima di morire, un bambino. Il piccolo, però, è morto ieri notte nell’ospedale pediatrico ‘Bambino Gesu", dove era stato trasportato subito dopo il parto.

Alfonsi, come detto, sta scontando una pena di 2 anni per rapina aggravata che scade ad aprile 2006 nel corso della quale, a quanto risulta al Garante dei detenuti, ha avuto un atteggiamento ineccepibile. "Per far fronte alla tragedia il detenuto ha avuto, dopo la morte della figlia, un permesso di 12 ore scortato di cui, in pratica, solo 6 usufruite se si tolgono quelle necessarie per andare da Rieti a Roma e viceversa", ha detto il Garante Angiolo Marroni, che oggi ha tentato anche di mettersi in contatto con il magistrato di Sorveglianza di Rieti. Secondo i detenuti del carcere reatino di "Santa Scolastica" di Rieti, che hanno diffuso un comunicato di solidarietà con l’amico recluso, per due volte Roberto ha chiesto "di poter stare vicino alla figlia", e due volte ha avuto 12 ore, le seconde accompagnato da un assistente volontario "durante le quali è esplosa la rabbia di chi non capisce né comprende, di chi deve arrendersi di fronte a un giudice che freddamente agisce semplicemente applicando un codice".

"Comprendiamo che possano esserci motivazioni normative che possono aver spinto il magistrato a non concedere il permesso - ha detto il comandante della Polizia penitenziaria del carcere, Felice Giraldi - anche se la condotta sempre dignitosa tenuta dall’uomo e la gravità del lutto subito avrebbero forse consigliato una maggiore elasticità in nome di principi come quello dello stato di necessita"‘. "Non capiamo - scrivono i detenuti di Santa Scolastica rivolgendo un appello al magistrato di Sorveglianza - ma pensiamo, forse erroneamente, che l’immane tragedia dovrebbe essere trattata per ciò che è, un dramma umano, e non misurata con il codice penale ma piuttosto da un codice antico e più saggio, il codice d’onore. Signor giudice, conceda a Roberto la libertà di padre, lei che può, lei che è madre". Per il Garante dei detenuti Marroni, "aver negato a Roberto la possibilità di vivere il proprio dolore è una misura abnorme. Ciò accade quando le istituzioni affrontano con spirito burocratico questione che invece avrebbero bisogno di ben altra sensibilità".

"Ma che pericolo per la sicurezza potrà mai essere quello di consentire ad un detenuto comune ormai, prossimo alla fine della pena, di partecipare ad un evento così tragico quale il funerale della figlia e del nipotino". È il commento dell’assessore regionale al Bilancio, programmazione economico-finanziaria e partecipazione Luigi Nieri sulla vicenda del permesso negato ad un detenuto per assistere ai funerali dei due parenti morti. "Quanto oggi denunciato dal Garante regionale Angiolo Marroni - afferma Nieri - è il segno di una freddezza della magistratura di sorveglianza oramai sempre più lontana da quella che era la sua cultura garantista originaria. Non c’è limite alla disumanità. Speriamo che fatti come quelli avvenuti nel carcere di Rieti non accadano più".

Giustizia: via libera del governo al ddl sulle intercettazioni

 

Agi, 10 settembre 2005

 

Il Consiglio dei ministri ha varato oggi un ddl in materia di intercettazioni telefoniche. La scelta del disegno di legge, ha spiegato il ministro della giustizia Roberto Castelli in una conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri, era la scelta più "ovvia", per venire incontro alla sollecitazioni metodologiche del Quirinale. Non c’è il carcere per i giornalisti tra le misure previste dal ddl. Dopo le indiscrezioni filtrate sulla stampa nei giorni scorsi, ha spiegato Castelli, "posso dire che nel ddl non c’è nulla di tutto questo". Al massimo una sanzione pecuniaria di 5.000 euro, "il che, dati i lauti stipendi dei giornalisti, è assolutamente sopportabile". Berlusconi illustrando alla fine del consiglio dei ministri il disegno di legge sulle intercettazioni ha detto: "Avremmo preferito il decreto legge, ma il Quirinale, con cui sempre ci consultiamo prima di varare un provvedimento del genere, ci ha indicato come migliore la via del disegno di legge". Sul carcere per i giornalisti, Berlusconi ha aggiunto: "Ho chiesto io per primo che l’ipotesi fosse eliminata". L’idea, ha spiegato, era stata inserita nella fase di studio del provvedimento da parte dei ministeri. Un’ipotesi - ha concluso il premier - "sembrata subito eccessiva".

Svizzera: si suicida madre condannata per omicidio dei figli

 

Ansa, 10 settembre 2005

 

Si è suicidata in Svizzera una madre condannata ieri a 8 anni di reclusione per aver ucciso i suoi due figli. La donna 42enne aveva gettato i due figli di quattro e due anni da un ponte nel Canton Obvaldo (Svizzera centrale) nel marzo del 2003. La pubblica accusa aveva chiesto dieci anni di carcere per omicidio intenzionale. La difesa aveva chiesto ai giudici di rinunciare ad infliggere una pena ad una donna "che era già stata sufficientemente punita".

Piacenza: parte un corso rivolto agli insegnanti per il carcere

 

Libertà, 10 settembre 2005

 

Il centro scolastico agro alimentare "Raineri - Marcora", in collaborazione con il Csa (Miur) e la casa circondariale di Piacenza (ministero di Grazia e Giustizia), organizza il primo corso di formazione in servizio per docenti "Fare scuola in carcere". L’istituto diretto da Mauro Sangermani è presente, da circa dieci anni, all’interno della casa circondariale di Piacenza: al momento sono attive quattro sezioni, una prima ed una seconda frequentate da detenuti comuni, e sempre una prima ed una seconda per detenuti "ad alta sicurezza". "Insegnare in carcere è sicuramente un’esperienza molto "forte" e coinvolgente - spiega il docente Andrea Vantadori, coordinatore del corso che partirà il 13 settembre -.

I nostri alunni sono molto motivati: per loro frequentare le lezioni rappresenta un momento di contatto e di socializzazione molto importante. I corsi si tengono, infatti, in un’aula scolastica vera e propria. Per meglio conoscere la realtà carceraria, ed offrire ai docenti interessati gli strumenti psicologici ed educativi necessari, si è deciso di attivare questo corso di formazione. Iniziativa fortemente voluta dalla stessa direttrice della casa circondariale di Piacenza, Caterina Zurlo, che figura tra i relatori". Il corso "Fare scuola in carcere" è rivolto agli insegnanti del "Raineri - Marcora" che già operano in carcere, unitamente ai colleghi della "Calvino". Anche la scuola media gestita dal preside Rino Curtoni è presente all’interno della Casa Circondariale delle Novate. È comunque possibile, ha spiegato il preside del "Raineri - Marcora" Sangermani, che la frequenza al corso venga estesa a docenti provenienti da altre scuole di Piacenza. Il corso è ripartito su sei moduli, il primo si terrà martedì 13 settembre ("Il disagio e la realtà carceraria: come affrontarlo e quali tecniche di relazione instaurare", relatrice la psicologa Lucilla Passerini).

Venerdì 16 settembre, l’educatrice Rossella Voltattorni parlerà di "Il processo di recupero e reinserimento nel tessuto sociale: strategie, progetti, punti critici e prospettive per il futuro". Martedì 20 settembre, il direttore della casa circondariale di Piacenza, Caterina Zurlo, parlerà di "Ordinamento penitenziario". Venerdì 23 settembre Fernando Picini, commissario casa circondariale, parlerà di "Sicurezza penitenziaria". Martedì 27 settembre, Margherita Boselli, docente dell’Ipaas di Castelsangiovanni tratterà "L’insegnamento agli adulti: come affrontarlo da un punto di vista psicologico, pedagogico e didattico". Il corso si concluderà venerdì 30 settembre. Onelia Rivolta, del settore Formazione Ancitel Lombardia parlerà di "L’insegnamento agli adulti: tecniche di insegnamento". Le lezioni si terranno dalle 9 alle 12. La sede verrà comunicata successivamente.

Usa: detenuto compie 90 anni nel "braccio della morte"

 

Ansa, 10 settembre 2005

 

Domani sarà una data importante nella lunga storia della pena di morte in Usa: il detenuto 47754, Viva Leroy Nash, compie 90 anni. È il più anziano detenuto nel braccio della morte e si trova nella prigione di Eyman (Arizona). Per gli oppositori delle esecuzioni e per qualche compagno di prigionia, le autorità sembrano orientate a lasciare che sia la vecchiaia a fare il lavoro dell’iniezione letale. Nash è stato condannato il 27 giugno ‘83; uccise il proprietario di un negozio.

Gran Bretagna: ex parroco si auto-riduce tassa, carcere duro

 

Ansa, 10 settembre 2005

 

Ventotto giorni nell’Alcatraz del Regno Unito: è la sorte toccata non ad un pericoloso delinquente, ma a un anziano ex parroco con problemi cardiaci che, per protestare contro un aumento giudicato iniquo di un’imposta locale, si rifiuta di saldare un conto di 63 sterline. Il settantunenne Alfred Ridley - riferisce oggi il tabloid "Daily Mail" - è stato condannato da un tribunale della cittadina di Towcester, nel Northamptonshire, perché nel 2003 aveva versato all’erario comunale solo 907 delle 970 sterline dovute. Non una dimenticanza, questa dell’ex reverendo, ma una protesta cosciente contro aumenti di un’imposta comunale che dal 1997, "anno zero" dell’era Tony Blair, è lievitata del 75 per cento, superando ampiamente la crescita dell’inflazione.

Dalla notte scorsa, Ridley è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Woodhill, destinazione finale di famigerati terroristi e sgozzatori. In questa prigione - ricorda il "Daily Mail" - ha tentato di togliersi la vita persino un criminale spietato come Ian Huntley, l’assassino di bambine che fece inorridire la cittadina inglese di Soham. Quella riservata all’ex parroco - osserva il tabloid - non è solo una punizione draconiana, ma anche un sopruso nei confronti dei contribuenti britannici, ai quali il soggiorno in gattabuia dell’anziano religioso costerà 3.000 sterline: molto più della modesta somma che il contestatore si ostina a negare alle casse pubbliche. La condanna al carcere inflitta a Ridley è la prima emessa nei confronti di un refusenik delle imposte.

Secondo il "Daily Mail", potrebbe infiammare la protesta contro aggravi fiscali che pesano soprattutto sulle deboli spalle dei pensionati. Questa opinione non sembra però condivisa dal magistrato oggi messo sotto accusa dal giornale popolare. "La reclusione non salda il debito e le 63 sterline dovranno essere comunque versate", ha detto il giudice John Woollett con lo sguardo puntato sul ribelle. Una vicenda, questa, politicamente esplosiva. Secondo il reverendo Derek Williams, portavoce della diocesi di Petersbourgh, "la campagna di Ridley è personale. Non si possono giustificare violazioni delle leggi di alcun tipo, ma la lotta dell’ex parroco mette in evidenza un problema molto serio, con il quale sono alle prese molte persone con redditi bassi". "A nessuno piace vedere in carcere pensionati che non hanno pagato l’imposta comunale", ha sostenuto da parte sua un portavoce del vice premier John Prescott. "Ma le autorità locali - ha aggiunto - devono riscuotere le tasse: se non lo facessero commetterebbero un’ingiustizia nei confronti di coloro che le pagano regolarmente".

La Spezia: i carcerati-cestisti tengono testa al Follo-Bolano

 

Secolo XIX, 10 settembre 2005

 

Tifo da stadio alla palestra dell’istituto comprensivo di Ceparana, per l’insolito incontro di basket fra detenuti della casa circondariale della Spezia e atleti della squadra del Follo Ceparana di C1. In un clima molto amichevole, le due formazioni si sono misurate sul parquet: meno allenati i primi, più forti i secondi, ma tutto sommato gli ospiti di Villa Andreino sono riusciti a mettere a segno numerosi punti, e soprattutto hanno "retto" ai ritmi imposti dagli avversari, uscendo a testa alta.

L’uscita, promossa dalla direttrice del carcere Maria Cristina Biggi, è riuscita nell’intento di offrire un pomeriggio di integrazione ai detenuti. Poiché cinque su sette sono domenicani, la comunità di Santo Domingo è intervenuta ad animare il tifo: il tutto in un clima corretto, amichevole, senza nessun tipo di problema. Sotto scorta, la squadra ospite ha raggiunto la palestra. E ha cercato di dare il meglio. "È stata una partita molto partecipata", raccontano alla Pubblica Assistenza, che ha fatto servizio d’appoggio. E infatti, nell’intervallo fra il primo e il secondo tempo, sono andati in campo i bambini dell’associazione sportiva: che hanno disputato una partitella, con i genitori sugli spalti a fare il tifo. "È stato un bel momento - sottolinea la coordinatrice delle attività del carcere, Licia Vanni - la giornata è scorsa via in un clima di festa e di apertura". Le guardie carcerarie hanno vigilato sullo svolgimento dell’incontro, ma non ci sono state difficoltà. E alla fine un bel rinfresco ha concluso la manifestazione sportiva, alla quale hanno preso parte numerosi amministratori, ed il sindaco di casa, Franco Ricciardi Giannoni. Ci sono state anche le premiazioni, come in un vero e proprio happening di basket. Quindi gli ospiti della casa circondariale hanno fatto ritorno alla quotidianità negli spazi di via Fontevivo.

La direttrice ha già proposto uscite per la pulizia e la manutenzione del verde, uscite per spettacoli teatrali, per mattinate a cantare in chiesa. Lo sport si è dimostrato altrettanto valido. L’aiuto fondamentale è venuto da Attilio Amadori, il presidente della squadra di basket di Follo Ceparana, che ha messo a disposizione professionalità e sensibilità. In panchina, anche Mirco Diamanti, il coach delle campionesse spezzine di basket di serie A, della Termocarispe.

Giustizia: il 19 sciopero dei penalisti contro la legge ex-Cirielli

 

Secolo XIX, 10 settembre 2005

 

La legge ex-Cirielli, se approvata dal Parlamento, "riporterebbe il regime sanzionatorio indietro di quaranta anni". Ad affermarlo è l’Unione delle Camere penali italiane che si appresta a scioperare il prossimo 19 settembre. "L’approvazione di questo ddl suggellerebbe - sottolinea il sindacato degli avvocati penalisti in una nota - l’esito infausto di questa legislatura".

Immigrazione: ispezione parlamentare al Cpt di Lampedusa

 

Melting Pot, 10 settembre 2005

 

Lampedusa - 415 persone sono trattenute al Cpt secondo le osservazioni degli arrivi e dei trasferimenti effettuati a Lampedusa dal presidio democratico dell’Arci. Tutti in tuta ginnica con t-shirt bianche stranamente pulite, i migranti trattenuti al cpt lampedusano, così gli ha incontrati il senatore Gianfranco Pagliarulo accompagnato dal mediatore dell’Arci, quando ha avuto accesso all’area detentiva del campo. La comunicazione del senatore al prefetto, ha forse motivato una sommaria operazione di ripulitura e restyling del campo, operazione ovviamente del tutto insufficiente. È stato possibile parlare con il gruppo dei 21 migranti sbarcati il giorno prima, sudanesi, somali, nigeriani, e con un nucleo familiare ghanese, comprendente una bambina di 18 mesi. A nessuno di loro era stato fornita alcuna informazione sulla loro posizione giuridica, né tanto meno sulla possibilità di avvalersi del diritto di asilo. La mediatrice culturale arabo-francofona della prefettura di Agrigento ha dichiarato che tale carenza informativa è da imputarsi alla momentanea assenza dell’interprete d’inglese, inviato dal Ministero dell’Interno. Non era presente all’interno della struttura il dirigente della questura di Agrigento, ma soltanto un ispettore.

Dal colloquio con l’ispettore e il responsabile dell’ente gestore, la Misericordia, Claudio Scalia è emerso quanto segue: Il diritto alla salute continua a non venire garantito sull’isola, ovvero migranti in condizioni di salute tali da richiedere prestazioni sanitarie esterne all’ambulatorio del campo, non vengono accompagnati al Poliambulatorio pubblico, per un veto posto dal dirigente sanitario, come già del resto denunciato dal presidio democratico dell’Arci;

Continua l’insabbiamento delle modalità detentive e di trattenimento nel campo, addirittura si omette di far riferimento alla presenza del giudice di pace e di un avvocato almeno d’ufficio, nella convalida dei decreti di respingimento e trattenimento, asserendo che di tutto l’iter se ne occupa genericamente "la magistratura";

Non è possibile conoscere la motivazione della detenzione né comprendere la tipologia del trattenimento, e questa sappiamo che prassi usuale;

Continuano ad essere detenuti indiscriminatamente dei minori, senza procedere ad una effettiva identificazione ed alla relativa attivazione delle forme di tutela previste per legge, attualmente i minori dovrebbero essere 5 o 6.

L’ispettore ha inoltre dichiarato che non è stato possibile procedere con la richiesta delle generalità e la relativa "schedatura" dei 147 migranti, arrivati stamattina, perché ancora stremati dal viaggio. È stato impossibile, procedere ad informali sui loro diritti e sulla possibilità dell’asilo, l’ispettore si è impegnato a fornire lui stesso informazioni dettagliate. Si è anche impegnato a trasferire d’urgenza la famiglia ghanese e a mettere in atto tutte le procedure possibili per permettere la loro permanenza in Italia. Prendiamo per vera le sue dichiarazioni di volontà.

Apprendiamo verbalmente che un richiedente asilo palestinese, ha ritirato la richiesta, forse per paura o per pressioni psicologiche. Attendiamo la conferma ufficiale. Contestualmente al colloquio, però avviene qualcosa d’imprevisto. Uno ad uno arrivano dei minori, che chiamandosi l’un l’altro, raggiungono il numero di 15, contraddicendo quanto appena dichiarato dai responsabili del campo. Si procede a fare una lista nominativa e si richiede di verificare al computer la loro identificazione. Questa richiesta viene rifiutata ed addirittura i funzionari di pubblica sicurezza tentano di riprendersi la lista, motivando il loro comportamento con il diritto alla privacy. Infine, l’intervento del senatore fa in modo di poter depositare la lista dietro richiesta di accertamento della maggiore età e di consegnare all’Arci una copia della lista.

Verifichiamo così che tutte le persone trattenute ricevono al momento della "schedatura" soltanto un numero, che li accompagna per tutto il periodo di detenzione al campo. La visita ispettiva è terminata alla 19:40. Il senatore ha espresso l’intenzione di promuovere una interrogazione parlamentare sugli abusi e le inadempienze verificate all’interno del campo, l’Arci procederà inoltre, a segnalare la presenza dei minori al Tribunale dei minorenni di Palermo.

Agrigento: detenuto a Petrusa non mangia da 17 giorni

 

La Sicilia, 10 settembre 2005

 

Da 17 giorni non mangia ed è deciso a proseguire. Il palermitano Salvatore Guerrera, saccense d’adozione, detenuto nel carcere di contrada Petrusa perché condannato a 12 anni di reclusione, non cessa lo sciopero della fame iniziato lo scorso 24 agosto. Lo cominciò per dare forza alla richiesta di rivisitazione della sua posizione processuale, o almeno che venissero concessi gli arresti domiciliari per stare con la propria famiglia. Guerrera, ex portiere dello Sciacca Calcio, sposato, padre di due figli, arrestato nel 2002 nel contesto dell’operazione antidroga Trifoglio è difeso dagli avvocati Giacomo La Russa e Salvatore Re. E proprio La Russa, due giorni fa, aveva parlato con il detenuto, trovandolo dimagrito di una decina di chili, visibilmente sofferente ma fermamente intenzionato a continuare la sua estrema forma di protesta. "Fin dal primo giorno - sottolinea il legale - abbiamo manifestato la nostra contrarietà rispetto a una scelta che riteniamo sbagliata. Non è così che si cambia una sentenza o un procedimento del tribunale". Perplessità a parte, i legali di Guerrera hanno preannunciato la presentazione dell’istanza di scarcerazione per il loro assistito che ha già scontato 32 mesi di reclusione, dei 12 anni inflittigli.

Tempio Pausania: la Gallura schierata in difesa del carcere

 

L’Unione Sarda, 10 settembre 2005

 

Il tempo a disposizione è davvero pochissimo: ieri mattina, nella sala convegni della Stazione sperimentale del sughero, tutti sapevano bene che rimettere in discussione il decreto di chiusura firmato da Roberto Castelli è un’impresa quasi impossibile. Eppure il Consiglio comunale straordinario convocato da Antonello Pintus si è concluso proprio con la richiesta di un immediato ripensamento, rivolta al guardasigilli. E il sindaco di Tempio ha incassato il sostegno di Settimo Nizzi, di Pietrina Murrighile, dei presidenti dell’Ordine degli avvocati e della sezione gallurese della Camera penale, insieme a quello dei primi cittadini degli altri centri della provincia e di consiglieri regionali e parlamentari. Nessuno vuole lo smantellamento del vecchio carcere di Tempio e se la settimana prossima Castelli non darà la buona notizia di una sospensione del provvedimento di chiusura, in Gallura si aprirà una vertenza territoriale.

Il sindaco di Olbia è stato uno dei primi a prendere la parola. "La questione ha puntualizzato Settimo Nizzi - non riguarda soltanto Tempio, ma tutta la comunità gallurese. Perché, in sostanza, i disservizi provocati dalla chiusura del carcere li pagheremo tutti. Gli avvocati, che dovranno aumentare le parcelle, i loro assistiti, i magistrati e l’intero sistema giudiziario". Antonello Pintus aveva sollecitato l’intervento di Nizzi, e ieri non è rimasto deluso.

Efficace e chiaro il discorso del deputato diessino Francesco Carboni: "Ho già fatto un’interrogazione al ministro Castelli, ma il guardasigilli ha l’abitudine di non rispondere alle nostre richieste di spiegazioni. Ci chiediamo com’è possibile che venga chiuso un carcere che si trova nelle stesse condizioni dell’Ucciardone, del penitenziario femminile di Pozzuoli, del manicomio criminale di Aversano o dello stesso penitenziario di San Sebastiano. E ai tempiesi dico di vigilare sul futuro di questa struttura. Il Ministero ha costituito una società che ha il compito di vendere le vecchie carceri, invece di mettere a disposizione degli enti locali".

Sergio Pinna, presidente dell’Ordine degli avvocati, ha aggiunto: "La situazione è veramente difficile, dobbiamo contrastare con azioni opportuni e urgenti una decisione che potrebbe anticipare altri colpi durissimi per i nostri uffici giudiziari". Il consigliere regionale dell’Udc, Andrea Biancareddu, ha chiesto spiegazioni sullo stop della Provincia al nuovo carcere. "Da parte nostra - ribatte Pietrina Murrighile - non c’è nessuna ostilità al progetto, semmai la richiesta di un approfondimento sull’impatto ambientale". La prossima settimana Antonello Pintus incontrerà Roberto Castelli. "Ormai è troppo tardi ? commenta Antonio Cannas, segretario provinciale del Sappe - hanno lasciato morire la "Rotonda" e ora è veramente difficile tornare indietro".

 

 

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