Rassegna stampa 21 marzo

 

Castelfranco: apre tra le proteste il carcere per tossicodipendenti

 

Adnkronos, 21 marzo 2005

 

È stata inaugurata oggi la Casa di reclusione a custodia attenuata per tossicodipendenti a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. E non sono mancate le polemiche. Circa 200 persone infatti, tra esponenti del Bologna social forum, No global, Prc, Verdi e Arci, si sono radunate davanti alla nuova struttura e hanno bloccato la strada che porta all’ingresso del carcere. Protesta anche a Roma dove i Disobbedienti hanno manifestato davanti agli uffici del Dipartimento nazionale antidroga.

E il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha puntato il dito contro chi "ha cercato di creare un clima di tensione sociale attraverso una precisa e scientifica operazione di disinformazione" ed ha smentito le voci diffuse a mezzo stampa circo un probabile affidamento della struttura a San Patrignano.

Il Guardasigilli ha anche ricordato che "il 30% dei detenuti nei penitenziari sono tossicodipendenti e il 40% sono lì per questioni legate alla droga". "Le strade - ha spiegato il ministro - sono due: o somministrare succedanei di natura chimica o tentare operazioni come questa, con tutti i costi e l’impegno che comporta".

Immediata la replica dell’opposizione. Paolo Ferrero di Rifondazione comunista, invita Castelli a leggere la proposta di legge di Fini sulle droghe e le carceri per tossicodipendenti attualmente in Senato, prima di dire che chi protesta contro questa proposta produce "disinformazione scientifica". E aggiunge che se questa venisse approvata, "le carceri si riempirebbero ancora di più di tossicodipendenti e semplici consumatori, aumentando sofferenze e costi sociali".

Il coordinatore dei Verdi e vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, Paolo Cento, sostiene che la nuova struttura di Castelfranco "rappresenta un preoccupante tentativo di anticipare nei fatti l’applicazione della legge Fini sulle droghe, ancora in fase iniziale di discussione in Parlamento".

San Patrignano entra in carcere, contestati Castelli e Giovanardi

 

L’Unità, 21 marzo 2005

 

Una comunità di recupero per tossicodipendenti dentro le mura del carcere. Appaltata all’organizzazione della comunità di San Patrignano, primo caso in Italia di privatizzazione di una struttura penitenziaria. E primo caso di una comunità terapeutica che, anziché liberare il detenuto tossicodipendente dalla prigione, ce lo chiude dentro.

La nuova comunità - carcere si trova a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. Ad inaugurala sono arrivati lunedì mattina due ministri del governo Berlusconi, Roberto Castelli e Carlo Giovanardi. A dispetto delle critiche loro parlano di una struttura modello. Anzi, il ministro della giustizia attacca a testa bassa chi parla di "scientifica disinformazione" creando "un clima di tensione sociale".

Le polemiche, tuttavia, non cessano. La Cgil parla di "un progetto ambiguo per le sue caratteristiche e per le sue finalità". Desta allarme, in particolare, il ruolo svolto dalla comunità di San Patrignano, sostenitrice di "un modello che istituzionalizza la vita del tossicodipendente, ma che spesso trova limiti e difficoltà insormontabili nel momento dell’effettivo reinserimento sociale della persona". Ma non solo. La Cgil rileva un problema di trasparenza: "Chi paga San Patrignano? I bilanci del Ministero della Giustizia - annota il sindacato - sono da anni disastrosi per ciò che riguarda cure, riabilitazione e trattamento dei detenuti. La Regione Emilia Romagna non ha condiviso il progetto. Allora San Patrignano ed i suoi sponsor come pensano di far fronte alle spese? Forse sfruttando la rendita del carcere-azienda? La tossicodipendenza può essere anche un buon affare?".

Per Mauro Bulgarelli dei Verdi, "grazie alle pressioni di potenti lobby e alla volontà di alcuni politici come Gianfranco Fini, il nostro paese sta trasformandosi silenziosamente in un laboratorio della repressione privatizzata dove gli immigrati, i tossici ma anche i giovanissimi su cui pesano reati da riformatorio, divengono un business per organizzazioni che riescono a convogliare grandi risorse, pubbliche e private".

Mentre Castelli e Giovanardi inauguravano la nuova struttura, fuori dal carcere è andata in scena la protesta dei no global. La scelta di un gruppo di occupare la via Emilia (bloccata per due ore), ha spinto i militanti della Cgil a ripiegare le bandiere e andarsene: "Così non possiamo spiegare le nostre ragioni". A Roma, intanto, un altro gruppetto di no global, una quarantina in tutto, ha occupato gli uffici della direzione nazionale antimafia.

Ma a che serve la pena di morte? Basta la "certezza della pena"...

 

L’Opinione, 21 marzo 2005

 

Nell’Urss tanto amata la pena di morte era prevista anche per il furto di un covone di grano sottratto all’ammasso, e non venivano risparmiati i minorenni che rubavano per fame. Putin ha mantenuto la legge del taglione perché non si diventa liberali da un momento all’altro. In Cina ne ammazzano dai duemila ai tremila ogni anno e le pallottole sono a spese del contribuente. La pena di morte è prevista per 68 reati, tra cui il furto d’auto, la diffusione della superstizione e il disturbo della quiete pubblica. In Italia farebbero un massacro. Cuba schiaffa in galera i dissidenti, poi pesca nel mazzo e ne mette al muro un bel po’, nel silenzio di morte del "pacifismo" antiamericano. E nemmeno alla ventina di "intellettuali progressisti", tra cui il maestro Claudio Abbado e il "pennarulo" Minà, che hanno firmato un manifesto per Cuba, non contro Castro ma contro Bush, deve fregare qualcosa. Negli anni Trenta avrebbero fatto l’apologia di Mussolini.

Da queste lugubri e anacronistiche tentazioni, un paese civile si tiene alla larga e infatti, a parte l’eccezione americana, in cui solo dodici stati dell’unione non prevedono la pena di morte, nell’Occidente liberale la pena capitale è stata ovunque cancellata.

Le polemiche seguite all’assassinio del benzinaio di Lecco e da ultimo alle gesta del maniaco dell’unabomber non devono innescare reazioni spropositate che instaurerebbero un clima di persecuzione e di paura. Laddove esiste, la pena di morte non costituisce un deterrente né una difesa valida contro il crimine e l’omicidio. Sono oltre ottanta i paesi del mondo che mantengono la pena di morte, soprattutto in Africa, in Asia e nel Medio Oriente, e non succede che le carceri siano sgombre e i condannati a morte in numero esiguo. In Iran si viene impiccati sulla pubblica via e lasciati ai corvi per parecchi giorni. E a quanto pare il Corano non ha nulla da eccepire. In Arabia Saudita, "paese moderato", si mozza la testa del reo con la scimitarra come ai tempi di Harun El Rashid. Quando si dice il progresso! Alle esecuzioni si portano le scolaresche perché la pedagogia musulmana ritiene lo spettacolo altamente educativo, meglio d’una visita al museo, meglio di una gita sull’Eufrate. Per la lapidazione la sharia prevede pietre né troppo grandi (per non uccidere il colpevole con due o tre sole sassate), né troppo piccole "da non rientrare nella definizione di pietre". Se non altro vanno lodate la delicatezza e la precisione tecnica del legislatore in babbucce. Anche dalla lapidazione, una "modernità" che risale ai tempi di Gesù, le giovani generazioni avranno di che imparare. Poi ci si meraviglia che da grande un giovane arabo voglia fare il kamikaze! Chi glie l’ha insegnato che la vita ha un qualche valore? In Italia si è arrivati all’abolizione della pena di morte attraverso il ragionamento di Beccaria, e non è più possibile tornare indietro. Il Granducato di Toscana fu il primo stato in Europa ad abolire la pena di morte nel 1786. L’Italia unita la rimise in voga, su ispirazione del regno sardo che non l’aveva mai abolita. Il codice Zanardelli la cancellò definitivamente dall’ordinamento italiano nel 1889. Il fascismo la restaurò nel 1926, senza abusarne.

Carlo Cattaneo, federalista liberale, la considerava una sopravvivenza del vecchio ordine, una feccia di antiche tradizioni, d’antica ignoranza, d’antica viltà. Diceva: "La legge minacci in luogo della morte, l’austero e solitario e laborioso carcere. Non possa il malvagio atteggiarsi sulla forca ad una smorfia di coraggio, mostrando al popolo come si muore nel disprezzo della legge. La legge deve rimuovere questi atroci trionfi della malvagità, che svelano l’impotenza dei suoi timori". È già contenuta in queste poche nobilissime parole l’etica civile che ispira uno stato moderno. La gente è giustamente esasperata. Non si arriverebbe a questo se si potesse contare sulla certezza della pena e sulla punizione esemplare, senza sconti o scappatoie per nessuno. Invece certe sentenze lasciano di sasso. La maggior parte dei delitti rimane impunita, certi reati minori non si denunciano nemmeno più, le carceri traboccano di detenuti in attesa di giudizio, e si arriva a rimpiangere il tempo in cui la legge era meno lenta ma più sbrigativa. Non è la soluzione giusta ma lo stato deve prendere atto del diffuso malcontento. A Napoli si spara come a Dodge City. Al parco di Milano bande di maghrebini minorenni spacciano che è una bellezza. Se entri in casa puoi trovare un ospite indesiderato. Lo stato di diritto non deve venir meno alla civiltà delle norme. Ma i delinquenti vanno assicurati alla giustizia se non si vuole che scatti un riflesso isterico collettivo. Nessuno ha il diritto di farsi giustizia da sé. Ma neppure allo stato è consentito di farsi beffe della sicurezza del cittadino. Romano Bracalini

Sit-com "Belli dentro". Storie quotidiane da dietro le sbarre

 

L’Opinione, 21 marzo 2005

 

Ogni domenica, per sedici settimane, su Canale 5 alle ore 23 e 30, un simpatico appuntamento con la sit-com "Belli dentro", la prima serie televisiva che, con misurato umorismo, tratta le storie di ordinaria quotidianità che avvengono all’interno di un carcere. Il progetto è nato da un soggetto di Giovanna Kock ("Distretto di polizia", "La squadra") e di Edoardo Erba, autore di "Finalmente soli" (Canale 5) con Gerry Scotti e Maria Amelia Monti, ma gli spunti per i vari episodi sono stati suggeriti da alcuni detenuti del carcere di San Vittore di Milano, attraverso il giornale (il due.it) realizzato interamente dai reclusi. La serie è infatti ambientata proprio nel carcere di San Vittore anche se l’ambientazione è stata ricostruita negli studi di via Feltre a Milano. Ogni episodio ha la durata di circa 25 minuti ed è davvero difficile annoiarsi alla visione di storie, apparentemente leggere, che però nascondono l’amarezza della vita che si svolge dietro le sbarre, quella difficile convivenza forzata in pochi metri quadrati, lontana dalla realtà, dove abbondano i problemi legati alla noia, alla monotonia dei giorni tutti uguali. Un occhio indiscreto spia la vita che si volge dentro due minuscole celle, una maschile ed una femminile, e, a dar vita ai mini telefilm, un cast di attori comici, alcuni dei quali arrivano dal palco di Zelig come la supervisione artistica della serie che è stata infatti affidata a Giancarlo Bozzo, autore storico di Zelig. Ad arricchire la sit-com, le caricature di due guardie, uno "spesino" gay e una suora. La regia è di Chiara Toschi. Tra gli attori principali Leonardo Manera, Claudio Batta, Stefano Chiodaroli, Geppi Cucciari, Brunella Andreoli, Alessandra Ierse. Elisabetta Di Dio Russo

Modena: il carcere messo sotto assedio... sindacale

 

Il Nuovo Giornale di Modena, 21 marzo 2005

 

Il 22 Aprile le organizzazioni sindacali più rappresentative della Polizia Penitenziaria nella Casa Circondariale Sant’ Anna hanno dichiarato lo stato di agitazione. "Da mesi - affermano in una nota - la situazione interna è insostenibile : elevati carichi di lavoro, alta percentuale di assenze, relazioni sindacali a singhiozzo con grandi difficoltà a garantire il servizio e la sicurezza.

Con la Direzione, pur tra mille difficoltà, si è sempre cercato di mantenere un rapporto sindacale costruttivo, basato sulle reciproche esigenze e finalità. Nello scorso autunno, dopo una serie di riunioni per l’applicazione dell’Accordo Quadro Nazionale, il confronto è stato sospeso. "Dopo tante nostre richieste ? affermano in un documento i lavoratori del Sant’Anna - c’è stato un intervento del Provveditore Regionale che ha ripristinato il tavolo sindacale". La Direzione, che ha convocato prontamente l’incontro, non ha però ascoltato le richieste sindacali ed ha continuato a rimandare scelte ormai determinanti per un positivo confronto fra le parti, sia sull’organizzazione del lavoro che sui carichi.

"Chiediamo che siano applicati il Contratto Nazionale e L’Accordo Quadro affermano ancora i lavoratori - e che al tavolo sindacale sia dato l’opportunità di fare scelte che siano condivise fra le parti. L’Amministrazione non può continuare a gestire tutta l’organizzazione del lavoro senza ascoltare i lavoratori e le lavoratrici e senza tenere conto dei normali elementi di valutazione che noi dipendenti dei Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria abbiamo: grado, anzianità, servizio. Questa Amministrazione preferisce dare i voti ai suoi lavoratori quando anche alle elementari ormai non si usano più".

Lunedì mattina lavoratori e sindacati terranno un presidio davanti alla Casa Circondariale per sottolineare il disagio degli operatori, in attesa di una convocazione vera dove sia possibile un confronto di merito, con pari dignità.

Milano: notizie su detenuto morto il 6 marzo scorso a San Vittore

 

Osservatorio Calamandrana, 21 marzo 2005

 

Algerino, 28 anni, lo trovato morto in una cella a rischio (IV raggio) la mattina di domenica 6 marzo. Alcuni detenuti del IV raggio raccontano ad una volontaria di averlo sentito chiamare e urlare tutta la notte chiedendo aiuto. Era stato portato in ospedale il giovedì prima, per aver inalato gas da una bomboletta. Dopo essere stato dimesso dall’ospedale era stato chiuso in una cella a rischio del IV raggio. Su questa vicenda restano interrogativi. Si sa solo che è morto un algerino (il nome non si sa) e che la notizia della sua morte non è apparsa fino ad ora su nessun giornale.

Castelfranco: circa 200 manifestanti bloccano la Via Emilia

 

Ansa, 21 marzo 2005

 

Circa 200 persone hanno bloccato per un quarto d’ora la via Emilia a Castelfranco, nel modenese, per protestare contro l’inaugurazione della casa di reclusione attenuata per detenuti tossicodipendenti. I manifestanti hanno acceso alcuni fumogeni e hanno esposto uno striscione con scritto "un carcere per tossicodipendenti, due Cpt, basta lager in Emilia – Romagna".

Il presidio è stato indetto dal Coordinamento contro il carcere di Castelfranco che raggruppa Rete Lilliput, Rdb-Cub, giovani comunisti, Rifondazione Comunista, Cgil, Verdi, Attac, Giuristi democratici e il Social forum di Modena, oltre a Rete Libera e anarchici. Sul posto alcuni esponenti politici tra cui l’on. Titti De Simone del Prc, Leonardo Masella, capogruppo Prc nel consiglio regionale, Valerio Monteventi, consigliere comunale di Bologna, e Mauro Tesauro del coordinamento dei verdi del comune di Modena. All’ingresso del carcere anche il questore di Modena Benetto Panzini.

Castelli: su Castelfranco Emilia "precisa e scientifica disinformazione"

 

Ansa, 21 marzo 2005

 

Le polemiche attorno alla casa di reclusione a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti, prima struttura del genere in Italia, inaugurata a Castelfranco, nel Modenese, dai ministri Roberto Castelli e Carlo Giovanardi, secondo il responsabile della Giustizia sono il frutto di una "precisa e scientifica disinformazione". "Siamo abituati a lavorare - ha detto Castelli nel saluto alle autorità - e non abbiamo tempo per rispondere a tutte le polemiche.

Qui, però, si è fatto qualcosa di più, si è cercato di creare un clima di tensione sociale con una operazione, da condannare, di precisa e scientifica disinformazione. Al contrario, oggi si vede che questo è un fiore all’occhiello del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria".

Castelli e Giovanardi, accompagnati dal capo del Dap, Giovanni Tinebra, hanno visitato la struttura. Dopo il saluto alla platea delle autorità e prima di un incontro con la stampa, i ministri hanno avuto un incontro con gli amministratori locali: il sindaco di Castelfranco, Sergio Graziosi, il primo cittadino di Modena, Giorgio Pighi, e il presidente della Provincia, Emilio Sabattini.

Giornata nazionale contro la mafia, a don Ciotti villa del boss

 

La Repubblica, 21 marzo 2005

 

Oggi, in tutta Italia, si celebra la decima Giornata nazionale in memoria delle vittime della mafia. Le manifestazioni di ricordo sono già iniziate ieri, con una seduta straordinaria del consiglio comunale e sfoceranno quest’oggi, ancora in Campidoglio, con un’assemblea alla quale parteciperà il Capo dello Stato.

Nell’aula capitolina, davanti ai famigliari di molte delle vittime dei clan, saranno letti i nomi di tutte (oltre seicento) le vittime della mafia. Ieri, alla seduta straordinaria del consiglio comunale, erano presenti anche Claudia Loi ed Edna Cosina, sorelle di due agenti della scorta del giudice di Borsellino, e la madre ed il fratello di Agostino Catalano della scorta di Falcone.

E poi Giovanni Impastato, fratello di Peppino, e Gina Longo, la vedova del sindaco di Capaci con i suoi tre figli. Applausi a Rita Borsellino, presente insieme alla figlia Marta. Dopo l’intervento del sindaco e di don Ciotti, presidente di Libera, la rete di associazioni che si batte contro la mafia, la vedova del giudice ha ricordato: "È questa l’Italia che tiene, che c’è e galleggia anche quando il Paese rischia di affondare".

Per parlare di mafia e degli strumenti per combattere la filosofia che giustifica l’operato illegittimo delle organizzazioni criminali, diecimila studenti provenienti da tutta Italia, si riuniranno a Roma nello stadio Flaminio, insieme a don Ciotti. La giornata di ieri è stata anche l’occasione per inaugurare la nuova sede di Libera in via IV Novembre, realizzata in un edificio confiscato dal comune a Michele Zaza, uno dei boss del clan della Magliana. La sede è dedicata ad Saveria Antiochia, la madre di Roberto, l’agente ucciso a Palermo nell’agosto del 1985. E proprio nel parco della villa, il 21 aprile prossimo, sarà inaugurata una stele sulla quale sarà inciso il lungo elenco delle 639 vittime della mafia dal 1946 ad oggi.

Indonesia: esecuzione di una donna in carcere da 8 anni

 

Ansa, 21 marzo 2005

 

Una indonesiana, in prigione da otto anni per l’omicidio e la mutilazione di tre donne tra il 1993 e il 1995, è stata fucilata ieri. Lo ha reso noto oggi una fonte ufficiale. Il fatto è successo nella città di Surabaya, sull’isola di Java.

"Ella era completamente responsabile dei suoi atti. Era in buona salute quando ha commesso gli omicidi", ha dichiarato il procuratore generale Darwaman. Astini, 49 anni, è la prima indonesiana a finire davanti a un plotone d’esecuzione dal 2001.

Droghe: don Egidio Smacchia (Fict); c’è ancora molto da fare

 

Progetto Uomo, 21 marzo 2005

 

Il disegno di legge Fini sulla droga, l’attivazione del Dipartimento per le politiche antidroga e la ricostituzione della Consulta degli operatori hanno offerto la possibilità agli "addetti ai lavori" di far sentire la loro voce. Una voce, a dire il vero, che non sempre ha trovato lo spazio che meritava pur riguardando un problema così grave per la nostra società, come è la tossicodipendenza.

Ed è per questo che ho accettato volentieri l’invito della redazione di "Progettouomo.net" a prendere parte a questo forum, che spero trovi motivo di ampia adesione e sia occasione di confronto in attesa di altri appuntamenti istituzionali e non. Di seguito riporto le cinque priorità che la Federazione Italiana Comunità Terapeutiche ritiene oggi ineludibili.

 

Non abbassare la guardia

 

Ormai la questione delle dipendenze è stata metabolizzata dall’opinione pubblica, dai mezzi di informazione e anche dagli esponenti politici. È un fatto grave perché significa un allontanamento da parte di chi dovrebbe farsi carico, educare, assumersi delle responsabilità e invece si è defilato. Mi riferisco in modo particolare al mondo degli adulti e a tutte quelle agenzie educative che ormai si sono rassegnate a convivere con il problema, come se drogarsi fosse una cosa normale… "in fondo lo fanno tutti!".

 

Pronti a cogliere l’attimo

 

L’altro aspetto che ci sta particolarmente a cuore, soprattutto come espressione delle Comunità, è l’attenzione alle diverse manifestazioni del disagio e alla capacità di predisporre risposte adeguate. Oggi ai Centri della Fict si rivolgono non solo i consumatori di sostanze "tradizionali", come eroina e cocaina, ma anche quelli di droghe "sintetiche" e delle droghe cosiddette "leggere". Questo significa che la proposta della Comunità residenziale nel corso degli anni si è ampliata in proposta di percorso personalizzato, facendo nascere una miriade di servizi diurni presenti sul territorio con forme differenziate e integrate con il pubblico e il privato-sociale.

 

Più opportunità per uscirne

 

La terza priorità riguarda la questione dei detenuti per reati legati alla tossicodipendenza. Il sovraffollamento e le condizioni sanitarie delle carceri sono sotto gli occhi di tutti. Tra l’altro la permanenza in un istituto di pena raramente coincide con un percorso rieducativo, così come previsto dal dettame costituzionale. La nostra proposta è quella di permettere l’ingresso in Comunità, in alternativa al carcere, ai detenuti tossicodipendenti che devono scontare una pena fino a un massimo di sei anni, anziché gli attuali quattro. Non è certamente l’unica soluzione, ma anziché procedere solo per tentativi si potrebbe rafforzare l’istituto delle misure alternative che nel corso degli anni si è rivelato particolarmente positivo.

 

Un lavoro socialmente necessario

 

L’anello debole di un percorso tortuoso di recupero è il reinserimento sociale. Molti Centri della Fict hanno attivato cooperative sociali, promosso corsi di formazione professionale ma lo scarso sostegno a queste iniziative spesso ha significato l’interruzione di un percorso verso una maggiore autonomia. A nostro avviso è necessario intraprendere politiche economiche che incoraggino percorsi lavorativi di inclusione sociale delle persone più fragili, o a maggior rischio, come sono quelle che escono da un percorso riabilitativo, di chi vive uno stato di profondo disagio o si trova in una condizione svantaggiata.

 

La strada vincente dell’integrazione

 

L’ultima priorità, non certo per importanza perché sottintende a tutte le altre, è la necessità di offrire a tutti i cittadini servizi socio-sanitari qualificati, dei quali poter fruire in base alle proprie necessità. La FICT da anni si batte per l’integrazione tra servizi pubblici e del privato-sociale non profit nel settore delle tossicodipendenze. La creazione dei Dipartimenti delle dipendenze nelle Asl che preveda il coinvolgimento diretto in un rapporto di pari dignità degli enti ausiliari, secondo quanto previsto dall’Intesa Stato-Regioni, rappresenta il passaggio nodale su cui misurare la reale volontà politica di affrontare il problema della droga con atti concreti e non con facili scorciatoie.

Castelfranco Emilia: il Cnca boccia il carcere per tossici

 

Vita, 21 marzo 2005

 

L’Istituto è stato inaugurato questa mattina. Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza in questo comunicato spiega le ragioni della sua preoccupazione. Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) prende le distanze da un’iniziativa di cui ha appreso notizia solo dai giornali: la proposta governativa di avvio di una nuova sperimentazione nell’area carcere e tossicodipendenze da attuarsi a Castelfranco Emilia, a partire dal prossimo mese di aprile e gestita da un "certo" privato sociale.

Per la Federazione, il silenzio su tale iniziativa sarebbe complice verso modalità che non solo non si condividono e nelle quali non ci si lascerà coinvolgere, ma nei riguardi delle quali è urgente una forte azione di contrasto. Il Cnca, a partire dalle numerose esperienze attive da anni nelle carceri italiani e svolte in collaborazione con gli operatori pubblici sia dell’area sanitaria che della Giustizia, esprime dunque preoccupazione per tale proposta e chiede l’avvio di una riflessione seria sulla questione carcere e tossicodipendenza, a partire dai seguenti punti:

Da anni il Cnca, insieme a tutte le realtà che operano negli istituti di pena italiani, pone la questione carcere tra le priorità dell’intervento sociosanitario nel nostro paese. Si registrano punte di una gravità eccezionale: le numerose morti in carcere, le overdose, le varie forme di abbandono o l’assenza di interventi organici e strutturali per la scarsità delle risorse sia professionali sia economiche investite, fino a giungere alla totale assenza di interventi in alcune situazioni specifiche. Le persone tossicodipendenti in carcere risultano superare le 15.000 unità ogni anno; appare, quindi, necessario attivare un piano organico di interventi più che nuove progettazioni "spot" isolate, non ripetibili e di forte profumo elettorale e politico.

Le poche informazioni disponibili sull’esperienza di Castelfranco ci descrivono un capovolgimento della filosofia dell’intervento delle comunità in carcere, con l’assunzione di responsabilità contenitive e di supporto alla detenzione da parte degli operatori sociali. Tale trasferimento del percorso delle comunità e del ruolo degli operatori in un percorso per detenuti, pur se tossicodipendenti, comporta una rinuncia ai fondamenti stessi del percorso terapeutico, cioè la libera scelta e la responsabilità della persona nell’avvio e nel prosieguo del programma rieducativo - principi che il Cnca ritiene ineludibili nei propri interventi. In sé, la presenza degli educatori non modifica da sola la valenza puramente contenitiva che il carcere attualmente esplica. Ci preoccupa la proposta di trasformazione dell’educatore in guardia carceraria e del percorso terapeutico in lavoro in carcere. Riteniamo piuttosto che il lavoro sia estremamente utile ed efficace in contesti di affidamento e detenzione alternativa alla struttura carceraria stessa (la comunità o i servizi territoriali).

Vogliamo poi con estrema franchezza esprimere anche viva preoccupazione per il ruolo improprio e inaccettabile che alcune organizzazioni del privato sociale hanno deciso di condividere nell’esperienza di Castelfranco Emilia. Riteniamo che si rischi una altissima ambiguità in cui le dimensioni educativa e trattamentale, come talvolta è già successo, si convertano in un’esperienza gravemente coercitiva, in una logica puramente dissuasiva, creando forte ambivalenza tra luoghi della giustizia e messaggi pseudo-trattamentali. I rischi che vediamo nell’iniziativa di Castelfranco Emilia ci paiono amplificati anche dal fatto che tale esperienza viene affidata a realtà del privato sociale di cui non condividiamo i dichiarati metodi di dissuasione e di contenimento, a volte estremi, che si vorrebbero legittimati dal fatto che il fine giustifica i mezzi.

Preoccupa anche l’assenza, nella proposta governativa, di una progettualità condivisa con la rete territoriale e lo scavalcamento delle competenze pubbliche territoriali. Riteniamo, invece, che vadano sviluppate progettazioni e percorsi condivisi con tutte le componenti sia pubbliche sia private che con il carcere collaborano: Enti locali, Sert, comunità, associazioni, operatori della Giustizia. Le numerose seppur faticose esperienze all’oggi avviate – a Milano, a Roma, a Firenze – ci insegnano come sia possibile un approccio diverso, tra carcere e territorio, tra pena e cura, tra reato e tossicodipendenza. Non servono le "pseudo carceri modello"; il carcere non può essere il nuovo scenario dello scontro politico, serve un progetto vero e complessivo con interventi organici e strutturali che prevedano un ricorso ben più significativo e integrato alle misure alternative alla detenzione.

Castelfranco Emilia: i dubbi della Cgil-Funzione Pubblica

 

Ansa, 21 marzo 2005

 

"Un progetto ambiguo per le sue caratteristiche e per le sue finalità": così Fabrizio Rossetti, responsabile del settore penitenziario della Funzione pubblica-Cgil, definisce il progetto per il recupero di tossicodipendenti inaugurato oggi a Castelfranco Emilia dai ministri Castelli e Giovanardi. La Cgil critica innanzitutto il fatto che dietro questo progetto vi sia la Comunità di San Patrignano, in questo modo non riconoscendo "il ruolo della Regione e del Servizio sanitario territoriale, titolare ai sensi del decreto legislativo 230 del 1999 delle funzioni di cura e di riabilitazione dei detenuti tossicodipendenti".

E ancora: "è un progetto che, di fatto, introduce soggetti privati nella conduzione di un regime carcerario e delle regole di trattamento delle persone detenute previste dall’Ordinamento penitenziario. Soprattutto - aggiunge Rossetti in una nota - è un progetto che, anziché orientare il trattamento dei tossicodipendenti detenuti verso sbocchi che portino a misure alternative al carcere, porta la comunità terapeutica all’interno delle mura". "Sono note ed autorevoli le critiche al modello San Patrignano, che istituzionalizza la vita del tossicodipendente, ma che spesso trova limiti e difficoltà insormontabili nel momento dell’effettivo reinserimento sociale della persona.

Forse la scelta di questo modello - sostiene la Cgil - è la più congeniale alle idee di un Governo che intende relegare la cura delle tossicodipendenze alla dimensione dell’intervento compassionevole, interprendandolo, comunque, all’interno di logiche da ordine pubblico". "Logiche, d’altra parte, coerenti con il disegno di legge "ex-Cirielli" che, aggravando le pene per le recidive di reato, rischia di far esplodere le carceri di tossicodipendenti. Insomma - fa notare Rossetti - più carcere per le fasce marginali deboli, meno misure alternative, migliaia di tossicodipendenti in più in quella fabbrica del disagio e della criminalità che oggi si chiama carcere.

In cambio solo "un fiore all’occhiello" per un centinaio di tossicodipendenti buoni ed acquiescenti in una galera forse meno dura, ma senza prospettive alcuna". Il responsabile del settore penitenziario della Cgil conclude chiedendo che venga data "una risposa credibile" alla domanda su chi paghi San Patrignano: "I bilanci del Ministero della Giustizia sono da anni disastrosi per ciò che riguarda cure, riabilitazione e trattamento dei detenuti. La Regione Emilia Romagna non ha condiviso il progetto. Allora - chiede infine Rossetti - San Patrignano ed i suoi sponsor come pensano di far fronte alle spese? Forse sfruttando la rendita del carcere-azienda? La tossicodipendenza può essere anche un buon affare?".

Foggia: mercoledì prossimo l’On. Russo Spena visiterà il carcere

 

Ansa, 21 marzo 2005

 

L’on. Giovanni Russo Spena visiterà la Casa Circondariale di Foggia, mercoledì prossimo alle 12.30, per incontrare i lavoratori ed i detenuti, Accompagneranno l’on. Russo Spena il segretario provinciale di Rifondazione Comunista Fedele Cannerozzi e il consigliere regionale Arcangelo Sannicandro. L’on. Russo Spena ha visitato anche nel recente passato i penitenziari pugliesi, ed è tra i sostenitori del cosiddetto "indultino".

Castelfranco Emilia: i ministri Giovanardi e Castelli all’inaugurazione

 

Redattore Sociale, 21 marzo 2005

 

"Questo è il contenitore, sul contenuto ci sarà ancora molto da lavorare". Così il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, responsabile anche delle politiche per la tossicodipendenza, si è espresso questa mattina inaugurando la casa di reclusione a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti di Castelfranco Emilia.

"Ma l’idea di far entrare in questa struttura gestita dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria le comunità, il sert, gli enti locali e tutti coloro che si occupano del recupero dei tossicodipendenti, anche per iniziare un percorso di inserimento lavorativo in collaborazione con le cooperative sociali, mi sembra sia una bella idea".

Sui contenuti di questo progetto è intervenuto anche il ministro della Giustizia Roberto Castelli, presente anch’egli all’inaugurazione: "Noi sollecitiamo un contributo da parte del mondo esterno (associazioni di volontariato, enti locali e privato sociale). Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è aperto a tutti quelli che vorranno essere coinvolti in questo progetto. E su questo tranquillizzo e sollecito il sindaco di Castelfranco".

Dopo l’inaugurazione del carcere speciale per detenuti tossicodipendenti, infatti, i due ministri e il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Tinebra, hanno incontrato il presidente della Provincia e il sindaco di Modena, oltre che il sindaco di Castelfranco Emilia, Sergio Graziosi, che ha spiegato: "L’amministrazione comunale avrebbe voluto che questa giornata non fosse stata preceduta dalle polemiche. Polemiche che non si sarebbero avute se gli enti locali fossero stati coinvolti preventivanmente nel progetto. L’incontro di oggi era necessario perché prima non avevamo avuto chiarimenti ed eravamo stati esclusi in merito a tutto quello che riguarda la casa di reclusione a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti di Castelfranco". (mt)

Castelli: chi ha parlato di "lager" non sa quello che dice...

 

Redattore Sociale, 21 marzo 2005

 

"È una falsità che noi volevamo dare, in una totale gestione di natura privatistica, la casa di reclusione a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti di Castelfranco, a San Patrignano. La comunità riminese si è solo detta disponibile a collaborare a questo progetto. Io valuto positivamente l’opera di S. Patrignano ma sarà trattato alla stregua delle altre comunità". A dirlo è il ministro della giustizia Roberto Castelli durante la conferenza stampa di inaugurazione del carcere speciale per detenuti tossicodipendenti di Castelfranco. "C’è stato un quotidiano (la Repubblica) che è andato molto al di là della libertà di stampa tanto è vero che ha incaricato i miei uffici di valutare se ci sono gli estremi per la denuncia alla magistratura perché non si possono fare articoli su giornali di importanza nazionali propagandando notizie assolutamente false tese a esagerare gli animi ed a aizzare qualche facinoroso".

Il ministro Castelli riferendosi al presidio di protesta che c’era stato in mattinata lungo la Via Emilia dove un gruppo di no global aveva bloccato il traffico unendosi alla manifestazione organizzata dal coordinamento provinciale contro il carcere di Castelfranco Emilia ha poi affermato: "Con questa inaugurazione tutti hanno potuto vedere di quale modernissima struttura stiamo parlando". E il ministro Giovanardi ha aggiunto: "Chi ha parlato di carcere privato, di lager, non sa quello che dice. Questo progetto di Castelfranco, questa sperimentazione vuole essere un modello per dare speranza di inserimento in un percorso di recupero ai detenuti tossicodipendenti." (mt)

Castelfranco: i numeri della "casa" per tossicodipendenti...

 

Redattore Sociale, 21 marzo 2005

 

Circa 26 ettari di superficie, un orto, un grande giardino, quattro serre, tre ambulatori, l’ufficio del medico di guardia e quello dell’infermiere, la sala colloqui con l’operatore, una mensa self service, una palestra non ancora attrezzata, un campo di calcio e una chiesa. Sono questi i numeri della casa di reclusione a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti di Castelfranco Emilia il cui taglio del nastro è avvenuto questa mattina alla presenza dei Ministri Castelli e Giovanardi. La struttura, che sarà attiva a partire dal 1° aprile, potrà ospitare per ora fino a un massimo di quaranta persone, nelle celle a due o tre posti letto ciascuna con armadietto, tavolino, Tv e bagno. La ristrutturazione della ex casa di lavoro è costata "alcune decine di miliardi di vecchie lire", ha detto il Ministro Giovanardi.

Per quanto riguarda invece il progetto della casa di reclusione di Castelfranco, il documento (datato 14.03.2005) del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria recita che si tratterà di una struttura che avvierà il detenuto con pene inferiori ai quattro anni alla comunità terapeutica e svolgerà una funzione propedeutica insieme al Ser.T. e ad altri enti formativi o cooperative sociali al successivo inserimento lavorativo. I corsi di formazione - si legge ancora nel documento – potranno essere finanziati attraverso il percorso Unione Europea, regione Emilia Romagna, enti di formazione. Vista l’azione rieducativa di questa struttura, gestita direttamente dall’amministrazione penitenziaria, è quindi necessario un intervento integrato tra mondo del carcere, Ser.T., comunità terapeutiche, cooperative sociali e privato sociale accreditato.

Attualmente hanno dato la disponibilità a far parte del progetto i seguenti soggetti: San Patrignano, Ceis di Modena, Comunità terapeutica l’Angolo e Mosaico, Lag di Vignola, le cooperative sociali Amici, Consorzio sociale Alberto Marvelli, Musica e servizio, Progetto sociale, Rinatura e Ulisse. Tra le associazioni invece si segnalano la Scuola agraria Spallanzani di Castelfranco e Edseg città dei ragazzi. Tra le attività all’interno della casa di reclusione a custodia attenuata, il progetto del Ministero della Giustizia segnala corsi di cucina, Pet therapy e attività legate all’agricoltura, al giardinaggio, alla falegnameria e corsi di formazione per elettricisti, saldatori, carrozzai.

L’ingresso a questo "carcere speciale" per detenuti tossicodipendenti avverrà esclusivamente su base volontaria: ogni singolo recluso dovrà sottoscrivere un "contratto trattamentale e terapeutico". In un capitolo a parte, si legge nel documento, troviamo invece le regole per gestire la fase finale del reinserimento dei detenuti extracomunitari. A chi, avrà scontato la pena e imparato un mestiere, sarà offerto attraverso il consorzio per l’integrazione tra culture la possibilità di rientrare nel paese di origine. (mt)

Sulmona: per il Prc serve dare un lavoro esterno ai detenuti

 

Il Messaggero, 21 marzo 2005

 

A proposito del carcere di Sulmona, tristemente noto per i tanti suicidi, vorremmo come Rifondazione comunista che quel carcere l’abbiamo spesso visitato lanciare una proposta ed un impegno. Quando parliamo di mancanza di speranza in quel carcere ci riferiamo al fatto che essendoci tanti ergastolani (più di sessanta) e tanti detenuti con pene molto lunghe, constatiamo che non ce n’è uno al quale venga applicata la legge Gozzini, cioè la possibilità del lavoro esterno. Un detenuto può usufruirne dopo avere scontato un terzo della pena (dieci anni per gli ergastolani) e avere una buona condotta. Ci chiediamo perché questo nel carcere di Sulmona non avvenga.

Tre sono i presupposti per la sua applicazione: uno, che ci siano istituzioni pubbliche o private della zona in grado di dare un’opportunità lavorativa; due, che ci sia una magistratura di sorveglianza che nei casi dovuti voglia applicare questa norma; tre, che la direzione del carcere si attivi per incentivare questi percorsi di vero reinserimento. Quando parliamo di carcere senza speranza ci riferiamo soprattutto a questa mancanza.

Noi come partito ci impegniamo al massimo a sollecitare le istituzioni affinché si possano dare sbocchi lavorativi ai detenuti. Su questo punto invitiamo gli enti a prestare attenzione ed ad essere concreti. Al direttore del carcere chiediamo pubblicamente di impegnarsi in tal senso, così come alla magistratura di sorveglianza.

Cesena: dal Comune partono libri per il carcere di Biella

 

Corriere della Romagna, 21 marzo 2005

 

Un libro per i carcerati di Biella, perché "la legge non legge". L’iniziativa, promossa dal nodo cesenate della Carovana della Pace e dai Verdi, vuole essere una risposta a quello che è accaduto nel penitenziario piemontese: si è stabilito di lasciarne al massimo 4 libri e riviste per detenuto. Da Cesena è stato inviato un pacco di libri ai 14 prigionieri coinvolti. Dal capogruppo dei Verdi, Davide Fabbri, ordine del giorno per chiedere al Consiglio comunale di aderire alla campagna e di spedire il libro-guida su Cesena malatestiana. Non è passato: al momento del voto sono venuti a mancare dall’aula i consiglieri del centrosinistra. Il sindaco ha però assicurato la spedizione del testo.

Castelfranco: Sappe; siamo costernati da questo progetto-spot

 

Ansa Redattore Sociale, 21 marzo 2005

 

"Un progetto che assomiglia tanto a un’azione pubblicitaria" su cui "la polizia penitenziaria non è stata minimamente informata": il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) è "fortemente contrario" alla casa di reclusione attenuata per detenuti tossicodipendenti inaugurato oggi a Castelfranco Emilia. "Siamo perplessi. Non vorremmo che fosse il primo passo per intraprendere la privatizzazione delle carceri - afferma il segretario generale del Sappe, Donato Capece - I cinquanta agenti che operano a Castelfranco non sono stati minimamente preparati per il recupero dei tossicodipendenti. Come al solito, si fanno le feste e si lasciano fuori i protagonisti". Il maggiore dei sindacati di polizia penitenziaria fa sapere, infatti, di non essere stato informato del progetto. "A questo punto chiediamo un tavolo politico: il ministro Castelli ci coinvolga e ci spieghi di cosa si tratta".

Per Capece l’inaugurazione della struttura di Castelfranco "è un’operazione di carattere pubblicitario": "il problema della tossicodipendenza - conclude - va affrontato diversamente, con personale preparato e non certo affidando i detenuti a Muccioli o a San Patrignano. Andrebbero invece cercati all’interno del carcere spazi ad hoc per il reinserimento sociale dei detenuti, senza affidarli a comunità esterne".

 

 

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