Rassegna stampa 15 ottobre

 

La modica dose di ipocrisia e i pieni poteri dell’ipocrisia

di Adriano Sofri

 

Il Foglio, 15 ottobre 2005

 

Nemmeno la disgrazia che è capitata ad un giovane così in vista (cui faccio gli auguri più cordiali) disturberà le intenzioni della imminente Conferenza di Palermo sulla droga, nella quale esponenti del governo si batteranno arditamente perché sia almeno assicurata la galera a chi abbia fumato dieci (10) spinelli (spinelli). Nel 2004 i ragazzi che hanno inaugurato il loro rapporto con la giustizia attraverso le misure prefettizie - dall’ammonizione al ritiro della patente, o per i minori, la mancata concessione della patente e del passaporto - sono stati 65mila (80mila i sottoposti alle misure, ma una minoranza più di una volta). L’80 per cento di questo numero impressionante per aver fumato. Negli anni precedenti le stesse misure avevano colpito mediamente 15-20 mila persone, il che faceva comunque una cifra ingente: 200-300 mila persone nei quindici anni.

Il grande balzo dell’anno scorso (le cifre sono ufficiali) è dovuto soltanto all’aria che tira, all’annuncio della nuova legge sulla droga; le forze dell’ordine e i prefetti, salvo eccezioni, sono molto sensibili, all’aria che tira. Per una sera, si sono ospitate in televisione testimonianze sull’abitudine alla cocaina di grandi artisti e insigni parlamentari, attricette e attricetti, finanzieri rampicanti e giornalisti posati. Era bello guardare quei programmi coraggiosi e franchi da una cella di carcere, circondati dalla maggioranza di disgraziati chiusi per anni perché tossicomani. Ci sono anche avvocati presi a credito. Si salderà all’uscita, quando si potrà tornare a spacciare per pagare l’avvocato. Senza una modica dose di ipocrisia la convivenza andrebbe in malora. Ma i pieni poteri dell’ipocrisia guastano una società come nessuna droga saprebbe fare. Ho detto male quello che Vincino disegna bene: però l’ho detto.

Giustizia: Garante dei detenuti, a Milano un convegno europeo

 

Redattore Sociale, 15 ottobre 2005

 

Una figura dai contorni ancora sfumati. È il Garante delle persone limitate nella libertà, oggetto di un Convegno europeo in corso presso il Museo nazionale della scienza e della tecnologia di Milano. Organizzato dalla Provincia di Milano in collaborazione con Associazione Antigone, il convegno vede la presenza di numerosi esperti del mondo carcerario, tra cui Luigi Pagano, Provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria per la Regione Lombardia; Francesco Castellano, Presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano; Andrea Matricardi, vicepresidente di Amnesty International; Mauro Palma, rappresentante italiano del Comitato europeo per la prevenzione della tortura; Patrizio Gonnella, presidente nazionale di Antigone e Giovanna Fratantonio, "Garante" della Provincia di Milano.

"Essere cittadini limitati nelle libertà significa non avere diritti come il resto della cittadinanza ed è proprio compito del Garante intervenire quando questi diritti vengono lesi - hanno detto l’assessore provinciale ai Diritti dei cittadini, Francesca Corso, e il presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, individuando i principali obiettivi della figura del Garante: "creare un raccordo sinergico tra le Istituzioni che per competenza e titoli diversi interagiscono nel pianeta carcere e negli ambiti di emarginazione e sviluppare un’attività culturale che miri allo smantellamento del pregiudizio".

"Nel nostro Paese i Garanti delle persone limitate nelle libertà sono presenti in forma ancora più o meno sperimentale: anche se sono consolidati sul territorio nazionale nelle isituzioni locali, sono ancora pochi quelli operativi -precisa Francesca Corso-. Anche con questo convegno ci auguriamo di aiutare a definire meglio le potenzialità e l’operatività del Garante. Dobbiamo lavorare per l’affermazione di un Garante a livello nazionale, che operi in armonia e sinergia con i Garanti sul territorio, per difendere i diritti sommersi ed emergenti per aumentare il livello socioculturale del Paese".

Le funzioni dei Garanti sono per molti aspetti ancora da definire: "È positivo che molti enti enti locali abbiano posto attenzione al Garante per le persone private della libertà, ma è inaccettabile che i Garanti debbano ricorrere a contrattazioni bilaterali che vanificano la loro funzione, in particolare riguardo all’azione di monitoraggio. Un problema che si pone anche nel caso dei Cpt -ha detto Mauro Palma-. Il monitoraggio è tale se si possono fare visite non annunciate, con alta libertà di accesso, da parte di persone indipendenti dall’amministrazione e dal potere politico, in grado di mantenere la riservatezza sulle proprie visite. Senza queste condizioni si corre il rischio di far esistere una figura senza dargli dei poteri".

Nel maggio 2005 la Provincia di Milano è stata la prima provincia italiana d istituire la figura del Garante delle persone limitate nella libertà. Si chiama Giovanna Fratantonio, direttrice del carcere minorile "Beccaria" dal 1995 al 2004: "Il garante per i cittadini limitati nelle libertà è in verità anche, e soprattutto, un garante della società nei suoi molteplici e reconditi aspetti", ha detto la Frantantonio.

Pordenone: caso Dorigo di nuovo davanti a Corte Europea

 

Il Gazzettino, 15 ottobre 2005

 

Il caso Dorigo torna nuovamente nel mirino del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa che ha deplorato il fatto che l’Italia non abbia ancora adottato alcuna misura per riparare la violazione, accertata oltre sei anni fa, del diritto del ricorrente a un equo processo. Paolo Dorigo, 46 anni, veneziano, è stato condannato a 13 anni e mezzo di carcere per l’attentato di matrice brigatista contro una palazzina dove alloggiavano militari statunitensi in servizio alla base Usaf di Aviano, avvenuto il 3 settembre 1993. Quella notte di dodici anni fa Dorigo era a bordo della Saab 900 dalla quale furono sparati sette colpi di pistola e lanciata una bomba contro l’edificio: i danni furono di lieve entità, ma l’impressione che l’episodio suscitò, non solo nel pordenonese, fu enorme. Dorigo fu rinchiuso nel carcere di Spoleto, e, dopo 11 anni e 5 mesi di detenzione, nel marzo di quest’anno ha lasciato il penitenziario per tornare a Mira dove dovrà scontare il resto della pena agli arresti domiciliari.

Dorigo può contare su permessi per lavorare, ma ha dovuto rinunciare qualche giorno fa alle due ore al giorno di cui aveva sempre usufruito per avere una vita anche sociale. Lo ha deciso il Tribunale di sorveglianza perché ha ritenuto che i due permessi fossero incompatibili fra loro. Gli amici e i sostenitori di Dorigo hanno manifestato contro la decisione del Tribunale proprio davanti al Palazzo di giustizia lanciando slogan contro i magistrati.

E il Comitato del ministri europei ha richiamato con fermezza gli obblighi dell’Italia in virtù della Convenzione europea dei diritti dell’uomo di assicurare l’adozione di misure adeguate in favore del ricorrente. Il Comitato ha inoltre preso atto del fatto che i progetti di legge in materia di riapertura dei procedimenti nazionali erano all’esame del Parlamento italiano e ha invocato la rapida adozione di una legge che permetta alle giurisdizioni nazionali di riaprire il processo del ricorrente in conformità con la Convenzione.

Vibo Valentia: vittima usura scrive a Ciampi; "solo e abbandonato"

 

Apcom, 15 ottobre 2005

 

Si sente "solo e abbandonato da tutti". Così la vittima di una cosca dedita anche all’usura e alle estorsioni inizia la sua lettera rivolta al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.

Lui, N.R., un fotografo di Vibo Valentia, questi usurai ed estorsori li ha fatti arrestare con le sue denunce il 15 marzo 2005. Cinque persone finirono in carcere, tra cui un esponente di una nota cosca vibonese, Paolino Lo Bianco, fino a quel momento libero e impiegato nella locale azienda sanitaria, e altre tre ai domiciliari, compreso un dipendente di N.R. che era diventato il suo usuraio. Alcuni sono stati già condannati con rito abbreviato, altri sono in attesa di giudizio.

Qualcuno degli arrestati in attesa di giudizio, però, si trova a piede libero. E gira davanti al negozio di N.R., sito nel centro di Vibo Valentia. Lui ha segnalato la cosa alle forze dell’ordine ma non si sente ancora protetto a dovere. La vice Presidente della Commissione Antimafia, Angela Napoli, ha denunciato più volte questa situazione, anche in una interrogazione parlamentare.

Nella lettera inviata a Ciampi, e anche al Prefetto, scrive: "Quando, signor presidente, nel mese di gennaio è venuto in visita a Vibo Valentia, invitò tutta la cittadinanza a ribellarsi di fronte alla mafia e al malaffare, in quanto lo Stato l’avrebbe protetto. Signor presidente, di quale Stato intendeva parlare? Di quello che da noi non si è mai visto? Ecco perché a prosperare poi sono sempre la mafia e l’omertà". Il fotografo ha accompagnato la lettera con un gesto eclatante: la restituzione della croce di Cavaliere della Repubblica che gli fu stata consegnata qualche anno fa per meriti acquisiti sul lavoro.

N.R. è stato vessato per oltre dieci anni dai "cravattari", ai quali aveva dovuto versare, in 10 anni, oltre 1.300.000 euro, con interessi del 120% all’anno. L’indagine, in un primo momento istruita dalla procura della Repubblica di Vibo Valentia, è passata poi alla competenza funzionale della DDA di Catanzaro.

Milano: evade da comunità terapeutica e sceglie il carcere

 

Apcom, 15 ottobre 2005

 

Un uomo di 55 anni, A.L., questa mattina si è presentato al carcere di San Vittore spiegando di aver lasciato la comunità terapeutica dove si trovava agli arresti domiciliari dal 30 settembre scorso quando aveva patteggiato la condanna a otto anni di reclusione per traffico di droga.

"Ho deciso che sto meglio in carcere, in comunità non voglio più tornare", diceva l’uomo. A San Vittore verificavano che l’uomo era evidentemente evaso e lo facevano entrare nelle camere di sicurezza. Domani mattina A.L. sarà processato per direttissima e riuscirà a soddisfare il suo desiderio di stare a San Vittore invece che in comunità.

Roma: carcere di Rebibbia, promossi 9 detenuti - arbitri

 

Roma One, 15 ottobre 2005

 

Carlo, Mirko, Vincenzo, Fabrizio, Dino, Ugo, Massimo, Dante e Piero. Non saranno futuri Pierluigi Collina, ma intanto tra le mura di Rebibbia hanno imparato ad arbitrare e magari, una volta scontata la pena, quello della giacchetta nera potrà essere un passatempo piuttosto che un’attività di reinserimento nel tessuto sociale.

Otto detenuti (Carlo ha terminato di scontare la pena da pochi giorni, ndr) sono stati premiati stamattina sul campo da calcio dell’istituto circondariale romano, dal delegato allo sport del Campidoglio, Gianni Rivera, dal presidente nazionale del settore giovanile scolastico della Figc, Luigi Agnolin e dal vicedirettore della struttura, Marco Granelli. I ragazzi, visibilmente soddisfatti per il riconoscimento, da luglio ad inizio ottobre 2005 hanno seguito un corso per direttori di gara sotto l’egida di due istruttori, Orlando Giovanetti dell’Unione Italiana Sport Per Tutti (Uisp) e Daniele Rosini, del Centro Sportivo Italiano (Csi). Per apprendere i segreti dell’arte arbitrale - che potranno esercitare spolo nei tornei Uisp - i nostri hanno sfruttato le due ore d’aria giornaliere a disposizione dalle 13 alle 15, "scegliendo" il periodo estivo perché alcuni di loro erano impegnati nei recuperi scolastici. L’iniziativa, fortemente voluta dalla Uisp in collaborazione con il Csi, ha avuto l’indispensabile sostegno degli educatori del carcere, guidati da Piero Marziali, del responsabile delle attività culturali e sportive, Antonio Turco, senza dimenticare la disponibilità degli agenti penitenziari.

Il presidente dell’Uisp, Andrea Novelli, primo a prendere la parola, ha ribadito come quello odierno rappresenti il primo passo di un percorso "che porti ad un’attività professionale che abbia una solidità economica, un contributo per dare un’opportunità a queste persone". "Si tratta di un’iniziativa importante - afferma invece Rivera - perché dimostra che siamo tutti esseri uguali e che nella vita si può sbagliare. Magari c’è chi paga per piccoli errori e chi ne fa più grandi senza avere conseguenze - aggiunge l’ex Golden Boy tra gli applausi dei reclusi presenti - Gli Internati hanno vinto per due volte la Coppa Disciplina, non vorrei che con gli arbitri ora la perdiate".

"Mi ha convinto Orlando Giovanetti a fare il corso - rivela Piero detto Er Vipera, 45 anni, romano dell’Alessandrino che uscirà nel 2010 - Abbiamo ricevuto attenzione dai nostri amici, anche se un po’ di ironia c’era. Cosa farò da grande? Ho già un lavoro in una ditta che si occupa di spedizioni, ma l’arbitro lo vorrei fare come hobby. Ho una grande passione, la Roma". Tifoso della Maggica, con tanto di maglia ufficiale, Dino, 38 anni da Monteverde Nuovo, ha superato l’esame finale con 27/30. "Ho preso il fischietto in bocca per curiosità e perché amo lo sport in generale, tennis e volley in particolare - ci dice con un enorme sorriso - Fuori di qui farò il perito elettronico, ma non dimenticherà la divisa da direttore di gara nell’armadio". Ultimo a dire la sua tra gli ospiti della struttura sulla Tiburtina è Corrado, 31 anni, di Latina. "Qui dentro ho seguito corsi da cameraman, teatro e giardinaggio e devo ringraziare gli agenti perché con noi sono disponibili. Lo faccio per passare il tempo e per avere più possibilità in futuro - ci spiega - sto terminando l’ultimo anno di ragioneria. futuro? L’unica certezza che ho è che Di Canio al derby del 23 ottobre farà finta di dormire prima di segnare ed esultare sotto la curva sud. Lo scorso 6 gennaio quando ha segnato ho svegliato mezza San Basilio". Per rendere più "leggera" la propria permanenza, Tommaso, ha chiesto alle autorità presenti un intervento per ristrutturare il campo da tennis e quello da calcio. Infine, sempre nell’ambito dell’attività ricreative di Rebibbia, il 26 ottobre andrà in scena l’opera "Ma che razza di città", fatica di 56 detenuti dedicata a Pasolini; nell’occasione verrà presentato il volume "L’umana realtà", una sorta di contrappasso dantesco nel quale un anomalo Virgilio ci racconta la realtà carceraria, descritta dai reclusi stessi.

Homeless: lunedì la "Notte dei senza dimora" in 13 città

 

Redattore Sociale, 15 ottobre 2005

 

Svegliarsi all’aperto, frastornati e con le ossa rotte. Magari dopo aver dormito solo uno scampolo di notte, rotto dal lavoro dei netturbini o dal fragore di uno schiamazzo, stretti nella fredda angustia di un marciapiede. Questo è il risveglio di migliaia di persone nel nostro Paese, costrette a sopravvivere a notti estive e invernali senza un tetto sulla testa. Nessuno sa quanti siano i senza fissa dimora in Italia: le stime degli ultimi anni variano da 17mila a 220mila persone. Se il censimento venisse fatto lunedì 17 ottobre, Giornata mondiale Onu di lotta alla povertà, ce ne sarebbe qualche centinaio in più. Sono i partecipanti alla sesta edizione de "La notte dei senza dimora", evento di sensibilizzazione alle problematiche della povertà e dell’emarginazione sociale organizzato dal mensile di strada "Terre di mezzo" e dall’omonima associazione di volontariato, in programma a Milano e in altre 12 città italiane (Roma, Como, Bergamo, Bari, Bologna, Cremona, Vicenza, Rimini, Trento, Pisa, Grosseto, Pavia). Questa mattina a Milano è stata presentata la notte milanese, che si svolgerà nella cornice di piazza Santo Stefano a partire dalle 18.30. Il programma prevede una tavola rotonda sul tema della povertà a Milano, concerti dei complessi di strada "BarBoonBand" e "Giù il cappello", spazi di presentazione delle associazioni aderenti all’iniziativa e proiezioni di cortometraggi a sfondo sociale, fino alle 24. Poi tutti a dormire, almeno per una notte, condividendo il letto dei più sfortunati.

La Notte dei senza dimora di Milano è stata patrocinata dalla Regione Lombardia, dalla Provincia e dal Comune di Milano, che ha anche patrocinato l’iniziativa. "Il Comune fa molto per i senza dimora - dice Angelo Menegatti, direttore del Settore adulti dei Servizi sociali del Comune di Milano -. Mettiamo a disposizione un migliaio di posti letto durante tutto l’arco dell’anno, a cui si sommano circa 800 posti in occasione del Piano emergenza freddo", di cui si parlerà anche in occasione della tavola rotonda di lunedì 17, a cui prenderanno parte Tiziana Maiolo, assessore alle politiche sociali del Comune di Milano; don Roberto Davanzo, direttore della Caritas ambrosiana; Paolo Pezzana, presidente della Fiopsd, e i giornalisti Piero Colaprico (Repubblica) e Miriam Giovanzana (Terre di mezzo editore e Altreconomia). "Un’occasione per incontrare tutte le realtà che si occupano di senza fissa dimora da punti di vista diverso dal nostro", aggiunge Menegatti, in riferimento alle realtà che hanno aderito all’edizione 2005 della Notte senza dimora: Amici di Gastone, Effatà, Sos Stazione Centrale, Casa dell’accoglienza, Cena dell’amicizia, Naga, Ronda della Carità, Cast, City Angels, Fiopsd e Centro aiuto Stazione Centrale del Comune di Milano. La "Notte senza dimora" di Milano avrà luogo in piazza Santo Stefano (MM Duomo, nei pressi di via Larga). In caso di pioggia gli appuntamenti si trasferiranno poco lontano: la tavola rotonda presso la sede della Caritas ambrosiana in via San Bernardino,4 e le altre attività sotto i portici di piazza Diaz. Programma e informazioni su www.terre.it

Volontariato: le associazioni sono cresciute in 2 anni del 14,9%

 

Redattore Sociale, 15 ottobre 2005

 

Un settore che sembra non conoscere crisi: è quello delle organizzazioni di volontariato, cresciute nell’arco di due anni del 14,9%, con un forte radicamento nel Nord-est del Paese e una "predilezione" ormai più che confermata per i settori della sanità e dell’assistenza sociale (anche se aumentano quelle impegnate nella cultura, protezione civile e dell’ambiente). E i volontari? Più uomini che donne: è quanto emerge da una prima lettura dalla quinta rilevazione dell’Istat, fatta tra il 2004 e 2005, sulle organizzazioni iscritte nei registri regionali e provinciali del volontariato al 31 dicembre 2003. I dati raccolti sono stati presentati oggi in anteprima, in occasione delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile di Aiccon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit); rispetto alla precedente analisi (riferita 2001), si assiste a un incremento del 14,9%; confrontando invece con la prima rilevazione (1995), le organizzazioni sono aumentate del 152,0%, passando da 8.343 a 21.021. Un salto notevole, quest’ultimo, legato sia alla costituzione di nuove unità (8.530), che all’iscrizione nei registri di organizzazioni preesistenti (4.148). Nel 2003, per ogni organizzazione che ha cessato la propria attività se ne sono iscritte ai registri più di 10; la quinta rilevazione Istat conferma inoltre alcune delle caratteristiche dell’universo delle organizzazioni di volontariato, a partire dal forte radicamento nelle regioni settentrionali, anche se negli anni aumentano in misura relativamente più accentuata le unità presenti al Sud. A ciò si aggiunge la prevalenza relativa di piccole dimensioni organizzative, la maggiore presenza, tra i volontari, di uomini, di persone in età compresa tra i 30 e i 54 anni, diplomate e occupate; ancora, la concentrazione relativa di unità nei settori della sanità e dell’assistenza sociale, anche se cresce nel tempo il numero delle organizzazioni che operano in settori meno "tradizionali". A livello di distribuzione sul territorio, nel 2003 il 28,5% delle organizzazioni di volontariato risulta trovarsi nel Nord-ovest, il 31,5% nel Nord-est, il 19,3% nel Centro e il 20,7% nel Sud e Isole. Rispetto al 1995 le organizzazioni crescono più della media nazionale (+152,0%) nel Mezzogiorno e nel Nord-est (rispettivamente +263,1% e +161,9%). Come già rilevato nel 1995, anche nel 2003 le regioni con il maggior numero di organizzazioni sono la Lombardia, la Toscana, l’Emilia-Romagna e il Veneto; in coda le regioni più piccole, Molise e Valle d’Aosta. La concentrazione delle organizzazioni sul territorio si è tuttavia ridotta nel tempo: infatti, se nel 1995 il 58,9% delle iscritte nei registri era localizzato nelle prime quattro regioni, nel 2003 la percentuale scende al 46,8%. L’incremento del numero di organizzazioni è caratterizzato da un’ampia variabilità, anche all’interno della medesima area geografica; le regioni che tra il 1995 e il 2003 mostrano un tasso di crescita superiore al 300% sono la Sicilia, il Molise, la Campania, le province autonome di Trento e Bolzano, la Basilicata e le Marche. Al contrario, l’unica regione con un tasso di crescita inferiore al 75% (circa la metà di quello nazionale) è la Toscana che, tuttavia, è tra quelle con la più alta presenza di organizzazioni.

Le differenze tra regione e regione possono essere confrontate in modo più approfondito rapportando il numero di organizzazioni alla dimensione regionale, espressa in termini di popolazione residente al 31 dicembre 2003. Ne risulta così un indice di densità organizzativa che per l’Italia è di 3,6 organizzazioni ogni 10.000 abitanti; valori più elevati della media nazionale si riscontrano in Trentino-Alto Adige (17,9 organizzazioni ogni 10.000 abitanti), Valle d’Aosta (7,4), Sardegna (6,5) e Toscana (6,0). In base all’indice di densità organizzativa, solamente la Toscana conferma la sua posizione tra le regioni con il più alto numero di organizzazioni iscritte; subiscono invece un ridimensionamento Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, che si collocano tra quelle a media densità. Viceversa e sempre in termini di densità, sono numericamente più consistenti il Trentino-Alto Adige, la Sardegna, e, soprattutto, la Valle d’Aosta. Circa il periodo di costituzione, la creazione di nuove unità ha avuto un notevole incremento negli anni 1991-1995, epoca in cui è nato il 20,8% delle organizzazioni iscritte nei registri regionali alla fine del 2003; il processo è continuato con maggiore intensità negli anni successivi, con la costituzione di un numero di organizzazioni pari al 40,6% (27,3% nel periodo 1996-2000 e 13,3% nel periodo 2001-2003, che tuttavia è riferito solo a un triennio anziché a un quinquennio).

 

Quinto rapporto Istat. Organizzazioni "snelle", a livello di componenti, con una forte rappresentanza maschile. Nel 2003 più della metà delle organizzazioni di volontariato italiane (53,3%) ha agito con meno di 21 volontari

 

Organizzazioni "snelle", a livello di componenti, con una forte rappresentanza maschile. Nel 2003, più della metà delle organizzazioni di volontariato italiane (53,3%) "agisce" con meno di 21 volontari, mentre la quota era pari al 49,8% nel 1995: è quanto emerge dalla quinta rilevazione dell’Istat. A fronte dell’aumento delle unità, il numero medio di volontari per organizzazione cala attestandosi a 39 unità nel 2003 contro le 58 del 1995. La classe "dimensionale" che raccoglie il maggior numero di organizzazioni rimane quella con 11-20 volontari, dove si concentra il 28,3% del totale. Sempre nel 2003, le organizzazioni iscritte ai registri regionali impiegano circa 12 mila dipendenti e 826 mila volontari. Rispetto al 1995, i dipendenti sono aumentati del 77,0%, i volontari del 71,4%. Il ricorso a dipendenti da parte delle organizzazioni di volontariato rimane molto contenuto: sebbene, rispetto al 1995, il numero delle organizzazioni con almeno un dipendente raddoppi in termini assoluti (da 1.074 a 2.220), la loro quota sul totale delle unità diminuisce (dal 12,9% al 10,6%). La distribuzione per area geografica dei volontari è analoga a quella delle organizzazioni, con una maggiore concentrazione (59,9% nel 2003) nelle regioni settentrionali. Inoltre, così come rilevato per le organizzazioni, l’incremento di volontari proporzionalmente maggiore si riscontra nelle regioni del Sud, dove sono quasi triplicati rispetto a quelli rilevati nel 1995.

Come già risultava nelle precedenti rilevazioni, i volontari uomini prevalgono sulle donne: 54,4% contro 45,6%. Negli anni, tuttavia, si osserva un aumento costante della quota delle "lei", che costitutiva il 40,1% dei volontari nel 1995. I volontari rappresentano tutte le classi di età, anche se predomina la fascia compresa tra i 30 e i 54 anni (41,1%). Più della metà è occupata (52,2%), il 29,5% è pensionato e il 18,3% in altra condizione (studenti, casalinghe, disoccupati). Il 12,8% è laureato, il 44,4% in possesso del diploma di scuola media superiore, mentre il 42,8% ha un titolo di studio più basso.

La sanità (28,0%) e l’assistenza sociale (27,8%) si confermano i settori dove opera il maggior numero di organizzazioni. Tuttavia, tra il 1995 e il 2003 la quota percentuale diminuisce di 14,4 punti percentuali nella sanità e di 2,7 punti percentuali nell’assistenza sociale, mentre aumentano i settori della ricreazione e cultura, protezione civile e protezione dell’ambiente, dove si passa, rispettivamente, dall’11,7% al 14,6%, dal 6,4% al 9,6% e dal 2,2% al 4,4%. Il confronto con le rilevazioni precedenti mostra, soprattutto dal 1999, un’inversione di tendenza rispetto alla specializzazione settoriale. Infatti, le organizzazioni monosettoriali erano il 58,9% nel 1997, per poi iniziare a scendere negli anni successivi fino al 35,5% nel 2003. Aumentano, rispetto al 1995, le organizzazioni attive in 2 settori, quelle operanti in 3 settori e le attive in 4 o più settori. La tendenza verso una minore specializzazione settoriale è accompagnata dall’aumento della specializzazione nell’offerta di servizi, in coerenza con la diminuzione delle dimensioni medie in termini di volontari attivi. I servizi più diffusi sono quelli relativi all’ascolto, sostegno e assistenza morale e alla donazione di sangue (offerti, rispettivamente, dal 19,9% e dal 17,4% delle organizzazioni). Seguono i servizi ricreativi e di intrattenimento (14,5%), l’accompagnamento e inserimento sociale (13,0%), la realizzazione di corsi tematici (12,9%).

Cresce il numero di organizzazioni che offrono servizi all’utenza: nel 2003, le organizzazioni con utenti diretti sono 15.652 (7.862 nel 1999 e 13.451 nel 2001), e rappresentano il 74,5% delle organizzazioni iscritte. In aumento anche il numero degli utenti, che passano da 2,5 milioni nel 1997 a circa 6,8 milioni nel 2003. Le categorie con maggiori frequenze sono quelle dei malati e traumatizzati (51,6%), degli utenti senza specifici disagi (9,9%), degli anziani autosufficienti (9,4%), dei minori (7,7%), degli immigrati (4,3%), dei disabili (2,8%), degli individui in difficoltà economica (2,5%), dei familiari di persone con disagio (2,4%), degli anziani non autosufficienti (2,2%) e dei senza tetto (1,1%).

Homeless: 17 ottobre, giornata mondiale di lotta alla povertà

 

Fiopsd, 15 ottobre 2005

 

Il 17 ottobre, giornata mondiale Onu contro la povertà, non è una festa. Nonostante per celebrarla spesso si ricorra anche a manifestazioni allegre, colorate e gioiose, non è questa un’occasione di felice spensieratezza. La povertà sta dilagando, incessante, tumultuosa, spesso anche fragorosa ben oltre i limiti fisici e geografici in cui le nostre società occidentali l’avevano confinata sino a poco tempo addietro. Gli oltre 60 enti italiani associati a Fio.psd negli ultimi anni stanno cominciando ad incontrare quotidianamente, nei propri servizi, persone e situazioni che solo cinque o dieci anni fa sarebbe stato impensabile immaginare "senza dimora", eppure lo sono!

Le analisi sulla povertà condotte nel nostro Paese, solo per rimanere all’Italia, ci restituiscono una fotografia parziale del fenomeno. Le indagini sui consumi effettuate dall’Istat, per quanto attendibili, non bastano a rendersi davvero conto di quanto sia grave la situazione in cui ci troviamo. Sappiamo che il 13,2% della popolazione italiana vive in condizioni di povertà relativa; sappiamo anche che in Europa, secondo Eurostat, ben 72 milioni di cittadini sono a rischio di povertà. Tutto questo ci inquieta, ma ci inquieterebbe ben di più se potessimo disporre di dati sulla povertà assoluta, quella di coloro che da soli non riuscirebbero a sopravvivere, ed in particolare di coloro che vivono la strada come unica possibilità di vita, in una logorante e micidiale sfida quotidiana per giungere al giorno successivo. Tra questi oggi incontriamo persone e famiglie, anziani e giovani, abili e disabili, sani e malati, stranieri e italiani, cittadini e non cittadini. Li vediamo, passiamo loro accanto, tentiamo anche di allestire servizi per venire loro maggiormente incontro, ma la sensazione che ci pervade è quella dell’impotenza.

Le politiche economiche neoliberiste di questi ultimi anni, la mancata attuazione della legge 328, la progressiva e sistematica demolizione del sistema italiano di welfare, la residualità ed il volontarismo pietista in cui sono state confinate le politiche sociali non ci permettono neppure di capire, attraverso una ricerca seria e doverosa, quante e chi siano oggi queste persone, che bisogni e che domande portino, cosa sarebbe possibile e necessario fare per aiutarle seriamente. Le risposte in campo sembrano affidate alla sola beneficenza privata, ed il disegno di legge finanziaria che il governo sta discutendo in parlamento ne è l’ennesima sciagurata conferma.

Non si può essere spensierati davanti a questo quadro, e non si può neppure pensare che basti sensibilizzare l’opinione pubblica, scopo di tutte le manifestazioni di oggi, per muovere passi davvero in avanti nella lotta alla povertà. Serve uno sforzo straordinario di responsabilità da parte di tutti coloro che hanno la possibilità di fare qualcosa, perché ignorare la povertà e marciare diritti in avanti dentro questo modello di sviluppo, che per contenere istituzionalmente il disagio sembra capace solo di immaginare carcerazione e risposte militari, significa minare ogni possibilità di coesione sociale e alimentare un conflitto deflagrante che da qui a poco potrebbe travolgere tutti.

In occasione della giornata mondiale contro la povertà, cercando di farsi voce delle sempre più numerose persone senza dimora cui la voce è negata, Fio.psd chiede quindi con forza:

all’Unione Europea di farsi carico con forza del problema sociale della povertà all’interno della nuova strategia di Lisbona, affinché non si generi una cultura solo economica della crescita, del lavoro e della competitività, ma si tenga presente che la sostenibilità dello sviluppo europeo è legata indissolubilmente alla capacità del suo modello sociale di essere pienamente inclusivo verso tutti i cittadini.

Al Governo Italiano di dare piena attuazione alla legge 328 del 2000, in particolare:

Garantendo il finanziamento del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali al momento indebitamente privato anche del 50% risorse già stanziate lo scorso anno;

Definendo entro fine legislatura i livelli essenziali di assistenza sociale, specie nella parte riguardante i servizi territoriali per le persone senza dimora ed il reddito minimo di inserimento che la legge prevedeva;

Impegnandosi a fondo, attraverso la Commissione di Indagine sull’Esclusione Sociale ed il contributo degli enti operanti nel settore, per realizzare una ricerca nazionale quantitativa e qualitativa, sul fenomeno della grave emarginazione adulta.

Ai Governi regionali e degli enti locali, di utilizzare tutte le competenze loro riconosciute dalla Costituzione per garantire l’effettività dei diritti dei loro cittadini più poveri, evitando in particolare il taglio di risorse ai servizi, pubblici e privati, che abbiano dimostrato negli anni di saper operare al fianco delle persone senza dimora non in maniera puramente assistenzialista, ma con logiche progettuali di accompagnamento sociale e promozione umana.

Ai soci della Federazione, di rilanciare il proprio impegno professionale e progettuale non solo nelle attività di servizio ma anche nel settore delle politiche sociali, per esercitare il proprio imprescindibile ruolo di advocacy ed essere, verso tutti i livelli istituzionali, propositivi e stimolanti.

A tutti i cittadini che oggi sentiranno parlare della giornata mondiale contro la povertà, di non considerare questo momento una ipocrisia, ma un’occasione per domandarsi se davvero tutto questo non li riguardi e non li interpelli molto da vicino. Per tutti questi interlocutori, la Fio.psd ed i suoi soci sono a disposizione, qualora intendano raccoglierne il grido. Ci auguriamo avvenga.

 

Genova, 17 ottobre 2005

 

 

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