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Ex Cirielli: Udc frena il pdl alla Camera, forse emendamenti
Reuters, 3 novembre 2005
Il premier Silvio Berlusconi aveva previsto di arrivare a Montecitorio stamattina per assistere all’ultimo passaggio parlamentare della proposta di legge su recidiva e prescrizione, la cosiddetta ex Cirielli, ma ha dovuto cambiare programma quando l’Udc, partner di governo, ha messo all’ultimo minuto un nuovo ostacolo all’approvazione. Del voto sulla legge che l’opposizione ha ribattezzato salva-Previti, perché risolverebbe le pendenze giudiziarie dell’ex avvocato di Berlusconi, se ne parlerà alla Camera non prima della prossima settimana, come prevedeva in un primo tempo il calendario di Montecitorio, prima che Forza Italia lanciasse l’ipotesi di un’anticipazione ad oggi. "Il gruppo dell’Udc alla Camera ritiene opportuno mantenere il calendario stabilito e non anticipare la discussione della pdl", dice un comunicato del partito centrista letto ai giornalisti dal neosegretario Lorenzo Cesa. "Il gruppo ritiene necessario un approfondimento su eventuali profili di incostituzionalità che riguarda la norma transitoria introdotta al Senato - il prolungamento di un anno del termine di prescrizione soltanto per i processi ora in Cassazione", prosegue la nota. Su questo punto l’Udc valuterà se proporre un emendamento, il quale, se fosse approvato, comporterebbe un allungamento dei tempi di approvazione della legge, che tornerebbe al Senato. Che l’Udc intenda tenere la corda tesa sulla ex Cirielli, magari in cambio di contropartite in Finanziaria da parte del governo,emerge anche dalle dichiarazioni della vice-segretaria e responsabile giustizia del partito, Erminia Mazzoni. "Non so se la settimana prossima potremo discutere la ex Cirielli. È una cosa che andrà valutata in relazione alle obiezioni che abbiamo sollevato sui profili di incostituzionalità, ha detto al termine della riunione dei deputati. La proposta di legge che inasprisce le pene per i recidivi e riduce i tempi di prescrizione di molti reati, è stata approvata dal Senato alla fine di luglio, ma da allora non si sono placate le polemiche sugli effetti che potrebbe avere sui processi in corso. Alcuni giorni fa la Corte di Cassazione, in un carteggio col Ministero della Giustizia, ha rilevato che dei processi pendenti presso di sé, per effetto della "ex Cirielli" andrebbero in prescrizione fra il 42,02% e il 49,09%, con il record dell’81,4%-88,8% per il reato di corruzione. I dati provenienti da diversi tribunali italiani confermano che la legge passerebbe un colpo di spugna su alte percentuali di processi in corso di primo e secondo grado. In particolare, secondo una ricerca effettuata dall’Associazione nazionale magistrati, nel distretto giudiziario di Milano, si azzererebbe il 78% dei processi attualmente in corso con l’imputazione di corruzione. Il ministro della Giustizia Roberto Castelli ha espresso riserve sui metodi di rilevazione utilizzati dalla Cassazione, mentre il premier Silvio Berlusconi ha definito "sacrosante e giuste" questa come tutte le altre leggi definite dai suoi avversari ad personam. Giustizia: Manconi; varare provvedimenti giusti, non la ex Cirielli
Adnkronos, 3 novembre 2005
"La Cdl preferisce perseguire una amnistia occulta come sarà la ex Cirielli. Compito del centrosinistra, invece, è varare provvedimenti che siano di giustizia". Lo afferma a "Il Mattino" il responsabile nazionale Diritti Civili per i Ds, Luigi Manconi. "Già nel corso di questi anni - dice Manconi - i Ds hanno sostenuto non solo l’opportunità ma addirittura l’urgenza di una misura di clemenza. Ancor più so che questo sarà uno degli obiettivi di un eventuale governo di centrosinistra". "In questa legislatura - prosegue Manconi - è stata la maggioranza di centrodestra a ostacolare questi provvedimenti. È passato solo l’indultino, un risultato avaro, avarissimo ottenuto superando le resistenze di An e Lega". E, riguardo l’attuale situazione nelle carceri italiane, Manconi sottolinea ancora: "Basti ricordare che nel corso di questa estate si è raggiunto il numero di 60 mila detenuti a fronte di una capienza di 42mila; un tetto mai toccato nel corso dell’intera nostra storia repubblicana". "Il tasso di carcerizzazione, il rapporto tra popolazione generale e carceraria - dice ancora Manconi - è uguale a quello dell’immediato secondo dopoguerra, quando in Italia le condizioni erano incomparabilmente diverse". Giustizia: Pisapia (Prc); positiva la discussione sul garante
Ansa, 3 novembre 2005
Giuliano Pisapia, responsabile giustizia del Prc e primo firmatario della proposta di legge per istituire il garante per i diritti delle persone private della libertà, saluta l’inizio del dibattito alla Camera, ma chiede anche che "il parlamento passi dalle parole ai fatti". "A fronte delle drammatiche condizioni di vivibilità all’interno delle nostre carceri e dell’esigenza (sempre più sentita, anche a livello internazionale) di garantire la tutela dei diritti fondamentali in tutti i luoghi di privazione della libertà personale, è estremamente positivo - afferma Pisapia - che il Parlamento abbia avviato la discussione in aula del provvedimento che istituisce, sulla scia dell’esperienza positiva di altri paesi europei, il garante nazionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale". Si tratta, spiega Pisapia, di creare "una figura autonoma e indipendente con poteri di mediazione, prevenzione e controllo, che ha il compito di verificare le condizioni di detenzione e la loro compatibilità con i nostri principi costituzionali e con le convenzioni internazionali ratificate dall’Italia, a garanzia di un dignitoso trattamento di tutte le persone private della libertà personale". "Anche in considerazione dell’ampio consenso - sottolinea Pisapia - che, sin dall’inizio della legislatura, ha registrato tale provvedimento, auspico che il Parlamento passi finalmente dalle parole ai fatti, arrivando al più presto, dopo anni di dibattito, all’istituzione di una figura che, senza dubbio, può far compiere al nostro paese un passo in avanti sul terreno della tutela dei diritti dei detenuti, spesso, nei fatti, calpestati". Giustizia: Capece (Sappe); mancano 3.000 agenti penitenziari
Ansa, 3 novembre 2005
Un potenziamento dell’organico della polizia penitenziaria del carcere di Genova Marassi di 50 unità è quanto chiederà il Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria, attraverso il segretario generale Donato Capece che oggi ha fatto visita all’istituto di pena genovese, al sottosegretario alla giustizia con delega sulle carceri Luigi Vitali. In Italia - ha aggiunto Capece - occorrono almeno 3000 unità in più per poter assicurare i diritti ai lavoratori. Capece ha inoltre auspicato un decongestionamento degli istituti di pena italiani attraverso un maggior ricorso all’area esterna della direzione penale per coloro che devono scontare pene per reati minori. Il segretario del Sappe ha infatti ricordato che il costo di un detenuto adulto allo Stato è stimabile in 700 euro al giorno e quello di un minore in mille. Nel corso della riunione sono emersi inoltre i disagi degli agenti che denunciano il sovraffollamento, con le conseguenti difficoltà a lavorare in un carcere dove a fronte di una situazione ottimale che prevede la presenza di 450 detenuti, ne accoglie invece 700 circa, con una media di otto detenuti per cella dove invece dovrebbero essercene quattro. Inoltre - è stato evidenziato - la sera, dalle 20 in poi, ogni 300 detenuti restano in servizio solo due agenti. Un ulteriore carico di lavoro per il personale di polizia penitenziaria che deve garantire la sicurezza dell’istituto con 200 unità distribuite sulle 24 ore - ha proseguito Capece - è dato "dalle troppe attività sociali messe in atto a favore dei detenuti. I numerosi corsi che si distribuiscono su tutta la giornata pesano molto sul già esiguo numero di agenti". A questo si aggiunge poi il servizio di traduzione e piantonamento al tribunale al quale sono destinate 80 persone. "Se a Marassi arrivassero 50 unità in più - ha proseguito Capece - potremmo stornarne una ventina in aggiunta al servizio di traduzione, che spesso necessita della scorta". "In passato i carabinieri, su scala nazionale - ha concluso Capece - destinavano a questo servizio 10 mila uomini, mentre noi lo facciamo con tre mila unità, oltre al fatto che di recente, col decreto Pisanu, sono diventate di nostra competenza anche le notifiche". Il segretario del Sappe ha anche ricordato l’importanza della permanenza in forza effettiva dei 500 ausiliari che stanno terminando il periodo di leva. Benevento: detenuto suicida; era in cella solo, ma sempre controllato
Il Mattino, 3 novembre 2005
Si indaga ancora sul suicidio di Cosimo Altieri, 31 anni, avvenuto nel carcere Capodimonte. Ancora un decesso tra i reclusi, che fa discutere più in generale sulla condizione dei detenuti e sulla normativa vigente in tema di benefici, tra cui gli arresti domiciliari e l’invio in strutture specializzate. "Non erano trascorsi più di dieci minuti dal precedente controllo". Così la vice direttrice dell’istituto di pena di contrada Capodimonte Armanda Rossi, ricorda quanto è accaduto al momento del ritrovamento del corpo di Cosimo Altieri impiccatosi con dei lacci da scarpa alla porta della cella. "L’agente di polizia penitenziaria - aggiunge la vice direttrice - solo pochi minuti prima aveva constatato che Altieri era in vita. Ed anche la scoperta del corpo penzoloni è stata celere, come con altrettanta tempestività c’è stato l’intervento della struttura sanitaria del carcere che ha anche richiesto l’intervento del 118". E finora del resto non sarebbe emerso nulla per poter ipotizzare una sottovalutazione delle condizioni in cui si trovava il detenuto. Oggi vi sarà l’autopsia sul corpo di Cosimo Altieri, disposta dal sostituto procuratore della Repubblica Giovanni Tartaglia Polcini. La eseguirà il prof. Piero Ricci e fra una sessantina di giorni si avranno le conclusioni. Cosimo Altieri, era stato arrestato perché trovato in possesso di droga, e si è impiccato nella sua cella d’isolamento. Sulle cause della morte di Cosimo Altieri nessun dubbio che si è trattato di un suicidio per impiccagione. Gli accertamenti hanno riguardato soprattutto l’efficacia della vigilanza che era stata istituita nei confronti di questo detenuto a rischio. Per le sue condizioni particolari, tenuto conto che era affetto da depressione, accompagnata dalla volontà di porre in essere atti autolesionistici, era stato collocato in una cella senza altri detenuti. Inoltre si trattava di una cella dove non c’erano oggetti che potevano appunto agevolare un gesto disperato. Ma nonostante ciò il suicidio è avvenuto, e Altieri ha mostrato una grande lucidità nell’attuare questo suo gesto disperato. Un elemento questo tipico di coloro che hanno deciso di porre fine alla propria esistenza che molto spesso riescono ad eludere ogni forma di vigilanza. Gli avvocati che hanno assistito il suicida sono Alberto Simeone e Ernesto Profeta. Da alcuni mesi avevano seguito il suo caso prima ottenendo che andasse in una comunità in provincia di Ravenna, e poi una volta che questo beneficio gli era stato revocato perché aveva disatteso le prescrizioni per cercare di ottenere la concessione degli arresti domiciliari. E probabilmente proprio il comportamento tenuto dall’imputato, in occasione dell’invio alla comunità, deve aver condizionato la valutazione del magistrato che venerdì scorso aveva notificato ai legali il diniego alla concessione degli arresti domiciliari. Francia: battaglia legale su caso detenuto morto nel 1998
Redattore Sociale, 3 novembre 2005
Una morte senza colpevoli. L’unica responsabile del suicidio di Eric S., morto per impiccagione il 15 marzo 1998 nella casa circondariale francese di Osny (nella val d’Oise), sembra essere la depressione che affliggeva il trentacinquenne detenuto, condannato a otto anni di carcere per aver picchiato a morte la sua compagna. Eppure la madre di Eric aveva sporto denuncia contro la direttrice del carcere, Bénédicte Martin, accusandola di omicidio involontario per omissione nella somministrazione di cure mediche al figlio. Pochi giorni fa, il 19 ottobre, la corte d’appello di Versailles, che nel maggio 2004 aveva messo la direttrice del carcere sotto indagine, ha stabilito il "non luogo a procedere" nei suoi confronti. Ne dà notizia oggi il quotidiano francese Le Monde, ricordando che si tratta della seconda decisione del genere adottata in Francia, dopo il caso dell’ex direttore della prigione parigina della Santé, a sua volta perseguito per il suicidio di un detenuto. Secondo la madre di Eric S., che probabilmente ricorrerà in Cassazione contro la decisione della Corte d’appello, l’amministrazione carceraria non ha rispettato le regole in materia di assistenza medica dei detenuti. Secondo la donna, Eric non avrebbe più visto medici dopo il suo arrivo ad Osny: sebbene la legge imponga che venga effettuata una visita entro 24 ore dall’arrivo, il detenuto avrebbe ricevuto soltanto la visita di un’infermiera. Eric aveva un profilo psicologico depressivo e seguiva un trattamento antidepressivo e ansiolitico che, in mancanza di visita medica, venne interrotto. Inoltre, la madre sostiene che il carcere di Osny non poteva ignorare il caso di Eric, già ospitato due anni prima in detenzione provvisoria nella stessa struttura. Ne danno prova i rapporti di due esperti che descrivono Eric come un soggetto già preso in cura per alcolismo e uso di droghe, che pensava alla "necessità di porre fine ai propri giorni". Ma i rapporti vengono archiviati e, al suo ritorno in prigione, Eric non reclama alcuna cura. Secondo esperti diversi, Eric, convinto della sua innocenza, si chiude in una ‘sofferenza silenziosà e decide del suo suicidio durante una crisi d’angoscia. La drastica interruzione del trattamento antidepressivo non venne presa in considerazione come causa del suicidio. Già nel dicembre 2003 il giudice istruttore di Pontoise aveva emanato un’ordinanza di non luogo a procedere nei confronti della direttrice del carcere, poi congelata da un supplemento d’indagine stabilito dalla corte d’appello, che alla fine ha confermato il non luogo a procedere. Secondo la corte, nel caso di Eric la normale diligenza in materia di cure non è stata soddisfatta: il dossier medico è stato aperto ma la visita non ha mai avuto luogo. Nonostante questo, le falle dell’organizzazione medica non bastano a stabilire la responsabilità personale della direttrice del carcere, che risulta non avere violato i suoi obblighi di prudenza e sicurezza. Non c’erano regole scritte sull’accoglienza dei detenuti, affidata alla società privata Gepsa: "la procedura del servizio medico per i nuovi arrivati è stata formalizzata soltanto dopo il suicidio di Eric", hanno notato i giudici, aggiungendo che la direttrice non era stata mai informata dello stato di salute mentale e dei precedenti del giovane detenuto, a causa della copertura garantita dal segreto professionale dei medici. Così, la famiglia di Eric non ha ancora potuto dare un nome ai responsabili di un suicidio che si poteva quantomeno prevedere. In attesa del riscorso in cassazione. Roma: "Regina Coeli", volume fotografico di Pino Rampolla
Redattore Sociale, 3 novembre 2005
Si intitola "Regina Coeli" il volume fotografico di Pino Rampolla, che cerca di andare "oltre il muro di uno dei più antichi penitenziari italiani". Il libro – presentato nei giorni scorsi presso il carcere romano in via della Lungara - è il primo di una serie dedicata agli Istituti penitenziari del Lazio e fa parte del progetto "Obiettivo carcere: autobiografia di chi vive al di là del muro", promosso dall’associazione Gisca (Gruppo Italiano Scuola Carceraria) per "sensibilizzare la società ad affrontare il tema carcere senza pregiudizi ma con i propri occhi". Per realizzare l’opera la "Herald Editore" si è avvalsa - al pari delle altre opere editoriali prodotte - dell’apporto di detenuti ed ex-detenuti dell’associazione Gisca e della cooperativa sociale Infocarcere a r.l., "in modo da contribuire all’applicazione dell’art. 27 della Costituzione circa il reale inserimento dei reclusi nel contesto civile, offrendo loro una concreta opportunità di lavoro e di manifestazione della propria volontà di riscatto e riabilitazione". Intervenendo alla presentazione, il sottosegretario alla Giustizia Jole Santelli ha evidenziato – definendolo "essenziale" - il ruolo svolto nel mondo carcerario da associazioni culturali, volontari, cooperative sociali: "Abbiamo bisogno di persone che si impegnano e lavorano, che investono in questo settore soprattutto perché ci credono, perché credono che anche un’esperienza negativa quale quella che si può vivere scontando una pena detentiva possa trasformarsi in qualcosa di positivo. Lo Stato - ha aggiunto - deve fare qualche passo indietro e deve avere l’umiltà di chiedere aiuto alla società, alle cooperative di volontari, al mondo del lavoro e all’impresa. Mi sembra che questo possa essere il modo migliore per "affrontare le emergenze tra cui la grande sfida di capire come si sta trasformando il modello carcerario italiano, con una popolazione differente rispetto a un passato anche recente, se non altro perché rispecchia quella multietnicità che sta caratterizzando la nostra società. Questa multietnicità significa pluralismo di abitudini, di provenienze, di culture, di credo religioso, ed anche - dato non indifferente soprattutto per la realtà carceraria – multi linguismo". Per questo - ha concluso Santelli - "è importante fare un comune sforzo di comprensione, per capire senza pregiudizi la realtà complessa che vive al di là del muro carcerario. Infrangere questo muro è possibile anche grazie ad iniziative di questo genere, anche grazie ad una corretta lettura che del mondo carcerario danno i mass media, che aiutano a capire la vera realtà del carcere. Ricordiamoci poi che generalmente quello che accade all’interno di questo spicchio di società, anticipa nel tempo ciò che accadrà fuori". Secondo il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Tinebra, "le fotografie di Rampolla non accusano e non nascondono: sono istantanee che colgono le immagini della vita di tutti i giorni. E sembrano dirci che la vita scorre anche qui a Regina Coeli, a pochi passi dal centro della capitale". A giudizio del direttore dell’istituto penitenziario, Mauro Mariani, le fotografie del libro "sono il miglior modo per gettare un ponte tra il mondo del carcere e la società". Il breve dibattito è stato coordinato dal cappellano del carcere, padre Vittorio Trani. Droghe: lo "stralcio" al ddl Fini; venti articoli e tre obiettivi
Redattore Sociale, 3 novembre 2005
È stato presentato lo scorso 27 ottobre, presso l’ufficio di presidenza della XII Commissione, lo "stralcio" al ddl Fini sulle droghe (ddl n.2953), da due anni all’esame delle Commissioni riunite Giustizia e Sanità del Senato. Il nuovo ddl, strutturato in 20 articoli (erano 106 quelli del precedente disegno di legge), ha già fatto parlare di sé ed ha scatenato, in questi giorni, più di una polemica. Era stato il Ministro per il Rapporto con il Parlamento, Carlo Giovanardi, a parlare del nuovo ddl nel corso di una riunione con i rappresentanti del cartello "Non incarcerate il nostro crescere". Un’anticipazione che ha provocato malumori. In questi giorni, tuttavia, Giovanardi ha assicurato che il ddl non verrà discusso in Parlamento prima che la Conferenza di Palermo si sia confrontata sull’elaborato, apportando eventuali contributi. Gli obiettivi. Il primo obiettivo, dichiarato, dello stralcio è quello di individuare un parametro investigativo che consenta alle Forze dell’ordine di distinguere nettamente, sotto il profilo giuridico, le condotte detentive finalizzate allo spaccio e quelle tese al consumo. Ciò avviene attraverso la semplificazione delle tabelle, ridotte a due. Un fatto questo che ha generato critiche e proteste, visto che secondo molti la semplificazione genererebbe un pericoloso accorpamento di sostanze dai principi attivi oggettivamente molto diversi. Il secondo obiettivo dichiarato del legislatore è quello di consentire un maggiore accesso alle misure alternative al carcere per la persona tossicodipendente che ha commesso reati. Infine, ulteriore obiettivo è quello dell’adeguamento del privato sociale alle strutture pubbliche. E questo in relazione alla certificazione dello stato di tossicodipendenza e alla predisposizione di un piano terapeutico. Il testo. Come detto, l’articolato del nuovo ddl si presenta decisamente più snello. Venti gli articoli previsti (19 più 1 apportante il nuovo impianto tabellare). Quattro articoli (produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti e di sostanze psicotrope; condotte integranti illeciti amministrativi; provvedimenti a tutela della sicurezza pubblica; quantificazione delle sostanze) vanno nella direzione di effettuare una distinzione netta, sotto il profilo giuridico, tra condotte detentive finalizzate alla cessione (spaccio) e quelle tese al consumo (uso personale). Il tutto offrendo una gradualità nella risposta sanzionatoria. I quattro articoli andranno a modificare gli artt. 73, 75, 75-bis e 78 del Testo Unico sulla droga. Ben 12 articoli, poi, disciplineranno il quello che vuole essere un maggiore accesso alle misure alternative al carcere. In questo caso gli articoli del Testo unico modificati sono: 89, 90, 91, 92, 93, 94, 123 e, in aggiunta, gli articoli 656 e 671 del Codice di procedura penale, gli articoli 4-bis e 47 della legge 354/75, l’articolo 56 della legge 689/81. In questo caso le modifiche riguardano: provvedimenti restrittivi nei confronti dei tossicodipendenti che abbiano in corso programmi terapeutici; sospensione dell’esecuzione della pena detentiva; istanza per la sospensione dell’esecuzione; procedimento davanti al tribunale di sorveglianza; estinzione del reato e revoca della sospensione; affidamento in prova in casi particolari; verifica del trattamento in regime di sospensione dell’esecuzione della pena; esecuzione delle pene detentive; divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti; affidamento in prova al servizio sociale; libertà controllata. Un ulteriore articolo, che va a modificare l’art. 97 del Testo Unico, riguarda il potenziamento degli strumenti investigativi. E altri due, modicando gli artt. 113 e 116, prevede la parità tra strutture pubbliche e private e le organizzazioni del privato sociale, concernendo la prevenzione e gli interventi da parte delle Regioni e gli albi regionali e provinciali delle strutture private. Droghe: ddl contestato dalle associazioni; proposta sbagliata
Il Tempo, 3 novembre 2005
Accorpamento delle tabelle uniche per gli stupefacenti con un innalzamento delle pene minime da 4 a 6 anni; un’equipe multi disciplinare che può sostituire il servizio pubblico nella certificazione e nella definizione del programma terapeutico; obbligo per gli operatori di segnalare qualsiasi trasgressione al programma terapeutico. Sono questi i contenuti salienti dello stralcio del ddl Fini, depositato venerdì in commissione giustizia del Senato, secondo quanto riferito da Riccardo De Facci, responsabile tossicodipendenze del Cnca (coordinamento nazionale comunità di accoglienza). L’analisi del testo, precisa De Facci, ha ulteriormente confermato la decisione del Cnca e le altre organizzazioni aderenti al cartello "Non incarcerate il nostro crescere" di non partecipare alla Conferenza di Palermo a dicembre. "È un testo assolutamente non emendabile - ha assicurato De Facci - in quanto si tratta di una proposta di legge sbagliata nei suoi fondamenti, impossibile, quindi, da modificare con semplici emendamenti. Il governo ha detto che in quella sede si potrà modificare lo stralcio, ma è una possibilità assolutamente illusoria". Il cartello, insieme ad altre realtà del settore contrarie al ddl, hanno organizzato per le stesse date (dal 5 al 7 dicembre) una serie di iniziative che culmineranno in un appuntamento, a Roma il 7 dicembre, dal titolo "I diritti negati", al quale, assicura De Faci, "hanno già confermato la loro presenza numerosi operatori del settore, associazioni, enti locali e Regioni". "Ci avevano promesso - è stato detto ancora - che lo stralcio Giovanardi sarebbe stato presentato dopo la Conferenza di Palermo, cioè dopo il confronto con il mondo degli operatori, dei servizi e delle Regioni, invece è stato depositato ieri in Senato. Ancora una volta viene mortificato il ruolo di chi si occupa ogni giorno di prevenzione e cura delle dipendenze". Alla conclusione dei lavori a Perugia ieri dove si è svolto un convegno sulle tossicodipendenze, Giuseppe Vaccari, sociologo dell’Asl di Modena, a nome del gruppo di lavoro sulle dipendenze, ha manifestato la necessità di una nuova legge sulle droghe che preveda, tra gli altri, di dare stabilità e risorse adeguate ai servizi pubblici per le dipendenze, superando lo 0,8 del bilancio dedicato e di trasformare gli interventi di riduzione del danno da progetti precari in servizi stabili. Evidenziata anche l’esigenza di depenalizzare il consumo e riformulare il sistema sanzionatorio, di riconoscere la proprietà terapeutica della marijuana e di introdurre il pill testing, ossia l’analisi immediata delle sostanze, e ogni forma utile di allerta rapida. Ex Cirielli: Ds; diremo al paese cosa fa Cdl per salvare Previti
Apcom, 3 novembre 2005
"Che Forza Italia avesse una gran fretta di far approvare la ex Cirielli perché le nuove norme arrivino in tempo per le note scadenze processuali, lo sapevamo già. Le nostre ragioni di assoluta contrarietà nel metodo e nel merito a norme che interverranno su processi in corso per reati molto gravi e anche nel caso in cui si sia già arrivati a sentenze di condanna di primo e secondo grado, resistono tutte". Lo afferma in una nota Anna Finocchiaro capogruppo Ds in commissione Giustizia alla Camera. "Se è vero quel che si dice in queste ore - prosegue - e cioè che il partito del presidente del Consiglio è fortemente intenzionato a chiedere l’inversione dell’ordine dei lavori alla Camera per favorire l’ennesima legge ad personam, lavoreremo perché ciò che accade nell’aula di Montecitorio venga pienamente conosciuto dai cittadini. Il Paese avrà un altro elemento in più per capire cosa e chi interessa alla Cdl". Ex-Cirielli: Monaco (Dl); sarà un’opposizione durissima
Asca, 3 novembre 2005
"Sembra che domani, con un colpo di mano, la maggioranza si accinga ad anticipare la salva-Previti. Se così sarà, la nostra opposizione sarà durissima e cresceranno lo sconcerto e l’indignazione del paese. L’agenda politica è fitta di questioni di bruciante attualità, ma, evidentemente, la sorte giudiziaria di Previti ha il primato su tutto". Ad affermarlo è Franco Monaco, vicepresidente dei deputati della Margherita. "Previti tiene al guinzaglio il premier, Berlusconi tiene in ostaggio l’intera Cdl - aggiunge Monaco - e non c’è da fare affidamento sulla tenuta dell’Udc che ha sempre ingoiato tutte le leggi vergogna. Ora riesce ancora più chiara la ragione della liquidazione di Follini". "Misureremo nelle prossime ore l’ostentato senso delle istituzioni del vero leader dell’Udc, cioè Casini. Così pure verificheremo - conclude Monaco - se la tenacia di cui egli ha dato mostra quando si trattava di incassare una legge elettorale a misura delle sue ambizioni, si manifesterà anche di fronte a un così sfacciato attentato alla legalità e alla sicurezza". Giustizia: Castelli; europei e italiani popoli di smidollati
Apcom, 3 novembre 2005
Gli italiani e gli europei sono "un popolo di rammolliti e smidollati". È quanto ha detto il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, intervistato da "Dieci minuti" in onda su Rai due, a proposito degli immigrati clandestini ("nuovi barbari") cioè che violano le leggi. Sulla vicenda della nomade accusata di aver tentato di sequestrare un bambino a Firenze, che dopo essere stata scarcerata si è resa irreperibile, il ministro della Giustizia non ha escluso che possa inviare i propri ispettori negli uffici giudiziari. "I nuovi barbari - ha detto Castelli - sono i popoli stranieri che, di fronte al fatto che gli italiani e gli europei non riescono più a difendere i confini e sono diventati un popolo di rammolliti e di smidollati, entrano nel nostro territorio e non rispettano le nostre leggi e molto spesso c’è una magistratura che non le fa rispettare". Giustizia: Anm; Castelli continua interventi su processi in corso
Apcom, 3 novembre 2005
"Il ministro Castelli aveva in passato dichiarato la sua intenzione di non voler rilasciare dichiarazioni su procedimenti in corso. Da molti mesi non si attiene più a tale regola, intervenendo sul merito di provvedimenti e procedimenti di cui non può conoscere lo specifico contenuto". È quanto afferma l’Associazione nazionale magistrati. Secondo l’Anm, "ciò è avvenuto anche in relazione al recente caso di ipotizzato sequestro verificatosi a Firenze, in cui il ministro ha criticato la decisione adottata sostenendone la non conformità al comune sentire e al sentimento popolare". L’Anm "rileva che tale insistito richiamo al sano sentimento popolare come criterio che dovrebbe ispirare le decisioni giudiziarie è inappropriato ed equivoco ed ha inoltre sinistri precedenti storici. I giudici devono decidere in base alla legge, senza inseguire le mutevoli suggestioni dell’opinione pubblica. In questo consiste - conclude l’Anm - la vera garanzia per i cittadini ed il valore dell’indipendenza della giurisdizione". Siria: presidente Assad fa scarcerare 190 detenuti politici
Vita, 3 novembre 2005
Le scarcerazioni, annunciate alla vigilia della festività musulmana che segna la fine del Ramadan, si inseriscono in un quadro di riconciliazione nazionale mentre crescono le pressioni straniere. Il presidente siriano Bashar al-Assad ha ordinato oggi la scarcerazione di 190 detenuti politici, nel quadro degli "sforzi per rafforzare la riconciliazione nazionale" e mentre crescono le pressioni degli Stati Uniti e della comunità internazionale sulla Siria. In un comunicato della presidenza siriana, si afferma che "il rilascio di 190 detenuti politici avviene nel quadro della generale di una riforma che mira a consolidare l’unità nazionale, alla base della nostra società". Nel dare notizia delle scarcerazioni, annunciate alla vigilia dell’Id al-Fitr, la festività musulmana che segna la fine del mese di digiuno e preghiera del Ramadan, l’agenzia ufficiale Sana ha dal canto suo riferito che "la decisione s’inserisce in una serie di analoghe misure che la Siria ha adottato negli ultimi anni per rafforzare il dialogo nazionale". L’agenzia ha poi aggiunto che "altre procedure e misure verranno adottate al riguardo, in base al fatto che la nazione ha spazio per tutti". In una prima reazione, gli attivisti per i diritti umani hanno dal canto loro accolto con favore le scarcerazioni, ma hanno detto che non sono sufficienti. "Siamo favorevoli a qualsiasi misura che possa alleviare le sofferenze del popolo. Il provvedimento di grazia di Assad è positivo, ma è insufficiente", ha dichiarato in un colloquio telefonico con l’Ansa a Damasco l’avvocato Haitham al-Maleh, il quale si è chiesto "perché non c’è stata un’amnistia generalizzata che includesse gli oltre 2.500 detenuti politici dietro le sbarre". Per il momento, non è stato accertato se le scarcerazioni decise dal presidente siriano riguardino anche Riad Seif e Maumun Homsi, i due parlamentari arrestati nel 2002, durante la cosiddetta "primavera di Damasco" che era seguita all’ascesa al potere del giovane Assad alla morte del padre Hafez, avvenuta due anni prima.
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